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venerdì 30 settembre 2011

È dunque un segno dello spirito cattolico, talvolta, con tutto il rispetto, «resistere contro» l’autorità legittima, al fine di rimanere incrollabilmente attaccato alla Chiesa e al suo insegnamento tradizionale....


di mons. Rudolf Graber, vescovo di Ratisbona


«Una catastrofe è vicina; e tutto l’edificio, da tempo minato, crollerà.

Si può presagire con certezza che la Chiesa uscirà incolume da una tale rovina, ma nessuno può dire e congetturare chi e che cosa sopravvivrà. Noi, dunque, avvisando, raccomandando, alzando le mani, vorremmo impedire il male, mostrandone i segni. […] Non serve a nulla aspettare; l’attesa non ha fatto che aggravare tutte le cose».





Si puo' essere ubbidienti ed in comunione con la Gerarchia della Chiesa difronte a questi eventi?
Non bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini? Sopratutto quando i superiori vanno contro le cose di Dio?

Una strana concezione dell’obbedienza cattolica
L’abbé Hygonnet (FSSP) contro la Fraternità San Pio X
 

Comunicato di don Benoît Wailliez
Superiore del Distretto del Benelux della Fraternità San Pio X

a proposito della reazioni alla
convocazione dei rappresentanti di tutte le religioni
ad Assisi, per ottobre 2011,
annunciata da Benedetto XVI il 1 gennaio 2011


In un recente testo distribuito ai suoi fedeli, l’abbè Hygonnet, responsabile della Fraternità San Pietro per il Belgio, se la prende con la Fraternità San Pio X e, senza mai citarlo espressamente, con le stesse dichiarazioni del suo Superiore, Mons. Bernard Fellay.
Egli accusa l’opera di Mons. Lefebvre di erigersi a «censore del Papa». Animate da uno «spirito non cattolico» e «affette da un virus», le autorità della FSSPX vengono assimilate ai progressisti. Esse cadrebbero in un «grave errore» consistente in una «usurpazione del Magistero Supremo», e questo in virtù di una concezione dell’ubbidienza che secondo l’autore sarebbe erronea.

In questi ultimi giorni, è vero che da Roma sono venute delle novità molto brutte: il libro del Papa in cui si trovano, in particolare, delle dichiarazioni quanto meno ambigue sull’uso del preservativo, l’annuncio di un nuovo congresso delle religioni ad Assisi, nel prossimo ottobre, e la beatificazione di Giovanni Paolo II, per i primi di maggio.

Un cattolico, ha il diritto di restare in silenzio di fronte a questi scandali?
Sì, secondo l’abbè Hygonnet, che risponde:
« […] Attenzione, perché si pubblicano delle “note sulle dichiarazioni del Papa sul preservativo” (Casa Generalizia della Fraternità San Pio X, 18 dicembre scorso), si scrive che in bocca al Papa certi “termini fanno urlare (Distretto francese della Fraternità San Pio X, 24 dicembre scorso).
A proposito del progetto del Papa di convocare una riunione ad Assisi nel prossimo ottobre, lo stesso distretto di Francia scriveva appena qualche giorno fa che si tratta della “reiterazione dello scandalo».
«L’ambiente tradizionalista è dunque affetto dal virus che pretende di combattere: quello di giudicare l’insegnamento e gli atti del Sommo Pontefice […]».
«[…] se per disgrazia (il cattolico) ritiene che il Papa sbaglia gravemente o agisce contro la Fede o la Morale, egli tappa la sua bocca, se necessario getta un velo su ciò che gli sembra come un tradimento o uno scandalo, e si guarda bene dal denunciarlo, soprattutto in pubblico! Egli prega e aspetta che lo stesso Magistero supremo chiarisca esso stesso ciò che può esservi di ambiguo o di cattivo nell’insegnamento o nell’azione del Papa. Non v’è altra soluzione cattolica! […]»


1 – Quindi, la Fraternità San Pietro si vieta, per principio, di mettere in guardia i fedeli contro i possibili errori dottrinali e/o morali del Papa. Questa candida ammissione, in bocca a uno dei Superiori maggiori, è piuttosto inquietante.
2 – Già al momento della pubblicazione del suo Gesù di Nazareth, Benedetto XVI aveva scritto nella prefazione: «Ognuno è libero di contraddirmi». L’ultimo libro del Papa, Luce del Mondo, è un libro intervista del Papa e quindi non attiene al Magistero. Del resto, da buon teologo, il Papa ci avverte. «Naturalmente il Papa può avere delle opinioni private errate». Se ne prenda atto.
3 – Il congresso di Assisi non riguarda affatto un atto del Magistero, ma uno «show» mediatico – dallo scopo certo lodevole (la pace nel mondo) – che di fatto mette la sola vera Chiesa di Cristo allo stesso livello delle altre religioni. Il che lascia intendere che si possa pregare Dio col culto che si vuole e che Egli esaudisca volentieri tali preghiere.

Un cattolico ha il diritto di rimanere in silenzio di fronte a questi scandali?
No, secondo la teologia cattolica!
La stessa teologia cattolica ce lo ricorda.
1 – San Paolo si permette di riprendere pubblicamente San Pietro che per un comportamento ambiguo (non si tratta neanche di dottrina ambigua!) rischiava di rimettere in questione l’insegnamento del Concilio di Gerusalemme sulla salvezza dei pagani (le pratiche della legge mosaica erano abrogate). «Mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto» (Gal. 2, 11), così fece San Paolo col Papa.
2 – San Tommaso commenta così: «Se vi fosse pericolo per la fede, i superiori dovrebbero essere ripresi dagli inferiori, anche in pubblico. Così Paolo, che era sottomesso a Pietro, lo riprese per questo motivo» (II II 33, a. 4). E altrove (II II 104 a. 5), parlando dell’obbedienza: «È detto negli Atti (6, 29): «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Ma talvolta gli ordini dei superiori sono contrari a quelli di Dio. Dunque non bisogna obbedire loro in tutto».
3 – In che modo l’inferiore potrà concludere che certi insegnamenti, certe azioni dei superiori sono contrari a quelli di Dio, se non esprimendo un giudizio prudente alla luce della fede che gli è insegnata, tra l’altro, dal Catechismo? Era questo l’insegnamento di Mons. Lefebvre.
 


Per di più, la storia della Chiesa brulica di atti di resistenza alla legittima autorità, che su un punto o sull’altro abusi della sua autorità in materia dottrinale o disciplinare: Sant’Ilario e Sant’Atanasio resistono a Papa Liberio (IV sec.) durante la crisi ariana; il Papa Vigilio fu richiamato all’ordine dal diacono Pelagio (VI sec.) a proposito del monotelismo; Bonifacio IV da San Colombano (VII sec); Onorio da San Sofronio di Gerusalemme (VII sec); e vi sono anche gli esempi di San Bruno (contro il Papa Pasquale II), di San Tommaso Becket (contro il Papa Alessandro III), di Santa Caterina da Siena (contro i Papi Gregorio XI e Urbano VI).
Si tratta di una «usurpazione del Magistero supremo»?
E tutti questi santi personaggi hanno dimostrato «uno spirito non cattolico»?
Si ricordi anche che i Monsignori Lefebvre e de Castro Mayer scrissero una lettera pubblica a Giovanni Paolo II, nel 1983, in cui si riferivano esplicitamente a San Paolo e a San Tommaso.

