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giovedì 1 novembre 2012

Risposta all'intervista di Don Niklaus Pfluger, "accordista", da parte di un sacerdote zelante ed "anonimo" della Fraternità San Pio X...

Intervista di Don Niklaus Pfluger
Primo Assistente generale della Fraternità San Pio X,
sulla situazione attuale della Fraternità

 
rilasciata al giornale Kirchliche Umschau

13 ottobre 2012


pubblicata da DICI


Kirchliche Umschau: Solo pochi mesi fa, un riconoscimento canonico della Fraternità da parte del Vaticano sembrava imminente. Ora sembra che tutti gli sforzi abbiano condotto a niente. Mons. Müller, il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, lo ha più o meno lasciato intendere in diverse interviste che ha rilasciato in questi ultimi giorni.
Don Niklaus Pfluger: Questi sforzi non sono stati vani, ma un accordo a breve termine è improbabile. La Curia e noi siamo dell’avviso che una unione ha senso solo se si ha una comprensione comune della fede. Questo dev’essere espresso in una «dichiarazione dottrinale». Noi abbiamo avuto molti scambi su una tale dichiarazione e, in aprile 2012, Mons. Fellay, nostro Superiore Generale, ha preliminarmente presentato un testo informale. Ora, con nostra sorpresa, questo testo non è stato accettato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Quindi, ci ritroviamo così al punto di partenza.

Kirchliche Umschau: Come spiega questo cambiamento di posizione a Roma?
Don Niklaus Pfluger:  A Roma ci sono degli oppositori alla regolarizzazione canonica per la Fraternità. Un riconoscimento ufficiale della Fraternità, in effetti, sarebbe il segnale che l’epoca del concilio Vaticano II appartiene alla storia della Chiesa e che si apre un nuovo capitolo. Naturalmente, questo non conviene ai conciliari; per essi, il riconoscimento della Fraternità San Pio X sarebbe, non solo un affronto, ma anche una rimessa in discussione del Concilio, dunque una sconfitta. È chiaro che abbiano potuto imporsi.

Kirchliche Umschau: Pensa che qualcosa possa ancora cambiare?
Don Niklaus Pfluger:  Ne sono perfino certo! Poiché la realtà si impone da sé.
Dappertutto nel mondo, la Chiesa, con alcune rare eccezioni, sta vivendo un processo di auto-distruzione. Questo processo non è solo europeo. In America Latina, per esempio, la situazione non sembra migliore. Laddove vi è ancora molto denaro - Germania, Svizzera, Stati Uniti -, le strutture rimangono ancora. Ma la perdita della Fede si ritrova ovunque. Ora, senza la fede, non c'è la Chiesa. In Germania, i vescovi hanno anche dato recentemente un messaggio chiaro: il diritto di reclamare l’imposta ecclesiastica è più importante delle 120.000 uscite dalla Chiesa di ogni anno. Noi assistiamo ad un fenomeno di regresso unico nella storia,  che neppure i vescovi possono arginare, soprattutto con una tattica priva di spirito di fede. Joseph Ratzinger, 50 anni fa, parlava già di una «Chiesa, il cui cuore è abitato dal paganesimo». Siamo arrivati a questo punto anche a causa del Concilio. Sono convinto che questo processo, da un lato, ridarà una certa lucidità ai vescovi, dall’altro, manterrà in giuoco solo i conservatori, cioè coloro che vogliono semplicemente credere in maniera cattolica e vogliono rimanere cattolici. Con questi, non abbiamo bisogno di discutere molto, l’unità sarà presto trovata.
Kirchliche Umschau: Lei insinua che questo processo di ritorno all’indietro si farà a scapito dei cattolici liberali. Questi argomentano in altro modo, essi vogliono nuove riforme per conservare vivente la Chiesa.
Don Niklaus Pfluger:  Non insinuo affatto alcunché, guardo i fatti. Quale ordine religioso, quale diocesi, quale gruppo dispone di un ricambio, e quali sono quelli che non ne hanno? Noi possiamo osservare che laddove le sedicenti riforme conciliari sono state meglio applicate, il declino è anche più grande. Non nego che nell’opinione pubblica - e anche nelle parrocchie – la via liberale è quella che incontra più simpatia. Ma la Chiesa non vive di simpatia o di applausi. Essa vive di uomini che credono e praticano, che sono disposti a rinunciare alla vita civile per diventare sacerdoti, monaci o religiosi. Questi non si trovano tra i liberali, ed è per questo che adesso si augurano che tutti ricevano l’ordinazione sacerdotale, ma naturalmente senza celibato, senza alcuna rinuncia. Come se, per questa sola ragione più persone rientrerebbero nella Chiesa!

