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lunedì 9 marzo 2015

“Se non vivremo abbastanza a lungo per vedere la vittoria, neppure vedremo la disfatta”. Omelia completa di Mons. McKenna…

Un ringraziamento per Stefano Andreozzi che mi ha trascritto gentilmente il presente scritto:

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Omelia di Mons. McKenna in occasione dell’Ordinazione di Don Ugolino Giugni, 12 gennaio 1991.
Miei cari fedeli e figli nel Signore. Mi rammarico di non poter parlare direttamente con ciascuno di voi nella vostra lingua e di dover essere breve, per la stessa ragione, nella mia omelia.
Superata tuttavia ogni difficoltà, devo esprimere, da un lato, la mia gioia e, dall’altro, la mia tristezza. In realtà, la nostra comune gioia e la nostra comune tristezza. Innanzitutto, la nostra comune gioia per un nuovo sacerdote, un vero sacerdote, che tra poco nascerà sacramentalmente al mondo, un mondo che necessita disperatamente di nuovi veri sacerdoti. Perciò voglio porgere le mie congratulazioni a Don Giugni per questo sacerdozio che corona degnamente un lungo periodo di studi e di sacrifici compiuti in vista di questa meta; le stesse congratulazioni faccio alla sua famiglia.
“Haec est dies quam fecit Dominus, exsultemus et laetemur in ea” “Questo è il giorno che fece il Signore, esultiamo e rallegriamoci” per usare le parole del salmo. Benché in nessun modo io abbia desiderato la responsabilità dell’episcopato, specialmente di questi tempi, mi sento privilegiato per aver avuto dal buon Dio la grazia di portare nel mondo questo sacerdote tramite il Sacramento dell’Ordine. Egli è solo il sesto sacerdote che ho potuto ordinare nei miei quattro anni di episcopato.
D’altro canto c’è il comune dolore, e anche di questo devo parlare, seppure brevemente. Intendo il comune dolore nel contemplare la nostra Santa Madre Chiesa in condizioni così disperate sebbene, umanamente parlando, non sia scomparsa. Diciamo che la barca di Pietro è caduta in mano ai pirati o, per essere più chiari, che la ciurma, capitano compreso, si è ammutinata; Vescovi, preti, gli stessi Papi conciliari. Ora essi sono tutti intenti a volgere la rotta della barca dal cielo verso la terra. Secondo le parole di Geremia: “Il nemico è diventato il capo” cioè ha assunto il comando.
Ed ancora, quanto è peggiorata la situazione dopo gli ultimi avvenimenti! Non è facile immaginare un colpo pii duro di quello che ha colpito la piccola schiera di fedeli che stanno resistendo all’ammutinamento e lottano per tenere la Chiesa nella sua giusta rotta sotto il patrocinio della Sua Madre Celeste e sotto la direzione infallibile del Signor Nostro Gesù il quale disse: “La mia anima è triste fino alla morte”. Allo stato attuale delle cose, pare che il nemico sia in vista del definitivo compimento del suo piano infernale e, d’altro canto, Satana sembra esserne conscio. Tuttavia, con le
parole di San Paolo, “il nostro dolore non deve essere come quello di coloro che sono senza speranza”.
La Chiesa Cattolica, come insegna la Fede, d “indefettibile”, indistruttibile, anche se, umanamente parlando, non è in vista alcun aiuto, nessuna prospettiva terrena di liberazione della Chiesa, neppure dopo 25 anni dal concilio, nessuna speranza di restaurazione di un vero Papa. Eppure questo è il nocciolo della questione. Nostro Signore ci ha assicurato “sarò con voi ogni giorno” e che “le porte dell’inferno non prevarranno” contro la Sua Chiesa. Finirà il mondo prima che ciò accada. Ed allora, cari fratelli, non ci resta che continuare e non perderci d’animo. Come ha detto San Paolo: “Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?” e dunque siate voi fedeli di sostegno a noi, pochi vescovi, preti, seminaristi, religiosi. Se non vivremo abbastanza a lungo per vedere la vittoria, neppure vedremo la disfatta, non comunque se saremo uniti nella Fede. Secondo le parole di Nostro Signore, “non temere, piccolo gregge”.
Purtuttavia, quale fardello sulle spalle di noi vescovi e sacerdoti. Anche lei, caro fratello Gilles, incomincia a portarlo con la sua coraggiosa risposta alla chiamata del Signore, rivestendo oggi il glorioso abito talare. Ci congratuliamo anche con lei e con la sua famiglia.
“Una città posta su una montagna” dice Nostro Signore “non può essere nascosta”. Comprendetene il significato, confratelli di Verrua, che Egli ha posto su questa magnifica sommità. Possa la Nostra Santa Patrona e Celeste Madre accoglierci sotto il suo manto, così fragili come siamo e confessiamo di essere; Lei dopo Dio d la nostra singolare speranza.
Noi invochiamo anche l’intercessione del suo devoto servo e nostro defunto consacratore, Monsignor Guérard des Lauriers. Amen.
Omelia delle Cresime
Cari Fedeli, ancora una volta mi sento felice e privilegiato di essere qui oggi, come ieri, per ordinare don Ugolino ed amministrare la cresima a coloro che oggi l’hanno ricevuta.
Voglio anche congratularmi con voi per la vostra fede che mi è stata d’ispirazione. Voglio incoraggiare tutti voi a perseverare nella fede, a dispetto di tutte le difficoltà. Ricordate infatti che la Chiesa sulla terra è la Chiesa militante.
Oggi noi siamo come un’armata decimata, decimata ma non annientata. E necessario per noi riunirci e restare insieme, finché il Signore non ci darà la vittoria.
Se è per noi triste essere così pochi, quanto siamo invece privilegiati ad essere tra quei pochi.
Io nei miei quattro anni da Vescovo, ho avuto il privilegio di confermare la fede dei superstiti in Africa, in Nuova Zelanda ed ora qui in Italia, così come negli Stati Uniti; e così possiamo vedere che la Chiesa resta universale, resta cattolica. Possa lo Spirito Santo, che è disceso oggi sui cresimati, rinnovare nel resto di noi presenti la grazia della Cresima. E finalmente vi ringrazio dal profondo del cuore per la carità che avete dimostrato a me durante questa visita. Così Sia.
[Dalla rivista Sodalitium, Anno VIII, Semestre I n. 1 – Marzo 1991]


