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domenica 26 settembre 2010

Che cosa accomuna il cardinale Newman e il grande critico del Vaticano II...E la verita' sul fatto che Monsignor Lefebvre non firmo' tutti i documenti del Concilio Vaticano II...

CONTRORIFORME
di Francesco Agnoli



















Ho tra le mani due biografie della stessa autrice, la nota scrittrice piemontese Cristina Siccardi. La prima “Nello specchio del Cardinale J.H Newman” (Fede & Cultura), è incentrata sul nuovo beato inglese, ed è una ottima sintesi della sua vita e del suo pensiero.

La seconda “Mons. M. Lefebvre. Nel nome della Verità” (Sugarco) è invece un testo dedicato al famoso Vescovo francese, che si oppose nel post concilio a molte delle derive di quegli anni. Nel secondo di questi volumi trovo un passo interessante per capire i tempi che vive i tempi della chiesa di oggi. Jean Guitton, intimo amico di Paolo VI, ma anche estimatore dell’opera del vescovo francese, parlando col Papa l’8 settembre 1976, ebbe a dirgli: “Santo Padre, io confronto monsignor Lefebvre con Newman nella prima parte della sua vita, quando considerava che i cambiamenti introdotti da Roma fossero corruzioni, perché la Chiesa deve rimanere identica a se stessa: la Fede ‘è ciò che è ammesso da tutti, ovunque e sempre’ secondo la bella definizione di Vincent de Lèrins”. Non è qui il luogo per analizzare la vita di mons. Lefebvre, il suo pensiero, le sue amicizie (da Guitton, al cardinal Siri, al protestante Albert Schweitzer), né per discutere le varie posizioni da lui prese nell’arco della sua vita. Neppure è il luogo per esporre il suo pensiero sul Concilio Vaticano II, di cui mons. Lefebvre firmò tutti gli atti salvo poi affermare che dove essi risultassero ambigui o controversi, andavano interpretati alla luce della “Tradizione”. (questa ultima affermazione di Agnoli non corrisponde alla realta' il monsignore non firmo' assolutamente tutti gli atti, e questa è storia)

Chi vuole approfondire, può farlo leggendo l’ottimo libro citato. E’ però interessante capire il crescente interesse attuale per le due figure, Lefebvre e Newman e il parallelo tra loro istituito da Guitton e, implicitamente, dalla Siccardi.

Ebbene a me sembra che la “concordanza” tra i due personaggi stia nella loro posizione di fronte al liberalismo. La mattina del 12 maggio 1879, padre Newman parlò in occasione della nomina a cardinale da parte di Papa Leone XIII ed ebbe a ribadire un concetto a lui caro: disse che il grande pericolo per la Fede risiedeva nello “spirito del liberalismo nella religione”. Con la espressione suddetta Newman intendeva “la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro”. Newman condannava cioè l’indifferentismo religioso, in forte contrasto con la sua caratteristica umana più profonda che lo aveva portato alla conversione: l’idea che l’uomo non può fare a meno di credere nella verità e quindi di cercarla incessantemente, pronto a lasciare tutto per quell’unico tesoro. Il mondo moderno, argomentava Newman, è antireligioso, perché nega la Verità stessa e parla di “tolleranza” di tutte le religioni per dire, in verità, che nessuna vale qualcosa. Tutte uguali, cioè, perché nessuna è vera e tutte ugualmente inutili. Il liberalismo nella religione riduce la fede a un fatto personale, a “proprietà privata” da tener nascosta con vergogna a “un sentimento”, una “preferenza personale”, soggettiva, senza ripercussioni nella vita sociale.

