lunedì 3 febbraio 2014

COSI' PARLANO I SATANASSI CONCILIARI...


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Genova – Un ex professore delle Br parla ai piedi di un altare, invitato da un parroco. «In Chiesa si può anche bestemmiare, è un luogo libero», dice don Paolo Farinella, parroco di San Torpete, una piccola chiesa nel cuore dei vicoli. Ed Enrico Fenzi, 76 anni («Sette scontati in galera, più tre agli arresti domiciliari») seduto accanto al prete parla liberamente. Di sé, di don Gallo che a suo dire faceva “santini” dei terroristi irriducibili «e per tre volte la sua Comunità mi ha impedito di parlare in pubblico», dice sollevando proteste.
Del clima degli anni vissuti insieme alla colonna genovese delle Brigate rosse. Racconta verità inedite e senza prove: quella volta che, sostiene, un giudice gli disse che Alì Agca lo accusava di avergli fornito la pistola per sparare a papa Giovanni Paolo e i documenti falsi per fuggire. «Il lavoro dei servizi segreti è questo – scandisce – creare false piste. Più d’una, in modo da poter utilizzare al momento giusto quella più adatta. Se si fosse deciso di portare avanti la pista dell’Est, il mio coinvolgimento sarebbe stato utile, una costruzione perfettamente logica. Ma si cambiò strada».
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Meditazioni di sant’Alfonso sull’Inferno e sulle pene eterne

[…] Considera come l’inferno è una prigione infelicissima piena di fuoco; in questo fuoco sono sommersi i dannati avendo un abisso di fuoco di sopra, d’intorno, di sotto. Fuoco negli occhi, fuoco nella bocca, fuoco da per tutto. Tutti poi i sensi hanno la loro propria pena. Gli occhi acciecati dal fumo e dalle tenebre, ed atterriti dalla vista degli altri dannati e dei demoni. Le orecchie odono giorno e notte continui urli, pianti, bestemmie. L’odorato è appestato dai fetori di quegli innumerevoli corpi puzzolenti. Il gusto è cruciato da ardentissima sete e da fame canina, senza poter ottenere mai una goccia d’acqua, né un tozzo di pane. Perciò quegli infelici, carcerati, arsi dalla sete, divorati dal fuoco, afflitti da tutti i tormenti, piangono, urlano, si disperano, ma non vi è, né vi sarà mai chi li sollevi o li consoli. Oh inferno, inferno, al quale alcuni non vogliono credere, se proprio non vi cadono! Che dici tu che leggi? Se ora tu dovessi morire dove andresti? Tu non hai la forza di sopportare una scintilla di candela sulla mano, e sopporterai di dover stare in un lago di fuoco, che ti divori, sconsolato ed abbandonato da tutti per tutta l’eternità?
Considera poi la pena che avranno le potenze dell’anima. La memoria sarà sempre tormentata dal rimorso della coscienza; questo è quel verme che roderà sempre il dannato nel pensare che si è perduto volontariamente per pochi piaceri avvelenati. Oh Dio, che gli parranno allora quei momenti di piacere dopo cento, dopo mille milioni di anni d’inferno? Questo verme gli ricorderà il tempo che gli aveva dato Dio per rimediare al mal fatto, le comodità che gli aveva presentate per salvarsi, i buoni esempi dei compagni, i propositi fatti, ma non eseguiti. Ed allora vedrà che non v’è più rimedio alla sua rovina eterna. Oh Dio, oh Dio! e che doppio inferno sarà questo! La volontà sarà sempre contraddetta, non avrà mai niente di ciò che vorrà, cioè nessun bene ed avrà sempre quel che non vorrà, cioè tutti i tormenti. L’intelletto conoscerà i grandi beni che ha perduto, cioè il paradiso e Dio. Oh Dio, oh Dio, perdonatemi per amore di Gesù Cristo.
Peccatore, tu che ora non ti curi di perdere il paradiso e Dio, conoscerai la tua cecità quando vedrai i beati trionfare e godere nel regno dei cieli, e tu, come cane puzzolente, sarai cacciato via da quella patria beata, dalla bella faccia di Dio, dalla compagnia di Maria, degli angeli e dei santi. Allora smaniando griderai: Oh paradiso di contenti, o Dio, bene infinito, non siete, né sarete più mio. Su dunque, fa penitenza, muta vita, non aspettare che anche per te non vi sia più tempo. Datti a Dio, comincia ad amarlo davvero. Prega Gesù, prega Maria, che abbiano pietà di te.

FRUTTO. - I. Compenserò con qualche mortificazione le pene da me meritate nell’inferno. II. Quando avrò qualche disgusto o incomodo, o dolore, ecc., dirò a me stesso: Ricordati che lo hai meritato, e dovresti essere nell’inferno; e soffrirò con pazienza.

Considera come nell’inferno non vi è fine; si patiscono tutte le pene, e tutte eterne. Sicché, passeranno cento anni di quelle pene, ne passeranno mille e l’inferno allora comincerà; passeranno centomila e cento milioni, mille milioni di anni e di secoli e l’inferno sarà da capo. Se un angelo a quest’ora portasse la notizia ad un dannato che Dio lo vuol cavare dall’inferno, ma quando? quando saranno passati tanti milioni di secoli, quante sono le gocce d’acqua, le fronde degli alberi, le arene nel mare e della terra, voi vi spaventereste, ma è pur vero che quegli farebbe festa a questa notizia, che non fareste voi se aveste la notizia di esser fatto re di un gran regno. Sì, perché direbbe il dannato: è vero che passeranno tanti secoli, ma verrà un giorno in cui finiranno. Ma passeranno tutti questi secoli, quante sono le arene, le gocce, le fronde e l’inferno sarà da capo. Ogni dannato farebbe questo patto con Dio: Signore, accrescete quanto vi piace la mia pena, allungatela per quanto tempo vi piace, basta che vi poniate termine, ed io sono contento. 

Ma no, questo termine non sarà mai. Almeno il povero dannato potesse ingannare sé stesso, e lusingarsi col dire: Chi sa, forse un giorno Dio avrà pietà di me, e mi libererà dall’inferno. No, il dannato si vedrà sempre scritta in faccia la sentenza della sua dannazione eterna e dirà: dunque tutte queste pene che ora patisco, questo fuoco, questa malinconia, questo grido, non hanno da finire per me? No, gli sarà risposto: mai, mai, mai. E quanto tempo dureranno? Sempre, sempre.
Oh, mai! Oh sempre! Oh eternità! Oh inferno! come mai gli uomini ti credono e peccano, e seguitano a vivere in peccato!
Fratello mio, sta attento, pensa che anche per te è preparato l’inferno, se pecchi. Già arde sotto ai tuoi piedi questa orrenda fornace, ed a quest’ora che leggi, quante anime vi stanno cadendo! Pensa, che se vi cadrai una volta, non potrai uscirne mai più. E se qualche volta hai già meritato l’inferno, ringrazia Dio che non vi ti ha mandato e presto togliti dal pericolo: piangi i tuoi peccati e piglia i mezzi più adatti che puoi per salvarti. Confessati spesso; leggi questo o altro libretto spirituale ogni giorno, prendi la devozione a Maria col Rosario ogni giorno, col digiuno ogni sabato; nelle tentazioni resisti, chiamando Gesù e Maria fuggi le occasioni di peccare, e se Dio ti chiama a lasciare il mondo, fallo, fallo; ogni cosa che si fa per scampare ad una eternità di pene è poco, è niente. Nulla nimia securitas ubi periclitatur aeternitas (san Bernardo). Per assicurarci dell’eternità non vi è cautela che basti. Vedi quanti anacoreti per sfuggire all’inferno sono andati a vivere nelle grotte e nei deserti? E tu che fai, dopo che tante volte hai meritato l’inferno? Che fai? che fai? Vedi che ti danni. Datti tutto a Dio, e digli: Signore, eccomi, voglio fare tutto quello che volete da me. Maria, aiutatemi.

FRUTTO. - I. Mi ricorderò spesso di questa verità. Finisce tutto e finisce presto, l’eternità non finisce mai. II. Nelle noie e difficoltà di fare il bene e resistere al male, dirò a me stesso: Tutto è poco per l’acquisto di una beata eternità.
PREGHIERA. Ho da morire, e non so quando; ho da morire, e non so come; ho da morire, e non so dove; se viene la morte e mi trova in peccato, andrò all'inferno per sempre dannato - Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia. Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nell'ultima agonia. Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia. Così sia.

Dalle Meditazioni di sant'Alfonso Maria de Liguori, DOTTORE della Chiesa, Meditazione per il venerdì: DELL'INFERNO - Meditazione per il sabato: DELL'ETERNITÀ DELLE PENE (Cf. Il mio libro di preghiere, CLS, 2010, Verrua Savoia, pp. 36 ss.; preghiere pag. 19 e 20).
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)

2 commenti:

  1. Dalla Biografia di Paolo Farinella, presente sul suo sito

    Paolo Farinella, prete è uno strenuo assertore dell’ultimo concilio che per altro ritiene superato: egli infatti auspica e lavora per l'avvento di un prossimo concilio che porti a compimento le riforme iniziate, ma incomplete del Vaticano II e di Paolo VI. Si oppose come «obiettore di coscienza» al motu proprio «Summorum Pontificum» con cui Benedetto XVI, il 14 settembre 2007, Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, liberalizzò il rito tridentino della Messa e dei sacramenti, aprendo così una insanabile frattura nel cuore stesso della Chiesa e dando una formidabile spinta alla deriva della chiesa istituzionale che guarda al passato, incapace di sapere vedere i segni dei tempi e lo Spirito Santo in azione ai nostri giorni e nei giorni del futuro.

    Paolo Farinella, prete cattolico dal cuore laico, rappresenta solo se stesso e quindi parla solo da sé stesso, senza alcuna pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno. Consapevole di esporsi, come ha sempre fatto nella sua vita, mette in pubblico il suo pensiero, il suo cuore e la sua fede, firmandosi sempre. Chi condivide ne gioisca per la comunione, chi non condivide ne gioisca lo stesso per la pluralità che è possibile nella Chiesa, osservando sempre il criterio di «discernimento» suggerito dall’apostolo Paolo: «Vagliate quindi ogni cosa, e ritenete il bello/buono» (1Ts 5,21)


    Complimenti!

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  2. "vedi là Farinata che s'è ritto...dalla cintola in sù tutto il vedrai..." Divina Commedia -Dante Alighieri- Inferno.

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