M. – Amen.
sabato 31 marzo 2012
DOMINÍCA SECUNDA PASSIÓNIS SEU IN PALMIS...
ORÁTIO
Omnípotens, sempitérne Deus, qui humáno géneri ad
imitándum humilitátis exémplum, Salvatórem nostrum carnem súmere, et
crúcem subíre fecísti: concéde propítius, ut et patiéntiæ ipsíus habére
documénta, et resurrectiónis consórtia mereámur. Per eúmdem Dóminum
nostrum Iesum Christum Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte
Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
M. – Amen.
M. – Amen.
«Si trovano quindi in un pericoloso errore quelli che ritengono di poter aderire a Cristo, Capo della Chiesa, pur non aderendo fedelmente al suo Vicario in terra. Sottratto infatti questo visibile Capo e spezzati i visibili vincoli dell’unità, essi oscurano e deformano talmente il Corpo mistico del Redentore, da non potersi più né vedere né rinvenire il porto della salute eterna» (Pio XII, Mystici Corporis).
Ciò che dice Pio XII è sacrosanto, ma nel caso che un Pontefice vada pubblicamente contro la dottrina Cattolica, mantiene la sua autorità datagli da Dio? Subito sotto possiamo leggere le affermazioni non ortodosse di Benedetto XVI riguardo l'ecumenismo...
Ed ora chiediamoci: che cosa significa ristabilire l'unità di tutti i cristiani? Sappiamo tutti che esistono numerosi modelli di unità e voi sapete anche che la Chiesa cattolica si prefigge il raggiungimento della piena unità visibile dei discepoli di Gesù Cristo secondo la definizione che ne ha dato il Concilio Ecumenico Vaticano II in vari suoi documenti (cfr Lumen gentium, nn. 8;13; Unitatis redintegratio, nn. 2; 4 ecc.). Tale unità, secondo la nostra convinzione, sussiste, sì, nella Chiesa cattolica senza possibilità di essere perduta (cfr Unitatis redintegratio, n. 4); la Chiesa infatti non è scomparsa totalmente dal mondo. D'altra parte questa unità non significa quello che si potrebbe chiamare ecumenismo del ritorno: rinnegare cioè e rifiutare la propria storia di fede. Assolutamente no! Non significa uniformità in tutte le espressioni della teologia e della spiritualità, nelle forme liturgiche e nella disciplina. Unità nella molteplicità e molteplicità nell'unità...
Vediamo ora come la Madonna ci viene in soccorso rispetto al problema dell'autorità del Papa nel caso in cui proferisca delle autentiche concezioni teologiche eterodosse:
Il Papa, nel tempo di Santa Brigida, stava facendo molti e gravi peccati e questo frate confessore subiva pressioni da alcune persone che gli dicevano che per tali motivi il sedente non era più Papa.
Attanagliato forse dalla condizione palesemente grave di tale Sovrano, cominciano a sorgere in lui dei dubbi.
La Madonna prontamente fornisce a Santa Brigida la risposta CATTOLICA per liberare il frate da quel problema, oltre a dargli altri consigli e rasserenazioni su altre questioni sue personali.
Scrive Santa Brigida:
“Onore e grazie siano date all’Onnipotente Iddio ed alla Beata Vergine Maria, la sua degna Madre! Mi è sembrato, quale persona indegna qual sono, che mentre ero assorbita in preghiera, la Madre di Dio abbia detto a me, una peccatrice, le seguenti parole:
Dì al mio amico il frate, che tramite te mi ha rivolto le sue suppliche [...]
Digli anche, in nome mio, che egli dovrà rispondere a quelli che dicono che il papa non è vero papa… Egli deve rispondere a questi eretici in questa maniera: “Voi avete voltato le spalle a Dio, e per questo non lo vedete. Porgete a lui i vostri volti, e allora sarete in grado di vederlo”. Perché è la vera e Cattolica fede che un Papa che non fa pubblica defezione dalla Fede non è mai così malizioso che come risultato di questi peccati e delle sue altre opere cattive non ci sia sempre in lui la pienezza dell’autorità e il completo potere per legare e sciogliere le anime – non importa quanto sia macchiato con altri peccati. Egli possiede questa autorità attraverso il beato Pietro e l’ha acquisita da Dio. Prima di Papa Giovanni si sono susseguiti molti supremi Pontefici che ora sono all’inferno…” (Rivelazioni, libro 7, cap. 7).
Nella Bolla “Cum ex Apostolatus Officio” di S.S. Paolo IV si può leggere:
“Qualsiasi ufficio sarà vacante ipso facto [per il fatto stesso] per tacita rinuncia e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione, … §4 per pubblica defezione dalla Fede Cattolica;… (Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: … 4. A fide catholica publice defecerit;…)” La lunghezza temporale è un castigo per i peccati commessi contro la Fede, che si ripercuote su tutti, ma che non implica affatto la decadenza del “non prevalaebunt”, che rimane il faro della Speranza per i cattolici. La Chiesa Cattolica rimane e rimarrà sempre laddove vi sia chi fa ciò che Essa intende. E, nonostante la crisi senza precedenti che stiamo vivendo, la Provvidenza divina ci fornisce esempi edificanti di questo, pur nella visibilità ridotta della Chiesa stessa.
A tal proposito, pur mantenedo una grande prudenza sull'aspetto dell'autorità Divinamente assisitita, l’ Arcivescovo Marcel Lefebvre ebbe a scrivere, il 29 giugno 1976, in occasione della “sospensione a divinis” comminatagli da Paolo VI:
Questo è un argomento complesso e molto delicato per tutta la Chiesa da almeno 50 anni; certo che leggendo le parole della Madonna a Santa Brigida e la dottrina di Paolo IV un brivido corre lungo tutta la schiena. Noi di questo Blog, nonostante le accuse, da parte di ignoranti, per adesso manteniamo una posizione prudenziale, seguendo l'esempio di quel grande Vescovo che è stato Monsignor Lefebvre:
Il Papa e i sacerdoti benché peccatori non perdono la facoltà di assolvere dai peccati
Volgi dunque il capo a Dio, e lo vedrai; non avendo il Papa commesso eresia, (quello del tempo di Santa Brigida) la vera fede è credere che, malgrado i numerosi peccati che ha commesso, egli abbia comunque la piena facoltà e autorità di unire e assolvere le anime, poiché tale potere gli è stato dato da San Pietro e affidato da Dio... Similmente affermo che, malgrado i loro peccati li rendano indegni davanti al Dio di gloria, i sacerdoti sono veri sacerdoti - e quindi consacrano, somministrano l'eucarestia e gli altri sacramenti ai fedeli e con le loro mani sull'altare innalzano e toccano realmente il corpo di Cristo - purché non siano eretici. ((Rivelazioni, libro 7)
“Qualsiasi ufficio sarà vacante ipso facto [per il fatto stesso] per tacita rinuncia e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione, … §4 per pubblica defezione dalla Fede Cattolica;… (Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: … 4. A fide catholica publice defecerit;…)” La lunghezza temporale è un castigo per i peccati commessi contro la Fede, che si ripercuote su tutti, ma che non implica affatto la decadenza del “non prevalaebunt”, che rimane il faro della Speranza per i cattolici. La Chiesa Cattolica rimane e rimarrà sempre laddove vi sia chi fa ciò che Essa intende. E, nonostante la crisi senza precedenti che stiamo vivendo, la Provvidenza divina ci fornisce esempi edificanti di questo, pur nella visibilità ridotta della Chiesa stessa.