La Fraternità San Pio X non ha alcuna intenzione di «rompere con Pietro».
Roma presta perfino un orecchio attento alle nostre obiezioni sulla dottrina e sull’orientamento del Concilio e del postconcilio (vedi le discussioni dottrinali in corso). Ed è certo grazie alle diverse reazioni scandalizzate (della Fraternità San Pio X, ma anche della Conferenza Episcopale del Kenia e di diversi teologi pure ritenuti «ratzingeriani») che la Congregazione per la Dottrina della Fede è intervenuta e ha chiarito le dichiarazioni ambigue del Papa sull’uso del preservativo.
È dunque un segno dello spirito cattolico, talvolta, con tutto il rispetto, «resistere contro» l’autorità legittima, al fine di rimanere incrollabilmente attaccato alla Chiesa e al suo insegnamento tradizionale.

Don Benoît Wailliez
Superiore del Distretto del Benelux della FSSPX
19 gennaio 2011

giovedì 29 settembre 2011

INCONTRO CON IL VESCOVO

Fonte: Militia Christi

Qualcuno, tra i pochi che avranno letto questi post, ricorderà la lettera che inviai al vescovo della mia diocesi.
Ebbene ero in vacanza quando fui avvisato da casa che sua eccellenza, Mons. Romano Rossi, mi aveva scritto una lettera in cui esprimeva il desiderio di incontrarmi.
Tornato dalla vacanza, il lunedì successivo, con un po’ di apprensione, chiamai la curia e direttamente il vescovo mi convocò per le ore 16:00.
Naturalmente i pensieri andavano tutti sul possibile argomento, a dire il vero già da parecchi giorni la mia mente era volta a quell’incontro.
Ho pensato: vorrà parlare della mia proposta (Vedi qui) oppure vorrà vedere chi è questo strano individuo che così a cuore ha le sorti della Chiesa?
Come diceva un comico:La seconda che hai detto!
Infatti del furto sacrilego e della mia proposta, peraltro non mia ma sancita dalla Chiesa, di ripristinare la comunione sulla lingua non gliene importava nulla, anzi queste le sue parole a riguardo: “Quello di Fabrica sono persuaso che sia una vera e propria profanazione”.
Ah, meno male che è persuaso, perché c’erano dubbi?
Subito dopo aggiunse: “non credo che il tema della comunione in mano sia strettamente legato, oggettivamente” al furto (interpretazione mia)  “poi uno vuol dire quello che vuole le cose però vanno viste e vanno controllate” “anche perché non ci vuole nulla per toglierla dalla punta della lingua”.
Mi sembra una ragione in più per non facilitare la cosa ai satanisti!
Quindi mi ha rivelò di aver avuto “un pesante battibecco con il demonio, durante un esorcismo, su questo argomento” ma la cosa che mi  sconvolse è che si rivolse a satana dicendo “hai visto quanti ho portato alla Messa di  riparazione?” e satana gli rispose “tu non sai quanti vengono da me”.
Incredibile!
Non è un buon motivo, questo, per evitare sacrilegi ed esercitare la virtù della prudenza?
Non so, vogliamo consegnargliele direttamente?
Continuiamo così, tanto oggettivamente questo atto non è legato al sacrilegio!
Quindi pur sapendo quanti vanno da satana il mio Vescovo non ritiene importante ripristinare la comunione sulla lingua, come legalmente dovrebbe essere fatto!
Liquidato in fretta il discorso riguardante la comunione sulla mano e l’atto sacrilego, a lui interessava solo conoscermi e “vedere in faccia chi fossi”, ha iniziato a tessere le mie lodi fino a quando ebbe un cambiamento repentino alla domanda su dove andassi a messa. Risposi:”alla messa tridentina” celebrata dai sacerdoti della Fraternità San Pio X.
Mons. Romano Rossi
“Sono separati da Roma, sono scismatici, non riconoscono il papa” ,subito rispose, ma senza raccogliere la provocazione, benché gli abbia risposto che non era vero, cominciai a spiegare i motivi di quella scelta mettendo in risalto tutti gli obbrobri che tuttora avvengono ogni domenica nella messa moderna e nella setta carismatica che frequentavo.
Dopo aver ascoltato il paragone tra il Sacrificio e messa secondista, insieme alle altre mie “ragioni” mi disse: “Cerchi di non scambiare l’essenziale con l’accessorio!”
Accessorio?
Inginocchiarsi davanti al Re è un accessorio?
“Non si spaventi con una forma o un’altra, un linguaggio o un altro”
Il Latino è accessorio? Ma come, eccellenza, lei dice: ”non condivido affatto tutte le critiche ai nuovi canoni del Vaticano II”, “stia tranquillo abbiamo un sacco di libri di teologia” e poi non li rispetta!
Ma non li avete letti eccellenza, tutti questi libri?
Eppure la “Sacrosantum Concilium” all’art. 36 non riteneva “accessorio” il latino, come mai non segue i canoni del Concilio vaticano II?
Solo la Fraternità deve obbedienza?
Toccare il corpo di Cristo con mani empie è un accessorio?
Cantare in stile pop, rock o raggae invece che gregoriano è un accessorio?
Il concilio di Trento definì dogmaticamente solo accessori?
Dopo tutto questo parlare egli mi disse questa frase incredibile:”Mi permetta una battuta. Le ragioni giuste di chi io penso possa anche avere torto”.
Che frase!
Che ermeneutica di grande spessore!
Pensare di prendere in giro i fedeli, quale illusione e quale superbia!
Ma come si fa a dire queste cose!
Unire in una sola frase così tanti errori è un record!
Non so se sia stata un’occasione mancata, è pur sempre un vescovo di Santa Romana Chiesa e per questo comunque gli si deve rispetto, il colloquio è durato una quarantina di minuti ed altra cose sono dette di cui però mi sembra inutile parlarne.
Ma forse una cosa gliela devo concedere aveva ragione quando mi disse:”se lei mi ritiene il suo Vescovo!”

Stefano Gavazzi

mercoledì 28 settembre 2011

Imminente incontro di Mons. Bernard Fellay con i responsabili della Fraternità San Pio X, per discutere e decidere, sul Preambolo Dottrinale della Chiesa modernista...

