Commento apparso su L’Occidentale del 29 settembre 2010
La “delegittimazione’ di Israele è alquanto semplice ed elementare da spiegare: nel 1948 i palestinesi furono espulsi in un’operazione di “pulizia etnica” che è oggi equiparata al genocidio.
La “pulizia etnica” fu preparata prima del 1948 (Piano Dalet) e continua ininterrotta fino ai nostri giorni. Sono innumerevoli e non censiti, ovvero non noti al grande pubblico in quanto silenziati o edulcorati e travisati dai media, i “crimini” ascritti e ascrivibili a Israele.
La propaganda insiste con un motivo di allucinante assurditò: “così fan tutti” o “anche altri fanno così”.
E cosa significa?
Ammesso e non concesso che questo possa essere un argomento da poter prendere seriamente in considerazione. Ma quale “doppia morale”? “Infame” il rapporto Goldstone?
Dove sta l’equilibrio morale dell’articolista Dore Gold? Più fondatamente si può dire che è “infame” la sua negazione dell’evidenza: un vero e proprio massacro, significativamente chiamato “Piombo Fuso”, e per il quale Israele pretende il plauso del mondo e la legittimazione di un “lager” come quello di Gaza, dove sono letteralmente ricnhiusi un milione e mezzo di persone, sottosposte a sevizie e restrizioni contrarie ad ogni senso elementare di umanità. Chi pone sotto accusa Israele non è una banda di mascherati, ma appunto il «Consiglio dei diritti umani dell’ONU»!
E Goldstone è per giunta un “ebreo” ed un “sionista” che sia pure modertamente non ha non potuto constatare che Israele ha passato il segno nella sua persuasione di avere diritto all’impunità, qualsiasi cosa faccia o dichiari.
Hamas è il governo legittimamente eletto dai palestinesi ed è contrario ad ogni principio democratico che un governo sia tale solo se è gradito a Israele, la cui politica in effetti mira a insediare in tutto il Medio Oriente dei governi fantoccio.
È il caso dell’Egitto, è il caso dell’Iraq contro cui Israele ha spinto ad una guerra costata finora oltre un milione di morti. È quello che Israele vorrebbe fare anche con l’Iran… I “razzi” di Hamas a fronte dell’incredibile arsenale di morte, incluse le atomiche, di cui Israele dispone sono un argomento risibile di una propaganda che tiene in totale dispregio l’intelligenza dei cittadini europei.
Ma quale diritto ha Israele di cacciare la gente dalle sue case e dai suoi villaggi? È quello che Israele ha fatto da sempre, cioè da quando è iniziata con fredda premeditazione l’impresa sionista. È inutile tentare di sviare lo sguardo altrove. Oltre che criminale è anche puerile.
L’Iran negli ultimi secoli della sua storia non ha mai mosso guerra a nessuno.
Da quando esiste Israele vive solo per muovere guerra ad altri e a fomentare continuamente la guerra.
Israele si trova in tutte le operazioni sporche del mondo.
Israele è la negazione di ogni principio morale ed etico.
Israele è perfino condannata come stato dalla parte più autentica del giudaismo (Neturei Karta e simili, di cui parla Jakob Rabkin in un libro tradotto anche in italiano).
La “colpevolezza” di Israele è facilmente constatabile da chiunque sia capace di giudizio indipendente e si prenda la briga di andarsi a documentare su ciò che già è concesso sapere. È da presumere che i crimini “ignoti” di Israele siano ancora più orribili.
La dice lunga il prolungamento della secretazione degli stessi archivi israeliani, dai quali tutti gli storici hanno potuto trarre la certezza storica della “pulizia etnica” del 1948, atto fondativo dello Stato di Israele, la cui effettiva esistenza si basa unicamente su un equilibrio geopolitico di forze, ma non certamente su principi di giustizia, umanità, convivenza pacifica fra i popoli. Quanto all’«Olocausto» Israele non può pretendere di far pagare ai palestinesi una “colpa” addossata agli europei e per la quale nella sola Germania, dal 1994 ad oggi, sono state penalmente perseguite 200.000 persone, delle quali è platealmente violato il “diritto umano fondamentale” alla libertà di pensiero. È ora di finirla con questo argomento e di pretendere di sfruttarlo, attuando un vero e proprio genocidio del popolo palestinese.