Kirchliche Umschau: Vi attendete una nuova scomunica dei vescovi, cioè di tutta la Fraternità?
Don Niklaus Pfluger:  Una nuova scomunica sarebbe forse benvenuta, agli occhi di molti, ma, almeno in questo pontificato, la cosa appare piuttosto improbabile.
Come la si giustificherebbe? Non vi è dell’«eresia tradizionale». Noi non siamo dei «sedevacantisti», non neghiamo in nessun caso l’assistenza dello Spirito Santo per il Papa e per i vescovi. E la «disubbidienza» - dal punto di vista romano - esisteva già al momento del ritiro delle pretese scomuniche comminate nel 1988. Come si giustificherebbero delle nuove pene ecclesiastiche? A causa del rifiuto del Concilio? Nel Credo non c'è l’articolo: «Credo nel Concilio Vaticano II ...». La realtà stringente dei fatti, che ho appena citati, dovrebbe essere più importante delle discussioni. Lo si trova in una nuova generazione di giovani sacerdoti che, lentamente ma costantemente, scopre l’antico rito e, tramite esso, la dottrina integrale e il vero sacerdozio. Ma anche nei giovani che si interessano alla fede, e la scoprono quasi sempre al di fuori del loro parrocchie; essi sono molto interessati alla liturgia e alla dottrina tradizionali, anche se praticano ancora il nuovo rito… essi guardano alla Fraternità, si interessano ad essa, cercano dei contatti, chiedono le nostre pubblicazioni e ci conservano nelle loro agende. Lo stesso accade nelle comunità Ecclesia Dei e tra i sacerdoti diocesani, i quali, dopo il Motu Proprio del 2007, hanno cominciato a celebrare la Messa tradizionale. Non siamo solo una Fraternità di circa 600 sacerdoti; la nostra influenza penetra profondamente nella Chiesa, e proprio negli ambienti che hanno un futuro. Se non vuol perdere ogni credibilità, Roma eviterà una scomunica che in seguito dovrà ritirare.

Kirchliche Umschau: Sussiste dunque la possibilità di regolare la situazione della Fraternità, ma sembra che si tratti sempre solo di « riconoscere il Concilio».
Don Niklaus Pfluger:  Certamente noi riconosciamo che c’è stato un concilio Vaticano II. Lo stesso Mons. Lefebvre fu un Padre conciliare. Tuttavia, constatiamo che, non solo le riforme post-conciliari, ma anche alcuni testi del Concilio sviluppano delle contraddizioni nei confronti di importanti decisioni dottrinali passate. Certe ambiguità e novità sono al centro del processo dell’attuale dissoluzione della Chiesa. Per Roma, è insopportabile che noi parliamo di «errori del Concilio» Veda, noi abbiamo criticato il Concilio quando era ancora celebrato dappertutto e la Chiesa era ancora più viva e credente di adesso. Perché adesso dovremmo smettere di criticarlo, quando i nostri avvertimenti e le nostre critiche si constatano visibilmente in tutto il mondo? A guardare la triste realtà, 50 anni dopo il Concilio, gli avvertimenti di Mons. Lefebvre erano lungi dall’essere esagerati! Negli anni ‘70, per l’ottimismo entusiasta e l’ingenuità di allora, era del tutto inconcepibile che dei vescovi cattolici si impegnassero a favore dell’omosessualità della diffusione dell’Islam o della dissoluzione del matrimonio, cosa che invece oggi dobbiamo subire!

Il Vaticano si trova di fronte le rovine della Chiesa, essa che un tempo era così bella e così forte. Ma ora non c'è  niente di nuovo; non c'è alcun incremento durevole possibile. Una realistica valutazione delle nuove comunità  di ispirazione carismatica, che negli ultimi decenni sono state sempre indicate come un segno di vitalità, dovrebbe servire da segnale di pericolo. Non capisco perché non sia stata effettuata una vasta indagine sulle cause della situazione della Chiesa. La Chiesa si distrugge, e non si cambierà questa realtà semplicemente proibendo di parlarne. La continua pretesa secondo la quale il Concilio non avrebbe a che vedere con la crisi post-conciliare è ideologica.

Kirchliche Umschau: Siccome sembrate così poco disposti al compromesso, per quale ragione discutete ancora con la Congregazione per la Dottrina della Fede?
Don Niklaus Pfluger: Perché il Papa e Roma sono realtà che appartengono alla fede. La perdita della fede nelle strutture ecclesiali - perdita della fede da cui siamo, grazie a Dio, risparmiati - è solo un aspetto della crisi nella Chiesa. Da parte nostra, anche noi soffriamo di un difetto, del fatto della nostra irregolarità canonica. Non è solo lo stato della Chiesa post-conciliare che è imperfetto, anche il nostro lo è.

Kirchliche Umschau: Si riferisce ai membri della sua comunità che rifiutano le discussioni con Roma?
Don Niklaus Pfluger:  Sì, ma sono poco numerosi, molto poco. Per alcuni, la lunga durata della separazione ha potuto portare a delle confusioni teologiche. Fondamentalmente, queste persone oppongono la fede al diritto, e agiscono come se l’unione col Papa, il suo primato, fossero solo una questione secondaria di diritto. Si manifesta un grande pericolo quando la legittimità del Papa viene separata dalla Fede e vista come qualcosa di puramente giuridico. Si tratta in definitiva di una visione protestante della Chiesa. Ma la Chiesa è visibile. Il papato appartiene al dominio della fede.
Anche noi, cattolici fedeli alla Tradizione, soffriamo – in un senso doppio - della crisi. Noi partecipiamo a questa crisi, anche se - a mio avviso – in maniera del tutto diversa e in modo migliore. L’obbligo di lavorare attivamente per superare la crisi non può essere contestato. E questo lavoro inizia da noi, con il voler superare il nostro stato canonico anormale.

