San Pio X
«Appena arrestato, mi portarono con una colonna di macchine nella via Andrassy 60, luogo spaventoso di tortura e vero centro di terrore già al tempo dell’occupazione nazista. Là, imperava il capo di tutta l’organizzazione poliziesca, il generale Peter Gabor, che aveva cambiato il suo vero cognome di Benjamin Eisenberg, essendo di smaccata marca giudaica. Suo braccio destro era un altro ebreo, Gyula Décsi, il quale, quando mi ebbe nelle sue mani, gridò euforico: “Razza di un cane, è un pezzo che aspettavamo questo momento, finalmente arrivato!”. Mi stavano ringraziando per la prigionia subita sotto i tedeschi, perchè tutti noi vescovi d’Ungheria avevamo protestato a causa delle persecuzioni antisemite. Subito incominciarono gli interminabili e ossessivi interrogatori, e dato che non potevo confermare le loro spudorate menzogne, il maggiore Décsi incominciò a picchiami violentemente con un manganello di gomma su tutto il corpo sino ad averne il fiato grosso. Eravamo solo all’inizio. In seguito, mi costringevano a spogliarmi per subire, nudo, il trattamento dei manganelli, condito con una abbondante dose di calci anche nei genitali; e, pure di notte, per impedirmi il sonno. Tutto questo per costringermi a confessare i miei delitti e poi sottoscriverli, e così dar corso “alla legalità socialista”, come prescrive il Talmud. Dopo venti giorni, ero ridotto in uno stato di completa incoscienza, anche per le droghe immesse nel cibo; e ricordo solo una allucinante sensazione che mi mancasse la spina dorsale e altre parti del corpo ormai quasi paralizzate. E allora, il logorante processo, durato dal 3 al 5 febbraio, con un lungo verbale di accusa che dovetti firmare senza rendermi conto cosa fosse in esso scritto. La sentenza fu emessa il giorno dopo, con l’ergastolo in una segreta prigione di massima sicurezza».
Questo scritto è stato pubblicato sul blog francese tradinews
i neretti sono nostri
si veda la risposta di don Michele Simoulin
e l'editoriale sullo stesso argomento scritto da don Michele Simoulin
sul numero di maggio del Seignadou
Dal mese di settembre 2011 sono in corso delle trattative fra le autorità romane, e il particolare il Cardinale Levada, da un lato, e il Superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, dall’altro. Il contenuto dei documenti scambiati resta in gran parte segreto: come membro di base della Fraternità io conosco verbalmente solo il testo del Preambolo dottrinale e della prima risposta di Mons. Fellay.
A tutt’oggi, sull’argomento esistono dei gravi dissensi nella Fraternità. Che sono stati resi manifesti con la pubblicazionedi una corrispondenza tra Mons. Fellay e gli altri tre vescovi. Questi ultimi mettono in guardia Mons. Fellay contro il pericolo di un accordo puramente pratico mentre le autorità romane si ostinano a promuovere gli errori del Concilio Vaticano II.
Diversi sacerdoti della Fraternità si sono espressi pubblicamente per difendere l’opportunità e perfino la necessità di un tale accordo pratico nelle attuali circostanze. Io mi permetto di scrivere questo breve testo per esprimere la mia perplessità su questa eventualità. Lo faccio in maniera anonima poiché mentre quelli che sono favorevoli ad un accordo possono esprimersi liberamente, quelli invece che non condividono questa veduta non sono liberi di esprimere liberamente il loro pensiero. Su questo argomento all’interno della Fraternità regna una sorta di omertà in questo momento.
Non si tratta di opporsi in maniera sovversiva alla legittima autorità, che io rispetto ed onoro, ma di rispondere agli argomenti dei confratelli favorevoli ad un accordo pratico, poiché non mi sembra che questi argomenti debbano comportare l’adesione. Da notare che, a quanto ne so, finora non è stato firmato alcun accordo, quindi ci troviamo ancora in una fase di consiglio e di deliberazione.
Mi riferirò in particolare ad un testo che ho ricevuto per posta elettronica e che è stato redatto da Don Michele Simoulin, che sta in Francia, nella scuola Saint-Joseph-des-Carmes. Procederò con le citazioni che poi commenterò.