 
 Fonte: DICI
Come è stato annunciato nell’intervista accordata a DICI il 14 settembre 2011, al termine dell’incontro con il card. William Levada, mons. Bernard Fellay consulterà i responsabili della Fraternità San Pio X circa il Preambolo Dottrinale che gli è stato consegnato dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. I superiori della Fraternità San Pio X si riuniranno a porte chiuse presso la sede del distretto italiano, ad Albano Laziale, il 7 e 8 ottobre 2011. (DICI, 23/09/11)



Preghiamo che la Fraternità San Pio X scelga secondo il Cuore di Dio...

martedì 27 settembre 2011

I Gerarchi della nuova Chiesa Conciliare stanno tutti dentro questa dottrina ineccepibile...

 

 Cum ex Apostolatus officio Paolo IV


Paolo, Vescovo,

Servo dei servi di Dio

“Ad perpetuam rei memoriam”


Esordio: Impedire il Magistero dell’errore


Poiché, a causa della carica d’Apostolato affidataci da Dio, benché con meriti non condicevoli, incombe su di noi il dovere d’avere cura generale del gregge del Signore. E siccome per questo motivo, siamo tenuti a vigilare assiduamente per la custodia fedele e per la sua salvifica direzione e diligentemente provvedere come vigilante Pastore, a che siano respinti dall’ovile di Cristo coloro i quali, in questi nostri tempi, indottivi dai loro peccati, poggiandosi oltre il lecito nella propria prudenza, insorgono contro la disciplina della vera ortodossia e pervertendo il modo di comprendere le Sacre Scritture, per mezzo di fittizie invenzioni, tentano di scindere l’unità della Chiesa Cattolica e la tunica inconsutile del Signore, ed affinché non possano continuare nel magistero dell’errore coloro che hanno sdegnato di essere discepoli della verità.


1 - Finalità della Costituzione: Allontanare i lupi dal gregge di Cristo.


Noi, riteniamo che una siffatta materia sia talmente grave e pericolosa che lo stesso Romano Pontefice, il quale agisce in terra quale Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo ed ha avuto piena potestà su tutti i popoli ed i regni, e tutti giudica senza che da nessuno possa essere giudicato, qualora sia riconosciuto deviato dalla fede possa essere redarguito (possit a fide devius, redargui), e che quanto maggiore è il pericolo, tanto più diligentemente ed in modo completo si deve provvedere, con lo scopo d’impedire che dei falsi profeti o altre persone investite di giurisdizione secolare possano miserevolmente irretire le anime semplici e trascinare con sé alla perdizione ed alla morte eterna innumerevoli popoli, affidati alle loro cure e governo per le necessità spirituali o temporali; né accada in alcun tempo di vedere nel luogo santo l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, desiderosi come siamo, per quanto ci è possibile con l’aiuto di Dio e come c’impone il nostro dovere di Pastore, di catturare le volpi indaffarate a distruggere la vigna del Signore e di tener lontani i lupi dagli ovili, per non apparire come cani muti che non hanno voglia di abbaiare, per non subire la condanna dei cattivi agricoltori o essere assimilati al mercenario.


2 - Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici.


Dopo approfondito esame di tale questione con i nostri venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro parere ed unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità, approviamo e rinnoviamo tutte e ciascuna, le sentenze, censure e pene di scomunica, sospensione, interdizione e privazione, in qualsiasi modo proferite e promulgate contro gli eretici e gli scismatici da qualsiasi dei Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti in nome loro, comprese le loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri concili ricevute dalla Chiesa di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei sacri canoni, o dalle Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e decretiamo che essi siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro vigente osservanza ove essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti; inoltre che incorrano nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che siano stati, fino ad ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati convinti o di aver deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od incorsi in uno scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato (uniuscuiusque status), grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se episcopale (etiam episcopali), arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore dignità (aut alia maiori dignitate ecclesiastica) quale l’onore del cardinalato o l’incarico (munus) della legazione della Sede Apostolica in qualsiasi luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con l’autorità e l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regia o imperiale.


3 - Sulle pene da imporre alla gerarchiadeviata dalla fede. Legge e definizione  dottrinale: privazione «ipso facto» delle cariche ecclesiastiche.


Considerando non di meno che, coloro i quali non si astengono dal male per amore della virtù, meritano di essere distolti per timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori, i quali debbono istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede cattolica, prevaricando peccano più gravemente degli altri in quanto dannano non solo se stessi, ma trascinano con se alla perdizione nell’abisso della morte altri innumerevoli popoli affidati alla loro cura o governo, o in altro modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso ed assenso (dei cardinali) con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (perpetuum valitura), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà (de Apostolica potestatis plenitudine), sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo (et definimus), che permangano nella loro forza ed efficacia le predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti, per tutti e ciascuno (omnes et singuli) dei vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori i quali, come prima è stato stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul fatto, o abbiano confessato o ne siano stati convinti per aver deviato dalla fede o siano caduti in eresia o siano incorsi in uno scisma per averlo promosso o commesso, oppure quelli che nel futuro, siano colti sul fatto per aver deviato dalla fede o per esser caduti in eresia o incorsi in uno scisma, per averlo suscitato o commesso, tanto se lo confesseranno come se ne saranno stati convinti, poiché tali crimini li rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e pene suddette, essi siano anche (sint etiam), per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di alcuna altra procedura di diritto o di fatto, (absque aliquo iuris aut facti ministerio) interamente e totalmente privati in perpetuo (penitus et in totum perpetuo privati) dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche metropolitane, patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di ogni incarico di Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni autorità, nonché‚ di monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici (et officiis ecclesiasticis) con o senza cura di anime, siano essi secolari o regolari di qualunque ordine che avessero ottenuto per qualsiasi concessione o dispensa Apostolica, o altre come titolari, commendatari, amministratori od in qualunque altra maniera e nei quali beneficiassero di qualche diritto, benché‚ saranno parimenti privati di tutti i frutti, rendite e proventi annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee, baronie, marchesati, ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno considerati come inabili ed incapaci (inhabiles et incapaces) a tali funzioni come dei relapsi e dei sovversivi in tutto e per tutto (in omnibus et per omnia), per cui, anche se prima abiurassero in pubblico giudizio tali eresie, mai ed in nessun momento potranno essere restituiti, rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato nelle chiese cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del Cardinalato od in qualsiasi altra dignità maggiore o minore, (aut quamvis aliam maiorem vel minorem dignitatem) nella loro voce attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro monasteri e benefici ossia nella loro contea, baronia, marchesato, ducato, regno ed impero; al contrario, siano abbandonati all’arbitrio del potere secolare che rivendichi il diritto di punirli, a meno che mostrando i segni di un vero pentimento ed i frutti di una dovuta penitenza, per la benignità e la clemenza della stessa Sede, non siano relegati in qualche monastero od altro luogo soggetto a regola per darsi a perpetua penitenza con il pane del dolore e l’acqua dell’afflizione.
Essi saranno considerati come tali (relapsi e sovversivi) da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale, patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia, ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale, e come persone di tale specie dovranno essere evitate (evitari) ed escluse da ogni umana consolazione.