Kirchliche Umschau: Quindi siamo di nuovo al punto di partenza. Perché allora non firmare a Roma?
Don Niklaus Pfluger:  Perché non possiamo cambiare uno stato imperfetto con uno stato ancora meno perfetto. L’unione con Roma dovrebbe essere un miglioramento, non un’alterazione. Delle omissioni nelle verità di fede, come l’interdizione di criticare delle dichiarazioni dubbie e liberali, sarebbero un’alterazione. Questo non lo faremo.

Kirchliche Umschau: Nel mese di luglio si è svolto il Capitolo generale della Fraternità. Quale posizione è stata assunta dai capitolari?
Don Niklaus Pfluger: Sono state fissate sei pietre limitari in vista di una possibile riunione; esse corrispondono a ciò che abbiamo sempre sostenuto. La nostra posizione è stata rafforzata una volta di più.

Kirchliche Umschau: Su Internet, non si trova l’unità su questa questione. Si rimprovera alla direzione della Fraternità un tradimento, e contro di essa viene perfino lanciato l’anatema.
Don Niklaus Pfluger: Lei parla di Mons. Williamson, che una grande maggioranza dei Superiori ha escluso dal Capitolo generale. C’è solo questo e lei vede che noi siamo molto uniti.

Kirchliche Umschau: Ma voi avete un problema di comunicazione. L’impressione che producono certi forum su internet, non potrebbe essere peggiore.
Don Niklaus Pfluger:  È vero che Internet richiede e perfino esige una nuova forma di comunicazione. Noi dobbiamo andare oltre alle sole pubblicazioni a stampa usate fino ad oggi - come il Vaticano del resto! Ma è certo che vi sono delle anime semplici che possono essere portate fuori strada dai fautori di divisione, essi stessi disinformati da internet. I nostri sacerdoti hanno richiamato i fedeli a non andare su questi forum dal contenuto spesso vergognoso, e a non lasciarsi inquietare e turbare dalle voci e dagli intrighi che si trovano su internet. Comunicheremo quindi maggiormente in avvenire, compreso su internet.

Kirchliche Umschau:  Alcuni gruppi hanno preso di mira Mons. Fellay.
Don Niklaus Pfluger:  Mons. Fellay ha certamente fatto di più per la causa dei cattolici fedeli alla Tradizione di tutti coloro che dubitano di lui, lo criticano o perfino lo accusano di tradimento. Da diversi anni egli conduce prudentemente e intelligentemente le relazioni con Roma, non agisce mai con precipitazione, mai si lascia provocare né perde la pazienza. Noi oggi abbiamo la liberalizzazione della Messa tradizionale, abbiamo la remissione delle “scomuniche” che erano state comminate nel 1988, abbiamo avuto i colloqui sui problemi del Concilio, e come riconosce un vescovo austriaco, abbiamo fatto del Concilio un tema di discussioni. In tal modo, il Concilio ormai non è più sacro-santo e la sua aureola si sbriciola. E questo, nemmeno le celebrazioni del giubileo per i 50 anni del concilio Vaticano II possono cambiarlo.
Il nostro Superiore generale ha realizzato molte cose perché tratta con perseveranza e presenta sempre le nostre posizioni teologiche. Al suo fianco, io constato che egli ha un solo obiettivo in vista in questa crisi della Chiesa, quello di preservare la fede e di servire la Chiesa con tutte le nostre forze.

Kirchliche Umschau:  Resta ancora una domanda: perché di fronte alla campagna di denigrazione contro di lui, condotta in questi ultimi mesi su internet, Mons. Fellay non sembra aver intrapreso nulla?
Don Niklaus Pfluger:  La pazienza, la bontà, la generosità, a certuni appaiono come delle debolezze, ma non lo sono. Di fronte a questi tiri molesti su internet, noi non rinunciamo ai nostri valori e ai nostri principi. Noi trattiamo gli intrighi secondo le forme del diritto della Chiesa. Questo può sembrare a certuni di una lentezza talvolta penosa, ma non può essere diversamente, se non vogliamo essere infedeli a noi stessi. Vorrei che questo fosse chiaro: nessuno deve immaginare che si possa mettere in questione l’autorità, senza che questa intervenga.

Kirchliche Umschau: Cosa significa precisamente?
Don Niklaus Pfluger:  Mons. Williamson ha ricevuto una monizione. Questo è un triste capitolo della storia della nostra Fraternità. Se egli continua la sua campagna su internet contro la Fraternità e il suo Superiore generale, la separazione dalla Fraternità sarà inevitabile. Oltre alle sue idee false, egli ha manovrato dietro le quinte. La vera tragedia è che da anni egli non accetta più l’autorità del Superiore generale, e si è auto-assegnato una missione. Prima del Capitolo generale, ha promosso  la ribellione. Per un vescovo cattolico, questo è molto grave.

