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mercoledì 31 dicembre 2014

“E infine, o vincitore di Satana, trattieni il Drago infernale nella sua prigione dove l'hai rinchiuso; spezza il suo orgoglio, sventa i suoi piani; vigila acciocché non seduca più i popoli, ma tutti i figli della Chiesa, secondo le parole di Pietro tuo predecessore, gli resistano con la forza della loro fede (1Pt 5,9)”.

31 DICEMBRE - SAN SILVESTRO, PAPA

Fin qui, abbiamo contemplato i Martiri presso la culla dell'Emmanuele. Stefano, che è caduto sotto le pietre del torrente; Giovanni, martire di desiderio, che è passato attraverso il fuoco; gli Innocenti immolati con la spada; Tommaso, ucciso sul pavimento della sua cattedrale: questi sono i campioni che fanno la guardia presso il neonato Re. Tuttavia, per quanto numerosa sia la schiera dei martiri, non tutti i fedeli di Cristo sono chiamati a far parte di questo battaglione scelto; il corpo dell'armata celeste si compone anche dei Confessori che hanno vinto il mondo, ma con una vittoria incruenta. Se il posto d'onore non è per essi, non debbono tuttavia esser privati del favore di servire il loro Re. Nelle loro mani, è vero, non c'è la palma; ma la corona di giustizia cinge le loro fronti. Colui che li ha incoronati, si gloria anche di vederli ai suoi fianchi.
Era dunque giusto che la santa Chiesa, per riunire in questa meravigliosa ottava tutte le glorie del cielo e della terra, iscrivesse in questi giorni nel suo Ciclo il nome di un santo Confessore che rappresentasse tutti gli altri. Questo Confessore è Silvestro, sposo della santa Romana Chiesa, e mediante essa della Chiesa universale, un Pontefice dal regno lungo e pacifico di circa 22 anni, un servo di Cristo adorno di tutte le virtù e dato al mondo all'indomani di quelle furiose battaglie che erano durate tre secoli e nelle quali avevano trionfato, con il Martirio, migliaia di cristiani, sotto la guida di numerosi Papi martiri predecessori di Silvestro.
Silvestro annuncia anche la Pace che Cristo è venuto a portare al mondo e che gli Angeli hanno cantata a Betlemme. Egli è l'amico di Costantino, conferma il Concilio di Nicea che ha condannato l'eresia ariana, organizza la disciplina ecclesiastica per l'era della Pace. I suoi predecessori hanno rappresentato Cristo sofferente: egli raffigura Cristo nel suo trionfo. È completo, in questa Ottava, il carattere del divino Bambino che viene nell'umiltà delle fasce, esposto alla persecuzione di Erode, e tuttavia Principe della pace e Padre del secolo futuro.

O Sommo Pontefice della Chiesa di Gesù Cristo, tu sei dunque stato scelto fra i tuoi fratelli per decorare con i tuoi gloriosi meriti la santa Ottava della Nascita dell'Emmanuele. E vi rappresenti degnamente il coro immenso dei Confessori, tu che hai retto, con tanta forza e tanta fedeltà, il timone della Chiesa dopo la tempesta. Il diadema pontificio orna la tua fronte; e lo splendore del cielo si riflette sulle pietre preziose di cui esso è ornato. Le chiavi del Regno dei Cieli sono fra le tue mani: tu lo apri per farvi entrare i residui della gentilità che passano alla fede di Cristo e lo chiudi agli Ariani, nell'augusto Concilio di Nicea, al quale presiedi per mezzo dei tuoi Legati, e al quale conferisci autorità, confermandolo con il tuo suffragio apostolico. Presto furiose tempeste si scateneranno nuovamente contro la Chiesa; i marosi dell'eresie verranno a percuotere la barca di Pietro; tu ti troverai già in seno a Dio; ma veglierai, con Pietro, sulla purezza della Fede e, per le tue preghiere, la Chiesa Romana sarà il porto in cu Atanasio troverà finalmente qualche ora di pace.
Sotto il tuo pacifico regno, Roma cristiana riceve il premio del suo lungo martirio. Viene riconosciuta come Regina dell'umanità cristiana, e il suo impero come l'unico impero universale. Costantino si allontana dalla città di Romolo che è ormai la città di Pietro: la seconda maestà non vuoi essere eclissata dalla prima; e, fondata Bisanzio, Roma resta nelle mani del suo Pontefice. I templi dei falsi dei crollano, e fanno posto alle basiliche cristiane che ricevono le trionfali spoglie dei santi Apostoli e dei Martiri.
Onorato di doni così meravigliosi, o Vicario di Cristo, ricordati di quel popolo cristiano che è stato il tuo popolo. In questi giorni, esso ti chiede di iniziarlo al divino mistero del Cristo Bambino. Attraverso il sublime simbolo che contiene la fede di Nicea e che tu hai confermato e promulgato in tutta la Chiesa, tu ci insegni a riconoscere Dio da Dio, Luce da Luce, generato e non fatto, consustanziale al Padre. Ci inviti ad adorare questo Bambino come Colui per il quale sono state fatte tutte le cose. Confessore di Cristo, degnati di presentarci a lui, come si son degnati di fare i Martiri che ti hanno preceduto. Chiedigli di benedire i nostri desideri di virtù, di conservarci nel suo amore, di darci la vittoria sul mondo e sulle nostre passioni, di custodirci quella corona di giustizia alla quale osiamo aspirare, quale premio della nostra Confessione.
Pontefice della Pace, dalla tranquilla dimora in cui riposi, guarda la Chiesa di Dio agitata dalle più paurose tempeste, e scongiura Gesù, il Principe della Pace, di por fine a così crudeli agitazioni. Volgi il tuo sguardo su quella Roma che tanto ami e che custodisce caramente la tua memoria; proteggi e dirigi il suo Pontefice. Che essa trionfi sull'astuzia dei politici, sulla violenza dei tiranni, sulle insidie degli eretici, sulla perfidia degli scismatici, sull'indifferenza dei mondani, sulla rilassatezza dei cristiani. Ch'essa sia onorata, amata e obbedita. Che si ristabilisca la maestà del sacerdozio, si rivendichi la potenza dello spirito, la forza e la carità si diano la mano, il regno di Dio cominci infine sulla terra e non vi sia più che un solo ovile e un solo Pastore.
Vigila, o Silvestro, sul sacro deposito della fede che tu hai custodito così integralmente; che la sua luce trionfi su tutti quei falsi e audaci sistemi che sorgono da ogni parte, come i segni dell'uomo nel suo orgoglio. Che ogni intelletto creato si sottometta al giogo dei misteri, senza i quali la sapienza umana non è che tenebre; e Gesù, Figlio di Dio, Figlio di Maria, regni infine, per mezzo della sua Chiesa, sulle menti e sui cuori.
Prega per Bisanzio, chiamata un tempo la nuova Roma e divenuta così presto la capitale delle eresie, il triste teatro della degradazione del Cristianesimo. Fa' che i tempi della sua umiliazione siano abbreviati. Che essa riveda i giorni dell'unità; si decida a onorare il Cristo nel suo Vicario e obbedisca per essere salva. Che le genti traviate e perdute per il suo influsso, riacquistino quella dignità umana che solo la purezza della fede conserva e che essa sola può rigenerare.
E infine, o vincitore di Satana, trattieni il Drago infernale nella sua prigione dove l'hai rinchiuso; spezza il suo orgoglio, sventa i suoi piani; vigila acciocché non seduca più i popoli, ma tutti i figli della Chiesa, secondo le parole di Pietro tuo predecessore, gli resistano con la forza della loro fede (1Pt 5,9).

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da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 160-163

martedì 30 dicembre 2014

Hic de Virgine Maria Jesus Christus natus est.

Fonte: Progetto Barruel…

Mons. Jean-Joseph Gaume

Da: Catechismo di perseveranza, versione italiana sulla IV ed. parigina, vol. IV, Napoli 1851 pag. 299-309.

LEZIONE XXVIII

Il Cristianesimo reso sensibile — NATALE

Natale, oggetto di questa festa — Numerazione generale — Adempimento delle profezie — Descrizione della grotta di Bettelemme — Nascita del divino fanciullo — Adorazione de' pastori — Uffizio di Natale — Quello che dobbiamo fare per santificare questa festa, insegnamento della mangiatoja — Allegorìa.

La festa di Natale ha per oggetto la nascita temporale del Figlio di Dio. Il Verbo eterno, eguale in tutto al Padre, e allo Spirito Santo, quello per cui tutto è stato fatto, si è incarnato nel seno della Vergine Maria, ed è nato a Bettelemme in una misera stalla a fine di salvarci; è questo, figli miei, il commovente mistero che la Chiesa propone alla nostra fede in questa solennità. Imitare questo Dio umile, povero e soffrente è ciò ch'ella dice al nostro cuore.

