Il 25 dicembre 1961, il “papa buono” Roncalli, nel suo quarto anno di pontificato, promulgava la Costituzione apostolica di indizione del Concilio, la “Humanae Salutis” [1]. Roncalli ricordava la promessa fatta da Gesù “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt. 28,20), ovvero:
“... tale
gioiosa assistenza di Cristo, se non è mai mancata, viva ed operante,
nella santa Chiesa, è stata evidente soprattutto quando la compagine e
la comunità umana erano sconvolte dalle più furiose tempeste”; poiché “questo nostro tempo la Chiesa vede la comunità umana gravemente turbata aspirare ad un totale rinnovamento”, si richiede “ora
alla Chiesa: di immettere l’energia perenne, vivificante, divina del
Vangelo nelle vene di quella che è oggi la comunità umana”. Contro “le ideologie di coloro che riducono tutto a materia o tentano di sovvertire i fondamenti della fede cattolica” la Chiesa “dotata
cioè di una più robusta compattezza nell’unità, potenziata dal supporto
di una più feconda dottrina, più bellamente fulgida per splendore di
santità, sicché essa appare del tutto pronta a combattere le sante
battaglie della fede”.
Davanti ad “una comunità di uomini travagliata da un’estrema povertà di valori dell’animo”, ma nel contempo con una Chiesa “fiorente per rigoglio di vitalità”, secondo Roncalli si rendeva necessario un Concilio perché:
“la Chiesa si dimostrasse sempre più idonea a risolvere i problemi degli uomini contemporanei”, indetto “in un momento in cui la Chiesa avverte più vivo il desiderio di irrobustire la sua fede con forze nuove”; dinanzi ai “i pericoli di disastrosi conflitti” propositi del Concilio volevano essere “soprattutto
i valori che fanno parte dell’animo e dell’ordine soprannaturale, come
anche l’intelligenza e la coscienza degli uomini, che devono prendere
luce e guida da Dio, Creatore e Redentore del genere umano”, perciò - dice Roncalli - “confidiamo
che quello che sarà deliberato nel Concilio Ecumenico sarà di tale
efficacia che non soltanto illuminerà di sapienza cristiana e
fortificherà di fervorosa energia l’intimo degli animi, ma anche
pervaderà l’insieme delle attività umane”.
Sebbene Roncalli sosteneva che l’indizione del Concilio fu accolta con grande entusiasmo e per definire anche che un “ordine soprannaturale deve però influire al massimo sull’altro ordine”, quello temporale, e questo perché la Chiesa è “Madre e Maestra”,
in molti non furono poi così elettrizzati: ritenevano che non era certo
necessario un Concilio per risolvere i problemi del tempo, dato che
sarebbe bastato probabilmente ricordare a gran voce e con forza quelle
ovvie condanne già comminate definitivamente al comunismo, alla
massoneria (che aveva ricevuto più di 200 condanne nel Magistero), al
modernismo ed all’ateismo dilagante.
Per usare le parole del pro-Prefetto del Sant’Uffizio (prima della riforma voluta da Paolo VI nel 1965, era Prefetto lo stesso Papa), il cardinale Alfredo Ottaviani, era solamente necessario contrastare con maggiore forza quella “ideologia marxista, un’offesa alla legge di Dio e una tragedia per l’intera umanità”, quel comunismo ateo “intrinsecamente perverso” [cf. Pio XI, Divini Redemptoris], di cui si interessò anche Pio XII deliberandone nel 1949 la “scomunica a tutti i propugnatori”.
In alcuni ambienti si usa sostenere che fu proprio Pio XII a spingere fortemente per l’indizione di un Concilio, tuttavia la storia ci insegna non è così: il 4 marzo del 1948, Papa Pacelli convocò in gran segreto il card. Ottaviani “per
costituire una Commissione preparatoria per un eventuale prossimo
Concilio ecumenico. Non per aprirsi al mondo, come fu poi deciso da
Giovanni XXIII, ma, al contrario, per ridefinire i vari punti della
dottrina cristiana minacciati dalla Nouvelle Théologie” [2].
La “Humanae Salutis” di Giovanni XXIII si conclude con la preghiera:
“rinnova
in questa nostra epoca i tuoi prodigi, quasi come con una nuova
Pentecoste, e concedi alla Santa Chiesa che, perseverando concordemente e
assiduamente con Maria, la Madre di Gesù, e guidata da San Pietro,
estenda il regno del divin Salvatore, regno di verità e di giustizia,
regno di amore e di pace. Amen”. [3]
Nel suo diario, il cardinal Ottaviani scriveva nel 1965, 3 anni dopo la “Humanae Salutis”:
“... il Concilio più che una nuova aurora per l’umanità, [è] una lunga notte per la Chiesa”; “... prego Dio di farmi morire prima della fine di questo Concilio, così almeno muoio cattolico”.