Israele si preoccupa della sua “esistenza” mentre ha sempre ostinatamente negato l’esistenza delle popolazioni autoctone, alla quale ha sottratto ogni cosa e nega perfino la qualità umana.
Israele è la follia in forma di stato.
Israele non ha nulla a che fare con i “diritti umani”.
È del tutto pretestuoso richiamarsi storicamente alla barbarie che è seguita alla spartizione dell’Impero Ottomano.
Nessuna legittimità può essere ricavata da accordi per la spartizione del bottino fra vecchie potenze coloniali, fortunatamente sparite appena mezzo secolo dopo. Il colonialismo con tutta la sua barbarie è il periodo più nefasto della storia dell’Europa: tratta dei negri e genocidio degli indiani d’America ne fanno parte!
Ma è proprio la ricostruzione della storia della questione d’Oriente che dimostra ab ovo la totale mancanza di legittimità di “coloni” che pretendono di comprare terre, cacciandone gli abitanti. Uno stato non si fonda come l’acquisto di un appartamento, dal quale poi si sfrattano gli occupanti.
Il retroterra della Dichiarazione Balfour è assolutamente miserabile ed è una pagina di storia del crimine. E comunque si tratta di episodi che ormai gli storici hanno ben indagato nella loro esatta portata. Si può dire che Balfour cedette alle pressione degli ebrei americani per ottenere l’intervento in guerra dell’America con gli infiniti lutti che ciò comportò.
Quello del “focolare” è una bufala che neppure i bambini riescono ad ascoltare.
Doppia morale? Certo! I sionisti pretendono di sfruttare l’unico atto discutibile ed ingiusto dell’ONU (la spartizione della Palestina) ed ignorano gli innumerevoli atti di condanna che l’ONU ha promosso contro Israele.
Quando fa comodo (una volta sola e malamente), allora l’ONU, va bene. Quando non fa comodo, non va più bene. Più doppia morale di questa!
Il presunto “riconoscimento” dei diritti di Israele non può essere disgiunto in tutto la parabola storica del sionismo dal indisgiungibile “disconoscimento” dei diritti dei palestinesi: non esiste e non è mai esistito un “diritto” a cacciara qualcuno dalla sua casa, dal suo paese, dalla sua terra.
Se ciò avviene, è solo per una manifestazione di forza bruta che è appunto la negazione di ogni diritto.
Sono favole le pretese “bibliche”: esse colpiscono a morte ogni principio di religione e rendono la religione cosa sospetta ed immorale. Altro che fondamentalismo islamico!
Ma, appunto, i “giudei” di Neturei Karta dicono e ripetono costantemente che il “sionismo” non ha nulla a che fare con il giudaismo ed è esattamente il nemico e il contrario del giudaismo.
Ma con quale impudenza l’articolista parla di “concessioni” fatte ai palestinesi, dopo averli spogliato di ogni cosa che era loro e della quale si sono illegittimamente appropriati?
Il sionista Loquenzi consentirà la pubblicazione di questa mia confutazione di un testo osceno? Mah! Pocco importa ed è già sufficiente se sarà letto dal Moderatore.
Mi auguro che siano uno spirito ed una coscienza libera, sensibile ai valori di giustizia ed umanità.
Se riesce a replicare a questi miei argomenti, faccia pure. Mi sento in grado di misurarmi con chiunque.
La “pulizia etnica” fu preparata prima del 1948 (Piano Dalet) e continua ininterrotta fino ai nostri giorni. Sono innumerevoli e non censiti, ovvero non noti al grande pubblico in quanto silenziati o edulcorati e travisati dai media, i “crimini” ascritti e ascrivibili a Israele.
La propaganda insiste con un motivo di allucinante assurditò: “così fan tutti” o “anche altri fanno così”.
E cosa significa?
Ammesso e non concesso che questo possa essere un argomento da poter prendere seriamente in considerazione. Ma quale “doppia morale”? “Infame” il rapporto Goldstone?
Dove sta l’equilibrio morale dell’articolista Dore Gold? Più fondatamente si può dire che è “infame” la sua negazione dell’evidenza: un vero e proprio massacro, significativamente chiamato “Piombo Fuso”, e per il quale Israele pretende il plauso del mondo e la legittimazione di un “lager” come quello di Gaza, dove sono letteralmente ricnhiusi un milione e mezzo di persone, sottosposte a sevizie e restrizioni contrarie ad ogni senso elementare di umanità. Chi pone sotto accusa Israele non è una banda di mascherati, ma appunto il «Consiglio dei diritti umani dell’ONU»!
