LETTERA APOSTOLICA in forma di MOTU PROPRIO "UBICUMQUE ET SEMPER"
del Sommo Pontefice
BENEDETTO XVI
CON LA QUALE SI ISTITUISCE IL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo. Egli, il primo e supremo evangelizzatore, nel giorno della sua ascensione al Padre comandò agli Apostoli: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). Fedele a questo comando la Chiesa, popolo che Dio si è acquistato affinché proclami le sue ammirevoli opere (cfr 1Pt 2,9), dal giorno di Pentecoste in cui ha ricevuto in dono lo Spirito Santo (cfr At 2,14), non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo, annunciando Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, lo stesso "ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8), che con la sua morte e risurrezione ha attuato la salvezza, portando a compimento la promessa antica. Pertanto, la missione evangelizzatrice, continuazione dell'opera voluta dal Signore Gesù, è per la Chiesa necessaria ed insostituibile, espressione della sua stessa natura.
Tale missione ha assunto nella storia forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici. Nel nostro tempo, uno dei suoi tratti singolari è stato il misurarsi con il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo. Le trasformazioni sociali alle quali abbiamo assistito negli ultimi decenni hanno cause complesse, che affondano le loro radici lontano nel tempo e hanno profondamente modificato la percezione del nostro mondo. Si pensi ai giganteschi progressi della scienza e della tecnica, all'ampliarsi delle possibilità di vita e degli spazi di libertà individuale, ai profondi cambiamenti in campo economico, al processo di mescolamento di etnie e culture causato da massicci fenomeni migratori, alla crescente interdipendenza tra i popoli. Tutto ciò non è stato senza conseguenze anche per la dimensione religiosa della vita dell'uomo. E se da un lato l'umanità ha conosciuto innegabili benefici da tali trasformazioni e la Chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza che porta (cfr 1Pt 3,15), dall'altro si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale.
Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l'uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose.
Già il Concilio Ecumenico Vaticano II assunse tra le tematiche centrali la questione della relazione tra la Chiesa e questo mondo contemporaneo. Sulla scia dell'insegnamento conciliare, i miei Predecessori hanno poi ulteriormente riflettuto sulla necessità di trovare adeguate forme per consentire ai nostri contemporanei di udire ancora la Parola viva ed eterna del Signore.
Con lungimiranza il Servo di Dio Paolo VI osservava che l'impegno dell'evangelizzazione "si dimostra ugualmente sempre più necessario, a causa delle situazioni di scristianizzazione frequenti ai nostri giorni, per moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo ma vivono completamente al di fuori della vita cristiana, per gente semplice che ha una certa fede ma ne conosce male i fondamenti, per intellettuali che sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall'insegnamento ricevuto nella loro infanzia, e per molti altri" (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 52). E, con il pensiero rivolto ai lontani dalla fede, aggiungeva che l'azione evangelizzatrice della Chiesa "deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo" (Ibid., n. 56). Il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II fece di questo impegnativo compito uno dei cardini del suo vasto Magistero, sintetizzando nel concetto di "nuova evangelizzazione", che egli approfondì sistematicamente in numerosi interventi, il compito che attende la Chiesa oggi, in particolare nelle regioni di antica cristianizzazione. Un compito che, se riguarda direttamente il suo modo di relazionarsi verso l'esterno, presuppone però, prima di tutto, un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare, per così dire, da evangelizzata ad evangelizzatrice. Basti ricordare ciò che si affermava nell'Esortazione postsinodale Christifideles Laici: "Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell'indifferentismo, del secolarismo e dell'ateismo. Si tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose situazioni di povertà e di miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta «come se Dio non esistesse». Ora l'indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all'ateismo dichiarato. E anche la fede cristiana, se pure sopravvive in alcune sue manifestazioni tradizionali e ritualistiche, tende ad essere sradicata dai momenti più significativi dell'esistenza, quali sono i momenti del nascere, del soffrire e del morire. [...] In altre regioni o nazioni, invece, si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità popolare cristiana; ma questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi d'essere disperso sotto l'impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la secolarizzazione e la diffusione delle sette. Solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libertà. Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi paesi e in queste nazioni" (n. 34).