Erano quattro mil'anni che l'uomo colpevole e degradato aveva udita, nell'uscire dal paradiso terrestre, quella parola di speranza: Il Figlio della donna schiaccerà la testa del serpente [1]. Questa preziosa parola fu per molti secoli l'unico conforto della specie umana in mezzo alle sue immense calamità. Il Figlio della donna per eccellenza, il Vincitore del demonio, il Riparatore della caduta, il Ristoratore del genere umano, era l'oggetto di tutti i voti e di tutte le brame. Non mai era stato più ardentemente, e più universalmente desiderato, che sotto l'impero d'Augusto. E il tempo designato per la di lui venuta era giunto, ma faceva d'uopo che la sua nascita accadesse con tutte le circostanze predette dai profeti, e Cristo doveva nascere a Bettelemme affinchè constasse essere egli della stirpe reale di David.

Ed ecco che l'imperatore Augusto volendo sapere, quanti milioni d'uomini piegavano sotto il suo giogo, ordinò una numerazione generale di tutti i sudditi dell'impero. Perchè presiedessero a questo gran censo, egli nominò ventiquattro commissarî che spedì nei diversi punti della terra. Publio Sulpizio Quirino, e secondo i Greci, Cirino, fu incaricato del governo della Siria da cui la Giudea dipendeva.

L'editto promulgato per questa numerazione generale, ordinava a ciascuno, tanto al ricco che al povero, al potente e al meschino di recarsi alla città, ove era nato, o donde era originaria la sua famiglia per farsi inscrivere sul registro romano.

Ora, Giuseppe e Maria, che discendevano ambedue dalla famiglia reale di David, si portarono alla città di David chiamata Bettelemme. I loro nomi vi furono inscritti, e i registri dell'impero romano fecero fede che Gesù, Figlio di Maria, era pronipote di David, e le profezie, che lo avevano annunziato, furono avverate per mezzo di un monumento autentico.

 censo

Intanto Giuseppe e Maria giunti nella città de' padri loro cercavano invano un alloggio. O che la loro meschina apparenza non lusingasse l'avidità, o che le osterie fossero piene realmente, da per tutto fu detto loro non esservi più luogo, talchè furono costretti a uscire dalla città e a cercare un ricovero in una grotta che serviva di stalla, ove Maria mise al mondo il Redentore. Le circostanze del parto divino furono da noi narrate nella seconda parte del Catechismo [2]. Ora ci limiteremo, miei cari, a far qui la descrizione del luogo sempre venerato ove accadde il commovente mistero.

«Prima di entrarvi, dice un viaggiatore moderno, il superiore del convento mi pose in mano un cero e mi fece una breve esortazione. Quella santa grotta è irregolare, perchè essa occupa il luogo irregolare della stalla, e della mangiatoia. È lunga trentasette piedi e mezzo, larga undici piedi e tre pollici, è alta nove piedi, ed è scavata nel masso. Le pareti di quel masso, sono incrostate di marmo, ed egualmente di marmo prezioso ne è il pavimento, abbellimenti che si attribuiscono a santa Elena. La Chiesa non prende veruna luce al di fuori, e non è illuminata che da trentadue lampade donate da diversi principi cristiani. In fondo alla grotta, dal lato d'oriente, è il sito ove la Vergine partorì il Redentore degli uomini. Quel sito è segnato da un marmo bianco incrostato di diaspro e circondato da un cerchio d'argento a raggi a guisa di sole. In giro si leggono queste parole :

Hic de Virgine Maria
Jesus Christus natus est.

giovedì 25 dicembre 2014

BUON NATALE NEL SIGNORE GESU’2015 A TUTTI…

Nell'anno cinquemilacentonovantanove dalla creazione del mondo, quando nel principio Iddio creò il cielo e la terra; dal diluvio, l'anno duemilanovecentocinquantasette; dalla nascita di Abramo, l'anno duemilaquindici; da Mosè e dalla uscita del popolo d'Israele dall'Egitto, l'anno millecinquecentodieci; dalla consacrazione del Re David, l'anno milletrentadue; nella Settimana sessantesimaquinta, secondo la profezia di Daniele; nell'Olimpiade centesimanovantesimaquarta; l'annosettecentocinquantadue dalla fondazione di Roma; l'anno quarantesimosecondo dell'Impero di Ottaviano Augusto, stando tutto il mondo in pace, nella sesta età del mondo, Gesù Cristo, eterno Dio e Figlio dell'eterno Padre, volendo santificare il mondo colla sua piissima venuta, concepito di Spirito Santo, e decorsi nove mesi dopo la sua concezione, in Betlémme di Giuda nacque da Maria Vergine fatto uomo. Natività di nostro Signor Gesù Cristo secondo la carne.

Cerca di penetrare nel mistero: Dio assume la carne proprio per distruggere la morte in essa nascosta. Come gli antidoti di un veleno, una volta ingeriti, ne annullano gli effetti, e come le tenebre di una casa si dissolvono alla luce del sole, così la morte che dominava sull'umana natura fu distrutta dalla presenza di Dio. E come il ghiaccio rimane solido nell'acqua finché dura la notte e regnano le tenebre, ma tosto si scioglie al calore del sole, così la morte che aveva regnato fino alla venuta di Cristo, appena apparve la grazia di Dio Salvatore e sorse il sole di giustizia, «fu ingoiata dalla vittoria» (1 Cor 15,54), non potendo coesistere con la Vita. O grandezza della bontà e dell'amore di Dio per gli uomini! Diamogli
gloria insieme ai pastori, esultiamo con gli angeli «perché oggi ci è nato il Salvatore, che è Cristo Signore» (Le 2,11). Anche a noi il Signore non è apparso nella forma di Dio, che avrebbe sgomentato la nostra fragilità, ma in quella di servo, per restituire alla libertà coloro che erano in schiavitù. Chi è così tiepido, così poco riconoscente che non gioisca, non esulti, non porti doni? Oggi è festa per tutte le creature. Nessuno vi sia che non offra qualcosa, nessuno si mostri ingrato. Esplodiamo anche noi in un canto di esultanza.
San Basilio Magno

ANZICHE’ IL MESSAGGIO “ORBO PER GLI ORBI DI SUA MODERNITA’ BERGOGLIO” LEGGIAMO CON SPERANZA L’ULTIMO VERO PONTEFICE: “SUA SANTITÀ PIO XII”

SUA SANTITÀ PIO XII A TUTTO IL MONDO IN OCCASIONE DEL NATALE RADIOMESSAGGIO 24 dicembre 1954

A tutto il mondo.

« Ecce ego declinabo super eam quasi fluvium pacis: Ecco che io riverserò sopra di essa come un fiume di pace » . Questa medesima promessa, preannunziata nel vaticinio messianico di Isaia, e adempiuta con mistico significato dall’Incarnato Verbo di Dio nella nuova Gerusalemme, la Chiesa, Noi desideriamo, diletti figli e figlie dell’orbe cattolico, che risuoni ancora una volta su tutta la umana famiglia, quale augurio del Nostro cuore nella presente vigilia del Natale.

Un fiume di pace sul mondo! È questo il voto che più lungamente abbiamo nutrito nell’animo Nostro, per il quale abbiamo più fervidamente pregato e Ci siamo adoperati dal giorno in cui la divina Bontà si compiacque di confidare alla Nostra umile persona l’alto e tremendo officio di Padre comune dei popoli, proprio del Vicario di Colui, cui spettano in eredità le genti .

Abbracciando con uno sguardo d’insieme i trascorsi anni del Nostro Pontificato nella parte del mandato che a Noi deriva dalla universale paternità di cui siamo investiti, Ci sembra che la divina Provvidenza abbia inteso assegnarCi la particolare missione di contribuire a ricondurre, con paziente e quasi estenuante azione, la umanità sui sentieri della pace.

All’approssimarsi del Natale, mentre si acuiva in Noi la brama di accorrere alla culla del Principe della pace per offrirgli, come il dono a Lui più gradito, la umanità pacificata e tutta insieme raccolta quasi in una sola famiglia, Ci fu invece riservata — nei primi sei anni — l’amarezza senza nome di vedere intorno a Noi soltanto popoli in armi, travolti dall’insano furore di vicendevole distruzione.

Sperammo — e con Noi molti speravano — che, esauritasi infine l’eccitazione dell’odio e della vendetta, ben presto sarebbe sorta l’alba di un periodo di sicura concordia. Perdurò invece quello stato angoscioso di disagio e di pericolo, designato dalla opinione pubblica col nome di «guerra fredda », poiché in realtà poco o nulla aveva di comune con la vera pace, e molto di una tregua, vacillante al minimo urto. Il Nostro annuale ritorno alla culla del Redentore continuò a consistere in una mesta offerta di dolori e di ansie, con l’intenso desiderio di trarne il coraggio necessario per non desistere dall’esortare gli uomini alla pace, indicandone il giusto cammino.