Lo stesso liberalismo

Se questa era la posizione di Newman, alla fine dell’Ottocento, si può dire che a partire dagli anni Sessanta del Novecento Lefebvre, come molti altri, ebbe a combattere proprio contro lo stesso liberalismo, o relativismo religioso, introdottisi, questa è la novità, nella chiesa stessa. Parlando del gesuita Rahaner, di Suenens (il cardinale che insieme a Danneels ha azzerato la chiesa belga), e di altri teologi in voga, Lefebvre che vedeva le chiese di Francia svuotarsi, insieme ai seminari, denunciava una visione liberale trionfante all’interno della stessa cristianità. Non aveva tutti i torti, se è vero che per anni abbiamo sentito dire che un Dio vale l’altro, perché in fondo “c’è un solo Dio”. Come se Cristo, Manitù o Maometto fossero la stessa persona e insegnassero la medesima “buona novella”. A tale riguardo Lefebvre si dichiarava avverso alle adunanze ecumeniche in cui le statue di Budda e quelle di divinità di altre religioni venivano poste sugli altari cattolici, ingenerando così nei fedeli una equiparazione sincretista. Contro queste manifestazioni, che oggi Benedetto XVI sta archiviando, in nome del dialogo tra gli uomini e non tra le religioni, Lefebvre citava il pontefice Pio XI che nella sua “Mortalium animos” aveva condannato le prime adunate ecumeniche basate sul “falso presupposto che tutte le religioni siano buone e lodevoli in quanto tutte, pur nella diversità dei modi, manifestato e significano ugualmente quel sentimento, a chiunque congenito, che ci rivolge a Dio…”. Queste adunanze, concludeva il Papa dimenticano che la Verità è una sola, e quindi conducono, “insensibilmente”, “al naturalismo e all’ateismo”. Il cardinal Newman, ricorda sempre Cristina Siccardi, visse in un’epoca in cui era improponibile un “ecumenismo delle religioni”. Se lo avesse conosciuto “lo avrebbe visto come una pericoloso teoria sincretista”, convinto com’era di aver lasciato la Chiesa anglicana e tanti cari amici, non per un capriccio, ma perché obbligato dalla sua coscienza riconoscere nella Chiesa di Roma, e non in quelle di Enrico VIII la vera e unica Chiesa di Cristo. Anche per questo Newman piaceva anche al Papa avversario del modernismo: il troppo dimenticato san Pio X.