Facendomi dunque carico della preoccupazione dei miei venerati Predecessori, ritengo opportuno offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione. Essa fa riferimento soprattutto alle Chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione diversi: in alcuni territori, infatti, pur nel progredire del fenomeno della secolarizzazione, la pratica cristiana manifesta ancora una buona vitalità e un profondo radicamento nell'animo di intere popolazioni; in altre regioni, invece, si nota una più chiara presa di distanza della società nel suo insieme dalla fede, con un tessuto ecclesiale più debole, anche se non privo di elementi di vivacità, che lo Spirito Santo non manca di suscitare; conosciamo poi, purtroppo, delle zone che appaiono pressoché completamente scristianizzate, in cui la luce della fede è affidata alla testimonianza di piccole comunità: queste terre, che avrebbero bisogno di un rinnovato primo annuncio del Vangelo, appaiono essere particolarmente refrattarie a molti aspetti del messaggio cristiano.
La diversità delle situazioni esige un attento discernimento; parlare di "nuova evangelizzazione" non significa, infatti, dover elaborare un'unica formula uguale per tutte le circostanze. E, tuttavia, non è difficile scorgere come ciò di cui hanno bisogno tutte le Chiese che vivono in territori tradizionalmente cristiani sia un rinnovato slancio missionario, espressione di una nuova generosa apertura al dono della grazia. Infatti, non possiamo dimenticare che il primo compito sarà sempre quello di rendersi docili all'opera gratuita dello Spirito del Risorto, che accompagna quanti sono portatori del Vangelo e apre il cuore di coloro che ascoltano. Per proclamare in modo fecondo la Parola del Vangelo, è richiesto anzitutto che si faccia profonda esperienza di Dio.
Come ho avuto modo di affermare nella mia prima Enciclica Deus caritas est: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (n. 1). Similmente, alla radice di ogni evangelizzazione non vi è un progetto umano di espansione, bensì il desiderio di condividere l'inestimabile dono che Dio ha voluto farci, partecipandoci la sua stessa vita.
Pertanto, alla luce di queste riflessioni, dopo avere esaminato con cura ogni cosa e aver richiesto il parere di persone esperte, stabilisco e decreto quanto segue:
Art. 1.
§ 1. È costituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, quale Dicastero della Curia Romana, ai sensi della Costituzione apostolica Pastor bonus.
§ 2. Il Consiglio persegue .la propria finalità sia stimolando la riflessione sui temi della nuova evangelizzazione, sia individuando e promuovendo le forme e gli strumenti atti a realizzarla.
Art. 2.
L'azione del Consiglio, che si svolge in collaborazione con gli altri Dicasteri ed Organismi della Curia Romana, nel rispetto delle relative competenze, è al servizio delle Chiese particolari, specialmente in quei territori di tradizione cristiana dove con maggiore evidenza si manifesta il fenomeno della secolarizzazione.
Art. 3.
Tra i compiti specifici del Consiglio si segnalano:
1°. approfondire il significato teologico e pastorale della nuova evangelizzazione;
2°. promuovere e favorire, in stretta collaborazione con le Conferenze Episcopali interessate, che potranno avere un organismo ad hoc, lo studio, la diffusione e l'attuazione del Magistero pontificio relativo alle tematiche connesse con la nuova evangelizzazione;
3°. far conoscere e sostenere iniziative legate alla nuova evangelizzazione già in atto nelle diverse Chiese particolari e promuoverne la realizzazione di nuove, coinvolgendo attivamente anche le risorse presenti negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica, come pure nelle aggregazioni di fedeli e nelle nuove comunità;
4°. studiare e favorire l'utilizzo delle moderne forme di comunicazione, come strumenti per la nuova evangelizzazione;
5°. promuovere l'uso del Catechismo della Chiesa Cattolica, quale formulazione essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo.
Art.4
§ 1. Il Consiglio è retto da un Arcivescovo Presidente, coadiuvato da un Segretario, da un Sotto-Segretario e da un congruo numero di Officiali, secondo le norme stabilite dalla Costituzione apostolica Pastor bonus e dal Regolamento Generale della Curia Romana.
§ 2. Il Consiglio ha propri Membri e può disporre di propri Consultori.
Tutto ciò che è stato deliberato con il presente Motu proprio, ordino che abbia pieno e stabile valore, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgato mediante la pubblicazione nel quotidiano "L'Osservatore Romano" e che entri in vigore il giorno della promulgazione.