Possiamo almeno ora, in questo sedicesimo Natale del Nostro Pontificato, adempiere tale voto? Secondo quanto si assicura da molti, alla guerra fredda è stato sostituito lentamente un periodo di distensione fra le parti in contrasto, quasi vicendevole concessione di più lungo respiro, distensione a cui è stato dato, non senza, una qualche ironia, il nome di «pace fredda ». Benché riconosciamo volentieri che essa rappresenta un qualche progresso nella faticosa maturazione della pace propriamente tale, tuttavia non è ancora il dono degno del mistero di Betlemme, ove «apparve la benignità e l’amore di Dio nostro Salvatore per gli uomini » . Contrastata invero troppo vivamente con lo spirito di cordialità, di sincerità e di chiarezza, che aleggia intorno alla culla del Redentore.


Che cosa s’intende infatti nel mondo della politica per pace fredda se non la mera coesistenza di diversi popoli, sostenuta dal vicendevole timore e dal reciproco disinganno? Ora è chiaro che la semplice coesistenza non merita il nome di pace, quale la tradizione cristiana, formatasi alla scuola dei sommi intelletti di Agostino e di Tommaso d’Aquino, ha appreso a definire «tranquillitas ordinis ». La pace fredda è soltanto una calma provvisoria, il cui durare è condizionato dalla sensazione mutevole del timore, dal calcolo oscillante delle forze presenti; mentre dell’«ordine » giusto, il quale suppone una serie di rapporti convergenti in un comune scopo giusto e retto, non ha nulla. Escludendo poi qualsiasi vincolo d’ordine spirituale tra i popoli così frammentatamente coesistenti, la pace fredda è ben lontana da quella predicata e voluta dal divino Maestro, fondata cioè sull’unione degli spiriti nella medesima verità e nella carità, e che San Paolo definisce «pax Dei », la quale impegna innanzi tutto le intelligenze ed i cuori , e si esercita in armonica collaborazione di opere in tutti i campi della vita, non escluso quello politico, sociale ed economico.


Ecco perché Noi non osiamo offrire la pace fredda al divino Infante. Non è la pax semplice e solenne che cantarono gli Angeli ai pastori nella santa notte; tanto meno è la pax Dei che supera ogni senso, ed è fonte di intimo e pieno gaudio ; ma neppure è quella sognata e auspicata dalla presente umanità già tanto afflitta. Desideriamo tuttavia di esaminarne in particolare le manchevolezze, affinché dal suo vuoto e dalla sua incerta durata sorga imperiosa la brama nei reggitori dei popoli ed in coloro che possono esercitare qualche influsso in questo campo, di tramutarla al più presto nella pace vera, che è, in concreto, Cristo stesso. Poiché, se la pace è ordine, e l’ordine è unità, Cristo è il solo che può e vuole unire gli umani spiriti nella verità e nell’amore. In questo senso la Chiesa lo addita alle genti, con le parole del profeta, come pace Egli stesso: « Et erit Iste pax ».

1. LA COESISTENZA NEL TIMORE

È impressione comune, ricavata dalla semplice osservazione dei fatti, che il principale fondamento, su cui poggia il presente stato di relativa calma, sia il timore. Ciascuno dei gruppi, nei quali è divisa l’umana famiglia, tollera che esista l’altro, perché non vuole perire egli stesso. Evitando in tal modo il fatale rischio, ambedue i gruppi, non convivono, ma coesistono. Non è stato di guerra, ma neppure è pace: è una fredda calma. In ciascuno dei due gruppi è assillante il timore per la potenza militare ed economica dell’altro, in ambedue è viva l’apprensione per gli effetti catastrofici delle novissime armi. Con attenzione piena d’angoscia ciascuno segue lo sviluppo tecnico degli armamenti dell’altro e le sue capacità di produzione economica, mentre affida alla propria propaganda il compito di trarre partito dall’altrui timore, rafforzandone ed estendendone il senso. Sul terreno concreto della politica sembra che non si faccia più assegnamento su altri principî razionali o morali, travolti, dopo tante delusioni, da un estremo collasso di scetticismo.

mercoledì 24 dicembre 2014

Natale - S.Messa (non Una Cum) in Die…


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24 DICEMBRE 2014: VIGILIA DELLA NATIVITA' (astinenza e digiuno - vigilia gaudiosa)

 

Finalmente - dice san Pier Damiani nel suo sermone per questo giorno - eccoci giunti dall'alto mare nel porto, dalla promessa alla ricompensa, dalla disperazione alla speranza, dal lavoro al riposo, dalla vita alla patria. Gli araldi della divina promessa si erano succeduti uno dietro l'altro; ma non portavano nulla con sé, se non il rinnovamento di quella stessa promessa. Perciò il nostro Salmista si era lasciato andare al sonno, e le ultime note della sua arpa sembravano accusare il ritardo del Signore. Tu ci hai respinti - diceva - ci hai trascurati, e hai rimandato l'arrivo del tuo Cristo (Sal 88). Quindi, passando dal lamento all'audacia, aveva esclamato con voce imperiosa: Mostrati dunque, tu che sei assiso sui Cherubini! (Sal 79). Assiso sul trono della tua potenza, circondato da squadre volanti di Angeli, non ti degnerai di abbassare gli sguardi sui figli degli uomini, vittime d'un peccato commesso da Adamo, è vero, ma permesso da te medesimo? Ricordati di quello che è la nostra natura; tu l'hai creata a tua immagine e somiglianza; e se ogni uomo vivente è vanità, lo è anche nell'essere fatto a tua immagine e somiglianza. Abbassa dunque i cieli e scendi: abbassa i cieli della tua misericordia sugli infelici che ti supplicano, e almeno non dimenticarci in eterno.

Isaia a sua volta, nella violenza dei suoi desideri, diceva: A causa di Sion non tacerò; a causa di Gerusalemme, non mi riposerò, finché il giusto che essa attende non si alzi finalmente nel suo splendore. Forza dunque i cieli, e scendi! Finalmente, tutti i profeti, stanchi da una troppo lunga attesa, non hanno cessato di far risuonare di volta in volta le suppliche, i lamenti e spesso anche le grida d'impazienza. Quanto a noi, li abbiamo ascoltati abbastanza; abbiamo ripetuto per abbastanza tempo le loro parole. Si ritirino ora; non c'e più gioia e consolazione per noi, fino a quando il Salvatore, onorandoci di baciare la sua bocca, non ci dica egli stesso: Siete esauditi.

Ma che cosa abbiamo sentito? Santificatevi, figli d'Israele, e siate pronti: perché domani scenderà il Signore. Il resto di questo giorno e appena la metà della notte ci separano ancora da quel glorioso incontro, ci nascondono ancora il Bambino divino e la sua meravigliosa nascita. Correte, o brevi ore; compite rapidamente il vostro corso, perché possiamo presto vedere il Figlio di Dio nella sua culla e rendere i nostri omaggi a questa Natività che salva il mondo. Penso o Fratelli, che siate dei veri figli d'Israele, purificati da tutte le brutture della carne e dello spirito, pronti per i misteri di domani e pieni di sollecitudine a testimoniare la vostra devozione. È almeno quanto io posso giudicare, secondo il modo in cui avete trascorso i giorni consacrati ad aspettare la venuta del Figlio di Dio. Ma se tuttavia qualche goccia del fiume della mortalità ha toccato il vostro cuore, affrettatevi oggi a tergerla, e a coprirla con il bianco velo della Confessione. Io posso promettervelo dalla misericordia del Bambino che sta per nascere, per colui che confesserà i propri peccati con pentimento, la luce del mondo nascerà in lui; le tenebre ingannevoli svaniranno, e gli sarà dato il vero splendore. Perché come potrà essere rifiutata agli infelici la misericordia, nella notte stessa in cui nasce il Signore misericordioso? Scacciate dunque l'orgoglio dai vostri sguardi, la temerità dalla vostra lingua, la crudeltà dalle vostre mani, la voluttà dai vostri reni; ritraete i piedi dalle strade tortuose e quindi venite e giudicate il Signore se, in questa notte, non forza i cieli, se non scende fino a voi, se non getta in fondo al mare tutti i vostri peccati".
Questo giorno santo è, infatti, un giorno di grazia e di speranza, e dobbiamo passarlo in una pia e religiosa letizia. La Chiesa, derogando a tutte le usanze abituali, vuole che se la Vigilia di Natale viene a cadere di Domenica, l'Ufficio e la Messa della Vigilia prevalgano sull'Ufficio e sulla Messa della quarta Domenica di Avvento: tanto queste ultime ore che precedono immediatamente la Natività le sembrano solenni! Nelle altre Feste, per quanto importanti possano essere, la solennità non comincia che ai primi Vespri; fino ad allora la Chiesa si tiene nel silenzio, e celebra i divini Uffici e il Sacrificio secondo il rito quaresimale. Oggi, al contrario, fin dallo spuntare del giorno, all'Ufficio delle Laudi, sembra già cominciare la grande Festa. L'intonazione solenne di questo Ufficio del mattino annuncia il rito Doppio; e le Antifone sono cantate prima e dopo ciascun Salmo o Cantico. Alla Messa, si usa ancora il color; viola, ma non si flettono le ginocchia come nelle altre Ferie dell'Avvento; e non vi è più che una sola Colletta, invece delle tre che caratterizzano una messa meno solenne.

