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venerdì 6 aprile 2012

SABATO SANTO..."La discesa agli inferi del Signore. Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme".


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 AVE VERUM
Ave Verum Corpus natum de Maria Virgine:

Vere passum, immolatum in cruce pro homine,

Cujus latus perforatum unda fluxit et sanguine:

Esto nobis praegustatum in mortis examine.

O Jesu dulcis! O Jesu pie! O Jesu, fili Mariae, Miserere mei. Amen.


Ave, o vero corpo, nato da Maria Vergine,

che veramente patì e fu immolato sulla croce per l'uomo,

dal cui fianco squarciato sgorgarono acqua e sangue:

fa' che noi possiamo gustarti nella prova suprema della morte.

O Gesù dolce, o Gesù pio, o Gesù figlio di Maria. Pietà di me. Amen.


UFFICIO LETTURE - LODI MATTUTINE

ORA MEDIA - SECONDI VESPRICOMPIETA

Da un'antica «Omelia sul Sabato santo». (Pg 43, 439. 451. 462-463) La discesa agli inferi del Signore.
 Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà. Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura. Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire. Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell'inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te. Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio. Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».
Da: Maria Valtorta – L’Evangelo come mi è stato rivelato - vol. X – cap. 614 - ed. CEV.

30 marzo 1945. L'alba viene avanti stenta, a fatica. E l'aurora tarda stranamente, per quanto non ci siano nuvoli in cielo. Ma sembra che gli astri abbiano perso ogni vigore. E come era pallida la notturna luna, così è pallido il sole che appare. Opachi... Han¬no forse pianto anche essi, da avere questo aspetto appannato, come lo hanno gli occhi dei buoni che hanno pianto e piangono per la morte del Signore? Appena Giovanni comprende che le porte sono riaperte, esce, sordo alle suppliche materne. Le donne si asserragliano in casa, ancora più intimorite ora che anche l'apostolo se ne è dato. Maria, sempre nella sua stanza, con le mani prosciolte nel grembo, guarda fisso fuori dalla finestra, che si apre su un giardino non vastissimo ma abbastanza ampio e tutto pieno di rose in fiore lungo le alte muraglie e le aiuole capricciose. I ciuffi dei gigli, invece, sono ancora senza lo stelo del futuro fiore: folti, belli, ma solo a foglie. Guarda, guarda, ed io credo non veda niente. Ma solo veda ciò che è nel suo povero cervello stanco: l'agonia del Figlio. Le donne vanno e vengono. Le si accostano, la carezzano, la pregano di prendere un ristoro... e ogni volta, col loro venire, viene un'ondata di un profumo pesante, composto, sbalordente. Maria ne ha un brivido ogni volta. Ma non ha altro. Non pa¬role. Non atti. Niente. É esausta. Attende. É solo un'attesa. É Colei che attende. Un picchio all'uscio... Le donne corrono ad aprire. Maria si volge sul suo sedile, senza alzarsi, e fissa l'uscio socchiuso. Entra la Maddalena. «C'è Mannaen... Vorrebbe essere usato per qualche cosa». «Mannaen... Fàllo entrare. Fu sempre buono. Ma credevo non fosse lui...».
«Chi credevi, Madre?...». «Dopo... dopo. Fa' passare». Entra Mannaen. Non è pomposo come di solito. Ha una ve¬ste comunissima, di un marrone quasi nero, e un mantello uguale. Nessun gioiello e non la spada. Nulla. Sembra un uomo benestante ma del popolo. Si curva a salutare, prima con le mani incrociate sul petto, e poi si inginocchia come davanti ad un altare. «Alzati. E perdona se non rispondo all'inchino. Non posso...». «Non devi. Non lo permetterei. Chi sono lo sai. Perciò ti prego calcolarmi tuo servo. Hai bisogno di me? Vedo che non hai un uomo d'intorno. So da Nicodemo che tutti sono fuggiti. Non c'era nulla da fare. É vero. Ma almeno dargli il conforto di vederci. Io... io l'ho salutato al Sisto. E poi non ho più potuto, perché... Ma è inutile dirlo. Anche questo fu voluto da Satana. Ora sono libero e vengo a mettermi al tuo servizio. Ordina, Donna». «Vorrei sapere e far sapere a Lazzaro... Le sorelle sono in pena, e mia cognata e l'altra Maria pure.
 