Kirchliche Umschau:  La fraternità non esiste solo per condurre delle discussioni con Roma. Che considera come altro campo d’apostolato?
Don Niklaus Pfluger:  Il mondo occidentale ha perso la fede. Una delle ragioni è che la Chiesa non presenta più la fede, non la porta più al mondo. Gli uomini di Chiesa moderni sembrano quasi vergognarsi della fede, ecco perché si preoccupano della difesa dell’ambiente, della ridistribuzione dei beni e dell’aiuto allo sviluppo. Non possiamo aspettare che rinsaviscano. Dobbiamo andare di più all’esterno, conquistare un’influenza pubblica e ricostruire la Cristianità. Con misura, umiltà e carità. Come Gesù Cristo lanciò questo appello ai suoi contemporanei: non temete!

Kirchliche Umschau:  Dove vede delle vere sfide da raccogliere?
Don Niklaus Pfluger:  Su scala mondiale, in questo momento assistiamo alla persecuzione dei cristiani in Oriente. La sfida per noi è attirare l’attenzione dei nostri fratelli su questi perseguitati e portare loro assistenza. La Dichiarazione del Capitolo generale ha messo questo in evidenza. Nei paesi occidentali si nota che vengono messi al mondo sempre meno bambini, perché la famiglia è svalutata; la legislazione dello Stato minaccia la famiglia, che è il nocciolo della società. Il lavoro in favore delle famiglie, l’aiuto alle famiglie è un impegno importante. Dobbiamo sostenere le famiglie numerose e guidarle perché non siano messe ai margini della società. Ma il nostro primo dovere resta - e la Dichiarazione del Capitolo generale di luglio l’ha di nuovo sottolineato - la conservazione e la difesa della fede, al pari della formazione di sacerdoti veramente cattolici. È così che possiamo servire la Chiesa cattolica nella maniera migliore. A livello personale si tratta della santificazione. La preghiera, l’insegnamento religioso, i sacramenti, sono un aspetto, una buona condotta di vita e la carità fraterna sono l’altro aspetto. Le due cose vanno insieme. Agendo così, noi convinciamo i nostri simili e ci disponiamo per il Cielo; sì, noi abbiamo già conosciuto momenti come questi, nei quali si può presentire l’armonia e la felicità del cielo. Il materialismo, l’ateismo, ma anche le sette e le false religioni limitano sempre più la sana vita cattolica. Si tratta di una missione determinante per la Fraternità: aiutare i credenti di buona volontà a conservare la fede in tempi difficili e a viverla. Tale è il nostro compito in questo momento, un compito magnifico ed esaltante, se siamo capaci di diffondere intorno il fuoco dell’amore divino. Questo è possibile solo con una fede profonda e vivente.

Kirchliche Umschau:  Reverendo, la ringraziamo vivamente per questa intervista.
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Risposta al don "accordista" di un Sacerdote della Fraternità, che mantiene l'anonimato per non essere cacciato come Monsignor Williamson e d altri che si sono opposti all'"accordo pratico con gli assasini della fede" Vaticani... 
 Lettera aperta a Don Niklaus Pfluger
Primo Assistente della Fraternità San Pio X
http://1.bp.blogspot.com/_SL5T42MdGWE/TNnTnc8w8dI/AAAAAAAACe0/-Xdo4D1CwUM/s1600/FSSPCapitolo2006.jpg
di un sacerdote della Fraternità San Pio X



pubblicata sul sito francese www.antimodernisme.info


Reverendo,

Un grandissimo grazie per la sua intervista al Kirchliche Umschau (DICI - ottobre 2012). Grazie per averci esposto, via internet, a noi sacerdoti e fedeli, i futuri progetti e i principi direttivi di Menzingen. Tuttavia, alcuni punti richiederebbero una maggiore delucidazione, da qui alcune domande che interessano sacerdoti e fedeli.

1 - Lei dice che «gli sforzi» per un riconoscimento canonico della Fraternità da parte del Vaticano «non sono stati vani», ma che «un accordo a breve termine è improbabile».
Questo vuol dire che un accordo a breve termine è possibile perché noi dobbiamo credere ai miracoli?

2 - Lei dice che «La Curia e noi siamo dell’avviso che  una unione ha senso solo se si ha una comprensione comune della fede». «ci ritroviamo così al punto di partenza».
Questo significa che Mons. Müller e Menzingen sono dello stesso avviso? E che noi siamo ripartiti per un nuovo giro per «qualcosa di sorprendente», che sarà «un grosso problema», «una grossa questione»: «una proposta d’accordo quando si è invece in disaccordo»?

3 - Lei dice che «Un riconoscimento ufficiale della Fraternità, in effetti, sarebbe il segnale che l’epoca del concilio Vaticano II appartiene alla storia della Chiesa e che si apre un nuovo capitolo».
Non possiamo anche dire, viste le circostanze,
che «un riconoscimento ufficiale della Fraternità sarebbe il segnale che» si è svenduta la Tradizione?
Che il nuovo capitolo che si apre è quello di un semi-modernismo, sempre sottomesso all’eresia della libertà religiosa della Dignitatis Humanae, ma con una vernice tradizionale e una liturgia epurata dagli abusi più eclatanti?