E Goldstone è per giunta un “ebreo” ed un “sionista” che sia pure modertamente non ha non potuto constatare che Israele ha passato il segno nella sua persuasione di avere diritto all’impunità, qualsiasi cosa faccia o dichiari.
Hamas è il governo legittimamente eletto dai palestinesi ed è contrario ad ogni principio democratico che un governo sia tale solo se è gradito a Israele, la cui politica in effetti mira a insediare in tutto il Medio Oriente dei governi fantoccio.
È il caso dell’Egitto, è il caso dell’Iraq contro cui Israele ha spinto ad una guerra costata finora oltre un milione di morti. È quello che Israele vorrebbe fare anche con l’Iran… I “razzi” di Hamas a fronte dell’incredibile arsenale di morte, incluse le atomiche, di cui Israele dispone sono un argomento risibile di una propaganda che tiene in totale dispregio l’intelligenza dei cittadini europei.
Ma quale diritto ha Israele di cacciare la gente dalle sue case e dai suoi villaggi? È quello che Israele ha fatto da sempre, cioè da quando è iniziata con fredda premeditazione l’impresa sionista. È inutile tentare di sviare lo sguardo altrove. Oltre che criminale è anche puerile.
L’Iran negli ultimi secoli della sua storia non ha mai mosso guerra a nessuno.
Da quando esiste Israele vive solo per muovere guerra ad altri e a fomentare continuamente la guerra.
Israele si trova in tutte le operazioni sporche del mondo.
Israele è la negazione di ogni principio morale ed etico.
Israele è perfino condannata come stato dalla parte più autentica del giudaismo (Neturei Karta e simili, di cui parla Jakob Rabkin in un libro tradotto anche in italiano).
La “colpevolezza” di Israele è facilmente constatabile da chiunque sia capace di giudizio indipendente e si prenda la briga di andarsi a documentare su ciò che già è concesso sapere. È da presumere che i crimini “ignoti” di Israele siano ancora più orribili.
La dice lunga il prolungamento della secretazione degli stessi archivi israeliani, dai quali tutti gli storici hanno potuto trarre la certezza storica della “pulizia etnica” del 1948, atto fondativo dello Stato di Israele, la cui effettiva esistenza si basa unicamente su un equilibrio geopolitico di forze, ma non certamente su principi di giustizia, umanità, convivenza pacifica fra i popoli. Quanto all’«Olocausto» Israele non può pretendere di far pagare ai palestinesi una “colpa” addossata agli europei e per la quale nella sola Germania, dal 1994 ad oggi, sono state penalmente perseguite 200.000 persone, delle quali è platealmente violato il “diritto umano fondamentale” alla libertà di pensiero. È ora di finirla con questo argomento e di pretendere di sfruttarlo, attuando un vero e proprio genocidio del popolo palestinese.
Israele si preoccupa della sua “esistenza” mentre ha sempre ostinatamente negato l’esistenza delle popolazioni autoctone, alla quale ha sottratto ogni cosa e nega perfino la qualità umana.
Israele è la follia in forma di stato.
Israele non ha nulla a che fare con i “diritti umani”.
È del tutto pretestuoso richiamarsi storicamente alla barbarie che è seguita alla spartizione dell’Impero Ottomano.
Nessuna legittimità può essere ricavata da accordi per la spartizione del bottino fra vecchie potenze coloniali, fortunatamente sparite appena mezzo secolo dopo. Il colonialismo con tutta la sua barbarie è il periodo più nefasto della storia dell’Europa: tratta dei negri e genocidio degli indiani d’America ne fanno parte!
Ma è proprio la ricostruzione della storia della questione d’Oriente che dimostra ab ovo la totale mancanza di legittimità di “coloni” che pretendono di comprare terre, cacciandone gli abitanti. Uno stato non si fonda come l’acquisto di un appartamento, dal quale poi si sfrattano gli occupanti.
Il retroterra della Dichiarazione Balfour è assolutamente miserabile ed è una pagina di storia del crimine. E comunque si tratta di episodi che ormai gli storici hanno ben indagato nella loro esatta portata. Si può dire che Balfour cedette alle pressione degli ebrei americani per ottenere l’intervento in guerra dell’America con gli infiniti lutti che ciò comportò.
Quello del “focolare” è una bufala che neppure i bambini riescono ad ascoltare.