da Il Foglio 16 settembre 2010

Note
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: Era dunque questa la situazione davanti alla quale si trovò Mons. Lefebvre durante il Concilio insieme ad altri prelati, poiché non fu il solo a stupirsi, a resistere e a combattere nel Concilio. Tutti gli interventi di Monsignore al Concilio sono documentati, per quelli che pensano che Monsignore abbia atteso troppo a lungo per svegliarsi! Durante il Concilio ha combattuto la buona battaglia, e queste accuse, difese e dimostrazioni sono praticamente le stesse che Monsignore ha presentato più tardi a Roma: arriviamo dunque al 1985, ai cosiddetti Dubia (i dubbi) sulla questione della libertà religiosa, a cui Roma ha risposto, anche se con una risposta che non ha dato soddisfazione a Monsignore e alla quale lui stesso ha risposto - dunque risposta a una risposta senza più risposte ...
Era importante tornare alla genesi dell’opposizione di Mons. Lefebvre per meglio comprendere ciò che è avvenuto nel suo spirito.
Anche altri prelati sono tornati scandalizzati da questo Concilio. Mons. Adam, vescovo di Sion, la diocesi in cui in seguito Monsignore insedierà il suo seminario a Ecône, andò solo alla prima sessione e ne tornò dicendo che non vi avrebbe più rimesso piede, ed effettivamente non ci tornò più. Quanti altri prelati hanno assistito al Concilio - Monsignore ne ha fatto i nomi - e si sono rinchiusi in se stessi, per morire solo qualche mese più tardi, morti di dolore, uccisi da questo Concilio, davanti allo sconvolgimento di tutto ciò che aveva rappresentato la loro vita, la loro felicità, il loro apostolato, il loro ministero sacerdotale, poi episcopale, tutto capovolto in pochi anni da un gruppo di mestatori, messi in disparte da Pio XII e rintrodotti come esperti al Concilio da Giovanni XXIII!
Bisogna comprendere che questa battaglia di Monsignore, come dimostra l’esperienza del Concilio, è in primo luogo una battaglia dottrinale e non una battaglia liturgica. Egli non cominciò a battersi contro la liturgia, poiché al contrario, anche se può sembrare sorprendente, egli firmò il decreto sulla riforma liturgica; si trattava infatti non ancora della nuova messa, ma solamente di un decreto sulla liturgia, per la quale Monsignore ammetteva alcune modificazioni. Ma egli rifiutò i decreti dottrinali, e in particolare i due decreti più nuovi: Gaudium et spes e Dignitatis Humanæ sulla libertà religiosa, ai quali rifiutò di dare il suo "placet". Il Concilio si concluse nel 1965. La battaglia di Monsignore si orientò sulla liturgia dopo il 1969, dopo l’elaborazione della nuova messa, il nuovo rito che si chiama messa di Paolo VI; è in questo momento che Monsignore cominciò a battersi contro questo nuovo rito di Paolo VI perché esso è veicolo, latore ed esatta espressione della nuova teologia del Concilio. La battaglia di Monsignore si è diretta sulla liturgia in ragione della dottrina soggiacente alla nuova messa di Paolo VI, che noi rifiutiamo perché è tutta impregnata ed impregna gli spiriti delle novità introdotte al Concilio dai decreti che Monsignore ha rifiutato, e sui quali si concentra la nostra resistenza.
Su cosa si concentra la nostra resistenza? Essenzialmente su questa nuova ecclesiologia, nuova concezione della natura della Chiesa e del suo ruolo. Oggi nella chiesa che si autodefinisce conciliare non c’è più la stessa concezione della Chiesa e del suo ruolo in mezzo agli uomini che c’era prima del Vaticano II. Tutto ciò si riassume in un cumulo di formule, e in particolare nel famoso subsistit, vale a dire nell’affermazione secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, senza che si affermi più l’identità tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica. È cosa diversa dire che c’è identità tra la Chiesa di Cristo e la Chiesa cattolica, e dire che la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, perché quest’ultima affermazione sottintende che sia un modo per lei di realizzarsi, di sussistere, ma che la si può trovare altrettanto bene altrove. È forse una piccola parola ma in teologia le parole hanno un senso molto preciso, altrimenti si parla a caso e il pensiero si annacqua, finendo per annacquare la fede. Dunque il cuore della nostra resistenza è il rifiuto della nuova ecclesiologia, quella stessa implicata dalla concezione attuale dell’ecumenismo e della libertà religiosa.
Tutto ritorna: nuova Chiesa, nuova concezione della Chiesa, nuova concezione dei suoi rapporti con le altre religioni; tutto è perfettamente logico ed è stato istituzionalizzato e ha ricevuto forza di legge con due documenti: il nuovo Codice di Diritto Canonico nel 1983 - ancora qualcosa di nuovo, una specie di codice napoleonico della chiesa conciliare, che colloca e dà forza di legge al pensiero del Concilio e all’ecclesiologia conciliare - e poi il nuovo Catechismo del 1991 che Monsignore non ha visto ma che si preannunziava.
In conclusione, alla fine del Concilio si è assistito all’insediamento di una nuova chiesa in seno alla Chiesa cattolica, quella che lo stesso Mons. Benelli definì chiesa conciliare, che non è certamente identica alla Chiesa cattolica ma che è una sorta di corpo estraneo in seno alla Chiesa cattolica; insediamento di una nuova società che si autodefinisce chiesa conciliare i cui limiti e insidie sono ben difficili da precisare (chi ne fa parte e chi no), che si definisce piuttosto per l’adesione a queste tesi. Ciò che costituisce la chiesa conciliare è l’adesione cosciente e volontaria alle tesi conciliari.
La nostra resistenza, quella di Monsignor Lefebvre e la nostra di oggi, è soprattutto a questa chiesa conciliare: noi rifiutiamo la nostra adesione non al papa in quanto tale ma a questa chiesa conciliare, poiché ha un pensiero estraneo al pensiero della Chiesa cattolica; piano piano abbiamo assistito ad un cambiamento totale, progressivamente tutto è cambiato, nella Chiesa attuale tutto è nuovo, niente è più intatto: tutto ciò che esisteva è stato sostituito dal nuovo. Nuovo rito della messa, nuovo rituale dei sacramenti, nuova bibbia (che non è più la Bibbia né la Vulgata ma una traduzione ecumenica), nuovo catechismo, nuovo diritto canonico, nuove forme di pietà, rifiuto di tutte le devozioni tradizionali, nuove traduzioni, etc. Tutto è nuovo. La nostra battaglia non è solo liturgica. Ciò che deve essere riformato è tale pensiero conciliare che la nuova liturgia esprime e veicola. Bisogna tornare alla santa dottrina...