4 - Lei dice: «Sono convinto che questo processo [di auto-distruzione] da un lato ridarà una certa lucidità i vescovi, dall’altro, manterrà in giuoco solo i conservatori, cioè coloro che vogliono semplicemente credere in maniera cattolica e rimanere cattolici.  Con questi non abbiamo bisogno di discutere molto, l’unità sarà presto trovata.»
Questo significa che per Lei un «conservatore» della Chiesa conciliare, che difende il principio della libertà religiosa, sarebbe un vescovo cattolico col quale bisogna intendersi, e non più un semi-modernista che bisogna combattere?

5 - Lei dice che «la via liberale è quella che incontra più simpatia. Ma la Chiesa non vive di simpatia o di applausi. Essa vive di uomini che credono e praticano, che sono disposti a rinunciare alla vita civile per diventare sacerdoti, monaci o religiosi».
La politica di Menzingen di riunione con la Roma ufficiale ha incontrato molta simpatia e applausi da parte dei liberali. Non è un segno inquietante?
La FSSPX sopravviverà
grazie ai sacerdoti e ai fedeli che sono intransigenti e pronti a «rinunciare» ai vantaggi della vita civile proposti dal mondo conciliare oppure grazie ai liberali attratti dalle sirene ingannatrici del mondo?

6 - Lei dice che non siete «sedevacantisti», che «non neghiamo in nessun caso l’assistenza dello Spirito Santo per il Papa e per i vescovi»
Questo significa che Lei trova legittimo e cattolico questo culto reso universalmente dal «Papa e dai vescovi», nella Chiesa conciliare, al “beato” Giovanni Paolo II, il quale nella «foresta sacra» del Togo, inchinandosi davanti ad una zucca svuotata e ripiena di acqua e mais, ha pregato per la prima volta con degli animisti che invocavano le «potenze dell’acqua»?

7 - Lei dice che «Nel Credo non c'è l’articolo: “Credo nel Concilio Vaticano II ...”!
Ma non si trova neanche la condanna di quell’errore denunciato nella XVI proposizione del Syllabus: «Gli uomini nell’esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salvezza, e conseguire l’eterna salvezza».

8 - Lei dice: «noi abbiamo criticato il Concilio quando era ancora celebrato dappertutto e la Chiesa era ancora più viva e credente di adesso. Perché adesso dovremmo smettere di criticarlo, quando i nostri avvertimenti e le nostre critiche si constatano visibilmente in tutto il mondo? … La Chiesa si distrugge, e non si cambierà questa realtà semplicemente proibendo di parlarne».
In questo caso, non dobbiamo criticare anche l’attuale principale responsabile di questo disastro: il Papa Benedetto XVI, che nella sua lettera del 30 giugno 2012 esige dai cattolici una «accettazione del concilio Vaticano II [questa bussola della Chiesa per il XXI secolo] come parte integrante della Tradizione» e l’accettazione della «liceità del Novus Ordo Missae»?

9 - Lei dice che «il Papa e Roma sono realtà che appartengono alla fede ».
Ma un papa che favorisce l’eresia della libertà religiosa e la nocività della liturgia bastarda, in breve un papa che distorce la lex credendi e la lex orandi, appartiene ancora alla fede?

10 - Lei dice che «Non è solo lo stato della Chiesa post-conciliare che è imperfetto, anche il nostro lo è».
Nella misura in cui la nostra imperfetta situazione canonica dipende dalla inaccettabile situazione dottrinale della «Chiesa postconciliare», non è intellettualmente disonesto equiparare le due imperfezioni, di cui una genera l’altra e, in ogni caso, non è dello stesso ordine dell’altra?
«È dunque impossibile per ogni cattolico cosciente e fedele adottare questa riforma e sottomettervisi in qualunque modo». Questa consegna non è più attuale?

11 - Lei dice che sì, che vi sono dei membri della nostra comunità che rifiutano le discussioni con Roma, ma che «sono poco numerosi, molto poco».
Voleva forse dire che dei membri rifiutano, non le discussioni con Roma, ma un accordo pratico senza la preventiva conversione di Roma e un preventivo accordo dottrinale?
È sicuro che
questi membri siano «poco numerosi, molto poco»?
Ma don Nély nell’America del Sud e Lei stesso in Francia, non siete stati testimoni diretti di una forte opposizione che sembra essere aumentata piuttosto che diminuita? Quando Lei dice «poco numerosi, molto poco», pensa di dire la verità o scambia il suo desiderio con la realtà?