A tal proposito, pur mantenedo una grande prudenza sull'aspetto dell'autorità Divinamente assisitita, l’ Arcivescovo Marcel Lefebvre ebbe a scrivere, il 29 giugno 1976, in occasione della “sospensione a divinis” comminatagli da Paolo VI:
“La Chiesa Conciliare è una Chiesa scismatica, perché rompe con la Chiesa Cattolica quale è sempre stata. Essa ha i suoi nuovi dogmi, il suo nuovo sacerdozio, le sue nuove istituzioni, il suo nuovo culto, tutti già condannati dalla Chiesa in molti documenti, ufficiali e definitivi.In definitiva si potrebbe asserire che se un Papa compie peccati, anche gravi, ma che non riguardino la fede nella sua genuinità - è dottrina pre-conciliabolo - mantiene l'autorità divinamente assistita, ma nel caso che un Papa si macchi di peccati contro la fede, quindi di eresia, egli perde la sua autorità.
“Questa Chiesa Conciliare è scismatica, perché ha preso per base per il suo aggiornamento, principi opposti a quelli della Chiesa Cattolica, come la nuova concezione della Messa espressa ai numeri 5 della Prefazione al [decreto] Missale Romanum e 7 del suo primo capitolo, che attribuisce all’assemblea un ruolo sacerdotale che non può esercitare; come similmente il naturale — vale qui a dire divino — diritto di ogni persona e di ogni gruppo di persone alla libertà religiosa.
“Questo diritto alla libertà religiosa è blasfemo, perché attribuisce a Dio scopi che distruggono la Sua Maestà, la Sua Gloria, la Sua Regalità. Questo diritto implica libertà di coscienza, libertà di pensiero, e tutte le libertà massoniche.
“La Chiesa che afferma tali errori è al tempo stesso scismatica ed eretica. Questa Chiesa Conciliare è, pertanto, non cattolica. Nella misura in cui Papa, vescovi, preti e fedeli aderiscono a questa nuova Chiesa, essi si separano dalla Chiesa Cattolica.”
Questo è un argomento complesso e molto delicato per tutta la Chiesa da almeno 50 anni; certo che leggendo le parole della Madonna a Santa Brigida e la dottrina di Paolo IV un brivido corre lungo tutta la schiena. Noi di questo Blog, nonostante le accuse, da parte di ignoranti, per adesso manteniamo una posizione prudenziale, seguendo l'esempio di quel grande Vescovo che è stato Monsignor Lefebvre:
"Come un successore di Pietro ha potuto, in così poco tempo, causare più danni alla Chiesa che la Rivoluzione dell' ' 89? (... ). Abbiamo veramente un papa oppure un intruso seduto sulla cattedra di Pietro? Beati coloro che sono vissuti e che sono morti senza doversi porre una simile questione!".
Tale è l'interrogativo che si pone mons. Lefebvre in Cor Unum, bollettino interno della Fraternità, l'8 novembre 1979. Si tratta del defunto papa Paolo VI - come già nell'estate calda del 1976 - ma si tratterà anche ben presto di Giovanni-Paolo II.
"Come può avvenire, date le promesse di Nostro Signore Gesù Cristo al suo Vicario, che questo medesimo Vicario possa nello stesso tempo, da sé o per mezzo di altri, corrompere la fede dei fedeli?".
Alcuni dicono: professa delle eresie, ha promulgato la libertà religiosa, ha firmato l'art. 7 del Novus Ordo Missae; ora una eretico non può essere papa, dunque non è papa, dunque non gli si deve l'obbedienza. Si tratta di una logica semplice e comoda che riposa su di una opinione teologica che degli autori seri hanno sostenuto in astratto. Ma, in concreto, si può affermare l'eresia formale di un papa? Chi avrà l'autorità per farlo? Chi farà al pontefice le monizioni necessarie per constatarlo? Inoltre questo ragionamento, in pratica, "mette la Chiesa in una situazione inestricabile. Chi ci dirà dov'è il futuro papa? Come potrà essere designato, dal momento che non vi sono più cardinali" poiché il papa non è papa? "Questo spirito è uno spirito scismatico". D'altra parte "la visibilità della Chiesa è troppo necessaria perché Dio possa ometterla per dei decenni".
Alla "logica teorica" di un Padre Guérard des Lauriers, mons, Lefebvre preferisce "una sapienza superiore: la logica della carità e della prudenza".
"Forse un giorno, fra trenta o quarant’anni, una sessione di cardinali riunita da un futuro papa studierà e giudicherà il pontificato di Paolo VI; forse dirà che vi sono elementi che avrebbero dovuto saltare agli occhi dei contemporanei, delle affermazioni di questo papa assolutamente contrarie alla Tradizione.
Preferisco, sino ad ora, considerare come papa colui che, per lo meno, è sul soglio di Pietro; e se un giorno si scoprisse in modo certo che questo papa non era papa, avrò tuttavia fatto il mio dovere.
Al di fuori dei casi in cui usa del suo carisma di infallibilità, il papa può errare. Perché dunque scandalizzarci e dire: "Allora non è più papa", come Ario si scandalizzava delle umiliazioni del Signore che durante la sua Passione diceva "Mio Dio perché mi hai abbandonato?" e ragionava: "Allora non è Dio!". Non sappiamo fino a dove un papa "trascinato da non so quale spirito o da quale formazione, sottomesso a quali pressioni o per negligenza" possa condurre la Chiesa a perdere la fede; ma "noi constatiamo i fatti. Preferisco partire da questo principio: dobbiamo difendere la nostra fede; su questo punto il nostro dovere è fuor di dubbio".
(Tratto da Marcel Lefebvre: una vita, di mons. Bernard Tissier de Mallerais, Clovis, Etampes, 2002, p. 532 s.)
Tale è l'interrogativo che si pone mons. Lefebvre in Cor Unum, bollettino interno della Fraternità, l'8 novembre 1979. Si tratta del defunto papa Paolo VI - come già nell'estate calda del 1976 - ma si tratterà anche ben presto di Giovanni-Paolo II.
"Come può avvenire, date le promesse di Nostro Signore Gesù Cristo al suo Vicario, che questo medesimo Vicario possa nello stesso tempo, da sé o per mezzo di altri, corrompere la fede dei fedeli?".