 Vorremmo sapere se Lazzaro, Giacomo, Giuda e l'altro Giacomo sono salvi». «Giuda? L'Iscariota? Ma lo ha tradito!». «Giuda, figlio del fratello dello sposo mio». «Ah! vado», e si alza. Ma nel farlo ha un movimento di dolore. «Ma sei ferito?». «Uhm... si. Roba da nulla. Un braccio che duole un poco». «Per causa nostra, forse? Per questo non c'eri lassù?». «Sì. Per questo. E solo per questo mi dolgo. Non per la ferita. Il resto di fariseismo, di ebraismo, di satanismo che era in me, perché satanismo è divenuto il culto d'Israele, è tutto usci¬to con quel sangue. Sono come un pargolo che, dopo la recisione del sacro ombelico, non ha più contatti col sangue materno, e le poche stille che ancora restano nel cordone reciso non van¬no in lui, strozzate come sono dal laccio di lino. Ma cadono... Inutili ormai. Il neonato vive col suo cuore e il suo sangue. Così io. Fino ad ora ero ancora non formato del tutto. Ora sono giunto al termine, e vengo, e sono stato dato alla Luce. Ieri so¬no nato. Mia madre è Gesù di Nazaret. E mi ha partorito quan¬do ha dato l'ultimo grido. So... Perché sono fuggito nella casa di Nicodemo questa notte. Solo vorrei vederlo. Oh! quando an¬drete al Sepolcro, ditemelo. Verrò... Il suo Volto di Redentore io lo ignoro!». «Ti guarda, Mannaen. Volgiti». L'uomo, che era entrato tanto a capo chino e che aveva avu¬to poi occhi solo per Maria, si volta quasi spaventato e vede il Sudario. Si getta bocconi, adorando... E piange. Poi si leva. Si inchina a Maria e dice: «Vado». «Ma è sabato. Lo sai. Già ci accusano di violare la Legge per sua istigazione». «Pari siamo, perché essi violano la legge dell'Amore. La prima e più grande. Egli lo diceva. Il Signore ti conforti». Esce. E le ore passano. Come sono lente per chi attende... Maria si alza e appoggiandosi ai mobili si fa sull'uscio. Cer¬ca di traversare il vasto vestibolo d'ingresso. Ma quando non ha più appoggio vacilla come fosse ebbra. Marta, che vede dal cortile che è oltre l'uscio, aperto all'estremità del vestibolo, accorre. «Dove vuoi andare?». «Là dentro. Me lo avete promesso». «Aspetta Giovanni». «Basta aspettare. Vedete che sono quieta. Andate, poi che avete fatto chiudere dall'interno, e fate aprire. Io aspetto qui». Susanna, poiché tutte sono accorse, parte per chiamare il padrone con le chiavi. Intanto Maria si appoggia alla porticina come volesse aprirla con la forza del suo volere. Ecco l'uomo. Pauroso, avvilito, apre e si ritira. E Maria, a braccio di Marta e Maria d'Alfeo, entra nel Cenacolo. Tutto è ancora come era alla fine della Cena. Il susseguirsi delle cose e l'ordine dato da Gesù hanno impedito manomis¬sioni. Soltanto sono stati riportati i sedili al loro posto. E Ma¬ria, che pure non è stata nel Cenacolo, va diritta al posto dove era seduto il suo Gesù. Pare che la guidi una mano. E sembra quasi sonnambula, tanto è irrigidita nello sforzo di andare... Va. Gira intorno al letto sedile, si insinua fra questo e la tavo¬la... resta ritta un momento e poi si abbatte attraverso al tavolo in un nuovo scoppio di pianto. Poi si calma. Si inginocchia e prega con la testa appoggiata all'orlo della tavola. Carezza la tovaglia, il sedile, le stoviglie, l'orlo del grande vassoio dove era l'agnello, il grande coltello usato a scalcare, l'anfora posa¬ta davanti a quel posto. Non sa di toccare ciò che ha toccato anche l'Iscariota. Poi resta come inebetita, con la testa appog¬giata sulle braccia conserte messe sul tavolo. Tacciono tutte. Finché la cognata dice: «Vieni, Maria. Temiamo i giudei. Vorresti che entrassero qui?». «No. No. É luogo santo. Andiamo. Aiutatemi... Avete fatto bene a dirmelo. Vorrei anche un cofano, bello, grande, chiuso. Per chiudervi dentro tutti i miei tesori». «Domani te lo faccio portare dal palazzo. É il più bello del¬la casa. E robusto e sicuro. Te lo dono con gioia», promette la Maddalena. Escono. Maria è proprio esausta. Vacilla nel fare i pochi sca¬lini. E, se è meno drammatico il suo dolore, è perché non ha più forza di essere tale. Ma nella sua pacatezza è ancora più tragico. Rientrano nella stanza di prima. E prima di tornare al suo posto Maria accarezza, come fosse un viso di carne, il santo Volto del Sudario. Un altro busso al portone. Le donne si affrettano ad uscire e a socchiudere l'uscio. Con la sua voce stanca Maria dice: «Se fossero i discepoli, e specie Simon Pietro e Giuda, che vengano subito a me». Ma è il pastore Isacco. Entra piangendo dopo qualche minuto e subito si prostra al Sudario e poi alla Madre, e non sa che dire. É Lei che dice: «Grazie. Ti ha visto e ti ho visto. Lo so. Vi guardava finché ha potuto». Isacco piange ancora più forte. Può parlare solo quando ha finito il suo pianto. «Non volevamo andare via. Ma Gionata ce ne ha pregato. I giudei minacciavano le donne... e dopo non abbiamo più potuto venire. 
 