domenica 21 dicembre 2014

In ricordo di don Francesco Putti (+ 21/12/1984). Fondatore della ex Rivista Antimodernista SI SI NO NO…

Don Ugo Carandino

In ricordo di don Francesco Putti (+ 21/12/1984)
Ricorre quest'anno, il 21 dicembre, il trentennale della morte di don Francesco Maria Putti, sacerdote, e fondatore del quindicinale antimodernista "Si si no no" (il primo numero uscì nel gennaio 1975).
Figlio spirituale di Padre Pio, che incoraggiò il suo penitente a rispondere alla chiamata del Signore e a salire l'altare malgrado l'età matura, Don Putti fu sempre un vero sacerdote, nella celebrazione della Santa Messa, nell'amministrazione del sacramento di penitenza, nella direzione delle anime, sull'esempio del frate di Pietralcina. Fu anche di carattere schietto, da buon conoscitore dell'uomo e delle sue miserie, qual era: da qui la scelta, per la sua rivista, delle parole evangeliche: il vostro parlare sia; si si, no no...
L'amore alla Verità, che è Cristo, e alle anime, lo portò a far guerra senza timore ai nemici dell'uno e delle altre, in particolare dei modernisti.
La nostra rivista, "Sodalitium", ha sovente criticato "Si si no no"; mai però durante la vita di don Putti. Pur non difendendo la vacanza della Sede apostolica (don Putti non era un teologo, ma piuttosto uomo d'azione) la sua rivista, sotto la sua direzione, non polemizzò contro i cosiddetti "sedevacantisti", ma contro i modernisti ed il modernismo. Don Putti non avrebbe certo mai potuto immaginare che si arrivasse, sul suo giornale, a pubblicare una serie di articoli in difesa della riforma liturgica di Paolo VI!
Profondamente romano nel suo amore per la Chiesa e il Papato, non confondeva però la Chiesa con tanti uomini di Chiesa, dei quali conosceva bene i difetti. Totalmente distaccato dallo spirito mondano, dalle attrattive degli onori e delle cose di questa terra, non fu mai affascinato - al contrario di tanti altri - da quel "mondo" che a Roma, come in tutte le capitali, gravita inevitabilmente attorno al potere per l'appunto - mondano. Della "zona grigia" - né modernisti dichiarati, né dichiarati antimodernisti - egli seppe servirsi per combattere l'errore e conoscere il nemico, senza mai mettersi al servizio di poco innocenti compromessi. Con lui, i servitori di due padroni non ebbero successo...
Ricordiamo don Putti - allora - prima di tutto nella preghiera e nel Santo Sacrificio della Messa. E lo ricordiamo anche ripubblicando le righe che gli dedicammo trent'anni fa' in occasione della sua morte, in un numero ormai introvabile di "Sodalitium" (n. 6, marzo-aprile 1985, pp. 3-4), sperando che il parlar franco di don Putti non scandalizzi le anime "pie".

In morte di don Francesco Putti
Il 21 Dicembre 1984 è morto a Velletri Don Francesco Maria Putti. Nato a Roma il 3 aprile 1909. Figlio spirituale di Padre Pio, fu incoraggiato da quest'ultimo a diventare Sacerdote. Venne perciò ordinato il 29 giugno 1956 a Sarzana, all'età di 47 anni.
Don Putti è noto a tutti noi per la sua battaglia contro il neomodernismo infiltratosi a Roma; mediante il suo giornale "SI SI NO NO" denunciava l'autodemolizione della Chiesa (1), senza ambiguità o mezzi termini.
Il suo motto era "Ubi Veritas et Justitia ibi Caritas" (la vera Carità soprannaturale, sta là solo ove c'è la Verità e la Santità).


I progressisti, naturalmente, privi della Carità, gli rimproveravano di difettare nei suoi scritti di Carità. Ma don Putti stesso rispondeva: "in materia di Carità - che non soffochi la Verità e la Giustizia - abbiamo avuto dei buoni Maestri: nel precursore, che ai farisei diceva 'Razza di vipere', e ancor più nello stesso Gesù, che ha lanciato le più dure invettive contro i Farisei.

Santa Messa "Non Una Cum" - 4° d'Avvento - S. Tommaso Apostolo...

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martedì 16 dicembre 2014

PER NON DIMENTICARSI CHI ERA IL PREDECESSORE DI “BERGOGLIO”…

COSI’ RATZINGER MODERNISTA  PREDECESSORE DI BERGOGLIONE ACCOGLIEVA GLI ANTI DIO MASSONI…

Immagine

Il 12 febbraio 2010, Moshé Smith, presidente della organizzazione internazionale ebraica massonica, B'nai B'rith, è stato ricevuto in Vaticano. In alto, l'omaggio reso a “Papa” Benedetto XVI: un quadro di Mordechai Rosenstein.
Durante un'altra visita di 112 membri del B'nai B'rith al Vaticano, il 18 dicembre 2006, Benedetto XVI ha salutato con queste parole:
"Ho il piacere di salutare questa delegazione del B'nai B'rith. Dopo la Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II nel 1965, i leader del B'nai B'rith ci hanno visitato in più occasioni. Oggi, 18 dicembre [2006], in segno di spirito di comprensione, rispetto e stima reciproca che è cresciuta tra le nostre due comunità, vi do il benvenuto e, attraverso di voi, tutti coloro che rappresentate».

COSI’ PARLAVA UN VERO PONTEFICE DELLA VERA CHIESA CATTOLICA RISPETTO ALLA SATANICA MASSONERIA…

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Benedetto XIV

Providas Romanorum

Giudichiamo doveroso, con un nuovo intervento della Nostra autorità, sostenere e confermare – in quanto lo richiedono giusti e gravi motivi – le provvide leggi e le sanzioni dei Romani Pontefici Nostri Predecessori: non soltanto quelle leggi e quelle sanzioni il cui vigore o per il processo del tempo o per la noncuranza degli uomini temiamo si possano rallentare od estinguere, ma anche quelle che recentemente hanno ottenuto forza e pieno vigore.

1. Di fatto Clemente XII, Nostro Predecessore di felice memoria, con propria Lettera apostolica del 28 aprile dell’anno dell’Incarnazione del Signore 1738, anno ottavo del suo Pontificato – Lettera diretta a tutti i fedeli e che comincia In eminenti – condannò per sempre e proibì alcune Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni volgarmente chiamate dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o diversamente denominate, già allora largamente diffuse in certi Paesi e che ora sempre più aumentano. Egli vietò a tutti e ai singoli Cristiani (sotto pena di scomunica da incorrersi ipso facto senza alcuna dichiarazione, dalla quale nessuno potesse essere assolto da altri, se non in punto di morte, all’infuori del Romano Pontefice pro tempore) di tentare o ardire di entrare in siffatte Società, propagarle o prestare loro favore o ricetto, occultarle, iscriversi ad esse, aggregarsi o intervenirvi, ed altro, come nella stessa Lettera più largamente e più ampiamente è contenuto. Eccone il testo.

2. "Clemente Vescovo, servo dei servi di Dio. A tutti i fedeli, salute e Apostolica Benedizione.

Posti per volere della clemenza Divina, benché indegni, nell’eminente Sede dell’Apostolato, onde adempiere al debito della Pastorale provvidenza affidato a Noi, con assidua diligenza e con premura, per quanto Ci è concesso dal Cielo, abbiamo rivolto il pensiero a quelle cose per mezzo delle quali – chiuso l’adito agli errori ed ai vizi – si conservi principalmente l’integrità della Religione Ortodossa, e in questi tempi difficilissimi vengano allontanati da tutto il mondo Cattolico i pericoli dei disordini.

Già per la stessa pubblica fama Ci è noto che si estendono in ogni direzione, e di giorno in giorno si avvalorano, alcune Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni comunemente chiamate dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con altre denominazioni chiamate a seconda della varietà delle lingue, nelle quali con stretta e segreta alleanza, secondo loro Leggi e Statuti, si uniscono tra di loro uomini di qualunque religione e setta, contenti di una certa affettata apparenza di naturale onestà. Tali Società, con stretto giuramento preso sulle Sacre Scritture, e con esagerazione di gravi pene, sono obbligate a mantenere un inviolabile silenzio intorno alle cose che esse compiono segretamente.

lunedì 15 dicembre 2014

“È cosa veramente deplorevole che si abbiano a premunire i Ro­mani contro l’eresia protetta e favorita nella loro città, capo e cen­tro della Chiesa di Gesù Cristo”.

Prima di leggere che cosa ha detto Bergoglione nella sua falsa “Messa” Cattolica leggiamo con attenzione questo breve scritto del 1878 del Vicario Cardinale di Roma ai tempi di Sua Santita’ Leone XIII….