Alcuni dicono: professa delle eresie, ha promulgato la libertà religiosa, ha firmato l'art. 7 del Novus Ordo Missae; ora una eretico non può essere papa, dunque non è papa, dunque non gli si deve l'obbedienza. Si tratta di una logica semplice e comoda che riposa su di una opinione teologica che degli autori seri hanno sostenuto in astratto. Ma, in concreto, si può affermare l'eresia formale di un papa? Chi avrà l'autorità per farlo? Chi farà al pontefice le monizioni necessarie per constatarlo? Inoltre questo ragionamento, in pratica, "mette la Chiesa in una situazione inestricabile. Chi ci dirà dov'è il futuro papa? Come potrà essere designato, dal momento che non vi sono più cardinali" poiché il papa non è papa? "Questo spirito è uno spirito scismatico". D'altra parte "la visibilità della Chiesa è troppo necessaria perché Dio possa ometterla per dei decenni".
Alla "logica teorica" di un Padre Guérard des Lauriers, mons, Lefebvre preferisce "una sapienza superiore: la logica della carità e della prudenza".
"Forse un giorno, fra trenta o quarant’anni, una sessione di cardinali riunita da un futuro papa studierà e giudicherà il pontificato di Paolo VI; forse dirà che vi sono elementi che avrebbero dovuto saltare agli occhi dei contemporanei, delle affermazioni di questo papa assolutamente contrarie alla Tradizione.
Preferisco, sino ad ora, considerare come papa colui che, per lo meno, è sul soglio di Pietro; e se un giorno si scoprisse in modo certo che questo papa non era papa, avrò tuttavia fatto il mio dovere.
Al di fuori dei casi in cui usa del suo carisma di infallibilità, il papa può errare. Perché dunque scandalizzarci e dire: "Allora non è più papa", come Ario si scandalizzava delle umiliazioni del Signore che durante la sua Passione diceva "Mio Dio perché mi hai abbandonato?" e ragionava: "Allora non è Dio!". Non sappiamo fino a dove un papa "trascinato da non so quale spirito o da quale formazione, sottomesso a quali pressioni o per negligenza" possa condurre la Chiesa a perdere la fede; ma "noi constatiamo i fatti. Preferisco partire da questo principio: dobbiamo difendere la nostra fede; su questo punto il nostro dovere è fuor di dubbio".
(Tratto da Marcel Lefebvre: una vita, di mons. Bernard Tissier de Mallerais, Clovis, Etampes, 2002, p. 532 s.)
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"Credo la Chiesa «Una»" - Riflessioni in merito al concetto di piena e non piena comunione...
Don Davide Pagliarani
È ormai nel vocabolario comune l’espressione di “comunità cristiane” in “non piena comunione” con la Chiesa e attraverso questo concetto vengono giustificate le innumerevoli iniziative ecumeniche a cui assistiamo. Ma esaminandolo alla luce della dottrina tradizionale, ci accorgiamo che esso è incompatibile con la natura stessa della Chiesa.
Tra gli elementi più significativi introdotti dall’ecclesiologia del Concilio Vaticano II vi è, com’è noto, una nozione “analogica” del concetto di comunione con la Chiesa; ci riferiamo a quella concezione che ammette la possibilità di unione con la Chiesa Cattolica a vari gradi o livelli: si avranno così una piena comunione e una non piena comunione, il che poi, se traiamo le più logiche conseguenze di questo principio, può essere declinato in mille modi: una comunione imperfetta, una comunione “ai margini”, una comunione crescente, una comunione virtualmente esistente, etc…
Questo elemento, lungi dal rivestire un interesse puramente accademico, è in realtà indispensabile per assicurare dinamismo al movimento ecumenico e soprattutto per dare un fondamento ecclesiologico alle convergenze(1) su cui esso si fonda e che intende stimolare: siamo persuasi che proprio in questo punto si trovi principalmente l’elemento dottrinale più necessario e funzionale a tale scopo. Infatti tutti gli elementi cristiani presenti nelle false chiese (la definizione è ovviamente incompatibile con la nuova ecclesiologia) vengono presentati come un richiamo all’unità di cui la Chiesa Cattolica avrebbe la pienezza. In questo senso essi sarebbero già operanti e in qualche modo si delineerebbero già positivamente come fondamento di una certa unità: la comunione è già presente anche se non è ancora piena; è la non piena comunione, ma comunque comunione.
Per fare un esempio, in questa prospettiva il sacramento del battesimo amministrato nelle chiese luterane o la fede in Cristo Salvatore, essendo materialmente elementi comuni con il Cattolicesimo, sarebbero già fondamento di una certa unità in nome della quale si può già pregare insieme o si possono organizzare incontri ecumenici.
Notiamo, per il momento, che in questo dinamismo non c’è spazio per la conversione, ma solo per una presunta convergenza comune che deve essere stimolata sempre più per ricostruire l’Unità originaria distrutta dal peccato di tutti.
Notiamo pure – con un pizzico di comprensibile ironia – che gli stessi “lefebvriani” sarebbero in questo stato di non piena comunione con la Chiesa, ma comunque in comunione.
In realtà per essere fedele alla Tradizione costante della Chiesa, un “lefebvriano” come ogni cattolico si vede costretto a rifiutare l’impiego di questa nozione. La comunione con la Chiesa Cattolica è per natura una realtà univoca e indeclinabile: o si è in comunione o non lo si è. O si appartiene alla Chiesa o non vi si appartiene. Nelle riflessioni che seguono cercheremo di illustrare perché.
Il nuovo orientamento ecclesiologico
Prima di entrare nel vivo delle nostre considerazioni, ci sembra opportuno spendere una ulteriore parola sull’attuale orientamento ecclesiologico circa questo punto cruciale.
Si tenga ben presente che l’analisi della teologia contemporanea del fenomeno delle divisioni tra cristiani si basa su criteri prettamente storicistici e naturalisti. Le separazioni sarebbero frutto di gelosie, di litigi, di capricci, di peccato, di cui tutti i cristiani si sarebbero macchiati nel corso dei secoli. Di conseguenza il movimento ecumenico vorrebbe ricomporre l’Unità proprio ripartendo da un’autentica purificazione
della memoria per cancellare le vestigia del peccato che ancora permangono. Di questo peccato si sarebbe macchiata in qualche modo anche la Chiesa Cattolica al pari degli altri: questo primo elemento ci fornisce già un’utile chiave di lettura per i clamorosi meaculpismi di cui siamo stati spettatori negli ultimi anni, in cui è l’istituzione ad essere stata coinvolta e colpevolizzata.
Diciamo subito che questo status quaestionis è inaccettabile e soprattutto presuppone una nozione di Unità che non è cattolica. Il peccato contro l’Unità è un peccato contro la Chiesa Cattolica ed è inammissibile che Questa sia, più o meno direttamente, trascinata sul banco degli imputati allorché non è altro che l’unica vittima di tutti gli scismi e di tutte le divisioni tra cristiani che la Storia ha conosciuto. Il vero peccato di cui bisogna purificarsi per rientrare nell’Unità si chiama “scisma” e per definizione si tratta di un peccato che non può essere stato compiuto dalla Chiesa(2) né da chi resta membro della Chiesa, poiché nel momento in cui è commesso vi è separazione dalla Chiesa stessa. È il peccato di separazione dei “fratelli separati” e, necessariamente, non può essere che loro (3).