Era... era tutto finito... Dove dovevamo andare allora? Ci siamo sparsi per la campagna e a notte fatta ci siamo riuniti a mezza via fra Gerusalemme e Betlemme. Ci pareva di allontanare la sua Morte andando verso la sua Grotta... Ma poi abbiamo sentito che non era giusto andare là... Era egoismo, e siamo tornati verso la Città... E ci siamo trovati, senza sapere come, a Betania...» «I miei figli!». «Lazzaro!». «Giacomo!». «Sono tutti là. I campi di Lazzaro all'aurora erano sparsi di vaganti che piangevano.. . I suoi inutili amici e discepoli... Io... sono andato da Lazzaro e credevo di essere il primo... Invece là erano già i tuoi due figli, donna, e il tuo, insieme ad Andrea, Bartolomeo, Matteo. Li aveva persuasi ad andare là Simone Zelote. E Massimino, uscito per la campagna fin dal primo mattino, ne aveva trovati altri. E Lazzaro li ha soccorsi tutti. E ancora lo sta facendo. Dice che il Maestro gliene aveva dato ordine. E così dice lo Zelote». «Ma Simone e Giuseppe, gli altri miei figli, dove sono?». «Non so, donna. Eravamo stati insieme fino al terremoto. Poi... non so più nulla di esatto. Fra le tenebre e i fulmini e i morti risorti e il tremore del suolo e il turbine dell'aria, ho perduto la ragione. Io mi trovai nel Tempio. E ancora mi chiedo come potei essere là dentro, oltre il limite sacro. Pensa che fra me e l'altare dei profumi c'era solo un cubito... Pensa! Io dove pongono i piedi solo i sacerdoti di turno!... E... e ho visto il Santo dei Santi!... Si. Perché il Velo del Santo è lacerato da cima a fondo, come l'avesse strappato il volere di un gigante... Se mi vedevano là dentro, mi lapidavano. Ma nessuno vedeva più. Non ho incontrato che spettri di morti e spettri di viventi. Perché spettri parevamo alla luce dei fulmini, al chiarore degli incendi e col terrore nei volti...». «Oh! il mio Simone! il mio Giuseppe!». «E Simon Pietro? E Giuda di Keriot? E Tommaso e Filippo?». «Non so, Madre... Lazzaro mi ha mandato a vedere, perché gli avevano detto che... che vi avevano uccisi». «Vai subito, allora, a tranquillizzarlo. Ho già mandato Mannaen. Ma va' tu pure e di'... di' che solo Lui è l'Ucciso. Ed io con Lui. E se vedi degli altri discepoli, portali con te là. Ma l'Iscariota e Simon Pietro li voglio io». «Madre... perdonaci se di più non abbiamo fatto». «Tutto perdono... Vai». Isacco esce. E Marta e Maria, Salome e Maria d'Alfeo lo soffocano di preghiere, di raccomandazioni, di ordini. Susanna piange piano perché nessuno le parla dello sposo. É allora che Salome ((G Zebedeo, padre di Giacomo e Giovanni) si ricorda del suo. E piange anche lei. Silenzio di nuovo. Sino ad un nuovo picchiare al portone. Posto che la città è quieta, le donne sono meno paurose. Ma, quando dall'uscio socchiuso vedono spuntare il volto glabro di Longino, fuggono tutte come avessero visto un morto nel suo lenzuolo funebre o il Demonio in persona. Il padrone di casa, che per curiosità ciondola nel vestibolo, è il primo a scappare. Accorre la Maddalena , che era con Maria. Longino, con un involontario sorrisetto canzonatorio sulle labbra, è entrato ed ha chiuso da sé il pesante portone. Non è in divisa. Ma ha una veste grigia e corta sotto un mantello pure oscuro. Maria Maddalena lo guarda e lui guarda lei. Poi, rimanendo sempre addossato alla porta, Longino chiede: «Posso entrare senza contaminare nessuno? E senza fare terrore a nessuno? Ho visto stamane all'aurora il cittadino Giuseppe e mi ha detto del desiderio della Madre. Chiedo perdono se non giunsi di mio a pensarlo. Ecco la lancia. L'avevo tenuta per ricordo di un... del Santo dei Santi. Oh! questo sì che lo è! Ma è giusto l'abbia la Madre. Per le vesti... è più difficile. Non glielo dite... ma forse sono già state vendute per pochi denari... E diritto dei soldati. Ma cercherò di trovarle…» «Vieni. Ella è là». «Ma io sono pagano!». «Non importa. Glielo vado a dire. Se lo desideri». «Oh! non... non pensavo di meritarlo». Maria Maddalena va dalla Vergine. «Madre, Longino è lì fuori... Ti offre la lancia». «Fàllo passare». Il padrone di casa, che è sull'uscio, brontola: «Ma è un pa¬gano». «Sono Madre di tutti, uomo. Come Egli di tutti è il Redentore». Longino entra e sulla soglia saluta romanamente col gesto, col braccio (si è levato il mantello) e poi con la voce: «Ave, Domina. Un romano ti saluta: Madre dell'umano genere. La vera Madre. Non avrei voluto essere io a... a... a quella cosa. Ma era ordine. Però, se servo a darti quanto desideri, perdono al desti¬no di avermi scelto per quella orrenda cosa. Ecco», e le dà la lancia avvolta in un drappo rosso. Il solo ferro. Non l'asta. Maria la prende divenendo ancora più pallida. Si annullano persino le labbra nel pallore. Pare che la lancia la sveni. E trema fin con le labbra mentre dice: «Egli ti conduca a Sé. Per la tua bontà». «Era l'unico Giusto che io abbia incontrato nel vasto impero di Roma.
 
