Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
28 luglio 2012
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
28 luglio 2012
Pubblichiamo il commento di S. Ecc. Mons. Richard Willamson relativo alla impossibilità di accettare il conciliarismo che vige oggi nella Chiesa, anche se si trattasse della celebrazione della S. Messa tridentina; a maggior ragione nell'eventualità di un accordo pratico fra Roma e la FSSPX.
Questi commenti sono
reperibili tramite il seguente accesso controllato:
http://www.dinoscopus.org/italiano/italianiprincipale.html
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Infezione
conciliare
I cattolici che desiderano mantenere la fede, possono assistere ad una Messa tridentina celebrata da un sacerdote che fa parte della Chiesa conciliare, per esempio, appartenente all’Istituto Cristo Re o alla Fraternità San Pietro? La risposta dev’essere che, di regola, un cattolico non può assistere a tale Messa, anche se si tratta di una Messa tridentina e anche se è degnamente celebrata.
Quale può essere la giustificazione per una tale norma apparentemente rigida?
La ragione fondamentale è che la Fede cattolica è più importante della Messa.
Se, non per colpa mia, non posso assistere alla Messa anche per lungo tempo, ma mantengo la fede, posso ancora salvare la mia anima; se invece perdo la fede, ma in qualche modo continuo ad assistere alla Messa, non potrò salvare la mia anima (“Senza la fede è impossibile piacerea Dio” – Eb. XI, 6). Cosicché io assisto alla Messa per vivere la mia fede e, conoscendo l’interdipendenza di fede e culto, io assisto alla vera Messa per conservare la vera fede.
Non mantengo la fede allo scopo di assistere alla Messa.
Ne consegue che se la celebrazione di una Messa tridentina è accompagnata da circostanze che rischiano di minare la mia fede, a seconda della gravità del rischio non posso assistere a tale Messa. È per questo che, nonostante le Messe celebrate dai preti ortodossi scismatici possano essere valide, la Chiesa, quand’era sana, usava proibire ai cattolici di assistervi sotto pena di peccato grave, perché, visto che il credo e il culto sono interdipendenti, il culto non cattolico minaccia la fede dei cattolici. Ora, nel corso dei secoli l’Ortodossia ha causato un danno enorme alla Chiesa cattolica, ma questo è paragonabile alla devastazione operata nella Chiesa, in sole poche decine di anni, dal conciliarismo? Se dunque ai cattolici è stato vietato di assistere alla Messa accompagnata dalle circostanze ortodosse, non è normale che la Chiesa sana proibisca l’assistenza alla Messa tridentina accompagnata dalle circostanze conciliari?
Ma cosa s’intende per circostanze conciliari?
La risposta che s’impone è: ogni circostanza che, in un tempo più o meno lungo, finisce col farmi pensare che il Concilio Vaticano II non sia stato un immane disastro per la Chiesa. Tale circostanza potrebbe consistere, per esempio, in un simpatico sacerdote che crede che non ci sia alcun problema nel celebrare o la nuova o la vecchia Messa, e che predica e agisce come se il Concilio non presentasse alcun serio problema. Il conciliarismo è così pericoloso perché può essere praticato in modo da sembrare cattolico, tale che io possa perdere la fede senza – o quasi senza – rendermene conto.
Naturalmente, il buon senso permette di prendere in considerazione tutta una serie di circostanze particolari. Per esempio quella di un buon sacerdote che, intrappolato nella Chiesa conciliare, potrebbe aver bisogno del mio incoraggiamento per incominciare a venirne fuori, proprio attraverso la mia assistenza alle sue prime celebrazioni della vera Messa. Ma la regola generale deve rimanere quella che io non debbo avere niente a che fare con una vera Messa celebrata in un contesto conciliare. Come conferma, si guardi a come Roma, con l’Istituto del Buon Pastore, abbia iniziato permettendogli di celebrare esclusivamente la vera Messa: Roma sapeva che una volta che l’Istituto avesse abboccato all’amo ufficiale, alla fine avrebbe potuto sicuramente tirarlo nella sua rete conciliare. Infatti, sono bastati appena cinque anni.
Questo è il pericolo di ogni accordo pratico senza previo accordo dottrinale fra Roma e la Fraternità San Pio X. Fino a quando Roma crederà nella sua dottrina conciliare non potrà non utilizzare un tale accordo per spingere la FSSPX in direzione del Concilio, e il contesto di ogni Messa celebrata dalla FSSPX diverrebbe conciliare, se non rapidamente, certo nel lungo periodo.
Uomo avvisato è mezzo salvato.
I cattolici che desiderano mantenere la fede, possono assistere ad una Messa tridentina celebrata da un sacerdote che fa parte della Chiesa conciliare, per esempio, appartenente all’Istituto Cristo Re o alla Fraternità San Pietro? La risposta dev’essere che, di regola, un cattolico non può assistere a tale Messa, anche se si tratta di una Messa tridentina e anche se è degnamente celebrata.
Quale può essere la giustificazione per una tale norma apparentemente rigida?
La ragione fondamentale è che la Fede cattolica è più importante della Messa.
Se, non per colpa mia, non posso assistere alla Messa anche per lungo tempo, ma mantengo la fede, posso ancora salvare la mia anima; se invece perdo la fede, ma in qualche modo continuo ad assistere alla Messa, non potrò salvare la mia anima (“Senza la fede è impossibile piacerea Dio” – Eb. XI, 6). Cosicché io assisto alla Messa per vivere la mia fede e, conoscendo l’interdipendenza di fede e culto, io assisto alla vera Messa per conservare la vera fede.
Non mantengo la fede allo scopo di assistere alla Messa.
Ne consegue che se la celebrazione di una Messa tridentina è accompagnata da circostanze che rischiano di minare la mia fede, a seconda della gravità del rischio non posso assistere a tale Messa. È per questo che, nonostante le Messe celebrate dai preti ortodossi scismatici possano essere valide, la Chiesa, quand’era sana, usava proibire ai cattolici di assistervi sotto pena di peccato grave, perché, visto che il credo e il culto sono interdipendenti, il culto non cattolico minaccia la fede dei cattolici. Ora, nel corso dei secoli l’Ortodossia ha causato un danno enorme alla Chiesa cattolica, ma questo è paragonabile alla devastazione operata nella Chiesa, in sole poche decine di anni, dal conciliarismo? Se dunque ai cattolici è stato vietato di assistere alla Messa accompagnata dalle circostanze ortodosse, non è normale che la Chiesa sana proibisca l’assistenza alla Messa tridentina accompagnata dalle circostanze conciliari?
Ma cosa s’intende per circostanze conciliari?
La risposta che s’impone è: ogni circostanza che, in un tempo più o meno lungo, finisce col farmi pensare che il Concilio Vaticano II non sia stato un immane disastro per la Chiesa. Tale circostanza potrebbe consistere, per esempio, in un simpatico sacerdote che crede che non ci sia alcun problema nel celebrare o la nuova o la vecchia Messa, e che predica e agisce come se il Concilio non presentasse alcun serio problema. Il conciliarismo è così pericoloso perché può essere praticato in modo da sembrare cattolico, tale che io possa perdere la fede senza – o quasi senza – rendermene conto.
Naturalmente, il buon senso permette di prendere in considerazione tutta una serie di circostanze particolari. Per esempio quella di un buon sacerdote che, intrappolato nella Chiesa conciliare, potrebbe aver bisogno del mio incoraggiamento per incominciare a venirne fuori, proprio attraverso la mia assistenza alle sue prime celebrazioni della vera Messa. Ma la regola generale deve rimanere quella che io non debbo avere niente a che fare con una vera Messa celebrata in un contesto conciliare. Come conferma, si guardi a come Roma, con l’Istituto del Buon Pastore, abbia iniziato permettendogli di celebrare esclusivamente la vera Messa: Roma sapeva che una volta che l’Istituto avesse abboccato all’amo ufficiale, alla fine avrebbe potuto sicuramente tirarlo nella sua rete conciliare. Infatti, sono bastati appena cinque anni.
Questo è il pericolo di ogni accordo pratico senza previo accordo dottrinale fra Roma e la Fraternità San Pio X. Fino a quando Roma crederà nella sua dottrina conciliare non potrà non utilizzare un tale accordo per spingere la FSSPX in direzione del Concilio, e il contesto di ogni Messa celebrata dalla FSSPX diverrebbe conciliare, se non rapidamente, certo nel lungo periodo.
Uomo avvisato è mezzo salvato.
Kyrie Kyrie eleison.
Londra, Inghilterra
Londra, Inghilterra
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La dialettica della Messa - Verso una sintesi?
La dialettica della Messa
Verso una sintesi?
Del Padre Juan Carlos Ceriani
Un po' di storia
Dopo l'attuazione di accorte riforme preparatorie, nell'aprile 1969 fu
pubblicato un Novus Ordo Missae. Da allora, due Messe dividono
tragicamente i cattolici.
Dal 2007 Benedetto XVI, col Motu proprio Summorum Pontificum, ha dato
l'impressione di voler preparare ufficialmente una "terza messa", cioè
la sintesi tra la Messa Romana e il frutto della riforma
protestantizzante di Paolo VI.
Come si è giunti qui?
Paolo VI voleva, in modo esplicito e di fatto, sostituire l'Ordo
tradizionale con il nuovo dis-Ordo, fare in modo che il Novus Ordo
Missae di fatto prendesse il posto dell'antico.
Ma, di diritto, Paolo VI non ha mai abrogato la Messa Romana, e neanche l'ha proibita.
Contrariamente a quanto molti volevano far credere ed a quel che molti
credono, la Messa romana era rimasta, da un punto di vista strettamente
giuridico e canonico, la Messa ufficiale ed unica del Rito Latino Romano
della Chiesa cattolica.
Il Messale Romano non era stato abrogato.
Fino al 7 di luglio del 2007 era chiaro, per coloro che avessero voluto
rendersene conto, che ogni sacerdote aveva il dovere (e pertanto il
diritto) di dire la Santa Messa conformemente a questo Messale.
Ma di fatto, dal 1969, i sacerdoti che desideravano
mantenere la Messa Romana sono stati brutalmente perseguitati dai
sostenitori della Nuova Messa.
Pertanto, il mantenimento del Messale Romano ha dovuto esser effettuato
con una evidente e crescente disobbedienza: fondazione di seminari e di
priorati, occupazione di chiese, costruzione di centri di Messa,
ordinazioni sacerdotali, consacrazioni episcopali ...
Fu allora, ed unicamente per ostacolare e riassorbire questa legittima reazione, che il Vaticano si interessò alla Messa Romana
Le misure adottate dalla Roma modernista ed anticristo tendevano in
realtà a soffocare ed eliminare il Messale Romano, e non a conservarlo e
diffonderlo.
Nel mese di ottobre 1984, Giovanni Paolo II firmò un primo indulto con
il quale autorizzava i vescovi a concedere, a determinate condizioni, la
Messa Romana.
Di fatto fu un atto di soffocamento e di oppressione, perché la Messa
Romana non era mai stata abrogata e quindi le condizioni imposte per
consentirla non erano necessarie.
Accettare queste condizioni era come riconoscere l'abrogazione del Messale Romano.
Inoltre, questi requisiti mostravano il loro veleno, perché l'indulto
poteva essere concesso solo a coloro che non avevano nulla in comune
(nullam partem) con i cattolici che mettono in dubbio la correttezza
dottrinale e canonica della Nuova Messa.
In questo modo li si privava di qualsiasi argomento qualora si fosse
deciso di ritirare quell'autorizzazione grossolana e insultante che era
l'indulto.
La manovra fu così evidente e la trappola così poco dissimulata che pochissimi si lasciarono acchiappare.
Nel luglio 1988, a causa delle consacrazioni episcopali eseguite da
Mons. Marcel Lefebvre e Mons. de Castro Mayer, l'operazione venne
tentata di nuovo.
Sulla carta, le condizioni erano le stesse del 1984: non si dichiarava
la Messa Romana obbligatoria, nemmeno la si permetteva universalmente,
ma solo per alcuni gruppi di fedeli e ad alcuni sacerdoti.
Inoltre, sia gli uni come pure gli altri eranocostretti ad accettare la nuova messa protestantizzante.
Nel Motu proprio di Benedetto XVI, del luglio 2007, ritroviamo ancora
una volta lo stesso disprezzo per la Messa Romana ... Ma questo
disprezzo è stato in grado di adattarsi alle circostanze ed ha saputo
accettare, con sagacia sibillina, la realtà della difesa del Messale
Romano e del rifiuto del nuovo Messale.
In questa prospettiva si cerca di distorcere questa difesa e questo
rifiuto mentre contemporaneamente si offrono dei compromessi.
Ma l'obiettivo è sempre lo stesso: eliminare il Messale Romano.
Che ce ne accorgiamo o no, che ci piaccia o no, che lo accettiamo o no,
il fatto è innegabile: la Messa Romana e il Novus Ordo Missae sono
inconciliabili, l'una esclude l'altro e viceversa. Se si adotta l'una,
ciò porta necessariamente al rifiuto dell'altro.
Dobbiamo esserne convinti: l'unica ragione di esistere per la messa bastarda di Paolo VI è la soppressione della Messa Romana.
Pertanto, non esistono due riti uno di fronte all'altro, il conflitto è
evidente: c'è solo il Rito Romano di fronte alla propria distruzione ...
I due indulti del 1984 e del 1988, veri e propri insulti alla Messa
Romana, costituiscono semplicemente due fasi di questa distruzione.
Alcuni sacerdoti e laici illusi caddero nella trappola di questi passaggi intermedi ... necessari al processo rivoluzionario.
Comunque, una cosa è certa: ciò che stava bloccando il funzionamento
della macchina rivoluzionaria era il gruppo di irriducibili che
mantenevano la difesa della Messa Romana ed il rifiuto di quella
bastarda senza accettare compromessi.
La priorità dei rivoluzionari, l'abolizione della Messa romana, li ha
portati a stabilire una pausa, a riavvolgere la bobina e perfino a fare
concessioni maggiori... tutto il necessario per rimuovere il granellino
di sabbia che impedisce all'ingranaggio di fare il suo funesto lavoro.
La dialettica ratzingeriana
Tutte le rivoluzioni avanzano allo stesso modo: la posizione
tradizionale è denominata tesi, alla quale si oppone ciò che si chiama
l'antitesi, la quale intimorisce per il suo carattere radicale.
In seguito si propone ai reazionari conservatori un accordo, una conciliazione, la cosiddetta sintesi...
Questa sintesi, una volta accettata dai conservatori illusi, si
trasforma rapidamente in una nuova tesi, che a sua volta deve affrontare
un'altra antitesi ..., ecc ... E la Rivoluzione continua ad avanzare.
Comprendere questo percorso a tappe, queste pause che la Rivoluzione è
obbligata a fare per digerire la preda, significa comprendere il ritorno
apparente all'ordine ..., significa capire quanto sia chimerica ed
ingannevole la luce di speranza, la piccola onda, la restaurazione già
iniziata...
Alla Rivoluzione è necessaria la successione di anarchia e
riorganizzazione; la riorganizzazione è indispensabile per il suo
obiettivo, come il Codice di Napoleone, apparentemente conservatore,
servì a legittimare i risultati ottenuti nel 1789.
Questo processo dialettico può realizzarsi lentamente se necessario,
l'unica cosa che conta è che si muova nella direzione opportuna.
La Rivoluzione conciliare permetterà, se necessario anche per lungo
tempo, che i sacerdoti celebrino la Messa Romana, perché l'essenziale è
che accettino un rito ambiguo. Il resto verrà più tardi. Tutte le
concessioni sono possibili purché si raggiunga tale obiettivo; e se
fosse necessario procedere per tappe per raggiungerlo, così sarà fatto.
Mentre la Rivoluzione regna nella Liturgia e nella Chiesa, soltanto il
Rito Romano rimane il riferimento assoluto, e qualunque riconoscimento
del rito illegittimo è un compromesso ed in quanto tale un aiuto dato ai
distruttori.
Alla luce di queste considerazioni possiamo giudicare il Motu proprio di Benedetto XVI.
La funzione del Motu proprio
La formula secondo la quale la Messa Romana non è mai stata abrogata in
quanto forma extraordinaria della liturgia del Rito Romano è una delle
idee più intelligenti per armonizzare la Messa Romana con la dottrina
modernista.
La realtà è che, se voleva legittimare la messa bastarda, Benedetto XVI
non poteva continuare a dire che la Messa romana era stata abolita.
Pertanto, era necessario risolvere il problema con intelligenza, facendo
credere che la nuova Messa sia la continuazione e l'espressione
legittima della Liturgia del Rito romano.
Era assolutamente necessario dire che il Messale Romano promulgato da
Paolo VI è l'espressione ordinaria della "Lex orandi" della Chiesa
cattolica di rito latino.
Inoltre, nella sua ansia di sintesi dialettica, non era possibile che
Benedetto XVI lasciasse trasparire il minimo sospetto di rottura o
scisma liturgico.
Era inevitabile che dicesse:
Il Messale Romano promulgato da S. Pio V e ripubblicato dal beato
Giovanni XXIII deve essere considerato come espressione straordinaria
della stessa "Lex orandi" e godere del rispetto dovuto a causa del suo
uso venerabile e antico.
Era necessario affermare che queste due espressioni della "lex orandi"
della Chiesa non provocano alcuna divisione della "lex credendi" della
Chiesa, sono di fatto due espressioni dell'unico rito romano.
Di conseguenza, emerge chiaramente ciò che costituisce la vera ragione
della dichiarazione di non abrogazione della Messa Romana in quanto
forma extraordinaria della Liturgia della Chiesa: è il famoso "un passo
indietro, due passi avanti".
Sarebbe ridicolo pensare che il cambiamento di posizione sul campo di
battaglia sia dovuto ad un inizio di restaurazione ... E' una strategia
per avvicinarsi alla Tradizione, sì ... ma per cercare di circondarla e
distruggerla ...
Non si tratta di una restaurazione, ma è tutto il contrario: è
consolidare e legittimare la nuova messa e il Concilio Vaticano II,
senza fratture tragiche o drammatiche, far credere che si tratta di una
evoluzione soave ed assicurarsi che entrambi siano universalmente
riconosciuti, accettati e ammessi in modo pacifico.
Coloro che cercano di dimostrare che il Concilio Vaticano II non è uno
scisma dottrinale, allo stesso modo vogliono dimostrare che la Nuova
Messa non è uno scisma liturgico, ma piuttosto che entrambi sono il
risultato di uno sviluppo vitale, che deve essere assunto e accettato.
Per capire la strategia di Benedetto XVI nel suo Motu Proprio, bisogna
fare riferimento al discorso pronunciato alla Curia Romana il 22
dicembre 2005.
Leggendolo con attenzione, appare chiaro che Benedetto XVI cerca di
farci credere che tra la Dottrina Infallibile della Chiesa e la nuova
dottrina conciliare non vi è alcuna discontinuità. In breve, ci dice che
Lex credendi odierna e innovativa è uguale a quella tradizionale e
perenne.