Non dimentichiamo che il movimento ecumenico nasce e si sviluppa in ambiente protestante, ben prima del Concilio; averne accettato le regole del gioco, proprio a partire dal Concilio, presuppone un inammissibile disprezzo per la Chiesa del passato, considerata in qualche modo colpevole, e per l’opera generosa di schiere di Papi e di Santi che si sono prodigati per richiamare all’unico ovile i “fratelli separati”, attraverso la riconversione al Cattolicesimo.
giovedì 29 marzo 2012
" Se le mie richieste verranno esaudite, la Russia sarà convertita, e vi sarà la pace; altrimenti, essa diffonderà i propri errori in tutto il mondo, causando guerre e persecuzioni contro la Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà tanto da soffrire e molte nazioni saranno annientate".
L’imminente Grande Castigo è rivelato nel Terzo Segreto di Fatima...
di Padre Paul Kramer, B.Ph., S.T.B., M. Div., S.T.L. (Cand.)
La Madonna ci avvertì delle gravi conseguenze che si sarebbero verificate se quest’avvertimento non fosse stato ascoltato. La più grave ed il castigo più terrificante per le anime che non si pentono, è la dannazione eterna. E’ stato per impedire la dannazione eterna delle anime redente dal Sangue del Nostro Divino Salvatore Gesù Cristo, che Sua Madre Santissima è giunta a Fatima. Per questo Ella spiegava nell’apparizione del 13 luglio 1917:
"Avete visto dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio desidera stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se ciò che vi chiedo sarà fatto, molte anime saranno salvate e vi sarà pace."
Le richieste della Beata Vergine affinché le persone "purifichino le proprie vite e chiedano perdono per i propri peccati" non sono state ascoltate. La Madonna di Fatima disse alla Beata Giacinta: "le guerre sono i castighi per i peccati del mondo"1. E’ stato rivelato a San Piero Lamy, che la Prima Guerra Mondiale era stata un castigo specifico per via della "blasfemia, della dissacrazione del matrimonio e del lavoro domenicale". Nell’apparizione del 13 luglio 1917, la Madonna predisse che: "La guerra sta per finire; ma se la gente non cessa di offendere Dio, una peggiore scoppierà durante il regno di Pio XI."
Sfortunatamente la gente non smise di offendere Dio, ed una guerra peggiore , la Seconda Guerra Mondiale, scoppiò durante il regno di Pio XI. 2
La Madonna rivelò a Suor Lucia il segno che avrebbe indicato l’inizio dell’imminente castigo: " Quando vedrai una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappi che questo è il grande segno dato da Dio che Egli sta per punire il mondo per i suoi crimini, per mezzo di guerre, carestie, persecuzioni contro la Chiesa e il Santo Padre."
La notte del 25 gennaio 1938 Suor Lucia vide una luce rossa che la Madonna le aveva predetto sarebbe stato il grande segno che Dio stava "per punire il mondo per i suoi crimini, per mezzo di guerre, carestie, persecuzioni contro la Chiesa e il Santo Padre". Il giorno seguente, lo strano fenomeno dei quella "notte illuminata" fu riportato sui giornali di tutta l’Europa e del Nord America 3. Suor Lucia capì che il grande castigo stava per cominciare, e poche settimane dopo, nel marzo del 1938, Higler invase l’Austria, annettendola alla Germania; questo atto fu l’inizio degli eventi che trasformarono le varie aggressioni di Germania, Italia e Giappone nella seconda Guerra Mondiale. Tale guerra si sarebbe potuta evitare se le richieste della Madonna di Fatima fossero state esaudite. Ella aveva già promesso: "se ciò che io vi chiedo sarà fatto, saranno salvate molte anime e vi sarà la pace." La Madonna enfatizzò il fatto che l’unico modo con cui si può ottenere la pace è tramite l’obbedienza alle Sue richieste quando chiese la recita del Rosario "in onore della Madonna del Rosario, per poter ottenere la pace nel mondo…perché solo Lei può salvarvi."
E’ stato proprio per prevenire il castigo del mondo, "per mezzo di guerre, carestie (e) persecuzioni contro la Chiesa e il Santo Padre" che la Madonna di Fatima ha richiesto la consacrazione della Russia e la devozione dei Primi Sabati. Le sue esatte parole furono: "per prevenire questo, io tornerò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato, e la Comunione di Riparazione dei Primi Sabati." La promessa connessa a tale richiesta è questa: "se fate ciò che io vi dico, molte anime verranno salvate e vi sarà la pace."
E’ di fondamentale importanza tenere bene a mente che la Seconda Guerra Mondiale è stato solo l’inizio del castigo promesso. Se le persone non si pentono e non emendano le proprie vite allora altri severi castighi seguiranno. La Madonna ha predetto in particolare l’arrivo della Guerra Mondiale, quando disse: " La guerra sta per finire; ma se la gente non smette di offendere Dio, una peggiore scoppierà durante il regno di Pio XI." Questo castigo specifico è già avvenuto.
La minaccia di una tale punizione per il mondo "per mezzo di guerre, carestie, persecuzioni contro la Chiesa e il Santo Padre" fa parte di una profezia assai più generale che si è compiuta solo parzialmente. Che si avveri del tutto oppure no, dipende dal compimento o meno delle richieste della Madonna. Il castigo è rivelato pienamente nella parte ancora non pubblicata del Terzo Segreto, mentre viene solo accennata in maniera generale nella seconda parte. Quello che dice la Madonna nella seconda parte del Segreto è che: " Se le mie richieste verranno esaudite, la Russia sarà convertita, e vi sarà la pace; altrimenti, essa diffonderà i propri errori in tutto il mondo, causando guerre e persecuzioni contro la Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà tanto da soffrire e molte nazioni saranno annientate.