Il 30 ottobre del 1962, quando già si paventavano venti di “libertà religiosa” e di “aperture ai fratelli separati” furono messe in cantiere anche alcune modifiche all’“Ordo” della Messa, il cardinal Ottaviani, e non fu il solo, intervenne duramente:
“Stiamo
cercando di suscitare il disorientamento e lo scandalo nel popolo
cristiano, introducendo delle modifiche in un rito così venerabile, che è
stato approvato lungo tanti secoli e che è ora divenuto così familiare?
Non si può trattare la Santa Messa come se fosse un pezzo di stoffa che
si rimette seguendo la moda, secondo la fantasia di ciascuna
generazione”. Non immaginava ancora che tutto ciò avrebbe portato al “Novus Ordo Missae”.
Anni dopo i cardinali Ottaviani e Bacci, facendosi portavoce di una corrente numerosa di teologi e sacerdoti che “rigettavano” la “messa normativa” ideata dal Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, inviarono a Paolo VI il “Breve esame critico del «Novus Ordo Missæ»”, scritto da mons. Michel Guérard des Lauriers [4]. Nel documento si legge, inoltre, che con il “Novus Ordo Missae”:
“si
vuol fare tabula rasa di tutta la teologia della Messa. In sostanza ci
si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio
della Messa” [5].
La “messa normativa” o falso-ecumenica comunque non sorge da nulla, ma piuttosto sembra trarre linfa vitale dalla libertà religiosa della massoneria (cf. L'Oecuménisme vu par un franc-macon de tradition, del massone Yves Marsaudon) e da quella “Nouvelle Théologie” (caratterizzata da un rifiuto del dominio della Scolastica per favorire un ritorno a fonti, male interpretate, che Henri de Lubac spacciava per patristiche e del cristianesimo delle origini) che tanto aveva già minato il dogma ed aveva messo a dura prova la fede dei cattolici nel pre e nel post Concilio (a cominciare dallo scandaloso testo Surnaturel. Études historiques), quella vastissima corrente teologica “vicina al protestantesimo” e “prossima alle eresie” che pare essere una riproposizione in chiave contemporanea (XX secolo) dell’ “eresia modernista”, così fortemente condannata da Papa San Pio X nel “LAMENTABILI SANE EXITU” [6]
“Con
deplorevoli frutti, l'età nostra, impaziente di freno nell'indagare le
somme ragioni delle cose, non di rado segue talmente le novità, che,
lasciata da parte, per così dire, l'eredità del genere umano, cade in
errori gravissimi. Questi errori sono di gran lunga più pericolosi
qualora si tratti della disciplina sacra, dell'interpretazione della
Sacra Scrittura, dei principali misteri della Fede”
e nella “PASCENDI DOMINICI GREGIS” [7]:
“Di
qual guisa poi i modernisti dall'agnosticismo, che è puro stato
d'ignoranza, passino all'ateismo scientifico e storico, che invece è
stato di positiva negazione; e con qual diritto perciò di logica, dal
non sapere se Iddio sia intervenuto o no nella storia dell'uman genere
si trascorra a spiegar tutto nella storia medesima ponendo Dio
interamente da parte come se in realtà non fosse intervenuto, lo assegni
chi può. Ma tanto è; per costoro è fisso e determinato che la scienza e
la storia debbano esser atee; entro l'àmbito di esse non vi è luogo se
non per fenomeni, sbanditone in tutto Iddio e quanto sa di divino. Dalla
quale dottrina assurdissima vedrem bentosto che cosa siasi costretti di
ammettere intorno alla persona augusta di Gesù Cristo, intorno ai
misteri della Sua vita e della Sua morte, intorno alla Sua risurrezione
ed ascensione al Cielo”.
Il “Dizionario del pensiero cristiano alternativo” (eresie.it, v. Lubac) ci ricorda che:
“a parte de Lubac, aderirono alle idee della Nouvelle Théologie teologi come Pierre Teilhard de Chardin, Yves Congar, Hans Küng, Edward Schillebeeckx, Han Urs von Balthasar (1905-1988), Marie-Dominique Chenu (1895-1990), Karl Rahner (1904-1984), Louis Bouyer (1913-2004), Etienne Gilson (1884-1978), Daniélou e Joseph Ratzinger, sebbene gli ultimi due si dissociassero successivamente dal pensiero della Nouvelle Théologie”.