7 commenti:

  1. Gentili, prima che mi procuri qualche libro di don Dolindo vorrei saperne di più sulla sua ortodossia, considerando che è la primissima volta che lo vedo nominato e in foto. Se potete descriverlo anche brevissimamente ve ne ringrazio.

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  2. “Fui chiamato Dolindo, che significa dolore…” sono sue parole per spiegare il significato di questo strano nome, elaborato ed impostagli dal padre al battesimo. Fu tutto un programma di vita, che inconsapevolmente il genitore predestinò al quinto dei suoi 11 figli.
    Dolindo nacque a Napoli il 6 ottobre 1882 da Raffaele Ruotolo, ingegnere e matematico e da Silvia Valle discendente della nobiltà napoletana e spagnola; il dolore effettivamente si presentò nella sua vita prestissimo, a 11 mesi subì una operazione chirurgica sul dorso delle mani, per un osso cariato, poi un altro intervento per un tumore sotto la guancia che interessò anche le ghiandole.
    La numerosa famiglia, le scarse entrate, la quasi avarizia del padre, facevano si che nella sua casa si soffrisse la fame, con mancanza di vestiario e scarpe. La sua vita l’ha raccontata in una poderosa ‘Autobiografia’ oggi stampata in due volumi, con il titolo “Fui chiamato Dolindo, che significa dolore”; egli racconta che in casa vigeva la eccessiva rigidità del padre, che fra l’altro non li mandava a scuola, dando loro personalmente sommarie lezioni di leggere e scrivere.
    Nel 1896, i coniugi Ruotolo troppo diversi nel carattere, si separarono e Dolindo con il fratello Elio, venne messo nella Scuola Apostolica dei Preti della Missione in via Vergini. Dopo tre anni, a fine 1899, venne ammesso al noviziato e nel maggio 1901 passò allo Studentato dei Preti della Missione che durò quattro anni fino al 1905.
    Nel 1903 fece domanda di andare in Cina come missionario; il Visitatore dell’Ordine gli rispose: “Dio le dà questo desiderio per prepararla alle sofferenze e all’Apostolato. Sarà martire, ma di cuore, non di sangue. Rimanga qui e non ne parli più".