Doppia morale? Certo! I sionisti pretendono di sfruttare l’unico atto discutibile ed ingiusto dell’ONU (la spartizione della Palestina) ed ignorano gli innumerevoli atti di condanna che l’ONU ha promosso contro Israele.
Quando fa comodo (una volta sola e malamente), allora l’ONU, va bene. Quando non fa comodo, non va più bene. Più doppia morale di questa!
Il presunto “riconoscimento” dei diritti di Israele non può essere disgiunto in tutto la parabola storica del sionismo dal indisgiungibile “disconoscimento” dei diritti dei palestinesi: non esiste e non è mai esistito un “diritto” a cacciara qualcuno dalla sua casa, dal suo paese, dalla sua terra.
Se ciò avviene, è solo per una manifestazione di forza bruta che è appunto la negazione di ogni diritto.
Sono favole le pretese “bibliche”: esse colpiscono a morte ogni principio di religione e rendono la religione cosa sospetta ed immorale. Altro che fondamentalismo islamico!
Ma, appunto, i “giudei” di Neturei Karta dicono e ripetono costantemente che il “sionismo” non ha nulla a che fare con il giudaismo ed è esattamente il nemico e il contrario del giudaismo.
Ma con quale impudenza l’articolista parla di “concessioni” fatte ai palestinesi, dopo averli spogliato di ogni cosa che era loro e della quale si sono illegittimamente appropriati?
Il sionista Loquenzi consentirà la pubblicazione di questa mia confutazione di un testo osceno? Mah! Pocco importa ed è già sufficiente se sarà letto dal Moderatore.
Mi auguro che siano uno spirito ed una coscienza libera, sensibile ai valori di giustizia ed umanità.
Se riesce a replicare a questi miei argomenti, faccia pure. Mi sento in grado di misurarmi con chiunque.
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SE CADE ISRAELE CADREMO NOI TUTTI
di Dore Gold - 29 Settembre 2010 - Tratto da "Il Foglio" del 29/9/2010 - Apparso su
www.loccidentale.itProprio in questo momento nei palazzi governativi di Israele si sta discutendo in merito alla crescente campagna di delegittimazione dello stato ebraico. Ma da dove proviene questo senso di “delegittimazione”? Relativamente al giudizio espresso dalla gente a livello mondiale, oggi Israele si trova a dover affrontare una doppia morale all’interno della comunità internazionale. L’ex segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha avuto modo di sottolinearlo già nel novembre 2006, riferendosi al lavoro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, da poco costituitosi: “Fin dall’inizio del loro lavoro hanno focalizzato l’attenzione quasi esclusivamente su Israele, mentre ci sono altre situazioni di crisi, come il Sudan, dove non sono stati in grado di dire una sola parola”.
Ed è stato infatti lo stesso Consiglio per i diritti umani dell’Onu, con sede a Ginevra, a dare avvio alla Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, pubblicando l’infame rapporto Goldstone, che incolpava Israele dei civili morti nella guerra a Gaza, mentre non trovava colpe ad Hamas, la cui campagna a suon di razzi contro le città e i paesi israeliani, durata otto anni (2001-2009), è stata la causa principale dello scoppio della guerra.
Più di recente, molti paesi europei hanno condannato Israele per il blocco navale di Gaza, controllata appunto da Hamas. Per esempio, il 2 luglio il Parlamento federale tedesco ha approvato una risoluzione in cui si chiedeva l’immediata sospensione del blocco navale. Ma un blocco non rappresenta uno strumento di legittima difesa?
Israele non ha forse il diritto di impedire che in futuro i missili a lunga gittata iraniani giungano a Gaza via nave, considerando il fatto che in passato erano proprio di fabbricazione iraniana i missili lanciati sulle città israeliane? La stessa Nato, in realtà, impose un blocco alla Jugoslavia negli anni Novanta, quando le truppe volevano interrompere il rifornimento di armi alle milizie serbo-bosniache. Alcuni hanno sostenuto che il blocco israeliano stava causando una crisi umanitaria, ma esaminando le foto del mercato di Gaza scattate lo scorso anno, chiunque può vedere che vi era abbondanza di verdura e frutta fresca.
Il Washington Post ha riferito che le farmacie della città di Gaza erano ben rifornite, esattamente come quelle della capitale statunitense. Perché il blocco della Nato poteva essere considerato legittimo, mentre quello israeliano no? La questione è molto più profonda.