Dato a Castel Gandolfo, il giorno 21 settembre 2010, Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista, anno sesto di Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI
© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana
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BRIEFING DI PRESENTAZIONE DELLA LETTERA APOSTOLICA
"MOTU PROPRIO" UBICUMQUE ET SEMPER
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CHE ISTITUISCE IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova Evangelizzazione
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova Evangelizzazione
Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede
Martedì, 12 ottobre 2010
Uno dei tratti peculiari del cristianesimo è la sua concezione di essere profondamente inserito nella storia. Le parole di Gesù ai suoi discepoli quando ricorda loro di essere nel mondo, ma di non essere del mondo (cfr Gv 15,19; 17,13-14), sono state interpretate come un impegno fondamentale a condividere le vicende della storia, pur sapendo che l'obiettivo ultimo che da significato pieno agli avvenimenti, va oltre la storia stessa.
Proprio su questo tema, tra l'altro, è facile rilevare un insegnamento tra i più conosciuti del concilio Vaticano II, il quale ha voluto sottolineare con maggior forza del passato il concetto di storia della salvezza. Questa premessa consente di comporre una riflessione dinanzi alla Lettera Apostolica, Ubicumque et semper, con la quale il Santo Padre istituisce il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Anzitutto, siamo grati a Papa Benedetto XVI per questa intuizione profondamente profetica. Essa è in grado di saper guardare con realismo al presente della Chiesa, per prospettarle un cammino che la impegnerà non poco nel prossimo futuro. Viviamo un tempo di gradi sfide, che incidono non poco nei comportamenti di intere generazioni, dovute al fatto della conclusione di un'epoca con l'ingresso in una nuova fase per la storia dell'umanità. A tanti elementi positivi, che consentono di vedere un impegno più coerente nella vita di fede - dovuto anche ad una conoscenza più profonda dei suoi contenuti - corrispondono non di rado forme di "distacco dalla fede" come conseguenza di una diffusa forma di indifferenza religiosa, preludio per un ateismo di fatto. Spesso la mancanza di conoscenza dei contenuti basilari della fede porta, inevitabilmente, ad assumere comportamenti e forme di giudizio morale spesso in contrasto con l'essenza stessa della fede, così come è stata sempre annunciata e vissuta nel corso dei venti secoli della nostra storia. Il relativismo, di cui Papa Benedetto ha sempre denunciato i limiti e le contraddizioni, proprio in vista di una corretta antropologia, emerge come la nota caratteristica di questi decenni segnati sempre più dalle conseguenze di un secolarismo teso ad allontanare il nostro contemporaneo dalla sua relazione fondamentale con Dio. In questo senso, sono soprattutto le Chiese di antica tradizione che risentono di questa condizione, anche se nel processo di globalizzazione in cui siamo inseriti nessuno sembra sfuggire a questa drammatica situazione che, per riprendere le parole della Lettera apostolica, crea un "deserto interiore", allontanando l'uomo da se stesso. Al principio secolarista di vivere nel mondo etsi deus non daretur, l'allora cardinale J. Ratzinger aveva opposto il principio di vivere nel mondo veluti si Deus daretur.
E' questo uno dei motivi che ha portato Papa Benedetto alla creazione di un dicastero con il compito di promuovere la nuova evangelizzazione. Essa, come ben afferma il titolo stesso del Motu proprio, è la missione che "sempre e dovunque" la Chiesa ha sentito come suo compito fondamentale per corrispondere in pieno al comando del Signore di andare in tutto il mondo e fare suoi discepoli tutti i popoli della terra. Il tema della nuova evangelizzazione è stato oggetto di attenta riflessione da parte del magistero della Chiesa negli ultimi decenni. È obbligatorio ricordare la Evangelii nuntiandi di Paolo VI, a conclusione del Sinodo sull'evangelizzazione del 1974, i ripetuti e insistenti interventi di Giovanni Paolo II che volle introdurre la stessa espressione di "nuova evangelizzazione" e, da ultimo, Benedetto XVI che ha voluto