DALLA SHOAH A NOSTRA AETATE SINO ALLO STATO D’ISRAELE...

Dopo l'incontro del Papa in Germania con i rappresentanti ebrei, proponiamo un discorso di don Curzio Nitoglia che smaschera  il cambio dottrinale sul rapporto Chiesa ebrei avvenuto durante il modernista Concilio Vaticano II...




VIAGGIO APOSTOLICO IN GERMANIA 
22-25 SETTEMBRE 2011

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DELLA COMUNITÀ EBRAICA

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Reichstag di Berlin
Giovedì, 22 settembre 2011



Illustri Signore e Signori, cari amici!

Sono sinceramente contento di questo incontro con Voi qui a Berlino. Ringrazio di cuore il Signor Presidente, Dr. Dieter Graumann, per le gentili parole, che fanno anche riflettere. Esse mi manifestano quanto sia cresciuta la fiducia tra il Popolo ebraico e la Chiesa cattolica, che hanno in comune una parte non irrilevante delle loro tradizioni fondamentali, come Lei ha sottolineato. Al tempo stesso, tutti noi sappiamo bene che una comunione amorevole e comprensiva tra Israele e la Chiesa, nel rispetto reciproco per l’essere dell’altro, deve ulteriormente crescere ed è da includere in modo profondo nell’annuncio della fede.

Durante la mia visita nella Sinagoga di Colonia sei anni fa, il rabbino Teitelbaum parlò della memoria come di una delle colonne, di cui si ha bisogno per fondare su di esse un futuro pacifico. E oggi mi trovo in un luogo centrale della memoria, di una memoria spaventosa: da qui fu progettata ed organizzata la Shoah, l’eliminazione dei concittadini ebrei in Europa. Prima del terrore nazista in Germania viveva circa mezzo milione di ebrei, che costituivano una componente stabile della società tedesca. Dopo la seconda guerra mondiale, la Germania fu considerata come il “Paese della Shoah” in cui, in fondo, come ebreo, non si poteva più vivere. All’inizio quasi non c’era più alcun sforzo per rifondare le antiche comunità ebraiche, anche se dall’Est arrivavano continuamente persone singole e famiglie di ebrei. Molti di loro volevano emigrare e costruirsi una nuova esistenza, soprattutto negli Stati Uniti o in Israele.

In questo luogo bisogna anche richiamare alla memoria il pogrom della “notte dei cristalli” dal 9 al 10 novembre 1938. Pochi percepirono tutta la portata di tale atto di umano disprezzo come lo percepì il prevosto del Duomo di Berlino, Bernhard Lichtenberg, che, dal pulpito della cattedrale di Sant’Edvige, gridò: “Fuori il Tempio è in fiamme – è anch’esso una casa di Dio”. Il regime di terrore del nazionalsocialismo si fondava su un mito razzista, di cui faceva parte il rifiuto del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, del Dio di Gesù Cristo e delle persone credenti in Lui. L’“onnipotente” Adolf Hitler, era questo un idolo pagano, che voleva porsi come sostituto del Dio biblico, Creatore e Padre di tutti gli uomini. Con il rifiuto del rispetto per questo Dio unico si perde sempre anche il rispetto per la dignità dell’uomo. Di che cosa sia capace l’uomo che rifiuta Dio e quale volto possa assumere un popolo nel “no” a tale Dio, l’hanno rivelato le orribili immagini provenienti dai campi di concentramento alla fine della guerra.

Di fronte a questa memoria vi è da constatare, con gratitudine, che da qualche decennio si manifesta un nuovo sviluppo circa il quale si può addirittura parlare di una rifioritura della vita ebraica in Germania. È da sottolineare che in questo tempo la comunità ebraica si è resa benemerita in modo particolare nell’opera di integrazione di immigrati esteuropei.


Con gratitudine vorrei accennare anche al dialogo tra la Chiesa cattolica e l’Ebraismo, un dialogo che si sta approfondendo. La Chiesa sente una grande vicinanza al Popolo ebraico. Con la Dichiarazione Nostra aetatedel Concilio Vaticano II si è cominciato a “percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia” (cfr Discorso nella Sinagoga di Roma, 17 gennaio 2010). Ciò vale per l’intera Chiesa cattolica, nella quale il beato Papa Giovanni Paolo II si è impegnato in modo particolarmente intenso a favore di questo nuovo cammino. Ciò vale ovviamente anche per la Chiesa cattolica in Germania che è ben consapevole della sua responsabilità particolare in questa materia. Nell’ambito pubblico si nota soprattutto la “Settimana della fraternità” che viene organizzata ogni anno nella prima settimana di marzo dalle associazioni locali per la collaborazione cristiano-ebraica.

Da parte cattolica ci sono inoltre incontri annuali tra Vescovi e Rabbini, come anche colloqui strutturati con il Consiglio centrale degli ebrei. Già negli anni Settanta, il Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi (ZdK) si è distinto con la fondazione di un forum “Ebrei e Cristiani”, che nel corso degli anni ha prodotto, in modo competente, molti documenti utili. E non vorrei neppure trascurare poi lo storico incontro per il dialogo ebreo-cristiano [tenuto in Germania] del marzo 2006, con la partecipazione del Cardinale Walter Kasper. Questa collaborazione porta frutto.

Accanto a queste importanti iniziative mi sembra che noi cristiani dobbiamo anche renderci sempre più conto della nostra affinità interiore con l’Ebraismo, di cui Lei ha parlato. Per i cristiani non può esserci una frattura nell’evento salvifico. La salvezza viene, appunto, dai Giudei (cfr Gv 4,22). Laddove il conflitto di Gesù con il Giudaismo del suo tempo è visto in modo superficiale, come un distacco dall’Antica Alleanza, si finisce per ridurlo a un’idea di liberazione che interpreta in modo erroneo la Torà, soltanto come osservanza servile di riti e prescrizioni esteriori. Di fatto, però, il Discorso della montagna non abolisce la Legge mosaica, ma svela le sue possibilità nascoste e fa emergere nuove esigenze; ci rimanda al fondamento più profondo dell’agire umano, al cuore, dove l’uomo sceglie tra il puro e l’impuro, dove si sviluppano fede, speranza e amore.

Il messaggio di speranza, che i libri della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano trasmettono, è stato assimilato e sviluppato da giudei e da cristiani in modo diverso. “Dopo secoli di contrapposizione, riconosciamo come nostro compito il far sì che questi due modi della nuova lettura degli scritti biblici – quella cristiana e quella giudaica – entrino in dialogo tra loro, per comprendere rettamente la volontà e la parola di Dio” (Gesù di Nazaret. Seconda Parte: Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, p. 45). In una società sempre più secolarizzata, questo dialogo deve rinforzare la comune speranza in Dio. Senza tale speranza la società perde la sua umanità.

