Si guardino i sacerdoti dall'accettare nessuna delle idee del
liberalismo, che, sotto la maschera del bene, pretende di conciliare la
giustizia con l'iniquità...I cattolici liberali sono lupi coperti dalla
pelle di agnello; perciò il sacerdote, che è veramente tale, deve
svelare al popolo, commesso alle sue cure, le loro perfide trame, i loro
iniqui disegni. Sarete chiamati papisti, clericali, retrogradi,
intransigenti. Vantatevene! Siate forti, ed ubbidite a quel comando che è
ricordato in Isaia :"Grida, non darti posa, alza la voce come una
tromba, e annunzia al popolo mio le sue scelleratezze e alla casa di
Giacobbe i suoi peccati"......"
San Pio X
San Pio X
Ecco colui che ha gridato ma che molti vogliono zittire, purtroppo questo avviene anche all'interno della stessa Fraternità: "Lo faccio in maniera anonima poiché
mentre quelli che sono favorevoli ad un accordo possono esprimersi
liberamente, quelli invece che non condividono questa veduta non sono
liberi di esprimere liberamente il loro pensiero. Su questo
argomento all’interno della Fraternità regna una sorta di
omertà in questo momento".....
ACCUSO IL CONCILIO
Mons. Lefebvre attira l'attenzione sulla pubblicazione dei
suoi interventi durante il Concilio. Questi testi testimoniano la reazione
cattolica di fronte alle infiltrazioni nemiche del Vaticano II nella Chiesa. Conferenze
del 18 e del 27 agosto 1976.
Questi documenti manifesteranno con evidenza che
orientamenti liberali e modernisti si fecero strada ed ebbero un'influenza
pre-ponderante, grazie al vero complotto dei Cardinali della riva del Reno,
sfortunatamente sostenuti da Papa Paolo VI. Gli equivoci e le ambiguità di
questo Concilio pastorale contenevano il veleno che si è diffuso in tutta la
Chiesa tramite le riforme e le applicazioni conciliari. Da questo Concilio è
nata una nuova Chiesa riformata che S.E. Mons. Benelli chiama egli stesso
"la Chiesa conciliare".
Per ben comprendere e quantificare la nocività di questo
Concilio bisogna studiarlo alla luce dei documenti pontifici che mettono in
guardia i Vescovi, il clero e i fedeli dalla congiura dei nemici della Chiesa
che agiscono attraverso il liberalismo e il modernismo, e ciò - tra poco - da
oltre due secoli. Occorre anche conoscere i documenti degli avversari della
Chiesa e specialmente delle società segrete, che prepararono questo Concilio da
oltre un secolo. Infine sarà molto istruttivo seguire le reazioni dei
protestanti, dei massoni e dei cattolici liberali, durante e dopo questo
Concilio. La conclusione s'impone, soprattutto dopo l'immenso disastro che
subisce la Chiesa a partire da questo Concilio: questo evento rovinoso per la
Chiesa cattolica e per tutta la civiltà cristiana non è stato diretto e guidato
dallo Spirito Santo.
Perché questo titolo, Accuso il Concilio? Perché noi abbiamo
le basi per affermare, grazie ad argomenti tanto di critica interna quanto di
critica esterna, che lo spirito che ha dominato il Concilio e che ne ha
ispirato tanti testi ambigui ed equivoci e anche francamente errati, non è lo
Spirito Santo, ma lo spirito del mondo moderno, spirito liberale, Teilhardiano,
modernista, opposto al regno di Nostro Signore Gesù Cristo. [...]
È quindi indispensabile smitizzare questo Concilio che hanno
voluto pastorale a causa del loro orrore istintivo per il dogma, e per
facilitare l'introduzione ufficiale delle idee liberali in un testo della
Chiesa. Ma una volta conclusa l'operazione, essi dogmatizzano il Concilio, lo paragonano
a quello di Nicea, lo pretendono simile agli altri se non superiore! [...]
A poco a poco gli occhi si aprono su di una congiura
stupefacente preparata da lunga data. Questa scoperta obbliga a domandarsi
quale sia stato in tutta quest'opera il ruolo del Papa, quale sia stata la sua
responsabilità. In verità, essa pare schiacciante, malgrado il desiderio di
scagionarlo da questo mostruoso tradimento della Chiesa. Ma, se noi lasciamo a
Dio e ai futuri veri successori di Pietro il giudizio su queste cose, non è per
questo meno certo che il Concilio sia stato sviato dal suo scopo da un gruppo
di congiurati e che ci sia impossibile penetrare in questa congiura,
quand'anche in questo Concilio ci fossero molti testi soddisfacenti. Perché i
testi buoni sono serviti per far accettare i testi equivoci, minati, ingannevoli.