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  3. Il 1° giugno 1901, fece i voti religiosi e il 24 giugno 1905 venne ordinato sacerdote, celebrò la Prima Messa il giorno seguente, assistito dal fratello Elio già sacerdote; fu nominato maestro di canto gregoriano e professore dei chierici della Scuola Apostolica.
    La vita da sacerdote ‘Vincenziano’, fu intessuta da tanti episodi dolorosi, che mortificarono padre Dolindo, dandogli però quella forza di sopportare tutto senza ribellarsi, prendendo tutto ciò come manifestazione della particolare attenzione di Dio nei suoi confronti e che lo forgiava a ciò che era destinato in seguito.
    Fu a Taranto insieme ad un altro sacerdote, che purtroppo usò con lui atteggiamenti di scarsa carità e considerazione, riprendendolo spesso davanti agli alunni di quel collegio, che già aveva tanti problemi di disciplina. Tutto ciò portò nel 1907 al suo trasferimento da Taranto a Molfetta come insegnante nel seminario e maestro di canto gregoriano, trascorse in questo luogo sei mesi, risollevandosi nello spirito, ma rammaricandosi di non avere più ogni giorno, quelle mortificazioni divenute necessarie per la sua anima, tutta protesa verso il Cristo sofferente.
    Ma dal 3 settembre 1907, le forze dell’incomprensione e del dolore si scagliarono contro padre Dolindo Ruotolo; fu chiamato da p. Volpe che era stato trasferito a Catania, a dare un giudizio su una giovane donna di nome Serafina, sembrava che avesse doti di veggente e che aveva avuto già un parere positivo dallo stesso padre Volpe.
    Giunta la donna a Giovinazzo vicino Molfetta, padre Dolindo ebbe modo di confessarla e controllarla personalmente per otto giorni, sentendola parlare anche in estasi; il parere fu positivo da parte sua, anche se la supposta veggente asseriva di assistere alla ‘manifestazione dello Spirito Santo in forma di bambino’.

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  4. La sua relazione fu travisata dal Visitatore (Superiore Generale) di Napoli, per cui ciò che era l’affermazione di una ‘visione’ fu distorta e divenne una ‘incarnazione dello Spirito Santo’, per padre Ruotolo fu la fine, ogni chiarimento e delucidazione sulla relazione fu inutile, il Visitatore rimase convinto che lui sostenesse questa eresia.
    Il 29 ottobre 1907 fu richiamato a Napoli, intimato di non interessarsi più di questi fatti straordinari, della supposta veggente di Catania e lo sospese dalla celebrazione della Messa. Anche il padre Volpe era stato richiamato da Catania e sospeso; tutti nella Casa dei Vergini lo sfuggivano come uno scomunicato, il 4 dicembre 1907, partì per Roma per sottoporsi al giudizio dell’allora Sant’Uffizio, stette in esame circa quattro mesi, ma lui non tornò indietro su quanto aveva relazionato, perché visto e sentito con i suoi occhi e quindi non tolse la sua solidarietà al suo superiore padre Volpe.
    Sospeso dai sacramenti, fu sottoposto anche a perizia psichiatrica, dove risultò sano di mente. Ridatigli i sacramenti, fu inviato di nuovo a Napoli con l’espulsione dalla Comunità e il 15 maggio 1908 con la morte nel cuore, ritornò nella sua casa. Seguono anni di tormenti di ogni genere, dovette accettare di essere esorcizzato, considerato come un pazzo, i fatti furono riportati negativamente sulla stampa e travisati, per cui sia lui che p. Volpe si trovarono completamente emarginati.
    Nella sua solitudine cominciò ad avere delle comunicazioni soprannaturali, per cui scriveva quanto gli veniva rivelato, specie da santa Gemma Galgani; il 22 dicembre 1909 Gesù gli parlò solennemente dall’eucarestia. Si spostò a Rossano in Calabria e da lì parte la richiesta di revisione, con l’aiuto di prelati amici e certi della sua dottrina e alcuni anche testimoni dei suoi doni soprannaturali; l’8 agosto del 1910 viene riabilitato dopo due anni e mezzo di sospensione.
    Ma una seconda volta nel dicembre 1911, padre Dolindo viene convocato a Roma, alloggiando in una specie di carcere sacerdotale del Sant’Uffizio e rimandato a Napoli nel 1912. A questo punto, a causa dello spazio, non si può proseguire nel descrivere nei particolari la sua vita; egli subirà anche un processo nel 1921, verrà condannato, esiliato di nuovo, il suo dolore è immenso, vengono messe in giudizio anche le locuzioni con Gesù che egli riceveva, la critica alle sue opere letterarie e teologiche erano aspre.