La Beata Vergine apparve a Suor Lucia di nuovo il 13 giugno 1929 a Tuy, in Spagnia, e rispettò la Sua promessa per la quale ella "veniva a chiedere la consacrazione della Russia" compiuta dal Papa insieme a tutti i vescovi del mondo. Le parole della Madonna che richiedevano la consacrazione, furono scritte da Suor Lucia: "E giunto il momento in cui Dio chiede che il Santo Padre faccia, in unione con tutti i vescovi del mondo, la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato, promettendo in questo modo di salvarla…"4 Questo solenne atto di consacrazione della Russia che doveva essere compiuto dal Papa e da tutti i vescovi del mondo allo stesso tempo non è mai stato effettuato. Non c’è mai stata una consacrazione della Russia (o anche del mondo, se è per questo) che sia stata compiuta dal Papa e da tutti i vescovi del mondo nello stesso momento. Nessuno degli atti di consacrazione effettuati dai Papi Pio XII, Paolo VI o Giovanni Paolo II sono stati compiuti insieme a tutti i vescovi del mondo nello stesso momento. E’ un fatto storico noto a tutti contro il quale non vi sono argomenti che tengono - contra factum non est argumentum. 5
Era volontà di Dio che quell’atto richiesto di consacrazione fosse compiuto velocemente: il 21 gennaio 1935 Suor Lucia scrisse: "circa tre anni fa, Nostro Signore era molto dispiaciuto perché le Sue richieste non erano state esaudite ed io ho reso noto questo fatto al vescovo con una lettera … da un intima conversazione con l’Onnipotente, mi sembra che Egli sia pronto a mostrare pietà nei confronti della Russia come ha promesso cinque anni fa, ed egli desidera molto salvarla." Il 19 agosto 1931, Nostro Signore Gesù Cristo apparve a Suor Lucia, dandole questo messaggio:
"Fai sapere ai miei ministri, dato che seguono l’esempio del Re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia richiesta, che lo seguiranno nella sciagura". 6
E’ un avvertimento assai terrificante questo pronunciato da Gesù Cristo Nostro Signore, perchè l’esempio a cui Egli si riferisce è quello della disobbedienza del Re di Francia, il quale non consacrò la Francia al Suo Cuore Immacolato. Tale richiesta era stata fatta da Nostro Signore Gesù Cristo in persona. Fu rivelato a Santa Margherita Maria la quale lo comunicò a Re Luigi XIV. Luigi XIV e Luigi XV non fecero niente ed infine, dopo essere stato imprigionato, Luigi XVI cercò di obbedire al comando di Dio ma non potette compiere quell’atto solenne e pubblico che gli era stato richiesto, e finì ghigliottinato nel 1793.
Nostro Signore è stato inequivocabilmente chiaro nel dare al Papa un certo periodo di tempo per consacrare la Russia, passato il quale , se la consacrazione non sarà stata compiuta validamente, allora alcuni dei pastori della Chiesa pagheranno la loro negligenza con la propria vita. Tutto questo si evince chiaramente dalla visione del Terzo Segreto pubblicata il 26 giugno 2000. In quella visione, il Papa è ucciso da un gruppo di soldati, insieme ad altri prelati di alto rango.
L’apparato Vaticano ha tentato di interpretare la visione del "vescovo di bianco" come una premonizione del tentato omicidio di Giovanni Paolo II nel maggio del 1981. Il Crociato di Fatima ha ampiamente dimostrato che l’interpretazione della visione pubblicata dal Cardinal Ratzinger il 26 giugno 2000 è un tentativo fraudolento di porre nel passato il compimento di eventi futuri predetti nella visione. Il motivo per una tale interpretazione fraudolenta è quello di promuovere l’idea che la consacrazione della Russia sia già stata fatta e che pertanto, come afferma l’Arcivescovo Tarcisio Bertone, il "porta a compimento un periodo storico segnato dalla tragica sete umana per il potere ed il male". In altre parole, quello che aveva richiesto la Madonna di Fatima era già stato realizzato e non dovevamo più preoccuparcene.
mercoledì 28 marzo 2012
Due sette eretiche un solo padre, IL DIAVOLO...Cosi i settari Testimoni di Geova: «Gli Anziani della comunità mi dissero che se lo avessi denunciato avrei recato biasimo al nome di Geova»...Cosi la setta Neocatecumenale: "E poi mi hanno detto che se io avessi denunciato l'accaduto Gesù Cristo ci avrebbe mandato un castigo superiore a quello che stavamo già subendo".
Apprendiamo con interesse questa allucinante notizia sulla setta eretica dei Testimoni di Geova, la notizia si commenta da sola, ma colpisce l'attegiamento degli "anziani" della setta praticamente identica a quella dei catechisti eretici del Cammino Neocatecumenale nel caso di pedofilia di cui trattammo in un articolo passato:
«La prima persona alla quale ci siamo rivolti – continua il capofamiglia
– è stato il responsabile catanzarese della comunità religiosa. Mi
aspettavo che per prima cosa allontanasse dalla comunità quest'uomo abominevole, che mi indicasse la strada da seguire, e invece mi ha consigliato di non dire niente a nessuno, che forse la bambina si era sbagliata e che avrei dovuto perdonare perché la Bibbia dice:
"Scagli la prima
pietra chi è senza peccato". Ma io gli ho risposto che
Gesù Cristo ha anche detto che "chi toccava un bambino avrebbe dovuto
mettersi una macina a collo e buttarsi a mare". Allora si prodigò in
consigli e si offrì di farci accompagnare dal suo autista fuori città
nello studio di un suo psichiatra di fiducia, che dopo aver ascoltato la bambina è andato lui stesso a fare la denuncia. Dopo qualche giorno sono arrivati da fuori tre catechisti della congregazione, i quali mi hanno detto che per la credibilità del cammino di fede, per l'immagine della chiesa e per la figura del responsabile della comunità religiosa avrei dovuto mettere tutto a tacere.
Credendo di potermi infatuare come fanno con chi si avvicina a questi
movimenti, mi hanno detto che Gesù Cristo con questa storia stava
creando un disegno santo per la mia bambina e quello che era successo
era un segno della sua santità sulla nostra famiglia. E poi mi hanno
detto che se io avessi denunciato l'accaduto Gesù Cristo ci avrebbe
mandato un castigo superiore a quello che stavamo già subendo.
Ero nauseato, anche perché stavamo scoprendo il marcio di una setta fatta di gente corrotta che per i propri interessi mette a tacere cose abominevoli. Sono stato lasciato solo, divenuto un reietto per i tutti i fratelli e le sorelle di fede, cacciato dalla comunità perché, secondo loro, andando a parlare con un vescovo li avevo scavalcati.
Per la comunità religiosa rappresentavamo una "vergogna", in quanto per loro il vero cristiano era quello che perdonava tutto e se non ero come loro ero contro di loro. Il responsabile della comunità mi ha detto che non dovevo più scocciarlo».
Per la comunità religiosa rappresentavamo una "vergogna", in quanto per loro il vero cristiano era quello che perdonava tutto e se non ero come loro ero contro di loro. Il responsabile della comunità mi ha detto che non dovevo più scocciarlo».
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La storia/ Marta, per 30 anni Testimone di Geova: “Sono scappata con mia figlia”
Segnalazione di Raimondo Gatto
di Tommaso Bisogno
Il blaterare di Cavalcoli...
Una lezione di stile e di acume:le precisazioni di Padre Giovanni Cavalcoli
Fonte: Militia Christi...
Ricevo da unavox e pubblico l'ennesimo
articolo di Belvecchio che risponde a P. Cavalcoli, devo fare i
complimenti all'autore per la sua pacatezza che in alcuni casi si
mantiene con difficoltà con uno che da dell'eretico a chiunque, compreso
al sottoscritto.
Vorrei dire al P. Cavalcoli che i titoli che sbandiera a destra a manca di teologo non servono a nulla quando manca la Carità e quando manca la Carità non c'è nemmeno lo Spirito Santo!
di Belvecchio
Vorrei dire al P. Cavalcoli che i titoli che sbandiera a destra a manca di teologo non servono a nulla quando manca la Carità e quando manca la Carità non c'è nemmeno lo Spirito Santo!
Note a margine del commento di Padre Cavalcoli
circa la lettera aperta di don Nicola Bux a Mons. Fellay
e la risposta pubblica di Mons. Williamson
circa la lettera aperta di don Nicola Bux a Mons. Fellay
e la risposta pubblica di Mons. Williamson
di Belvecchio
Com’era prevedibile, ecco giungere puntuali le precisazioni di Padre Giovanni Cavalcoli (24 marzo 2012 – sito Riscossa Cristiana) riguardo della Lettera aperta indirizzata da Don Nicola Bux a Mons. Bernard Fellay (19 marzo 2012 - vedi).
Puntualizzazioni che fanno particolare riferimento alla risposta
pubblica a questa lettera di Mons. Richard Williamson (22 marzo - vedi).
Il Padre Giovanni Cavalcoli è una simpatica persona, molto appassionato nei suoi convincimenti, e a volte questa sua foga lo porta a scantonare un po’, magari inavvertitamente.
Com’è esatto che don Nicola Bux si è rivolto, chiaramente e correttamente, a Mons. Fellay, quale Superiore Generale della Fraternità San Pio X, e insieme a tutta la stessa Fraternità, così è del tutto inesatto quanto dice Padre Cavalcoli: che la risposta di Mons. Williamson sia stata formulata “a nome della Fraternità”.
Se Padre Cavalcoli avesse fatto attenzione alla formulazione di questa risposta, si sarebbe accorto che Mons. Williamson apre la sua risposta dicendo, chiaramente e correttamente: “Essendo uno dei sacerdoti della FSSPX ai quali Lei si è rivolto, mi permetta di esprimerLe la mia opinione”.
Ora, dal momento che Padre Cavalcoli è una persona istruita e dimostra di essere attento ai contenuti degli scritti che esamina, com’è possibile che gli sia sfuggita questa importantissima precisazione di Mons. Williamson?
Evidentemente, Padre Cavalcoli ha colto l’opportunità della risposta di Mons. Williamson, per far dire alla Fraternità ciò che vuole lui, secondo uno spirito che lo anima da diverso tempo e di cui già diede prova, per esempio, al tempo della Nota Introduttiva alla riedizione di Iota Unum di Romano Amerio (Fede e Cultura, 2009), dove cercò di far dire ad Amerio ciò che era caro a lui stesso. Non è un caso che il titolo dell’articolo di cui qui stiamo parlando sia tanto semplice quanto improprio dato il suo contenuto: Mons. Bux e Mons. Fellay.
Per quanto possa sembrare un elemento critico poco importante, questo nostro appunto aiuta a comprendere quale sia l’impostazione che regge questo scritto di Padre Cavalcoli: egli parla a nome di tutti, di Bux, di Fellay, di Williamson, del Papa, del Concilio, del Magistero, della Tradizione, della Chiesa.
Chi ha seguito gli scritti di Padre Cavalcoli sa che egli ha un convincimento di base, il Concilio non può sbagliare perché assistito dallo Spirito Santo, il Magistero non può sbagliare perché assistito dal Papa, il Papa non può sbagliare perché è il Papa. Ergo, tutti quelli che parlano di errori del Concilio, di errori del Magistero e di errori del Papa sono dei protestanti.
La nostra è una semplificazione eccessiva, certo, ma ecco cosa scrive Padre Cavalcoli.
Il Padre Giovanni Cavalcoli è una simpatica persona, molto appassionato nei suoi convincimenti, e a volte questa sua foga lo porta a scantonare un po’, magari inavvertitamente.
Com’è esatto che don Nicola Bux si è rivolto, chiaramente e correttamente, a Mons. Fellay, quale Superiore Generale della Fraternità San Pio X, e insieme a tutta la stessa Fraternità, così è del tutto inesatto quanto dice Padre Cavalcoli: che la risposta di Mons. Williamson sia stata formulata “a nome della Fraternità”.
Se Padre Cavalcoli avesse fatto attenzione alla formulazione di questa risposta, si sarebbe accorto che Mons. Williamson apre la sua risposta dicendo, chiaramente e correttamente: “Essendo uno dei sacerdoti della FSSPX ai quali Lei si è rivolto, mi permetta di esprimerLe la mia opinione”.
Ora, dal momento che Padre Cavalcoli è una persona istruita e dimostra di essere attento ai contenuti degli scritti che esamina, com’è possibile che gli sia sfuggita questa importantissima precisazione di Mons. Williamson?
Evidentemente, Padre Cavalcoli ha colto l’opportunità della risposta di Mons. Williamson, per far dire alla Fraternità ciò che vuole lui, secondo uno spirito che lo anima da diverso tempo e di cui già diede prova, per esempio, al tempo della Nota Introduttiva alla riedizione di Iota Unum di Romano Amerio (Fede e Cultura, 2009), dove cercò di far dire ad Amerio ciò che era caro a lui stesso. Non è un caso che il titolo dell’articolo di cui qui stiamo parlando sia tanto semplice quanto improprio dato il suo contenuto: Mons. Bux e Mons. Fellay.
Per quanto possa sembrare un elemento critico poco importante, questo nostro appunto aiuta a comprendere quale sia l’impostazione che regge questo scritto di Padre Cavalcoli: egli parla a nome di tutti, di Bux, di Fellay, di Williamson, del Papa, del Concilio, del Magistero, della Tradizione, della Chiesa.
Chi ha seguito gli scritti di Padre Cavalcoli sa che egli ha un convincimento di base, il Concilio non può sbagliare perché assistito dallo Spirito Santo, il Magistero non può sbagliare perché assistito dal Papa, il Papa non può sbagliare perché è il Papa. Ergo, tutti quelli che parlano di errori del Concilio, di errori del Magistero e di errori del Papa sono dei protestanti.
La nostra è una semplificazione eccessiva, certo, ma ecco cosa scrive Padre Cavalcoli.
«Osservo,
d’altra parte, che l’attaccamento eccessivo ed unilaterale dei
lefevriani alla Messa Tridentina dipende dalla loro incapacità di
apprezzare la riforma conciliare vedendo in essa una profanazione della
liturgia, mentre questa si dà certamente nell’interpretazione rahneriana della liturgia,
ed inoltre dipende da una visione arretrata della dottrina cattolica,
visione incapace di riconoscere nelle dottrine del Concilio un
approfondimento ed un’esplicitazione della medesima dottrina cattolica.
E’ in sostanza mutatis mutandis lo stesso atteggiamento che
assunse Lutero, benché i lefevriani si dichiarino avversari di Lutero in
nome del Concilio di Trento. Anche Lutero, ritenendosi illuminato dallo
Spirito meglio del Papa, non faceva tanto una questione di comunione
ecclesiale o di prassi cristiana o liturgia, quanto piuttosto della verità del Vangelo o, come egli diceva, della Parola di Dio. I lefevriani parlano di “Tradizione” e di dogma anziché di “Scrittura”, ma il metodo e l’atteggiamento verso Roma sono uguali».
lunedì 26 marzo 2012
Don Francesco Ricossa e il "protestantesimo" di Ratzinger...
Falso ecumenismo Conciliare "del non ritorno degli eretici e scismatici in seno alla chiesa Cattolica...
...Ed ora chiediamoci: che cosa significa ristabilire l'unità di tutti i cristiani? Sappiamo tutti che esistono numerosi modelli di unità e voi sapete anche che la Chiesa cattolica si prefigge il raggiungimento della piena unità visibile dei discepoli di Gesù Cristo secondo la definizione che ne ha dato il Concilio Ecumenico Vaticano II in vari suoi documenti (cfr “Lumen Gentium”, nn. 8;13; “Unitatis Redintegratio”, nn. 2; 4 ecc.). Tale unità, secondo la nostra convinzione, sussiste, sì, nella Chiesa cattolica senza possibilità di essere perduta (cfr “Unitatis Redintegratio”, n. 4); la Chiesa infatti non è scomparsa totalmente dal mondo.
D'altra parte questa unità non significa quello che si potrebbe chiamare ecumenismo del ritorno: rinnegare cioè e rifiutare la propria storia di fede. Assolutamente no! Non significa uniformità in tutte le espressioni della teologia e della spiritualità, nelle forme liturgiche e nella disciplina. Unità nella molteplicità e molteplicità nell'unità: nell'omelia per la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, lo scorso 29 giugno, ho rilevato che piena unità e vera cattolicità nel senso originario della parola vanno insieme. Condizione necessaria perché questa coesistenza si realizzi è che l'impegno per l'unità si purifichi e si rinnovi continuamente, cresca e maturi. A questo scopo può recare un suo contributo il dialogo. Esso è più di uno scambio di pensieri, di un'impresa accademica: è uno scambio di doni (cfr “Ut Unum Sint”, n. 28), nel quale le Chiese e le Comunità ecclesiali possono mettere a disposizione i loro tesori (cfr “Lumen Gentium”, nn. 8; 15; “Unitatis Redintegratio”, nn. 3; 14s; “Ut Unum Sint”, nn. 10-14). Desidero anche io in questo contesto ricordare il grande pioniere dell'unità, padre Roger Schutz, che è stato strappato alla vita in modo così tragico. Lo conoscevo personalmente da tempo e avevo con lui un rapporto di cordiale amicizia. Mi ha spesso reso visita e, come ho già detto a Roma, il giorno della sua uccisione ho ricevuto una sua lettera che mi è rimasta nel cuore perché in essa sottolineava la sua adesione al mio cammino e mi annunciava di volermi venire a trovare. Ora ci visita dall'alto e ci parla. Penso che dovremmo ascoltarlo, ascoltare dal di dentro il suo ecumenismo vissuto spiritualmente e lasciarci condurre dalla sua testimonianza verso un ecumenismo interiorizzato e spiritualizzato. Vedo un confortante motivo di ottimismo nel fatto che oggi si sta sviluppando una sorta di "rete" di collegamento spirituale tra cattolici e cristiani delle varie Chiese e Comunità ecclesiali: ciascuno si impegna nella preghiera, nella revisione della propria vita, nella purificazione della memoria, nell'apertura della carità. Il padre dell'ecumenismo spirituale, Paul Couturier, ha parlato a questo riguardo di un "chiostro invisibile", che raccoglie tra le sue mura queste anime appassionate di Cristo e della sua Chiesa. Io sono convinto che, se un numero crescente di persone si unirà interiormente alla preghiera del Signore "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17, 21), una tale preghiera nel nome di Gesù non cadrà nel vuoto (cfr Gv 14, 13; 15, 7.16 ecc.). (dal discorso tenuto da Benedetto XVI ai rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali, nell’arcivescovado di Colonia, il 19 agosto 2005, durante la Giornata Mondiale della Gioventù)
...Oggi il dialogo ecumenico non può più essere scisso dalla realtà e dalla
vita nella fede nelle nostre Chiese senza recare loro danno. Quindi
volgiamo insieme il nostro sguardo all'anno 2017, che ci ricorda
l'affissione delle tesi di Martin Lutero sulle indulgenze cinquecento
anni fa. In quell'occasione luterani e cattolici avranno l'opportunità
di celebrare in tutto il mondo una comune commemorazione ecumenica...
(L'udienza del Pontefice a una delegazione della Chiesa unita evangelica luterana di Germania)
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Sotto l'articolo notizie sull'istituto Mater Boni consili...
“Il Concilio Vaticano II è stato e resta un autentico segno di Dio anche per i nostri tempi”. Lo ha sottolineato Benedetto XVI, nel videomessaggio che ha aperto oggi a Lourdes l’incontro nazionale della Chiesa francese per celebrare i 50 anni dall’apertura del Concilio. “Se noi siamo in grado di leggere e interpretare il suo messaggio all’interno della tradizione della Chiesa e nel solco del suo magistero – ha sottolineato in particolare Papa Ratzinger – il Concilio si rivelerà anche ai giorni nostri una grande forza per il futuro della Chiesa” ed “io auspico vivamente che questo anniversario sia per voi e per tutta la Chiesa occasione di rinnovamento spirirtuale e pastorale”. Un rinnovamento che “richiede un’apertura ancora più grande alla persona del Cristo e una riscoperta della parola di Dio per realizzare una conversione profonda dei nostri cuori, per consentirci di andare ancora per le strade di tutto il mondo a proclamare il Vangelo della speranza alle donne e agli uomini dei nostri tempi, in un dialogo che deve essere rispettoso di tutti“. Nell’auspicio, ha concluso Benedetto XVI, “che questo tempo di grazia possa anche consolidare comunione all’interno della grande famiglia della Chiesa cattolica e contribuisca alla ritrovata unità fra tutti i Cristiani che è stato uno degli obbiettivi principali del Concilio”.
Fonte: TMNews 24/03/2012
RATZINGER PROTESTANTE? AL 99 %!
di don Francesco Ricossa
Sarebbe passato inosservato, tranne che per gli addetti ai lavori, se il mensile “30 Giorni” ed il settimanale “Il Sabato”, legati a Comunione e Liberazione, non gli avessero dato risalto. Un risalto meritato.
Intendo parlare dell'intervento che il “Cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede” Joseph Ratzinger ha tenuto a Roma il 29 gennaio 1993 presso il Centro evangelico di cultura della locale comunità valdese.
Il
testo integrale dell'intervento di Ratzinger e quello del prof. Paolo
Ricca, valdese, si può leggere nella rivista “30 Giorni” n. 2 Febbraio
1993, pagg. 66-73, pubblicato sotto il titolo redazionale (ma
significativo) di “Ratzinger, il prefetto ecumenico”. Questa lettura
dev’essere completata con l'intervista accordata dal teologo luterano
Oscar Cullmann a “Il Sabato” n. 8, 20 febbraio 1993 pagg. 61-63,
pubblicata sotto il titolo redazionale (ed altrettanto significativo)
di: “Il figlio di Lutero e sua eminenza”.
Per
i lettori di “Sodalitium” presento un riassunto delle idee del “Card.”
Ratzinger (che ha fatto a Mons. Guérard des Lauriers l'onore di
“scomunicarlo”) sulla Chiesa e l'ecumenismo. Chiunque può verificare le
fonti sulle riviste citate. E constatare se Ratzinger è ancora cattolico
oppure, come palesemente appare, non lo è più.
Cullmann parla per bocca di Ratzinger
Quando
Papa S. Leone Magno, tramite i suoi legati, intervenne al concilio di
Calcedonia, i Padri del Concilio dissero: “Pietro parla per bocca di
Leone”.
Leggendo
l’intervento di Ratzinger presso i Valdesi e l’intervista di Cullmann
si può dire che questi parla per bocca di Ratzinger. Le parole sono di
Ratzinger, le idee di Cullmann. Per cui non c’è da stupirsi che i
Valdesi “siano d’accordo al 99%, per non dire al 100%” (RICCA, “30
Giorni”, pag. 69).
Ma chi è Cullmann?
Cullmann
nacque nel 1902 a Strasburgo, patria del riformatore protestante Bucer
al quale egli volentieri si richiama (“Il Sabato”, pag. 61). Alsaziano,
egli vede in questo un “fatto provvidenziale” in quanto la sua
popolazione è, in quel luogo, metà cattolica e metà protestante.
Studiò
teologia “sotto la guida di Loisy a Parigi” (ARDUSSO. FERRETTI.
PASTORE. PERONE. La Teologia contemporanea. Marietti 1980, pag. 108).
L’esegeta modernista e scomunicato non fu certo buon maestro. Ancor meno
lo fu il Bultmann, “il grande demitizzatore dei Vangeli” (“Il Sabato”,
pag. 63), col quale presentò la tesi di laurea sulla “Formgeschichte”.
“Bultmann disse che era la miglior presentazione della sua
Formgeschichte” (Pag. 63). In seguito si separò “radicalmente” da
Bultmann, poiché costui mediava la lettura della Bibbia tramite la
filosofia (esistenzialista) mentre Cullmann non accettava nessuna
mediazione. Con ciò Cullmann non abbandona affatto l’approccio
protestante alla Scrittura, e neppure “il metodo della storia delle
forme” (Formgeschichte methode) di Bultmann, secondo il quale “compito
dell’esegeta è scoprire il nucleo essenziale della Bibbia: Cullmann lo trova nella storia della salvezza” (ARDUSSO, op. cit. pag. 110).
Insegnò
tra l’altro alla libera facoltà di teologia protestante di Parigi
(1948-72) ed alla facoltà Teologica Valdese a Roma. Partecipò al
Concilio Vaticano II come osservatore e Paolo VI lo definì “uno dei miei
migliori amici” (“Il Sabato”, pag. 62). “Durante il Vaticano II
Cullmann, ospite personale del Segretariato per l’unità dei cristiani,
contribuiva a determinare l’orientamento biblico, cristocentrico e
storico della teologia conciliare (...) più recentemente Cullmann ha
proposto un modello di ‘comunità di Chiese’ nel suo libro ‘Unità
attraverso la diversità’ (Brescia 1988), modello apprezzato pure dal cardinale Ratzinger nel suo intervento alla chiesa valdese di Roma il 29 gennaio scorso”
(pag. 62). Conobbe Ratzinger durante il Concilio, stimandolo “il
miglior teologo tra i cosiddetti periti, gli esperti... Con una
reputazione di progressista spinto” (pag. 63). Da allora i due
sono
in corrispondenza, dapprima su problemi esegetici; in seguito -
dichiara Cullmann - « il carteggio si è ingrandito, specialmente in
relazione alla proposta del mio modello di “unità mediante la
diversità”, una proposta che, come abbiamo già detto, il Cardinale ha
apprezzato in privato e in pubblico » (pag. 63). Cullmann si rallegra
particolarmente di una lettera nella quale Ratzinger gli scrive “di aver
sempre imparato” dai suoi studi, “anche quando non era d’accordo”. E
Cullmann commenta: “Uniti nella diversità” (pag. 63).
“L’opera
di Cullmann (…) è da annoverarsi tra quelle che maggiormente hanno
contribuito al dialogo tra cattolici e protestanti” (ARDUSSO, op. cit.,
pag.112) pur restando egli fermamente attaccato all’eresia, negando
esplicitamente l’infallibilità della Chiesa Cattolica, e il primato di
giurisdizione di Pietro e dei suoi successori (cf. ARDUSSO, op. cit.,
pag. 112; “Il Sabato”, pag.
62).
Un ponte quindi tra cattolici e protestanti. Per far diventare
protestanti i cattolici (facendo loro credere, per di più, di restare
cattolici: “uniti” sì, ma… “nella diversità”!) |
IN ANNUNTIATIONE BEATÆ MARÍÆ VÍRGINIS...
EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam, 1, 26-38
In illo témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Ioseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quæ cum audísset, turbáta est in sermóne eius: et cogitábat qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce concípies in útero, et páries fílium, et vocábis nomen eius Iesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David patris eius: et regnábit in domo Iacob in ætérnum, et regni eius non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco ? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te,
et virtus Altíssimi obumbrábit tibi. Ideóque et quod nascétur ex te
Sanctum, vocábitur Fílius Dei. Et ecce Elísabeth cognáta tua, et ipsa
concépit fílium in senectúte
sua: et hic mensis sextus est illi, quæ vocátur stérilis: quia non erit
impossíbile apud Deum omne verbum. Dixit autem María: Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum.
M. - Laus tibi Christe.
M. - Laus tibi Christe.
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.
M. - Laus tibi Christe.
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.
M. - Laus tibi Christe.
domenica 25 marzo 2012
Onore a Te, grande difensore della fede cattolica donataci da Nostro Signore Gesù Cristo. Prega dal Cielo per noi, affinchè conseviamo ciò che il Signore ci ha donato e tu ci hai consegnato...
Allora, miei carissimi fratelli, che dobbiamo fare di fronte a questa situazione? Certamente, dobbiamo desiderare il regno di Nostro Signore, dobbiamo pregare con tutto il cuore, con tutta l’anima, particolarmente oggi, per chiedere a Nostro Signore di regnare. Che ci aiuti, che ci venga in soccorso, Lui che ci donato tutti i mezzi per salvarci. Ma di fronte a questa situazione che è apparentemente insolubile, che possiamo fare?
Ebbene! Dobbiamo fare ciò che Nostro Signore Gesù Cristo ha voluto che facessimo, e cioè santificarci, risuscitare la grazia che abbiamo ricevuta il giorno del nostro battesimo per cancellare il peccato originale e per guarirne tutte le conseguenze. Noi sappiamo benissimo che queste conseguenze del peccato originale le abbiamo ancora, le portiamo in noi e dobbiamo costantemente lottare con la grazia di Nostro Signore, con la preghiera, con la ricezione degna e frequente dei sacramenti, con l’assistenza alla Santa Messa, alla vera Messa. Noi sappiamo che è così che le nostre anime si purificheranno, che le nostre anime si santificheranno, che le nostre anime faranno regnare in esse la legge e la grazia di Nostro Signore Gesù Cristo.
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