Tutto sommato possiamo constatare che lo scambio tra la Chiesa cattolica e l’Ebraismo in Germania ha già portato frutti promettenti. Sono cresciuti rapporti durevoli e fiduciosi. Certamente ebrei e cristiani hanno una responsabilità comune per lo sviluppo della società, la quale possiede sempre anche una dimensione religiosa. Possano tutti gli interessati continuare insieme questo cammino. Per questo l’Unico e l’Onnipotente – Ha Kadosch Baruch Hu – doni la sua Benedizione. Vi ringrazio.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana



d. CURZIO NITOGLIA
24 settembre 2011

● Il nuovo rapporto tra giudaismo e cristianesimo, secondo Nathan Ben Horim (Nuovi orizzonti tra ebrei e cristiani, Padova, Messaggero, 2011), ex ministro all’Ambasciata d’Israele in Italia incaricato dei rapporti con la S. Sede dal 1980 al 1986, è dovuto «a tre eventi: la shoah[1], la nascita dello Stato d’Israele e il concilio Vaticano II» (ibidem, p. 11). Infatti la shoah impone riflessioni storiche, politiche e morali di enorme portata, alle quali nessuno – nemmeno la Chiesa – può sottrarsi. Dalla shoah (1942-45) è nato lo Stato d’Israele (1948), che ha soprattutto un significato etnico ed anche normativo-religioso per l’ebraismo. Da queste riflessioni storiche, morali, politiche, etnico-religiose (dacché il giudaismo è un popolo o stirpe che si riconosce in una certa pratica etica o religiosità[2]) è nato il concilio Vaticano II (1962-65), che «segna una svolta epocale nella storia della Chiesa cattolica[3]. […] Uno dei mutamenti più significativi del Concilio ha riguardato il rapporto con gli ebrei, […] “che rimangono ancora carissimi a Dio”» (ivi).
● Il diplomatico israeliano ammette che «il cambiamento, nella visione cristiana degli ebrei, non sarebbe mai avvenuto se non ci fossero state la shoah e la nascita dello Stato d’Israele» (ibidem, p. 12). Egli definisce il giudaismo col trinomio “Torah, Popolo, Terra” (ib., p. 107). Poi cita il maître à penser di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Martin Buber: “Terra e Popolo, predestinati l’una all’altro per realizzare assieme il regno del Signore in questo mondo” (ib., p. 108). Il diplomatico israeliano ci spiega che i maestri del Talmud cercarono subito dopo la distruzione del Tempio di salvare Israele affermando che “la residenza in Terra d’Israele equivale all’osservanza di tutti i comandamenti della Torah: chi vi risiede ha parte al mondo futuro [che non è l’aldilà, ma questo mondo nell’avvenire], chi la lascia somiglia a chi non ha Dio” (ib., p. 111).

sabato 24 settembre 2011

Scandaloso discorso sull'eretico Martin Lutero, tutto nel nome del falso ecumenismo modernista Conciliare

Prima di leggere questo scandaloso discorso sarebbe opportuno leggere chi era l'eresiarca Martin Lutero, quello che fa specie e sentire dal successore degli Apostoli lodare e prendere ad esempio, per avallare il falso ecumenismo conciliare, un tale delinquente della fede cattolica, ricordiamo a questi fautori del falso ecumenismo cio' che disse Lutero della Messa per comprendere lo stato di corruzione spirituale in cui versava questo uomo asservito in tutto al diavolo...


MARTIN LUTERO, omicida e suicida



Benedetto XVI: Incontro con i rappresentanti del Consiglio della "Chiesa Evangelica in Germania" nella Sala del Capitolo del'ex-Convento degli Agostiniani (Erfurt, 23 settembre 2011)





VIAGGIO APOSTOLICO IN GERMANIA 
22-25 SETTEMBRE 2011


INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI
DEL CONSIGLIO DELLA "CHIESA EVANGELICA IN GERMANIA"

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Sala del Capitolo dell'ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt
Venerdì, 23 settembre 2011





Illustri Signore e Signori!


Prendendo la parola, vorrei innanzitutto ringraziare di cuore per questa opportunità d’incontrarci qui. La mia particolare gratitudine va a Lei, caro Fratello Presidente Schneider, che mi ha dato il benvenuto e che con le sue parole mi ha accolto in mezzo a voi. Lei ha aperto il suo cuore, ha espresso apertamente la fede veramente comune, il desiderio di unità. E noi siamo anche lieti, poiché ritengo che questa assemblea, i nostri incontri, vengano celebrati anche come la festa della comunione nella fede. Vorrei inoltre ringraziare tutti per il vostro dono di poter conversare insieme come cristiani qui, in questo luogo storico.

Per me, come Vescovo di Roma, è un momento di profonda emozione incontrarvi qui, nell’antico convento agostiniano di Erfurt. Abbiamo appena sentito che qui Lutero ha studiato teologia. Qui è stato ordinato sacerdote. Contro il desiderio del padre, egli non continuò gli studi di giurisprudenza, ma studiò teologia e si incamminò verso il sacerdozio nell’Ordine di sant’Agostino. E in questo cammino non gli interessava questo o quello. Ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. “Come posso avere un Dio misericordioso?”: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore. Per Lutero la teologia non era una questione accademica, ma la lotta interiore con se stesso, e questo, poi, era una lotta riguardo a Dio e con Dio.

“Come posso avere un Dio misericordioso?”. Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, si oggi si preoccupa ancora di questo, anche tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. Egli sa, appunto, che tutti siamo soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. La questione non ci preoccupa più. Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non viene forse devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte, della brama di vita e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle persone dedite ad essa? Non è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità? La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se in noi l’amore di Dio e, a partire da Lui, l’amore per il prossimo, per le creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo? E le domande in questo senso potrebbero continuare. No, il male non è un’inezia. Esso non potrebbe essere così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita. La domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero.



E poi è importante: Dio, l’unico Dio, il Creatore del cielo e della terra, è qualcosa di diverso da un’ipotesi filosofica sull’origine del cosmo. Questo Dio ha un volto e ci ha parlato. Nell’uomo Gesù Cristo è diventato uno di noi – insieme vero Dio e vero uomo. Il pensiero di Lutero, l’intera sua spiritualità era del tutto cristocentrica: “Ciò che promuove la causa di Cristo” era per Lutero il criterio ermeneutico decisivo nell’interpretazione della Sacra Scrittura. Questo, però, presuppone che Cristo sia il centro della nostra spiritualità e che l’amore per Lui, il vivere insieme con Lui orienti la nostra vita.

venerdì 23 settembre 2011

Modernisti ed eretici tutti insieme appassionatamente...

Padre Lombardi: Grazie e ancora un’ultima domanda. Santo Padre, Lei visiterà a Erfurt l’antico convento del riformatore, Martin Luther. I cristiani evangelici, e i cattolici in dialogo con loro, si stanno preparando a commemorare il quinto centenario della Riforma. Con quale messaggio, con quali pensieri Lei si prepara all’incontro? Il suo viaggio deve essere visto anche come un gesto fraterno nei confronti dei fratelli e sorelle separati da Roma?