4 commenti:

  1. La chiesa "conciliare" è la degenerazione tumorale della Chiesa, con diversa liturgia, quindi diversa dottrina, catechismo, mentalità e formazione di preti....Da questa degenerazione tumorale benigna, che si poteva asportare semplicemente tagliandola via dal corpo ecclesiale con precise indicazioni (tagli chirurgici)da parte di papi che hanno voluto invece aspettare, si è formato a lungo andare, e come succede spesso, un tumore maligno con tanto di metastasi mondiali, con liturgia ancor più deforme, dottrina ormai chiaramente eretica, messa degradata in "mensa" ed altre "amenità" del genere. Il tutto sotto lo sguardo compiaciuto di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI poi, e sguardo benevolo di cardinali tra cui mons. Ruini e Rylko, con appoggio interno di mons.Filoni. Cosa dovrebbe fare un fedele cattolico in questa situazione? Gridare si è gridato, mi pare, e tanto ! Monsignori fedeli alla Chiesa hanno pure scritto, implorato, ma tutto ancora tace, a Roma, salvo qualche "Angelus" e convegno con ribattute sui valori tradizionali ormai sopiti ed inascoltati o poco compresi.Forse a Roma si aspetta un messaggio forte dall'Alto ? Non mi sembra il caso di aspettare questo, mi sembra il caso di muoversi prima..."dopo" è tardi, certamente sia per riparare il guasto, sia per evitare la "purga" !

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  2. Padre Newman disse che il grande pericolo per la Fede risiedeva nello “spirito del liberalismo nella religione”. Con la espressione suddetta Newman intendeva “la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro”. Newman condannava cioè l’indifferentismo religioso, in forte contrasto con la sua caratteristica umana più profonda che lo aveva portato alla conversione: l’idea che l’uomo non può fare a meno di credere nella verità e quindi di cercarla incessantemente, pronto a lasciare tutto per quell’unico tesoro. "Il mondo moderno- argomentava Newman- è antireligioso, perché nega la Verità stessa e parla di “tolleranza” di tutte le religioni per dire, in verità, che nessuna vale qualcosa. Tutte uguali, cioè, perché nessuna è vera e tutte ugualmente inutili."

    Di fronte a questa sacrosanta affermazione, si rimane sconcertati nel riflettere sulla beatificazione di un uomo che ha praticamente assunto un atteggiamento diametralmente opposto alla linea liberal-tollerante-ecumenica dell'attuale Chiesa conciliare, la quale ancora "subsistit", ancora insiste a resistere nella santa Chiesa di Gesù Cristo Signore nostro. Newman, dicendo che il mondo moderno è antireligioso perchè parla di tolleranza di fronte a tutte le religioni, sta marchiando a fuoco come "antireligiosa", cioè apostata, quella stessa Chiesa che oggi lo beatifica! Ciò è quanto meno sconcertante...i fautori dell'attuale falso ecumenismo ("non bisogna più pregare per la conversione degli ebrei", "oggi per Ecumenismo non si intende più un ritorno alla Chiesa di Roma" ed altre baggianate del genere)stanno innalzando agli onori degli altari che li ha definiti miscredenti, rinnegatori della vera fede, attentatori della Fede del popolo, misconoscitori dell'unica Verità che è Cristo, il Quale si manifesta nella dottrina lasciata alla Chiesa di Roma!
    A me personalmente vien da sorridere (amaramente) nel vedere come si elogiano,anche beatificandoli, i veri figli di Dio, salvo poi predicare (ogni volta che si difende li Concilio) ed attuare l'esatto contrario di ciò che tali santi professavano.

