smascheriamo il compromesso storico :PDF
a cura di Mons. De Castro Mayer,
da Cristianità del luglio-agosto 1974
UN DOCUMENTO SEMPRE E QUANTO MAI ATTUALE
Interessante intervista...
Don Floriano Abrahamowicz
L’eredità spirituale di Mons. De Castro Mayer
Nato a San Paolo del Brasile il 13 maggio 1934 da padre italiano, lo scrittore Nino Daniele Vasta, studiò nel tradizionale Collegio gesuita San Luigi. Trasferitosi in Europa, prima a Zurigo e poi a Roma verso la metà degli anni sessanta, nel contatto con le più varie realtà internazionali, si rese conto della crisi nella Chiesa. Il suo punto di riferimento cattolico in Brasile fu l'illustre Vescovo Antonio de Castro-Mayer, con il quale collaborò strettamente.
Antonio de Castro Mayer (Campinas, 29 novembre 1904 – Campos, 25 aprile 1991) è stato un vescovo cattolico brasiliano, fu “scomunicato” da papa Giovanni Paolo II, in seguito alla scelta di aderire alle posizioni tradizionaliste sostenute dall'Arcivescovo Marcel Lefebvre.
Figlio di Joao Mayer, un tagliapietre di origini bavaresi, e di Francisca de Castro una contadina brasiliana, alla morte del padre nel 1910 contribuì con il proprio lavoro ad aiutare la madre al sostentatamento dei suoi undici fratelli. A dodici anni entrò nel seminario minore di San Paolo del Brasile e nel 1922 proseguì gli studi nel seminario maggiore della stessa città, dal quale fu successivamente inviato a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana dove conseguì nel la laurea in Teologia. Il 30 ottobre fu ordinato sacerdote dal Cardinale e tornato in Brasile, gli fu assegnata la cattedra di Filosofia, Storia della filosofia e Teologia Dogmatica presso il seminario di San Paolo.
Devo testimoniare la sua attitudine a non risparmiare energie né evitare critiche feroci e nemmeno autocritiche per la difesa della Fede pura e integrale che abbiamo ereditato per grazia di Dio.In questo senso penso di dover ricordare alcune delle sue ultime prese di posizione pubbliche, cui ho partecipato.Nel novembre 1983, Mons. Lefebvre e Mons. Castro-Mayer inviarono a Giovanni Paolo II una Lettera aperta con un Manifesto Episcopale: "La situazione della Chiesa, da venti anni, è tale che essa appare come una città occupata. Migliaia di sacerdoti e milioni di fedeli vivono nell'angoscia e nella perplessità a motivo della "autodemolizione della Chiesa" Gli errori contenuti nei documenti del Vaticano II, le riforme postconciliari, e particolarmente la Riforma liturgica, le false concezioni diffuse dai documenti ufficiali, gli abusi di potere compiuti dalla gerarchia, li gettano nel turbamento e nel disagio. [.] Tacere in queste circostanze significherebbe farsi complici di queste cattive opere (cfr. 2Gv 11) [.] È con i sentimenti di S. Paolo di fronte a S. Pietro, allorché gli rimproverava di non seguire la "verità del Vangelo" (Gl 2, 11-14), che noi ci rivolgiamo a Voi".
Non vi fu risposta. Cominciava a farsi evidente o il disinteresse per le questioni riguardanti la fede, o allora, il che è molto peggio, la chiara deviazione dalla verità del Vangelo.
L'11/12/83 Giovanni Paolo II predica nel tempio luterano di Roma. Dice che si dovrà "rifare il processo a Lutero in modo più oggettivo", dando così ad intendere che la sentenza di Papa Leone X su questioni di fede sia ingiusta e riformabile. Inoltre riceve regolarmente dal 1984 esponenti della potente massoneria ebraica del B'nai B'rith, con cui ha rapporti di collaborazione. Il 10/5/84, in Tailandia, visita ufficialmente uno dei capi del buddismo e s'inchina davanti al suo trono (come vicario di Cristo). Nel 1984, nella Nuova Guinea, in una concelebrazione da lui presieduta una ragazza legge l'epistola a torso nudo. L'11/6/84, a Roma, si fa rappresentare nella collocazione della prima pietra della futura maggiore moschea in Europa.
Mons. Castro-Mayer diceva che la risposta negativa era nei fatti.
Un anno dopo il "Manifesto" dei due Vescovi, il Vaticano fece la mossa dell'Indulto per la Messa tradizionale con la condizione che gli interessati prendessero le distanze dai dissidenti del Vaticano II.
Nel frattempo Giovanni Paolo II appoggiava l'eresia neocatecumenale in modo frequente e notorio.
Nel 6/11/84, dopo il silenzio che cadde su tutte queste gravissime questioni, Mons. Castro-Mayer in una intervista all'importante quotidiano Jornal da Tarde di S. Paolo, dichiara pubblicamente che il Vaticano II, con la dichiarazione Dignitatis humanae, proclamò un'eresia oggettiva per cui: La Chiesa che aderisce formale e totalmente al Vaticano II con le sue eresie, non è né può essere la Chiesa di Gesù Cristo.
Aggiungendo: Quelli che seguono o applicano tale dottrina dimostrano una pertinacia che normalmente configura l'eresia formale. Ma ancora non li abbiamo accusati categoricamente di tale pertinacia per dirimere la minima possibilità d'ignoranza su questioni così gravi. Tuttavia, se può non essere chiara la pertinacia nella forma di un'effettiva offesa alla Fede, questa pertinacia si manifesta nell'omissione di difenderla.
Il dilemma era allora: omissione di difesa o attacco pertinace? Poiché il 24/6/1985 i capi conciliari approvano il documento ufficiale del Vaticano di invito ai cristiani affinché, insieme con gli Ebrei, "preparino il mondo alla venuta del Messia". Invito che sarà inserito nel 'nuovo catechismo' (n. 840).
Intanto Giovanni Paolo II prepara l'unione delle 'religioni'. L'8/8/1985, in una "foresta sacra" del Togo, partecipa a cerimonie pagane, e giorni dopo a riti satanici a Kara e Togoville. Il 19/8/1985, in Marocco, afferma in un discorso alla gioventù musulmana che, "abbiamo lo stesso Dio": non è così necessario convertirsi al Cristianesimo.
Davanti a tutte queste notizie scandalose e, in occasione del sinodo dei vent'anni del Vaticano II, Mons. Castro-Mayer e Mons. Lefebvre, scrissero insieme a Giovanni Paolo II per dire che, se il sinodo non tornava al magistero della Chiesa, ma ribadiva in materia di tale libertà religiosa l'errore fonte di eresie: avremmo il diritto di pensare che i membri del sinodo non professano più la fede cattolica... e voi, non sarete più il Buon Pastore. Su tali gravissime parole Giovanni Paolo fece solo un ironico commento alla stampa, a dimostrazione che l'avviso gli era arrivato.
E la "pastorale ecumenista" di Giovanni Paolo II continuò come prima, peggio di prima. Il 2/2/86, in India, riceve in fronte da una sacerdotessa di Shiva il segno del "tilak". E il 5/2, a Madras, le ceneri iniziatiche di sterco di vacca sacra. Il 24/2/86 approva l'adesione della Chiesa conciliare al Consiglio mondiale delle chiese, con sede a Ginevra, riconosciuto anche da molti protestanti come centro di potere mondialista. Il 13/4/86, a Roma, visita ufficialmente la Sinagoga dove recita i salmi con il grande Rabbino ed altri che ripetono parole d'accusa contro la Chiesa. Il 5/X/86 reca omaggio alla comunità protestante di Taizé ed ai carismatici di Paray-le-Monial, dove dice superato il culto al Sacro Cuore. E finalmente, il 27/X/86, ad Assisi, promuove e presiede alla preghiera per la pace delle grandi religioni.
Poiché ciò da allora è ricorrente, nel 1986, dopo l'abominio d'Assisi, i due Vescovi pubblicarono la dichiarazione (2/12/86) in cui, menzionando la "rottura di Paolo VI e di Giovanni Paolo II con i loro predecessori", concludevano: "consideriamo nullo tutto quanto fu ispirato da questo spirito di negazione: tutte le riforme postconciliari e tutti gli atti di Roma realizzati dentro questa empietà". (Benedetto XVI dimostra, in tema di Concilio Vaticano II, nelle dichiarazioni e nei fatti, una perfetta continuità coi predecessori, n.d.r.)
Mons. de Castro-Mayer già allora domanda apertamente, pochi giorni prima delle consacrazioni episcopali di Ecône, che sia chiarita la posizione inerente l’assenza dell’autorità cattolica in Vaticano (e di questo si possiede registrazione). Purtroppo tutto era stato preparato nel senso del non chiarimento. E la richiesta di Mons. De Castro Mayer ebbe grande opposizione da parte dell’allora don Rifan (e di gran parte dei sacerdoti che, a causa di questo atto provvidenziale, se ne andarono dalla FSSPX). Sono poi stato a Campos, dove ho ripetuto quanto sopra di fronte a Mgr Mayer e ai Padri Licinio e Possidente, che sono rimasti turbati che io conoscessi quei fatti. Confermarono che Mgr Mayer abbia posto quella domanda all'arrivo ad Ecône e il Vescovo mi ha dato ragione. Loro, però, sono diventati miei nemici…Comunque non possiamo che continuare a testimoniare la verità, non riguardo alle persone, ma alla Fede, come il Circolo Christus Rex ha ben detto alla stampa italiana, riferendosi a don Floriano.
- Cosa significava accettare il Concilio alla luce della Tradizione secondo Mons. de Castro Mayer?
La risposta è nei suoi articoli, i cui titoli sono già una chiara indicazione: Il Concilio Vaticano II e la Chiesa conciliare; La Chiesa dell’uomo; La Chiesa del Nuovo Codice; La nuova Chiesa (di Giovanni Paolo II); Lo scisma del Vaticano II; Persecuzione religiosa.
In realtà, il Vescovo de Castro Mayer sapeva che il problema del Vaticano II, la dottrina e la liturgia che ha prodotto, non erano corpi staccati tra di loro. Ma un progetto totale (Pascendi di San Pio X).
Quindi, non vi era alcuna possibilità d’interpretare il Vaticano II alla luce della Tradizione, cosa impossibile. Sarebbe, ha detto il vescovo, come volere un cerchio quadrato. Ciò è stato detto e ripetuto più volte con l’ intenzione di esplicare nel senso autentico con cui Mgr Lefebvre disse a Giovanni Paolo II: “Possiamo leggere il Vaticano II alla luce della Tradizione”.
(Mgr. Lefebvre faceva la distinzione fra “argomentumad hominem” e “argomentum tout court”. In questo caso, il termine “leggere” Egli lo intendeva nel senso di ”processare`”, “giudicare”, NON di ACCETTARE! N.d.r.)
Vi è anche un articolo del Vescovo Castro Mayer, pubblicato sulla stampa di Campos per spiegare ed evitare confusioni su questo argomento, che il vescovo mi ha esplicitamente chiesto di tradurre per il periodico romano “sì sì no no”.
Mgr Mayer, che non poteva essere soddisfatto della mancata conclusione del suo libro “ La Messe de Paul VI, qu’en penser?” sulla possibilità di un papa eretico, la questione doveva, quindi, essere approfondita.
Infatti questo libro era stato concepito nel 1969 per iniziare un dibattito, mai per tacerlo sulla questione più importante per la Cristianità, come è accaduto. Ma purtroppo sono intervenute delle pressioni e dei compromessi coinvolgenti la forte organizzazione T.F.P. (Tradizione, Famiglia, Proprietà di Plinio Correa de Oliveira), a cui, a quel tempo, il Vescovo e l’altro autore, Arnaldo Xavier da Silveira, erano legati.
L’importante è ricordare è che Mgr Castro Mayer vedeva definita da tempo la questione che considerava la più importante per la Chiesa oggi, quella dell’autorità legittima. Altrimenti, come spiegare che i suoi amici più stretti erano giustamente il tomista Pacheco Salles, l’editore Roberto Gorostiaga, il filosofo Homero Johas, io, e altri che domandavano un Suo chiarimento a proposito? Il fatto innegabile è che Mgr Castro Mayer appoggiava iniziative di libri, riviste e testimonianze nel senso indicato. Uno di questi, Lettre à quelques évêques, è uno studio sulle eresie conciliari i cui autori erano apertamente “sedevacantisti”, eppure Mgr Castro Mayer fu il presentatore del lavoro, perché voleva che si ponesse il problema della crisi nell’Autorità e si discutesse apertamente e chiaramente di esso.