 Mi pento di non averlo conosciuto che per le parole dei compagni. Ora... è tardi!». «No, figlio. Egli ha finito l'evangelizzare. Ma il suo Vangelo resta. Nella sua Chiesa». «Dove è la sua Chiesa?». Longino è lievemente ironico. «Qui è. Oggi è percossa e dispersa. Ma domani si riunirà come un albero che ravvia la chioma dopo la tempesta. E, anche non ci fosse più alcuno, io ci sono. E il Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio e mio, è tutto scritto nel mio cuore. Non ho che guardarmi il cuore per potervelo ripetere». «Verrò. Una religione che ha per capo un tale eroe non può essere che divina. Ave, Domina!». E anche Longino se ne va. Maria bacia la lancia, dove ancora è il Sangue del Figlio... Né vuole levarlo quel Sangue. Ma lo lascia, «rubino di Dio, sulla lancia crudele», dice... La giornata, fra schiarite di nuvole e cupezze di temporale, passa così. Giovanni torna solo quando il sole a perpendicolo dice che è il mezzogiorno. «Madre. Io non ho trovato nessuno, fuor¬ché... Giuda di Keriot». «Dove è?». «Oh! Madre! Che orrore! Egli pende da un ulivo, gonfio e nero quasi fosse morto da settimane. Putrido. Orrendo... Su lui gli avvoltoi, i corvi, che so, urlano in risse atroci... É stato il loro clamore che mi ha chiamato in quel senso. Ero sulla via del monte Uliveto, e su un poggio ho visto ruote e ruote di uccellacci neri. Sono andato... Perché? Non lo so. E ho visto. Che orrore!...». «Che orrore! Dici bene. Ma sopra la Bontà fu la Giustizia. Infatti la Bontà è assente, ora... Ma Pietro! Ma Pietro!... Gio¬vanni, ho la lancia. Ma le vesti... Longino non ne ha parlato». «Madre, voglio andare al Getsamni. Egli è stato preso senza mantello. Forse è là ancora. Poi andrò a Betania». «Vai. Per il mantello, vai... Gli altri sono da Lazzaro. Non andare perciò da Lazzaro. Non occorre. Va' e torna qui». Giovanni parte di corsa. Senza prendere ristoro. Come sen¬za ristoro sta Maria. Le donne hanno mangiato in piedi pane e ulive, sempre lavorando ai loro balsami. E viene, con Gionata, Giovanna di Cusa. E una maschera dal gran pianto. E appena vede Maria dice: «Mi ha salvata! Mi ha salvata e Lui è morto. Ora non vorrei più essere stata salvata!». É la Madre Dolorosa che deve consolare questa creatura guarita, ma rimasta di una sensibilità morbosa. E la consola e la fortifica dicendole: «Non lo avresti conosciuto e amato e non lo potresti servire ora. Quanto ci sarà da fare, in futuro! E noi dovremo fare perché, lo vedi... Noi siamo rimaste, e gli uo¬mini sono fuggiti. É sempre la donna la generatrice vera. Nel Bene. Nel Male. Noi genereremo la nuova Fede. Di essa siamo ripiene, deposta in noi dallo Sposo Iddio. Ed essa genereremo alla Terra. Per il bene del mondo. Guardalo come è bello! Co¬me sorride e mendica questo nostro santo lavoro! Giovanna, io ti amo, lo sai. Non piangere più». «Ma Egli è morto! Si. Lì sopra è ancora simile ad un vivo. Ma ora vivo non è più. Che è il mondo privo di Lui?». «Egli tornerà. Va'. Prega. Attendi. Più crederai, più presto risorgerà. É la mia forza questo credere... E solo io, Dio e Sa¬tana sappiamo quanti assalti sono dati a questa mia fede nella sua Risurrezione». Anche Giovanna va via, esile e piegata come un giglio troppo saturo d'acqua. Ma, uscita lei, Maria ricade nel tormento. «A tutti! A tutti devo dare la forza. E a me chi la dà?». E piange, accarezzando il Volto dell'effigie, perché ora si è seduta presso il cofano su cui il Sudario è steso. Vengono Giuseppe e Nicodemo. Ed evitano alle donne di uscire per comperare mirra e aloe, perché ne portano dei sacchetti. Ma la loro forza cede davanti al Viso impresso nel lino e al viso devastato della Madre. Si siedono in un angolo dopo averla salutata e tacciono. Seri, funebri... Poi vanno. Né Lei ha più forza di parlare. Ma, più scende la sera, precoce per la nuvolaglia afosa, e più diviene una povera creatura straziata. Le ombre della sera sono anche per Lei, come per tutti i dolenti, fonte di maggior dolore. Anche le altre si fanno più tristi. E specie Salome, Maria d'Alfeo e Susanna. Ma per loro infine viene il ristoro, perché in gruppo giungono Zebedeo, lo sposo di Susanna e Simone e Giuseppe d'Alfeo. I due primi restano nel vestibolo, mentre spiegano che li ha trovati Giovanni mentre passava per il sobborgo di Ofel. I due altri invece sono stati trovati da Isacco erranti per la campagna, incerti se tornare in città o andare dai fratelli, che supponevano a Betania. Simone dice: «Dove è Maria? La voglio vedere», e preceduto dalla madre entra e bacia la parente straziata. «Sei solo? Perché non è con te Giuseppe? Perché vi siete lasciati? Ancora in urto fra voi? Non dovete. Vedete? La ragione dell'attrito è morta!». E accenna al Volto del Sudario. Simone lo guarda e piange. Dice: «Non ci siamo più lasciati. E non ci lasceremo. Si, la ragione dell'attrito è morta. Ma non come tu credi. É morta perché Giuseppe, ora, ha compreso... É lì fuori Giuseppe... e non osa venire...». «Oh! no. Io non faccio mai paura. E non sono che pietà. Avrei perdonato anche al Traditore. Ma non posso più. Si è ucciso». E si alza. Cammina curva chiamando: «Giuseppe! Giuseppe! ». Ma Giuseppe, affogato nel pianto, non risponde. Ella si fa sulla porta, come era per parlare a Giuda, e sostenendosi allo stipite stende l'altra mano e la posa sulla testa del più anziano e tenace dei nipoti. Lo carezza e dice: «Lascia che io mi appoggi ad un Giuseppe! Tutto era pace e serenità finché avevo quel nome come re nella mia casa. Poi il mio santo mi è morto... E tutto il bene umano della povera Maria è stato morto esso pure. E rimasto il bene soprannaturale del mio Dio e Figlio... Ora sono la Derelitta... Ma se posso essere fra il cerchio delle braccia di un Giuseppe che amo, e tu lo sai se ti amo, io mi sentirò meno derelitta. Mi parrà di tornare indietro. Di poter dire: "Gesù è assente. Ma non morto. É a Cana, a Naim per lavori, ma ora torna...". Vieni, Giuseppe. Entriamo insieme dove Egli ti aspetta per sorriderti. Ci ha lasciato il suo sorriso per dirci che non ha rancore». Giuseppe entra, tenuto per mano da Lei, e come la vede seduta le si inginocchia davanti con la testa nel grembo e sin¬ghiozza: «Perdono! Perdono!». «Non a me. A Lui lo devi chiedere». «Non me lo può dare. Sul Calvario ho cercato di attirare il suo sguardo. Tutti ha guardato. Ma non me... Ha ragione... L'ho conosciuto e amato, come Maestro, troppo tardi. Ora è finito». «Ora incomincia. Tu andrai a Nazaret e dirai: "Io credo".
 
