Discorso di Urbano II al Concilio di Clermont (1095)
Popolo dei Franchi, popolo d’oltre i
monti, popolo come riluce in molte delle vostre azioni eletto ed amato
da Dio, distinto da tutte le nazioni sia per il sito del vostro paese
che per l’osservanza della fede cattolica e per l’onore prestato alla
Santa Chiesa, a voi si rivolge il nostro discorso e la nostra
esortazione. Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci abbia
condotto nelle vostre terre; quale necessità vostra e di tutti i fedeli
ci abbia qui, attratti.
Da Gerusalemme e da Costantinopoli é
pervenuta e più d’una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i
Persiani. gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio,
stirpe dal cuore incostante e il cui spirito non fu fedele al Signore,
ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la
rapina e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti
nel proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese
di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della
propria religione. Abbattono gli altari dopo averli sconciamente
profanati, circoncidono i cristiani e il sangue della circoncisione o
spargono sopra gli altari o gettano nelle vasche battesimali; e a quelli
che vogliono condannare a una morte vergognosa perforano l’ombelico,
strappano i genitali, li legano a un palo e, percuotendoli con sferze,
li conducono in giro, sinché, con le viscere strappate, cadono a terra
prostrati. Altri fanno bersaglio alle frecce dopo averli legati ad un
palo; altri, fattogli piegare il collo, assalgono con le spade e provano
a troncare loro la testa con un sol colpo.
Che dire della nefanda violenza recata alle donne, della quale peggio
è parlare che tacere? Il regno dei Greci è stato da loro già tanto
gravemente colpito e alienato dalle sue consuetudini, che non può essere
attraversato con un viaggio di due mesi. A chi dunque incombe l’onere
di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi cui più che a tutte
le altre genti Dio concesse insigne gloria nelle armi, grandezza
d’animo, agilità nelle membra, potenza d’ umiliare sino in fondo coloro
che vi resistono? Vi muovano e incitino ali animi vostri ad azioni le
gesta dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo
Magno e di Ludovico suo figlio e degli altri vostri sovrani che
distrussero i regni dei pagani e ad essi allargarono i confini della
Chiesa. Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore
nostro, ch’è in mano d’una gente immonda, e i luoghi santi, che ora sono
da essa vergognosamente posseduti e irriverentemente insozzati dalla
sua immondezza.
O soldati fortissimi, figli di padri
invitti, non siate degeneri, ma ricordatevi del valore dei vostri
predecessori; e se vi trattiene il dolce affetto dei figli, del genitori
e delle consorti, riandate a ciò che dice il Signore nel Vangelo “chi
ama il padre e la madre più di me, non è degno di me.
Chiunque lascerà il padre o la madre o
la moglie o i figli o i campi per amore del mio nome riceverà cento
volte tanto e possederà la vita eterna”. Non vi trattenga il pensiero di
alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra
che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è
fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e
appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete e
vi osteggiate a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra
voi.