Ci rimane un'unica soluzione: abbandonare quei testimoni pericolosi per
attaccarci fermamente alla Tradizione, ossia al magistero ufficiale della
Chiesa lungo venti secoli.
Ecco un altra testimonianza di un grande Cardinale messo a tacere dallo spudorato modernista Paolo VI per compiacere il comunismo satanico:
Trascrivo dalle “Memorie” del card. Mindszenty:
«Appena arrestato, mi portarono con una colonna di macchine nella via Andrassy 60, luogo spaventoso di tortura e vero centro di terrore già al tempo dell’occupazione nazista. Là, imperava il capo di tutta l’organizzazione poliziesca, il generale Peter Gabor, che aveva cambiato il suo vero cognome di Benjamin Eisenberg, essendo di smaccata marca giudaica. Suo braccio destro era un altro ebreo, Gyula Décsi, il quale, quando mi ebbe nelle sue mani, gridò euforico: “Razza di un cane, è un pezzo che aspettavamo questo momento, finalmente arrivato!”. Mi stavano ringraziando per la prigionia subita sotto i tedeschi, perchè tutti noi vescovi d’Ungheria avevamo protestato a causa delle persecuzioni antisemite. Subito incominciarono gli interminabili e ossessivi interrogatori, e dato che non potevo confermare le loro spudorate menzogne, il maggiore Décsi incominciò a picchiami violentemente con un manganello di gomma su tutto il corpo sino ad averne il fiato grosso. Eravamo solo all’inizio. In seguito, mi costringevano a spogliarmi per subire, nudo, il trattamento dei manganelli, condito con una abbondante dose di calci anche nei genitali; e, pure di notte, per impedirmi il sonno. Tutto questo per costringermi a confessare i miei delitti e poi sottoscriverli, e così dar corso “alla legalità socialista”, come prescrive il Talmud. Dopo venti giorni, ero ridotto in uno stato di completa incoscienza, anche per le droghe immesse nel cibo; e ricordo solo una allucinante sensazione che mi mancasse la spina dorsale e altre parti del corpo ormai quasi paralizzate. E allora, il logorante processo, durato dal 3 al 5 febbraio, con un lungo verbale di accusa che dovetti firmare senza rendermi conto cosa fosse in esso scritto. La sentenza fu emessa il giorno dopo, con l’ergastolo in una segreta prigione di massima sicurezza».
«Appena arrestato, mi portarono con una colonna di macchine nella via Andrassy 60, luogo spaventoso di tortura e vero centro di terrore già al tempo dell’occupazione nazista. Là, imperava il capo di tutta l’organizzazione poliziesca, il generale Peter Gabor, che aveva cambiato il suo vero cognome di Benjamin Eisenberg, essendo di smaccata marca giudaica. Suo braccio destro era un altro ebreo, Gyula Décsi, il quale, quando mi ebbe nelle sue mani, gridò euforico: “Razza di un cane, è un pezzo che aspettavamo questo momento, finalmente arrivato!”. Mi stavano ringraziando per la prigionia subita sotto i tedeschi, perchè tutti noi vescovi d’Ungheria avevamo protestato a causa delle persecuzioni antisemite. Subito incominciarono gli interminabili e ossessivi interrogatori, e dato che non potevo confermare le loro spudorate menzogne, il maggiore Décsi incominciò a picchiami violentemente con un manganello di gomma su tutto il corpo sino ad averne il fiato grosso. Eravamo solo all’inizio. In seguito, mi costringevano a spogliarmi per subire, nudo, il trattamento dei manganelli, condito con una abbondante dose di calci anche nei genitali; e, pure di notte, per impedirmi il sonno. Tutto questo per costringermi a confessare i miei delitti e poi sottoscriverli, e così dar corso “alla legalità socialista”, come prescrive il Talmud. Dopo venti giorni, ero ridotto in uno stato di completa incoscienza, anche per le droghe immesse nel cibo; e ricordo solo una allucinante sensazione che mi mancasse la spina dorsale e altre parti del corpo ormai quasi paralizzate. E allora, il logorante processo, durato dal 3 al 5 febbraio, con un lungo verbale di accusa che dovetti firmare senza rendermi conto cosa fosse in esso scritto. La sentenza fu emessa il giorno dopo, con l’ergastolo in una segreta prigione di massima sicurezza».
-----------------------------------------------
Fonte Unavox...