 Il tuo credere avrà un valore infinito. Lo amerai con la perfezio¬ne degli apostoli futuri, che avranno il merito di amare il Gesù conosciuto solo dallo spirito. Lo farai?». «Sì! Si! Per riparare. Ma vorrei sentire da Lui una parola. E non la sentirò mai più...». «Il terzo giorno Egli risorgerà e parlerà a coloro che ama. Tutto il mondo attende la sua Voce». «Te benedetta che puoi credere...». «Giuseppe! Giuseppe! Il mio sposo ti era zio. E credette ad una cosa che è ancora più difficile a credere di questa. Ha saputo credere che la povera Maria di Nazareth fosse la Sposa e Madre di Dio. Perché tu, nipote di questo Giusto e portatore del suo nome, non puoi credere che un Dio possa dire alla Morte: "Basta!" e alla Vita: "Torna!"?». «Io non merito questa fede, perché sono stato cattivo. Ingiusto fui con Lui. Ma tu... tu sei la Madre. Benedicimi. Perdo¬nami... Dammi pace...». «Sì... Pace... Perdono... Oh! Dio! Una volta ho detto: "Co¬me è difficile essere i 'redentori"' . Ora dico: "Come è difficile essere la Madre del Redentore!". Pietà, mio Dio! Pietà!... Va', Giuseppe. Tua madre ha tanto sofferto in queste ore. Confortala.. . Io resto qui... Con tutto quanto ho del mio Bambino... E le mie lacrime solitarie ti otterranno la Fede. Addio , nipote mio. Di' a tutti che voglio tacere... pensare... pregare... Sono... Sono una povera donna tenuta sospesa su un abisso da un filo... Il filo è la mia Fede... E la vostra non-fede, perché nessuno sa credere totalmente e santamente, urta continuamente questo mio filo... E non sapete quale fatica mi imponete... Non sapete di aiutare Satana a tormentarmi. Va'... E Maria resta sola... Si inginocchia davanti al Sudario. Bacia la fronte, gli occhi, la bocca del Figlio e dice: «Così! Così! Per avere forza... Devo credere. Devo credere. Per tutti». La notte è calata. Senza stelle. Buia. Afosa. Maria resta nell'ombra col suo dolore. Il giorno del Sabato è finito. Ma la notte è ancora lunga e solo all’alba lo Spirito del Signore rientrerà nel Suo Corpo ridandogli la Vita ! 

