Giovanni Paolo II nel 2000 sul monte delle Beatitudini seduto sul trono con la croce rovesciata, disegnata dall'eretico Kiko Arguello...
Ecco dunque definitivamente chiusa ogni controversia intorno alla beatificazione di Giovanni Paolo II. Giusto o sbagliato che sia, Giovanni Paolo II è indicato dalla Chiesa come degno di venerazione, non ritorneremo quindi sulla questione, anche se tutte le riserve che sono state avanzate rimarranno a futura memoria.
A questo punto ci soffermiamo su due aspetti di questa beatificazione che si sembrano degni di nota e parecchio indicativi dello stato in cui versa l’ecumene cattolico sia in relazione all’insieme del mondo sia nei confronti della pratica della fede.
Il primo aspetto riguarda ciò che possiamo chiamare un altro “segno dei tempi”, di cui abbiamo parlato a a cui rimandiamo (Prima parte), il secondo attiene invece al rapporto tra l’ambito tradizionale e il resto del mondo cattolico.
Consideriamo quindi il secondo.
In questa seconda parte prenderemo in considerazione le conseguenze della beatificazione di Giovanni Paolo II in relazione al possibile futuro atteggiamento dei fedeli tradizionali.
In questi ultimi anni, nell’ambito tradizionale, si è diffusa la tendenza a giustificare comunque le parole e i comportamenti dei papi, ciò che abbiamo chiamato altrove una specie di fideismo papista.
Tale tendenza è scaturita quasi inconsciamente come una sorta di moto di difesa contro i turbamenti creati dalla grande criticabilità che ha contraddistinto i pontificati dei papi conciliari, da Giovanni XXIII e Benedetto XVI. Tendenza che ha assunto una certa maggiore consistenza proprio nel corso dal pontificato di Benedetto XVI.
Alcune aperture di questo Pontefice nei confronti del mondo tradizionale hanno indotto molti fedeli tradizionali a sentire il bisogno di difenderne l’operato anche quando certe sue azioni o decisioni cadevano inesorabilmente sotto la stessa critica di quelle dei suoi predecessori. Quasi in termini giustificativi, in questi ultimi sei anni è passata l’idea che Benedetto XVI avrebbe sicuramente raddrizzato il timone di questa barca della Chiesa che Giovanni Paolo II aveva tante volte abbandonata o condotta alla deriva.
Il 1 maggio 2011 peserà come un macigno sulla praticabilità di questo ragionamento.
Questa beatificazione ha un significato molto preciso: non si limita ad indicare alla venerazione dei fedeli un sant’uomo, ma quel Papa, con tutto ciò che egli ha rappresentato e rappresenta. I distinguo e le precisazioni le lasciamo ai cultori del cavillo, noi ci limitiamo a considerare, con i piedi per terra, che un papa beato trascina nella beatificazione tutto ciò che ha detto e ha fatto, tutto ciò che è stato e tutto ciò che è sembrato essere, tutto ciò che era e tutto ciò che gli altri credevano fosse. Soprattutto oggi che prevale l’informazione di massa.
Chi si è affrettato a realizzare questo passo sapeva benissimo che gli effetti sarebbero stati questi. Si può star certi che nessuno verrà colto alla sprovvista, tranne certi fedeli tradizionali che cercano in qualche modo di mettersi il cuore in pace.
Il Santo Padre Benedetto XVI ha fornito una descrizione parecchio esauriente di questo stato di fatto.
Nel corso dell’omelia per la beatificazione di Giovanni Paolo II, il Papa, parlando in polacco, ha detto:
A questo punto ci soffermiamo su due aspetti di questa beatificazione che si sembrano degni di nota e parecchio indicativi dello stato in cui versa l’ecumene cattolico sia in relazione all’insieme del mondo sia nei confronti della pratica della fede.
Il primo aspetto riguarda ciò che possiamo chiamare un altro “segno dei tempi”, di cui abbiamo parlato a a cui rimandiamo (Prima parte), il secondo attiene invece al rapporto tra l’ambito tradizionale e il resto del mondo cattolico.
Consideriamo quindi il secondo.
In questa seconda parte prenderemo in considerazione le conseguenze della beatificazione di Giovanni Paolo II in relazione al possibile futuro atteggiamento dei fedeli tradizionali.
In questi ultimi anni, nell’ambito tradizionale, si è diffusa la tendenza a giustificare comunque le parole e i comportamenti dei papi, ciò che abbiamo chiamato altrove una specie di fideismo papista.
Tale tendenza è scaturita quasi inconsciamente come una sorta di moto di difesa contro i turbamenti creati dalla grande criticabilità che ha contraddistinto i pontificati dei papi conciliari, da Giovanni XXIII e Benedetto XVI. Tendenza che ha assunto una certa maggiore consistenza proprio nel corso dal pontificato di Benedetto XVI.
Alcune aperture di questo Pontefice nei confronti del mondo tradizionale hanno indotto molti fedeli tradizionali a sentire il bisogno di difenderne l’operato anche quando certe sue azioni o decisioni cadevano inesorabilmente sotto la stessa critica di quelle dei suoi predecessori. Quasi in termini giustificativi, in questi ultimi sei anni è passata l’idea che Benedetto XVI avrebbe sicuramente raddrizzato il timone di questa barca della Chiesa che Giovanni Paolo II aveva tante volte abbandonata o condotta alla deriva.
Il 1 maggio 2011 peserà come un macigno sulla praticabilità di questo ragionamento.
Questa beatificazione ha un significato molto preciso: non si limita ad indicare alla venerazione dei fedeli un sant’uomo, ma quel Papa, con tutto ciò che egli ha rappresentato e rappresenta. I distinguo e le precisazioni le lasciamo ai cultori del cavillo, noi ci limitiamo a considerare, con i piedi per terra, che un papa beato trascina nella beatificazione tutto ciò che ha detto e ha fatto, tutto ciò che è stato e tutto ciò che è sembrato essere, tutto ciò che era e tutto ciò che gli altri credevano fosse. Soprattutto oggi che prevale l’informazione di massa.
Chi si è affrettato a realizzare questo passo sapeva benissimo che gli effetti sarebbero stati questi. Si può star certi che nessuno verrà colto alla sprovvista, tranne certi fedeli tradizionali che cercano in qualche modo di mettersi il cuore in pace.
Il Santo Padre Benedetto XVI ha fornito una descrizione parecchio esauriente di questo stato di fatto.
Nel corso dell’omelia per la beatificazione di Giovanni Paolo II, il Papa, parlando in polacco, ha detto:
Karol Wojtyła salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull’uomo. Il suo messaggio è stato questo: l’uomo è la via della Chiesa, e Cristo è la via dell’uomo. Con questo messaggio, che è la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo “timoniere” il Servo di Dio Papa Paolo VI, Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio, che proprio grazie a Cristo egli ha potuto chiamare “soglia della speranza”. Sì, attraverso il lungo cammino di preparazione al Grande Giubileo, egli ha dato al Cristianesimo un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia. Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di “avvento”, in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace.
Nessuna esegesi complicata.