Ora, noi sappiamo assai bene che la Lex orandi è l'espressione liturgica della Lex credendi.
Pertanto, dopo aver risolto nel 2005 la questione della Lex credendi, è
stato necessario dissotterrare la questione della Lex orandi.
Alcune persone, chierici e laici, hanno creduto che la battaglia per la
Messa fosse stata vinta, e che ora si doveva dare battaglia per la
dottrina.
Ma, tutto sommato, quello che emerge chiaramente è che per Benedetto XVI
il capitolo è chiuso... Non si tratta di un inizio ma della fine del
dibattito: la nuova dottrina conciliare e la Dottrina Tradizionale sono
la stessa cosa, ed analogamente, la nuova liturgia conciliare è coerente
con l'antica Liturgia Romana.
L'articolo 1 del Motu proprio
Anche se è superfluo, dobbiamo analizzare in dettaglio questo articolo 1, che inizia come segue:
Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della "Lex orandi" della Chiesa cattolica di rito latino.
Il Messale Romano promulgato da S. Pio V e ripubblicato dal beato
Giovanni XXIII deve essere considerato come espressione straordinaria
della stessa "Lex orandi" e godere del rispetto dovuto al suo uso
venerabile e antico.
Queste due espressioni della "lex orandi" della Chiesa non comportano
alcuna divisione della "lex credendi" della Chiesa; sono di fatto due
usi dell'unico rito romano.
Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l'edizione
tipica del Messale Romano promulgato dal beato Giovanni XXIII nel 1962 e
mai abrogato, come forma extraordinaria della Liturgia della Chiesa.
Il Rito Romano della Santa Messa non ha mai perso il proprio diritto.
Se si riconosce il Motu proprio del 7 luglio 2007, è necessario
accettare che il Rito Romano ha perduto, de jure, il suo status di unica
forma ordinaria e ufficiale.
La Roma anticristo e modernista, per mezzo del Motu proprio, ha umiliato
il Rito Romano della Santa Messa cercando di relegarlo al rango di
"forma extraordinaria" unendolo al " rito bastardo", che sarebbe la
"forma ordinaria" dell'unico Rito Romano.
Se si riconosce il Motu proprio del 7 luglio 2007, è necessario
accettare che il Messale Romano non sia più l'espressione ordinaria, e
che, pertanto, almeno implicitamente, dovrebbe essere considerato
abrogato in quanto espressione ordinaria della Liturgia Romana della
Chiesa.
Dobbiamo evidenziare che il Motu proprio permette una doppia lettura:
a) Pertanto è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo
l'edizione tipica del Messale Romano promulgata dal beato Giovanni XXIII
nel 1962, e mai abrogata, come forma extraordinaria della Liturgia
della Chiesa.
(Proinde licet celebrare Sacrificium Missae iuxta editionem typicam
Missalis Romani a B. Ioanne XXIII anno 1962 promulgatam et nunquam
abrogatam, uti formam extraordinariam Liturgiae Ecclesiae.)
E questa è una conferma della conclusione precedente: il Messale Romano
promulgato da S. Pío V deve essere considerato abrogato in quanto forma
ordinaria della Liturgia della Chiesa.
b) Pertanto è lecito celebrare, come forma extraordinaria della Liturgia
della Chiesa, il Sacrificio della Messa secondo l'edizione tipica del
Messale Romano promulgata dal beato Giovanni XXIII nel 1962 e mai
abrogata.
(Proinde licet celebrare, uti formam extraordinariam Liturgiae
Ecclesiae, Sacrificium Missae iuxta editionem typicam Missalis Romani
promulgatam a B. Ioanne XXIII anno 1962, et nunquam abrogatam.)
Ma perché è lecito celebrarla come forma extraordinaria e non come forma ordinaria?
Sappiamo la risposta: perché, come forma ordinaria, è stata abrogata...
Per attenersi alla realtà, coloro che accettano il Motu proprio
dovrebbero trarre alcune conclusioni inesorabili, poiché si sa che,
poste le premesse, ne seguono le conclusioni.
Il lettore conosce già queste conclusioni, ma se vi fosse qualche dubbio, le riassumo:
La Messa Romana non è stata mai abrogata come forma extraordinaria.
La Messa romana è stata abrogata in quanto forma ordinaria.
E' lecito celebrare la Messa Romana come forma extraordinaria.
E' vietato celebrare la Messa Romana come forma ordinaria.
Pertanto, lo stato di diritto della Messa Romana come Messa ufficiale e
ordinaria del Rito Latino Romano della Chiesa, è il seguente:
1) Fino al 1969, la Messa Romana era l'unica Messa ufficiale e ordinaria del Rito Latino Romano della Chiesa.
2) Dal 1969 fino al 7 luglio 2007, nella realtà e nella verità del
Diritto, la Messa Romana continuava ad essere l'unica Messa ufficiale e
ordinaria del Rito Latino Romano della Chiesa.
3) Secondo il Motu Proprio e la Lettera ai Vescovi del luglio 2007, la
Messa Romana non sarebbe più la Messa ufficiale e ordinaria del Rito
Latino Romano della Chiesa. Sarebbe la forma extraordinaria...
Leggiamo ora l'articolo 1 del Motu proprio alla luce della Lettera ai Vescovi:
A) Dice il Motu proprio:
Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della "Lex orandi" della Chiesa cattolica di rito latino.
A') Dice la Lettera ai Vescovi:
E' necessario affermare in primo luogo che il Messale pubblicato da
Paolo VI e poi riedito in due successive edizioni da Giovanni Paolo II,
ovviamente è e rimane la Forma normale - la Forma ordinaria - della
Liturgia Eucaristica.
B) dice il Motu proprio:
Il Messale Romano promulgato da S. Pio V e ripubblicato dal beato
Giovanni XXIII deve essere considerato come espressione extraordinaria
della stessa "Lex orandi" e godere del rispetto dovuto al suo uso
venerabile e antico.
B ') Dice la Lettera ai Vescovi:
L'ultima redazione del Missale Romanum, anteriore al Concilio, che fu
pubblicata con l'autorità di Papa Giovanni XXIII nel 1962 e utilizzata
durante il Concilio può, tuttavia, essere utilizzata come Forma
extraordinaria della Celebrazione liturgica (...) Il nuovo Messale
rimarrà, certamente, la Forma ordinaria del Rito Romano, non solo per la
normativa giuridica, ma anche per la situazione reale nella quale si
trovano le comunità dei fedeli.
C) Dice il Motu proprio:
Queste due espressioni della "lex orandi" della Chiesa non provocano
alcuna divisione della "lex credendi" della Chiesa; si tratta di fatto
di due usi dell'unico rito romano.
C ') Dice la Lettera ai Vescovi:
Non è appropriato parlare di queste due redazioni del Messale Romano
come se fossero "due Riti". Si tratta, piuttosto, di un duplice uso
dello stesso ed unico Rito.
Non c'è alcuna contraddizione tra le due edizioni del Missale Romanum.
Inoltre, le due Forme dell'uso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda
D) Dice il Motu proprio:
Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l'edizione
tipica del Messale Romano promulgato dal beato Giovanni XXIII nel 1962 e
mai abrogata, come forma extraordinaria della Liturgia della Chiesa.
D') Dice la Lettera ai Vescovi:
Per quanto riguarda l'uso del Messale del 1962, come Forma
extraordinaria della Liturgia della Messa, vorrei attirare l'attenzione
sul fatto che questo Messale non fu mai giuridicamente abrogato e, di
conseguenza, in linea di principio, fu sempre permesso.
E) Dice il Motu proprio:
Tuttavia, le condizioni per l'uso di questo Messale stabilite nei
precedenti documenti "Quattuor abhinc annis” e “Ecclesia Dei”, saranno
sostituite come indicato di seguito.
E') Dice la Lettera ai Vescovi:
Ovviamente, per vivere la piena comunione, i sacerdoti delle Comunità
che seguono l'uso antico non possono, in linea di principio, escludere
la celebrazione secondo i libri nuovi. In effetti, non sarebbe coerente
con il riconoscimento del valore e della santità del nuovo rito
l'esclusione totale dello stesso.
Complicità?
I superiori della Fraternità San Pio X erano consapevoli della distinzione tra forma ordinaria e forma extraordinaria.
Vi sono 6 prove di ciò, che presento in ordine cronologico, anche se,
come ho spiegato precedentemente, non ne sono venuto a conoscenza in
questo ordine.
DICI n. 94, ottobre 2004. Si riporta il colloquio tra il presidente di Una Voce Internazionale ed il cardinale Castrillon Hoyos.
Il Presidente riassume la visita: "Il 13 marzo ero a Roma dove ho avuto la possibilità di fare il giro dei dicasteri vaticani.
Ho incontrato Sua Eminenza il cardinale presidente della Commissione
Ecclesia Dei. (…) Il Cardinale ci ha accolto molto cordialmente e ci ha
dedicato un'ora intera. Ha sottolineato che apprezza l'antico rito che
lui stesso ha celebrato dal 1952, data della sua ordinazione, fino al
1965.
Il Cardinale ha respinto l'opinione che considera il rito antico come un
rito a parte, come per esempio il rito bizantino o il rito armeno.
"C'è un solo rito romano", ha affermato, "e questo rito romano ha forme diverse".
Così, secondo il suo parere, il rito antico non è un rito proprio, ma
l'antico ed il nuovo sono due forme di un solo e medesimo rito."
Cor Unum n. 85, ottobre 2006. Intervento del vescovo Bernard Fellay:
"I preliminari si trasformano in strumenti per avanzare verso questo obiettivo.
Reintrodurre, attribuire tutti i suoi diritti alla Santa Messa e lasciar
agire il suo potere di grazia. Si può dire che sia il nostro cavallo di
Troia?
(...) E mentre ci viene annunciato l'arrivo di un motu proprio che
sostituirà quello del 1988 per dare ancor più libertà alla messa, un
diritto eguale alla nuova messa, mentre l'Istituto del Buon Pastore
mostra con orgoglio il suo "diritto esclusivo " alla messa antica, il
firmatario del decreto di erezione, Mons. Perl, va al Barroux a
fustigare i sacerdoti refrattari alla nuova messa e spingerli ad essa
..."
Omelia di Mons. Bernard Fellay per i 30 anni della restituzione
della chiesa di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, domenica 18 febbraio 2007.
DICI del 10 marzo 2007:
"Si dice, e si potrebbe pensare che è così, che Benedetto XVI vuole dare
alla Chiesa il culto tradizionale. Nonostante le molte esitazioni,
nonostante feroci opposizioni, non ha abbandonato il suo progetto che
dovrebbe essere comunicato un giorno nella forma di motu proprio.
Quando sarà? Non sappiamo nulla.
Quali sono le disposizioni che questo testo darà? Non sappiamo nulla.
Secondo quel che ci viene detto, si potrebbe sperare di trovarvi un'eguaglianza di diritto tra la antica e la nuova messa.
Ovviamente non basta. Ma è un primo passo. E probabilmente, umanamente parlando, un passo necessario.
Se questo si farà, non penso che sia necessario sperare in un movimento di massa di ritorno alla messa antica.
È una situazione in primo luogo di diritto ristabilito e che dovrebbe
consentire a coloro che lo desiderano nella Chiesa di avere accesso più
facilmente a questa messa.
Ma perché possa prevalere contro l'ostruzionismo dei vescovi, sarebbe
necessaria un'energia feroce che fino ad ora a Roma non si vede.
D'altra parte, chissà che questa energia non si ritrovi nei beneficiari -
nei fedeli, nei sacerdoti - che desiderano questa messa?
Chissà se a poco a poco, riprendendo gusto alla messa antica, i
sacerdoti cresceranno di numero, e infine - dopo chissà quanti anni!
l'antico rito riuscirà a soppiantare il nuovo e a trovare davvero il suo
posto nella Chiesa. Non credo che questo si farà in un giorno. E'
necessario diffidare dalle illusioni ".
Benedetto XVI e i tradizionalisti (Padre Grégoire Celier - O. Pichon. Libro pubblicato nel febbraio 2007, pagina 201):
"Secondo autorevoli voci corse negli ultimi mesi, Roma riterrebbe ora
che dell'unico rito romano esista una forma ordinaria (la nuova
liturgia) e una forma extraordinaria (la liturgia tradizionale),
entrambe aventi diritto di cittadinanza".
Intervento del cardinal Castrillon Hoyos, nella V Assemblea dei Vescovi dell'America Latina, 18 maggio 2007:
"Il Santo Padre pensa che sia giunto il momento di facilitare, come
aveva chiesto la prima Commissione di Cardinali nel 1986, l'accesso a
questa liturgia, facendone una forma extraordinaria dell'unico rito
romano."
Nouvelles de Chrétienté Nº 106 , luglio-agosto 2007:
Domanda: Monsignore, anche se il Motu proprio, che dovrebbe dare una
certa libertà per la Messa tridentina, si fa attendere, lei pensa che,
alla luce delle recenti dichiarazioni del cardinal Castrillon Hoyos ai
vescovi del Sud America, questa libertà corrisponderà a ciò che lei
spera come primo preliminare nel quadro delle sue discussioni con Roma?
Risposta: "Se si legge il testo del cardinal Castrillon esso afferma solo, – ma non è poco – un'eguaglianza di riti.
Uno extraordinario, e l'altro, la messa nuova, è considerata il modo ordinario.
In questa distinzione, il modo extraordinario è un po' sminuito, come messo da una parte.
Lo si tira fuori per alcune occasioni, e ci si accanisce a dire: "Non è
affatto un tornare indietro, non è mettere in questione la riforma
liturgica," si prendono tutte le precauzioni oratorie per disattivare
l'argomento secondo cui l'attuale papa sta scartando la nuova messa. "
Rapporto tra Fede e Liturgia
Si parla molto della cosiddetta "liberalizzazione della Messa da parte di Papa Benedetto XVI".
La si presenta anche come indizio di restaurazione nella Chiesa e come
primo passo per un ritorno alla fede di molti sacerdoti e laici.
Che pensarne?
Dire o celebrare la Messa Romana non significa per nulla aderire a tutta
la Dottrina Tradizionale e rigettare tutti gli errori del concilio
Vaticano II e del modernismo.
Pertanto, a partire dal Motu proprio, siamo obbligati a distinguere i
sacerdoti a seconda della loro dottrina e non più solo a seconda della
Messa che celebrano. Ora la distinzione è più sottile e difficile.
Finora bastava sapere che messa celebravano.
D'altra parte, non dobbiamo cadere nella illusione seducente che la
Messa romana, di per sé, può fornire al prete e ai laici la sana
dottrina.
A riprova di ciò abbiamo gli ortodossi, che non hanno mai cambiato la
liturgia per secoli e che, con tutto ciò, permangono al di fuori della
Chiesa, scismatici ed eretici.
Sappiamo che durante il Concilio Vaticano II tutti i vescovi celebravano
la Messa Romana, ciononostante si infiltrò in questo concilio uno
spirito e dei principi in contrasto con la Tradizione della Chiesa.
Più recentemente, gli istituti che hanno beneficiato degli indulti del
1984 e del 1988 e sono entrati nella Commissione Ecclesia Dei, dopo il
loro accordo con Roma a poco a poco hanno accettato la correttezza
canonica, dottrinale ed anche pratica della nuova messa, così come le
nuove dottrine derivanti dal Concilio Vaticano II, celebrando nello
stesso tempo, la Messa Romana.
Tutti questi fatti dimostrano che la santità della Messa non è sufficiente a conservare la fede o a recuperarla.
Quale ne è la ragione?
Del rito e delle cerimonie della Messa si può conservare ciò che
apportano alla sensibilità religiosa, alle preferenze estetiche per un
rito antico, al "desiderio spirituale" e le "giuste aspirazioni" di
un'anima assetata di cose belle e sacre.
Ma così non si tien conto né della dottrina né della religione. Tutto
ciò che conta è quello che soddisfa alcuni desideri ed aspirazioni
religiose. E' il sentimento a guidare, non la fede. Non si vede o non si
vuole vedere la relazione esistente tra liturgia e la dottrina.
Si potrebbe obiettare che una buona liturgia è necessariamente vincolata
ad una buona dottrina, secondo il proverbio Lex orandi, lex credendi,
vale a dire la legge della preghiera è la legge della fede.
La verità è che è la legge della fede che stabilisce quella della
preghiera, ma non viceversa se si tenta di deformare la fede per mezzo
di una liturgia spuria.
Pio XII lo aveva sottolineato assai bene nella sua enciclica Mediator Dei:
Il diritto inconcusso della gerarchia della Chiesa è corroborato
anche dal fatto che la sacra Liturgia è intimamente connessa ai principi
dottrinali che sono insegnati dalla Chiesa come punti di verità certa, e
dal fatto che essa deve soddisfare ai precetti della fede cattolica
decretati dal magistero supremo per garantire l'integrità della
religione rivelata da Dio.
A questo proposito, riteniamo di dover mettere nella sua giusta
luce ciò che certo non ignorate, venerati Fratelli, vale a dire l'errore
di coloro che considerano la liturgia come una sorta di esperienza
delle verità che si devono ritenere di fede, di modo che se una dottrina
avesse prodotto, per mezzo dei riti liturgici, frutti di pietà e di
santità, la Chiesa la approverebbe, e la rifiuterebbe in caso contrario.
Da qui procederebbe l'assioma Lex orandi, lex credendi, la regola della
preghiera è la regola della fede.
Ma non è questo ciò che insegna, non è questo ciò che prescrive la
Chiesa. Il culto dato da essa al Dio santissimo, come dice
espressamente sant'Agostino, è una professione continua di fede
cattolica ed un esercizio di speranza e di carità.
Nella liturgia sacra noi professiamo la fede cattolica
esplicitamente e apertamente, non solo per mezzo della celebrazione dei
misteri, della realizzazione del sacrificio, dell'amministrazione dei
sacramenti, ma anche recitando o cantando il "Simbolo" della fede, che è
come il marchio distintivo dei cristiani, così come nella lettura di
altri testi, e soprattutto le Sacre Scritture ispirate dallo Spirito
Santo. Tutta la liturgia, dunque, contiene la fede cattolica, in quanto
testimonia pubblicamente la fede della Chiesa.
Questo è il motivo per il quale, ogni volta che si trattò di
definire una verità rivelata da Dio, i Sommi Pontefici ed i concili,
esplorando le "fonti teologiche, estrassero molti argomenti da questa
sacra disciplina, come ad esempio il Nostro Predecessore di immortale
memoria Pio IX quando decretò l'Immacolata Concezione della Vergine
Maria.
E allo stesso modo la Chiesa ed i santi Padri, quando discutevano
di qualche verità dubbia o controversa, non mancavano di chiedere
spiegazioni ai riti venerabili trasmessi dall'antichità.