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  3. "...si elogiano,anche beatificandoli, i veri figli di Dio, salvo poi predicare (ogni volta che si difende li Concilio) ed attuare l'esatto contrario di ciò che tali santi professavano."
    E' proprio qui il problema di Benedetto XVI...Forse lui non si è ancora accorto, ma i fedeli più attenti si accorgono eccome, invece la massa non si accorge, si confonde ancor più e sceglie da sè stessa l'usuale, l'ordinario...che è il disastro di mes-nsa e di dottrina. Ma, mi sorge un dubbio benefico per il papa,un'ipotesi:si rende conto che non potrebbe riuscire a radrizzare il timone decisamente, senza provocare uno sconquasso, allora sceglie un sistema astuto, ma molto rischioso. Decide di preparare il terreno ad una restaurazione ma senza dirlo platealmente, con piccoli passi di dottrina, dialoghi, informazioni,annunci, beatificazioni adatte.In modo che lentamente il gregge dei fedeli si adatti, senza accorgersi, al "nuovo" che è il vecchio e secolare tradizionale. Per far tutto senza scossoni, aspettando che le impostazioni "subliminali" giungano a maturazione nelle menti e diano frutti spontaneamente senza traumi.Dosi di medicina adatta senza dire "apri la bocca" ma facendo sorridere ed infilando presto una dose senza che l'altro s'accorga, poi continuare a dire:"ma bravo neocatecumeno,prosegui nel tuo fervore per Cristo..". Ma, qualcuno la chiamerebbe fantareligione, ma non si sa mai, certo questa ipotesi è frutto di speranza !

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  4. ...E' anche frutto di profondo amore al Santo Padre, e per questo commuove il cuore...e non pare neanche un'ipotesi tanto remota...Benedetto XVI è solito affrontare le questioni con un'acutezza di sensibilità e di intelligenza ben superiori alla media umana...perciò non è escluso che nelle sue intenzioni, sempre lungimiranti, sia presente un tale spirito. E voglia Dio, se fosse così, accogliere la sua intenzione e trasformarla in bene.
    Tuttavia noterei in una eventuale posizione del genere un'occasione persa per mostrare pubblicamente ed apertamente una franca e decisa, non fraintendibile scelta a favore della Verità tutta intera, quella scelta che pubblicamente facevano nei primi secoli i Confessori della Fede e che spesso erano chiamati a sugellare col martirio.

    Proprio come accadde al sacerdote Mattatìa, raccontato nel libro dei Maccabei, a cui fu suggerito, per salvare la propria pelle dalla persecuzione di Antioco Epifane, di FINGERE di mangiare carne di maiale senza però farlo veramente al fine di salvare la vita, ma anche l'osservanza della Legge. Mattatia rispose che mai avrebbe tratto in inganno i giovani che lo osservavano, i quali avrebbero poi seguito il suo esempio, rinnegando così la Legge del Signore...e che preferiva dare la vita pur di non scandalizzare alcuno...
    Restò cristallinamente fedele al Signore, senza indulgere a tattiche sotterranee, a messaggi subliminali, a disegni attuati nell'ombra, finalizzati al non perdere la propria faccia di fronte ai pagani. Chi ama Cristo viene alla luce, e sarà odiato dal mondo, che non sopporta la luce, ma preferisce le tenebre della menzogna e l'agire nell'oscurità. Chi ama il mondo e l'intesa con esso non può amare Dio, perchè le due cose si escludono a vicenda e non ci può essere nessuna intesa fra Cristo e Belial.

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