12 - Lei dice che opporre «la fede al diritto» e agire «come se l’unione col Papa, il suo primato, fossero solo una questione secondaria di diritto», costituiscono «delle confusioni teologiche» dovute alla «lunga durata della separazione» e manifestano «un grande pericolo», tale che «Si tratta in definitiva di una visione protestante della Chiesa». Di conseguenza noi avremmo «il dovere di superare il nostro stato canonico anormale».
Secondo lei, Mons. Lefebvre aveva «una visione protestante della Chiesa» quando diceva quanto segue?
«Quello che ci interessa innanzi tutto è di mantenere la fede cattolica. È questa la nostra battaglia. Allora la questione canonica, puramente esteriore, pubblica nella Chiesa, è secondaria. Quello che è importante è restare nella Chiesa… nella Chiesa, cioè nella fede cattolica di sempre e nel vero sacerdozio, e nella vera Messa, e nei veri sacramenti, nel catechismo di sempre, con la Bibbia di sempre. È questo che ci interessa. È questo che è la Chiesa. Essere riconosciuti pubblicamente è secondario. Quindi non bisogna ricercare il secondario perdendo ciò che è primario, ciò che è il primo scopo della nostra battaglia! Questo è stato, per esempio, il caso di don Cantoni. Don Cantoni è andato via con i suoi amici seminaristi perché preferiva essere in regola pubblicamente, ufficialmente, sopprimere la battaglia per la fede, tacere a proposito della nuova Messa, tacere sugli errori liberali… Questo noi non possiamo farlo. Non possiamo accettare questa situazione. Bisogna essere fermi, molto fermi» (Conferenza spirituale a Ecône del 21.12.84).
Ma dire che Mons. Lefebvre pensava come un protestante
, non significa dire una cosa qualunque, tanto per dirla? E quando si dice una cosa tanto per…, non sarebbe meglio starsene zitti?

13 - Lei dice che «L’unione con Roma dovrebbe essere un miglioramento, non un’alterazione».
Di quale Roma parla? Ci sono delle cose facili a dirsi. Che cosa vuol dire mettersi all’interno della Chiesa? E innanzi tutto, di quale Chiesa si parla? Se della Chiesa conciliare, c’era bisogno che lottassimo per vent’anni contro di essa perché vogliamo la Chiesa cattolica, per rientrare adesso in questa stessa Chiesa conciliare per, come si dice, renderla cattolica? È un’illusione totale. «Non sono i sottoposti che fanno i Superiori, ma i Superiori che fanno i sottoposti» (Mons. Lefebvre, Fideliter n° 70, p. 6).
14 - Lei dice che nel Capitolo generale della Fraternità, a luglio, «Sono state fissate sei pietre limitari in vista di una possibile riunione; esse corrispondono a ciò che abbiamo sempre sostenuto. La nostra posizione è stata rafforzata una volta di più».
Queste «sei pietre limitari» corrispondono alle sei «Condizioni previe per un’eventuale normalizzazione delle nostre relazioni con la Chiesa ufficiale» di cui Mons. Fellay ha detto: «Si può certo discutere su queste condizioni. Anch’io, quando le rileggo, mi dico “come ve n’è una che si sarebbe dovuta mettere tra quelle sine qua non: è l’esenzione dai vescovi”?

15 – A proposito di Mons. Williamson, Lei dice che «una grande maggioranza dei Superiori l’ha escluso dal Capitolo generale» e che questo sarebbe il segno che «noi siamo molto uniti».
Può spiegarci perché l’esclusione di Mons. Williamson e la mancata confutazione delle sue obiezioni, sarebbero una prova dell’unità dottrinale e della giustezza di una politica?
Si ha ragione per il semplice fatto
che si costringe al silenzio uno degli obiettanti? L’unità della FSSPX si riduce all’essere contro Mons. Williamson, che non è altro che un vescovo cattolico, dunque non liberale né modernista?

16 – Lei parla di «forum su internet» dal «contenuto spesso vergognoso».
Potrebbe essere più preciso a proposito del sito antimodernisme.info, sito tenuto da dei sacerdoti della FSSPX?
In cosa, il suo contenuto
, le sue riflessioni, le sue citazioni, le sue obiezioni e i suoi documenti, sarebbero vergognosi?

17 – Lei dice che «Noi oggi abbiamo la liberalizzazione della Messa tradizionale, abbiamo la remissione delle “scomuniche” che erano state comminate nel 1988, abbiamo avuto i colloqui sui problemi del Concilio».
Per essere veramente esauriente, non avrebbe dovuto ricordare ai fedeli anche il fatto che secondo il Motu Proprio di Benedetto XVI, la Messa tradizionale dev’essere considerata abrogata come espressione ordinaria della liturgia della Chiesa?
E che secondo questo Motu Proprio, la Roma modernista ha declassato il rito romano della Santa Messa, relegandolo nella condizione di «forma straordinaria» e unendolo al «rito bastardo», divenuto la «forma ordinaria» dell’unico rito romano?
E non avrebbe dovuto dire anche che «la remissione delle “scomuniche”» è stato un atto di misericordia nei confronti di peccatori pentiti e non un atto di giustizia?
Infine, a proposito dei «colloqui», non avrebbe dovuto dire che si sono conclusi con «la vostra posizione è protestante, perché voi ergete la vostra ragione a giudice del magistero attuale», a cui i nostri esperti hanno risposto: «voi siete modernisti, perché pretendete che ci possa essere un’evoluzione nella verità»?