raccogliere il testimone compiendo un ulteriore passo concreto con l'istituzione di questo Pontificio Consiglio. L'obiettivo appare da subito come una grande sfida che viene a porsi per la Chiesa intera nel dover riflettere e trovare le forme adeguate per rinnovare il proprio annuncio presso tanti battezzati che non comprendono più il senso di appartenenza alla comunità cristiana e sono vittima del soggettivismo dei nostri tempi con la chiusura in un individualismo privo di responsabilità pubblica e sociale. Il Motu proprio, più direttamente, individua le Chiese di antica tradizione che, pur con una realtà tra loro ben differenziata per tradizione e cultura richiedono un rinnovato spirito missionario in grado di far compiere quel balzo necessario per corrispondere alle nuove esigenze che la situazione storica contemporanea richiede. In questo senso, il compito che ci attende non è diverso da quello che ha segnato la Chiesa da sempre: far conoscere il vero volto di Gesù Cristo, unico salvatore, rivelatore dell'amore misericordioso del Padre che va incontro a tutti senza escludere nessuno. Nel mistero della sua incarnazione egli porta a compimento la promessa antica di Dio e nella sua morte e risurrezione ha posto nel mondo il germe di quella speranza che non delude perché risponde all'esigenza dell'intimo di ogni persona di dare senso alla propria vita, fondandosi non sulle ipotesi peregrine del momento, ma sulla certezza che proviene dalla fede. La Chiesa, quindi, è chiamata a rinvigorire se stessa in ciò che ha di più essenziale quale il suo annuncio missionario. Lo potrà fare in maniera efficace nella misura in cui si fonderà sulla Parola di Dio che deve trasmettere in maniera viva di generazione in generazione, permettendo a tutti di compiere una vera esperienza di vita ecclesiale, fondamento per una genuina risposta di fede. Come attesta Ubicumque et semper, la "nuova evangelizzazione" non è una formula uguale per tutte le circostanze. Anzitutto, non è una formula più o meno fortunata. Essa indica molto di più; impegna, infatti, a elaborare un pensiero forte in grado di sostenere un'azione pastorale corrispondente. Inoltre, deve essere in grado di verificare con attenzione le differenti tradizioni e obiettivi che le Chiese possiedono in forza della ricchezza di tanti secoli di storia. Una pluralità di forme che non intacca l'unità, ma la rende più articolata e ne permette la dovuta efficacia presso il nostro contemporaneo.
Una parola sulle competenze del nuovo dicastero potrà aiutare a comprendere meglio le sue finalità e il lavoro che sarà chiamato a svolgere. Dovremo evitare, anzitutto, che "nuova evangelizzazione" risuoni come una formula astratta. Dovremo riempirla di contenuti teologici e pastorali e lo faremo forti del magistero di questi ultimi decenni. Una prima sistematizzazione di questo insegnamento evidenzierà l'attenzione permanente alla problematica e la ricchezza degli approcci che di volta in volta si sono susseguiti. Insieme a questo, sono da considerare le tante iniziative con le quali nel corso di questi anni i singoli vescovi con le loro Chiese particolari, le Conferenze episcopali e associazioni di credenti hanno assunto per la sensibilità propria al tema della nuova evangelizzazione. Una conoscenza e un coordinamento di queste preziose iniziative potrà essere prodromo per ulteriori attività del Dicastero. Nel 2012 ricorrerà il ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Tra le competenze che vengono affidate al Dicastero risulta essere qualificante quella di "promuovere" il suo uso. Il Catechismo, infatti, risulta essere uno dei frutti più maturi delle indicazioni conciliari; in esso viene raccolto in modo organico l'intero patrimonio dello sviluppo del dogma e rappresenta lo strumento più completo per trasmettere la fede di sempre dinanzi ai costanti cambiamenti e interrogativi che il mondo pone ai credenti. Trovare tutte le forme che il progresso della scienza della comunicazione ha realizzato per farle diventare strumenti positivi a servizio della nuova evangelizzazione è, infine, un compito che tocca da vicino il dicastero, consapevoli del ruolo determinante che i mezzi di comunicazione hanno nel veicolare la cultura e la mentalità nel contesto attuale.