Santo Padre: Quando ho accettato l’invito a questo viaggio era per me evidente che l’ecumenismo con i nostri amici evangelici dovesse essere un punto forte, un punto centrale di questo viaggio. Noi viviamo in un tempo di secolarismo, come già detto, dove i cristiani insieme hanno la missione di rendere presente il messaggio di Dio, il messaggio di Cristo, di rendere possibile credere, andare avanti con queste grandi idee, verità. E perciò il mettersi insieme, tra cattolici ed evangelici, è un elemento fondamentale per il nostro tempo, anche se istituzionalmente non siamo perfettamente uniti, anche se rimangono problemi, anche grandi problemi, nel fondamento della fede in Cristo, in Dio trinitario e nell’uomo come immagine di Dio, siamo uniti, e questo mostrare al mondo e approfondire questa unità è essenziale in questo momento storico. Perciò sono molto grato ai nostri amici, fratelli e sorelle protestanti, che hanno reso possibile un segno molto significativo: l’incontro nel monastero dove Lutero ha iniziato il suo cammino teologico, la preghiera nella chiesa dove è stato ordinato sacerdote e il parlare insieme sulla nostra responsabilità di cristiani in questo tempo. Sono molto felice di poter mostrare così questa unità fondamentale, che siamo fratelli e sorelle e lavoriamo insieme per il bene dell’umanità, annunciando il lieto messaggio di Cristo, del Dio che ha un volto umano e che parla con noi.

Deliranti parole di falsi teologi sull'Eucarestia...

L'Eucarestia,
il più laico dei sacramenti


Fonte:Unavox

Articolo di Mons. Brunero Gherardinisulla riduzione allo stato laicale dei Sacramenti della Chiesa, massimamente l'Eucarestia, operata da certa teologia moderna

trasmessoci per la pubblicazione.

Ringraziamo l'illustre Autore.




Era proprio scritto da qualche parte che, prima di chiudere gli occhi, dovessi leggere anche questo.  
E, si badi bene, non in un testo anticlericale o comunque lontano dalla sensibilità cattolica, bensì in un settimanale interdiocesano (1). 
Perché non si creda che abbia letto male o, peggio che riferisca in modo non esatto quant’ho letto, riporto alla lettera questo squarcio di sublime deformazione dogmatico-teologica:

     “L’Eucaristia è il più laico di tutti i sacramenti, perché il rito del sacrificio antico è stato abolito da Cristo e sostituito con il dono della vita reale, che Gesù ha fatto con la sua persona e che noi a nostra volta facciamo, celebrando l’Eucaristia sulla scia dell’unico sacrificio importante davanti a Dio, quello di Cristo. Questo comporta che l’Eucaristia è incompatibile con ogni dualismo tra sacro e profano: non si può varcare la soglia del tempio come se si entrasse in un altro mondo, poi uscire e tornare nella vita reale…”.



    Non ha importanza, per il presente articolo, la paternità di queste deliranti parole; è importante solo – in modo estremamente negativo – che esse siano state ospitate da un Settimanale che si fregia del titolo “Cattolico” nel quale dovrebbe riflettersi il “magistero ordinario” dell’episcopato toscano. Dai vescovi della Toscana, così come da quelli di tutto l’orbe cattolico, laici e preti s’attendono, perché ne hanno il diritto, non qualche sparata sensazionale ma priva di senso e capace soltanto d’impallinare la Fede della santa madre Chiesa, bensì un insegnamento almeno in linea con quello ufficiale della Chiesa stessa. Per ricuperare codest’insegnamento, anche senz’andar tanto indietro nel tempo, al Concilio di Trento, p. es., o al Catechismo per i parroci che ne sintetizzò i contenuti, o all’immortale Catechismo di san Pio X,  esso è oggi reperibile nelCatechismo della Chiesa Cattolica, redatto dopo il Vaticano II e promulgato da Giovanni Paolo II con la Costituzione apostolica dell’11 ottobre 1992 (2). In questo prontuario di dottrina cattolica, è vero, manca una definizione vera e propria della SS.ma Eucaristia, ma la dottrina esposta è chiarissima e nulla, assolutamente nulla contiene che possa, sia pur vagamente, giustificare la sparata di cui sopra.
    L’Eucaristia è detta anzitutto “fonte e culmine della vita ecclesiale” (par. 1324-1327), “sacramento” o “memoriale della passione e della risurrezione del Signore”, sua presenza reale e comunione (par. 1328-1332), “sacrificio sacramentale” e “banchetto pasquale” (par. 1356-1401), “pegno della gloria futura” (par. 1402-1405).
    Se, dunque, è questa la dottrina cattolica sul mistero eucaristico, è legittimo chiedersi su quale base un settimanale cattolico, che in quanto tale fa da cassa di risonanza all’insegnamento del Magistero in genere e segnatamente a quello dell’episcopato locale, abbia potuto o possa appoggiare una così evidente deformazione dottrinale come quella sopra riportata. In altre occasioni, in tema di linguaggio, ho lamentato la frequente violenza alla quale si sottopongono oggi le parole, il cui compito è invece quello di far capire e di comunicare. Qui la violenza è fatta non solo contro le parole, ma contro il mistero eucaristico e la dottrina che lo espone.

1 – Analisi del testo – Essendo probabile che l’elefantiasi, oggi invalsa, del concetto e dell’uso di laico non colga immediatamente quanto d’insulso e dissennato c’è, teologicamente parlando, nel testo  in esame, sarà bene commentarlo in sé ed in ognuna delle sue componenti.    Se uno dichiara che “l’Eucaristia è il più laico di tutt’i sacramenti”, esprime un giudizio esplicito sul sacramento eucaristico, riconoscendogli il massimo della laicità: non in assoluto ma relativamente agli altri, a tutti gli altri sacramenti. Implicitamente tutti gli altri sacramenti son giudicati laici, sia pure a livelli inferiori di laicità rispetto all’Eucaristia. Questa collocando nel dichiarato ordine di preminenza, anche l’Autore d’un siffatto giudizio avverte il bisogno o addirittura l’urgenza di darne una spiegazione. Al giudizio, infatti, segue immediatamente un “perché” epesegetico. In base ad esso, il lettore dovrebbe capire la ragione che ha indotto l’Autore a formular un giudizio così inconsueto ed in base alla quale codesto medesimo giudizio sintetizza ciò che primariamente – nella linea della definizione – può e deve dirsi della SS.ma Eucaristia.    Il “perché” ha in effetti una funzione esplicativa; ma non è detto che la spiegazione addotta rimuova automaticamente ogni ombra ed ogni ostacolo alla retta comprensione di ciò che il giudizio stesso intendeva definire o comunque illustrare. Saranno i lettori di questa nota a sperimentare  l’efficacia illuminante o meno del “perché”.    Esso proclama l’abolizione del rito antico e la sua sostituzione con il dono della vita reale, “che Gesù ha fatto con la sua persona e che noi a nostra volta facciamo”, celebrando l’Eucaristia, unico sacrificio importante davanti a Dio. Da qui una deduzione (“questo comporta”): l’incompatibilità dell’Eucaristia “con ogni dualismo tra sacro e profano: non si può varcare la soglia del tempio come se si entrasse in un altro mondo, poi uscire e tornare nella vita reale, non tenendo conto di quello che il Vangelo ci chiede”. Se ne deduce:
a)    che Gesù sostituì il rito del sacrificio antico con il dono della vita reale;
b)    che questo dono non è un rito;
c)    che tutt’il popolo cristiano,  “celebrando l’Eucaristia”, fa lo stesso dono di Cristo, il dono quindi della “vita reale”;
d)    ch’esso non ha nulla in  comune col dualismo tra sacro e profano;
e)    che, pertanto, l’esser in chiesa o l’esser in piazza, o al bar, o al lavoro, è la stessa cosa;
f)    altrimenti, non si tien conto di ciò che il Vangelo ci chiede.



