di pestare la faccia ai poveri?». Oracolo del Signore, Signore degli eserciti. (Isaia Cap 3)
lunedì 31 dicembre 2012
Buon 2013 a tutti i lettori del Blog...
[1]Ecco infatti, il Signore, Dio degli eserciti, toglie a Gerusalemme e a Giuda ogni genere di sostegno, ogni riserva di pane e ogni sostentamento d'acqua, [2]il prode e il guerriero, il giudice e il profeta, l'indovino e l'anziano, [3]il capo di una cinquantina e il notabile, il consigliere e il mago sapiente e l'esperto di incantesimi. [4]Io metterò come loro capi ragazzi, monelli li domineranno. [5]Il popolo userà violenza: l'uno contro l'altro, individuo contro individuo; il giovane tratterà con arroganza l'anziano, lo spregevole, il nobile. [6]Poiché uno afferra l'altro nella casa del padre: «Tu hai un mantello: sii nostro capo; prendi in mano questa rovina!». [7]Ma quegli si alzerà in quel giorno per dire: «Non sono un medico; nella mia casa non c'è pane né mantello; non mi ponete a capo del popolo!». [8]Certo, Gerusalemme va in rovina e Giuda crolla, perché la loro lingua e le loro opere sono contro il Signore, fino ad offendere la vista della sua maestà divina. [9]La loro parzialità verso le persone li condanna ed essi ostentano il peccato come Sòdoma: non lo nascondono neppure; disgraziati!
Si preparano il male da se stessi. [10]Beato il giusto, perché egli avrà bene, mangerà il frutto delle sue opere. [11]Guai all'empio! Lo colpirà la sventura, secondo i misfatti delle sue mani avrà la mercede. [12]Il mio popolo! Un fanciullo lo tiranneggia e le donne lo dominano. Popolo mio, le tue guide ti traviano, distruggono la strada che tu percorri. [13]Il Signore appare per muovere causa, egli si presenta per giudicare il suo popolo. [14]Il Signore inizia il giudizio con gli anziani e i capi del suo popolo: «Voi avete devastato la vigna; le cose tolte ai poveri sono nelle vostre case. [15]Qual diritto avete di opprimere il mio popolo,
di pestare la faccia ai poveri?». Oracolo del Signore, Signore degli eserciti. (Isaia Cap 3)
di pestare la faccia ai poveri?». Oracolo del Signore, Signore degli eserciti. (Isaia Cap 3)
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Oggi è l'ultimo dell'anno e doverosamente si deve rendere grazie a Dio per tutto ciò che ci ha dato da vivere in questo anno, sia nel bene che nel male, che Lui permette per nostra correzione e che chiaramente ha sempre un limite, perchè il bene di Dio è più grande del male istigato da satana e che gli uomini corrotti dalle sue lusinghe accettano.
Come piccolo regalo per tutti i lettori, Tradizionali, postiamo un insegnamento di Monsignor Lefebvre affinchè la Sua voce e il Suo insegnamento rischiarino questi momenti bui che la Chiesa stà attraversando per opera dei modernisti, condannati, che hanno occupato la Santa Sede dal conciliabolo in poi.
Dedichiamo questo insegnamento del Monsignore anche a tutti coloro che hanno e stanno pensando di compiere l'ignobile "accordo" con gli assasini della fede affinchè gli si rischiari la mente su ciò che ha lasciato Monsignor Lefebvre in eredità per continuare la Santa battaglia per la fede...
Infine dedichiamo questo insegnamento a tutti coloro che hanno subito l'allontanamento dalla Fraternità San Pio X perchè contrari alla linea accordista affinchè abbiano il coraggio di continuare ciò che Monsignor Lefebvre ha iniziato tanti anni fà per la salvaguardia della Vera Messa Cattolica e per il Vero Sacerdozio.
A TUTTI BUON 2013 NEL SIGNORE NOSTRO GESU' CRISTO...
Cruccas Gianluca e Annarita Onofri...
Monsignor Lefebvre a Montalenghe il 6 Novembre 1988...
LA FALSA ALTERNATIVA DELLA MEDICINA DELLA MISERICORDIA...
Giovanni XIII, modernista, coniatore e fautore della falsa "medicina della
misericordia"...
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Pare che oggi sia scomparsa dalla
Chiesa la condanna del peccato.
Non diciamo che non si dichiari più che questo
o quello sia peccato; diciamo solo che lo si fa così timidamente e dolcemente
da sembrare, anche per la Chiesa, una questione non grave. Sì, generalmente
oggi si fa così. Se si dice ancora che un'azione è peccato, parte subito tutta
un’opera di addolcimento dell'accusa, per non spaventare il peccatore, per
accoglierlo comunque, dicendo subito che la misericordia vince. Ma la
misericordia di Dio la si comprende bene solo se si coglie tutta la gravità del
peccato. Oggi ormai ha vinto questa linea nella Chiesa, disastrosa dal punto di
vista della cura delle anime, disastrosa per la pastorale, come si suol dire
oggi.
Non è solo il mondo ad aver fatto il disastro
morale di oggi, troppo comodo incolpare solo quelli di fuori! Siamo noi che non
abbiamo più parlato con chiarezza della gravità del peccato, del peccato
mortale, del pericolo dell'anima che muore in stato di impenitenza finale.
Siamo noi che abbiamo “scherzato”, parlando di peccato e di misericordia (quasi
fosse questa una concessione preventiva al tradimento di Dio), non aiutando le
anime nel ravvedimento e nel vivere secondo Dio. Vivere nel peccato vuol dire
perdere la vita. Non abbiamo più detto che il peccato dispiace a Dio, che
rovina l'esistenza quaggiù e chiude il Paradiso. Non abbiamo più parlato di
dolore del peccato, di contrizione, e poi ci stupiamo che non ci si confessi
più!
Il nuovo corso è iniziato quando si è
cominciato a dire che la Chiesa (“moderna”) preferisce la medicina della
misericordia a quella della condanna. Si è addirittura fatto un Concilio per
dire che non si voleva condannare più l’errore. Si è d'autorità deciso, per
esempio, di tacere sul male “religioso” del '900, il comunismo ateo con tutti i
suoi errori ed orrori.
Invece la Chiesa, nel passato, non distinse
mai la misericordia dalla condanna del peccato! Sono entrambe azioni necessarie
nell'opera di Dio, nell'opera di salvezza delle anime: la condanna seria del
peccato apre l'anima alla possibilità del dolore che salva; la misericordia
dona la grazia del perdono, a chi la domanda.
Terminiamo con una pagina di J. H. Newman,
dell'Apologia pro vita sua, dove, parlando dell'Infallibilità della Chiesa, la
introduce così:
“Anzitutto,
la dottrina del maestro infallibile deve iniziare da una vibrata protesta contro lo stato attuale dell'umanità. L'uomo si è
ribellato al suo Creatore. Questa ribellione ha provocato l'intervento divino; e la denuncia della ribellione dev'essere
il primo atto del messaggio accreditato da Dio. La Chiesa deve denunciare
la ribellione come il più grave di tutti i mali possibili. Non può scendere a
patti; se vuole essere fedele al suo Maestro, deve bandirla e anatemizzarla.
[...]
La Chiesa cattolica pensa sia
meglio che cadano il sole e la luna dal cielo, che la terra neghi il raccolto e
tutti i suoi milioni di abitanti muoiano di fame nella più dura afflizione per
quanto riguarda i patimenti temporali, piuttosto che una sola anima, non diciamo si perda, ma commetta un solo peccato
veniale, dica una sola bugia volontaria o rubi senza motivo un solo misero
centesimo.”
Ecco come il beato Newman, erroneamente
considerato come precursore del Vaticano II, fa eco alla grande Tradizione
della Chiesa, che anche sugli aspetti morali è di semplice ed estrema chiarezza.
Altro che le elucubrazioni pastorali di oggi che hanno prodotto parrocchie dove
la maggioranza dei fedeli vive strutturalmente in peccato mortale.
Ascoltiamo Newman, ascoltiamo la Chiesa: la
Misericordia inizia con la denuncia del peccato, dicendone tutta la sua
gravità.
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domenica 30 dicembre 2012
Attenzione alla cultura...
Commenti
settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard
Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
29 dicembre 2012
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
29 dicembre 2012
Questi commenti sono
reperibili tramite il seguente accesso controllato:
http://www.dinoscopus.org/italiano/italianiprincipale.html
http://www.dinoscopus.org/italiano/italianiprincipale.html
Attenzione alla cultura
Dato che la direzione della Fraternità San Pio X sembra vacillare, i cattolici che amano la Fraternità, perché da essa hanno ricevuto tanto negli anni, potrebbero essere tentati di pensare che, come semplici fedeli, non possano fare tanto per essa. Se è così, si sbaglierebbero. Vogliano leggere le seguenti riflessioni di un mio amico, tra le cui righe si può capire che se Dio non salva la Fraternità per loro, cosa che certo potrebbe fare, la rovina della Fraternità dipenderà almeno in parte da loro. Quanto segue è un adattamento della lettera del mio amico:-
“Un accordo pratico sarebbe rovinoso per la causa della Tradizione cattolica. Basta guardare a quanto è accaduto ai Redentoristi tradizionali in Scozia… Le due Messe non possono coesistere. L’una scaccerà sempre l’altra… Ho partecipato di recente ad una Messa Novus Ordo. L’intera chiesa era pervasa da parlottii e applausi continui… Le due parti sono semplicemente troppo distanti per un lavoro in comune. Nessun comune intento è possibile tra modernità e Tradizione.
“Vi è poi la profonda rivoluzione che ha travolto la civiltà moderna, compreso il movimento tradizionale, e che in gran parte è stata trascurata dalla direzione della Tradizione… La tecnologia elettronica ha prodotto uno sconvolgimento culturale nelle nostre vite, specialmente delle giovani generazioni. Se questa tecnologia non viene governata correttamente, di certo indebolisce la fede, perché può coinvolgere l’intera vita delle persone. Sovente i giovani ne sono catturati. Si attaccano ad essa per l’intera giornata. E le persone che se ne lasciano inghiottire perdono l’equilibrio, diventano incapaci di svegliarsi al mattino, di tenere una conversazione dal vivo o di mantenere un lavoro.