Viviamo nella storia e le date hanno un loro significato. Anche il nuovo dicastero guarda con attenzione ad alcune date che lo riguardano da vicino per la valenza simbolica che possiedono. Il Santo Padre ha dato l'annuncio di voler istituire il Pontificio Consiglio nei Vespri solenni dei Santi Pietro e Paolo, le colonne della Chiesa, che con il loro annuncio e martirio hanno reso efficace testimonianza a Gesù Cristo. Questa Lettera Apostolica, con la quale il dicastero viene istituito, è stata firmata nel giorno di san Matteo, apostolo ed evangelista. Queste ricorrenze ci portano a considerare la fedeltà al successore di Pietro e l'impegno che dobbiamo porre nel rendere il Vangelo una parola di salvezza per il nostro contemporaneo. Il Vangelo non è un mito, ma la testimonianza viva di un evento storico che ha cambiato il volto della storia. La nuova evangelizzazione deve far conoscere, anzitutto, la persona storica di Gesù, e il suo insegnamento così come è stato fedelmente trasmesso dalla comunità delle origini e che trova nei vangeli e negli scritti del Nuovo Testamento la sua codificazione normativa. Oggi, infine, ricorre per il Vaticano la memoria liturgica della Vergine Maria Madre della Chiesa. Non è senza tremore che affidiamo a Lei, stella dell'evangelizzazione, la grande missione che il Papa ci ha affidato perché possa sostenere l'opera della Chiesa nel suo costante annuncio del Vangelo a ogni persona che incontriamo nel nostro cammino.
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...Insieme a questo, sono da considerare le tante iniziative con le quali nel corso di questi anni i singoli vescovi con le loro Chiese particolari, le Conferenze episcopali e associazioni di credenti hanno assunto per la sensibilità propria al tema della nuova evangelizzazione...
RispondiEliminaCome la setta eretica NEOCATECUMENALE, non avevamo alcun dubbio sul fatto che si sarebbe guardato a codesta setta per la cosidetta "nuova evangelezzazione"...
per intellettuali che sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall'insegnamento ricevuto nella loro infanzia, e per molti altri" (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 52)
RispondiEliminaQuindi secondo paolo VI cio' che hanno ricevuto, gli intelletuali ed altri, prima del nefasto Concilio Vaticano II non andava bene quindi andavano rindottrinati, complimenti.
Comunque se si fa proprio un discorso del genere vuole dire che la si pensa in quel modo.
Già, sembra proprio che la voce di una aderenza ai neocatecumenali da parte di mons.Fisichella, sia esatta! Comunque al di là di voci, sono troppe chiacchiere in queste lettere. E dove ci sono troppe chiacchiere c'è sempre poca sostanza! Nulla di nuovo quindi salvo maggior agio per il "cammino"Finchè l'ostinazione (o l'eresia)nel considerare valori dal post-concilio, va avanti, non c'è da aspettarsi nulla di buono, ma tutto di negativo.E questo è un'altro passo verso la demolizione del già demolito. Siamo alla polverizzazione delle rovine!Proprio qualche giorno fa parlavo con persone colte,liberi professionisti, ora lontano dalla chiesa, che lamentavano il disordine ed il rinnegamento della tradizione con la nuova messa(N.Ordo).Si sono allontanati vedendo l'allontanamento della Chiesa dalla tradizione.Se anche la loro fede fosse stata debole, che faranno ora?Se ne staranno ancor più lontani!Di chi la colpa ? Di chi non vuol rinnegare la rovina del Concilio e si ostina a considerarlo buono.Che rovina di anime!Che RESPONSABILITA' Terribile
RispondiEliminaOrmai siamo all'"apologia dell'eresia conciliare" ovvero si continua a riproporre un errore ignorando o deliberatamente ignorando che sia stato errore.E cercando di riproporre un errore rifacendo le stesse azioni,e con la stessa mentalità che l'ha generato.Sono tutti ciechi!In ogni campo, quando un'azione non raggiunge lo scopo prefissato, si considera sbagliata e si riformulano nuove azioni. Ma se ci si ostina a ripresentare quella azione che non ha raggiunto lo scopo, o si è cretini o si è diabolici (perseverare diabolicum est).Se il Concilio non ha portato quell'entusiasmo verso Gesù e la Chiesa, Corpo Mistico, bisogna rivedere i dettami del Concilio e cosa di sbagliato ne è uscito.OVVIO ! Ma se ci si ostina a considerare tutto giusto e si crea un "Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione" (frase rutilante e grandiosa)significa che si ammette il fallimento della evangelizzazione del mondo che prima era cristiano. Significa da una parte ammettere il fallimento di un ecumenismo che non ha portato alcun frutto sui laici, dall'altra un'ostinazione preconcetta su una bontà ipotetica e fantasiosa (Il Concilio)che NON HA PRODOTTO E NON PRODURRA'MAI ALCUN FRUTTO BUONO,ANZI, SETTE,CONGREGHE,MOVIMENTI E QUANT'ALTRO per raggrupparsi e massificarsi e sentirsi parte di un gruppo.Eppure...eppure chi si ostina porta chi lo segue nella voragine della rovina !
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