Proponiamo la lettera aperta che 37 Sacerdoti della Fraternità San Pio X hanno Scritto al "Superiore Monsignor Fellay". Ci avevano raccontato che durante l'ultimo Capitolo "tutto era stato appianato" ma come si dimostra da questo importante scritto, niente è stato appianato, solamente chi è stato ed è contrario agli "accordi" con gli assasini della fede conciliari, viene allontanato o ridotto al silenzio o al parlare anonimo.
Notiamo inoltre che in questo momento così tenebroso per la Chiesa, con l'abdicazione dal Papato del traditore modernista Ratzinger e con il rischio di avere due Papi entrambi vestiti di bianco, dalla San Pio X "tutto tace"... tranne che per parlare di "tornei di calcetto" o per lanciare minacce di denuncia, al fine di far togliere il loro "esclusivo logo" dal nostro Blog, cosa che abbiamo fatto molto volentieri.
Questa è la Mail che ci è stata inviata dal sito ufficiale della San Pio X, del Distretto di Francia:
From: Webmestre La Porte Latine <webmaster@laportelatine.org>
Date: 2013/2/28
Subject: District de Francde de la FSSPX - Utilisation abusive de notre logo
To: cruccasgianluca@gmail.com
Cc: annarita.2009@gmail.com
Cher Monsieur,
Nous venons de voir que vous utilisez notre logo sur votre blog http://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.com/
Or, notre logo bénéficie d’un copyright et ne peut être utilisé sans notre accord.
Nous vous sommons donc de le retirer.
A défaut nous porterions plainte pour utilisation abusive d’un logo déposé.
Salutations distinguées
LPL
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Non era nostra intenzione sottrarre alcunchè a nessuno: quando scegliemmo questo simbolo per il nostro banner, non vedemmo nello stemma nessuna "R" che significa "Marchio Registrato", perciò ci sentimmo liberi di poterlo esporre nella nostra pagina. Oltretutto eravamo ancora ingenuamente convinti che la Fraternità San Pio X fosse quel luogo della Chiesa Cattolica in cui ancora poter trovare l'assoluta fedeltà alla Tradizione della Chiesa Romana di sempre, e in cui lo spirito di quel santo Vescovo che era Mons. Lefebvre fosse ancora vivo.....vive le sue parole, vive le sue battaglie per la difesa della Fede integrale....
Ma oggi, considerata la nuova identità tradi-modernista che ha assunto ultimamente il vertice della Fraternità, molto volentieri togliamo questo simbolo, affinchè nessuno pensi che rappresentiamo, anche non volendo, le posizioni della "nuova Fraternità San Pio X".
Anzi - poichè nel nuovo logo da noi ideato c'è la frase "non possumus", simbolo del non compromesso, e della pura fedeltà alla santa Dottrina Cattolica di sempre, che rigetta ogni relativismo, ogni tentazione, e ogni "accordo pratico" con i poteri tenebrosi e menzogneri di questo mondo - invitiamo tutti coloro che lo desiderassero ad utilizzare questo logo nei loro blog, nelle loro pagine web, ovunque vogliano, perchè si diffonda come un'onda benefica questo grido cattolico, in opposizione al rilassamento dottrinale che sta infestando la Chiesa e allo spirito anticristico che riempie la Terra.
Una cosa è certa: leggendo qui sotto la lettera di questi Sacerdoti, è evidente che ormai le bugie hanno la gambe corte. Forse quelli che hanno cercato di fare l'ignobile "accordo" dovrebbero seguire l'esempio del loro primo "Interlocutore" Ratzinger, e magari ritirarsi sulla stessa "montagna", a suonare il piano e ad accarezzare il gattino dell'abdicante Ratzinger... (c'è anche la possibilità di leggere insieme a Mons. Ratzinger gli illuminanti scritti di Hans Urs Von Balthazar, per farsi una cultura schiettamente modernista e recuperare tutto il "tempo perduto" dietro alla Tradizione e a Monsignor Lefebvre.........)
Ringraziamo per la traduzione della lettera dal Francese il Sito di Unavox, che gentilmente ci ha fornito l'importante servizio...
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Eccellenza,
come Lei ha scritto recentemente: «i legami che ci uniscono sono
essenzialmente soprannaturali». Tuttavia, Lei si preoccupa
di ricordarci, a giusto titolo, che anche le esigenze della natura non
devono essere dimenticate. «La
grazia non distrugge la natura». Tra queste esigenze vi
è la veridicità. Ora, noi siamo obbligati a constatare
che una parte dei problemi che abbiamo dovuto affrontare in questi
ultimi mesi, derivano da una grave mancanza di questa virtù.
Dieci anni fa, Lei diceva come Mons. Tissier de Mallerais:
«Mai accetterò di dire: “Nel
concilio, se lo si interpreta bene, quanto meno, lo si potrebbe far
corrispondere alla Tradizione, lo si potrebbe trovare accettabile”, Mai
accetterò di dirlo. Sarebbe una menzogna e non è permesso
dire una menzogna, anche se si trattasse di salvare la Chiesa.»
(Gastines, 16 settembre 2012).
Ma dopo, Lei è cambiato,
fino a scrivere:
«L’intera Tradizione della fede cattolica
dev’essere il criterio e la guida per la comprensione degli
insegnamenti del Concilio Vaticano II, il quale a sua volta chiarisce
certi aspetti della vita e della dottrina della Chiesa, implicitamente
presenti in essa e non ancora formulati. Le affermazioni del Concilio
Vaticano II e del Magistero Pontificio successivo, relative alla
relazione fra la Chiesa cattolica e le confessioni cristiane non
cattoliche, devono essere comprese alla luce dell’intera Tradizione»
(Saint-Joseph-des-Carmes, 5 giugno 2012).