“Ora, se una compagine sportiva non viene ammonita dal suo allenatore, i suoi standard di giuoco incominciano a venir meno. Se i cattolici non vengono ammoniti sulle questioni culturali, come la musica, l’abbigliamento femminile o l’uso della televisione, i loro standard culturali cominciano a decadere, cosa che comporta profonde implicazioni sulla loro fede. I genitori tradizionali sono lasciati soli con le loro famiglie nella lotta per tenere fuori dalle loro case la mondanità del mondo moderno, poiché la direzione della FSSPX ha trascurato questa rivoluzione culturale o non le presta la dovuta attenzione. Ho avuto molte lunghe discussioni con delle famiglie tradizionali che sono preoccupate per il modo in cui si sta evolvendo il movimento tradizionale. Se i movimenti religiosi vogliono prosperare, devono prendere posizione sulle questioni culturali. La Tradizione si è rafforzata quando ha deciso di prendere posizione sulla televisione. Ma se non si prende posizione sulle questioni culturali, ben presto la tenuta delle posizioni dottrinali si indebolisce.
“L’ultimo Capitolo della FSSPX può aver impedito per il momento che essa cadesse nel baratro, ma questo non mi conforta molto. Esso ha prestato molta attenzione alla definizione di parametri relativi a delle future discussioni con Roma in vista di un accordo. Eppure Roma sostanzialmente non è cambiata dal 1988. A mio parere, la FSSPX ha bisogno di recuperare il ruolo profetico che la contraddistingueva quando era ancora in vita Mons. Lefebvre. Il movimento tradizionale ha bisogno di denunciare con forza il modernismo e il liberalismo che stanno portando alla distruzione la Chiesa cattolica. Ultimamente, questa denuncia è stata messa in sordina. Forse molti sacerdoti tradizionali sono distratti dai conforti che pensano di poter acquisire da un accordo con Roma.”
Sta a voi, cari lettori.
Nelle vostre case, basta con la musica di scarto e priva di valore. Sbarazzatevi della televisione. Riducete al minimo l’elettronica. Madri, indossate le gonne tutte le volte che è possibile, cioè per la gran parte del tempo. Altrimenti, non ci si lamenti se Dio non salva la Fraternità. Egli non impone i suoi doni ad alcuno.
Sia benedetto il suo nome per sempre.
Dato che la direzione della Fraternità San Pio X sembra vacillare, i cattolici che amano la Fraternità, perché da essa hanno ricevuto tanto negli anni, potrebbero essere tentati di pensare che, come semplici fedeli, non possano fare tanto per essa. Se è così, si sbaglierebbero. Vogliano leggere le seguenti riflessioni di un mio amico, tra le cui righe si può capire che se Dio non salva la Fraternità per loro, cosa che certo potrebbe fare, la rovina della Fraternità dipenderà almeno in parte da loro. Quanto segue è un adattamento della lettera del mio amico:-
“Un accordo pratico sarebbe rovinoso per la causa della Tradizione cattolica. Basta guardare a quanto è accaduto ai Redentoristi tradizionali in Scozia… Le due Messe non possono coesistere. L’una scaccerà sempre l’altra… Ho partecipato di recente ad una Messa Novus Ordo. L’intera chiesa era pervasa da parlottii e applausi continui… Le due parti sono semplicemente troppo distanti per un lavoro in comune. Nessun comune intento è possibile tra modernità e Tradizione.
“Vi è poi la profonda rivoluzione che ha travolto la civiltà moderna, compreso il movimento tradizionale, e che in gran parte è stata trascurata dalla direzione della Tradizione… La tecnologia elettronica ha prodotto uno sconvolgimento culturale nelle nostre vite, specialmente delle giovani generazioni. Se questa tecnologia non viene governata correttamente, di certo indebolisce la fede, perché può coinvolgere l’intera vita delle persone. Sovente i giovani ne sono catturati. Si attaccano ad essa per l’intera giornata. E le persone che se ne lasciano inghiottire perdono l’equilibrio, diventano incapaci di svegliarsi al mattino, di tenere una conversazione dal vivo o di mantenere un lavoro.
“Ora, se una compagine sportiva non viene ammonita dal suo allenatore, i suoi standard di giuoco incominciano a venir meno. Se i cattolici non vengono ammoniti sulle questioni culturali, come la musica, l’abbigliamento femminile o l’uso della televisione, i loro standard culturali cominciano a decadere, cosa che comporta profonde implicazioni sulla loro fede. I genitori tradizionali sono lasciati soli con le loro famiglie nella lotta per tenere fuori dalle loro case la mondanità del mondo moderno, poiché la direzione della FSSPX ha trascurato questa rivoluzione culturale o non le presta la dovuta attenzione. Ho avuto molte lunghe discussioni con delle famiglie tradizionali che sono preoccupate per il modo in cui si sta evolvendo il movimento tradizionale. Se i movimenti religiosi vogliono prosperare, devono prendere posizione sulle questioni culturali. La Tradizione si è rafforzata quando ha deciso di prendere posizione sulla televisione. Ma se non si prende posizione sulle questioni culturali, ben presto la tenuta delle posizioni dottrinali si indebolisce.
“L’ultimo Capitolo della FSSPX può aver impedito per il momento che essa cadesse nel baratro, ma questo non mi conforta molto. Esso ha prestato molta attenzione alla definizione di parametri relativi a delle future discussioni con Roma in vista di un accordo. Eppure Roma sostanzialmente non è cambiata dal 1988. A mio parere, la FSSPX ha bisogno di recuperare il ruolo profetico che la contraddistingueva quando era ancora in vita Mons. Lefebvre. Il movimento tradizionale ha bisogno di denunciare con forza il modernismo e il liberalismo che stanno portando alla distruzione la Chiesa cattolica. Ultimamente, questa denuncia è stata messa in sordina. Forse molti sacerdoti tradizionali sono distratti dai conforti che pensano di poter acquisire da un accordo con Roma.”
Sta a voi, cari lettori.
Nelle vostre case, basta con la musica di scarto e priva di valore. Sbarazzatevi della televisione. Riducete al minimo l’elettronica. Madri, indossate le gonne tutte le volte che è possibile, cioè per la gran parte del tempo. Altrimenti, non ci si lamenti se Dio non salva la Fraternità. Egli non impone i suoi doni ad alcuno.
Sia benedetto il suo nome per sempre.
Kyrie eleison.
Londra, Inghilterra
Londra, Inghilterra
venerdì 28 dicembre 2012
«Resistite fortes in Fide»...
Questo articolo è stato inviato da
Don Juan Carlos Ortiz e pubblicato sul sito francese Avec
l’Immaculée.
Don Juan Carlos Ortiz è un sacerdote della Fraternità.
Don Juan Carlos Ortiz è un sacerdote della Fraternità.
«Resistite fortes in Fide» –
Resistete forti nella Fede (1 Pietro, 5, 9)
Cari amici,
ci fa piacere darvi delle novità dal gruppo di sacerdoti della
Resistenza, così da incoraggiarvi a proseguire il lavoro per
preservare l’autentica eredità di Mons. Lefebvre.
Ritiro sacerdotale
La prima buona novità è costituita dal ritiro predicato dal 17 al 21 dicembre 2012 ai sacerdoti della Resistenza, da S. Ecc. Mons. Richard Williamson, che ha accettato amabilmente di venire dall’Inghilterra.
A questo ritiro, eravamo presenti in dieci sacerdoti, provenienti da diversi paesi, ma soprattutto dagli Stati Uniti. Avremmo potuto essere il doppio se gli impegni pastorali non avessero impedito la presenza degli altri.
Nel corso dei cinque giorni, Sua Eccellenza ha pronunciato delle eccellenti conferenze spirituali e dottrinali, che sono state molto apprezzate. Siamo stati felici di riconoscere in Lui l’autentico spirito di Mons. Lefebvre, oggi così fortemente diminuito in certi dirigenti della neo- FSSPX. Siamo stati ugualmente felici di trovare in lui la chiarezza del suo insegnamento pedagogico, allorché ci ha parlato dei problemi attuali nel mondo, nella Chiesa e nella neo-FSSPX.
Il ritiro si è svolto nella bella fattoria dei genitori di Don Joseph Pfeiffer, vicino a Boston, nello Stato del Kentucky, in America.
Questo luogo è stato per anni un bastione della resistenza tradizionale alla Chiesa conciliare. Negli anni ’70 i Signori Pfeiffer ospitarono qui due anziani sacerdoti ardenti difensori della Tradizione, Don Hannifin e Don Snyder. Il primo è morto ed è stato sepolto qui. A quel tempo venne costruita una bella cappella, dedicata alla Madonna del Monte Carmelo, che nel corso questi ultimi 40 anni è stata un centro di Messa per numerosi fedeli cattolici della regione.
La prima buona novità è costituita dal ritiro predicato dal 17 al 21 dicembre 2012 ai sacerdoti della Resistenza, da S. Ecc. Mons. Richard Williamson, che ha accettato amabilmente di venire dall’Inghilterra.
A questo ritiro, eravamo presenti in dieci sacerdoti, provenienti da diversi paesi, ma soprattutto dagli Stati Uniti. Avremmo potuto essere il doppio se gli impegni pastorali non avessero impedito la presenza degli altri.
Nel corso dei cinque giorni, Sua Eccellenza ha pronunciato delle eccellenti conferenze spirituali e dottrinali, che sono state molto apprezzate. Siamo stati felici di riconoscere in Lui l’autentico spirito di Mons. Lefebvre, oggi così fortemente diminuito in certi dirigenti della neo- FSSPX. Siamo stati ugualmente felici di trovare in lui la chiarezza del suo insegnamento pedagogico, allorché ci ha parlato dei problemi attuali nel mondo, nella Chiesa e nella neo-FSSPX.