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Istruzione dell’Eminentissimo Cardinale Vicario ai parrochi di Roma, sopra i complici ed aderenti degli [agli] eretici ed apostati

Gli ammaestramenti che, per ordine del Sommo Pontefice Leone XIII, si danno ai parrochi, e per essi ai fedeli di Roma, metro­poli del mondo cattolico, evidentemente devono essere accolti con la massima venerazione e posti in pratica dai fedeli di qualsiasi città e Nazione. Onde, come cosa spettante al Supremo Magistero del Vica­rio di Gesù Cristo, riproduciamo qui, dall’Osservatore Romano n. 174, l’istruzione mandata ai parrochi di Roma dall’Eminentissimo Cardinale Rafaele Monaco La Valletta, Vicario di Sua Santità.

La Santità di Nostro Signore Leone Papa XIII, Pastore supremo di tutta la Chiesa, ed in modo speciale di questa sua diletta Chiesa Romana, la quale in Lui e per Lui, secondo la divina disposizione, tiene il pri­mato della podestà ordinaria su tutte lo chiese dell’universo, ed è madre e maestra di tutti i fedeli (Concilio Lugdunense II e Vaticano [I]), siccome è fortemente rammaricato delle persecuzioni che dovunque oramai soffre la Santa Chiesa di Gesù Cristo, cosi è afflittissimo per gli sforzi che si fanno qui in Roma al fine di rapire dal cuore de’ Romani il prezioso tesoro della Fede. Una delle cose che amareggiano l’animo paterno del Santo Padre, secondoché scorgesi dalla Lettera che si è degnato d’indirizzarmi sotto i 26 di giugno passato prossimo, è l’improntezza [la volontà d’importunare] con cui eretici di varie sètte sono venuti a stanziarsi qui in Roma, e vi fanno scuola di eresia, per pervertire questo popolo e per insidiare in ispecie la gioventù incauta e facile a piegarsi all’errore siccome al vizio.

Purtroppo si avvera al presente quel che il Martire Cipriano scriveva al Santo Pontefice Cornelio, essere tale l’ardimento degli eretici, che osavano navigare fino alla cattedra di Pietro ed alla Chiesa principale, da cui l’unità sacerdotale trae la sua origine. Ma dall’altra parte vi è tutta la ragione a sperare, che abbia ad avverarsi quel che il Santo Martire subito soggiungeva, cioè che gli eretici non riflettono trattarsi di Romani, la cui fede è stata celebrata in tutto il mondo dall’Apostolo Paolo (ROMANI I,8), sicché ad essi la per­fidia non trova accesso (CYPR. Ep. ad Corn. ed. Baluz, pag.86).

Sono veramente grandi gli sforzi che fanno in Roma, fin da quando fu essa tolta al regime temporale della Santa Sede, gli ere­tici ed i settari, coll’oro che ricevono in gran copia da’ Paesi di ol­tremare. Oltre a parecchi templi, e sale di conferenze cui [che] eressero nelle vie più popolose quasi ad insulto, si sono aperte ben dieci scuole maschili e femminili, nonché alcuni convitti ed asili diretti da pro- testanti, con la mira ben palese di diffondere il veleno de’ loro errori, insieme col pane e con gli aiuti materiali, di cui son larghi ai loro uditori e scolari, abusando della miseria sempre crescente in mezzo a questa popolazione. Ma a gloria di Dio, e ad La Civiltà Cattolica, anno vigesimonono, serie X, vol. VII, anno 1878, pp. 474­477. onore dei fedeli di Roma, ho la consolazione di poter confessare pubblicamente, con San Cipriano testé mentovato [menzionato], che per quanto siano grandi e sopram- modo [moltissimo] seducenti questi sforzi ereticali, pure non riescono gran fatto nel loro reo intendimento: le loro conquiste sono scarsissime, e tra i Romani molto meno che fra le persone sopravvenute in Roma in questi ultimi anni. Ciò nondimeno e Romani, e quanti convengono da tutte [le] parti in Roma, versano in pericolo di perdere la Fede, dono preziosissimo e fondamento di tutti i beni celesti, se non sono pre­munìti contro le frodi e le seduzioni ereticali.

È cosa veramente deplorevole che si abbiano a premunire i Ro­mani contro l’eresia protetta e favorita nella loro città, capo e cen­tro della Chiesa di Gesù Cristo. Ma poiché siamo costretti di veder profanata questa Città santa, e l’eresia alzar la testa sotto gli occhi del Maestro Infallibile della Fede, e provocare il popolo Romano alla ribellione contro la Chiesa Romana che ne forma il maggior vanto; ho giudicato debito del mio officio di richiamare alla memo­ria di tutti, che gli apostati, gli eretici e gli scismatici di qualsivo­glia setta, e con qualunque nome si chiamino, contraggono la sco­munica maggiore, riservata in modo speciale al Sommo Pontefice; ed ho stimato pur necessario di tracciare alcune norme, mercé le quali, coll’aiuto dei parrochi e de’ confessori, i fedeli siano avvertiti de’ loro doveri di fronte alle insidie lusinghevoli degli eretici.

Queste norme sono state assoggettate, come è dovere, al supremo giudizio del Santo Padre; il quale, udito il parere di una Congrega­zione di Eminentissimi Cardinali miei colleghi, le ha sancite ne’ termini seguenti.

1° Incorrono nella scomunica maggiore, riservata al Papa tra le specialissime, tutti coloro i quali, anche senza l’animo di aderire all’eresia, e per solo rispetto umano, danno il loro nome alle sètte degli eretici di qualsiasi denominazione.

2° A più forte ragione incorrono nella stessa pena, quelli che prendono parte alle funzioni acattoliche o servizii, come s’usa dire, ovvero ascoltano il predicante coll’animo di arrendersi a lui, quante volte, com’essi empiamente dicono, li persuada.

3° Cosi pure incorrono nella medesima scomunica, quelli che, fattisi autori dell’altrui spirituale rovina, inducono in qualsivoglia modo e fanno andare o venire altri nelle sale e nei templi eretici ad udire le conferenze.

4° E finalmente sono pure innodati [annodati, colpiti] della stessa pena, tutti coloro che pubblicano con le stampe gl’inviti alle sopraddette confe­renze, ed i temi delle medesime, a causa del favore che prestano con tale azione alla propagazione o alla conferma dell’eresia.

È severamente proibito dì entrare per mera curiosità sciente­mente nelle sale e ne’ templi protestantici nell’ora delle conferenze; e peccano pur gravemente tutti coloro che, per mera curiosità, ascol­tano le conferenze dei protestanti, ed assistono sia pure material­mente alle cerimonie acattoliche, e tutti quegli artisti che, anche solo per fine di lucro, vanno a cantare e suonare nei templi protestantici; e i tipografi, anche subalterni che, per non essere cacciati via dai loro capi, compongono i caratteri per la stampa dei libri degli eretici; con questo di più che, se trattisi di quei libri di eretici nei quali è insegnata e sostenuta l’eresia, anche i tipografi secondari incorrono nella scomunica maggiore riservata in special modo al Papa.

Né da peccato mortale vanno scagionati gli architetti, appaltatori e capomastri, i quali prestano la loro opera, e lavorano per la co­struzione ed ornato di un qualche tempio protestante. Ma quanto ai muratori ed altri operai subalterni potranno essere scusati da pec­cato, purché nel fatto loro non vi sia scandalo, né si faccia il lavoro in disprezzo della religione cattolica. Ma sarà a tutta cura e dili­genza dei parrochi e dei confessori l’istruire questa povera gente, che anche da tale opera materiale è debito l’astenersi, quando il lavoro si ritenga comunemente come segno protestativo [di dichiarazione aperta] di falsa re­ligione; e quando l’opera stessa contenga qualche cosa che sola e direttamente significhi o riprovazione del culto cattolico od approvazione del riprovato culto ereticale; o quando consti ch’essi sono dagli eretici protetti o chiamati a lavorare in disprezzo della Catto­lica Religione; e poi in nessun caso è lecito d’intendere [avere la finalità] di cooperare al culto ereticale.

Molto più finalmente [infine] si fanno rei di peccato enormissimo i padri e le madri che, veramente crudeli verso le anime dei loro figliuoli, mandano questi alle scuole protestantiche, e peggio anche se ad an­darvi li costringono. È evidente che questi tali genitori sono al tutto da riprovare e detestare nel loro misfatto, e deve procurarsene il ravvedimento in tutti i modi possibili, e frattanto devono essere tenuti lontano, come manifestamente incapaci ed indegni, dai Sa­cramenti, finché non abbiano ritirato i loro figliuoli da sì ree scuole.

Anche i figliuoli per la cosa in sé considerata, certamente acce­dendo a tali scuole, sì fanno rei di grave peccato. Ma nel caso di vera coazione [in cui siano stati davvero costretti], il confessore, pesate le circostanze di persone e di fatto, adoperi verso loro con le regole da provati autori suggerite per simili contingenze.

Sia cura dei reverendi parroci di tener vive queste prescrizioni nella mente dei fedeli, e leggere questa istruzione nella Messa parroc­chiale o in altra funzione più frequentata nei dì festivi.