Al riguardo si può osservare:


a)    nessun dubbio sulla sostituzione del “sacrificio antico”, da parte di Cristo, con il sacrificio di sé, realmente presente nel pane e nel vino del mistero eucaristico, il quale però non è affatto “il dono della vita reale”, specie se la vita reale, come appare dal seguito della spiegazione, è il quotidiano al di fuori del tempio, vale a dire la vita normale. 

b)    E’ vero che l’Eucaristia è dono, nel quale e mediante il quale Gesù elargisce se stesso, “corpo sangue anima e divinità”, ma non in alternativa arito, tant’è che la liturgia della quale è il vertice è anche un insieme di riti e che la celebrazione eucaristica è attuabile mediante un rito sia ordinario, siastraordinario.
c)    E’ anche vero che tutt’il popolo cristiano partecipa, sì, alla celebrazione eucaristica, non però sacramentalmente, non essendo in grado di consacrare; non può quindi né fare lo stesso “dono” di Cristo, né ripeterlo o, meglio, attualizzarlo riportandolo nel presente mediante la consacrazione del pane e del vino.
d)    Assurda appare la sua contrapposizione al dualismo – l’espressione “ogni dualismo”, non ostante che questo venga specificato e ben individuato, è un’assoluta mancanza di logica – tra sacro e profano. Già di per sé la Liturgia è a titolo speciale nella categoria del sacro (3) e raggiunge la sacralità massima proprio con la celebrazione eucaristica (4). L’incompatibilità non si verifica quindi tra l’Eucaristia e il dualismo tra sacro e profano, ma tra l’Eucaristia e quel profano che, di natura sua, contraddice il sacro. 
e)    L’esser dunque in chiesa o al bar, o in qualunque altro posto che non sia costituzionalmente sacro o ad esso addetto, ha la sua sostanziale differenza.
f)    Come poi, tenendo conto di codesta differenza, si venga meno “a ciò che il Vangelo ci chiede”, può paragonarsi ad uno dei misteri detti di “primo grado”, ossia inesplicabili anche dopo averne conosciuto l’esistenza. E’ doveroso tener conto della differenza tra sacro e profano per non contaminare la celebrazione eucaristica con qualcosa che la contraddica; ma non si vede come, impedendo una tale contaminazione, venga tacitata un’esigenza evangelica.


Analizzato il “perché epesegetico” in ognuna delle sue spiegazioni, si rimane  letteralmente a bocca asciutta: quel “perché” avrebbe dovuto far capire la ragione per la quale l’Eucaristia “è il più laico dei sacramenti”:  avrebbe pertanto dovuto spiegare la natura laica dei sette sacramenti e metter ben in evidenza il massimo di tale laicità nel sacramento eucaristico. Ma di quant’era lecito aspettarsi da un “perché epesegetico”, e di quanto anzi esso stesso prometteva, neanche una parola. Quelle profferite con l’empito d’una cascata inarrestabile, si perdono in  un pelago d’asserti o di pensieri insostenibili e perfino assurdi; e senza mai entrar in argomento. 
Se fosse di manica larga, il lettore stesso potrebbe forse tentare d’individuar un riferimento alla laicità dei sacramenti, nonché alla sua massima esponenza eucaristica, nell’asserito contrasto fra l’Eucaristia ed il dualismo sacro-profano. Se infatti l’Eucaristia è incompatibile con tale dualismo, tenuto conto dell’insistenza sul concetto di “vita reale” e sulla sua continuità dentro e fuori del  tempio, parrebbe logico dedurne non solo l’annullamento del dualismo ad opera dell’Eucaristia, ma anche il carattere profano, o comunque non sacro di essa. E da tale carattere risalire alla sua laicità. Se non che laicità non è profanità e pertanto il problema, anche a chi è di manica larga ed è disposto a concedere anche più del possibile, si ripropone.  In prim’istanza, infatti, occorre specificare la nozione di laico/laicità.

lunedì 19 settembre 2011

Prossimo viaggio in Germania del Papa, all'intesa del falso ecumenismo conciliare. Lutero "santo subito"?!....

In occasione del prossimo viaggio di Benedetto XVI in Germania, che per sua diretta volontà avrà un carattere fortemente "ecumenico" (già incombe l'atmosfera di ASSISI 3...), l'emittente vaticana ribadisce il prossimo documento unificato sulla Riforma Protestante, che vedrà amabilmente unite la Chiesa Cattolica e quella Luterana nell'ossequioso ricordo dell'eresiarca Martin Lutero e della mortifera pubblicazione delle sue 95 Tesi, manifesto della più tossica delle ribellioni a Cristo e alla sua Chiesa che siano mai state perpetrate in 2000 anni di storia. Ma in questa NUOVA CHIESA, sedicente "cattolica", nata col Concilio Vaticano II, in cui prolificano ognidove Protestantesimo e Giudaismo, come metastasi diffuse dal cancro maligno del modernismo, gli eretici come Lutero vengono riabilitati, lodati, festeggiati nei centenari delle loro malefatte, omaggiati con pellegrinaggi ai loro squallidi avamposti e con alberelli e giardinetti benedetti "alla memoria", promossa la loro pessima dottrina con dichiarazioni congiunte che ne giustificano i principi e finanche con l'approvazione di movimenti ecclesiali totalmente ispirati a tali eresie perniciose e malefiche. Il tutto per ricercare una fantomatica unità, basata su una "falsa professione unica" di Fede (non si sa in quale Cristo) che pretenderebbe di riconquistare la comunione tra le chiese non in Nome di Cristo-Verità Rivelata e per tornare tutti insieme a Lui, ma in nome delle proprie ipocrite tendenze al compromesso. Frasi fatte e retoriche come "mea culpa reciproco" e "purificazione della memoria" vengono ammannite al popolo di Dio come giustificazione a simili comportamenti gerarchici, come se non fosse fin troppo chiaro che MAI gli eretici, gli scismatici e gli apostati faranno passi indietro per tornare all'unica Verità Rivelata, ma l'unica a rimetterci in tutto ciò sarà solo l'ortodossia cattolica, oggi disposta a svendere la purezza dell'eredità apostolica, occultando le peculiarità della Fede Cattolica e mettendo solo in evidenza "ciò che unisce" con le altre confessioni cristiane, che è chiaramente insufficiente per una seria ed autentica Professione di Fede in Cristo Signore.