18 – A proposito di Mons. Fellay, Lei parla della sua «pazienza, bontà e generosità».
Il rifiuto di ordinare gli ordinandi cappuccini e domenicani, il 29 giugno a Ecône, oltre ad essere un atto di «pazienza, bontà e generosità» per assicurarsi della lealtà di queste comunità, è stato anche posto secondo le forme del diritto della Chiesa?
In altre parole, qual è il motivo grave e pubblico
, previsto dal diritto, che ha permesso di fare uscire gli ordinandi dal loro ritiro preparatorio all’ordinazione sacerdotale e diaconale, omnia parata?
Capita poi che successivamente sia stato conferito loro il sacramento dell’Ordine, ma cos’hanno fatto, secondo il diritto, per ricevere una tale grazia?

19 -  Lei dice: «Vorrei che questo fosse chiaro: nessuno deve immaginare che si possa mettere in questione l’autorità, senza che questa intervenga».
Per Lei significa «mettere in questione l’autorità», pensare la stessa cosa di Mons. Lefebvre su un’autorità che vorrebbe metterci sotto l’autorità della Chiesa conciliare?
«Essi hanno fatto la scelta di Le Barroux per rimanere nella Tradizione, per rimanere nella fede di sempre. E adesso si mettono sotto l’autorità della Chiesa conciliare. Allora si rimane davvero stupefatti […] Ma ecco che rimangono. Non decidono di chiedere a Dom Gérard di rassegnare le dimissioni e di essere sostituito… No, niente… si obbedisce […] È penoso vedere con quale facilità un monastero che è nella Tradizione passi sotto l’autorità conciliare e modernista. E tutti rimangono. È un peccato e una cosa veramente triste constatare questo… […] È questo trasferimento dell’autorità che è grave, che è eccessivamente grave».

20 - Lei dice: «Mons. Williamson ha ricevuto una monizione». E «Oltre alle sue idee false», «egli non accetta più l’autorità del Superiore generale».
Potrebbe illustrare le «idee false» di Mons. Williamson e dirci in che cosa i suoi interventi su internet non corrispondono al caso previsto da Mons. Lefebvre: «Non decidono di chiedere a Dom Gérard di rassegnare le dimissioni e di essere sostituito… No, niente… si obbedisce»?
Non si deve far niente quando si cerca di imporre con la forza o col trucco una politica di accordo con la Roma modernista?

21 – Lei dice: «Dobbiamo andare di più all’esterno, conquistare un’influenza pubblica e ricostruire la Cristianità. Con misura, umiltà e carità».
Come «andare di più all’esterno» senza abbandonare il canotto di salvataggio creato da Mons. Lefebvre? Gettandosi in mare? Lasciando che tutti salgano nel canotto?
Come fare senza rischiare di distruggere
l’operazione sopravvivenza tentata da Mons. Lefebvre?
«Soprattutto, se vi fosse stato un accordo [con Roma], noi saremmo invasi da tanta gente: adesso che avete la Tradizione e siete riconosciuti da Roma, possiamo venire da voi. Vi è una gran quantità di gente che vuole conservare il proprio spirito moderno e liberale, ma verrebbero da noi perché fa loro piacere assistere ogni tanto ad una cerimonia tradizionale e per avere dei contatti con i tradizionalisti. Cosa che sarebbe molto pericolosa per i nostri ambienti. Se noi fossimo invasi da questo tipo di mondo, cosa diventerebbe la Tradizione? A poco a poco si produrrebbe una specie di osmosi, una sorta di consenso… dolcemente dolcemente andrebbe a finire che non si vedrebbe più la distinzione tra il liberalismo e la Tradizione. Questo è molto pericoloso» (Mons. Lefebvre, Flavigny 11 giugno 1988, in Fideliter n° 68, p. 23).
L’umiltà e la carità devono farci dimenticare che Benedetto XVI è «più ecumenista che mai? Che «Tutte le idee false del Concilio continuano a svilupparsi, ad essere riaffermate con sempre maggiore chiarezza. È dunque assolutamente inconcepibile che si possa accettare di collaborare con una gerarchia simile»? (Fideliter n° 79, pp. 3-4).
E devono farci dimenticare che quelli che «si alleano con i demolitori, col pretesto che si accorda loro qualche privilegio», fanno una cosa «inammissibile»? Che «Essi hanno praticamente abbandonato la battaglia per la fede. Non possono più attaccare Roma. […]. Io ritengo in ogni caso che commettano un grave errore. Essi hanno peccato gravemente agendo come hanno fatto: scientemente, con una disinvoltura incredibile» (Fideliter n° 79, p. 6)?
Che Benedetto XVI è come Giovanni Paolo II, il Papa di una «Chiesa virtualmente scomunicata, perché è una Chiesa modernista»?
Che «evidentemente, noi siamo contro la Chiesa conciliare che è praticamente scismatica, anche se loro non lo accettano» (Fideliter n° 70, p. 8)?

Reverendo, si ritenga fin d’ora ringraziato vivamente per le sue future risposte.