“L’uomo è la via della Chiesa e Cristo è la via dell’uomo”.
Due vie: la via dell’uomo e la via di Cristo, la prima è quella della Chiesa, la seconda è quella dell’uomo. La Chiesa segue la via dell’uomo e, dal momento che l’uomo segue la via di Cristo, sembra di capire che la Chiesa segua la via di Cristo per mezzo dell’uomo. Il che, se abbiamo capito bene, significa che non è più la Chiesa a mediare tra l’uomo e Cristo, ma è l’uomo che media tra Cristo e la Chiesa.
In questo – dice il Papa – consiste il messaggio di Giovanni Paolo II, ed è questa “la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo ‘timoniere’ il Servo di Dio Papa Paolo VI”.
Sembra tutto chiaro… e se lo è siamo di fronte al capovolgimento della realtà: la prevalenza della realtà divina sostituita con quella della realtà umana.
“L’uomo è la via della Chiesa e Cristo è la via dell’uomo”.
Due vie: la via dell’uomo e la via di Cristo, la prima è quella della Chiesa, la seconda è quella dell’uomo. La Chiesa segue la via dell’uomo e, dal momento che l’uomo segue la via di Cristo, sembra di capire che la Chiesa segua la via di Cristo per mezzo dell’uomo. Il che, se abbiamo capito bene, significa che non è più la Chiesa a mediare tra l’uomo e Cristo, ma è l’uomo che media tra Cristo e la Chiesa.
In questo – dice il Papa – consiste il messaggio di Giovanni Paolo II, ed è questa “la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo ‘timoniere’ il Servo di Dio Papa Paolo VI”.
Sembra tutto chiaro… e se lo è siamo di fronte al capovolgimento della realtà: la prevalenza della realtà divina sostituita con quella della realtà umana.
Sicuramente si potrà dire: “non avete capito bene”…voi.
Ma, se l’italiano non è un’opinione, o il Papa non sa esprimersi o noi, seppure con i nostri limiti, non siamo molto discosti dal vero significato di questa dichiarazione.
Tanto più che gli stessi richiami al Concilio e a Paolo VI confermano non solo la nostra lettura, ma soprattutto il senso complessivo di queste affermazioni, che sono illuminate da un raffronto molto istruttivo: la “speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo”. Così da confermare il detto capovolgimento: la speranza rivendicata “legittimamente” al Cristianesimo è quella che era stata ceduta, inavvertitamente o colpevolmente, al marxismo e all’ideologia del progresso. Il che significa che la speranza umana del comunismo e della modernità va ricondotta, dicono questi papi, alla sua legittima fonte: il Cristianesimo. Come dire che Cristo sarebbe venuto a confermare la speranza umana, non ad offrire la speranza divina; sarebbe venuto a confermare la speranza naturale, non ad offrire la speranza soprannaturale; si sarebbe incarnato per confermare gli uomini nelle loro illusioni terrene, non per riscattarli da questo peccato d’orgoglio e offrire loro la speranza della vita futura.
Ma, se l’italiano non è un’opinione, o il Papa non sa esprimersi o noi, seppure con i nostri limiti, non siamo molto discosti dal vero significato di questa dichiarazione.
Tanto più che gli stessi richiami al Concilio e a Paolo VI confermano non solo la nostra lettura, ma soprattutto il senso complessivo di queste affermazioni, che sono illuminate da un raffronto molto istruttivo: la “speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo”. Così da confermare il detto capovolgimento: la speranza rivendicata “legittimamente” al Cristianesimo è quella che era stata ceduta, inavvertitamente o colpevolmente, al marxismo e all’ideologia del progresso. Il che significa che la speranza umana del comunismo e della modernità va ricondotta, dicono questi papi, alla sua legittima fonte: il Cristianesimo. Come dire che Cristo sarebbe venuto a confermare la speranza umana, non ad offrire la speranza divina; sarebbe venuto a confermare la speranza naturale, non ad offrire la speranza soprannaturale; si sarebbe incarnato per confermare gli uomini nelle loro illusioni terrene, non per riscattarli da questo peccato d’orgoglio e offrire loro la speranza della vita futura.
In realtà, il Papa conferma che quanto abbiamo capito fin qui delle intenzioni del Concilio era ed è esatto, e adesso, con questa sua puntualizzazione, conferma anche che questa strada tracciata dal Concilio, sancita da Paolo VI, praticata con perseveranza da Giovanni Paolo II, tanto da essere additato come esempio “eroico” ai fedeli, sarà la strada che continuerà a percorrere anche lui.
Lo ribadiamo: la strada che porta al perseguimento delle speranze umane, ormai fatte proprie dal nuovo cristianesimo “rinnovato” dal Concilio.
È questa la chiave di lettura della beatificazione di Giovanni Paolo II.
Ci chiediamo: in che posizione ci veniamo a trovare noi che avanziamo queste critiche nei confronti di un papa che è stato beatificato proprio per i meriti acquisiti con quegli stessi comportamenti e insegnamenti che ci hanno spinto alla critica?
Se questo papa oggi è un beato e domani sarà un santo della Chiesa, è inevitabile dedurne che le nostre critiche erano infondate e ingiuste, fino a far sorgere il sospetto di aver rasentato l’eresia, poiché, dopo questa beatificazione, chi continuasse ad avanzare le stesse critiche di ieri si porrebbe contro la volontà della Chiesa, si porrebbe fuori dalla Chiesa.
Avrebbero quindi ragione coloro che sostengono che molti tradizionalisti in fondo non sono altro che dei “protestanti”?
Lo ribadiamo: la strada che porta al perseguimento delle speranze umane, ormai fatte proprie dal nuovo cristianesimo “rinnovato” dal Concilio.
È questa la chiave di lettura della beatificazione di Giovanni Paolo II.
Ci chiediamo: in che posizione ci veniamo a trovare noi che avanziamo queste critiche nei confronti di un papa che è stato beatificato proprio per i meriti acquisiti con quegli stessi comportamenti e insegnamenti che ci hanno spinto alla critica?
Se questo papa oggi è un beato e domani sarà un santo della Chiesa, è inevitabile dedurne che le nostre critiche erano infondate e ingiuste, fino a far sorgere il sospetto di aver rasentato l’eresia, poiché, dopo questa beatificazione, chi continuasse ad avanzare le stesse critiche di ieri si porrebbe contro la volontà della Chiesa, si porrebbe fuori dalla Chiesa.
Avrebbero quindi ragione coloro che sostengono che molti tradizionalisti in fondo non sono altro che dei “protestanti”?
Questo interrogativo, però, non riguarda solo noi, che forse siamo un po’ troppo rigidi, riguarda anche tanti altri cattolici che in questi anni hanno espresso non poche critiche nei confronti del pontificato di Giovanni Paolo II, e le hanno espresse con tutta l’accortezza e con tutta la preparazione del caso.
Quali sottigliezze sarà possibile inventare, per esempio, per sostenere che nonostante l’adunata di Assisi fosse contraria all’insegnamento cattolico, il Papa che la volle, la sostenne e la esaltò per 25 anni è un santo grazie anche ad essa? O quali argomentazioni teologiche sarà possibile escogitare per convenire con questo Papa che chiunque dev’essere libero di cambiare religione?
Quali sottigliezze sarà possibile inventare, per esempio, per sostenere che nonostante l’adunata di Assisi fosse contraria all’insegnamento cattolico, il Papa che la volle, la sostenne e la esaltò per 25 anni è un santo grazie anche ad essa? O quali argomentazioni teologiche sarà possibile escogitare per convenire con questo Papa che chiunque dev’essere libero di cambiare religione?
A questo va aggiunto che oggi i fedeli cattolici vengono informati, sì dai loro parroci, quando effettivamente li frequentano, ma soprattutto dalla stampa e dalla televisione, da cui apprendono perfino ciò che ha detto e ha fatto il Papa… e tanto loro basta, perché è arcinoto che il 90 per cento dei fedeli non ha mai preso e non prenderà mai in mano il testo di un’omelia o di un discorso del Papa. Perfino nel mondo tradizionale questo costume è ormai diffuso, e non per pigrizia, ma per due principali motivi: le cose da leggere sono troppe, le cose apprese per certe sono troppo poche.
In tale contesto sarà verosimile che molti fedeli tradizionali incomincino a chiedersi se davvero non si debba prendere in considerazione la possibilità che l’insegnamento e l’esempio di Giovanni Paolo II rappresentino realmente lo sbocco naturale e legittimamente cattolico della continuità con la Tradizione.
Questa tesi, sostenuta con forza e con perseveranza da Benedetto XVI, a partire dalla beatificazione di Giovanni Paolo II dovrà essere ricollocata perfino nel quadro della santità cattolica, così che per tutto quello che ha detto e fatto questo Papa non si potrà parlare se non di continuità, di legittime variazioni in continuità con la Tradizione della Chiesa.
Certo, si potranno fare dei distinguo, ma questi potranno riguardare solamente le conseguenze della cattiva interpretazione del Concilio e del pontificato di Giovanni Paolo II, cattive interpretazioni che portano alla rottura, come accade per i modernisti e per i fedeli alla Tradizione come noi. L’insieme, il complesso del Concilio, del post-concilio, del pontificato dei papi del post-concilio, ammetterà solo una lettura, una lettura avallata dalla santità: la legittima continuità tra la Tradizione e le innovazioni sopraggiunte col Concilio e portate avanti dai papi in questi ultimi 45 anni.
Questa tesi, sostenuta con forza e con perseveranza da Benedetto XVI, a partire dalla beatificazione di Giovanni Paolo II dovrà essere ricollocata perfino nel quadro della santità cattolica, così che per tutto quello che ha detto e fatto questo Papa non si potrà parlare se non di continuità, di legittime variazioni in continuità con la Tradizione della Chiesa.
Certo, si potranno fare dei distinguo, ma questi potranno riguardare solamente le conseguenze della cattiva interpretazione del Concilio e del pontificato di Giovanni Paolo II, cattive interpretazioni che portano alla rottura, come accade per i modernisti e per i fedeli alla Tradizione come noi. L’insieme, il complesso del Concilio, del post-concilio, del pontificato dei papi del post-concilio, ammetterà solo una lettura, una lettura avallata dalla santità: la legittima continuità tra la Tradizione e le innovazioni sopraggiunte col Concilio e portate avanti dai papi in questi ultimi 45 anni.
Discorso chiuso.
Ogni perplessità e ogni appunto critico, sono destinati a ridurre gli autori a meri “protestanti” che osano mettere in dubbio la santità di Giovanni Paolo II e il carisma di Benedetto XVI, … il che sarebbe quanto di più anticattolico si possa immaginare.
Per dirla in maniera spicciola: a partire dalla beatificazione di Giovanni Paolo II o si ridimensionano tutte le critiche avanzate in questi anni sulla conduzione dottrinale e pastorale della Chiesa o si mantengono.
Nel primo caso,
- bisognerà rivedere tutte le giustificazioni sulla necessità di mantenere l’uso della liturgia tradizionale, magari cassando quelle relative al bisogno delle anime;
- bisognerà correggere gli antichi richiami sulla necessaria armonia tra liturgia e dottrina, magari aggiornando la seconda sulla base delle esigenze liturgiche moderne;
- bisognerà ridimensionare tutte le messe a punto in ordine alla necessità della bellezza intrinseca della liturgia, magari adottando i moderni canoni di bellezza fondati sull’estetica funzionale;
- bisognerà riconsiderare tutti gli studi sul rapporto intrinseco tra liturgia e architettura religiosa, magari riconoscendo valenza religiosa ai canoni architettonici dei progettisti acattolici o areligiosi;
- bisognerà reimpostare la catechesi, magari facendo propri i principi dell’autodeterminazione dei fanciulli e dell’autocoscienza degli adulti;
- bisognerà ammodernare il senso della morale famigliare, magari abbandonando la vecchia concezione del dovere di stato a favore della nuova concezione dei diritti dei genitori e dei figli;
- bisognerà aggiornare il senso della morale coniugale, magari scoprendo il valore della moderna teologia del corpo rispetto alle esigenze dell’anima;
- bisognerà ricentrare il concetto di dignità dell’uomo, magari sostituendo al centro divino un punto della circonferenza umana;
- bisognerà modificare il concetto di libertà dell’uomo, magari riferendosi allo stato paradisiaco dell’uomo fatto a immagine di Dio piuttosto che allo stato terreno dell’uomo decaduto e cacciato dal Paradiso terrestre;
- bisognerà ridefinire il concetto di uguaglianza tra gli uomini, magari accettando il valore supremo della pari dignità tra veri e falsi credenti e tra santi e peccatori;
- bisognerà superare l’obsoleta concezione del rapporto gerarchico tra l’uomo e la donna, magari riconoscendo la preminenza del femminile sul maschile;
- bisognerà riscrivere tutte le obiezioni al concetto conciliare di libertà religiosa, magari scoprendo sorprendentemente che la Chiesa ha sempre insegnato che si può cambiare religione quando si vuole;
- bisognerà riformulare tutte le argomentazioni sulla a-cattolicità dell’ecumenismo post-conciliare, magari ricercando attentamente la bontà di quest’ultimo nei documenti dei Concili che hanno condannato le eresie;
- bisognerà sottoporre ad attento esame critico tutte le condanne del Magistero degli ultimi tre secoli, magari rivedendole alla luce delle sacrosante dichiarazioni dei vari diritti moderni, da esse condannati;
- bisognerà rileggere certi passi del Vangelo sulla distinzione tra potere temporale e autorità spirituale, magari scoprendo che il Cesare di cui parla Gesù Cristo non esiste più e che quindi il potere temporale non deve più sottostare all’imperio di Dio e alle sue leggi;
- bisognerà rielaborare tutte le secolari distinzioni tra fedeli di Cristo e atei dichiarati, magari incoraggiando tavole rotonde con le quali i cristiani potranno arricchire l’insegnamento ricevuto dalla Chiesa con l’apporto dei convincimenti dei nemici della Chiesa;
- bisognerà rivedere tutte le giustificazioni sulla necessità di mantenere l’uso della liturgia tradizionale, magari cassando quelle relative al bisogno delle anime;
- bisognerà correggere gli antichi richiami sulla necessaria armonia tra liturgia e dottrina, magari aggiornando la seconda sulla base delle esigenze liturgiche moderne;
- bisognerà ridimensionare tutte le messe a punto in ordine alla necessità della bellezza intrinseca della liturgia, magari adottando i moderni canoni di bellezza fondati sull’estetica funzionale;
- bisognerà riconsiderare tutti gli studi sul rapporto intrinseco tra liturgia e architettura religiosa, magari riconoscendo valenza religiosa ai canoni architettonici dei progettisti acattolici o areligiosi;
- bisognerà reimpostare la catechesi, magari facendo propri i principi dell’autodeterminazione dei fanciulli e dell’autocoscienza degli adulti;
- bisognerà ammodernare il senso della morale famigliare, magari abbandonando la vecchia concezione del dovere di stato a favore della nuova concezione dei diritti dei genitori e dei figli;
- bisognerà aggiornare il senso della morale coniugale, magari scoprendo il valore della moderna teologia del corpo rispetto alle esigenze dell’anima;
- bisognerà ricentrare il concetto di dignità dell’uomo, magari sostituendo al centro divino un punto della circonferenza umana;
- bisognerà modificare il concetto di libertà dell’uomo, magari riferendosi allo stato paradisiaco dell’uomo fatto a immagine di Dio piuttosto che allo stato terreno dell’uomo decaduto e cacciato dal Paradiso terrestre;
- bisognerà ridefinire il concetto di uguaglianza tra gli uomini, magari accettando il valore supremo della pari dignità tra veri e falsi credenti e tra santi e peccatori;
- bisognerà superare l’obsoleta concezione del rapporto gerarchico tra l’uomo e la donna, magari riconoscendo la preminenza del femminile sul maschile;
- bisognerà riscrivere tutte le obiezioni al concetto conciliare di libertà religiosa, magari scoprendo sorprendentemente che la Chiesa ha sempre insegnato che si può cambiare religione quando si vuole;
- bisognerà riformulare tutte le argomentazioni sulla a-cattolicità dell’ecumenismo post-conciliare, magari ricercando attentamente la bontà di quest’ultimo nei documenti dei Concili che hanno condannato le eresie;
- bisognerà sottoporre ad attento esame critico tutte le condanne del Magistero degli ultimi tre secoli, magari rivedendole alla luce delle sacrosante dichiarazioni dei vari diritti moderni, da esse condannati;
- bisognerà rileggere certi passi del Vangelo sulla distinzione tra potere temporale e autorità spirituale, magari scoprendo che il Cesare di cui parla Gesù Cristo non esiste più e che quindi il potere temporale non deve più sottostare all’imperio di Dio e alle sue leggi;
- bisognerà rielaborare tutte le secolari distinzioni tra fedeli di Cristo e atei dichiarati, magari incoraggiando tavole rotonde con le quali i cristiani potranno arricchire l’insegnamento ricevuto dalla Chiesa con l’apporto dei convincimenti dei nemici della Chiesa;
- bisognerà industriarsi per ricercare tutti i punti di dottrina che necessitano di un aggiornamento e di un adeguamento alle esigenze della sensibilità degli uomini del nostro tempo, convenendo che tanti insegnamenti passati, pur essendo un patrimonio da conservare e un tesoro da rispettare, non hanno più alcun valore e vanno abbandonati.
Nel secondo caso, bisognerà prepararsi alla emarginazione in seno alla Chiesa, perché tutte le critiche avanzate in questi anni sul pontificato dei papi conciliari potranno essere oggetto solo di disquisizioni dotte riservate agli iniziati: a coloro che se ne intendono, ai competenti della riforma nella continuità. Giacché sembra che tutti gli altri che non convengono su quest’ultima è quasi certo che non possono dirsi veramente cattolici… anche perché si permettono di osservare che, seguendo tale ipotesi, la pratica della fede continuerà a condurre il mondo cattolico sempre più verso la conciliazione “conciliare” tra gli insegnamenti di Cristo e le suggestioni di Beliar.
Buon lavoro!
Abbiamo torto a pensare che mala tempora currunt …?
… atque peiora premunt!
Belvecchio
Sono pronto all'emarginazione.
RispondiEliminaEgo enim sum Deus et non mutor!
e nemmanco io!
Poi vedemo.
CVCRCI
Roma locuta est, causa finita est
RispondiEliminaQuando è stato detto? In quale situazione? Con quali presupposti?
Se il papa fosse il demonio stesso avrebbe lo stesso valore?
Ecco come uno stesso detto che vorrebbe essere sicuro una volta per sempre non lo è affatto!
Oggi dobbiamo porci delle domande:
1) che senso di tradizione hanno e veicolano i pastori e il clero?
2) che attenzione riservano alle fonti che fanno autorità per un credente?
3) In tutto ciò non c'è piuttosto amore per l'umano prima che per il divino?
Con presupposti non soddisfacenti è possibile che la "causa sia finita" anche se Roma parla? Temo di no e poi i fatti stessi lo confermano.
Caro anonimo perchè non ti firmi basta anche un nick name, solo per distinguere gli altri anonimi, che sono tanti su questo blog.
RispondiEliminaConcordo con te e aggiungo ai tui punti:
1) La tradizione per loro è vivente nel senso cangiante della parola e non nel senso che essa trae la sua vita dall'immanenza della Verità che è immutabile, in questa frase c'è anche la risposta alla seconda domanda, non c'è più un'autorità Oggettiva ma appunto soggettiva, in continuo aggiornamento.
3)Esatto oggi la visione religiosa è antropocentrica ci sono anche encicliche in questo senso, ma anche i documenti del Concilio la evidenziano.
Per quanto riguarda la frase iniziale "Roma locut..." non so se dicevi sul serio comunque io riporto:
E' una frase di Sant'Agostino nella quale si afferma che in materia di fede quando ci sono dubbi il Papa definisce la questione e questa non è più soggetta a discussione diventando Verità di Fede.
Questa è una delle basi teologica su cui si basa l'infallibilità del papa (per approf. vedasi Vat. I), ciò però che non si dice, facendo passare l'obbedienza per fideismo papista o servilismo, è che la base teologica Tradizionale di quest'affermazione viene proprio da Gesù stesso che disse a Pietro "conferma i tuoi fratelli" (Lc 22:32)
Cos'è che si omette?
La prima parte della frase che recita:"e tu una volta RAVVEDUTO, conferma i tuoi fratelli"
Pertanto se Pietro non fa riferimento alla Roccia che fu la sua Fede, quando la professò di fronte al Signore che gliela rivelò (Mt. 16,16)(Vedi Agostino discorso 229P et alter), perchè Cristo è sulla professione di fede di Pietro che fondò la sua Chiesa con Pietro pietra partecipante, allora Pietro, anche se dichiara una cosa che non sia fondata su quella fede, è fallibile, altrimenti sarebbe falsa la sua prfessione di fede su cui si basa tutta la Chiesa.
Saluti
CVCRCI
Invito chi legge a seguire la pista "antropocentrismo", penso che avrà ulteriori sorprese che manco sospetta.
RispondiEliminaSe l'equilibrio calcedonese "Dio-uomo" è stato spezzato vi sono logiche conseguenze.
Affermare solo la divinità ha portato alla costruzione della religione islamica. Nell'islam Dio è talmente verticale che l'uomo è una formica e può essere tranquillamente schiacciato. Mohammed, infatti, conobbe una forma alterata e monofisita di Cristianesimo al punto che, per lungo tempo, l'Islam fu riconosciuto come una setta monofisita cristiana (fino al XV sec in Occidente).
Affermare solo l'uomo porta all'oscuramento di Dio, all'elevazione dell'uomo in dio e alla trasformazione radicale della Chiesa in realtà solo mondana (lasciando apparentemente tutto "come prima"). La mondanizzazione della Chiesa è possibile solo nella misura in cui in essa sia entrato l'antropocentrismo.
L'antropocentrismo, d'altronde, è l'incapacità radicale di alzare lo sguardo verso il cielo, rappresenta la debolezza, non certo la forza, spiritualmente intesa.
A quel punto tutto si secca: la spiritualità diventa sociologismo (fare del bene al prossimo), i sacramenti diventano segno di adesione ad una comunità o un puro mezzo per compiacere Dio, la messa luogo di edificazione morale.
Se la Chiesa cessa di essere luogo in cui si percepisce la trasparenza con un altro mondo, cessa la sua vera ragione d'esistere. Questo avviene quando si altera l'equilibrio "divino-umano" stabilito nel Concilio calcedonese. Come Cristo anche la Chiesa è divino-umana e se una delle due realtà è oscurata tutto viene compromesso.
Così, finito il "caffé", possono ben venire i suoi "succedanei", tipo Neocat. ecc.
In Occidente un ruolo capitale nel coservare lo spirito - quindi la prospettiva divina della Chiesa - è sempre stato nei religiosi e, più esattamente nei monasteri.
Quando i religiosi e il ruolo dei monasteri si è eclissato o alterato, è il vero senso carismatico (ossia della presenza divina) che è venuto meno.
Non era un caso che all'inizio del secolo Pio X consigliasse ai preti la lettura "l'anima di ogni apostolato" dell'abbé chotard, un benedettino. In questa scelta c'è questa precisa logica, perfettamente tradizionale.
La crisi dei monasteri indica esattamente la crisi della "verticalità sacrale" di una Chiesa. A quel punto tutto si riduce a mondo e questi discorsi a vane e inutili anticaglie.
Paradosi
Interventi molto interessanti, grazie. Stettino ha riportato la frase: " e tu una volta ravveduto conferma i tuoi fratelli." Io riporto questa, dal cap.28 di Matteo. " Gesù avvicinandosi parlò loro così: «Ogni potere è stato dato a me in cielo e in terra. Andate dunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quanto v'ho comandato. ED ECCO io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo». "Ed ecco"...Ho notato che nelle versioni moderne del vangelo, "ED" non compare più, ma è presente nelle versioni più vecchie. Ora, che significato dare a queste parole di Gesù, forse di condizione? Fate quanto vi ho comandato ed io sarò con voi, non fatelo ed io non lo sarò più. Questo spiegherebbe ciò che sta accadendo da decenni a questa parte. Vorrei conoscere la vostra opinione.
RispondiEliminaPatrizia
Se mi permettete continuo.
RispondiEliminaIl ruolo dei monasteri diventa, dunque, determinante. Quando san Francesco sente in sogno l'ordine di restaurare la Chiesa cosa fa? Cerca di restaurare lo spirito antico del monachesimo (vive a la Verna, fa eremitaggio, ecc.). Il monachesimo era oramai corrotto, troppo ricco ed era opinione popolare del tempo che nei monasteri "non ci si salva più".
Cercando di restaurare quello spirito antico san Francesco cercò di ristabilire l'equilibrio divino-umano nella Chiesa.
Fatto sta che, in seguito, il francescanesimo percorse anche altre vie e oggi, entrando in un convento francescano, spesso il suo fondatore non vi si ritroverebbe affatto...
La salute del monachesimo è, dunque, il termometro della salute di una Chiesa e se si vuole ammazzare una Chiesa lasciandola apparentemente uguale a se stessa basta solo ammazzarne lo spirito monastico.
Ci sono tanti modi. Uno è anche quello di dire che i monaci non "servono a nulla", un altro è dire che i laici sono chiamati ad una via totalmente differente, hanno un carisma totalmente diverso rispetto a quello moanstico.
In questo modo, si fa in modo che il sale rimanga nella sua boccetta e non venga messo in circolazione, fino al punto da far divenire inutile quello stesso sale.
Questo modo di "ghettizzare" il monachesimo, tagliargli denti e zanne, rendendolo di fatto inutile, o una semplice reliquia storica del tempo, non è recente ed è qui LA VERA RADICE dello stravolgimento ecclesiale che oggi colpisce così tanto alcuni.
Per invertire la rotta, dunque, non si tratta solo di recuperare alcuni elementi tradizionali ma lo stesso spirito monastico. Una Chiesa priva di quello spirito non capirà mai, ad esempio, il senso della "fuga mundi", così basilare al monachesimo stesso.
Che il monachesimo NON SIA STACCATO dal laicato ma che ne sia il suo motore spirituale lo notiamo in tutte le tradizioni antiche: siriaca, copta, bizantina. Lo stesso san Benedetto fece lo stesso e identico lavoro nell' Occidente antico.
Ma lo notiamo pure in tradizioni "non cristiane" (gli indù). Che in Occidente sia avvenuto questo divorzio "laici-monaci", foriero del divorzio "mondo-chiesa", "uomo-vangelo", segnala a fortiori una vera e propria anomalia ecclesiologica, tuttora ben permanente e radicata.
Una Chiesa nella quale, tanto per fare un esempio, la realtà certosina è totalemnte emarginata, incompresa e, in qualche caso, disprezzata, è una Chiesa decisamente mondanizzata, sradicata dalla sua tradizione recente e antica.
E', appunto, un' "altra" cosa.
Lutero fu molto conseguente con la sua linea di orizzontalizzazione: abolì i religiosi e i monaci.
Da noi le strutture esterne non sono state toccate ma c'è stata un' implosione interna, che però è maturata nei secoli. Gli ultimi quarant'anni hanno dato il colpo finale. I risultati sono catastrofici e non si sono maturati solo nei chiostri ma pure all'esterno di essi.
Paradosi
Per Patrizia.
RispondiEliminaQuel "ed" unito a "ecco" è la tipica forma del greco che fa iniziare un discorso con "kai" "e", cosa che l'italiano attuale corrente non capisce e non sostiene. Non so se questo fa parte di cose realmente essenziali o sulle quali possiamo liberamente dibattere.
Le traduzioni bibliche, purtroppo, si riducono spesso in "tradimenti" biblici, in barba a edizioni nuove, nuovissime, iper nuovissime, che si trovano periodicamente in libreria.
A me, personalmente, lascia perplessa la traduzione CEI "il regno di Dio è tra di voi" (versetto di Gv). Con una traduzione così è facilissimo fare del puro sociologismo religioso: se è tra di noi dobbiamo darci da fare, costruire, lavorare, lottare per un mondo diverso, ecc.
Totalmente diversa una traduzione antica nella quale il medesimo passo suona così: "Il regno di Dio è in voi". A quel punto è necessario rientrare in se stessi e purificare il cuore e fare lavoro... "monastico" come dicevo nell'intervento superiore.
Si vede da questi piccoli particolari che c'è in gioco molto più che una semplice opinione....
Paradosi
Continua....
RispondiEliminaChe quanto vi sto dicendo sia vero lo vedete voi stessi nella differenza tra il cosiddetto rito di Paolo VI e quello di Pio V.
Il secondo, pur ridotto ed essenzializzato, ereditava la liturgia di Gregorio Magno, dunque un rito essenzialmente monastico, seppur praticato nella Chiesa di Roma.
Il silenzio durante il canone romano non fa pensare ad un silenzio.... monastico???
Ma ci sono anche altri particolari monastici: la sottolineatura alla purificazione, alla ascesi...
Ora tutto questo scompare col "rito di Paolo VI" che eredita in ciò una sensibilità mondana, cittadina: fragorosità di chiacchiere, assenza di silenzi, canti rumorosi...
Non discuto degli aspetti dogmatici sui quali chiunque qui può informarsi.
E' evidente che anche da questo punto di vista esiste un reale divorzio con lo spirito monastico.
Quanto sia vero lo dimostra pure Bugnini, artefice di questo cambiamento.
Quando alcuni abati benedettini gli chiesero come adattare questa nuova messa alle loro comunità lui rispose candidamente: "Non lo so, non ci ho MAI PENSATO".
Paradosi
Posso fare un ulteriore appunto fuori tema?
RispondiEliminaIl Cristo Pantocrator alle spalle di papa Wojtyla verrebbe senza dubbio catalogato tra le "false icone".
1) l'aureola non ha la scrittura tradizinale " O ON" l'essente, l'esistente che indica la DIVINITA' di Cristo.
2) i colori della mandorla sono inquietanti. Dal momento che la mandorla che circonda il corpo di Cristo dovrebbe essere luminosa, è difficilmente spiegabile la scelta del blu scuro e del... nero!
Che Cristo irradi una luce nera è, scusate, molto inquietante! Siamo sicuri che sia veramente ... Lui e non qualcun altro??
3) A parte il volto - indubbiamente di Kiko - la figura ha tratti molto più vicini ad una pittura esistenzialista che ad una pittura bizantina. L'atmosfera che si sente da queste pitture kikiane e dalle icone bizantine è totalmente differente e ANCHE QUI testimonia lo squilibrio ecclesiologico avvenuto: SOLO UOMO NIENTE DIO!
Paradosi
Sono d'accordo Paradosi.
RispondiEliminaEsempio:Spiritum veritatis quem mundus non potest accipere quia non videt eum nec scit eum vos autem cognoscitis eum quia apud vos manebit et in vobis erit
lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.
I tre verbi cognoscitis, manebit ed erit sono tutti e tre al futuro! (correggimi se sbaglio)
Il significato della frase cambia notevolmente!
Per questo motivo quando devo usare dei passi che non sono noti per la loro ricorrenza seguo questa linea:
1) Traduzione della Vulgata di san Girolamo che è il testo ufficiale del Concilio vat. I (se ricordo bene)
2) Traduzione dei Padri della Chiesa dei testi patristici moooolto più attendibili delle nuove versioni.
CVCRCI
Colgo la palla al balzo:
RispondiEliminala traduzione della Bibbia dei Padri (stava cercando di farla la Comunità di Monteveglio, poi per strane e nusteriose ragioni ha arrestato il lavoro) è una versione precedente alla Volgata o è semplicemente la Bibbia dei LXX.
E' qui che si trova la differenza sul passo di Giovanni da me suaccennato e non c'è solo questo ahimé...
Osservando con attenzione, si nota che l'erosione della Cristianità avviene per gradi e attraverso vari passaggi. Il Concilio Vat II non è che lo scrollo di un albero da cui cadono frutti e foglie già pronte a cadere!!! Ma prima qualcosa ha indebolito da tempo questo albero!
Quello che oggi si è perso è una visione di mondo uniforme in cui esiste una compenetrazione vicendevole tra le varie membra. Il "divide et impera" una volta importato nella Chiesa ha fatto in modo da separare monaci da chierici, chierici da laici, creando una sorta di compartimenti stagni per ognuno di essi. Il passaggio è stato lento, quasi inavvertibile nel tempo ma REALE.
Alla fine è come se in queste tre realtà non corra più lo stesso sangue: infatti NON SI CAPISCONO TRA LORO.
I chierici sfuggono ai laici, i laici disprezzano i chierici, i monaci sono vecchie e inutili anticaglie per entrambi.
Non vi pare la reale distruzione della Chiesa?
Il processo può essere invertito solo recuperando lo spirito e la cultura monastica antica, non in opposizione a quando poi venne, ma per riequilibrare un movimento che poi è venuto e ha portato tutto in una falsa direzione.
Che la prospettiva monastica sia importante lo constatiamo anche dalla formazione dei Padri antichi: frequentavano le università del tempo (le accademie elleniche) ma pure le "università spirituali" del tempo, ossia i monasteri!
Oggi la formazione è molto monca e i frutti si vedono. Intellettualmente c'è molta fragilità (mi è facilissimo contraddire un prete) e spiritualmente c'è profondo disorientamento.
Esiste un solo insegnamento di "teologia spirituale" nei seminari: non ha un eseme e spesso i seminaristi dormono durante le ore di quella lezione!!!
Il consiglio di Pio X di leggere il libro del trappista Chotard fu uno degli ultimi tentativi d'invertire la rotta, inserendo nelle vene del clero un poco di spirito antico. Siamo agli inizi del XX secolo. Da allora non è seguito altro...
Paradosi
Beh se pensiamo che oggi i preti si formano nei centri RM dei NC, come datti torto.
RispondiEliminaSono d'accordo!
CVCRCI
Ergo la direzione per un recupero sano della tradizione è quella monastica.
RispondiEliminaNon a caso, dopo aver conosciuto il modo secolare così spesso a patto col mondo, tipico dei preti, ho volto la mia attenzione ai monasteri.
Il problema è che oramai moltissimi di quelli anche oggi sono all' "acqua di rose". Fortunatamente alcuni no, ma bisogna andare, come al solito, all'estero.
Le cosiddette comunità di "UnaVoce", in Italia, prescindono dalla spiritualità monastica. Io conobbi alcune di queste al nord che esercitavano una specie di ritualismo puro dietro al quale non c'era proprio nulla, nessun spessore. Questo per dire che anche chi vuole i riti antichi, a volte, è succube della mentalità corrente.
Si tratta proprio di ricominciare quasi da zero...
Paradosi
Benvenuto a Paradosi...
RispondiEliminaMi trovo assolutamente d'accordo con lui, nel ripristino della spiritualità monastica per salvare la vita della Chiesa e delle singole anime. Non perchè si debba ricercare una sppirituaità che ormai algiorni d'oggi verrebbe considerata elitaria nella migliore delle ipotesi, ma perchè se non si recupera la verticalità della dimensione umano-divina della Chiesa, se non si recupera il rapporto PERSONALE con Dio, che è Trascendente, l'uomo è come il tralcio staccato dalla vite: si secca ed è buono solo per il fuoco...
Del resto ben si conosce nella dottrina di Kiko l'opera devastatrice che egli fa nei confronti del monachesimo, accusandolo fra l'altro dell'imbastardimento farisaico della liturgia cattolica (vedasi a proposito la catechesi sull'Eucarestia presente negli "Orientamenti alle equipes dei catechisti per la fase di conversione"
http://www.mariamadremia.net/fase%20di%20conversione/OR-Conv-285-335.pdf ...ed asattamente da pag.315 a 335). Una concezione, la sua, ripresa anche da Bohoeffer, nel suo libro "Sequela", che nel Cammino è strettamente riservato ai catechisti e tenuto nascosto a tutti gli altri.
Avrei una domanda per Paradosi:: vedo che tra le altre cose, ti intendi di arte sacra figurativa...Vorrei sottoporti un'altra icona di Kiko, questa: http://www.splinder.com/mediablog/maurizio55/media/16113278
Si tratta della famosa "Madonna di Kiko"...sapresti trarne le linee fondamentali, sulla quali si basa il disegno, e vedere se da quelle linee esce fuori...qualcosa? Se non ti va di rispondere qui, puoi farlo sulla mia mail:
annarita.2009@gmail.com
Ti ringrazio
Beh è un dato di fatto, che la fede è diminuita in tutto il corpo Mistico, tranne nel capo.
RispondiEliminaE' diminuita in tutte le membra, da noi semplici fedeli alle gerarchie passano appunto dai monasteri che erano il centro della formazione cristiana.
Pensiamo ad esempio ad una cosa per così dire "stupida":Il manipolo.
Era usato dai sacerdoti per esciugarsi le lacrime durante il Santo Sacrificio, tanto era il coinvolgimento in persona Christi degli stessi.
Siamo negli ultimi tempi le cose miglioreranno, temporaneamente, dopo il castigo profetizzato.
Ti pregherei di non abbandonare il blog, perchè ad esempio, tra le altre cose, io non sono molto ferrato in materia monastica e questa è l'ulteriore prova di questo bellissimo Corpus Christi che è la Chiesa in un mutuo soccorso fondato sulla Carità, ognuno di noi mette un pezzettino dono di Dio per l'edificazione di questo Corpo.
E Gesù, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in Cielo
RispondiEliminae in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho
comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo".
Dunque, Gesù incarica la sua Chiesa di insegnare a tutto il mondo la verità: naturalmente
la verità su Dio, le verità della fede che portano alla salvezza dell’uomo.
Nell’insegnamento di questa verità, Gesù promette la sua assistenza speciale e perpetua:
"Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
La Chiesa conciliare non gode più dell'assistenza dello Spirito Santo, perchè questa assistenza è donata ad una stretta condizione: è legata "al compito di ammaestrare tutte le genti, al compito di battezzarle, quindi di condurle nella Chiesa, al compito di insegnare".
E' nella misura dell'esecuzione del comando e della Volontà Divina che l'assistenza viene donata.
Noi abbiamo la certezza e l'evidenza quotidiana che la chiesa conciliare ha deciso di non eseguire più gli ordini di Cristo, difatti gli incontri ecumenici non servono per ammaestrare i popoli di altre religioni e nemmeno ad insegnare loro la Verità di Cristo, lasciandoli, con incredibile sfrontatezza, nell'errore...
Di fronte all'evidente TRADIMENTO del comando di Gesù e al rinnegamento dei propri doveri, l'assistenza dello Spirito Santo nella Chiesa Cattolica NON ESISTE PIU' da un bel pezzo.
I risultati sono perfettamente evidenti a chiunque abbia un minimo di ragione.
Badate che non è una mia opinione, è una verità: l'assistenza è legata e condizionata ai compiti, e i compiti sono ben traditi, dunque, l'assistenza è sciolta.
Infatti, Gesù "impone" sempre delle condizioni sine qua non, che poi è la rispondenza alla Grazia.
RispondiEliminaSi diligitis me mandata mea servate! (servate è' all'imperativo) Osservate i miei precetti, se mi amate.
E' la condizione senza la quale...
et ego ragabo Pater et alium Parecletum dabit vobis, donazione dello Spirito santo.
Credo sia proprio così, poi quando torno a casa cerco conferma sui passi citati nei Padri della Chiesa.
CVCRCI
Per Paradosi.
RispondiEliminaHai perfettamente ragione, le traduzioni bibliche, specialmente quelle più recenti, sono più tradimenti che altro. Conosco la forma greca del "kai" , ma non credo che Nostro Signore si sia preoccupato delle traduzioni a venire, Lui ha pronunciato quelle precise parole, che Ghergon ha spiegato molto bene e così devono risultare, evoluzione della lingua o non. Togliere "ed" significa cambiare totalmente la condizione posta da Gesù, inutile girarci attorno. Le attuali traduzioni CEI sembrano fatte con uno spirito revisionista deleterio e non mi riferisco solo al Vangelo, ma anche a tanti libri basilari per una seria formazione cattolica. Faccio un esempio. Possiedo edizioni degli anni 20, 30, 40 di "Storia di un'anima", "Le glorie di Maria", del "Trattato della vera devozione a Maria", degli "Esercizi spirituali" di san Ignazio, dei "Quindici sabati" di Longo e confrontandoli con edizioni recenti, mi sono accorta di tagli, modifiche, aggiustamenti nelle espressioni, nei concetti, nei significati ed è una cosa che non sopporto, non so più se sto leggendo davvero quello che dicevano i santi o quello che vorrebbero far dire loro adesso. Così, mio marito ed io cerchiamo di trovare solo vecchie edizioni di ciò che ci interessa, non fidandoci più di quelle nuove. Capiamo che la lingua si è evoluta, che l'italiano di un tempo era più arcaico ed ampolloso, ma da qui a cambiare i concetti, ce ne corre. Circa poi la tua analisi sulla spiritualità monastica, la trovo lucida ed essenziale. Il monachesimo ha dato moltissimo alla civiltà cristiana, basti pensare all'eccellenza benedettina e da sempre ha rappresentato un freno contro il pericolo di mondanizzazione della Chiesa, nelle cui file le pecore nere non sono mai mancate. Tolto questo freno, la Chiesa stessa si è indebolita e le pecore nere, proliferate. Dopo decenni di sbandamento e di sbracamento, sembra però che qualcosa stia cambiando, almeno all'interno delle "mura" e la mia esperienza diretta può parlare delle suore francescane dell'Immacolata murate, in specifico quelle del monastero di Città di Castello. Assistere alla loro S.Messa, celebrata da un santo sacerdote, Padre Timoteo, è come godere di un barlume di Paradiso, un vero dono del Cielo e le stesse suore sono dolcissime, generose, amorevoli, di una serietà maestosa e quasi sorprendente, insomma, delle vere consacrate come Dio comanda. Spero che tu e tutti gli amici, abbiate la possibilità di incontrarle e non solo loro, ma anche gli stessi frati dell'Immacolata, una realtà davvero esemplare nel triste deserto degli ordini religiosi.
Patrizia
E' l' "actuosa partecipatio", se non aggiungiamo qualche cosa di nostro sembra quasi di non essere credenti.
RispondiEliminaC'è questa voglia di cambiare, di aggiungere, rivedere, aggiornare che rivela l'inquietudine di una generazione ormai vuota, piena solo di sè e lontana da Dio e che vuole sempre più prenderne le distanze.
Quale desolazione!
CVCRCI
Oggi 12, Pentecoste.
RispondiEliminada una messa oggi ascoltata, parole rincuoranti, molto chiare e decise:"badate bene che lo Spirito non è sceso su TUTTI, ovvero farisei, sacerdoti del tempio, scribi! E' sceso in un luogo circoscritto a persone circoscritte,gli apostoli.Tenetelo ben presente!Non è comparso a tutti.Mi sono spiegato?. ...Come vi sono alcuni oggi che presi da emozionalità e da fantasia parlano ed altri dicono che questi sono presi dallo spirito.Ma scherziamo?! Non confondiamo la venuta dello Spirito, che è apparso in modo concreto anche con lingue di fuoco, con le farneticazioni o le fantasie emotive di alcuni, ai giorni nostri! .." Mi sembrava una chiara allusione a certi "profeti" dei giorni nostri che eradicano dei dogmi e liturgie e ne installano altre, pure elogiati anche in Vaticano e da papi...
Alcune volte delle semplici osservazioni di un sacerdote illuminato fanno riflettere ben più che certe lunghe e noiose elucubrazioni cardinalizie dette in prediche socio-cristologiche, che certamente molti di noi hanno sentite spesso; ma non producono nulla ed alla fine della messa se si chiedesse cosa ha detto il tal vescovo o cardinale alla predica,nessuno si ricorderebbe alcunchè. E QUESTO E' UN ALTRO PRECISO SEGNALE DELLA VACUITA' DI TANTE PAROLE.
Dice Ghergon."Di fronte all'evidente TRADIMENTO del comando di Gesù e al rinnegamento dei propri doveri, l'assistenza dello Spirito Santo nella Chiesa Cattolica NON ESISTE PIU' da un bel pezzo.
RispondiEliminaI risultati sono perfettamente evidenti a chiunque abbia un minimo di ragione.
Badate che non è una mia opinione, è una verità: l'assistenza è legata e condizionata ai compiti, e i compiti sono ben traditi, dunque, l'assistenza è sciolta."
SONO PERFETTAMENTE, PUR TRISTEMENTE, D'ACCORDO CON GHERGON!
E mi trovo a riflettere su quanto scrive Paradosi, proprio dopo essermi recato con altri a visitare un monastero benedettino,ieri,cui sono molto legato per vicende personali, e sul quale non trovo da dire..Comunque ritengo molto valide le affermazioni analitiche di Paradosi.Non ho elementi concreti personalmente, ma l'analisi mi sembra attenta e logica e ne terrò conto;grazie del contributo di conoscenza.Per gli altri che scrivono non dico neanche più grazie altrimenti dovrei iniziare sempre quanto scrivo con un GRAZIE! Ma sappiate che è sottinteso! :-))
Ragazzi... rileggo i post e vi lodo nel Signore Iddio per la vostra Grazia, il Signore vi benedica tutti...."fino alla fine del mondo".
RispondiEliminaCVCRCI
ICONA MADONNA DEL CAMMINO
RispondiEliminaGentile Annarita,
L’icona che mi ha mostrato la conosco da moltissimi anni, oramai. Forse è la “meno peggio” se osserviamo il panorama iconografico kikiano. Certamente quanto sta dietro alla costruzione di queste icone non è la teologia della visione di Dio (theoptìa), tipica del mondo bizantino. Il fatto stesso d’aver slegato la teologia dalla rappresentazione iconografica è, di suo, qualcosa di erroneo, per non dire eretico.
Kiko, inevitabilmente, fa questo e, siccome non ha contenuto teologico da affidare alle icone, non puo’ che dare un suo personale contributo, una sua individualistica idea.
Quando l’ispirazione iconografica non nasce dalla teologia, quindi dalla vita della Chiesa, ma da un’opinione personale, ecco che rappresentiamo una “falsa icona”, anche se, come nel caso della Madonna del Cammino, gli elementi rappresentati sono molto prossimi a quelli tradizionali.
D’altronde lo stravolgimento che Kiko fa delle icone, lo sradicamento di esse dal Credo e dalla fede tradizionale, è ben visibile nella famosa icona del giudizio universale, nella Domus Galieae: http://www.demotix.com/sites/default/files/imagecache/large_610x456_scaled/photos/32628.jpg
Qui, in basso a destra, si intravede il lago di fuoco (l’inferno) in cui è presente il demonio. Tale lago, però, è vuoto! L’inferno, dunque, è vuoto. Qualsiasi altra rappresentazione latina medioevale (e bizantina) lo rappresenta pieno. Ecco, ad esempio, il Giudizio Universale nella basilica di Torcello: http://www.teatromacondo.it/public/foto/Giudizio%20Universale%20Torcello.jpg
Detto ciò che altro aggiungere ancora?
Se queste cose hanno spazio e vengono approvate dalle autorità somme nella Chiesa è semplicemente perché la confusione domina bene le teste di papi e cardinali. Con la confusione il relativismo e con esso il vuoto spirituale. A questo punto l’unico criterio con il quale è possibile immaginiamo si muovano rimane solo mondano e di convenienza pratica. E i frutti, infatti, si vedono.
Cordiali saluti
PARADOSI
Caro Paradosi,
RispondiEliminagrazie infinite per la tua risposta e mi scuso per il largo ritardo con cui rispondo.
Non conoscendo io la giusta terminologia in campo pittorico e grafico, non ho spiegato bene quello che chiedevo...così riprovo a formulare meglio:
l'ergomento trattato è interessantissimo e degno di nota, ma io non domandavo "le linee" stilistiche della pittura sacra, bensì le linee principali "grafiche" che costituiscono lo scheletro di un dipinto (dirò così perchè non conosco il termine tecnico), ed ovviamente ogni disegno ha le proprie. Ora in questo dipinto della "Madonna di Kiko", le linee principali del disegno, se viste da sole, formano un "simbolo", un "numero" (questo a quanto disse un pittore francese che se ne occupò tempo fa....)e siccome io non sono in grado di riconoscerle e tracciarle, ti chiedevo se potevi ricavarle e confermare o smentire il fatto che indichino un...qualcosa. Grazie molte