Stiamo parlando di una doppia morale che nasce dalla delegittimazione. Uno stato di cui viene messa in discussione la legittimità non può sperare nell’imparzialità di quel tribunale che è l’opinione pubblica internazionale. Sarà giudicato colpevole ancor prima di aver presentato la realtà dei fatti. Nel 2009, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha chiesto di indagare su “tutte le violazioni delle leggi internazionali sui diritti dell’uomo… commesse dallo stato occupante, Israele”.
Questa domanda era formulata in un modo tale da insinuare la colpevolezza di Israele prima ancora che Justice Richard Goldstone avviasse la sua indagine sulla guerra di Gaza. L’attacco a Israele suona perfino ironico se si pensa che il popolo ebraico, tra cui anche gli israeliani, è sempre stato in prima linea nella lotta per i diritti umani, fin dai tempi in cui vennero redatte la Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo e la Convenzione sul genocidio in seguito all’Olocausto. Ciononostante ci sono persone che, in tutta coscienza, sperano che l’offensiva diplomatica, non importa quanto ingiusta, continui anche in futuro e indebolisca Israele a tal punto da metterne in dubbio l’esistenza stessa.
Quello che sta accadendo non riguarda solo i cambiamenti della politica di Israele, ma è anche il risultato dei mutamenti che stanno avvenendo in Occidente. Novant’anni fa, nel 1920, terminata la Prima guerra mondiale, gli alleati vittoriosi si incontrarono nella città italiana di Sanremo e decisero che il popolo arabo degli ex territori dell’Impero ottomano in Asia sarebbe stato liberato e avrebbe potuto formare degli stati indipendenti, come la Siria e l’Iraq. Inoltre venne riconosciuto al popolo ebraico il diritto internazionale di “ricostituire la propria patria nazionale” in quello che sarebbe diventato il Mandato britannico della Palestina. Questi diritti vennero approvati dalla Società delle Nazioni e definiti dalla Corte permanente di giustizia internazionale dell’Aia come “un atto legislativo internazionale”.
Quindi i diritti del popolo ebraico sono stati riconosciuti sia dalla Società delle Nazioni sia dalle Nazioni Unite, facendo di Israele, ironia della sorte, un paese la cui legittimità è maggiore rispetto a gran parte del mondo. Il motivo del cambiamento drastico nei loro valori internazionali è da ricercare in quegli stati che oggi sono contro Israele, ma i cui padri e le cui madri, non più tardi di una generazione fa, non mettevano nemmeno in discussione l’appoggio alla causa.
Israele ha sicuramente la sua parte di colpa per la situazione attuale: ha lasciato che le circostanze internazionali arrivassero fino a questo punto senza protestare con sufficiente forza. Forse pensava che se avesse fatto più concessioni ai palestinesi questo trattamento impari sarebbe scomparso.
Ma non è successo, perché l’ostilità da parte della scena internazionale non ha nulla a che vedere con i territori occupati nel 1967 durante la Guerra dei sei giorni: riguarda piuttosto il diritto stesso di esistere. Una cosa è certa: coloro che cercano di isolare Israele non stanno piegando la sua volontà. Al contrario, una nuova generazione sta nascendo, convinta che quella israeliana sia una causa giusta, una generazione che vuole difendere il proprio paese senza tradire i valori dei diritti umani che caratterizzano l’etica di Israele fin dai tempi della sua fondazione.
*Dore Gold è Consulente del premier d’Israele Benjamin Netanyahu, ex ambasciatore all’Onu e direttore del Jerusalem Center for Public Affairs
Ed è stato infatti lo stesso Consiglio per i diritti umani dell’Onu, con sede a Ginevra, a dare avvio alla Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, pubblicando l’infame rapporto Goldstone, che incolpava Israele dei civili morti nella guerra a Gaza, mentre non trovava colpe ad Hamas, la cui campagna a suon di razzi contro le città e i paesi israeliani, durata otto anni (2001-2009), è stata la causa principale dello scoppio della guerra.
Più di recente, molti paesi europei hanno condannato Israele per il blocco navale di Gaza, controllata appunto da Hamas. Per esempio, il 2 luglio il Parlamento federale tedesco ha approvato una risoluzione in cui si chiedeva l’immediata sospensione del blocco navale. Ma un blocco non rappresenta uno strumento di legittima difesa?