6 commenti:

  1. Come sempre questi personaggi si nascondono dietro l'anonimato. Finchè non si qualificano vanno ignorati.

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    1. 11:27

      e tu che sei un altrett'anto anonimo sei da prendere sul serio?

      il bue che dice cornuto all'asino.....

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  2. Quello che ci interessa innanzi tutto è di mantenere la fede cattolica. È questa la nostra battaglia. Allora la questione canonica, puramente esteriore, pubblica nella Chiesa, è secondaria. Quello che è importante è restare nella Chiesa… nella Chiesa, cioè nella fede cattolica di sempre e nel vero sacerdozio, e nella vera Messa, e nei veri sacramenti, nel catechismo di sempre, con la Bibbia di sempre. È questo che ci interessa. È questo che è la Chiesa. Essere riconosciuti pubblicamente è secondario.

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    Parole queste che il Fellay ha dimenticato.

    Quanto a il "don" Cantoni, nemmeno immaginavo fosse stato un appartenente alla FSSPX, tanto lo conosco come un modernista travestito da tradizionalista. Quando leggevo qualcosa di suo avevo una naturale predisposizione alla nausea.

    Come sono vere le parole di Gesù quando dice che le pecore del Suo Gregge sanno riconoscere la voce del Buon Pastore…come sono vere…..
    Eppure la forza devastante del criminoso atto che è il cv2, continua a mietere vittime, che poi a ben vedere sono vittime per loro esplicita volontà. A farle divenire tali è la superbia e il “don” Cantoni ne è una dimostrazione esplosa all’ennesima potenza, quando ha criticato Gherardini.

    Ebbene non sono un Gherardiniano, ma ho apprezzato il tentativo che ha fatto nel denunciare ciò che è in realtà il cv2. Ovvio che non intendo dare a mons. tutto l’appoggio e nemmeno il plauso, perché arrivare dopo 40 anni mi sembra un tantino fuori tempo, nel frattempo quante anime hanno perso la bussola e quante Chiese sono state spogliate di opere d'Arte devozionali e di Sante Reliquie? L'architettura post conciliare è orrenda e antiCristica.

    Ad ognuno il suo quindi, e i meriti d’ aver contenuto l’apostasia e aver salvato qualche anima illuminata dallo Spirito Santo e priva di superbia, va dato a chi questo atto criminoso del cv2, ha sempre denunciato, senza tentennamenti o cambiamenti di rotta come Mons. Lefebvre, Mons. Williamson e Don Villa in primis.

    La deriva dei concordisti della FSPX sarà al pari della cantonata del “don” Cantoni e di un altro suo compagno di merende certo Morselli.
    La FSPX, è stata avvicinata da pseudo preti “tradizionalisti” dall’apparente integrità dottrinale, solo perché han deciso di portare la talare e di dire la Messa in Latino e da laici e laiche che hanno cercato di diffondere il pensiero di “equilibristi e moderati conciliatori” e magari appoggiano l’imbroglio satanico di Medjugorie. Di questi non so che farmene e oltre a non essere credibili sono anche pericolosi per la fede, Cavalcoli è uno di questi, impressionante l’ultima sua uscita in difesa dell’ “ecumenismo” della gospa.


    http://www.riscossacristiana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1484:bose-e-medjugorje-due-emblemi-del-postconcilio-di-p-giovanni-cavalcoli-op&catid=61:vita-della-chiesa&Itemid=123

    Credibili invece sono quelle persone e semplici fedeli che la pensano esattamente come il Sacerdote che ha risposto al Plugger piaccia oppure no. La verità prima o poi verrà a galla.


    Grazie Padre anonimo e che Dio la Benedica.

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    1. correggo:

      Credibili invece sono quelle persone e semplici fedeli che la pensano esattamente come il Sacerdote che ha risposto al PFLUGER [...]

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    2. Sull'anonimato: ci si ricordi del detto dell' Imitazione di Cristo , riportato come sottotitolo dal periodico antimodernista " SI SI NO NO": poni mente a ciò che è detto e non voler sapere chi l' ha detto.
      E poi in tutte queste discussioni pro o contro l'accordo fa difetto la Fede cattolica : un vero Papa non può approvare ed istituire un rito nocivo della Messa eppure il nuovo rito lo è : l'analisi (Breve Esame Critico approvato dai Cardinali Ottaviani e Bacci) lo prova e l'esperienza lo ha ampiamente dimostrato. Questi "Papi" insegnano l'errore , applicano un Conciliabolo eterodosso, sono "papi" materialmente, poichè canonicamente - fino a prova del contrario, ma prova che dovrebbe provenire dalla Chiesa- ma non hanno l' Autorità Pontificia poichè vogliono applicare/applicare dottrine eterodosse , già infallibilmente condannate dalla Chiesa (Per approfondimenti: Sodalitium)

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  3. ci fosse un Sacerdote anonimo di tal fatta anche in Italia...qui per loro basta non fare l'accordo e rimanere uniti ( che vorrà dire poter rimanere dentro ai Priorati ) ma prima o poi dovranno prendere posizioni seriamente e non solo a parole:
    Grazie al Sacerdote francese.

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