Roma dal Vicariato, il 12 di luglio 1878

RAFAELE CARDINALE VICARIO

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Ora leggiamo le terribili parole di Bergoglio e vediamo se la sua pessima figura, di eretico, rientri in ciò ché lo scritto precedente condanna con la scomunica…

Bergoglio: "Pio XII ci liberò da quella croce tanto pesante che era il digiuno eucaristico». «Alcuni di voi forse ricordano. Non si poteva neppure bere un goccio d’acqua. Neppure! E per lavarsi i denti, si doveva fare in modo che l’acqua non venisse ingoiata. Ma io stesso da ragazzo sono andato a confessarmi di aver fatto la comunione, perché credevo che un goccio d’acqua fosse andato dentro. È vero o no? È vero. Quando Pio XII ha cambiato la disciplina – "Ah, eresia! No! Ha toccato la disciplina della Chiesa!" - tanti farisei si sono scandalizzati. Tanti. Perché Pio XII aveva fatto come Gesù: ha visto il bisogno della gente. "Ma povera gente, con tanto caldo!". Questi preti che dicevano tre Messe, l’ultima all’una, dopo mezzogiorno, in digiuno. La disciplina della Chiesa. E questi farisei erano così – "la nostra disciplina" - rigidi nella pelle, ma, come Gesù gli dice, "putrefatti nel cuore", deboli, deboli fino alla putredine. Tenebrosi nel cuore».

«Anche la nostra vita può diventare così - ha detto ancora Francesco - anche la nostra vita. E alcune volte, vi confesso una cosa, quando io ho visto un cristiano, una cristiana così, col cuore debole, non fermo, non saldo sulla roccia – Gesù – e con tanta rigidità fuori, ho chiesto al Signore: "Ma Signore buttagli una buccia di banana davanti, perché faccia una bella scivolata, si vergogni di essere peccatore e così incontri Te, che Tu sei il Salvatore".

http://vaticaninsider.lastampa.it/…/francesco-francis-fran…/

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Evidentemente la figura dei cosiddetti Pontefici Conciliari rientra nelle categorie di anti cattolici descritti nello scritto del 1878 del Vicariato di Roma. Codesti Signori pensano che la Chiesa di Nostro Signore sia loro possesso da avere il diritto di distorcere la Parola di Dio per inzozzare la dottrina cattolica con le loro perniciose eresie. Pensano che oramai la Chiesa si sia modellata massonicamente in un mostro ecumenico che comprenda in essa ogni sorta di eresia, ma questi impostori travestiti di bianco fanno i conti senza il Signore pensando essi stessi di esserne superiori. Il Signore l’ha promesso “le porte degli inferi non prevarranno contro di Essa”. A noi altro non rimane che attendere la terribile vendetta del Signore contro i suoi superbi nemici che ora hanno occupato abusivamente le mura della Chiesa pregando e sperando che il giorno del “FONDITORE” NON CI COLGA IMPREPARATI e peggio ancora impelagati con la satanica Chiesa Conciliare…

sabato 13 dicembre 2014

“peribunt sed Tu autem permanebis”

«Combattiamo, combattiamo, figliuoli miei, e non abbiamo timore di niente. Ricordatevi che i nemici di Dio spariscono e la Chiesa resta.
Gesù Bambino fugge in Egitto per evitare la rabbia di Erode, ma poi è avvertito di notte per ritornare: defuncti sunt enim qui quaerebant animam pueri, son morti quelli che attentavano alla vita del bambino.
Oh quanti sono i persecutori della Chiesa che sono defunti! e dopo aver sfogato la loro rabbia, dopo aver decimato le anime dei fedeli che servivano a Dio, son morti. E la Chiesa? La Chiesa RIMANE.
Sì, sono morti ma Voi, Diletta sposa di Gesù Cristo, [il Santo Padre nel pronunciare queste parole si commosse in modo tale che le lacrime sgorgavano dai suoi occhi e stringendo insieme le mani in atto pietosissimo, per alquanti secondi apparve assorto in una profonda preghiera: un silenzio profondo nella sala era rotto solo da qualche singhiozzo… poi continuò], Voi, Chiesa formata da Dio, Voi rimanete e rimarrete. Ipsi peribunt, Tu autem permanebis.
E rimanete giovane, forte, costante a fronte delle persecuzioni che vi purgano, vi lavano da ogni macchia, vi rendono più forte e diventate sempre quella Chiesa che a giusto titolo si chiama MILITANTE per combattere costantemente sino alla morte.
Rimanete con l’insegnamento della Verità, rimanete con l’insegnamento della morale, rimanete con l’insegnamento dei sacramenti, rimanete in tanti modo, in tante guise: costoro peribunt sed Tu autem permanebis».

Bx-Pie-IX

martedì 9 dicembre 2014

Papa Pio X «AD DIEM ILLUM LAETISSIMUM» (1904)

Papa Pio X
«AD DIEM ILLUM LAETISSIMUM»
(1904)
Per celebrare il cinquantenario del dogma della Immacolata Concezione[1]

Il Corso del tempo ci condurrà tra pochi mesi al giorno d'incomparabile letizia allorché, cinquant'anni or sono, circondato da una magnifica corona di Cardinali e di Vescovi, il Nostro Predecessore Pio IX, Pontefice di santa memoria, dichiarò e proclamò quale rivelazione divina per l'autorità del magistero apostolico, che Maria è stata, fin dal primo istante della Sua concezione, totalmente immune dal peccato originale. Proclamazione che nessuno ignora essere stata accolta da tutti i fedeli dell'universo con tale gioia e entusiasmo quale non si ebbe mai a memoria d'uomo e con manifestazione di fede, sia nei riguardi dell'Augusta Madre di Dio, sia per il Vicario di Gesù Cristo, così grandiosa e così unanime.
Oggi, Venerabili Fratelli, benché alla distanza di mezzo secolo, non possiamo sperare che il rinnovato ricordo della Vergine Immacolata provochi nelle nostre anime come una eco di quelle sante letizie e rinnovelli gli spettacoli magnifici di fede e d'amore verso l'Augusta Madre di Dio, spettacoli che si videro in questo passato già lontano? Ciò che Ce lo farebbe desiderare ardentemente è un sentimento, che Noi abbiamo sempre nutrito nel Nostro cuore, di devozione verso la Beata Vergine ed insieme di gratitudine profonda per i suoi benefizi.
Ciò che d'altra parte Ce ne darebbe la certezza è lo zelo dei cattolici, sempre vigile e sempre pronto e preparato ad ogni testimonianza d'amore da rendersi alla Grande Madre di Dio; e non vogliamo dissimulare che un'altra cosa ravviva grandemente questo Nostro desiderio: è che Ci sembra, se dobbiamo credere a un segreto Nostro istinto, che vi possiamo promettere il prossimo avverarsi di alte speranze nelle quali fu concepita, dal Nostro Predecessore Pio IX e da tutto l'episcopato, la definizione solenne del dogma dell'Immacolata Concezione. Queste speranze invero vi sono pochi che non si dolgano di non averle viste avverarsi e che non invochino le parole di Geremia: «Noi abbiamo atteso la pace e questo bene non è venuto; il tempo della guarigione ed ecco il terrore». Ma non bisogna tacciare di poca fede gli uomini che trascurano di approfondire o di considerare sotto la loro vera luce le opere di Dio? Chi potrebbe infatti contare, chi valutare i tesori segreti di grazia che durante tutto questo tempo Iddio ha versato nella sua Chiesa per la preghiera della Vergine? E, lasciando a parte ciò, che dire del Concilio Vaticano così ammirabile di opportunità e della definizione dell'infallibilità Pontificia, formulata cosi a buon punto di fronte agli errori che stavano per sorgere? E di questo slancio di pietà che, cosa nuova e inaudita, ha fatto affluire da tanto tempo ai piedi del Vicario di Cristo, per venerarlo al suo cospetto, i fedeli di ogni lingua e di ogni parte? E non è un mirabile effetto della Divina Provvidenza, che i Nostri due Predecessori, Pio IX e Leone XIII, abbiano potuto in tempi così torbidi governare santamente la Chiesa, per un periodo così lungo quale prima non era stato concesso ad altro Pontificato? Al che bisogna aggiungere che non appena Pio IX aveva affermato la fede cattolica nella Concezione senza macchia della Madre di Dio, nella città di Lourdes si iniziavano le meravigliose manifestazioni della Vergine che furono l'origine dei templi elevati in onore dell'Immacolata Madre di Dio, opere di alta magnificenza e d'immenso lavoro, nei quali prodigi quotidiani, dovuti alla Sua intercessione, forniscono splendidi argomenti per combattere l'attuale incredulità umana. Tanti e così insigni benefizi accordati da Dio per le pietose sollecitazioni della Benigna Vergine durante i cinquant'anni che stanno per compiersi, non debbono farci sperare la salute per un tempo più vicino di quanto non abbiamo creduto? Così che, come ce l'insegna una legge della Provvidenza Divina, gli estremi mali non sono mai lontani dalla prossima liberazione: «Il suo tempo è vicino e i suoi giorni non sono lontani. Poiché il Signore prenderà Giacobbe sotto la sua pietà e avrà ancora il suo eletto in Israele». È dunque completa fiducia che li sostiene di poter dire fra poco: «Il Signore ha infranto le verghe degli empi. La terra è nella pace e nel silenzio, essa si allieta ed esulta».