 

Rassegna stampa del 16.09.2011, a cura del Centro Studi Federici

CITTA’ DEL VATICANO – La Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale preparano una dichiarazione comune sulla Riforma in vista del quinto centenario della pubblicazione delle 95 tesi di Lutero nel 2017, ha sottolineato la Radio Vaticana questo lunedì. Il Papa ha voluto dare una dimensione ecumenica al suo prossimo viaggio in Germania. … Il testo dovrebbe analizzare la Riforma alla luce dei 2000 anni di cristianesimo, indica l’emittente pontificia, aggiungendo che la commemorazione comune di questo anniversario potrebbe essere l’occasione di un mea culpa reciproco. Per il Cardinale Koch, serve “una purificazione comune della memoria”. … Il Cardinale Koch ha rivelato che è stato il Papa stesso a volere che il suo viaggio avesse una forte dimensione ecumenica. … Il Papa inizierà il suo viaggio il 22 settembre nella capitale tedesca. Dopo la cerimonia di benvenuto nel Castello di Bellevue e gli incontri con il Presidente Christian Wulff e il Cancelliere Angela Merkel, pronuncerà un atteso discorso al Reichstag, il Parlamento. Incontrerà poi la comunità ebraica in una sala del Reichstag, … La mattina di venerdì 23, il Pontefice incontrerà alcuni rappresentanti della comunità musulmana. Si trasferirà poi a Erfurt, in Turingia, nei luoghi in cui visse Lutero. Dopo la visita alla Cattedrale di Santa Maria, avrà un incontro con i rappresentanti del Consiglio della Chiesa evangelica. In seguito parteciperà a una celebrazione ecumenica nella chiesa del convento degli agostiniani a Erfurt. (…)
Agenzia Zenit del 30 agosto 2011

giovedì 15 settembre 2011

"Posso assicurare che la nostra decisione sarà presa per il bene della Chiesa e delle anime".

San Pio X "E supremi apostolatus"

Lettera Enciclica
...Ora quale sia il cammino per giungere a Cristo, non è d’uopo di ricercarlo: è la Chiesa. Per lo che giustamente il Grisostomo inculcò: "La tua speranza è la Chiesa, la tua salute è la Chiesa, il tuo rifugio è la Chiesa". E per ciò infatti Cristo la fondò, guadagnandola a prezzo del sangue Suo; e la fece depositaria della Sua dottrina e delle Sue leggi, dandole insieme una ricchezza smisurata di grazie per santificazione e salute degli uomini.
Scorgete adunque, o Venerabili Fratelli, quale sia in fine il dovere che a Noi parimenti ed a voi venne imposto: richiamare alla disciplina della Chiesa il consorzio umano allontanatosi dalla sapienza di Cristo; la Chiesa, a sua volta, lo sottometterà a Cristo e Cristo a Dio. Il che se, per benignità di Dio medesimo, Noi meneremo a buon termine, saremo lieti di vedere il male dar luogo al bene; e udremo, per nostra felicità, una gran voce dal cielo che dirà: "Ora si è fatta la salute e la virtù e il regno del nostro Dio e la potestà del suo Cristo" (Apoc. XII, 10). Perché però tutto questo si ottenga conforme al desiderio, fa d’uopo che con ogni mezzo e fatica Noi facciamo sparir radicalmente l’enorme e detestabile scelleratezza, tutta proprietà del nostro tempo, la sostituzione cioè dell’uomo a Dio; dopo ciò, sono da rimettere nell’antico onore le leggi santissime ed i consigli del Vangelo: affermare altamente le verità insegnate dalla Chiesa e la dottrina della stessa circa la santità del matrimonio, l’educazione e l’ammaestramento della gioventù, il possesso e l’uso dei beni, i doveri verso coloro che reggono le cose pubbliche; per ultimo, restituire l’equilibrio fra le diverse classi della Società a norma delle prescrizioni e costumanze cristiane. Noi per fermo, nel sottometterCi ai divin voleri, tanto Ci proponiamo di cercare nel Nostro Pontificato, e con ogni industria lo cercheremo. A voi, o Venerabili Fratelli, si spetta di assecondare le Nostre industrie colla santità, colla scienza, coll’esperienza vostra, e soprattutto collo zelo della divina gloria; null’altro avendo di mira se non che si formi Cristo in ognuno.

Intervista con Mons. Bernard Fellay
subito dopo l'incontro col Card. William Levada
del 14 settembre 2011

Fonte: Una Vox




Pubblicata da DICI
14 settembre 2011


A conclusione dell’incontro che Mons. Bernard Fellay e i suoi due Assistenti hanno avuto in Vaticano con il Card. Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 14 settembre 2011, alle 10,00, il Superiore Generale della Fraternità San Pio X ha risposto alle nostre domande.

Come si è svolto quest’incontro?
Il colloquio è stato di una grande cortesia e di un’altrettanto grande franchezza, poiché per lealtà la Fraternità San Pio X si rifiuta di eludere i problemi che rimangono. D’altronde, è in questo spirito che si sono svolti i colloqui teologici tenutisi in questi ultimi due anni.
Quando, il 15 agosto scorso, ho detto che noi siamo d’accordo sul fatto che non siamo d’accordo sul Concilio Vaticano II, ho anche tenuto a precisare che quando si tratta di dogmi, come quello della SS. Trinità, siamo evidentemente d’accordo allorché lo troviamo richiamato nel Vaticano II. Una frase non dev’essere mai isolata dal suo contesto. I nostri colloqui teologici hanno avuto il gran merito di approfondire seriamente e di chiarire tutti questi problemi dottrinali.

Il comunicato ufficiale comune del Vaticano e della Fraternità annuncia che Le è stato consegnato un documento dottrinale e che Le è stata proposta una soluzione canonica. Può darci qualche precisazione?
Questo documento si intitola Preambolo Dottrinale è ci è stato consegnato per uno studio approfondito. Per questo è confidenziale e Lei comprende che non posso dire di più. Tuttavia il termine “preambolo” indica bene che la sua accettazione costituisce una condizione previa rispetto a qualunque riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X da parte della Santa Sede.

A proposito di questo Preambolo Dottrinale, senza toccare ciò che ha carattere confidenziale, può confermarci se, come annunciato dalla stampa, in esso è presente una distinzione tra ciò che è la Fede – alla quale la Fraternità aderisce pienamente -  e ciò che, derivando da un Concilio pastorale, come ha voluto essere lo stesso Vaticano II, potrà essere sottoposto ad una critica, senza rimettere in questione la Fede?