Il ritiro si è svolto nella bella fattoria dei genitori di Don Joseph Pfeiffer, vicino a Boston, nello Stato del Kentucky, in America.
Questo luogo è stato per anni un bastione della resistenza tradizionale alla Chiesa conciliare. Negli anni ’70 i Signori Pfeiffer ospitarono qui due anziani sacerdoti ardenti difensori della Tradizione, Don Hannifin e Don Snyder. Il primo è morto ed è stato sepolto qui. A quel tempo venne costruita una bella cappella, dedicata alla Madonna del Monte Carmelo, che nel corso questi ultimi 40 anni è stata un centro di Messa per numerosi fedeli cattolici della regione.
Curiosamente, dalla metà dell’800, questa parte nord del
Kentucky, chiamata «Terra Santa», è stata un
bastione del cattolicesimo in mezzo ad una regione a maggioranza
protestante. Il paesaggio collinare e la calma della zona favoriscono
molto l’atmosfera necessaria alla meditazione e alla preghiera.
Nel 1982, vi è stata costruita una casa di riposo, allo scopo di accogliere i religiosi carmelitani tradizionali espulsi dai loro conventi, e gli alloggi sono stati predisposti allo scopo. Più tardi, essa è servita per dar vita al monastero di Nostra Signora di Guadalupe, dal 1989 al 1991, il quale si trova oggi a Silver City, nel Nuovo Messico. In seguito, per quasi 20 anni, la costruzione è stata poco utilizzata.
Grazie ai doni generosi dei fedeli della Resistenza, recentemente essa è stata restaurata per servire da casa di ritiro, con 9 camere, una sala per le conferenze e un capiente refettorio.
Nel 1982, vi è stata costruita una casa di riposo, allo scopo di accogliere i religiosi carmelitani tradizionali espulsi dai loro conventi, e gli alloggi sono stati predisposti allo scopo. Più tardi, essa è servita per dar vita al monastero di Nostra Signora di Guadalupe, dal 1989 al 1991, il quale si trova oggi a Silver City, nel Nuovo Messico. In seguito, per quasi 20 anni, la costruzione è stata poco utilizzata.
Grazie ai doni generosi dei fedeli della Resistenza, recentemente essa è stata restaurata per servire da casa di ritiro, con 9 camere, una sala per le conferenze e un capiente refettorio.
giovedì 27 dicembre 2012
L'inferno "parla" per bocca di un modernista conciliare...
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-Redazione- 27 dicembre 2012- Padre Benedict Groeschel è
un frate francescano, appartenente all'ordine dei frati francescani del Rinnovamento, piuttosto noto negli Stati Uniti, autore di libri
di successo e protagonista di alcuni programmi televisivi.
In questi giorni ha raggiunto la massima popolarità per alcune dichiarazioni che definire vergognose è poco.
Intervistato dal National catholic register, a proposito dello
scabroso tema degli abusi sui minori da parte dei prelati, padre
Groeschel ha argomentato in questo modo: “Spesso accade che sia il bambino a sedurre il prete e non viceversa”. Groeschel, nel corso degli anni vicino a diversi prelati accusati di violenze, ha provato a spiegare le sue ragioni.
“La gente ha in mente quest’immagine di persone con cattive intenzioni,
praticamente degli psicopatici. Ma non è così, Mettiamo il caso di un
uomo in preda a un serio esaurimento nervoso e di un giovane che gli si
avvicini. In molti casi è proprio quest’ultimo a sedurre il sacerdote. Non penso che i preti coinvolti in simili episodi debbano andare in galera, perché non avevano intenzione di commettere alcun crimine”.
martedì 25 dicembre 2012
"L’eresia non è solo una questione canonica, bensì, una questione di fede che determina se un individuo possa essere considerato “materia apta” al pontificato".
Breve commento al
Piccolo catechismo del sedevacantismo
Piccolo catechismo del sedevacantismo
di
Quondam Doctor
Dopo la pubblicazione del Piccolo catechismo del
sedevacantismo, abbia ricevuto il seguente breve commento,
redatto da un sedevacantista, che pubblichiamo per completezza di
informazione |
La Tesi sedevacantista è
una tesi che si fonda su presupposti di fede ed il diritto della
Chiesa. Non si vuole qui soffermarci lungamente sull’argomento, ma vi
sono delle imprecisioni se così si possono definire
nell’articolo intitolato “Piccolo
catechismo sul sedevacantismo” pubblicato dai Padri domenicani
di Avrillé sulla rivista “Le
Sel de la Terre”.
In primo luogo la Costituzione Apostolica “Cum ex Apostolatus officio” di Papa Paolo IV non è mai stata abrogata sia da San Pio X con la “Costituzione Vacante Sede Apostolica” del 25 dicembre 1904, né da Pio XII con la Costituzione “Vacantis Sedis Apostolicae” dell’8 dicembre 1945. In quanto questi atti Pontifici escludevano solo i cardinali che fossero incorsi in sanzioni canoniche e che rimanessero tali nel loro ufficio.
L’eresia non è solo una questione canonica, bensì, una questione di fede che determina se un individuo possa essere considerato “materia apta” al pontificato. Tra le condizioni necessarie per assumere il pontificato è necessario: essere, battezzati, essere di sesso maschile, essere sani di mente ed essere cattolici. Tutti i canonisti e teologi l’hanno affermato da Suarez a San Roberto Bellarmino, non ultimo lo stesso Card. Juornet, Anche i canonisti degli anni 40 sebbene dopo la promulgazione delle predette costituzioni apostoliche hanno univocamente insistito su questo punto che gli eretici e gli scismatici sono esclusi dal supremo pontificato. «Eligi potest masculum, usu rationis pollens, membrum Ecclesiae. Invalide ergo eligerentur feminae, infantes, habituali amentia laborantes, non baptizati, haeretici, schismatici» (S. SIPOS, Enchiridion Iuris Canonici, Pecs 1940, p. 191.)
Se si legge attentamente la Costituzione Apostolica succitata, papa Paolo IV come farà poi San Pio V con la Bolla Quo primum tempore, dichiara apertamente che nessuno osi mutare quanto affermato e stabilito nell’atto: “Pertanto a nessun uomo sia lecito (liceat) infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione statuto derogazione, volontà e decreto, ne contraddirlo con temeraria audacia. Se qualcuno avesse la presunzione di attentarvisi, sappia che lo farà incorrere nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo”.
Questo un papa lo può solo fare se all’interno dell’atto promulgato si stabiliscano regole inerenti la fede. Tutto il tenore della Costituzione “Cum ex Apostolatus officio” ha il carattere dell’infallibilità e non di semplici regole disciplinari. “Con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (perpetuum valitura), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza dell’Apostolica potestà (de Apostolica potestatis plenitudine), sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo (et definimus)”.
Ciò che è evidente è che la sanzione per eresia è “ipso facto” non perché è stata comminata dal papa, il cardinale o il vescovo eretico non hanno diritto di essere eletti al sommo pontificato non perché sono incorsi in sanzioni disciplinari, ma perché non sono cattolici! Sarebbe come fosse stato eletto papa un individuo di sesso femminile fosse riuscita a giungere al cardinalato.
Se vi fossero ulteriori dubbi si possono portare ulteriori conferme che in questo contesto si vogliono omettere per motivi di spazio.
Ma vi è di più: sono gli atti che hanno promulgato i pontefici conciliari a mettere in dunque, a volte la loro legittimità; il papa, infatti, è infallibile per infallibilità riflessa o per oggetto secondario del suo Magistero se promulga determinati atti: canonizzazioni dei santi, promulgazione di leggi universali sia in campo disciplinare che liturgico, approvazione degli ordini religiosi e la determinazioni di fatti storici o dogmatici.
Ora è evidente che i papi conciliari hanno promulgato leggi sia in campo liturgico che disciplinare in cui sono riscontrabili degli errori o perlomeno delle gravi omissioni, addirittura si è arrivato alla canonizzazione di santi.
Ora perlomeno a scopo prudenziale dobbiamo avere coscienza che la Chiesa un giorno dovrà pronunciarsi in base al suo diritto e alla sua stessa costituzione divina quale sia la legittimità dei “pontefici conciliari”.
In primo luogo la Costituzione Apostolica “Cum ex Apostolatus officio” di Papa Paolo IV non è mai stata abrogata sia da San Pio X con la “Costituzione Vacante Sede Apostolica” del 25 dicembre 1904, né da Pio XII con la Costituzione “Vacantis Sedis Apostolicae” dell’8 dicembre 1945. In quanto questi atti Pontifici escludevano solo i cardinali che fossero incorsi in sanzioni canoniche e che rimanessero tali nel loro ufficio.
L’eresia non è solo una questione canonica, bensì, una questione di fede che determina se un individuo possa essere considerato “materia apta” al pontificato. Tra le condizioni necessarie per assumere il pontificato è necessario: essere, battezzati, essere di sesso maschile, essere sani di mente ed essere cattolici. Tutti i canonisti e teologi l’hanno affermato da Suarez a San Roberto Bellarmino, non ultimo lo stesso Card. Juornet, Anche i canonisti degli anni 40 sebbene dopo la promulgazione delle predette costituzioni apostoliche hanno univocamente insistito su questo punto che gli eretici e gli scismatici sono esclusi dal supremo pontificato. «Eligi potest masculum, usu rationis pollens, membrum Ecclesiae. Invalide ergo eligerentur feminae, infantes, habituali amentia laborantes, non baptizati, haeretici, schismatici» (S. SIPOS, Enchiridion Iuris Canonici, Pecs 1940, p. 191.)
Se si legge attentamente la Costituzione Apostolica succitata, papa Paolo IV come farà poi San Pio V con la Bolla Quo primum tempore, dichiara apertamente che nessuno osi mutare quanto affermato e stabilito nell’atto: “Pertanto a nessun uomo sia lecito (liceat) infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione statuto derogazione, volontà e decreto, ne contraddirlo con temeraria audacia. Se qualcuno avesse la presunzione di attentarvisi, sappia che lo farà incorrere nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo”.