Da ciò deriva l'assioma noto e rispettabile: Legem credendi lex
statuat supplicandi, la norma della preghiera stabilisca la norma della
fede.
Dunque la liturgia non determina né costituisce assolutamente la
fede cattolica per sua propria autorità, ma piuttosto, essendo una
professione delle verità celeste soggette al supremo magistero della
Chiesa, può fornire argomenti e testimonianze di gran valore per
decidere un punto particolare della dottrina cristiana.
Ché se vogliamo distinguere e determinare in modo assoluto e
generale le relazioni tra fede e liturgia si può dire giustamente: Lex
credendi legem statuat supplicandi, che la norma della fede stabilisca
la norma della preghiera.
E si deve parlare allo stesso modo anche quando si tratta delle
altre virtù teologali: In… fide, spe, caritate continuato desiderio
semper oramus, preghiamo sempre, con ardore continuo, nella fede, nella
speranza e nella carità.
Vediamo, anche, da questo testo di Pio XII, che la Liturgia dipende
dalla Fede e non viceversa: si può onorare Dio con la Liturgia se
precedentemente si hanno la retta Fede, la vera Speranza e la genuina
Carità.
In altre parole, la liturgia e la Messa possono far professare ed
accrescere la fede solo di coloro che questa fede già la posseggono.
E' importante ricordare che la Messa non ha la finalità di insegnare. Ciò spetta ai corsi di catechismo ed alle prediche.
La finalità della Messa è quella di unire al sacrificio di Gesù Cristo coloro che già credono in questo mistero.
E' praticamente impossibile che adempiano ai quattro fini del Sacrificio
della Messa, specialmente all'adorazione e alla soddisfazione per i
peccati, coloro che, deformati dal Vaticano II, onorano solo il
progresso dell'Umanità e non credono più nel peccato e nelle pene dovute
a causa del peccato.
D'altra parte, sebbene la Messa faccia conoscere alcune verità di fede,
conoscere non è credere. Tutto dipende dalle disposizioni di colui che
assiste alla Messa o la celebra.
Se in una mentalità modernista e liberale introduciamo ciò che la Messa
romana insegna sulla fede e sulla dottrina, il risultato sarà simile
(con la differenza abissale che esiste) a ciò che accadrebbe se
mettessimo un buon vino in una bottiglia contenente profumo o nafta.
Ne risulterebbe una pessima mescolanza, che non è altro che il Vaticano II: la relativizzazione di ogni verità.
Mantenendo ognuno il proprio retaggio, i propri valori e la propria
sensibilità (per parlare come i modernisti, Giovanni Paolo II e
Benedetto XVI in testa), questo profumo o questa nafta relativizzeranno e
guasteranno quello di cui la Messa Romana potrebbe arricchirli.
Conclusione
La Messa non è sufficiente per soddisfare alla Fede.
Col biritualismo, il ritorno alla fede?
No, ma piuttosto, per mezzo della vera fede, il ritorno all'unica Messa romana
Se le autorità ufficiali della Chiesa non tornano all'integra
professione di fede, senza rotture con la Tradizione, la loro dialettica
con il Messale Romano non cesserà di essere una astuzia diabolica.
Per questo motivo, dopo essersi liberato dalla trappola del protocollo
ed aver trasmesso l'episcopato con le consacrazioni di giugno 1988,
parlando delle possibili relazioni future con Roma, l'arcivescovo Marcel
Lefebvre disse:
---------------------------------
«Metterei la questione sul piano dottrinale: "Sono d'accordo con
tutte le grandi Encicliche di tutti i Papi che li hanno preceduti? Sono
d'accordo con la Quanta Cura di Pio IX, Immortale Dei, Libertas di Leone
XIII, Pascendi di Pio X, Quas primas di Pio XI , Humani Generis di Pio
XII? Sono in piena comunione con questi papi e le loro affermazioni?
Accettano anche il giuramento anti-modernista? Sono a favore della
Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo? "
Se non accettano la dottrina dei loro predecessori, è inutile
parlare. Finché non abbiano accettato di riformare il Concilio
considerando la dottrina di questi Papi che li hanno preceduti, nessun
dialogo è possibile. E' inutile. Le posizioni sarebbero quindi più
chiare.
Non è una piccolezza che ci oppone.
Non basta sentirsi dire: "Potete dire la Messa antica, ma dovete accettare questo".
No, non è solo questo ciò che ci oppone, è la Dottrina. E' chiaro.»
Credevamo che fosse chiaro...
Ma dal 2000, le acque si intorbidarono...
Più in particolare, dal 7 luglio 2007, le cose sono molto oscure...
E dopo l'accettazione della revoca delle scomuniche, nel gennaio 2009, il futuro è nero.
Ora la Fraternità Sacerdotale San Pio X riconosce apertamente che,
mantenendo le relazioni dottrinali con Roma, si discosta dalle parole
del fondatore pronunciate dopo le consacrazioni di giugno 1988 (*).
Noi, insieme con Mons. Marcel Lefebvre, vogliamo seguire la Tradizione
dottrinale e liturgica: non è una piccolezza che ci oppone.
Non basta sentirsi dire: "Puoi dire la Messa antica, ma bisogna accettare questo".
No, non è solo questo che ci oppone, è la Dottrina.
NOTE:
(*) In effetti, nell'articolo Roma ed Ecône: Domande e Risposte, pubblicata sulla rivista Fideliter n. 189, maggio-giugno 2009, pagine 64-66, che ho analizzato nel settembre 2009, si legge:
Quello in cui la Fraternità si allontana dal suo fondatore è che,
laddove Monsignor Lefebvre preconizzava un discussione di tipo
dottrinale, vent'anni dopo la Fraternità ha optato per tre fasi, di cui:
la prima è sia disciplinare che liturgica (libertà per la messa),
la seconda disciplinare (decreto del 21 gennaio)
la terza insieme dottrinale e sperimentale (discussioni dottrinali.)
Non fa una piega, come sempre.
RispondiEliminaLucido, lineare, rigoroso, come la Verità che riafferma, spiega e testimonia, senza deviazioni nè commistioni fumose, nè concessioni buoniste all'errore.
E ce ne fossero altri come lui, in questo mare di ipocrisia conciliare e pseudo-tradizionale....
...e dopo sto bellissimo spiegone, venite a provare a giustificare la Messa una cum l'eretico hegeliano nonché impostore bavarese...
RispondiEliminaRiccardo
Coerentemente con i principi di Williamson si comprende perfettamente la latinizzazione dei riti orientali, pratica lungamente avvenuta fino agli inizi del secolo XX.
RispondiEliminaUn esempio.
Nell'offertorio della Messa latina (tradizionale) è uso non mettere più di tre gocce di acqua nel calice poiché, in base alla spiegazione aristotelico-tomista, la materia del sacramento deve essere vino, non un composto annacquato. Se è un composto annacquato viene meno la materia e questo pregiudicherebbe la transustanziazione.
nella Liturgia bizantina, poco prima della comunione, il celebrante versa lo Zeon, ossia un brocchino di acqua bollente che annacqua totalmente il vino. Questo perché, in base alla spiegazione e alla mentalità bizantina, a consacrazione avvenuta, non ci sarebbe alcun pregiudizio, anzi!, l'acqua bollente significherebbe il calore dello Spirito Santo.
Un altro elemento poco tollerato - se osservato con mentalità rigorosamente latina - è la processione dei santi doni: il pane e il vino ancora da consacrare sono portati in processione quasi fossero già consacrati e ad essi si tributa onore segnandosi con il segno della croce al loro passaggio. Per la mentalità bizantina non esiste contraddizione poiché quel "prima" del pane anticipa in qualche modo il "poi" del pane consacrato in Corpo di Cristo.
Questi due esempi - ma se ne possono porre altri! - un tempo erano sentiti contro la fede cattolica e quindi si tendeva a modificare il rito bizantino. Dai primi anni del '900 il successore di Pio X proibì le modifiche e le conseguenti latinizzazioni. Da allora religiosi e gesuiti andavano nei paesi ortodossi per "imparare" il rito e riprodurlo quanto più fedelmente possibile, quel rito che in se stesso ha la mentalità bizantina e ortodossa.
Dunque, ripeto!, se si volesse essere coerenti bisognerebbe ripristinare le cosiddette latinizzazioni dei riti orientali, già condannate da Benedetto XV.
Questo pero' impone un atteggiamento molto precedente al Concilio Vaticano II poiché prima del Vaticano II - epoca in cui si pensava tutto andasse "bene" nel Cattolicesimo - le latinizzazioni erano condannate.
Si è immersi nella mentalità ortodossa non solo se si assiste alla Messa in una chiesa ortodossa ma se si celebra il rito ortodosso pur essendo cattolici e in una chiesa cattolica. Allora o lo si modifica (cosa che non avviene di certo) o altrimenti si è in contraddizione con questi principi. Ma il primo ad essere in contraddizione è, allora, Benedetto XV agli inizi del '900.
Quindi neppure Benedetto XV andrebbe bene...
... riguardo al "grande danno" che le Chiese ortodosse farebbero al Cattolicesimo ci si chiede in cosa consisterebbe. E' molto rischioso fare queste affermazioni generiche e non dettagliate.
RispondiEliminaIl danno sarebbe il fatto che non confessano il Filioque e ne sono contrari? Ma il Credo sin dall'inizio è stato scritto senza Filioque e la tradizione teologica bizantina non lo supporta (a differenza di quella agostiniana latina).
Il danno sarebbe il fatto che non ammettono il primato del papa? Ma le Chiese orientali da tempo immemorabile sono indipendenti. Si pensi all'autocefalia della Chiesa di Cipro stabilita addirittura nel primo concilio ecumenico nel quale non si parla affatto del ruolo del papa.
Il danno sarebbe il fatto che hanno il clero sposato? Ma pure qui esistono testimonianze storiche antiche e una mentalità che, a differenza di quella latina, non ha mai sentito contraddittorio il fatto.
A quale altro danno potrebbe mai alludere il vescovo Williamson se non al fatto che quelle Chiese sono rimaste una testimonianza vivente di un passato rifiutato e alterato in Occidente, già da secoli?
Perfino il modo di segnarsi fino al XII secolo in Italia era identico a quello greco (tre dita unite e non mano espansa). E se c'è chi continua a farlo deve per questo essere visto come un pericolo vivente? Brutta argomentazione, brutta davvero, come se si avesse implicito timore che queste cose indichino una verità: chi ha cambiato la fede non è stato solo il Vaticano II ma tutto un cammino storico che ha portato l'Occidente a rompere con il mondo orientale.
Il vaticano II non è che l'ultimo più selvaggio passaggio di questa serie di rotture.
Che le successive evoluzioni siano una migliore esplicitazione del passato è un principio tutto da verificare. Nel caso del segno di croce, a cui ho sopra accennato, è fin troppo chiaro che segnarsi con le tre dita unite è un segno CHIARO di confessione dell'unità nella Trinità e che, viceversa, segnarsi con la mano espansa (finalmente codificato solo dal Concilio di Trento) è una regressione.
RispondiEliminaSe le Chiese ortodosse "hanno fatto tanto male" al Cattolicesimo perché si attengono a questo (pure tale particolare potrebbe essere visto con fastidio proprio perché i Cattolicesimo non lo fa più) è solo segno di mala fede.
Però il sig. Gesù Cristo ebbe l'antipatica pensata di fondare una Chiesa Sola, che è quella di Roma (onde Cristo è Romano), dalla quale i barbudos sedicenti ortodossi si sono staccati, passando grosso modo l'ultimo millennio a sputtanare il loro nemico (e diciamolo una buona volta,sì, nemico) che è il Papato Romano. Certamente i maramaldi di cui il mondo è pieno, hanno oggi gioco facile a sparare su un cattolicesimo in piena crisi; ma fanno i conti senza l'Oste onnipotente (Iddio è infatti, spiacente per tutti i nemici, Cattolico Apostolico Romano), che li lascerà come pugili suonati, e che si segnassero pure con tre, sei, nove o dodici dita..
EliminaRiccardo
L'Anonimo delle 13:44 e seguenti (se si identificasse con un nick sarebbe meglio per tutti) dice molte cose interessanti, corredate da molti dettagli anche veri, ma confusi da un equivoco di fondo. Non capisco bene dai suoi interventi se questo lettore sia ortodosso o soltanto filortodosso (anch'io sono un estimatore di quel mondo). Molti cattolici filortodossi, che ho conosciuto e frequentato in tanti anni, a forza di simpatizzare per le chiese orientali hanno finito col disprezzare la Chiesa apostolica romana. Veniamo all'equivoco. Dice infatti verso la fine: "se si celebra il rito ortodosso". Ma il rito, ovverossia la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, o quella di San Basilio, o quella di San Giacomo, non è un rito ortodosso, nel senso moderno del termine, ma cattolico, in senso assoluto, in quanto elaborato in un tempo in cui la chiesa bizantina, o antiochena, o gerosolimitana era in piena comunione con Roma. I loro riti erano cattolici e tali sono rimasti anche dopo la separazione: ecco perché Roma stessa li ritiene validi. Il lettore anonimo ammette il fatto che anche i cattolici (cosiddetti uniati) celebrano con quel rito, ma pretende che anche così, in una chiesa cattolica si sia immersi nella mentalità ortodossa. Niente di più falso! Si respira la vera fede cattolica attraverso la cultura bizantina che è rimasta in contatto con Roma. Il Crisostomo, o l'imperatore Giustiniano erano cattolici nel senso pieno, come noi romani siamo pure ortodossi nel senso originario del termine, quello usato nel Canone romano. Caso mai, bisognerebbe dire che oggi sono gli orientali separati da Roma che abusano del termine "ortodosso"; ma questo avviene impunemente perché la Roma di oggi, tutta ecumenista, non è più interessata (ahimé) a rivendicare la verità. Quanto ai dettagli rituali, per cui Roma abbia trascurato certe forme antiche (segno di croce)e abbia maldestramente imposto la latinizzazione è purtroppo vero, ma questo è dovuto all'ignoranza e alla mancanza di stima verso le culture lontane per colpe che non sono soltanto occidentali. E' stato un deplorevole errore pastorale, se si vuole, non però di ordine dottrinale e sostanziale. SEGUE.
RispondiEliminaGentile Michele,
Eliminaio amo la COERENZA.
Se, come giustamente dice, il rito bizantino è, prima di tutto, un rito cattolico proprio perché antico, allora perché per secoli è stato alterato con le cosiddette latinizzazioni? Se manifestava la verità cattolica tutta intera perché alterarlo in molte comunità unite a Roma per uniformarlo agli orientamenti teologico-tomisti? Infatti:
1) Se è antico dunque cattolico e ortodosso non si vede perché alterarlo con la latinizzazione (processo avvenuto da secoli e fermato solo con papa Benedetto XV);
2) ma se il rito comporta inevitabilmente orientamenti teologici che non si armonizzano con quelli tomisti allora E' GIUSTO modificarlo e pare totalmente ASSURDO che Benedetto XV lo abbia proibito.
Mi sembra che questa incongruenza (che comporta anche elementi dottrinali come ho accennato prima) sia evidente.
Ma se il rito è accettato integralmente (e questo da Benedetto XV) allora ne segue che ci dev'essere un certo "pluralismo" teologico al punto da permettere la venerazione del semplice pane nella processione offertoriale, quel pane che poi diverrà Corpo di Cristo.
Se così stanno le cose, in che senso Mons. Williamson dice che l'Ortodossia nel corso dei secoli ha causato un danno enorme alla Chiesa? Anzitutto in nessuno dei sensi individuati dall'Anonimo di cui sopra. Questo sicuramente: per il resto bisognerebbe chiederlo a lui, ma tento di indovinare, perché dovrebbe bastare un po' di sensus fidei communis. Il danno è anzitutto spirituale, perché sottrae ai semplici fedeli orientali, non più uniti a Roma, le grazie ordinarie sacramentali, le indulgenze, la circolazione dei meriti dei santi nel corpo mistico, l'esempio autentico dei nuovi santi, la chiarezza della verità nel magistero autentico, la forza dell'unità dottrinale e morale sotto un solo pastore di fronte allo sbriciolarsi della cristianità (anche politica, perché no?) nell'autocefalia e nel cesaropapismo, figli del mancato riconoscimento della regalità sociale di nostro Signore Gesù Cristo. Poco importa se i sacramenti sono in sé validi, se poi sono usati sacrilegamente per mancanza di comunione nella fede. Per converso anche i fedeli occidentali hanno ricevuto un enorme danno dalla separazione dell'Ortodossia, perché è venuto a mancare l'apporto di grazia e di testimonianza dell'esperienza spirituale orientale, nonché l'aiuto materiale a fronteggiare i problemi materiali, con grave pregiudizio e scandalo per l'espansione del Regno di Dio degli altri continenti. Il danno è stato reciproco nelle due parti della Chiesa, orientale e occidentale e non c'è da rallegrarsi per il fatto che la cristianità romana sia oggi allo sbando, come se quella orientale godesse di ottima salute. Siamo un solo corpo e tutte le membra soffrono. La via della verità è l'unica che può ricucire gli strappi, lasciando fuori dalla porta le puerili e sterili controversie che alcuni hanno ancora il coraggio di fare evocando la quarta crociata o altri anacronismi.
RispondiEliminaSe mi posso permettere, forse i danni che considera Williamson non sono tanto legati a questa oleografica "privazione dei tesori orientali" che tutti nominano ma nessuno sa bene che cosa siano e a cosa servano (anche perché, se è vero come è vero che la Chiesa fondata da Cristo è una sola ed è quella romana, di questi presunti tesori se ne può fare tranquillamente a meno, salvo non si voglia sostenere che la chiesa cattolica apostolica romana soffra di una certa qual deficienza nel fornire in sovrabbondanza i mezzi necessari alla salvezza), bensì alla storica feroce avversione che la cosiddetta ortodossia ha sempre provato nei confronti di roma e del papato.
EliminaRiccardo
Gentile Michele,
Eliminaancora una volta: o si è COERENTI o si deve riconoscere di non esserlo.
Se il danno enorme fatto ai fedeli è quello di privarli della grazia dei sacramenti, (lo dice lei), sottraendoli ai sacramenti cattolici (validi e leciti), io ne devo dedurre che i sacramenti ortodossi non sono validi, ossia non sono veicolo di grazia.
Se non sono validi e quindi sono privi di grazia, ne consegue che il sacerdozio non è sacerdozio. E questo è avvalorato dall'idea che quelle Chiese oltre che scismatiche siano eretiche. L'eresia, infatti, inficia la validità sacramentale (come è successo nel caso degli anglicani).
A questo punto io mi aspetterei la conseguenza definitiva: sono chiese con sacerdozio invalido e i loro sacramenti non sono validi.
Ma questo non si afferma. Perché? Lei stesso afferma che i loro sacramenti sono validi. Non nota un'incongruenza in tutto questo? Quando le cose stanno messe in questo modo è solo segno di una cosa: da qualche parte c'è una BUGIA.
La cosiddetta quarta crociata, poi, non mi pare tanto una puerile cosa, dal momento che non furono le popolazioni greche ad invadere l'Occidente ma quelle latine ad invadere l'Oriente. E' questo che ha creato - come Dvornik diceva - un vulnus che sempre qualcuno continauva ad alimentare.
L'Oriente non si espandeva in Occidente ma fu proprio il contrario, lungo i secoli. E fu questo a creare le reazioni di "odio" come qui si dice ma che in realtà non era altro se non un continuo tentativo di dire "Non invadete il mio territorio".
Sono cose lunge e infinite e continuano a manifestarsi. Lo sapete evidentemente che i NEOCATECUMENI invadono la Russia per fare adepti tra gli Ortodossi? A questo punto è meglio un catecumeno russo o un ortodosso russo?
Non so, vedete voi. In ogni caso sono queste cose, sentite come aggressioni, che incavolano non poco l'Oriente.
Io dico: se prendiamo una via coerente dobbiamo seguirla fino in fondo, non affermare una cosa e il suo contrario al contempo: la validità dei sacramenti e poi la negazione della grazia sacramentale.
Perfino i modernisti - che negano la liceità dei sacramenti dei lefebvriani ma non la validità - negano l'efficacia di quella grazia. Tirate voi le conclusioni.
correggo:
EliminaPerfino i modernisti - che negano la liceità dei sacramenti dei lefebvriani ma non la validità - NON negano l'efficacia di quella grazia. Tirate voi le conclusioni.
Scusami Pardadosi ma gli esempi che citi non sono di poco conto. Già in questo articolo, con un testo scritto dagli ortodossi Italiano, si possono notare grandi diversità in campo dottrinario:
RispondiEliminahttp://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it/2012/03/fede-cattolica-e-fede-ortodossa-grandi.html
La chiesa Cattolica Apostolica Romana rimane l'unica vera Chiesa di Gesù Cristo, le altre non sono vere, compresa quella cambiata nel Conciliabolo Vaticano II. Quindi il chiamarli "ortodossi" è assurdo, come è assurdo chiamarli chiese in quanto sono apertamente scismatici da mille anni, separati da Pietro che non riconoscono (eresia). Quindi i cosidetti "ortodossi" sono scismatici ed eretici. Purtroppo questa è la situazione....
Anzitutto sono sorpreso dall'acrimonia che pervade gli interventi dell'Anonimo interlocutore. Prima di procedere nel dialogo gli chiederei gentilmente se è quel Paradosi tirato in ballo da Gianluca Cruccas poco sopra, oppure no. Resto in attesa: grazie.
RispondiEliminaDall'esterno, noto con dispiacere che le questioni liturgiche e quanto connesso,sono fonte di disgregazione come lo sono state nei secoli.
RispondiEliminaOra il quadro non è cambiato affatto! Per questo non intendo addentrarmi in questioni che anzitutto conosco molto poco,e che non ritengo così fondamentali per analizzare criticamente le analisi di mons Williamson e di altri che credo debbano valutarsi per la loro sostanzialità piuttosto che per qualche particolare.
E' la trappola in cui sono caduti molti quando mons. Williamson rispondendo ai dubbi sull'olocausto, negò ,apparentemente, ogni morte ebraica.
In realtà pose solo dei dubbi sulle modalità "esecutive" e sul numero.
Il particolare rilevante non è quindi il numero giusto o sbagliato che sia ,bensì la teoria provata che la Shoà sia uno strumento di autoflagellazione europea per assecondare un sionismo che non ci sta nemmeno tra gli ebrei.
Spero con questo esempio, di togliere dal fuoco della dialettica i particolari secondari alla questione più fondamentale che è la strategia ratzingeriana e modernista di inglobare tutto e tutti per fare un gran boccone da infilare nella bocca anticristica o satanica che dir si voglia.
Vorrei rispondere a Michele che il mio intervento non ha assolutamente acrimonia ma butta sul tappeto problemi REALI.
RispondiEliminaDal momento che nella fede ci sono delle logicità esigo da me stesso capire delle cose. E' ovvio che non ci possono essere dei buchi, delle contraddizioni altrimenti questo è il segnale di qualcosa che "non torna" e se non torna da qualche parte qualcuno mente (anche se in buonissima fede).
I punti fondamentali sono i seguenti:
1) La grazia E' ASSENTE laddove si professa un'eresia.
2) Viceversa se esiste solo uno scisma si lede la carità della Chiesa ma la grazia è ancora presente.
Laddove la grazia è assente i cosiddetti "sacramenti" non significano più nulla (dal momento che la fede che dovrebbe realizzarli è stata alterata).
Se vi è una specie di "ordinazione sacerdotale", questa ordinazione è INVALIDA.
Ed ecco spiegato il motivo della riordinazione dei ministri anglicani.
Non può esistere ERESIA PROFESSATA e al contempo VALIDITA' DEI SACRAMENTI. Sono cose contraddittorie. Ne consegue che con l'eresia c'è solo LA PRIVAZIONE DELLA GRAZIA.
Questo è il caso sempre più dei riti post-vaticano secondo. Sempre più le chiese cattoliche moderniste sono prive di grazia poiché non professano più la retta fede e, contemporaneamente, hanno sacramenti INVALIDI.
Fissato questo punto uno si chiede:
*) perché il mondo cristiano orientale non unito a Roma, dal momento che è deto eretico oltre che scismatico, abbia ... SACRAMENTI VALIDI e SACERDOZIO VALIDO!
Io accetto due proposizioni:
1) Il mondo orientale è scismatico da Roma ma non eretico e quindi ha sacramenti validi e sacerdozio altrettanto valido;
2) Il mondo orientale è scismatico ed eretico rispetto alla fede cattolica e allora ha sacramenti INVALIDI e sacerdozio altrettanto INVALIDO.
TERTIUM NON DATUR.
Le conseguenze sono pesanti:
RispondiElimina1) se è vera la prima proposizione, allora la Chiesa orientale non unita a Roma ha la grazia santificante e i suoi santi sono veri santi. A quel punto un santo come Fozio il Grande dovrebbe essere preso in considerazione anche se fa delle professioni che collidono con la fede cattolica.
2) se è vera la seconda proposizione allora quella è solo un'apparenza di Chiesa e i suoi santi sono solo un'apparenza di santi. Ne consegue che le loro affermazioni contrarie alla fede cattolica non sono per nulla da prendere in considerazione.
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Invece cosa succede se scegliamo una terza via? Ci poniamo in una situazione intermedia (chiesa dalla fede eretica ma sacramenti validi e quindi grazia presente) che ha il sapore di un "semi-arianesimo".
Il fatto che Roma abbia da sempre (ben prima del COncilio Vaticano II) stabilito questa posizione intermedia pone sinceramente un bel problema.
E non si può pensare di risolverlo pensando che la Grazia c'è ma non è operante (altra soluzione intermedia) perché se c'è e non è operante è come se non ci fosse e quindi non opera i sacramenti!
O c'è ed è attiva o non c'è e quindi è assente.
Pensateci su. Qui sotto si nasconde un brutto nodo e forse un imbroglio. E siamo BEN PRIMA del Vaticano II!!!
Piccolo appunto aneddottico.
RispondiEliminaUn sacerdote ortodosso 5 anni fa è divenuto cattolico ed è stato accolto in una diocesi inglese.
Quel sacerdote è stato immediatamente scomunicato e RIDOTTO ALLO STATO LAICALE dal suo patriarca (il famoso ecumenicissimo Bartolomeo).
Ora, a parte il fatto che la riduzione allo stato laicale non può togliere l'ordinazione che, una volta conferita, imprime un carattere permanente, ma il fatto di avere fatto questo ha un forte significato simbolico.
E' un messaggio diretto al vescovo cattolico che lo accoglieva come se dicesse: "Voi non dovete fare affidamento sul sacerdozio di questo prete; piuttosto riordinatelo come se fosse perfettamente laico".
Da quel che mi consta NON E' STATO RIORDINATO quindi la diocesi inglese che ha questo prete ha un sacerdote che esercita il suo sacerdozio cattolico CON UNA ORDINAZIONE ORTODOSSA. Quindi la considerano valida.
Sempre sullo stesso crinale - e quindi con perfetta coerenza al primo principio da me enunciato - Paolo VI ha introdotto nel calendario bizantino cattolico san Gregorio Palamas, santo bizantino del XIV secolo (NON DEL XII come si scrive nella pagina segnalata da Cruccas).
La Chiesa cattolica attuale batte la prima proposizione (che ha pesanti conseguenze come ho osservato). A me pare logica la seconda, se ci si appoggia a principi cattolici.
Ma qui, in questo sito, si segnala una terza che, a mio avviso, è totalmente INCOMPATIBILE.
Prima di tutto la scomunica data dagli "non ortodossi" è totalmente invalida in quanto la scomunica la può dare solo un Sommo Pontefice, quindi il Sacerdote "non ortodosso" rimaneva sacerdote valido.
EliminaPalo VI, pontefice modernista ed infausto, introdusse questo "non Santo" per una questione ecumenica non certo per ristabilire la Verità delle cose, quel cosidetto Santo difatti professava la fede non fede della Chiesa "non ortodossa" del dopo mille, quindi era eretico e scismatico, in definitiva non gli andrebbe dato alcun culto.
Per quanto riguarda la cosidetta terza via, io la penso in questo modo:
Per avere un sacramento valido ci vogliono 3 condizioni:
1) La fede del Sacerdote in quello che crede la Vera Chiesa cattolica.
2) la forma del sacramento.
3) Sacerdote validamente ordinato.
Per quanto riguarda gli "nonortodossi" decadono i primi due punti, quindi i sacramenti sono invalidi, nonostante che i sacerdoti siano veri sacerdoti, ma purtroppo sono eretici e scimatici, chiaramente bisognerebbe conoscere il testo dell'ordinazione sacerdotale dei "non ortodossi" per comprendere se le tre condizioni, che come abbiamo visto mancano per i sacramenti,siano ivi contenute, comunque rimane il fatto certo che siano eretici, perchè in tantissime definizioni dogmatiche differiscono dalla Chiesa Cattolica, in questo link se ne ha una carrellata :
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_ortodossa
Codice di Diritto Canonico (1917) al canone 188, art. n. 4:
“Qualsiasi ufficio sarà vacante ipso facto [per il fatto stesso] per tacita rinuncia e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione, ... §4 per pubblica defezione dalla Fede Cattolica;... (Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: … 4. A fide catholica publice defecerit;...)”
S. Roberto Bellarmino nel De Romano Pontifice (Cap. XXX):
“La quinta opinione (riguardo all’ipotesi del papa eretico) pertanto è vera; un papa che sia eretico manifesto, per quel fatto (per se) cessa di essere papa e capo (della Chiesa), poichè a causa di quel fatto cessa di essere un cristiano e un membro del corpo della Chiesa. Questo è il giudizio di tutti gli antichi Padri, che insegnano che gli eretici manifesti perdono immediatamente ogni giurisdizione.”
Ebbenne in queste due ultime citazioni i cosidetti"nonortodossi" ci stanno per intiero, come anche ci stanno tutti coloro che aderiscono alle innovazioni eretiche conciliari.
Comunque il fenomeno "ortodosso" andrebbe visto in maniera più completa con dei documenti ufficiali della Chiesa pre Conciliare, per avere la certezza di queste affermazioni....
Approfitto della vostra pazienza ma ne vale la pena.
RispondiEliminaI Russi ortodossi hanno inventato pure loro una "via media" molto simile a questa che io sto criticando (fede eretica e sacramenti validi).
Per loro i cattolici sono eretici ma i loro sacramenti sono come in una sorta di "ibernazione" e si riattivano quando si professa la fede ortodossa. Così, ad esempio, loro non praticano il ribattesimo (come nella Chiesa greca) ma semplicemente la crismazione perché nel momento in cui un cattolico diviene ortodosso, e fa la professione di fede, il sacramento ricevuto si "riattiva".
Anche questa mi sembra una soluzione molto artificiosa quindi irreale.
Se la Chiesa cattolica ha la vera fede ha i veri sacramenti e non serve riattivare nulla (a questo punto neppure divenire ortodossi).
Se ipoteticamente la Chiesa cattolica avesse una fede alterata (ed è il caso dei vaticansecondisti) allora i suoi sacramenti sono molto dubbi e addirittura invalidi. A quel punto non serve riattivare nulla perché quello che si ha ricevuto è un NULLA DI FATTO.
Poi mi chiedo come un sacramento dell'Ordine sacro possa trasmettersi se è "ibernato". Forse uscendo momentaneamente dallo stato di ibernazione per poi ritornarci? Sono cose ridicole.
La soluzione intermedia (simile a quella qui enunciata vedendo l'Ortodossia dal punto di vista cattolico) non è sostenibile neppure vista "dal punto di vista ortodosso".
Se fino a ieri la Chiesa cattolica lo diceva e lo scriveva (= "ortodossi" eretici ma con sacramenti validi) allora poneva grossissimi problemi.
Le uniche soluzioni possibili sono la 1) (solo scismatici e dunque con sacramenti validi) e la 2) (eretici e scismatici e dunque con sacramenti invalidi).
Però è pur vero che (ancora oggi!) sacerdoti cattolici venivano/vengono reclutati in Loggia (quindi ipso facto apostati e scomunicati) per consacrare le Sacre Specie affinché con esse si compiano gli abominevoli riti sacrileghi dei vari gradi ( soprattutto il trentesimo del RSAA). Questi sacerdoti dimostrano che, essendo così " utili preziosi e ricercati", pur essendo addirittura oltre l'eresia (in quanto apostati), celebrano sacramenti valido (e ben lo sanno appunto i frammassoni ispirati da satana, per la serie se anche io nutro dei dubbi sull'efficacia della mia arma il nemico invece ne è ben convinto...)
RispondiEliminaRiccardo
Il vincolo indispensabile per realizzare il sacramento (la dottrina lo impone!) è almeno avere l'intenzione di fare quello che fa la Chiesa.
EliminaUn prete non ha fede ma ha intenzione di fare quello che fa la Chiesa; risultato: consacra!
Se un prete - ed è il caso di un non cattolico - non fa quello che desidera la Chiesa perché ha un concetto differente della fede (immaginiamo un anglicano) potrebbe mai consacrare????
Un prete che aderisce "ex toto corde suo" ad un'eresia, potrebbe mai consacrare??? Lutero, sacerdote consacrato lecitamente e validamente, smise di dire Messa il giorno in cui intimamente non ci credette più e non aderì a quanto la Chiesa continuava a fare.
C'è poco spazio per altre argomentazioni in tutto questo, anzi, nessuno!
Il sacramento può essere realmente valido se chi lo effettua ci crede e pensa che lo sia. Ma se la fede non è più quella non succede niente!
L'esempio posto, quindi, non calza affatto e non scardina assolutamene quanto ho posto (e sono le basi essenziali della dogmatica e della sacramentaria. Se non ci vanno bene neppure queste che vogliamo???).
Se ammettiamo che un sacerdote cattolico pur non credendovi può fare ipso facto il sacramento, dobbiamo smettere IMMEDIATAMENTE di rivendicare la Messa gregoriana (di san Pio V) e adeguarci al messale paolosestino che almeno non nega decisamente la fede ma pone chi lo utilizza in una "zona d'ombra".
Mi spiace per Riccardo ma quest'argomentazione (per sostenere l'idea che un sacerdote ortodosso con fede eretica consacri validamente) non può reggersi e non può avvalorare nulla.
Ripeto, due e solo due sono le possibilità:
1) o si ammette che l'Oriente è solo scismatico e dunque ha veri sacramenti.
2) o si ammette che l'Oriente è scismatico ed eretico e non ha veri sacramenti.
Una scelta ibrida è come volere la botte piena e la moglie ubriaca (oltre a sembrare un grossolano insulto alla logica umana).
Mi risulta, tanto per attizzare il "sacro" fuoco dell'indagine e della razionalità, che a Bolsena, il miracolo del sangue scaturito dall'Ostia (in consacrazione)si sia verificato per un sacerdote che celebrava ma dubitava (o forse non credeva più)....
RispondiEliminaE dunque???? Dunque consacrava validamente anche se dubitoso o miscredente!
Oppure, il Signore ha voluto fare uno "scherzetto" da monito per tutti (anzi, per molti...)anche con celebrazione invalida !!!
Vattelapesca!
Sono analisi belle ma lasciano il tempo che trovano poichè delle cose del Cielo, solo il Cielo sa bene.
Noi umani possiamo solo fare logiche e razionali congetture, ma sempre con la logica umana.
E' il discorso che imposto sempre riguardo al sedevacantismo/lefebvrismo.
Si cerca di capire quel che succede e si estrae una deduzione umana. Si può aderire o non aderire, ma nulla è dogmatico e nessuno può accusare l'altro di essere "fuori" dalla chiesa.
Tantomeno noi fedeli possiamo riuscire a definire qualcosa di dogmaticamente stabile nel campo della teologia sulle varie fedi cristiane.
Salvo seguire quanto definito nei secoli dalla Chiesa Cattolica, obbedendo per rispetto, ma solo per rispetto...
Sentite, una volta che ammettiamo - ad un principio acquisito - delle eccezioni, abbiamo aperto la porta per ogni sorta di errore.
RispondiEliminaIl fatto che eresia=non grazia (con la consequente invalidità sacramentale) NON PUO' AMMETTERE ECCEZIONI.
I casi ricordati da Mardunolbo e da Riccardo lasciano aperta la porta all'intenzione di fare quello che fa la Chiesa. Se il sacerdote dubbioso non ha chiuso quella porta, la grazia passa.
La grazia passa anche nel caso di chi, conservando tutte le verità vive in stato di puro stato di scisma. E' per questo che - dal suo punto di vista e a ragione! - il Vaticano considera la realtà "lefebvriana" come una realtà nella quale i sacramenti sono validi.
Cosa sappiamo bene di Bolsena? Sappiamo che c'era un sacerdote dubbioso o forse non credente ma che per fare cio' che poi ha realizzato non poteva non avere UNA INTENZIONE RETTA. Altrimenti non sarebbe accaduto NULLA.
Se iniziamo a mescolare le cose (e questo è quanto avviene nel modernismo) facciamo degli "ircocervi teologici" delle realtà metà caprone metà cervo.
Ed ecco come il cosiddetto "Modernismo" ritrova le sue radici in pieno campo tradizionalista.
Io in fatti sono FERMAMENTE CONVINTO che certi presupposti ci sono tutti e lo vediamo pure qui quando io ricordo i principi solidi e subito qualcuno me li mette in dubbio tirando fuori miracoli o quant'altro.
ERESIA = NON GRAZIA = NON SACRAMENTO
Ma se iniziamo a trovare scappatoie per rompere questo principio allora - PER FAVORE - smettiamo di ergerci contro la messa di Paolo VI!!!
La questione "orientale" pare essere un semplice dettaglio ma è come una radice che, tirata, porta dietro tutto un modo di pensare e di affrontare le cose che entrano perfettamente in pieno campo tradizionalista.
O si è coerenti in tutto o non lo si è in nulla.
E' essenzialmente la presenza della GRAZIA che stabilisce non solo la misericordia di Dio ma, pure, la sua presenza e, direi, il suo SIGILLO.
RispondiEliminaLa Scrittura è chiara: Elia sfida i 450 sacerdoti di Baal ma Dio è con lui non con gli altri. Egli appone il suo sigillo e il suo aiuto divino su Elia. (1 Re 18,22 ss.).
La Chiesa che ha questo sigillo di grazia e di verità è madre di santi. I santi a loro volta sono i contenitori della grazia e le trombe della verità, sigilli viventi, santificati dai sacramenti.
Nonsi può frantumare questo principio UNITARIO e INDIVISIBILE.
Per questo, ammettere una vera gerarchia e dei veri sacramenti comporta INEVITABILMENTE ammettere che in una Chiesa si è conservata la verità, quela stessa verità che i santi testimoniano, poiché il santo altro non è se non l'incarnazione della verità.
Se io ammetto che l'Oriente ha veri sacramenti o prima o poi dovro' inevitabilmente ammettere che non ha eresia (e questo è logicissimo!).
Se ammetto che non ha eresia dovro' inevitabilmente iniziare ad ascoltarne la voce.
Se inizio ad ascoltarne la voce dovro' o prima o poi ammettere che, allora, l'Occidente ha intorbidito la fede.
Se inizio ad ammettere questo, inzierò a scostarmi dall'Occidente e un bel giorno - come è accaduto con diversi - mi scoprirò ortodosso. (Un nome famoso in questo senso è Placide Deseille il quale negli anni '70 fu ricevuto nell'Ortodossia assieme al monastero di cui era abate).
Quindi o si ammette che i sacramenti non sono tali, o si giungerà a fare quanto ho illustrato (che avviene continuamente: diversi fratelli della comunità di Gerusalemme sono divenuti ortodossi).
Dire che c'è eresia ma c'è grazia sacramentale operante (ed è questo che mantiene intatta la successione apostolica) è un TOTALE CONTROSENSO.
Per questo se voi trovate in certi manuali dogmatici (prima del Concilio) l'affermazione "eretici ma con validi sacramenti", qui sotto da qualche parte c'è una bugia...
RispondiElimina"Sono analisi belle ma lasciano il tempo che trovano poichè delle cose del Cielo, solo il Cielo sa bene."
RispondiEliminaNon sono PER NULLA D'ACCORDO. Quando vogliamo ingoiamo un cammello, ma quando non vogliamo stiamo lì a filtrare pure un moscerino. Non sono d'accordo!!!
"Si può aderire o non aderire, ma nulla è dogmatico e nessuno può accusare l'altro di essere "fuori" dalla chiesa."
RispondiEliminaOttimo: fu su questo che si stabilì che la vera Chiesa "sussiste" nella Chiesa cattolica. E fu su questo stesso principio che si stabilirono i "cristiani anonimi"...
"Tantomeno noi fedeli possiamo riuscire a definire qualcosa di dogmaticamente stabile nel campo della teologia sulle varie fedi cristiane.
RispondiEliminaSalvo seguire quanto definito nei secoli dalla Chiesa Cattolica, obbedendo per rispetto, ma solo per rispetto..."
La prima frase va dritta dritta nell'agnosticismo.
La seconda frase stabilisce un criterio PURAMENTE PASSIVO, come se noi fossimo dei semplici contenitori di cose, non persone in grado di elaborarle con l'aiuto della grazia di Dio. Se il fedele è chiamato a "sentire cum ecclesia" è anche vero che lui stesso, formato nella tradizione, diviene riferimento. Era per questo che, anticamente, nei concili ecumenici non prendevano solo parte vescovi e metropoliti ma semplici monaci neppure sacerdoti.
Quando il clero tace è il fedele che è chiamato a parlare. Se non ammettiamo questo si chiuda immediatamente questo blog!
Aspetto ancora di conoscere l'identità del mio interlocutore, almeno col nickname: con tutti questi Anonimi non si capisce più niente. Se poi uno insiste nell'essere sfuggente non può che far pensare male. Giochiamo allo sfascio? Ora faccio l'Anonimo, ora non lo faccio? Ora faccio il cattolico, ora faccio l'ortodosso? Cui prodest?
RispondiEliminaMi pare anche un po' strano il discorso che provo a riassumere in poche parole: da cattolico, se riconosco che gli ortodossi hanno validi sacramenti, allora devo farmi ortodosso come quei tipi degli anni 70. Ma allora non potrebbe/dovrebbe valere anche il discorso inverso? E poi dove andrebbe a parare questa storia dei santi? I santi ortodossi sarebbero più santi di quelli cattolici? oppure ancor più direttamente i cattolici non possono avere santi?
RispondiEliminaRiccardo
Il discorso posto è logico e qui stiamo ragionando. Non ha senso chi lo dice ma cosa si dice. Se si ammette che in una chiesa i sacramenti sono REALI non si può non ammettere che SANTIFICHINO perché il fine dei sacramenti consiste esattamente in questo.
EliminaSe si ammette che santifichino - pure in un contesto che noi definiremo eretico - allora la verità propugnata da un santo ortodosso potrebbe benissimo essere contraria alla verità propugnata da un santo cattolico.
Due verità non possono esistere contemporaneamente ma ce ne deve essere UNA SOLA.
se ce n'è una sola uno dei due non è santo, uno dei due non si santifica, uno dei due non assume veri sacramenti, uno dei due non vive in una vera Chiesa.
Ora, dal momento che la Chiesa cattolica si definisce come l'unica vera Chiesa, ne segue che altrove non può sussistere una verità che la contraddica, dei santi che la contraddicano, dei sacramenti che si celebrino credendo ad una verità che la contraddica.
Ancora una volta: sacramenti validi ed eresia non possono stare assieme.
Se si ammette qualcosa del genere c'è sotto qualcosa che non va.
I miei sospetti stanno prendendo corpo... nell'attesa di potere replicare agli sproloqui dell'Anonimo tutto coerenza, facciamoci tutti ortodossi... perché è qui che si voleva arrivare, vero? Mica come al Russicum... Viva la coerenza! Salvo qualche concelebrazione cattolica quando si ritorna al paesello natio a fare il gioco delle tre carte...
RispondiEliminaMa tu ragioni o no?????
EliminaInfatti io me ne resto ben contento con Francesco di Sales e Vianney, Gaspare del Bufalo e Gioacchino da Canicattì,Luigi IX e Bellarmino e tanti altri, senza scomodare i santi o presunti tali altrui...
EliminaRiccardo
Dunque non sarebbe più semplice dire: "Io non posso rispondere a tutto questo", invece di fare insinuazioni gratuite?
EliminaA scanso di equivoci: non voglio provocare nessuno ma sto ragionando.
RispondiEliminaIl problema è per me reale e per essere ancora più chiaro faccio un esempio ulteriore: le chiese nestoriane.
Il nestorianesimo è un'eresia: consiste nel proclamare in Cristo due distinte persone, l'uomo e il Dio.
Questo modo insufficiente ed eretico di illustrare il mistero dell'Uomo-Dio fu condannato assieme al suo propugnatore, Nestorio (381-451).
Una volta condannato, Nestorio continuò la sua propaganda fuori dai confini dell'Impero bizantino-romano. Fondo' in tal maniera tutta una serie di chiese dette "nestoriane". Anche nei riguardi di queste chiese si potrebbe dire che hanno la successione apostolica valida e i sacramenti validi ma... propugnano un'eresia!
E' possibile dunque dirlo? O forse la spiegazione eretica di Nestorio può convivere con quella ortodossa al punto da poter santificare pure un "santo nestoriano"??
(Ora spero che qualche persona con ragionamenti troppo limitati non mi dica che io invito tutti a divenire nestoriani!!!)
Se cristiani bizantini, copti, nestoriani, armeni possono avere una gerarchia vera, ordinazioni e sacramenti veri, vuol dire che tra loro la grazia agisce.
RispondiEliminaSe agisce significa che quanto li separa tra loro e con il Cattolicesimo non è "essenziale". In caso contrario NON POTREBBE AGIRE e la prima cosa che verrebbe meno sarebbe proprio la successione apostolica.
Ma l'idea che quanto predicano queste chiese distinguendole tra loro e con il Cattolicesimo sia semplicemente "accessorio" stride ad un cattolico tradizionalista.
E' in fondo l'idea che aveva Paolo VI quando considerava tutti gli apporti dogmatici del secondo millennio nel Cattolicesimo come semplici "theologoumena".
Ma quello che diceva Paolo VI discende LOGICISSIMAMENTE dall'idea che in tutte quelle Chiese orientali ci siano veri sacramenti. Come dargliene torto??
Sono fuso e rimango ingarbugliato dai ragionamenti. So solo, senza, arrivare all'agnosticismo, ma con sicurezza, che mi sento cattolico apostolico romano non modernista.
RispondiEliminaIl resto mi interessa se apporta conoscenza e storia; se mi apporta dubbi irrisolvibili dalla mia umana mente limitata, non mi interessa se non per accettazione come dogma di fede, quando sia stato formulato.
Che gli ortodossi siano con la Grazia e quindi esercitino sacramenti validi, non è problema che mi pongo poichè non li frequento.
Quando dovessi frequentarli mi porrò il problema.
Ora come ora il problema sono i miei fratelli cattolici modernisti, neocatecumenali, medjugorjani, carismatici e gli altri.
Per anglicani, luterani & c,ortodossi, scismatici o non, prego il Signore; Lui sa, vede e provvede.
La tua è una risposta onesta e matura, Mardunolbo.
EliminaMa il mio ragionare non è su dettagli secondari o sul "sesso degli angeli", come si diceva un tempo quando si voleva "nigricare" le argomentazioni di un altro.
Attraverso questi ragionamenti, si capisce la "radice" di un certo relativismo modernista. Sembrano cose lontane, ma solo a chi non fa le connessioni.
Se oggi un vescovo modernista presta il suo battistero a ortodossi e protestanti, se Paolo VI suggeriva di considerare i dogmi cattolici del secondo millennio come "theologoumena", se in caso di necessità ad un cattolico odierno si consiglia di potersi confessare pure da un ortodosso, questo NON E' A CASO e riguarda TUTTI.
Estremizzando questo, si giunge a considerare le differenze cose "marginali" e "di poco conto". Non siamo in pieno pensiero modernistico???
Ebbene la radice è in tutte quelle cose che io ho detto.
Sono letteralmente stupito che lo sguardo tradizionalista - che dovrebbe essere acuto - si limiti a cose contingenti e immediate (nel caso migliore) o si senta letteralmente infastidito per questo tipo di analisi.
Capisco che non è facile avere una risposta (infatti neppure io ce l'ho e pongo il problema), ma tra dire "non so" e dire "sono cose inutili" ce ne corre...
Sono tanto inutili, queste cose, che sembrano realmente una delle radici del modernismo teologico odierno!
Va benissimo disquisire sulla problema cosidetto "ortodosso" ma i fatti sono semplici:
RispondiEliminaI cosidetti "ortodossi" sono eretici e scismatici da mille anni, quindi fuori dalla Chiesa e non vanno seguiti, pena la salvezza eterna, difatti la Madonna a Fatima fece delle richiesta, mai ascoltate, ben precise per la loro conversione per il reintegro nella vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana: “Nessuno sta in questa sola Chiesa di Cristo, nessuno ci persevera se non riconosca ed accetti l’autorità e la potestà di Pietro e dei suoi legittimi successori” (Pio XI, Mortalium Animos)]...
I protestanti sono eretici e fautori di un falso Gesù Cristo inventato dal diabolico Lutero e la sua combriccola, di conseguenza non vanno assolutamente seguiti, pena la salvezza eterna...
Tutte le Religioni, fuori del Cristianesimo cattolico sono false e la maggior parte di stampo diabolico, non vanno assolutamente seguite, pena la salvezza eterna...
La cosidetta nuova Chiesa conciliare è fautrice, grazie a gente corrotta, di dottrine eterodosse che hanno cambiato il vero volto della vera Chiesa di Gesù Cristo, di conseguenza vanno rigettate tutte queste nefaste novità conciliari, compresi la quasi totalità degli insegnamenti Papali conciliari e post conciliari, seguire questo nuovo corso conciliare fà perdere la retta fede quindi non vanno seguite, pena la salvezza eterna...
Qui non si tratta di scegliere ciò che più mi aggrada o stimola il mio sentimentalismo, qui si tratta di seguire ciò che è giusto e retto davanti a Dio, quindi il ritorno all'insegnamento della vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana fondata da nostro Signore Gesù Cristo, vivente e regnante nella Sua totalità sino al 1958(Pio XII).
Quindi in definitiva l'esempio di Monsignor Williamson calza a pennello...
Pio XI: “Inoltre, per ciò che spetta alle verità da credere, non è lecito affatto introdurre quella distinzione che dicono tra punti fondamentali e non fondamentali; gli uni da credersi assolutamente, gli altri liberi e che si possono permettere all’assenso dei fedeli. La virtù soprannaturale della fede ha per causa formale l’autorità del rivelatore, Iddio; e questa causa non ammette distinzioni di quella sorta. Tutti i veri cristiani, quindi con la stessa fede con cui credono il dogma della SS. Trinità, credono il dogma dell’Immacolata Concezione; e come all’Incarnazione del Signore, così pure all’infallibile magistero del Romano Pontefice, in quel senso, s’intende, in cui è stato definito dal Concilio Ecumenico Vaticano. Per il fatto che queste verità sono state dalla Chiesa sancite e definite solennemente in età diverse, ed alcune in epoca recente, non possono perciò stesso dirsi men certe e meno da credersi: non le ha tutte rivelate Iddio?” (Mortalium animos).
Gianluca grazie ma questo lo so e cmq non risponde alla mia domanda. E', come si dice, fuori tema. Anche i documenti citati non rispondono affatto.
RispondiEliminaIo non ho chiesto se si puo' seguire gli ortodossi, i nestoriani o chissà che altro.
Io ho fatto un'altra domanda: "Come si giustifica la contemporanea affermazione che una chiesa è eretica ma ha veri sacramenti?".
A questa domanda non mi è stata data nessuna vera risposta per cui ne deduco che non lo sapete neppure voi. Ne prendo atto e lo chiedero' ad altri. Tutto qui!
Amici come prima.
Caro Anonimo interlocutore, ho tardato assai a risponderti (diamoci del tu), non perché non voglia o non sappia ragionare, ma perché - lasciandoti parlare lungamente coperto dall'anonimato - si palesasse meglio il tuo pensiero, la tua reale appartenenza e l'obiettivo reale a cui tendevi. Dopo l'ultima risposta a Mardunolbo che evidenzia l'arrivo in un vicolo cieco, dove sono più i problemi che le soluzioni, pena la caduta nel relativismo modernista tanto aborrito da cui era iniziata la fuga, ora credo di avere inquadrato la situazione. Premetto che valuto questa discussione tra le più importanti e profonde, anche se personalmente la tentazione filortodossa non mi tocca. Anche chi sente lontano dai suoi interessi le questioni delle chiese orientali, dovrebbe però fare uno sforzo di comprensione, perché qui entrano in gioco e vengono al pettine molti dei problemi del Vaticano II, ma, attenzione: o si trova la soluzione per questi problemi, o altrimenti è un macello, non l'unità e la pace. Data l'ora tarda, credo più salutare dormirci sopra e rimandare a domani, senza fretta, la mia opinione.
RispondiEliminaHo letto tutti i commenti, con un certo sforzo, perchè manco dal blog da vari giorni, cosa di cui mi scuso con tutti....
RispondiEliminaQuello che l'anonimo (o Paradosi che sia....secondo me è Paradosi, perchè il modo di scrivere è quello, e in un blog non è affatto secondario stabilire con chi si parla, visto l'uso selvaggio che in Internet si fa dell'anonimato, ma questo è un discorso a parte) - dicevo: quello che l'amico propone è un serissimo problema, che non può essere ignorato o aggirato.
La Dottrina Cattolica integrale insegna che chi è eretico, oltre che scismatico, come nel caso dei cosiddetti "ortodossi", NON può celebrare Sacramenti validi, e per il Codice di Diritto Canonico di Benedetto XV, l'eretico decade dalla sua carica ecclesiastica, tranne che dal Sacerdozio, che dura in eterno. Resta però il fatto che un semplice prete non può ordinare sacerdote nessuno, perciò a rigore di logica la loro successione apostolica è aria fritta. Ne consegue che quegli "ortodossi" che secoli fa si staccarono da Roma, cominciando a professare dottrine diverse da quella cattolica romana, quando ordinavano dei preti (ortodossi) non stavano ordinando proprio nessuno, quindi il loro sacrdozio è ugualmente invalido.
Perchè non è affatto vero che la fede ortodossa sia praticamente uguale a quella cattolica, tranne poche cose, e di poco conto, perchè in materia di dottrina NON ESISTONO cose "di poco conto", esiste la verità e l'eresia. Piuttosto, bisognerebbe conoscere bene LA STORIA di questo scisma, che non è stato politico (questa non ce la beviamo) ma essenzialmente dottrinale. E conoscendo la storia si potrebbe comprendere COME MAI la Chiesa Romana arrivò all'assurda conclusione che degli eretici possano avere sacramenti validi e successione apostolica.
Finchè non si analizza bene l'accaduto storico NON SI PUò DARE UNA RISPOSTA ESAURIENTE al problema posto dall'amico qui sopra. Anzi, visto che questo nostro interlocutore ha affermato che questo riconoscimento "risale a molto prima del Vaticasno II", se ha la bontà di specificare come e quando la Chiesa della Tradizione avrebbe concesso credito dottrinale e sacramentale agli ortodossi, gliene siamo tutti grati, per poter comiciare a dipanare assieme il problema.
Gentile Annarita,
Eliminavedo che hai compreso la questione. Anche se avessi voglie di sventolare bandiere a favore di qualche direzione, come qualcuno ha affermato, lo reputerei di cattivo gusto. Non fa parte del mio stile.
La questione è piuttosto un'altra: come sia possibile che una Chiesa che confessa la pienezza della verità - parlo del Cattolicesimo - possa concedere ad un'altra chiesa carente di verità, quand'anche detta eretica, la pienezza del sacerdozio e la validità sacramentale.
E' una domanda legittima perché è esattamente partendo da qui che poi, col Vaticano II, sono state prese certe "politiche ecclesiastiche".
Da quel che so, ben prima del Vaticano II se un prete anglicano diveniva cattolico lo riordinavano. Ma se un prete orientale diveniva cattolico non penso affatto che lo riordinassero. E' da questo particolare che si comprende il riconoscimento della pienezza del sacerdozio e quindi il valore dei sacramenti e della grazia.
PREMESSA
RispondiEliminaDal momento che nessuno risponde all'appello col nome di Paradosi, deduco che il mio Anonimo interlocutore è proprio Paradosi, di cui ho più volte apprezzato gli interventi. Se ho tardato a rispondere, è perché temevo si trattasse di altri, di un ex cattolico divenuto prete ortodosso: ce ne sono diversi in Italia e tutti col dente avvelenato; perciò ho punzecchiato un pochino, per vedere cosa ne poteva scaturire. Premesso pure che sia io che Paradosi siamo dilettanti appassionati di teologia, ma non accademici, chiederei di dare alle nostre conversazioni il tenore non ultimativo di opinioni e non di sentenze apodittiche. Un limite forse di questo blog è l'assenza di un vero professionista di teologia e di storia della Chiesa.
COMMENTO
La domanda posta da Paradosi su come si concilii l'eresia degli ortodossi con la grazia dei loro sacramenti è legittima e interessante, perché da come si risponde deriva una serie di conseguenze impressionanti in campo ecumenico. Paradosi sintetizza così: ERESIA= NON GRAZIA= NON SACRAMENTI, oppure: RETTA FEDE= GRAZIA= SACRAMENTI VALIDI.
La soluzione è semplice e complessa al tempo stesso... CONTINUA
Purtroppo io non sono un puro dilettante nel campo teologico. Il fatto di non avere avuto una risposta esauriente al punto da aprirla qui dice tutto (non tanto di me quanto di alcune cose ricevute).
EliminaApprezzo il consiglio di non dare risposte da professionista di storia e di teologia ma, noto, che alcune tue valutazioni (vedi sotto) cadono in quello che tu consigli di evitare (e infatti te l'ho osservato motivandolo).
(Riprendo il commento perché il server si era bloccato)
RispondiEliminaIl postulato scelto da Paradosi a fondamento di tutto il discorso è, falso: forse è tipico degli ortodossi, ma non è cattolico. Di conseguenza tutte le conclusioni sulla Grazia e la validità dei sacramenti non sussistono, per fortuna. Succede qui qualcosa di simile all'eresia dei Donatisti all'epoca di Agostino: essi credevano che i sacramenti dati da sacerdoti indegni moralmente (o dottrinalmente) fossero invalidi. Il santo dottore dice "Sono forse io che battezzo, è forse Pietro che battezza? No, è Cristo che battezza". I cosiddetti ortodossi non hanno il concetto "in persona Christi", volendo essere più coerenti di Cristo, ma la Chiesa cattolica ha sempre professato che anche un eretico può battezzare validamente, se ha l'intenzione di compiere ciò che fa la Chiesa. Per analogia (l'analogia è essenziale) se un sacerdote cattolico validamente ordinato cominciasse a storpiare qualche verità di fede fino all'eresia e consacrasse l'Eucaristia, la sua consacrazione sarebbe ancora valida se mantenesse l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Non funziona così secondo gli ortodossi, ma a noi cosa importa? Infatti essi sono infastiditi dalla dottrina della grazia di Sant'Agostino che non conoscono e non vogliono studiare per non doverla accettare con gravi conseguenze sulla loro presunta autonomia, fino al punto di declassarne il culto sostituendo al titolo di santo quello di beato o di venerabile (hòsios, hieròs, anziché hàghios)che non comportano ossequio di obbedienza. Infatti non hanno le idee chiare e non distinguono fra i diversi tipi di grazia. Altro esempio: può succedere che due coniugi si sposino religiosamente in stato di peccato mortale. In questo caso il matrimonio è valido, ma la grazia sacramentale no, almeno fino a quando non è rimosso l'obice del peccato. Addirittura in un matrimonio misto, autorizzato dall'Ordinario, può succedere che uno dei due non sia cattolico (eretico quindi), o massone, o ateo: il matrimonio è valido, ma non c'è la grazia sacramentale. Ciò è sufficiente per dire che i vescovi e sacerdoti ortodossi, validamente ordinati prima dello scisma di Michele Cerulario, in forza del carattere permanente dell'Ordine sacro e della retta intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, non hanno perso la potestà di amministrare sacramenti validi quanto al contenuto, ma sacrileghi in quanto offendono l'unità della Chiesa. Perciò il fedele ortodosso che riceve la comunione da loro, non rivece la grazia santificante, a differenza del cattolico; tuttavia, poiché la stragrande maggioranza è in buona fede, riceve in virtù di essa dal buon Dio qualche grazia sufficiente alla salvezza. Un conto è dunque la grazia che discende per la confezione del sacramento, altro conto è la grazia che potrebbe derivare dalla recezione del sacramento. Gli ortodossi non sono capaci di distinguere e chiamano coerenza una successione di gesti secondo una logica unicamente terrena. Così avviene anche per gli altri sacramenti, almeno dove non è implicato il potere di giurisdizione, fatti salvi i casi di necessità.
CONTINUA
CONCLUSIONE
RispondiEliminaIl problema, dalla parvenza così enigmatica e angosciosa, si sgonfia non appena viene smascherato l'inghippo di partenza. Resta lo sconcerto per la disinvoltura con cui nel postconcilio si assiste (anche da parte del Papa)a Liturgie eucaristiche sacrileghe celebrate da eretici. Addirittura si sa di concelebrazioni miste più o meno clandestine. Il vecchio Codice vietava e puniva severamente l'assistenza e la Communicatio in Sacris con eterodossi e scismatici: oggi è tutta una baldoria. Per coerenza e amore a Gesù dovremmo alzare i tacchi e rifiutarci di presenziare. Questo non significa che la buona fede e l'impegno morale di tanti acattolici non siano senza effetto: sappiamo che Dio non si è vincolato ai sacramenti e plausibilmente offrirà loro qualche grazia (non la Grazia) per la salvezza eterna. Rimane perciò il dovere di predicare la conversione all'unico ovile di Pietro a questi fratelli separati, anche se la situazione della Chiesa cattolica oggi non è delle più attraenti. Rimane il dovere da parte nostra di non fuggire ad altri lidi dove tradizioni antiche e preziose vorrebbero fare dimenticare l'eresia, ridimensionata a semplice scisma, in una sorta di chiesa parallela giustificata da una presunta e solo ipotetica Sede vacante. A conferma di quanto detto e a severo monito di non tentare la misericordia di Dio, riporto un episodio autentico della vita della Beata Anna Maria Taigi (1769-1837). Dotata di carisma profetico, standosene a Roma vide la morte improvvisa dello Zar di Russia Alessandro I (+1825), dichiarando che era riuscito ad andare in Purgatorio (anziché all'inferno) perché in punto di morte aveva abiurato la fede ortodossa abbracciando quella cattolica. La beata fu dapprima derisa fino a quando, una settimana più tardi, giunse anche a Roma la conferma della notizia.
Per chiudere il circolo non mi resta che confermare le parole di Mons. Williamson da cui siamo partiti. Un anno fa diceva: "Dobbiamo resistere a due tentazioni opposte: quella del sedevacantismo e quella di lasciarci andare supinamente ad una falsa obbedienza alla chiesa conciliare. Dobbiamo resistere nella fede nella posizione in cui siamo".
Un sincero plauso all'adamantina chiarezza e preparazione di Michele.
RispondiEliminaRiccardo
Il gentile Michele mi permetterà di fare delle osservazioni al suo scritto. In questo modo diamo a questi interventi un carattere di tipo cattedratico ma - credo - sia a tutto vantaggio della qualità del sito.
RispondiEliminaRiprendo quanto dice e di seguito lo commento.
"Il postulato scelto da Paradosi a fondamento di tutto il discorso è, falso: forse è tipico degli ortodossi, ma non è cattolico."
Il postulato da me ripreso non p "tipico degli ortodossi" tant'è vero che perfino nel mondo ortodosso si attribuisce la validità ai sacramenti copti e nestoriani (chiese che tendono almeno a distorcere la verità sul mistero del Cristo).
Il postulato è un punto di partenza generale che in teoria NESSUNO dovrebbe criticare. Se lo si critica si dovrebbe ammettere dei veri sacramenti agli anglicani (ad esempio) come talora nel Cattolicesimo fanno.
Il problema è come sposarlo davanti ad una chiesa che si ritiene eretica.
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"Di conseguenza tutte le conclusioni sulla Grazia e la validità dei sacramenti non sussistono, per fortuna."
Se la premessa è falsa la conseguenza è ancora da dimostrare.
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"Succede qui qualcosa di simile all'eresia dei Donatisti all'epoca di Agostino: essi credevano che i sacramenti dati da sacerdoti indegni moralmente (o dottrinalmente) fossero invalidi."
No. I donatisti criticavano solo la validità dei sacramenti celebrati dai preti moralmente indegni. Non c'entrava nulla la dottrina, in questo caso tant'è vero che i donatisti criticavano quella che per loro era l'eccessiva misericordia della Chiesa ufficiale verso i lapsi NON QUESTIONI DOTTRINALI. Questa premessa è dunque falsa.
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" I cosiddetti ortodossi non hanno il concetto "in persona Christi", volendo essere più coerenti di Cristo, ma la Chiesa cattolica ha sempre professato che anche un eretico può battezzare validamente, se ha l'intenzione di compiere ciò che fa la Chiesa."
Infatti non esiste il concetto di "persona Christi" ma non per il motivo che dice Michele (sarebbe fin troppo banale) ma per tutta un'altra impostazione sacramentale di tipo pneumatologico. L'intenzione di fare quello che fa la Chiesa lo ricordo pure io ma non vedo che connessione ci sia mai con l'impostazione orientale.
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"Per analogia (l'analogia è essenziale) se un sacerdote cattolico validamente ordinato cominciasse a storpiare qualche verità di fede fino all'eresia e consacrasse l'Eucaristia, la sua consacrazione sarebbe ancora valida se mantenesse l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa"
Esatto!
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(continua)
"Non funziona così secondo gli ortodossi, ma a noi cosa importa? Infatti essi sono infastiditi dalla dottrina della grazia di Sant'Agostino che non conoscono e non vogliono studiare per non doverla accettare con gravi conseguenze sulla loro presunta autonomia, fino al punto di declassarne il culto sostituendo al titolo di santo quello di beato o di venerabile (hòsios, hieròs, anziché hàghios)che non comportano ossequio di obbedienza."
RispondiEliminaMichele, non puoi difendere il Cattolicesimo in questo modo pasticciato e pieno di errori. L'intenzione di fare quello che fa la Chiesa eiste eccome anche in Oriente tanto è vero che lì è talmente importante il senso della tradizione della Chiesa che ancora non sono giunte innovazioni di sapore modernistico e i libri liturgici sono quelli di mille anni fa (pressapoco). Anche se questo può essere poco importante (secondo quanto dici) non possiamo distorcerlo perché è più comodo a noi altrimenti ci facciamo una figura barbina e non difendiamo un bel niente, divenendo criticabilissimi.
La questione di Agostino, in questo contesto, non c'entra nulla ed è completamente gratuita. Per la cronaca Agostino fu conosciuto, sì, anche se molto tardi. Non dimentichiamo che fu conosciuto pure Tommaso d'Acquino poiché Costantinopoli, capitale multiculturale, aveva un quartiere genovese ed esisteva un monastero domenicano. Agostino e Tommaso furono conosciuti e profondamente studiati, in una capitale curiosa di tutto, come poteva essere quella costantinopolitana del XIV secolo. Che poi non furono accettati - poiché i presupposti bizantini non lo consentono - è un altro paio di maniche. Ma questi autori furono pure tradotti in greco per essere meglio compresi.
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" Infatti non hanno le idee chiare e non distinguono fra i diversi tipi di grazia."
Il dibattito sulla grazia nel XIV secolo è lunghissimo ed articolato e lo rinveniamo soprattutto nel contrasto Palamas-Barlaam. Le definizioni sono precise fino all'esasperazione. Non si tratta dunque di "mancanza d'idee chiare" (erano tutt'altro che sciocchi!) ma di presupposti tali da non poter accettare quelli latini. Se Michele dice questa frase si espone pesantemente alla critica (pure storica!). Se invece afferma quanto ho appena detto no perché così furono le cose!
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"Altro esempio: può succedere che due coniugi si sposino religiosamente in stato di peccato mortale. In questo caso il matrimonio è valido, ma la grazia sacramentale no, almeno fino a quando non è rimosso l'obice del peccato."
Questo è interessante ma non riguarda la questione "grazia-eresia".
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" Addirittura in un matrimonio misto, autorizzato dall'Ordinario, può succedere che uno dei due non sia cattolico (eretico quindi), o massone, o ateo: il matrimonio è valido, ma non c'è la grazia sacramentale. "
Questo è un esempio più chiaro per la nostra indagine. Devo però dire che la parte cattolica contraente in qualche modo "supplisce" a quella non cattolica e quindi la grazia non può mancare (almeno per lo sposo cattolico)!!! Non possiamo negargli la grazia, suvvia!!
(continua)
"Ciò è sufficiente per dire che i vescovi e sacerdoti ortodossi, validamente ordinati prima dello scisma di Michele Cerulario, in forza del carattere permanente dell'Ordine sacro e della retta intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, non hanno perso la potestà di amministrare sacramenti validi quanto al contenuto, ma sacrileghi in quanto offendono l'unità della Chiesa. "
RispondiEliminaNo. Non hai dimostrato nulla, purtroppo!!! Infatti molte tue premesse non sono valide, altre imprecise, altre ancora erronee.
Quanto dici, poi, presuppone che il mondo cattolico sia rimasto identico a mille anni fa cosa che non è. Dal punto di vista cattolico tradizionale, le dottrine ortodosse odierne confliggono con il dogma e il conflitto non solo non è diminuito col tempo ma è pure aumentato (dal momento che ci sono altri dogmi che mille anni fa non esistevano). Quindi se al momento dello scisma per un cattolico i sacramenti ortodossi potevano considerarsi validi, al momento attuale (visto lo sviluppo della dottrina cattolica e la crescente opposizione orientale ad esso) è lecito negarlo. Il cosiddetto sacrilegio in offesa all'unità della Chiesa riguarda gli scismatici prima ancora che gli eretici.
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"Perciò il fedele ortodosso che riceve la comunione da loro, non rivece la grazia santificante, a differenza del cattolico".
Quindi di fatto il sacramento è nullo (vedi che finisci per ammettere il mio principio?)
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"tuttavia, poiché la stragrande maggioranza è in buona fede, riceve in virtù di essa dal buon Dio qualche grazia sufficiente alla salvezza".
Se quindi ammetti questo perché non ammettere che i santi orientali sono dei veri santi anche se affermano verità anticattoliche? La tua affermazione consegue necessariamente quest'altra strettamente legata alla prima! Ci si salva, infatti, quando si confessa la verità. Quindi la verità orientale può essere DI FATTO considerata alternativa a quella cattolica? In pratica questa è la conseguenza, è innegabile! Infatti un conto è dire che la salvezza di chi non è unito al Cattolicesimo è affare di Dio, un altro conto è dire con sicurezza che "in buona fede si salvano". Ammetterlo così chiaramente comporta inevitabilmente tutta una serie di deduzioni che sono quelle da me esposte.
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"Un conto è dunque la grazia che discende per la confezione del sacramento, altro conto è la grazia che potrebbe derivare dalla recezione del sacramento."
Sì ma questa giusta distinzione qui non funziona affatto dal momento che si ammette la validità dei sacramenti (quindi la grazia per la confezione del sacramento) e si ammette "una qualche grazia sufficiente alla salvezza" dunque, DI FATTO, la grazia per la "recezione del sacramento".
Ripeto: io suggerisco, per non entrare in contraddizione e non stabilire principi che poi si rivoltano contro, di lasciare la questione della salvezza alla misericordia di Dio senza fare affermazioni positive.
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"Gli ortodossi non sono capaci di distinguere e chiamano coerenza una successione di gesti secondo una logica unicamente terrena. Così avviene anche per gli altri sacramenti, almeno dove non è implicato il potere di giurisdizione, fatti salvi i casi di necessità."
E' molto rischioso fare affermazioni del genere. Se uno non comprende profondamente la sacramentaria orientale è meglio che se ne astenga. Ripeto: non è questione di "incapacità" quanto piuttosto di presupposti differenti.
(continua)
"Il problema, dalla parvenza così enigmatica e angosciosa, si sgonfia non appena viene smascherato l'inghippo di partenza. Resta lo sconcerto per la disinvoltura con cui nel postconcilio si assiste (anche da parte del Papa)a Liturgie eucaristiche sacrileghe celebrate da eretici. Addirittura si sa di concelebrazioni miste più o meno clandestine."
RispondiEliminaPurtroppo non è smascherato nulla e la risposta - non averne a male - è insufficiente! Riguardo alla disinvoltura sono d'accordo con te!
Il resto della tua risposta non porta ulteriore materiale per risolvere la questione che, quindi, ritengo ancora aperta.
Per non disperdere la discussione in questioni inutili, penso che una pista da chiarire e battere sia quella relativa alla grazia della confezione del sacramento e della ricezione dello stesso.
RispondiEliminaChiarire questi due aspetti cercando di connetterli nel caso di una chiesa eretica è molto utile.
Riflettendoci bene (cosa che purtroppo Michele non ha dimostrato) si deve dividere il campo della Verità in due:
Elimina1) Verità confessate sufficienti alla confezione del/dei Sacramento/i
2) Verità confessate di altro ordine.
Questo aiuta, in qualche modo, ad avvicinarci alla risposta di come sia possibile che una Chiesa eretica possa confezionare veri sacramenti ma apre altre questioni.
1) I sacramenti confezionati dalla Chiesa ortodossa - ritenuti validi - comportano un concetto sacramentario piuttosto differente da quello cattolico. Se li ritengo validi devo inevitabilmente dare credito anche ai concetti sacramentari bizantini (pneumatologici e non "in persona Christi").
2) La divisione da me supposta se da un lato è utile a dirimere la questione dall'altro pare un poco artificiosa: nella dogmatica tutte le verità sono interconnesse tra loro e risulta difficile fare una divisione tra "verità per confezionare i sacramenti" e "verità di altro genere".
3) Poi per quanto riguarda il conferimento dell'episcopato (fonte degli altri sacramenti) sia in Occidente che in Oriente il candidato deve recitare il Simbolo della fede, dato essenziale "sine qua non". Il "problema" è che l'interpretazione latina dello stesso (almeno in qualche punto) non coincide affatto con quella greca. Ma se il sacramento si fa egualmente e l'episcopato è vero episcopato da entrambe le parti, allora questi punti sono... secondari e poco importanti?!?!?
Sì, la questione è assolutamente APERTA!!!
Trascrivo un'ottima analisi che apporta del materiale (senza per altro giungere ad una conclusione per quanto ci riguarda ma solo per quanto riguarda la fede ebraica).
RispondiEliminaE' interessante perché mostra come, pure PRIMA DEL CONCILIO (vat. II), le cose non erano perfettamente uniformi (vedi posizioni della prima Scolastica e di s. Tommaso). Questa dogmatica, per quanto abbastanza approfondita, NON MI PARE TRATTI in specifico la nostra cruciale questione (interconfessionale). Vi si avvicina appena un po' nelle righe che qui trascrivo e stabilisce l'essenziale: La fede INTEGRA in Cristo.
Bernardo Bartmann, Teologia Dogmatica III, ed. Paoline, 1957 (tradotto dall'originale del 1932), pp. 65-66.
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I sacramenti dell'Antico Testamento
S. Agostino aveva elaborato una nozione di sacramento (sacramentum tantum) così ampia che vi poteva includere i riti religiosi dell'Antico Testamento; stabiliva, però, una distinzione essenziale tra questi riti e i sacramenti cristiani [...]. Seguendo s. Agostino e gli altri Padri, anche la Scolastica, e non solo quella primitiva con la sua ampia nozione di sacramento, ma anche quella posteriore, parla dei sacramenti dell'Antico Testamento. E' dottrina comune dei teologi che i sacramenti dell'Antico Testamento non operavano però la grazia per se stessi (ex opere operato), ma solo in forza della fede in Cristo redentore, implicita in essi (ex opere operantis).
Il Concilio di Trento sui sacramenti dell'Antica ALlenaza ha assunto un atteggiamento puramente negativo. Poiché Calvino li metteva sullo stesso piano di quelli cristiani, il Concilio condannò coloro i quali affermano che i sacramenti della Nuova Alleanza non differiscono, se non nelle cerimonie e nel rito, da quelli dell'Antica: "Se qualcuno dirà che questi sacramenti della Nuova Legge non differiscano da quelli della legge antica se non perché diverse sono le cerimonie, i riti, sia scomunicato" (s. 7, can. 2 De sacr. in gen. Denz. 845). Eugenio IV riprende il pensiero di s. Agostino sul valore puramente simbolico dei sacramenti dell'A.T.: "Illa enim NON CAUSABANT gratiam, sed solum per passione Christi esse FIGURABANT" (Decr. pro Armen., Denz. 695).
I Profeti, com'è noto, attribuiscono scarsissima importanza ai riti dell'Antica Alleanza, quando non siano l'espressione DI VIVA FEDE. Non diversamente il Battista (Mt. 3,7-12), Gesùà (discorso della montagna) e san Paolo (Rom cc. 1-4; Gal. cc. 1-5; Ebr. 10, 1-9). Anche il sacrificio e la circoncisione non vengono risparmiati dalla critica paolina. Tutto l'Antico Testamento non è che "ombra" dei beni futuri (Ebr. 10,1); esso ha soltanto un valore esteriore, pedagogico (Gal, 3, 24), non una forza santificante interiore (Rom 3, 10, 20; cfr. Rom 2, 25-29; 4, 9-12; I Cor 7, 18-20; [...]). Mosè ha dato la legge ma la grazia e la verità derivano solo da Cristo (Gv 1, 17). Per s. Agostino i sacramenti dell'Antico Testamento erano promesse simboliche della grazia, non cause di essa (De pecc. orig. 32, 37; Ennar. in ps. 73, 2; C. Faust. 19, 11).
(continua)
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Gli scolastici primitivi pongono spesso sullo stesso piano IL BATTESIMO CON LA CIRCONCISIONE: "Plerique tamen concedunt quod circumcisio infusionem gratiae operabatur", scrive Sefano Langton (+ 1228) nella sua Summa theologiae [...].
RispondiEliminaLa Scolastica si attiene alla dottrina tradizionale, ma attribuisce TALVOLTA ALLA CIRCONCISIONE LA REMISSIONE DEL PECCATO ORIGINALE "ex opere operato" (P. Lombardo, Alessandro di Hales, s. Bonaventura, Scoto, Estio). S. Tommaso però giustamente no distingue la circoncisione dagli altri riti (S. th. III, 62, 6 ad 3). Anziché parlare di un mezzo per cancellare il peccato originale non sarebbe stato più logico provare che l'Antico Testamento avesse la nozione di tale pccato? [...]. Non bisogna applicare all'Antico Testamento le vedute di una teologia posteriore. Solo il Nuovo Testamento, come compimento dell'Antico, può dare al riguardo un giudizio definitivo. Ora il suo punto di vista è chiaro: il Nuovo Testamento non attribuisce ai riti dell'Antico alcuna virtù oggettiva di santificazione. Abramo fu giustificato PER LA FEDE, non per la circoncisione [...] (Rom 4, 11).
A proposito delle discussioni dei padri del Concilio di Trento, Ehses (Concilium Tridentinum, t. v., 834-995) scrive che una parte di essi era più favorevole ai sacramenti dell'Antico Testamento; un'altra pensava che si dovesse passare la questione sotto silenzio; una terza richiedeva che si respingesse l'uguaglianza tra i riti del'Antico e del Nuovo Testamento dal momento che già il Concilio di Firenze aveva dichiarato: "Illa enim non causabant gratiam sed eam solum per passionem Christi dandam esse FIGURABANT: haec vero nostra et CONTINENT gratiam et ipsam digne suscipientibus CONFERUNT" (Denz. 695). Si finì per adottare questo canone.
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Forse qualcosa, che forse porta una certa soluzione, è presente nella Summa Theologica di Tommaso d'Aquino.
Caro Paradosi
RispondiElimina(ma non capisco perché ti firmi così quando difendi il cattolicesimo e ti firmi Anonimo quando esponi le dottrine ortodosse),
la questione è assolutamente aperta e non saremo certo noi a dirimere lo scisma d'oriente! Confido che quello che ho esposto non sia una mia opinione, ma la dottrina cattolica, così come mi è stata insegnata dai miei stimati insegnanti: Vedo che hai selezionato molte delle mie frasi e le hai cassate con disinvoltura, dicendo che non avevo dimostrato niente. A volte mi sembra che la tua non comprensione del mio pensiero sia in realtà dovuta a un pregiudizio affrettato. A questo punto dovrei meticolosamente riprendere tutte le tue affermazioni e controribatterle, ma non credo ne varrebbe la pena, perché il dibattito si protrarrebbe all'infinito, stancherebbe i lettori del blog e l'esito rimarrebbe in sospeso per mancanza di un vero giudice super partes. Una cosa è vera di quel che dici: che l'approccio teologico in occidente e in oriente è assolutamente diverso. Quando all'inizio parlavi di pluralismo teologico sfondavi una porta aperta: nemmeno la Chiesa latina ha mai imposto Tommaso anziché Bonaventura o qualsivoglia altro. L'importante e necessario è solo che la verità, in qualsiasi espressione culturale venga formulata, risulti "eodem sensu eademque sententia". Se le cose dette dall'oriente e quelle dell'occidente, risultano vere benché sotto aspetti e con approcci diversi, bene; altrimmenti se confliggono e bisogna scegliere, perché mai si dovrebbe stare dalla parte dell'oriente e non dalla parte di Pietro? Sulla questione della grazia posso essere stato eccessivamente ellittico (conosco la disputa Palamas/Barlaam), ma andavo alle conclusioni: cioè che non ci si intende, ma sulla questione dell'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa per gli orientali, permettimi di dire che hai capito il contrario di ciò che volevo dire; infatti lì siamo d'accordo. Dove non siamo d'accordo è nuovamente sul punto di partenza e sul punto di arrivo. A me risulta che, purché ci sia l'intenzione ecc. ecc. un sacerdote validamente ordinato, anche se eretico consacra validamente. Sul punto d'arrivo, che i santo ortodossi vadano ascoltati, no. Dicevi : "i santi sono l'incarnazione della verità". E' uno slogan ad effetto, ma dice e non dice. Siamo daccapo: quale verità? Se uno non ha la fede integra non può essere santo. Non è il caso che mi metta a fare le pulci alla figura di Fozio quanto a dottrina e a comportamento: lo conosci meglio di me. Quanto ai Donatisti, se rileggi bene, avevo detto testualmente "qualcosa di simile" e avevo posto tra parentesi (dottrinalmente) per analogia, senza per questo confondere con "indegni moralmente". Alla fine neanche tu hai dimostrato un bel niente, malgrado tu non sia un puro dilettante; tuttavia hai dimostrato che la teologia, esplorando la rivelazione del Dio infinito con la finitezza della ragione umana, necessita di una grande umiltà nei confronti del mistero e di una paziente misericordia verso se stessi ogni qualvolta non si riesce a trovare una soluzione soddisfacente. Lasciamo alla Redazione il compito di trovare l'Esperto, o ai lettori che hanno il sensus fidei, ma anche il senso dell'umorismo di cogliere le perle, o le stecche, là dove ci sono. Ringrazio di cuore Paradosi per avere suscitato un dibattito così impegnato su un tema trascurato di vitale importanza e anche di avermi dato notizie formidabili come quella dei Theologoumena di Paolo VI, o dell'inserzione di Gregorio Palamas tra i santi cattolici (vorrei cortesemente avere gli estremi degli atti).
Caro Michele io proseguo la mia indagine cercando lumi in Tommaso (come vedi sotto). Qui sto realmente indagando e non prendo delle parti di qualcuno (se noti critico anche la posizione ortodossa di considerare validi i sacramenti di copti e altri). Parto da un principio rigoroso e traggo tutte le conseguenze. Non è lana caprina perché l'ecumenismo cattolico (come ben saprai) si appoggia proprio qui.
EliminaMi spiace che tante cose non possano essere ben spiegate ma nel tuo primo messaggio hai fatto tante confusioni (almeno per chi lo legge nel significato di come sta) suggerendo (solo per farti un esempio) che i donatisti avessero - probabilmente - anche una dottrina dogmatica differente (e ora cerchi di inquinare la acque dicendo che lo dicevi "per analogia". Ma analogia di cosa, di grazia????).
Se uno vuole difendere il Cattolicesimo tradizionale (e questo blog cerca di farlo) deve portare discussioni coerenti, non intorbidire le acque perché così è meglio, altrimenti uno che ne sa di più ti da dell'ignorante.
"I santi sono l'icona della verità" è un'asserzione generale che tu non puoi negare (pena ridurre la santità solo a qualche cosa di morale o di apparente, come si è ridotta con GPII). Qui non mi riferisco agli ortodossi ma IN GENERALE perché è così. Ed è per questo che, applicando questo criterio laddove si ammette la santificazione, anche in presenza di errori e di eresie, si cade in un orrore che io ben evidenzio con queste paradossali affermazioni.
Lo puoi risolvere? Io no e tu meno ancora. Per questo suggerisco la via estrema per evitare di cadere in spiacevoli contraddizioni.
Ti ringrazio dell'epiteto "ignorante": infatti so di non sapere, ma tu continui a non saper leggere quel che ho scritto sui Donatisti e mi fai dire cose che non ho detto, ma che chiunque meno animoso può capire. Dispiace che mi attribuisci la malizia di intorbidare le acque: provo a spiegarmi con maggior numero di parole. I Donatisti pensavano che i sacramenti amministrati da sacerdoti indegni moralmente fossero invalidi. Donato faceva dipendere la validità dallo stato di grazia dei celebranti. Agostino nega ciò, in quanto la validità non dipende dalla santità del celebrante, ma da altri fattori (validità dell'ordinazione, intenzione secondo la Chiesa del celebrante, disposizione interiore del ricevente). Per analogia, dico io, non Agostino, la validità dei sacramenti celebrati da un eretico non dipende dalla sua fede personale (copta, nestoriana, ortodossa) ma dai fattori di cui sopra. Tuttavia ad avvalorare quanto dico, cito la Somma di Teologia del Casali (spero non ti faccia troppo schifo), dove a pag. 552 si dice che l'errore di ritenere che il battesimo dato dagli eretici era sostenuto da Agrippino di Cartagine, S. Cipriano (solo inizialmente), dai DONATISTI e, più tardi dai Valdesi, dagli Albigesi e dagli Anabattisti. Tale errore fu condannato già dal Papa Stefano I(+257), e ricondannato nel 314 dal Concilio di Arles, dove al canone 8 si legifera sulla validità dei sacramenti amministrati dagli eretici (cfr.Renzo Savarino, voce Donatisti, Enc. UTET). Dunque il fatto che una chiesa abbia veri sacramenti non equivale ad affermare che abbia la vera fede. E' chiaro adesso? A che pro continuare la discussione se il punto di partenza che tu avevi fissato è totalmente fasullo? Abbi pazienza: non ho più né voglia né tempo di proseguire in questa indagine che è più confacente ad una rivista specializzata di alta teologia. Lasciamo la soluzione dello scisma al prossimo concilio ecumenico.
EliminaQuanto al taglio pneumatologico degli orientali, non vedo perché dovrebbe essere in contrasto col taglio cristocentrico latino (in persona Christi). Se uno agisce in persona Christi ha in sé, come Cristo, il potere di effondere lo Spirito. Mi risulta che san Giovanni Crisostomo dicesse che il sacerdote consacra il corpo e il sangue di Gesù pronunciando le sue parole: appunto! Potrei sbagliarmi, ma temo che la distanza tra impostazione latina e quella greca si sia accentuata tardivamente rispetto all'epoca dei Padri.
Ho riportato ampiamente stralci dalla Summa theologica. Appurato che tutti dobbiamo imparare (quindi non dobbiamo scandalizzarci se siamo ignoranti su qualcosa), non mi sembra affatto che san Tommaso faccia analogie tra colui che non ha fede e colui che è indegno, sono cose differenti e ben distinte.
EliminaChi è indegno ma crede consacra. Chi non ha fede ma ha l'intenzione della Chiesa consacra. Sono cose diverse e non analoghe tra loro. L'indegnità come potrebbe essere posta in analogia con la mancanza di fede?
E' questo che non capisco!
Per favore non mi addossare impressioni tue personali ("Cito il Casali spero non ti faccia troppo schifo!"). Qui non si tratta di schifo, qui si tratta di ragionare.
Alta teologia o non alta teologia è da qui che poi traggono spunto i modernisti per dire che va tutto bene, cosa che a me non va affatto.
Non voglio essere come san Cipriano ma tendo ad avere cmq una posizione rigorosa. E da qui, fintanto che non trovo ragioni migliori, non mi smuovo. Pongo quindi alcuni dubbi sulla validità nel caso di Chiese eretiche senza recidere nettamente la cosa, come facevo all'inizio (l'equilibrio di s. Tommaso mi è stato di maggior aiuto che le tue ironie fuori luogo).
Grazie cmq del dialogo.
"A che pro continuare la discussione se il punto di partenza che tu avevi fissato è totalmente fasullo?"
EliminaIl punto di partenza (LA RETTA FEDE GENERA IL SACRAMETNO) NON E' AFFATTO TOTALMENTE FASULLO. Ha bisogno di essere contestualizzato e ulteriormente precisato.
Nel momento in cui tu mi affermi categoricamente e radicalmente questo, io sono leggittimato a ritenere VALIDE le consacrazioni episcopali anglicane e i loro sacramenti. E'logicissimo!!!
Ecco, vedi, cosa non mi va del dialogo condotto con te: non aiuti a focalizzare le cose e davanti ad un'affermazione che ti spiazza inizi ad opporti di "pancia". Non rimani freddo.
Trovami un autore DICO UNO SOLO che neghi questo principio generale e ti daro' ragione. MA NON LO TROVERAI.
Il punto è contestualizzare quest'affermazione, non negarla (come fai tu).
Caro Paradosi, non ti scaldare. Ricorda che sei stato tu a partire con la frase ERESIA= NON GRAZIA= NON SACRAMENTI. Ora raddrizzi il discorso contestualizzando. Ma questo slogan l'hai ripetuto tu ad oltranza (i lettori possono giudicare da soli)e ancora non ti arrendi di fronte alle condanne già date dalla Chiesa alla tua tesi. Certo che se cambio il soggetto e rovescio la frase partendo da LA RETTA FEDE GENERA... posso proseguire anche con le Quarant'ore o la Corona dell'Addolorata! Credevo di poterti sinceramente dare una mano in un momento difficile per tutti, ma vedo che ti stai solo irrigidendo. Inoltre credo che gli altri lettori ne abbiano già le scatole piene di troppa erudizione e ormai ci abbiano abbandonato. Passo e chiudo.
EliminaOvvio che mi irrigidisco: finisci per essere ironico ad oltranza verso me, personalmente, mentre io sono polemico unicamente per le conseguenze erronee dell'applicazione di un principio.
EliminaIl principio è assolutamente vero. Su questo non ci piove, altrimenti, RIPETO, devi affermare che i sacramenti anglicani sono veri!
Nei casi in cui si deroga da questo principio è necessario contestualizzarlo (e questo lo ho visto bene solo con Tommaso non certo con le tue argomentazioni in buona parte claudicanti).
Sei il tipico tradizionalista orgoglioso e chiuso nel suo orgoglio. A me non interessa avere a che fare con gente così. Se continui in questo modo fai proprio un "gran servizio" alla causa....
Passo e chiudo pure io.
"...gli altri lettori ne abbiano già le scatole piene di troppa erudizione". Anche i neocatecumenali pensano lo stesso. Sei in buona compagnia.
EliminaViva il fideismo settario!
io ne ho le scatole piene di questa discussione dotta ma che non può portare ad alcuna certezza, ma assicuro che non sono neocatecumenal..
EliminaUna citazione che non aiuta ancora a sciogliere il problema ma porta chiarezza su certi punti.
RispondiEliminaS. Tommaso d'Aquino: se nei sacramenti si richiedano parole determinate.
[49595] IIIª q. 60 a. 7 ad 3
3. Chi nel pronunziare [una formula sacramentale] corrompe le parole, se lo fa intenzionalmente, mostra di non voler fare ciò che fa la Chiesa: e quindi il sacramento non viene compiuto.
Se invece lo fa per errore o per difetto di lingua, non si compie il sacramento, quando la corruzione è tale da distruggere il senso della frase. E ciò avviene principalmente quando si cambiano le iniziali delle parole: se uno, p. es., invece di dire in nomine Patris dicesse in nomine matris. - Se invece la corruzione non toglie totalmente il senso della frase, il sacramento sussiste. Ciò avviene principalmente quando si corrompono le finali, dicendo, p. es., patrias et filias. Perché, sebbene queste parole mal dette non abbiano morfologicamente alcun significato, tuttavia si prendono per buone nell'uso ordinario. E perciò sebbene il suono sia diverso, il senso rimane identico.
La ragione poi della differenza tra la corruzione delle iniziali e quella delle finali sta nel fatto che presso di noi la variazione iniziale cambia il senso, mentre la variazione finale ordinariamente non lo cambia. Presso i Greci invece cambia anche con variazioni iniziali nelle coniugazioni dei verbi.
Più di tutto però occorre stare attenti all'entità della mutazione. Perché in un modo e nell'altro può essere così piccola da non togliere il senso, o così grande da toglierlo. Quest'ultimo caso capita più facilmente, quando si altera l'iniziale del vocabolo, l'altro caso quando si altera la finale.
La posizione di s. Tommaso su quest'argomento (seguirà una mia breve riflessione)
RispondiElimina----
[49804] IIIª q. 64 a. 9 arg. 1
SEMBRA che la fede del ministro sia necessaria al sacramento. Infatti:
1. L'intenzione del ministro è necessaria alla validità del sacramento. Ma "la fede dirige l'intenzione", come osserva S. Agostino. Quindi se manca la vera fede nel ministro, non è valido il sacramento.
[49805] IIIª q. 64 a. 9 arg. 2
2. Se il ministro della Chiesa non ha la vera fede, è un eretico. Ma gli eretici non possono amministrare i sacramenti. Dice infatti S. Cipriano che "quanto fanno gli eretici, è tutto carnale, vano, falso; e nulla di ciò che fanno dev'essere da noi accettato". E il papa S. Leone dice: "Una crudele e furiosa pazzia manifestamente ha spento nella Chiesa di Alessandria tutta la luce dei celesti sacramenti, ha arrestato l'oblazione del sacrificio, ha fatto venir meno la consacrazione del crisma, perché tutti i misteri si sono sottratti dalle mani parricide degli empi". Dunque la vera fede del ministro è di necessità nei sacramenti.
[49806] IIIª q. 64 a. 9 arg. 3
3. Coloro che non hanno la vera fede, sono separati dalla Chiesa per scomunica; si legge infatti in S. Giovanni: "Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non lo ricevete in casa e non lo salutate"; e S. Paolo raccomanda a Tito: "L'uomo eretico, dopo una o due ammonizioni, evitalo". Ma lo scomunicato non può amministrare i sacramenti, perché è separato dalla Chiesa, cui appartiene l'amministrazione di essi. Dunque la vera fede del ministro è necessaria al sacramento.
[49807] IIIª q. 64 a. 9 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino scrive: "Ai sacramenti di Dio non nuoce il malcostume degli uomini, perché esso non li invalida né li rende meno santi".
RISPONDO: Come abbiamo già detto, il ministro, poiché agisce nei sacramenti strumentalmente, non opera per virtù propria ma per virtù di Cristo. Ora, nella virtù personale del ministro rientra sia la sua carità che la sua fede. Quindi come non occorre alla validità del sacramento che il ministro abbia la carità, ché sono in grado di amministrarlo anche i peccatori, secondo le spiegazioni date, così non occorre la fede del ministro; ma anche chi manca di fede può amministrare un sacramento valido, purché non manchino i requisiti necessari al sacramento.
(continua)
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Può accadere che uno manchi di fede verso qualche cosa e non verso il sacramento che conferisce: uno, p. es., può credere che il giuramento sia sempre illecito e tuttavia credere che il battesimo è necessario alla salvezza. Tale mancanza di fede non impedisce l'intenzione di conferire il sacramento.
RispondiEliminaSe invece manca di fede verso il sacramento stesso che amministra, pur ritenendo che il rito esterno non abbia nessuna efficacia interiore, tuttavia sa che la Chiesa cattolica intende con il rito esterno offrire un sacramento. Perciò, nonostante la mancanza di fede, può avere l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, sebbene consideri vano tutto questo. Ebbene tale intenzione basta al sacramento; perché, come abbiamo visto sopra, il ministro del sacramento agisce in persona della Chiesa, la cui fede supplisce quanto manca alla fede del ministro.
[49810] IIIª q. 64 a. 9 ad 2
2. Tra gli eretici alcuni nel conferire i sacramenti non osservano la forma della Chiesa. E costoro non conferiscono né il sacramento, né la grazia del sacramento. - Altri invece mantengono la forma della Chiesa. E questi conferiscono il sacramento, ma non la grazia del sacramento. Dico questo per quelli che siano manifestamente separati dalla Chiesa. Perché allora chiunque accetta da essi i sacramenti commette peccato, e quindi non può conseguire la grazia del sacramento. Di qui le parole di S. Agostino: "Sii fermissimamente convinto e non dubitare affatto che il battesimo ai battezzati fuori della Chiesa, se non ritornano ad essa, porta rovina". Ed è in tal senso che S. Leone Magno ha scritto, che "nella sede d'Alessandria si è spenta la luce dei sacramenti": si è spenta cioè quanto alla grazia del sacramento, non quanto al rito stesso del sacramento.
S. Cipriano invece riteneva che gli eretici non fossero più in grado di amministrare validamente i sacramenti; ma in questo il suo parere non è accettabile. In proposito osserva S. Agostino: "Il martire S. Cipriano, il quale non voleva riconoscere come validamente conferito il battesimo dagli eretici e dagli scismatici, fu accompagnato fino al trionfo del martirio da meriti così grandi, che quell'ombra venne fugata dalla luce della carità di cui splendeva, e se qualche cosa aveva da espiare, la tagliò via la falce della sua passione".
[49811] IIIª q. 64 a. 9 ad 3
3. Il potere di conferire i sacramenti deriva dal carattere che è indelebile, come sopra abbiamo spiegato. Quindi per il fatto che uno viene sospeso, scomunicato, o degradato dalla Chiesa, non perde il potere di amministrare i sacramenti, bensì la facoltà di usare tale potere. Egli perciò amministra validamente i sacramenti, sebbene pecchi nell'amministrarli. Così pecca chi da lui li riceve: e quindi viene a mancare la grazia del sacramento, a meno che uno non sia scusato dall'ignoranza.
Inizialmente vorrei osservare che s. Tommaso ha un metodo che definirei preciso e pulito. Per analizzare la questione non ha bisogno di tirare in ballo questioni storicamente erronee (: differente dottrina dei donatisti; ignoranza dei greci sulla dottrina della grazia agostiniana) o che portano la discussione a scivolare su altri piani introducendo osservazioni di pura circostanza.
RispondiEliminaNon disperde le energie intellettuali ma le concentra. E qui abbiamo un ottimo esempio di ciò!
Detto questo, mi sembra che s. Tommaso affidi alla Chiesa un ruolo essenziale nel conferimento del sacramento, al punto che il singolo sacerdote può non avere carità ed essere ateo e il sacramento si fa. Abbiamo la preminenza della Chiesa sull'individuo (il contrario di quanto avviene oggi!).
Ma in tutto questo è essenziale almeno aderire a quanto la Chiesa ha sempre voluto fare (cosa quantomeno dubbia nella chiesa modernista ma evidente nel mondo orientale anche se con orientamenti teologici differenti e in contrasto con il Cattolicesimo).
S. Tommaso evita pure di fare una divisione tra "verità essenziali per fare il sacramento e "verità" secondarie (che potrebbero contenere eresie); distinzione che oggi si fa ampiamente in campo ecumenico e ha forti rischi come ho già osservato (i theologoumena di Paolo VI!).
Nel caso del battesimo, dunque, per la Chiesa cattolica ci sarebbe validità sempre e comunque anche se nel Cattolicesimo si riferisce lo Spirito Santo al Filioque e in Oriente gli si è avversi. Basta solo il semplice riferimento trinitario con l'intenzione di fare quello che la Chiesa ha da sempre fatto. Idem per gli altri sacramenti, basta che riflettano l'intenzione perenne della Chiesa. Questa posizione non è molto accettata dai rigorosi per i quali la confessione del Filioque (o la sua assenza) porterebbero ad un concetto ben diverso di Trinità. E, dal momento che io credo che ciò sia vero, sono piuttosto propenso ad avere una posizione rigorosa, se non altro per pura prudenza. Per questo certe cose non mi convincono del tutto e mi sembrano come un vestito piuttosto stretto.
In questa stessa spiegazione ci sono cose che non mi convincono.
Ad esempio s. Tommaso dice che gli eretici "conferiscono il sacramento, ma non la grazia del sacramento". Ma per fare il sacramento cosa ci vuole, se non la grazia? E se questo sacramento, fatto pure "In persona Christi" ma con la "gratia Christi", viene inevitabilmente riempito della stessa "gratia Christi" (altrimenti sacramento non è!), come può non essere veicolo di grazia?
(continua)
Per essere chiaro faccio un esempio banale (seppur con i suoi limiti): se io scaldo del thé mi ci vuole del fuoco. Ma una volta che il thé è caldo, mantiene il caldo in sé e, inevitabilmente, scalda chi lo sorbisce. Così è per il Sacramento: fatto con la grazia, contenuto di grazia e trasmettitore di grazia.
RispondiEliminaE' il recettore del sacramento che lo rende causa di santificazione (se ne è degno e non è eretico) o causa si condanna (se ne è indegno ed è eretico).
Allo stesso modo è colui che beve un thé caldo che ne trae giovamento (se ha la bocca e lo stomaco sani) o ne trae dolore (se ha la bocca o lo stomaco malati).
L'affermazione tomista in IIIª q. 64 a. 9 ad 2 mi trova quindi piuttosto dubbioso.
Un'altra affermazione che mi trova dubbioso per lo stesso motivo è la seguente:"[nell'eretico] viene a mancare la grazia del sacramento, a meno che uno non sia scusato dall'ignoranza" (nel qual caso ci sarebbe?).
Penso che, semmai, non viene a mancare la grazia del sacramento ma l'effetto positivo della grazia del sacramento, il che è differente. Come si direbbe in Oriente, il sacramento invece di santificare "brucia l'indegno".
Non voglio necessariamente avere a posizione assoluta di Cipriano ma, per prudenza, pongo dei dubbi dinnanzi ad all'idea di Chiesa che, seppur eretica, abbia la grazia.
Lascio che la salvezza di un singolo sia puramente dono della misericordia divina (alla quale non nego affatto l'onnipotenza) e preferisco non vedere miracoli di grazia, soprattutto in situazioni molto dubbiose.
In definitiva ritengo molto utile questa risposta di s. Tommaso anche se non placa tutti i miei dubbi in materia.
Grazie per l'attenzione.
Mi dispiace molto che tu abbia dei dubbi anche su san Tommaso: si conferma la confusione che hai sul concetto di grazia. Come volevasi dimostrare. Lascia perdere, non è il caso di insistere. Personalmente non leggerò oltre.
RispondiEliminaE fa a meno! Altri leggeranno al posto tuo. Senti, io sono di quelli che quando leggono non danno nulla per scontato. Non appartengo ai fideisti che vivono di slogans ma a chi cerca ragioni nella sua fede.
EliminaEsterno i miei dubbi e le mie riserve non per sentirmi biasimato (cosa facilissima in chi dice "sì" ad ogni cosa magari senza ragionare!) ma per ricevere eventuale consiglio.
Grazie per la tua sufficienza e per i tuoi giudizi fatti e spiccati!
Prego.
EliminaHo inoltrato lettera di protesta al gestore del blog per lo stile inurbano con il quale è stato condotto questo dialogo, rinvenibile nelle ironie gratuite e nelle ignoranze espresse in alcuni passaggi da parte di qualcuno.
EliminaSpero non si ripeta più.
"Si conferma la confusione che hai sul concetto di grazia"
EliminaHa parlato l'uomo che pensa di avere tutto chiaro. Beato lui!
uffa !!!!!
EliminaBeh, siete stati interessanti. Tokarev contro Luger. Ferrari vs Lambo. Real vs Barça. Piccola impressione personale: ortodossi, se non ci fossero sarebbe odioso inventarli. Comunque, quando il Cuore Immacolato di Maria trionferà, sta manica di rompic(ops scusate il francesismo) sparirà perchè si convertiranno (era ora). Buona notte.
RispondiEliminaRiccardo
Gli ortodossi in questa discussione,in realtà, sono un pretesto. La discussione verteva su altro e poi ha dovuto prendere in considerazione loro in quanto loro.
EliminaMa da quel che so (e ne ho incontrati diversi) nessuno ha mai detto dei cattolici "sta manica di rompic..." anche se storicamente ne hanno viste parecchie...
Un altro punto: dove avete imparato che, nella fede, tutto è chiaro come un teorema euclideo??
Molte cose non lo sono.
Abbiamo solo sfiorato un argomento con lati d'ombra. E ci potrebbero essere molti altri lati della fede non chiaramente definiti o con aspetti umbratili.
Solo le ideologie sono apparentemente certe e sicure su tutto ma, appunto!, sono ideologie come il libretto di Mao o cose del genere....
Mi spiace di terminare in modo un poco amaro ma non riesco a fare diversamente!
ma caro Paradosi (caro veramente, non è scherzo!) nessuno impedisce di analizzare domande irrisolte per te o per noi tutti.
RispondiEliminaFatto è che un blog necessita inevitabilmente, anche uno come questo, dotto e pieno di informazioni veritiere sconvolgenti, di andare al cuore di problemi in modo lieve senza fare analisi microscopiche che servono soltanto agli addetti alla microscopia!
Il medico si trova di fronte soggetti ansiosi che gli chiedono una spiegazione semplice e lineare, ma non cruda e spudorata, di cosa s può fare per il proprio caso.
Se il medico conducesse il soggetto davanti al microscopio mostrando il suo caso e fornendo le possibili ipotesi di soluzione, creerebbe sconcerto e delusione fornendo al paziente dubbi sulle reali capacità del medico.
Ovvero in alcuni casi arrivare a fare circonvolute analisi dettagliatissime e dotte serve solo a generare sfiducia o noia.
Entrambe le emozioni sono negative per il soggetto che le induce, che non ottiene di far riflettere l'ignorante, ma di farlo desistere dal chiedere!
Ci vuol poco a capire che un blog non è un sistema di posta normale dove ci si scambiano lettere lunghissime per approfondite analisi!
Spiace della tua amarezza, ma era inevitabile poichè gi avvertimenti erano stati dati da più parti, ma non sono stati ascoltati.
Non vi è dubbio che l'avvicinamento alla chiesa ortodossa abbia suscitato interrogativi che però non sono recepiti appieno da chi ne è lontano.
E sono sicuro che sono recepiti menchemeno dai gerarchi insediati in Vaticano.
Torniamo a cose meno profonde ma più incisive e comprensibili da molti.
Sono d'accordo con Mardunolbo e con Riccardo. Non so se l'anonimo sia Paradosi, ma chiunque sia vorrei ricordargli che l'aumento di sapere genera maggior dolore. Certo non siamo esentati dall'acquisire sempre maggiore consapevolezza dei problemi che affliggono la Chiesa da tanti anni o secoli, ma nell'approfondire e scrutare le cause di certi travagli e cercare soluzioni a dilemmi insolubili, arriviamo prima o poi a quel punto in cui ci tocca dire come Dante:
RispondiElimina"State contenti umana gente al quia...." e ci fermiamo, affidandoci alla volontà di Dio che sa tutto e tutto volge al bene di coloro che Lo amano.
Alla fine dei tempi ci sarà data ragione di ogni groviglio indecifrabile della storia, tutto ci sarà spiegato, tutto troverà riparazione, giusta collocazione e restaurazione, "omnia in Christo", tutta la confusione svanirà, tutto il caos dei secoli sarà illuminato davanti ai nostri occhi redenti, da Colui che è Luce del mondo e tutti e tutto attirerà a sè. L'importante è che noi non rifiutiamo la Verità conosciuta e le restiamo fedeli fino alla fine.
Ester
PS. ma certo che molte cose restano oscure, infatti la Chiesa è anche un grande mistero, non è un'istituzione umana ! e la sua storia, specialmente volgendo verso gli ultimi tempi, pare diventare sempre più oscura e piena di contraddizioni, a noi che vogliamo capire e controllare tutto, come se guardassimo un quadro dipinto da uomini... ma di ora in ora vedremo, proprio stando in mezzo a quell'oscuro caos, da cui non possiamo TIRARCI FUORI per oggettivarlo, (caro anonimo, questo è impossibile), capiremo con gli occhi della Fede, non fideismo (pur se ci sembra di essere sommersi) che i fili della storia convergono e ritornano nelle mani del Signore che ne è Padrone assoluto, e li governa in modo impescrutabile, conducendoli con Sapienza ai suoi ultimi fini decisi ab aeterno.
Trovo le ultime due risposte molto più civili e gradevoli rispetto ad altre ricevute.
RispondiEliminaDa parte mia eviterò con cura, in futuro, ogni domanda profonda poiché non amo certo essere biasimato gratuitamente e anche perché la cosa infastidisce i lettori che vogliono mantenersi su un livello più leggero ("conoscere troppo aumenta la sofferenza!"). Questo è ovvio.
Tuttavia sono rimasto molto colpito che, in un sito tradizionalista, nessuno mi abbia consigliato di rivolgere la mia attenzione "almeno" alla Summa di Tommaso di Aquino. Mi hanno citato il "Casali" che è una specie di riassunto del riassunto del riassunto dei trattati teologici. E' un libro che ho anche io ma che non ho voluto aprire riferendomi piuttosto a quello più ampio del Bartmann (Ha III volumi!).
A cercare Tommaso ho dovuto pensarci da solo.
Invece di questa proposta positiva, si è passati subito con accuse gratuite: "Non hai chiara la dottrina della grazia", come se si dicesse "taci, o stupido!".
Ringrazio, tuttavia, anche chi mi ha dato questo tipo di risposta che mi fa capire bene con chi ho a che fare e ne trarrò tutte le debite conseguenze.
Ma chi ti credi di essere?
RispondiEliminaPersonalmente ritengo che tutta questa serie di discussioni lasci il tempo che trova. Il Cristiano è una persona semplice. Non per niente Gesù ha detto: "Sia il vostro parlare, sì, sì, no, no. Il di più viene dal maligno."
RispondiEliminaQuanto a quale sia la "vera" Chiesa, Gesù ha già risposto anche a questo interrogativo: "Ecco, tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".
La "vera" Chiesa di Cristo, dunque, è solo quella Cattolica fondata su Pietro e i suoi successori. Il resto sono solo chiacchiere.
All' anonimo che tratta tutti come degli ignoranti suggerisco di farsi un approfondito esame di coscienza e un salutare bagno di umiltà perchè la Fede non necessita (e non ha neppure bisogno!) di tanta erudizione teologica per sussistere. Anzi, Dio si compiace spesso di scegliere proprio quelli che sono piccoli e ignoranti agli occhi degli uomini, perchè attraverso la loro testimonianza vengano manifestate più apertamente la Sua grandezza e la Sua gloria.
E se ciò non bastasse, perfino un santo come Benedetto da Norcia, nella sua Regola, ammoniva i monaci di ascoltare anche la parola dei fratelli più piccoli e umili, per la medesima ragione qui sopra esposta.
Ciao a tutti.
Albino
D!accordissimo con Albino!
RispondiEliminaUmiltà,umiltà e penitenza, penitenza ! Le ultime due parole sono dette dall'angelo accanto al papa fucilato, nella visione di suor Lucia dos Santos.