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  5. Venne definitivamente riabilitato il 17 luglio 1937; pur ricevendo ancora dolori ed incomprensioni, la sua vita di sacerdote ormai diocesano, prosegue a Napoli nella chiesa di S. Giuseppe dei Nudi, di cui il fratello don Elio sarà parroco. Egli è l’ideatore dell’'Opera di Dio', il cui senso è una rinnovata vita eucaristica, cioè il contatto personale e consapevole dell’uomo con Gesù vivo e vero, la disponibilità a lasciarsi trasformare in Lui, come rimedio ai tanti mali che affliggono l’individuo e che si riflettono su scala più ampia sul mondo intero.
    Intorno a lui si radunarono tante giovani donne e uomini, tutti di cultura elevata o laureati, che formarono l’Opera “Apostolato Stampa” che diffusero in ogni luogo l’insegnamento di padre Dolindo, attraverso soprattutto la stampa dei suoi scritti e delle tante riedizioni.
    Certo che di scritti di padre Ruotolo ce ne sono parecchi, vanno dal monumentale “Commento alla Sacra Scrittura” in 33 grossi volumi, alle tante opere di teologia, ascetica e mistica; interi volumi di epistolario, scritti autobiografici e di dottrina cristiana.
    Nel 1960 inizia un altro calvario per padre Dolindo, un ictus lo immobilizza il lato sinistro, ma non lo ferma, dal suo tavolino continua a scrivere alle sue ‘Figlie spirituali’ sparse un po’ dovunque, finché dopo dieci anni di queste sofferenze fisiche, si spense il 19 novembre 1970.
    Vera luce della spiritualità napoletana e della Chiesa cattolica; riposa nella chiesa di S. Giuseppe dei Nudi, dove è anche la tomba di suo fratello Elio.
    Le ‘Figlie spirituali’ di don Dolindo, tengono vivo il suo ricordo ed i suoi insegnamenti nella “Piccola Casa della Scrittura”.


    Autore: Antonio Borrelli

    link-http://www.santiebeati.it/dettaglio/91368
    Sito- http://www.dolindo.org

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    1. Grazie a te. Avevo solo un dubbio per questa frase trovata su www.dolindo.org: "In ogni particolare, egli previde e predisse le riforme sante che il Concilio Ecumenico Vaticano II avrebbe sancito solo dopo cinquant'anni...". Riforme che tanto "sante" non sono state. Vedrò se anche lui le chiama "sante" e per quale motivo o lo sono solo per lo scrivente sul sito web.

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  6. ..E don Ugolino Giugni sta ancora facendo il suo apostolato missionario spostandosi in varie sedi per celebrare la messa, la Vera Messa !
    A beneficio dei fedeli cattolici che ancora sono rimasti cattolici....

    Che terribile vita per don Dolindo ! Sono i perseguitati , eletti del Signore, che raccolgono su di sè i dolori del mondo !
    Che don Dolindo vegli su di noi !

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