Questo un papa lo può solo fare se all’interno dell’atto promulgato si stabiliscano regole inerenti la fede. Tutto il tenore della Costituzione “Cum ex Apostolatus officio” ha il carattere dell’infallibilità e non di semplici regole disciplinari. “Con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (perpetuum valitura), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza dell’Apostolica potestà (de Apostolica potestatis plenitudine), sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo (et definimus)”.
Ciò che è evidente è che la sanzione per eresia è “ipso facto” non perché è stata comminata dal papa, il cardinale o il vescovo eretico non hanno diritto di essere eletti al sommo pontificato non perché sono incorsi in sanzioni disciplinari, ma perché non sono cattolici! Sarebbe come fosse stato eletto papa un individuo di sesso femminile fosse riuscita a giungere al cardinalato.
Se vi fossero ulteriori dubbi si possono portare ulteriori conferme che in questo contesto si vogliono omettere per motivi di spazio.
Ma vi è di più: sono gli atti che hanno promulgato i pontefici conciliari a mettere in dunque, a volte la loro legittimità; il papa, infatti, è infallibile per infallibilità riflessa o per oggetto secondario del suo Magistero se promulga determinati atti: canonizzazioni dei santi, promulgazione di leggi universali sia in campo disciplinare che liturgico, approvazione degli ordini religiosi e la determinazioni di fatti storici o dogmatici.
Ora è evidente che i papi conciliari hanno promulgato leggi sia in campo liturgico che disciplinare in cui sono riscontrabili degli errori o perlomeno delle gravi omissioni, addirittura si è arrivato alla canonizzazione di santi.
Ora perlomeno a scopo prudenziale dobbiamo avere coscienza che la Chiesa un giorno dovrà pronunciarsi in base al suo diritto e alla sua stessa costituzione divina quale sia la legittimità dei “pontefici conciliari”.
Quondam
Doctor
lunedì 24 dicembre 2012
25 DICEMBRE SANTO NATALE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO... IN NATIVITATE DÓMINI NOSTRI IESU CHRISTI...
Un Santo Natale, nella vera Tradizione della chiesa, a tutti i lettori del Blog...
Cruccas Gianluca e Anna Rita Onofri...
Cruccas Gianluca e Anna Rita Onofri...
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ALLELÚIA
Allelúia, allelúia.
Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Allelúia.
Allelúia, allelúia.
Sal. 2, 7 - Il Signore disse a me: Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato. Allelúia.
EVANGÉLIUM Sequéntia
S. Evangélii secundum Lucam, 2, 1-14
S. Evangélii secundum Lucam, 2, 1-14
In illo
témpore: Exiit edíctum a Cæsare Augústo, ut describerétur univérsus
orbis. Hæc descríptio prima facta est præside Syriæ Cyríno: et ibant
omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et
Ioseph a Galilæa de civitáte Názareth, in Iudæam civitátem David, quæ
vocátur Béthlehem: eo quod esset de domo et família David, ut
profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre prægnánte. Factum
est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies ut páreret. Et péperit
fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit et reclinávit eum in
præsépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in
regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem
suum. Et ecce Angelus Dómini stetit iuxta illos, et cláritas Dei
circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus:
Nolíte timére: ecce enim evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni
pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus,
in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis
involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo
multitúdo milítiæ cæléstis, laudántium Deum, et dicéntium: Glória in
altíssimis Deo, et in terra pax in homínibus bonæ voluntátis.
M. - Laus tibi Christe.
M. - Laus tibi Christe.
In quei giorni
un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di
tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore
della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella
sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di
Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città
di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria
sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si
compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché
non c'era posto per loro nell'albergo. C'erano in quella regione alcuni
pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un
angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li
avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo
disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di
tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è
il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino
avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". E subito apparve con
l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che
egli ama".
M. - Laus tibi Christe.
M. - Laus tibi Christe.
S.Leone Magno
Noi siamo portati alla fede non più con segni e immagini, ma, confermati dal racconto evangelico, adoriamo quel che crediamo adempiuto. In proposito si aggiungono a nostro ammaestramento le testimonianze dei profeti, affinché sia esclusa la possibilità di ritenere dubbio ciò di cui conosciamo la predizione in tante profezie.
QUARTO DISCORSO TENUTO NEL NATALE DEL SIGNORE
I - IN CRISTO L'ADEMPIMENTO DELLE PROFEZIE
1.
- Dilettissimi, in diversi modi e in molte misure la divina bontà ha
sempre provveduto al genere umano e ha generosamente elargito in tutti i
secoli precedenti i doni della sua provvidenza. Però in questi ultimi
tempi ha superato la larghezza della consueta benignità, quando in
Cristo è discesa ai peccatori la misericordia, ai traviati la verità, ai
morti la vita. Infatti il Verbo, coeterno e uguale al Padre nell'unità
della divinità, assunse la nostra umile natura; e così egli che è Dio,
nato da Dio, in quanto uomo prese origine dall'uomo. Il fatto era già
stato promesso nella creazione del mondo e anche preannunciato in molte
figure e oracoli. Però quelle figure e quei misteri, nascosti nella
penombra, avrebbero salvato una piccola porzione dell'umanità, se Cristo
non avesse adempiuto le occulte e ripetute promesse! Ora invece, quando
l'opera redentiva è stata adempiuta, giova a innumerevoli fedeli,
mentre a pochi credenti giovò quando ancora doveva compiersi.Noi siamo portati alla fede non più con segni e immagini, ma, confermati dal racconto evangelico, adoriamo quel che crediamo adempiuto. In proposito si aggiungono a nostro ammaestramento le testimonianze dei profeti, affinché sia esclusa la possibilità di ritenere dubbio ciò di cui conosciamo la predizione in tante profezie.
domenica 23 dicembre 2012
Monsignor Williamson: “Suonate la tromba in Sion, perché il giorno del Signore è vicino: ecco, Egli viene a salvarci, allelúja, allelúja.”...
Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
22 dicembre 2012
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
22 dicembre 2012
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Nasce Cristo
Il richiamo del Divino Bambino tra le braccia della sua Vergine Madre, fa ancora del Natale la più popolare delle feste cristiane, ma come il mondo si allontana da Dio, così il cuore e l’anima della scena della Natività si dissolvono, e i sentimenti natalizi diventano sempre più falsi. In verità, la Cristianità è dissolta. Con la liturgia della Madre Chiesa è tempo di tornare agli anni prima di Cristo, quando gli uomini saggi gioivano intensamente nell’attesa della sua venuta. Per loro, essa sola dava senso all’infelicità del genere umano sempre più devastato dalle conseguenze del peccato originale. Essa era la loro grande speranza che non poteva essere scossa. Il Cristo sarebbe venuto e con Lui le porte del Paradiso si sarebbero aperte di nuovo per le anime di buona volontà. Ecco di seguito le antifone della quarta Domenica di Avvento, composte con testi del Vecchio Testamento.
“Suonate la tromba in Sion, perché il giorno del Signore è vicino: ecco, Egli viene a salvarci, allelúja, allelúja.” Se gli uomini non vogliono essere salvati, allora a mala pena possono capire perché sono nati e moriranno in un maggiore o minore grado di disperazione. Ma se vogliamo essere felici per tutta l’eternità, e se sappiamo che solo Gesù Cristo rende possibile questo, oh, come dobbiamo rallegrarci che Egli sia venuto!
“Ecco, viene il desiderato da tutte le genti: e la casa del Signore sarà piena di gloria, allelúja.” Come il peccato originale è universale, così i Magi vennero da terre straniere e lontane per adorare il loro Salvatore a Betlemme, e sarebbero venuti da tutte le nazioni del mondo per il desiderio di Lui. Così, da allora i cristiani vengono da tutte le nazioni per trovare il loro Salvatore nella Sua Chiesa Cattolica, che hanno riempita con la gloria di cerimonie, di edifici, di paramenti, di arte e di musica, tutti bellissimi fin da allora.
“Lo storto diventa diritto, e le vie accidentate si appianano: vieni, o Signore, e non tardare.” Quattromila anni dopo la caduta di Adamo ed Eva, il mondo era diventato abbastanza storto. Duemila anni fa, con la nascita di Nostro Signore ebbe inizio la più sorprendente trasformazione del genere umano. Per secoli abbiamo dato per scontato che le vie piane della civiltà sarebbero rimaste tali, ma con il rifiuto di Cristo da parte degli uomini, quelle vie sono tornate ad essere più accidentate che mai – basta leggere un qualunque quotidiano. Vieni, o Signore, ritorna, e non tardare, perché altrimenti ci divoreremo l’un l’altro come bestie feroci.
“Il Signore viene, correteGli incontro dicendo: Grande è il suo inizio, e il suo regno non avrà fine: è Dio, Potente, Dominatore, Principe della pace, allelúja, allelúja.” Forse è con queste parole che i Magi salutarono il Cristo Bambino che trovarono dopo un lungo viaggio. I convertiti di oggi, dopo lunghi travagli nei deserti dell’empietà, possono ancora trovare parole simili per ricordarci come dev’essere accolto il Bambino nel presepe. Senza di Lui il mondo non può avere pace, e si trova sull’orlo di un’altra guerra terribile. O Divino Bambino, vieni, non tardare, o saremo perduti.
“La tua Parola onnipotente, o Signore, giungerà dal trono reale, allelúja.” Cristo che nasce è la Seconda Persona della Santissima Trinità, Egli discende dall’alto dei Cieli, si riveste della debole natura umana, nasce da una Madre umana, per riscattarci dalla schiavitù del Diavolo e riaprire le porte del Paradiso alle anime di buona volontà, pronte a credere. O Divino Bambino, io credo. Aiuta Tu la mia incredulità e nella Festa della tua nascita aiuta con speciali grazie milioni e milioni di anime incredule.