Ma se il cinquantesimo anniversario dell'atto Pontificio per il quale fu dichiarata senza macchia la Concezione di Maria, deve provocare nel seno del popolo cristiano ardente entusiasmo, la ragione è soprattutto nella necessità che abbiamo esposta nella Nostra precedente Enciclica. Noi vogliamo dire di «tutto restaurare in Gesù Cristo». Poiché chi non accetta che non vi è strada più sicura né più facile se non quella di Maria, per la quale gli uomini possono arrivare fino a Cristo e ottenere mediante Gesù Cristo questa perfetta adozione filiale che rende santi e senza macchia allo sguardo di Dio?

lunedì 8 dicembre 2014

"Con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento"

SANTA MESSA "NON UNA CUM" IN DIRETTA...
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1854-2014: 160° anniversario del dogma dell’Immacolata Concezione

Pio IX, Ineffabilis Deus, 8 dicembre 1854
(…) Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l'assistenza dell'intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli.
Se qualcuno dunque avrà la presunzione di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito (Dio non voglia!), sappia con certezza di aver pronunciato la propria condanna, di aver subito il naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa, e, se avrà osato rendere pubblico, a parole o per iscritto o in qualunque altro modo, ciò che pensa, sappia di essere incorso, ipso facto, nelle pene comminate dal Diritto. (…)

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Catechismo Maggiore di San Pio X - Delle feste solenni di Maria Vergine e in primo luogo della sua Immacolata Concezione
123 D. Tra le feste che si celebrano dalla Chiesa in onore di Maria Vergine madre di Dio, quali sono le più solenni?
R. Tra le feste che si celebrano dalla Chiesa in onore di Maria Vergine, le più solenni sono la Immacolata Concezione, la Natività, l'Annunciazione, la Purificazione e l'Assunzione.
124 D. In qual giorno si celebra la festa dell'Immacolata Concezione?
R. La festa della Immacolata Concezione si celebra nel giorno otto di dicembre.
125 D. Perché si celebra la festa dell'Immacolata Concezione di Maria Vergine?
R. Si celebra la festa, della Immacolata Concezione di Maria Vergine, perché come insegna la fede, ella, per singolare privilegio e per i meriti di Gesù Cristo Redentore, fu santificata dalla divina grazia fino dal primo istante del suo concepimento, e così preservata immune dalla colpa originale.
126 D. Quando la Chiesa ha definito come dogma di fede che la Concezione di Maria Vergine fu immacolata, cioè senza peccato originale?
R. Nel giorno 8 dicembre dell'anno 1854 il Sommo Pontefice Pio IX con Bolla dogmatica, e col consenso di tutto l'Episcopato cattolico ha solennemente definito come articolo di fede l'Immacolata Concezione della santissima Vergine.
127 D. Perché Dio ha conceduto a Maria Vergine il privilegio della Concezione Immacolata?
R. Dio ha conceduto a Maria Vergine il privilegio della Concezione Immacolata, perché conveniva alla santità e alla maestà di Gesù Cristo, che la Vergine destinata ad essergli madre non fosse neppure per un momento schiava del demonio.
128 D. Quali sono le intenzioni della Chiesa nella celebrazione della festa della Immacolata Concezione?
R. Le intenzioni della Chiesa nella celebrazione della festa della Immacolata Concezione sono: di eccitare in noi viva riconoscenza verso Dio, che ha con tale privilegio tanto esaltata la beata Vergine; di avvivare la nostra fede intorno alla esenzione di Maria dal peccato originale; di farci intendere quanto Dio apprezzi ed ami la purezza e la santità dell'anima; di accrescere sempre più in noi la divozione verso Maria.

O vergine, per la tua benedizione è benedetta ogni creatura
Dai «Discorsi» di sant'Anselmo, vescovo
(Disc. 52; PL 158, 955-956)

Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell'uomo o disposte per la sua utilità si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile. Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall'oppressione e avevano perso vivezza per l'abuso di coloro che s'erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellire dall'uso degli uomini che lodano Dio. Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall'alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta.
Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl'inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate. Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata.
O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce, inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura.
A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a se stesso e che amava come se stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l'unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio, che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato. E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria.
Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene.
Davvero con te è il signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero tanto a te.

sabato 6 dicembre 2014

IL MODERNISMO CREATURA DOTTRINARIA SATANICA A SERVIZIO DEI LIBERALI CONCILIARI…

Fonte: Progetto Barruel…

 

Bergoglio “Pontefice” ecumenico della falsa chiesa conciliare…
La Civiltà Cattolica anno XXXIV, serie XII, vol. IV (fasc. 803, 23 nov. 1883), Firenze 1883 pag. 539-548.

R.P. Matteo Liberatore d.C.d.G.

IL MODERNISMO[1] A RISPETTO DELLA CHIESA.

I.

Appena la Chiesa di Cristo comparve nel mondo, l'antico Paganesimo la combattè ad oltranza, cercando di soffocarla nel sangue. Il nuovo Paganesimo, che appellasi Modernismo, e più comunemente Liberalismo o Rivoluzione, anch'egli combatte la Chiesa; perchè, come strumento anche di Satana, è informato dal medesimo spirito, l'odio a Cristo, ed è mosso dal medesimo fine, quello cioè d'impedire ne' popoli il benefizio della redenzione. Se non che a conseguire questo medesimo fine, egli non può usare i medesimi mezzi. La ragione si è, perchè dove per l'antico Paganesimo trattavasi d'impedire che la nuova Potenza s'insignorisse del mondo, per lui si tratta di spogliare questa Potenza della signoria già conquistata. Esso quindi è costretto di seguire contro la Chiesa, più che la violenza, l'astuzia, imitando il contegno che Faraone si prefisse contro il popolo ebreo: Fortius nobis est. Venite sapienter opprimamus eum [2]. [«È più potente di noi, suvvia, vediam d'opprimerlo con arte.» Cfr. Es. I, 9-10. N.d.R.]

La Chiesa, uscita vincitrice dalla prima lotta, era giunta gradatamente ad assoggettare a Cristo le nazioni. L'idea, annunziata dall'Apostolo, di ristorare in Cristo ogni cosa, instaurare omnia in Christo[3], per opera della Chiesa era attuata. L'uomo da servo della colpa tramutato in figliuolo adottivo di Dio, santificate le nozze colla grazia del Sacramento, abolita la schiavitù, elevato il povero a rappresentante di Cristo, chiusa ne' giusti limiti l'autorità paterna, mitigato secondo le norme di giustizia il diritto di guerra, convertito il potere civile da dominazione in ufficio ministeriale, nobilitati tutti gli atti della vita umana col richiamare sopra di essi l'ordinazione alla vita avvenire:Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus [4]. Sive manducatis, sive bibitis, sive aliud quid facitis omnia in gloriam Dei facite [5]. [«Non abbiam qui ferma città, ma andiam cercando la futura.» — «O mangiate, o beviate, o facciate altra cosa: tutto fate a gloria di Dio.» Ad Cor. X, 31. N.d.R.]

Contro questo stato di cose adunque convien rivolgere le mire, prima di assaltare la Chiesa in sè stessa. Non la sua esistenza, come già da principio, ma la sua azione, l'influenza da lei esercitata su i popoli, convien che sia l'oggetto immediato e diretto della guerra; l'assalto all'esistenza verrà da ultimo. E così di fatto veggiamo adoperarsi dal Modernismo. Tutti i suoi sforzi sono volti per ora a ritogliere alla Chiesa l'acquistato dominio, a sbandirla dall'ordine sociale, a stremarla d'ogni efficacia, a tornare gradatamente pagani i costumi dei popoli. È questa la guerra mossa oggidì contro la Chiesa, e scaltramente incalzata.

Non intendiamo dire con ciò che per addietro la Chiesa godesse pace. Attesa la sua qualità di militante quaggiù, essa in ogni tempo fu osteggiata, or con la forza or con la frode. Anche dopo la conversione di Costantino, l'idea pagana non depose mai del tutto le armi. Ne sono prova evidente le antiche lotte degli Imperatori di Bisanzio, e poscia dei Cesari di Occidente. Sopra tutto, dopo la grande ribellione protestantica, essa crebbe di ardire e moltiplicò gli assalti per riacquistare lo scettro. Basti ricordare, se non fosse altro, il Gallicanismo o Regalismo, che voglia dirsi, esplicatosi in forma più ampia nel Giuseppismo e Leopoldismo de' tempi a noi più vicini. Se non che quelle erano rapine diciam così spicciolate; le quali danneggiando la Chiesa, tuttavia le lasciavano qualche possesso. Lo spogliamento totale d'ogni suo diritto par che sia proposito de' giorni nostri. Oggidì non si parla più d'invadere tale o tal altra appartenenza della Chiesa, di rimuoverla da tale o tal altra istituzione civile, ma si proclama altamente che bisogna espellerla universalmente da tutte le istituzioni e relazioni sociali. Solo le si lascia per ora un invisibile asilo nella coscienza individuale, sperando di poterla poi cacciare anche di là, in virtù del libero pensiero.