Giuseppe Sanmartino: Cristo Velato - sec. XVIII - Napoli

22 commenti:

  1. Grazie per la visione del Sabato Santo..
    grazie...grazie...
    Oggi siamo con Maria...sostiamo accanto al suo dolore...attendiamo con Lei...

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  2. Come si puo' commentare l'omelia della Messa Crismale del Papa sulla situazione drammatica della Chiesa odierna e i gruppi di preti europei - austriaci, tedeschi, belgi, etc. - che si sono ammutinati come i marinai su una nave, perche' vogliono, donne prete, preti uomini sposati, dare la comunione a divorziati e risposati ed anche a persone non cristiane. Addirittura minacciano (come se fosse una minaccia) di far celebrare la Santa Messa da fedeli laici. Ma noi veri cattolici come possiamo aiutare il Santo Padre di fronte a questi gruppi di atei/eretici senza Dio? Aspetto che apri un commento, se ne hai voglia e se credi sia utile alla Chiesa.

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  3. Quello che berni non focalizza (e non per colpa sua) è che un cattolico non dovrebbe aiutare il santo Padre, dovrebbe vivere la tradizione e, in questa misura, da forze perfino al papa per operare.

    "Aiutare il santo Padre", infatti, mette l'accento sull'autorità. No che questo sia sbagliato, bene inteso, ma nel nostro attuale contesto, porre l'accento solo sull'autorità è insufficiente: è necessario porlo prima sulla tradizione, poiché pure i conciliari si appellano all'autorità del papa per i loro fini e dicono "se siete tradizionalisti siete contro l'autorità del papa".

    Attenzione, dunque, a distribuire bene le cose al loro giusto posto. L'autorità per se stessa (e aiutare l'autorità per se stessa) non ha senso. Porsi nella tradizione e porre la stessa autorità in essa è la misura giusta.

    Paradosi

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  4. Egregio Anonimo, la tua risposta e' ad un decimo di cio' che io ho proposto, fai bene attenzione che io mi riferisco proprio all'AUTORITA', perche' chi non ha autorita' come fa a buttare fuori chi sta' provando a distruggere la fede dei cattolici, come ho spiegato sopra? L'Autorita' ha senso se ce l'hai per diritto (TU ES PETRUS etc.) e puoi farne l'uso contro i preti atei/eretici. E qui ti spiego ancor piu' chiaramente che vivo la tradizione della Chiesa e per questo vorrei dare piena autorita' al Papa di prendere qualsiasi decisione contro chi gli si oppone ad ogni livello. Al Papa l'Autorita' sulla Chiesa gliel'ha data Cristo stesso.

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  5. Scusate, una curiosità. Ma l'evangelo come mi è stato rivelato non è stato messo all'indice? Non è una provocazione. Grazie.

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  6. Preciso: L'Autorita' data da Nostro Signore al Suo Vicario e' per trasmettere cio' che ha ricevuto da Cristo Stesso e cioe' la Tradizione della Chiesa, insieme a cio' che e' detto nel Vangelo.

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  7. Caro Berni, l'unica cosa che possiamo fare per aiutare il Papa è usare il mezzo più semplice, la preghiera, la mortificazione, il sacrificio, il Santo Rosario...noi cattolici che afferriamo ancora il discorso in piena Verità, dobbiamo riempire la Comunione dei Santi depauperata dalla sua energia riempiendola di nuovo meriti...
    Una preghiera fedele perchè Dio riporti sulla retta via il Papa, perchè lo illumini sul fatto evidente che alla crisi della Chiesa lui ha contribuito in maniera determinante, perchè si converta e si penta di questo e si decida ad agire e a riabilitare la Chiesa Cattolica di sempre...che ormai è chiaro è l'unica che Gesù desidera
    L'orgoglio e il radicamento di posizioni ormai nettamente perdenti (il CVII) innanzi al bene di tutti devono essere messe da parte...
    Che il Signore e la nostra Madre Celeste ci vengano in aiuto in questo momento così delicato!

    RispondiElimina
  8. Una breve considerazione sui fatti quotidiani:

    Due pesi due misure.

    I seminari della Fraternità San Pio X fanno il pieno di giovani entusiasti del MAGISTERO DELLA CHIESA CATTOLICA, attratti dalla Tradizione e che non vedono l'ora di vestire la Talare per servire con gioia il Signore. Un successo.

    I seminari della chiesa conciliare invece sono deserti.
    L'attrazione dei seminari e delle dottrine conciliari è pari a ZERO.

    E difatti un bell'esempio della mentalità modernista sono questi chierici ignoranti che incitano all'apostasia e alla disobbedienza papale con il loro scandoloso movimento "pfarrer-initiative".

    Ora però gli apostati vengono tranquillamente lasciati al loro posto a far danni alle anime.

    La Fraternità San Pio X invece sottoposta a breve ad una spada di damocle, ad un dictat incredibile che scadrà a metà Aprile.
    La FSSPX incarna oggettivamente però IL PIU'PERFETTO ESEMPIO DELLA TRADIZIONE CATTOLICA, DEL MAGISTERO DELLA CHIESA CATTOLICA, DELLA LITURGIA DELLA CHIESA CATTOLICA...in sintesi IL PERFETTO ESEMPIO DI QUELLO CHE DOVREBBE ESSERE LA CHIESA CATTOLICA, LA SPOSA DI CRISTO di sempre...il modello a cui riancorare la Barca di Pietro, per ripulirla, un po'---

    Ma forse non sono simpatici a quegli stessi geni che sono riusciti a svuotare i seminari...

    Spero in un ripensamento immediato, si può parlare tranquillamente di occasione perduta, ma per la chiesa del concilio poichè sono loro che annaspano nell'abisso...purtroppo.

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  9. Chi la fa, l'aspetti !

    Ratzinger era nel manipolo dei modernisti conciliari che contestavano la Tradizione e le iniziative inerenti.
    Ma Ratzinger fu anche quello che cercava di quietare gli animi bollenti dei modernisti per far arrivare con calma ai risultati odierni.

    Forse, dico forse,lui, oggi, vedendo certi risultati inaspettati o al di sopra delle sue aspettative, rimane a disagio e non sa che pesci pigliare...

    Ma insiste con la validità del Concilio e commemora ogni volta Woityla per consolidare la beatificazione di lui e del Concilio insieme!

    Se mons. Lefebvre ammonì che Roma era nell'eresia, alludeva di certo al Papa ed a chi gli stava intorno.
    Da allora la situazione è vieppiù peggiorata e lo stesso papa, a tentoni nella sua cecità che risale alla sua giovinezza contestatrice, riconosce una situazione drammatica.

    Ma non riconosce il perchè di questa situazione, ovvero il perchè ,secondo lui, è l'allontanamento del mondo da Cristo !

    Toh ! Ma non era proprio la Chiesa che lui, Ratzinger, ha sempre auspicato dovesse avvicinarsi al mondo per parlare con il mondo un linguaggio più consono ai tempi per farsi capire meglio?
    Come mai il mondo laico procede ugualmente verso una rotta sbagliata nonostante la Chiesa abbia voluto fare lo stesso tipo di rotta per stare più vicina ?

    Ma allora, sta sbagliando il mondo, ma la Chiesa ha sbagliato o no, nel suo avvicinamento?
    Se il fine era buono, comunque il risultato è pessimo, poichè si è persa anche la Chiesa facendo la rotta erronea "per un maggior dialogo".

    E dunque, proseguiamo nella rotta sbagliata,però lamentando assalti di preti avanguardisti, pedofilia (chissà perchè?), insubordinazione, ecc. ecc. ???

    Mi dispiace, ma la mia ragione e la mia fede si oppongono a questa rotta scellerata ed a questa ostinazione eretica.
    Quando in Germania arrivano a non dare la mano al capo, il capo si chieda perchè! E se non è in grado di chiedersi perchè, però si lamenta, scusate, ma ...cosa ci sta a fare!

    Che la Pasqua del Signore dia serenità a tutti voi,. ai vostri cuori ed alle vostre famiglie.
    E, che in aggiunta, illumini il papa o chi gli sta accanto per suggerirgli le migliori azioni per non continuare la demolizione della Chiesa CHE NON E' SUA, MA DI CRISTO ! Lui doveva esserne il Vicario, o, quantomeno, il fedele custode, non il dialogante coi lupi perchè si sa, i lupi moderni sono diversi da allora.....(sintesi della sua filosofia)

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  10. Scusa Ghergon, ma di perfetti esempi di Tradizione cattolica NON NE CONOSCO !

    Conosco sì, degli esempi validi, buoni, anche, ma non perfetti!
    Non esageriamo nel dare attributi di perfezione a chi cerca di seguire la Tradizione ma è ingabbiato dagli stessi drammi spirituali in cui siamo tutti noi fedeli che viviamo la demolizione incredibile della Chiesa!

    La Fraternità San Pio X cerca di mantenere la rotta, come altre fraternità su navigli diversi visto che la gran nave vaticana va alla perdizione esercitando sugli incauti l'obbedienza filiale e cieca.

    Ma nessuna fraternità ha più il dono della perfezione che era stata lasciata alla Chiesa madre finchè i papi fossero in linea col Magistero di sempre.Tutti i gruppi ancora cattolici sono alla ricerca affannosa della rotta giusta seguendo le rotte di sempre ed i segnali di sempre, ma è un muoversi alla rinfusa, alla spicciolata poichè non c'è più una guida sola, non c'è più il Capo!

    O meglio, per alcuni c'è ancora ma non si può obbedirgli poichè eretico, per altri c'è come pseudo capo, ma non può comandare, per altri ancora ?

    Ci vogliamo rendere conto che aggrapparci a sicurezze fallaci solo per sentirsi più sicuri, può impedirci di vedere le tempeste in arrivo?
    Preghiere, preghiere e preghiere, non c'è alcuna sicurezza. Ciascuno si scelga il suo nucleo di imbarco più consono, ma non pensi di essersi imbarcato sulla navicella della perfezione.

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    1. Hai ragione Mardu, in effetti questo post l'avevo scritto per un altro blog che non è tradizionalista e ho calcato un po' la mano per la causa della tradizione... condivido il tuo scritto. Scappo a Messa. Grazie.
      Buona Pasqua!

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  11. 00:22
    GESU' E' RISORTO E NOI CON LUI
    BUONA PASQUA A TUTTI VOI E FAMIGLIE FRATELLI MIEI, SIETE SEMPRE NEL MIO CUORE ED IL MIO VANTO DI FRONTE A DIO!
    CVCRCI

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  12. BUONA PASQUA DI RESURREZIONE A TUTTI!

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  13. Buona Pasqua di Resurrezione a G.Luca a.Rita e Stefano Gavazzi, nonche a tutti gli altri che passate di qui.

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  14. Buona Pasqua,Buona Pasqua a tutti voi che contribuite con le vostre informazioni, analisi all'accrescimento comune ! Grazie a tutti !

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    1. A tutti voi, fratelli, un grande abbraccio da me e Gianluca, nella Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Il Signore ci illumini e ci doni sempre la forza di vivere tutte le situazioni che nella sua Sapienza predispone per le nostre vite.
      Cristo è risorto, Alleluja!

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  15. Credo che Mardunolbo abbia ben capito come le cose si pongono.
    Ci sono, infatti, molti tradizionalisti che, pur in buona fede, non riescono bene a dipanare le cose, in questa grande confusione postconciliare.

    LA TRADIZIONE O L'AUTORITA'?

    E' questa la domanda fondamentale nella Chiesa, domanda che si fece pure mons. Lefebvre e alla quale diede una risposta chiara.

    Se osserviamo con attenzione noteremo un fatto: nel Vangelo la tradizione nasce dall'autorità degli Apostoli, a loro volta appoggiata sull'autorità e autorevolezza di Cristo.

    Ma nella storia della Chiesa, quest'autorità trae la sua unica ragione e origine dal servizio per la tradizione alla quale è sottomosessa ed appoggiata. In effetti, se dovessimo fare una scala gerarchica, a capo avremo RIVELAZIONE-TRADIZIONE e solo in seguito l'AUTORITA'.

    Il capovolgimento tradizione-autorità, non è solo di oggi ma si è visto, almeno come tentazione, già dal periodo medioevale quando certi canonisti, pur di sottolineare l'autorità del papa, giungevano a dire che "tanta e tale è l'autorità papale che potrebbe pure cambiare la rivelazione evangelica". Affermazione, questa, totalmente erronea.

    Ciononostante queste idee non presero mai piede. E' solo nel periodo postoconciliare che appare chiaramente l'attuarsi di questo capovolgimento: l'autorità precede la tradizione perché è in grado di cambiarla. Giovanni XXIII diceva: "La tradizione di oggi è la novità di ieri, mentre la novità di oggi sarà la tradizione di domani". La prassi ha dimostrato che quanto sottintendeva il papa non trattava solo di dettagli della tradizione ma di fondamenti.

    E' questo capovolgimento l'origine di tutti i mali nel mondo Cattolico, del relativismo teologico e del nuovo concetto di "tradizione" come è stato notato negli ultimi dialoghi tra la Fraternità san Pio X e il Vaticano.

    Dire "aiutiamo l'autorità del papa", dunque, in un contesto postconciliare, non potrebbe dare forza allo stesso fatto che questa autorità continui a stravolgere le cose?? Secondo me sì.
    Viceversa si da il giusto senso a questa autorità solo nella misura in cui la si fa obbediente alla tradizione, servitrice ed esplicatrice della stessa.

    Penso sia necessario porre grande attenzione a queste cose perché, come già dissi, gli stessi conciliari chiedono l'obbedienza al concilio in nome dell'autorità dello stesso papa.

    Porgo i miei auguri di buona Pasqua.

    Paradosi

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    1. GRAZIE PARADOSI,
      SANTA PASQUA DI RESURREZIONE ANCHE A TE.

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  16. Anonimo - paradosi; infatti quando parlo di Autorita', mi riferisco a quello che dici tu. Non e' vero che non riesco a dipanare le cose, causa la grande confusione del Vat.II, infatti sono pienamente daccordo su Rivelazione - Tradizione e solo in seguito Autorita'; e' a questo che mi riferisco su cio' che avevo scritto.

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    1. La questione non è personale, bernardino, ma dato che siamo su una pagina pubblica, è una questione generale evidenziando la quale si rende chiaro a tutti i termini veri del problema. Se pure a te sono chiare queste cose mi rallegro. E' un dato evidente che, purtroppo, a molti non è così, primi fra tutti i "tradizionalisti ecclesia-Dei".

      Paradosi

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  17. Auguri di santa Pasqua

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