Il richiamo del Divino Bambino tra le braccia della sua Vergine Madre, fa ancora del Natale la più popolare delle feste cristiane, ma come il mondo si allontana da Dio, così il cuore e l’anima della scena della Natività si dissolvono, e i sentimenti natalizi diventano sempre più falsi. In verità, la Cristianità è dissolta. Con la liturgia della Madre Chiesa è tempo di tornare agli anni prima di Cristo, quando gli uomini saggi gioivano intensamente nell’attesa della sua venuta. Per loro, essa sola dava senso all’infelicità del genere umano sempre più devastato dalle conseguenze del peccato originale. Essa era la loro grande speranza che non poteva essere scossa. Il Cristo sarebbe venuto e con Lui le porte del Paradiso si sarebbero aperte di nuovo per le anime di buona volontà. Ecco di seguito le antifone della quarta Domenica di Avvento, composte con testi del Vecchio Testamento.
“Suonate la tromba in Sion, perché il giorno del Signore è vicino: ecco, Egli viene a salvarci, allelúja, allelúja.” Se gli uomini non vogliono essere salvati, allora a mala pena possono capire perché sono nati e moriranno in un maggiore o minore grado di disperazione. Ma se vogliamo essere felici per tutta l’eternità, e se sappiamo che solo Gesù Cristo rende possibile questo, oh, come dobbiamo rallegrarci che Egli sia venuto!
“Ecco, viene il desiderato da tutte le genti: e la casa del Signore sarà piena di gloria, allelúja.” Come il peccato originale è universale, così i Magi vennero da terre straniere e lontane per adorare il loro Salvatore a Betlemme, e sarebbero venuti da tutte le nazioni del mondo per il desiderio di Lui. Così, da allora i cristiani vengono da tutte le nazioni per trovare il loro Salvatore nella Sua Chiesa Cattolica, che hanno riempita con la gloria di cerimonie, di edifici, di paramenti, di arte e di musica, tutti bellissimi fin da allora.
“Lo storto diventa diritto, e le vie accidentate si appianano: vieni, o Signore, e non tardare.” Quattromila anni dopo la caduta di Adamo ed Eva, il mondo era diventato abbastanza storto. Duemila anni fa, con la nascita di Nostro Signore ebbe inizio la più sorprendente trasformazione del genere umano. Per secoli abbiamo dato per scontato che le vie piane della civiltà sarebbero rimaste tali, ma con il rifiuto di Cristo da parte degli uomini, quelle vie sono tornate ad essere più accidentate che mai – basta leggere un qualunque quotidiano. Vieni, o Signore, ritorna, e non tardare, perché altrimenti ci divoreremo l’un l’altro come bestie feroci.
“Il Signore viene, correteGli incontro dicendo: Grande è il suo inizio, e il suo regno non avrà fine: è Dio, Potente, Dominatore, Principe della pace, allelúja, allelúja.” Forse è con queste parole che i Magi salutarono il Cristo Bambino che trovarono dopo un lungo viaggio. I convertiti di oggi, dopo lunghi travagli nei deserti dell’empietà, possono ancora trovare parole simili per ricordarci come dev’essere accolto il Bambino nel presepe. Senza di Lui il mondo non può avere pace, e si trova sull’orlo di un’altra guerra terribile. O Divino Bambino, vieni, non tardare, o saremo perduti.
“La tua Parola onnipotente, o Signore, giungerà dal trono reale, allelúja.” Cristo che nasce è la Seconda Persona della Santissima Trinità, Egli discende dall’alto dei Cieli, si riveste della debole natura umana, nasce da una Madre umana, per riscattarci dalla schiavitù del Diavolo e riaprire le porte del Paradiso alle anime di buona volontà, pronte a credere. O Divino Bambino, io credo. Aiuta Tu la mia incredulità e nella Festa della tua nascita aiuta con speciali grazie milioni e milioni di anime incredule.
Kyrie eleison.
Londra, Inghilterra
Londra, Inghilterra
giovedì 20 dicembre 2012
Anche satana ha i suoi "beati"...Il modernista Ratzinger, in arte "Benedetto XVI", spiana la strada della "beatitudine" al distruttore della Chiesa Cattolica, Montini, in arte "Paolo VI"...
Riconosciute le virtù eroiche di Paolo VI
Promulgazione di decreti della Congregazione delle Cause dei Santi
Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a
promulgare il decreto riguardante il riconoscimento delle virtù eroiche del
servo di Dio Paolo VI. Lo ha fatto nel corso dell’udienza al cardinale prefetto
Angelo Amato, ricevuto nella mattina di giovedì 20 dicembre.
Insieme
al provvedimento che apre la strada alla beatificazione di Papa Montini, il
Pontefice ha firmato altri 23 decreti.
Sono stati riconosciuti i miracoli attribuiti all’intercessione dei beati
martiri di Otranto (1480), di due religiose fondatrici beate — la colombiana
Laura di Santa Caterina da Siena (1874-1949) e la messicana Maria Guadalupe
(1878-1963) — e di cinque venerabili: il vescovo italiano Antonio Franco
(1585-1626), il prete argentino Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero
(1840-1914), il sacerdote fondatore spagnolo Cristoforo di Santa Cristina
(1638-1690) e le religiose fondatrici Sofia Czeska-Maciejowska (1584- 1650),
polacca, e Margherita Lucia Szewczyk (1828-1905), ucraina.
Tra i decreti anche quelli che riguardano il riconoscimento del martirio di
un sacerdote croato morto nel 1947 e di numerosi religiosi e religiose uccisi in
odio alla fede in Spagna tra il 1936 e il 1938.
Il Papa ha infine autorizzato la promulgazione dei decreti che riconoscono le
virtù eroiche di dieci servi e serve di Dio: tra questi, oltre a Paolo VI, ci
sono un vescovo, due sacerdoti e sei religiose.
21 dicembre 2012
mercoledì 19 dicembre 2012
Il "triumvirato di satana" incontra l'Haereticus Magnus Muller, per decidere della sopravvivenza dell'eretica "eucarestia ebraica" necatecumenale...
Leggendo il sito CruxSancta, apprendiamo la notizia che gli eretici Kiko Arguello, Carmen Hernandez e padre Mario Pezzi si sono presentati a rapporto, per discutere della loro blasfema liturgia eucaristica, con il modernista, eretico, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Gerhard Ludwig Muller. Attendiamo di vedere ora, dopo cinquant'anni di pagliacciate vaticane, se ci sia qualcuno che abbia riacquistato il senno e che rimuova dalla faccia della terra la pietosa caricatura giudaico-protestante della Santa Messa, inventata dall'eretico Kiko Arguello e compagni di merende.
Certo, finchè c'è vita c'è speranza....ma dall'incontro di quattro eretici di prima cartella potrà mai uscire qualcosa...di cattolico? Noi ne dubitiamo fortemente. Difatti, da una mail inviata dal "triumvirato di satana" ad un Responsabile di Comunità di Madrid, si evince che il tutto si è svolto in un clima di distenzione e di dialogo....e che il "disteso dialogo" riprenderà all'inizio di gennaio 2013:
Email recibido del centro
Hermanos:
Esta mañana hemos tenido un primer encuentro con el Prefecto de la Congregación para la Doctrina de la Fe, Mons. Gerhard Ludwig Muller, en un clima distendido y dialogante. Juntos hemos acordado proseguir el diálogo a primeros de Enero.
Gracias por vuestras oraciones, pero sigamos rezando en este tiempo de Navidad. Confiando en la Virgen María esperamos que todo vaya bien.
Kiko, Carmen y Padre Mario
Roma 17 diciembre 2012
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Gianluca Cruccas
Anna Rita Onofri
lunedì 17 dicembre 2012
LETTURE NATALIZIE ~ Flavio Giuseppe e la Distruzione del Tempio di Gerusalemme...
Con i migliori Auguri di un Santo Natale e felice Anno Nuovo a tutti i lettori.
don Curzio Nitoglia...
FLAVIO GIUSEPPE & LA DISTRUZIONE
DEL TEMPIO DI GERUSALEMME
Il Tempio di Erode
Il Tempio di Erode, costruito sulle rovine del più antico Tempio di Salomone, inglobava il Santo dei Santi,
il Tabernacolo ove era realmente presente Dio. Questo Tabernacolo
nell’Antico Testamento era unico: esso era il cuore della Religione
mosaica, la prova della sua verità (cfr. G. RICCIOTTI, Storia d’Israele, Torino, SEI, 1° vol., 1932, pp. 354-364; 2° vol., 1933, pp. 108-120).
La presenza reale di Dio nel “Santo dei Santi” garantiva
l’indistruttibilità del Tempio e della città di Gerusalemme che
l’ospitava. Se il popolo d’Israele avesse rispettato i patti, nessuna
potenza umana lo avrebbe travolto. Ma tale protezione, tale patto tra
Dio ed il suo popolo era condizionato alla sua fedeltà alla Volontà di
Dio. E tale patto fu rotto non da Dio, ma dal popolo ebraico (“Deus non deserit nisi prius deseratur”).
Tuttavia “lo sciagurato governo degli ultimi Maccabei, a partire da
Giuda Aristobulo I (106 a. C.), aveva fatto aumentare la corruzione che
si era infiltrata tra i Giudei negli ultimi due secoli per la signoria
dei Re stranieri e pagani, in particolare dei Seleucidi, inducendoli a
tutte le empietà e le ribellioni contro il Signore. Essi, riconoscevano
ancora un solo Dio, ma quasi soltanto con le labbra, mentre la loro condotta era divenuta talmente corrotta che Gerusalemme era divenuta peggiore di Sodoma” (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib., V, par. 13, n. 6)[1], soprattutto grazie all’influsso nefasto dei partiti dei Farisei e dei Sadducei (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, Le Antichità Giudaiche, lib., XIII, par. 5, n. 9).
Il Tempio rappresentava l’intero popolo d’Israele (cfr. V. MESSORI, Patì sotto Ponzio Pilato,
SEI, Torino, 1992). La sua rovina significò la rovina della Nazione, il
passaggio dall’Ebraismo mosaico al Giudaismo talmudico, la scomparsa
della classe sacerdotale e del Sacrificio. Infatti lì, nel Tempio, nella
Sancta Sanctorum, dove solo il Sommo Sacerdote poteva entrare
una volta l’anno, era lo sgabello di Jahvè, il trono ove abitava la sua
Presenza gloriosa o “shekinah”.
Gesù amava talmente il Tempio (Tabernacolo del Dio vivente) che
l’Evangelista Giovanni, narrando la cacciata dei mercanti, gli
applicherà il Salmo 68: “Zelus Domus tuae comedit me” (cfr. Gv., II, 16).
San Luca ci tramanda questa predizione di Gesù: “Gerusalemme sarà calpestata dai pagani, finché i tempi dei pagani non siano compiuti” (Lc., XXI, 24).
I tempi dei pagani sono questi nostri, sono il periodo che va dalla
morte di Nostro Signore sino al Suo ritorno, quando vi sarà, come
insegna S. Paolo, l’ingresso nella Chiesa del popolo ebraico ( Rm., XI, 25).
Calpestare Gerusalemme, secondo il testo di Luca, significa
calpestare il suolo del Tempio; ed è singolare come, fino ad ora, per
più di millenovecento anni, la profezia appaia esattamente compiuta.
«I Giudei non avevano conosciuto il giorno della loro visitazione e,
ripudiando il vero Messia, avevano cessato di essere il popolo di Dio.
[…]. Da quel momento la storia del popolo ebraico è una catena
ininterrotta di oppressioni sempre crescenti da parte dei governatori
romani, e di unilateralità, di grettezza sempre più grande nelle cose di
religione. […]. La credulità dei Giudei, che non avevano voluto
riconoscere il vero Messia era giunta a tal punto che essi si
abbandonavano a qualsiasi ciarlatano, a qualunque ‘falso Messia’ e
‘falso Profeta’. Il Paese formicolò di questa ciurma che attirava il
popolo nel deserto, gli faceva balenare segni di liberazione e miracoli,
e poi lo abbandonava inerme alle sanguinose repressioni dei Romani.
Bande di assassini scorrazzavano pel Paese saccheggiando e bruciando
sotto pretesto di essere Zeloti della Fede. Intere frotte di Sicari
uccidevano un’infinità di persone. […]. Così in fine scoppiò nel 66 dopo
Cristo la Guerra Giudaica che, dopo quattro anni di lotte sanguinosissime finì con la distruzione di Gerusalemme» (I. SCHUSTER – G. B. HOLZAMMER, Manuale di Storia Biblica. Il Nuovo Testamento, vol. 2°, parte II, Torino, SEI, II ed., 1952, pp. 909-910).
Flavio Giuseppe e la Guerra Giudaica
Verso la metà del maggio del 66 la Torre Antonia presso il Tempio
venne assalita dagli Zeloti e dal popolo giudaico, che passarono a fil
di spada la guarnigione romana ivi stanziata. Il generale Vespasiano
nell’ottobre del medesimo anno prese il comando della guerra contro i
Giudei, ma il 1° luglio del 69 fu nominato Imperatore e lasciò il posto
di comando in Gerusalemme a suo figlio Tito (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica,
lib., IV, par. 3, n. 8). Sempre nel 66 gli Zeloti-Sicari si
impadronirono della fortezza di Masada, uccidendo la guarnigione romana
lì presente. Nel 69 Simone Bar-Ghiora era divenuto potentissimo in
Masada, con quarantamila uomini armati. Il Fariseismo era degenerato in
Zelotismo e questo si era organizzato nel banditismo dei Sicari (cfr.
FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib. IV, par. 9, n. 10).
Tito arrivò nella primavera del 70 davanti a Gerusalemme e diede
l’ordine di costruire dei terrapieni e cominciò l’assalto contro il
terzo o il più esterno muro della città di Gerusalemme, che cadde dopo
cinquanta giorni di pugne feroci. Quindi fu la volta del secondo muro
che cadde dopo cinque giorni, di modo che i Romani penetrarono nella
città bassa, ma dopo quattro giorni i Romani dovettero ritirarsi
assaliti dai Giudei. Allora Tito fece costruire un ‘muro’ e scavare un
‘fosso’ tutt’attorno alla città (come aveva predetto Gesù, cfr. Lc., XIX, 43), che misuravano circa 6 km. I soldati Romani impiegarono solo 3 giorni per tale costruzione (cfr. FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica, lib., V, par. 12, n. 1 ss.).
Molti Giudei disertano rifugiandosi presso i Romani (Guerra Giudaica, V, 10, 420). La fame tra il popolo causa molti orrori e atti di cannibalismo (Guerra Giudaica, lib. V, par. 10, n. 427). Addirittura “cosa miserevolissima, le madri strappavano il cibo dalle bocche dei figlioli” (Guerra Giudaica, lib. V, par. 10, n. 430). I Giudei che non si sono arresi e vengono fatti prigionieri sono crocifissi dai Romani (Guerra Giudaica, lib. V, par. 11, n. 446). Molti invece sono rinviati con le mani mozzate a Gerusalemme ad ammonire i rivoltosi (Guerra Giudaica, lib. V, par. 11, n. 455).
Era tale lo scrupolo del superstizioso Tito, che, secondo la
testimonianza di Flavio Giuseppe, “per risparmiare un Tempio straniero
causava il danno e la strage dei suoi uomini” (FLAVIO GIUSEPPE, La Guerra Giudaica,
lib. VI, par. 4, n. 228-235, tr. it. a cura di G. RICCIOTTI, Torino,
SEI, II ed. 1949, vol. 3°, pp. 258-259). Infatti si ostinava a non dare
l’ordine di incendiare il Santuario, nel quale si erano arroccati i
soldati ebrei, e faceva invece lavorare le macchine d’assedio su
elementi secondari, per causare all’edificio il minor danno possibile.
Quando poi si decise ad ordinare di incendiare le porte esterne dei
cortili, non era ancora che un attacco ad una parte esterna del Tempio.
Tito stesso comandò quasi subito ai suoi di spegnere quell’incendio (Ibidem, lib. VI, par. 4, n. 250-270, pp. 262-266).
I Cristiani sin dal principio del 66, sotto la guida del vescovo di Gerusalemme Simeone e memori delle profezie di Gesù (Mt., XXIV,
15), lasciarono Gerusalemme e si rifugiarono in Pella al di là del
Giordano e distante 100 km da Gerusalemme (I. SCHUSTER – G. B.
HOLZAMMER, Manuale di Storia Biblica. Il Nuovo Testamento, vol. 2, parte II, Torino, SEI, II ed., 1952, p. 911).
Ma, come scrive Flavio Giuseppe, “le fiamme all’interno del Tempio,
ebbero inizio e furono causate ad opera dei giudei. Infatti, ritiratosi
Tito, i ribelli [...] si scagliarono di nuovo contro i romani e infuriò
uno scontro fra i difensori del Santuario e i soldati intenti a spegnere
il fuoco” come era stato loro ordinato da Tito. Ed ecco il momento
fatale. “I legionari romani, volti in fuga i giudei, li inseguirono fino
al Tempio e fu allora che un soldato [...] spinto da una forza soprannaturale,
afferrò un tizzone ardente e […] lo scagliò dentro, attraverso una
finestra [...] che dava sulle stanze adiacenti al Santuario” (Ibidem, lib. VI, par. 5, n. 271-280, pp. 267-268). Era il 15 agosto del 70.
domenica 16 dicembre 2012
Mostri Conciliari...
Melania
quello che sto per dirti ora, non sarà sempre un segreto: lo puoi
pubblicare nel 1858. I sacerdoti, i ministri di mio Figlio con la loro
vita cattiva, con le loro irriverenze e le loro empietà nel celebrare i
santi Misteri, con l’amore per il denaro, l’amore per gli onori ed i
piaceri, i sacerdoti sono diventati cloache di impurità. Si, i preti
provocano la vendetta e vendetta pende sulle loro teste. Guai ai preti
ed alle persone consacrate a Dio che, con la loro infedeltà e la loro
vita cattiva crocifiggono di nuovo mio Figlio! I peccati delle persone
consacrate a Dio gridano al cielo e richiamano vendetta ed ora ecco la
vendetta alle loro porte giacchè non si trova più alcuno che invochi
misericordia e perdono per la gente; non ci sono più anime generose, ora
non c'è più, nessuno degno di offrire la Vittima Immacolata all’Eterno
in favore del mondo. Dio colpirà in una maniera senza pari! Guai agli
abitanti della terra! Dio vuoterà la sua ira e nessuno sarà in grado di
sfuggire a cosi tanti mali tutti in una volta. I capi, i condottieri del
popolo di Dio, hanno dimenticato la preghiera e la penitenza, e il
demonio ha ottenebrato le loro menti; esse sono divenute quelle stelle
erranti che l’antico diavolo con la sua coda trascinerà alla rovina. Fonte: Acta Apostaticae Sedis...
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Antonio Cecconi, proposto dell’unità pastorale Valgraziosa dell’arcidiocesi di Pisa. Quando vede una foto di San Pio da Pietrelcina, la strappa e la butta. “Il Medioevo è finito!”, si mette a gridare. “Basta con buffoni e superstizioni. C’è stato un concilio. Aggiornatevi!”. Fonte: Acta Apostaticae Sedis...
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L'eretico "prete" don Gallo...
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Altro esempio di "prete" eretico ed insensato, don Giorgio De Capitani...
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"Messa, eretica e blasfema, rock Neocatecumenale"
"Messa, eretica e blasfema, rock Neocatecumenale"
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Pronta la "beatificazione" del distruttore della Tradizione cattolica, quindi della Chiesa, Paolo VI...
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Monsignor Williamson:"La neo-Chiesa e la neo-Fraternità sono la stessa malattia dei nostri tempi"...
Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
15 dicembre 2012
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
15 dicembre 2012
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Wimbledon, addio...
Così ho lasciato Wimbledon, cosa che almeno corrisponde alla realtà della mia supposta “espulsione” dalla Fraternità San Pio X. Ma questo non senza tristezza, perché qui ho trascorso quasi quattro anni dopo la mia reale espulsione dall’Argentina, e sono stati anni felici, nonostante tutto.
Forse la felicità maggiore è stata l’essere in compagnia dei sacerdoti della sede del Distretto inglese della FSSPX, la St. George’s House. Essi sono stati un’ottima compagnia. Che Dio benedica ognuno di loro.
Tuttavia, una cosa devo dirla. La gente mi chiede perché lascio la Fraternità.
Ma io non ho lasciato la Fraternità, è la Fraternità che ha lasciato me, abbandonando i principi per i quali io vi avevo aderito.
Ancora una volta, il parallelo col Vaticano II è corretto. Come innumerevoli cattolici, sacerdoti, religiosi e laici, furono abbandonati dagli uomini di Chiesa che nel 1960 optarono per il Concilio, così numerosi fedeli, sacerdoti e laici, sono stati abbandonati nel 2010 dai capi della Fraternità con il loro volere la pace con i loro “nuovi amici di Roma” – espressione usata dal primo Assistente della Fraternità.
Per chi sa vedere, la cecità è sorprendente. Per chi non sa vedere, è tutto normale. Che Dio abbia pietà di loro.
Credo che questi capi non abbiano mai capito alcunché di Mons. Lefebvre. Sono figli del mondo moderno.
La sola ragione sostanziale che hanno avanzato per questa loro “espulsione” è stata la mia disobbedienza. Ma la sola sostanziale disobbedienza da parte mia è stata il mio ripetuto rifiuto di chiudere questi “Commenti Eleison”. Eppure, quando in due occasioni ho chiesto al Superiore generale di specificare quali precisi numeri dei “Commenti” fossero così problematici, egli non ha dato una risposta, indubbiamente perché avrebbe dovuto mostrare che il problema vero era solo il contenuto, e cioè la mia risoluta opposizione al suo avvicinamento suicida alla Roma conciliare.
Invece si continua a far finta che il problema sia disciplinare, così da distogliere l’attenzione dal problema reale. E io non sono il primo sacerdote, e non sarò l’ultimo, che egli tratta in questo modo. Che Dio lo illumini.
Egli rischia non poco cacciando molti dei suoi veri amici per far piacere ai suoi veri nemici, esattamente come fece Paolo VI con Mons. Lefebvre.
I paralleli non finiscono mai. La neo-Chiesa e la neo-Fraternità sono la stessa malattia dei nostri tempi.
E adesso? Ho preso in prestito l’appartamento di un amico nelle vicinanze di Londra, per un paio di settimane al massimo, per qualche mese nel peggiore dei casi, fino a quando non troverò un immobile adatto in affitto per 6 o 12 mesi. A questo punto non credo di poter definire ancora una sistemazione definitiva. Ahimè, non sarà facile prendere contatto, perché il mio amico dev’essere discreto, dovendosi preoccupare per i suoi vicini.
Comunque la lentezza della posta permetterà di raggiungermi attraverso P.O. Box 423, Deal CT14 4BF, England (ma per favore non inviate cartoline di Natale, io non ne mando).
Dal 13 dicembre al 3 gennaio ho programmato di fare una visita apostolica in Canada e negli USA, Deo volente, e subito dopo una visita in Francia per la festa dell’Epifania.
Cambieranno anche alcuni aspetti di come verranno pubblicati i miei interventi e i miei scritti. La forma e il modo della pubblicazione dei “Commenti Eleison” potrà cambiare, ma mi auguro che non cambi la loro pubblicazione al sabato, né a dicembre, né nel nuovo anno.
Grazie a tutti per i vostri contributi alla St. Marcel Initiative.
Se può interessarvi, posso promettervi che non sono stati traviati.
Buon Natale.
Kyrie eleison.
Londra, Inghilterra
sabato 15 dicembre 2012
Don Juan Carlos Ortiz:"Che Dio abbia pietà della Fraternità!"...
La nuova
ermneutica di Mons. Fellay
La Fraternità ha cambiato la sua posizione?
La Fraternità ha cambiato la sua posizione?
di Don Juan Carlos Ortiz
Don Juan Carlos Oriz è
sacerdote della Fraternità da 28 anni
Questo scritto è stato pubblicato sul sito francese Avec l'immaculée
Questo scritto è stato pubblicato sul sito francese Avec l'immaculée
Malgrado certi recenti discorsi che vogliono essere rassicuranti, la
Fraternità San Pio X continua ad attraversare la più
grave crisi interna che abbia mai conosciuto, sia per la sua
profondità sia per la sua estensione.
Questa crisi è particolarmente grave poiché deriva da gravi mancanze, in particolare di Mons. Fellay e dei suoi due Assistenti, nel dominio dottrinale e in quello della prudenza. È questa la causa principale della confusione tra i membri della Fraternità.
Certuni hanno provato a credere che, dal momento che fino ad oggi non vi sia stato alcun accordo pratico con Roma, il pericolo sia passato… Ma non bisogna passare subito alle conclusioni!
Malgrado le apparenze, i Superiori della Fraternità non hanno ritrattato la loro nuova concezione sul ruolo che deve svolgere la Tradizione nella Chiesa, e in particolare sui suoi rapporti con la Chiesa conciliare. Per di più, essi sono lungi dall’essersi assunte le loro personali responsabilità in questa crisi interna dovuta ai loro comportamenti imprudenti.
È opportuno soffermarsi da vicino su due aspetti molto importanti di questa crisi interna, per non sottovalutare gli effetti nefasti che essa continua a produrre nella Fraternità e nelle file della Tradizione.
Il primo aspetto, più generale, riguarda il ruolo capitale che la Fraternità giuoca nella resistenza alla Chiesa conciliare e nella salvaguardia della Tradizione cattolica.
Se cade la Fraternità, cade l’ultimo bastione della Tradizione.
Il secondo aspetto, più specifico, riguarda il grave cambiamento attuato da Menzingen a proposito del ruolo principale della Fraternità di fronte a questa crisi della Chiesa: cambiamento che si oppone nettamente a quello che le aveva assegnato Mons. Lefebvre.
E tuttavia, questo cambiamento è molto sottile e forse difficile da cogliere per certuni, poiché, pur affermando che non vogliono abbandonare la battaglia dottrinale, questi Superiori hanno fatto del riconoscimento canonico la priorità essenziale della Fraternità.
Certo, alcuni aspetti dottrinali restano ancora nella loro agenda, ma sono posti in secondo piano, così che si deve «rivedere» tutto in funzione di questa nuova priorità.
Questo cambiamento tradisce in loro il «legalismo» di cui soffrono tutte le comunità tradizionali che si sono ricollegate con Roma a partire dal 1988. Come costoro, questi Superori hanno finito col sentirsi «colpevoli» per l’essere esclusi dalla Chiesa ufficiale, con la quale sognano di essere «riconciliati» ad ogni costo.
Conosciamo l’«ermeneutica della continuità» di Benedetto XVI, con la quale egli ha concepito una nuova interpretazione che vorrebbe integrare la Chiesa conciliare nella Tradizione della Chiesa.
Le autorità di Menzingen, per giustificare il loro cambiamento di posizione, hanno anch’essi concepito una nuova «ermeneutica» o «reinterpretazione» del ruolo principale della Fraternità, con la quale vogliono integrare la Tradizione nella Chiesa conciliare.
Questa ermeneutica richiede che si faccia una «rilettura» deformata di ciò che Mons. Lefebvre intendeva come prioritario per la Fraternità, citando, per esempio, ciò che Mons. Lefebvre diceva prima della sua rottura con Roma nel 1988, oppure le sue parole più concilianti nei confronti delle autorità ufficiali della Chiesa.
In tal modo, ciò che un tempo si rigettava energicamente della Chiesa conciliare, oggi sarebbe da «ripensare» in un’ottica dell’accettazione delle idee conciliari, se non totale, quanto meno «parziale» o «a certe condizioni».
Da notare che le autorità della Fraternità tradiscono questa nuova attitudine, più per quello che, per omissione, non dicono delle autorità conciliari, che per quello che dicono.
A parte alcune frasi qui o là più ferme (per rassicurare i più «duri» di noi), si constata da lungo tempo un’attitudine «positiva» riguardo ai discorsi e ai comportamenti delle autorità conciliari e in particolare di Benedetto XVI.
Una prova recente di questo «rammollimento» è indubbiamente il boicottaggio da parte di Menzingen dei libri, giudicati troppo «duri», scritti da Mons. Tissier de Mallerais e da Don Calderón sulla Chiesa conciliare. Un altro esempio è il Simposio dell’Angelus, nel Distretto degli Stati Uniti, che quest’anno ha scelto come tema «Il Papato», mentre si sta commemorando il 50° anniversario dell’apertura disastrosa del Vaticano II!
Certuni potrebbero chiedere: perché e con quale diritto
denunciare questo nuovo orientamento della Fraternità?
Io conosco bene la Fraternità e il suo scopo, essendone membro da 28 anni. Io amo profondamente la Fraternità, nella quale mi sono impegnato a vita. Ho conosciuto personalmente il suo Fondatore, che mi ha ordinato, e di cui ho sempre continuato a studiare gli scritti e i discorsi. Ed è per amore della Fraternità e per pietà filiale verso Mons. Lefebvre che credo sia mio dovere parlarne pubblicamente.
Appare evidente che da diversi anni vi sia un cambiamento fondamentale, soprattutto in Mons. Fellay e i suoi Assistenti, circa lo scopo principale della Fraternità San Pio X in questo tempo di crisi della Chiesa: preservare integralmente la Tradizione cattolica, combattendo i nemici della Chiesa sia esterni sia interni.
Lo scopo fondamentale della Fraternità San Pio X in seno a questa crisi della Chiesa, non può essere cambiato, poiché è stato chiaramente tracciato dal suo Fondatore in molti dei suoi scritti, delle sue omelie e conferenze e dei suoi comportamenti, soprattutto a partire dal 1988. Di conseguenza, cambiare questo scopo su dei punti importanti significa allontanarsi pesantemente dal suo Fondatore e così esporre la Fraternità al suicidio, col farla cadere nelle mani della Roma modernista che la Fraternità combatte fin dalla sua fondazione.
L’esperienza ci dimostra che tutti coloro che si sono allontanati da questa linea tracciata da Mons. Lefebvre hanno finito col tradire la battaglia per la Tradizione.
Questo cambiamento nella Fraternità non ha alcuna giustificazione, poiché in questi ultimi anni nella Chiesa conciliare non abbiamo visto alcun importante cambiamento dottrinale o pratico, nel senso di un ritorno reale alla Tradizione, con la condanna degli errori o delle riforme conciliari.
Vorrei basare ciò che dico mostrando come le affermazioni e i comportamenti di Mons. Fellay e dei suoi Assistenti siano totalmente contrari a ciò che ha chiaramente affermato Mons. Lefebvre. E se anche Mons. Lefebvre non ne avesse parlato esplicitamente, i loro cambiamenti si oppongono gravemente al bene comune della Fraternità e al semplice buon senso.
1. Un’erronea nozione di visibilità della Chiesa
Per prima cosa, appare molto chiaramente che il punto di partenza del loro cambiamento si basa su un’erronea nozione della visibilità della Chiesa.
Nelle loro affermazioni pubbliche essi descrivono la Fraternità come «mancante» di qualcosa di fondamentale riguardo a questa «visibilità» della Chiesa. Essi dicono spesso della Fraternità che si troverebbe in una situazione «irregolare», «anormale», «illegale», mentre invece tutto questo è solo apparente.
Don Pfluger ha affermato chiaramente questo errore in una recente intervista: «Da parte nostra, anche noi soffriamo di un difetto, del fatto della nostra irregolarità canonica. Non è solo lo stato della Chiesa post-conciliare che è imperfetto, anche il nostro lo è».
E più avanti: «L’obbligo di lavorare attivamente per superare la crisi non può essere contestato. E questo lavoro inizia da noi, con il voler superare il nostro stato canonico anormale» (Intervista al Kirchliche Umschau, del 13 ottobre 2012).
Questa crisi è particolarmente grave poiché deriva da gravi mancanze, in particolare di Mons. Fellay e dei suoi due Assistenti, nel dominio dottrinale e in quello della prudenza. È questa la causa principale della confusione tra i membri della Fraternità.
Certuni hanno provato a credere che, dal momento che fino ad oggi non vi sia stato alcun accordo pratico con Roma, il pericolo sia passato… Ma non bisogna passare subito alle conclusioni!
Malgrado le apparenze, i Superiori della Fraternità non hanno ritrattato la loro nuova concezione sul ruolo che deve svolgere la Tradizione nella Chiesa, e in particolare sui suoi rapporti con la Chiesa conciliare. Per di più, essi sono lungi dall’essersi assunte le loro personali responsabilità in questa crisi interna dovuta ai loro comportamenti imprudenti.
È opportuno soffermarsi da vicino su due aspetti molto importanti di questa crisi interna, per non sottovalutare gli effetti nefasti che essa continua a produrre nella Fraternità e nelle file della Tradizione.
Il primo aspetto, più generale, riguarda il ruolo capitale che la Fraternità giuoca nella resistenza alla Chiesa conciliare e nella salvaguardia della Tradizione cattolica.
Se cade la Fraternità, cade l’ultimo bastione della Tradizione.
Il secondo aspetto, più specifico, riguarda il grave cambiamento attuato da Menzingen a proposito del ruolo principale della Fraternità di fronte a questa crisi della Chiesa: cambiamento che si oppone nettamente a quello che le aveva assegnato Mons. Lefebvre.
E tuttavia, questo cambiamento è molto sottile e forse difficile da cogliere per certuni, poiché, pur affermando che non vogliono abbandonare la battaglia dottrinale, questi Superiori hanno fatto del riconoscimento canonico la priorità essenziale della Fraternità.
Certo, alcuni aspetti dottrinali restano ancora nella loro agenda, ma sono posti in secondo piano, così che si deve «rivedere» tutto in funzione di questa nuova priorità.
Questo cambiamento tradisce in loro il «legalismo» di cui soffrono tutte le comunità tradizionali che si sono ricollegate con Roma a partire dal 1988. Come costoro, questi Superori hanno finito col sentirsi «colpevoli» per l’essere esclusi dalla Chiesa ufficiale, con la quale sognano di essere «riconciliati» ad ogni costo.
Conosciamo l’«ermeneutica della continuità» di Benedetto XVI, con la quale egli ha concepito una nuova interpretazione che vorrebbe integrare la Chiesa conciliare nella Tradizione della Chiesa.
Le autorità di Menzingen, per giustificare il loro cambiamento di posizione, hanno anch’essi concepito una nuova «ermeneutica» o «reinterpretazione» del ruolo principale della Fraternità, con la quale vogliono integrare la Tradizione nella Chiesa conciliare.
Questa ermeneutica richiede che si faccia una «rilettura» deformata di ciò che Mons. Lefebvre intendeva come prioritario per la Fraternità, citando, per esempio, ciò che Mons. Lefebvre diceva prima della sua rottura con Roma nel 1988, oppure le sue parole più concilianti nei confronti delle autorità ufficiali della Chiesa.
In tal modo, ciò che un tempo si rigettava energicamente della Chiesa conciliare, oggi sarebbe da «ripensare» in un’ottica dell’accettazione delle idee conciliari, se non totale, quanto meno «parziale» o «a certe condizioni».
Da notare che le autorità della Fraternità tradiscono questa nuova attitudine, più per quello che, per omissione, non dicono delle autorità conciliari, che per quello che dicono.
A parte alcune frasi qui o là più ferme (per rassicurare i più «duri» di noi), si constata da lungo tempo un’attitudine «positiva» riguardo ai discorsi e ai comportamenti delle autorità conciliari e in particolare di Benedetto XVI.
Una prova recente di questo «rammollimento» è indubbiamente il boicottaggio da parte di Menzingen dei libri, giudicati troppo «duri», scritti da Mons. Tissier de Mallerais e da Don Calderón sulla Chiesa conciliare. Un altro esempio è il Simposio dell’Angelus, nel Distretto degli Stati Uniti, che quest’anno ha scelto come tema «Il Papato», mentre si sta commemorando il 50° anniversario dell’apertura disastrosa del Vaticano II!
Io conosco bene la Fraternità e il suo scopo, essendone membro da 28 anni. Io amo profondamente la Fraternità, nella quale mi sono impegnato a vita. Ho conosciuto personalmente il suo Fondatore, che mi ha ordinato, e di cui ho sempre continuato a studiare gli scritti e i discorsi. Ed è per amore della Fraternità e per pietà filiale verso Mons. Lefebvre che credo sia mio dovere parlarne pubblicamente.
Appare evidente che da diversi anni vi sia un cambiamento fondamentale, soprattutto in Mons. Fellay e i suoi Assistenti, circa lo scopo principale della Fraternità San Pio X in questo tempo di crisi della Chiesa: preservare integralmente la Tradizione cattolica, combattendo i nemici della Chiesa sia esterni sia interni.
Lo scopo fondamentale della Fraternità San Pio X in seno a questa crisi della Chiesa, non può essere cambiato, poiché è stato chiaramente tracciato dal suo Fondatore in molti dei suoi scritti, delle sue omelie e conferenze e dei suoi comportamenti, soprattutto a partire dal 1988. Di conseguenza, cambiare questo scopo su dei punti importanti significa allontanarsi pesantemente dal suo Fondatore e così esporre la Fraternità al suicidio, col farla cadere nelle mani della Roma modernista che la Fraternità combatte fin dalla sua fondazione.
L’esperienza ci dimostra che tutti coloro che si sono allontanati da questa linea tracciata da Mons. Lefebvre hanno finito col tradire la battaglia per la Tradizione.
Questo cambiamento nella Fraternità non ha alcuna giustificazione, poiché in questi ultimi anni nella Chiesa conciliare non abbiamo visto alcun importante cambiamento dottrinale o pratico, nel senso di un ritorno reale alla Tradizione, con la condanna degli errori o delle riforme conciliari.
Vorrei basare ciò che dico mostrando come le affermazioni e i comportamenti di Mons. Fellay e dei suoi Assistenti siano totalmente contrari a ciò che ha chiaramente affermato Mons. Lefebvre. E se anche Mons. Lefebvre non ne avesse parlato esplicitamente, i loro cambiamenti si oppongono gravemente al bene comune della Fraternità e al semplice buon senso.
1. Un’erronea nozione di visibilità della Chiesa
Per prima cosa, appare molto chiaramente che il punto di partenza del loro cambiamento si basa su un’erronea nozione della visibilità della Chiesa.
Nelle loro affermazioni pubbliche essi descrivono la Fraternità come «mancante» di qualcosa di fondamentale riguardo a questa «visibilità» della Chiesa. Essi dicono spesso della Fraternità che si troverebbe in una situazione «irregolare», «anormale», «illegale», mentre invece tutto questo è solo apparente.
Don Pfluger ha affermato chiaramente questo errore in una recente intervista: «Da parte nostra, anche noi soffriamo di un difetto, del fatto della nostra irregolarità canonica. Non è solo lo stato della Chiesa post-conciliare che è imperfetto, anche il nostro lo è».
E più avanti: «L’obbligo di lavorare attivamente per superare la crisi non può essere contestato. E questo lavoro inizia da noi, con il voler superare il nostro stato canonico anormale» (Intervista al Kirchliche Umschau, del 13 ottobre 2012).
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