Di fronte a tutto questo è strano che i poveri sacerdoti di Campos si dicano continuatori del grande Vescovo, ma più ancora che siano caduti nella rete di un accordo con l’apparato conciliare!
Noi della Redazione aggiungeremmo, inoltre, che essi non si sono comportati differentemente rispetto ai sacerdoti che se ne sono andati dalla FSSPX a causa delle ordinazioni episcopali. Addirittura alcuni dei sacerdoti che nel 1988 erano contrari alle ordinazioni episcopali, furono i primi a puntare il dito contro gli ex confratelli che si rifugiarono nella Fraternità San Pietro.
- Allora la Fraternità SSPX ha criticato duramente i sacerdoti dell’accordo di Campos. Non sarà che ora è il suo turno di buttarsi nella stessa rete fatale?
Dio non voglia.
In questi tempi strani, oltre alla eradicazione costante e progressiva della chiesa conciliare odierna, dalla liturgia e dai dogmi professati per secoli, esiste, per grazia divina,anche una parte della chiesa che analizza con sete di verità quel che è successo dal Concilio in poi.Tra questi Daniele Arai di cui ho avuto già modo di leggere sue analisi storiche sul fenomeno Concilio Vaticano II,le sue premesse e le sue conseguenze. Dall'altro lato sembra che anche Cristina Siccardi, di cui non ho però letto libri, ma sunti, di essi. Le analisi critiche dunque non mancano sulla situazione odierna della Chiesa.Il fedele che anela alla verità DEVE informarsi e quello che si chiede perchè esista una differenza così netta tra prima e dopo il Concilio, non può supinamente accettare spiegazioni semplicistiche di "diversità di carismi in un'unica chiesa"! La verità è che esistono DIVERSITà DI VEDUTE, DI LITURGIE, DI ESPRESSIONI DI FEDE NELL'AMBITO DI UNA STESSA GERARCHIA STRUTTURALE CHE NON RICONOSCE NEANCHE PIU' SE' STESSA COME STRUTTURA GERARCHICA. Papa che non vuole fare il papa, cardinali che non vogliono mostrare obbedienza, vescovi che intendono in modi differenti le disposizioni vaticane...ecc.ecc. Diversità di carismi c'erano sì quando sorgevano differenti menti ad organizzare spiriti similari in strutture che avevano SEMPRE in comune la stessa liturgia, la stessa Messa, lo stesso credo. Ora non più! E' ridicolo e menzognero sostenere che la messa tadizionale sia nella struttura e nei dogmi rappresentata anche nella nuova messa o nella "messa" neocatecumenale, o nella messa "focolarina" o carismatica o di una delle tante messe, forse blasfeme organizzate in sintonia con luterani od altri scismatici, con spirito ecumenico.Non è lecito parlare di diversi carismi in un'unico corpo di chiesa. La verità è che vi sono chiese diverse nella chiesa cattolica che non è più Una, stabile come roccia nei secoli nella sua liturgia. La varietà e la fantasia liturgica sono indice di differenziazione drammatica dall'Unica Chiesa Cattolica Apostolica come era sempre stata. La frammentazione liturgica indotta dopo il Concilio è l'esempio della disgregazione, nonostante le rassicuranti parole di un'unicità, solo di fantasia surreale, ripetute da Karol Woityla come da Joseph Ratzinger ora.I drammatici e presanti appeli di mons De Castro Majer e di mons Lefebvre, sempre inascoltati e derisi sono gli ultinmi accorati appelli di uomini di Chiesa per restaurare la Chiesa così com'era voluta e impostata nei secoli, pur nei suoi travagli e defezioni e marciume, anche. Il nuovo ha stravolto e deformato tutto nella chiesa, ma nessun papa ha ancora posto mano, con vigore necessario, a incanalare di nuovo verso la strada della Verità.
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