Riflessioni su un eventuale accordo pratico con le autorità romane
Questo scritto è stato pubblicato sul blog francese tradinews
i neretti sono nostri
si veda la risposta di don Michele Simoulin
e l'editoriale sullo stesso argomento scritto da don Michele Simoulin
sul numero di maggio del Seignadou
Questo scritto è stato pubblicato sul blog francese tradinews
i neretti sono nostri
si veda la risposta di don Michele Simoulin
e l'editoriale sullo stesso argomento scritto da don Michele Simoulin
sul numero di maggio del Seignadou
Un sacerdote, anonimo per timore di ritorsioni, della Fraternità
Sacerdotale San Pio X
26 maggio 2012
Dal mese di settembre 2011 sono in corso delle trattative fra le autorità romane, e il particolare il Cardinale Levada, da un lato, e il Superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, dall’altro. Il contenuto dei documenti scambiati resta in gran parte segreto: come membro di base della Fraternità io conosco verbalmente solo il testo del Preambolo dottrinale e della prima risposta di Mons. Fellay.
A tutt’oggi, sull’argomento esistono dei gravi dissensi nella Fraternità. Che sono stati resi manifesti con la pubblicazionedi una corrispondenza tra Mons. Fellay e gli altri tre vescovi. Questi ultimi mettono in guardia Mons. Fellay contro il pericolo di un accordo puramente pratico mentre le autorità romane si ostinano a promuovere gli errori del Concilio Vaticano II.
Diversi sacerdoti della Fraternità si sono espressi pubblicamente per difendere l’opportunità e perfino la necessità di un tale accordo pratico nelle attuali circostanze. Io mi permetto di scrivere questo breve testo per esprimere la mia perplessità su questa eventualità. Lo faccio in maniera anonima poiché mentre quelli che sono favorevoli ad un accordo possono esprimersi liberamente, quelli invece che non condividono questa veduta non sono liberi di esprimere liberamente il loro pensiero. Su questo argomento all’interno della Fraternità regna una sorta di omertà in questo momento.
Non si tratta di opporsi in maniera sovversiva alla legittima autorità, che io rispetto ed onoro, ma di rispondere agli argomenti dei confratelli favorevoli ad un accordo pratico, poiché non mi sembra che questi argomenti debbano comportare l’adesione. Da notare che, a quanto ne so, finora non è stato firmato alcun accordo, quindi ci troviamo ancora in una fase di consiglio e di deliberazione.
Mi riferirò in particolare ad un testo che ho ricevuto per posta elettronica e che è stato redatto da Don Michele Simoulin, che sta in Francia, nella scuola Saint-Joseph-des-Carmes. Procederò con le citazioni che poi commenterò.
Dal mese di settembre 2011 sono in corso delle trattative fra le autorità romane, e il particolare il Cardinale Levada, da un lato, e il Superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, dall’altro. Il contenuto dei documenti scambiati resta in gran parte segreto: come membro di base della Fraternità io conosco verbalmente solo il testo del Preambolo dottrinale e della prima risposta di Mons. Fellay.
A tutt’oggi, sull’argomento esistono dei gravi dissensi nella Fraternità. Che sono stati resi manifesti con la pubblicazionedi una corrispondenza tra Mons. Fellay e gli altri tre vescovi. Questi ultimi mettono in guardia Mons. Fellay contro il pericolo di un accordo puramente pratico mentre le autorità romane si ostinano a promuovere gli errori del Concilio Vaticano II.
Diversi sacerdoti della Fraternità si sono espressi pubblicamente per difendere l’opportunità e perfino la necessità di un tale accordo pratico nelle attuali circostanze. Io mi permetto di scrivere questo breve testo per esprimere la mia perplessità su questa eventualità. Lo faccio in maniera anonima poiché mentre quelli che sono favorevoli ad un accordo possono esprimersi liberamente, quelli invece che non condividono questa veduta non sono liberi di esprimere liberamente il loro pensiero. Su questo argomento all’interno della Fraternità regna una sorta di omertà in questo momento.
Non si tratta di opporsi in maniera sovversiva alla legittima autorità, che io rispetto ed onoro, ma di rispondere agli argomenti dei confratelli favorevoli ad un accordo pratico, poiché non mi sembra che questi argomenti debbano comportare l’adesione. Da notare che, a quanto ne so, finora non è stato firmato alcun accordo, quindi ci troviamo ancora in una fase di consiglio e di deliberazione.
Mi riferirò in particolare ad un testo che ho ricevuto per posta elettronica e che è stato redatto da Don Michele Simoulin, che sta in Francia, nella scuola Saint-Joseph-des-Carmes. Procederò con le citazioni che poi commenterò.