Israele non ha forse il diritto di impedire che in futuro i missili a lunga gittata iraniani giungano a Gaza via nave, considerando il fatto che in passato erano proprio di fabbricazione iraniana i missili lanciati sulle città israeliane? La stessa Nato, in realtà, impose un blocco alla Jugoslavia negli anni Novanta, quando le truppe volevano interrompere il rifornimento di armi alle milizie serbo-bosniache. Alcuni hanno sostenuto che il blocco israeliano stava causando una crisi umanitaria, ma esaminando le foto del mercato di Gaza scattate lo scorso anno, chiunque può vedere che vi era abbondanza di verdura e frutta fresca.
Il Washington Post ha riferito che le farmacie della città di Gaza erano ben rifornite, esattamente come quelle della capitale statunitense. Perché il blocco della Nato poteva essere considerato legittimo, mentre quello israeliano no? La questione è molto più profonda.
Stiamo parlando di una doppia morale che nasce dalla delegittimazione. Uno stato di cui viene messa in discussione la legittimità non può sperare nell’imparzialità di quel tribunale che è l’opinione pubblica internazionale. Sarà giudicato colpevole ancor prima di aver presentato la realtà dei fatti. Nel 2009, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha chiesto di indagare su “tutte le violazioni delle leggi internazionali sui diritti dell’uomo… commesse dallo stato occupante, Israele”.
Questa domanda era formulata in un modo tale da insinuare la colpevolezza di Israele prima ancora che Justice Richard Goldstone avviasse la sua indagine sulla guerra di Gaza. L’attacco a Israele suona perfino ironico se si pensa che il popolo ebraico, tra cui anche gli israeliani, è sempre stato in prima linea nella lotta per i diritti umani, fin dai tempi in cui vennero redatte la Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo e la Convenzione sul genocidio in seguito all’Olocausto. Ciononostante ci sono persone che, in tutta coscienza, sperano che l’offensiva diplomatica, non importa quanto ingiusta, continui anche in futuro e indebolisca Israele a tal punto da metterne in dubbio l’esistenza stessa.
Quello che sta accadendo non riguarda solo i cambiamenti della politica di Israele, ma è anche il risultato dei mutamenti che stanno avvenendo in Occidente. Novant’anni fa, nel 1920, terminata la Prima guerra mondiale, gli alleati vittoriosi si incontrarono nella città italiana di Sanremo e decisero che il popolo arabo degli ex territori dell’Impero ottomano in Asia sarebbe stato liberato e avrebbe potuto formare degli stati indipendenti, come la Siria e l’Iraq. Inoltre venne riconosciuto al popolo ebraico il diritto internazionale di “ricostituire la propria patria nazionale” in quello che sarebbe diventato il Mandato britannico della Palestina. Questi diritti vennero approvati dalla Società delle Nazioni e definiti dalla Corte permanente di giustizia internazionale dell’Aia come “un atto legislativo internazionale”.
Quindi i diritti del popolo ebraico sono stati riconosciuti sia dalla Società delle Nazioni sia dalle Nazioni Unite, facendo di Israele, ironia della sorte, un paese la cui legittimità è maggiore rispetto a gran parte del mondo. Il motivo del cambiamento drastico nei loro valori internazionali è da ricercare in quegli stati che oggi sono contro Israele, ma i cui padri e le cui madri, non più tardi di una generazione fa, non mettevano nemmeno in discussione l’appoggio alla causa.
Israele ha sicuramente la sua parte di colpa per la situazione attuale: ha lasciato che le circostanze internazionali arrivassero fino a questo punto senza protestare con sufficiente forza. Forse pensava che se avesse fatto più concessioni ai palestinesi questo trattamento impari sarebbe scomparso.
Ma non è successo, perché l’ostilità da parte della scena internazionale non ha nulla a che vedere con i territori occupati nel 1967 durante la Guerra dei sei giorni: riguarda piuttosto il diritto stesso di esistere. Una cosa è certa: coloro che cercano di isolare Israele non stanno piegando la sua volontà. Al contrario, una nuova generazione sta nascendo, convinta che quella israeliana sia una causa giusta, una generazione che vuole difendere il proprio paese senza tradire i valori dei diritti umani che caratterizzano l’etica di Israele fin dai tempi della sua fondazione.
*Dore Gold è Consulente del premier d’Israele Benjamin Netanyahu, ex ambasciatore all’Onu e direttore del Jerusalem Center for Public Affairs
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