II.

A mostrare l'arte fina, onde in questa perfida impresa il Modernismo procede, ristringeremo il discorso all'Italia; dove esso trovò dall'una parte più accaniti fautori, e dall'altra maggiore ostacolo per l'universalità della fede cattolica ne' cittadini. Quindi gli fu mestieri procedere per gradi e con sottilissimo accorgimento. Esso dunque dichiarò da prima di non voler altro, se non la emancipazione scambievole de' due poteri, quello della Chiesa e quello dello Stato, con piena libertà di azione in entrambi: Libera Chiesa in Libero Stato. Ambidue questi poteri, si disse, sono sovrani; ma il loro fine è diverso. L'uno mira al cielo, l'altro alla terra. L'esperienza ha mostrato non esser possibile la loro unione, senza che l'uno soverchi l'altro. Dunque stiano separati; e l'uno governi la società de' fedeli, l'altro quella de' cittadini, entrambi a senno proprio: idea non attuabile in guisa alcuna, per la medesima ragione che si reca a persuaderla, cioè la diversità di fine nei due poteri. Essendo il fedele identico al cittadino, il volerlo sottoporre a due indirizzi, non coordinati tra loro, ti dà sembianza di chi commettesse a due coloni, aventi scopo diverso, la coltura d'un medesimo campo, senza che l'uno sia subordinato all'altro o s'intenda coll'altro.

Facil trapasso da cotesta separazione si era che lo Stato, il quale ha in mano la forza, si prendesse il tutto, dichiarando sè solo sovrano nell'ordine esterno dell'umano consorzio. Così di fatto avvenne. E così veramente si voleva; perocchè quella formula: Libera Chiesa in libero Stato si proclamava per gettare polvere negli occhi, e aprirsi l'adito a procedere innanzi. Era un'insidia, non uno scopo. Lo scopo era l'esclusione della Chiesa dal governo de' popoli e il suo assoggettamento allo Stato.

venerdì 5 dicembre 2014

CARRELLATA MODERNISTA BERGOGLIANA…

Fonte: Unavox…

Venti mesi con Francesco:
brani scelti del «magistero» bergogliano


di

Miles Christi




«Condividere la nostra esperienza nel portare questa croce per strappare dai nostri cuori la malattia che avvelena la nostra vita: è importante che facciate questo nelle vostre riunioni. Coloro che sono cristiani lo facciano con la Bibbia e coloro che sono musulmani lo facciano con il Corano. La fede che i vostri genitori vi hanno inculcata vi aiuterà sempre ad andare avanti»
(agli immigrati nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù a Roma, 19 gennaio 2014 -
https://www.youtube.com/watch?v=Oe1gl_rxFZc)
«Vi porgo, infine, i miei migliori auguri e preghiere affinché le vostre vite possano glorificare l’Altissimo e arrecare gioia a coloro che vi circondano. Buona festa a tutti voi!»
(Messaggio ai musulmani per la fine del Ramadan,  10 luglio 2013 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2013/
documents/papa-francesco_20130710_musulmani-ramadan.html
)
«Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che oggi, alla sera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi: o’scià!» (Omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/
papa-francesco_20130708_omelia-lampedusa.html
)
«ed è ammirevole vedere come giovani e anziani, donne e uomini dell’Islam sono capaci di dedicare quotidianamente tempo alla preghiera e di partecipare fedelmente ai loro riti religiosi.»
(Evangelii Gaudium, § 252 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/
documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium.html
)


«mi è particolarmente gradito estendere a lei e a tutta la comunità di Roma gli auguri più fervidi per la grande festa di Pesach. L’Onnipotente, che ha liberato il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto per guidarlo alla terra promessa, continui a liberarvi da ogni male e ad accompagnarvi con la sua benedizione. Vi chiedo di pregare per me»
(Telegramma del Vescovo di Roma per la Pasqua ebraica – O. R. 26 marzo 2013, p. 1 -
http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/071q01.pdf)
«Uno sguardo molto speciale si rivolge al popolo ebreo, la cui Alleanza con Dio non è mai stata revocata, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili»
(Evangelii Gaudium, § 247 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/
documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium.html
)
«Dio continua ad operare nel popolo dell’Antica Alleanza e fa nascere tesori di saggezza che scaturiscono dal suo incontro con la Parola divina. Per questo anche la Chiesa si arricchisce quando raccoglie i valori dell’Ebraismo»
(Evangelii Gaudium, § 249 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/
documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium.html
)


«Se c’è un bambino che ha fame e che non riceve un’educazione, quello che deve interessarci è che smetta di aver fame e riceva un’educazione.  Non importa se a dargli questa educazione sono i cattolici, i protestanti, gli ortodossi o gli ebrei. Non m’interessa. M’interessa che l’educhino e lo sfamino. Su questo dobbiamo metterci d'accordo.»
(Intervista a Gerson Camarotti, di Globo News, 25 luglio 2013 – O. R., 1 agosto 2013, Per una Chiesa vicina -
http://www.osservatoreromano.va/it/news/per-una-chiesa-vicina#sthash.AlQbnHvs.dpuf)
«Vivi e lascia vivere»
(Dieci consigli per vivere meglio -
http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/Il-decalogo-di-papa-Francesco-per-vivere-bene.aspx)
«Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?»
(Conferenza stampa durante il volo di ritorno dal Brasile, 28 luglio 2013 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/july/documents/
papa-francesco_20130728_gmg-conferenza-stampa.html
)
«Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”»
(Intervista a Papa Francesco, di Antonio Spadaro, 19 agosto 2013 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/september/
documents/papa-francesco_20130921_intervista-spadaro.html
).

«La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile.»
(Intervista a Papa Francesco, di Antonio Spadaro, 19 agosto 2013 -
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/september/
documents/papa-francesco_20130921_intervista-spadaro.html
).

martedì 2 dicembre 2014

CHE BELLA COMBRICCOLA DI FALSE RELIGIONI…

“In altri ambienti è di moda, quando si tocca la questione sociale, mettere anzitutto da parte la Divinità di Gesù Cristo, e poi parlare soltanto della sua sovrana mansuetudine, della sua compassione per tutte le miserie umane, delle sue pressanti esortazioni all’amore del prossimo e alla fraternità. Certo, Gesù ci ha amati di un amore immenso, infinito, ed è venuto sulla terra a soffrire e a morire affinché, riuniti attorno a Lui nella giustizia e nell’amore, animati dai medesimi sentimenti di carità reciproca, tutti gli uomini vivano nella pace e nella felicità. Ma, per la realizzazione di questa felicità temporale ed eterna, Egli ha posto, con un’autorità sovrana, la condizione che si faccia parte del suo gregge, che si accetti la sua dottrina, che si pratichi la virtù e che ci si lasci ammaestrare e guidare da Pietro e dai suoi successori. Inoltre, se Gesù è stato buono con gli smarriti e con i peccatori, non ha rispettato le loro convinzioni erronee, per quanto sincere sembrassero; li ha tutti amati per istruirli, per convertirli e per salvarli. Se ha chiamato a Sé, per consolarli, quanti piangono e soffrono, non è stato per predicare loro l’invidia di un’uguaglianza chimerica. Se ha sollevato gli umili, non è stato per ispirare loro il sentimento di una dignità indipendente e ribelle all’ubbidienza. Se il suo Cuore traboccava di mansuetudine per le anime di buona volontà, ha saputo ugualmente armarsi di una santa indignazione contro i profanatori della casa di Dio, contro i miserabili che scandalizzano i piccoli, contro le autorità che opprimono il popolo sotto il carico di pesanti fardelli, senza muovere un dito per sollevarli. Egli è stato tanto forte quanto dolce; ha rimproverato, minacciato, castigato, sapendo e insegnandoci che spesso il timore è l’inizio della saggezza e che a volte conviene tagliare un membro per salvare il corpo. Infine, non ha annunciato per la società futura il regno di una felicità ideale, da cui sarebbe bandita la sofferenza; ma, con le sue lezioni e i suoi esempi, ha tracciato il cammino della felicità possibile sulla terra e della felicità perfetta in Cielo: la via regale della Croce. Sono insegnamenti che si avrebbe torto ad applicare soltanto alla vita individuale in vista della salvezza eterna; sono insegnamenti eminentemente sociali e ci mostrano in Nostro Signore Gesù Cristo una realtà ben diversa da un umanitarismo senza consistenza e senz’autorità.”

[San Pio X, Notre Charge Apostolique (42)]

Gran raduno di Religioni, oggi al G. Hotel S. Marta con Bergoglione Pontefice della falsa Chiesa Conciliare. Hanno abolito la schiavitù, dicono. Erano presenti: il Patriarca Ortodosso, il Dalai Lama, il Gran Rabbino d'Israele e il Sommo Sacerdote Shinto.

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TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE…