M. – Amen.
sabato 31 marzo 2012
DOMINÍCA SECUNDA PASSIÓNIS SEU IN PALMIS...
ORÁTIO
Omnípotens, sempitérne Deus, qui humáno géneri ad
imitándum humilitátis exémplum, Salvatórem nostrum carnem súmere, et
crúcem subíre fecísti: concéde propítius, ut et patiéntiæ ipsíus habére
documénta, et resurrectiónis consórtia mereámur. Per eúmdem Dóminum
nostrum Iesum Christum Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte
Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
M. – Amen.
M. – Amen.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele
Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo
(Disc. 9 sulle Palme; PG 97, 990-994)
Venite,
e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo
che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile
e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
Viene
di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. E' disceso dal cielo, per
farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di
ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef
1, 21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella
spettacolarità, «Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle
piazze la sua voce» (Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà.
Corriamo anche noi insieme a
colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli
andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo
cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma
come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi
ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si
avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può
contenere. Egli, che è la mansuetudine stessa, gode i venire a noi
mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o
meglio entra nell'ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro
intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé.
Egli salì «verso oriente sopra i cieli dei cieli» (cfr. Sal
67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino, come
principio e anticipazione della nostra condizione futura. Tuttavia non
abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole sublimare con sé
la natura umana, innalzandola dalle bassezze della terra verso la
gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi,
piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che
rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con
la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua
grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati
battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese.
Per il peccato eravamo prima
rossi come scarlatto, poi in virtù del lavacro battesimale della
salvezza, siamo arrivati al candore della lana per poter offrire al
vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di
vittoria. Agitando i rami spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno,
assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene
nel nome del Signore, il re d'Israele».
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