A
Brignole, nel maggio 2012, Lei ha parlato di quel documento che «conveniva a Roma», ma che
«bisogna spiegare tra noi
perché vi sono delle dichiarazioni che sono talmente sul filo
del rasoio che se si è mal disposti o a seconda che si indossano
lenti nere o rosa, le si legge così o cosà».
Dopo di che, Lei si è
giustificato nel modo seguente:
«Se possiamo accettare di essere
“condannati” per il nostro rifiuto del modernismo (che è vero),
non possiamo accettare di esserlo perché aderiamo alle tesi
sedevacantiste (cosa che è falsa), è questo che mi ha
condotto a redigere un testo “minimalista” che teneva conto di uno solo
dei due dati e, per questo, si è potuto prestare a della
confusione tra di noi.» (Cor
Unum 102).
«Questo testo, quando l’ho scritto,
evidentemente pensavo che fosse sufficientemente chiaro, che fossi
riuscito a sufficienza ad evitare le… - come si dice? – le
ambiguità. Ma gioco forza… diciamo che i fatti sono quelli che
sono, io sono obbligato a vedere che questo testo era diventato un
testo che divideva noi, nella Fraternità. Questo testo,
evidentemente, lo ritiro.» (Ecône, 7 settembre 2012).
Lei è dunque un incompreso che, per condiscendenza, ritira un
testo molto delicato che degli spiriti limitati non sono stati in grado
di comprendere. Questa versione dei fatti è abile, ma è
giusta? Ritirare un documento e ritrattare un errore dottrinale non
sono formalmente la stessa cosa. Per di più, invocare le «tesi sedevacantiste» per
giustificare questo documento «minimalista»
che «conveniva a Roma»,
sembra molto fuori posto quando per altro verso, da più di
tredici anni, Lei ha autorizzato un confratello a non citare più
il nome del papa nel canone, dopo avergli confidato che comprendeva la
sua scelta di fronte alla scandalosa firma di un documento comune tra
Cattolici e Protestanti.
Mons. Tissier de Mallerais confidava a un confratello che questa «Lettera del 14 aprile» non
dovrebbe mai essere pubblicata, perché, secondo lui, Lei sarebbe
«definitivamente screditato e
probabilmente costretto alle dimissioni». Il che conferma
il caritatevole avvertimento di Mons. Williamson: «per la gloria di Dio, per la salvezza
delle anime, per la pace interna della Fraternità e per la sua
salvezza personale, Lei farebbe meglio a dimettersi da Superiore
Generale, piuttosto che escludermi.» (Londra, 19 ottobre
1012).
Eppure, Lei ha preso la cosa come un’aperta, pubblica provocazione.
Ma quando Mons. de Galarreta pronunciò, il 13 ottobre a
Villepreux, questa frase incredibile, che si può ascoltare, ma
non leggere, poiché la trascrizione in linea de La Porte Latine l’ha omessa:
«È quasi impossibile che la
maggioranza dei Superiori della Fraternità – dopo una franca
discussione, un’analisi approfondita di tutti gli aspetti, di tutti i
pro e i contro – è impensabile che la maggioranza si sbagli in
una materia prudenziale. E se per caso accade l’impossibile, ebbene
tanto peggio, faremo in ogni caso ciò che pensa la maggioranza»,
a Menzingen, il Segretario
Generale, don Thouvenot, scrisse che egli «esponeva con distacco e sottolineava gli
avvenimenti dello scorso giugno».
Com’è che la Fraternità è potuta cadere
così in basso?
Mons.
Lefebvre scriveva: «Il giorno
del giudizio, Dio ci chiederà se siamo stati fedeli e se abbiamo
obbedito a delle autorità infedeli. L’obbedienza è una
virtù relativa alla Verità e al Bene. Ma se essa si
sottomette all’errore e al male, non è più una
virtù, ma un vizio.» (Mons. Leebvre, lettera del 9
agosto 1986).
E don Berto, nel 1963, scriveva:
«si deve guardare più in là
della punta del proprio naso e non immaginare che si ha diritto allo
Spirito Santo come fosse a comando, quando si è in Concilio».
Alla
conferenza del 9 novembre 2012, a Parigi, un Priore Le ha chiesto:
«all’uscita da ritiro sacerdotale, due
confratelli mi hanno accusato di essere in rivolta contro la sua
autorità, perché avevo manifestato soddisfazione a
proposito del testo di don Cacqueray contro Assisi III. Come mai?»
E la sua risposta è stata:
«Ignoro che vi siano simili cose nella
Fraternità. Sono stato io che ho chiesto questa dichiarazione.
D’altronde, essa è stata pubblicata con la mia autorizzazione.
Io sono del tutto d’accordo con don Cacqueray.»
Ora, durante il ritiro delle suore a Ruffec, Lei ha confidato a sei
confratelli di non essere d’accordo col testo di don Cacqueray. E
d’altronde, Lei si era lamentato con lui per i rimproveri che il
cardinale Levada, per venti minuti, gli aveva rivolto sull’argomento. E
ha spiegato che se gli aveva dato l’autorizzazione per la pubblicazione
era per non sembrare parziale… ma che personalmente ne disapprovava il
contenuto, che giudicava eccessivo.
Chi è, dunque, Monsignore, che utilizza dei mezzi «sostanzialmente sovversivi»?
Chi è il rivoluzionario? Chi nuoce al bene comune della nostra
società?
Il 9 novembre 1012, a Parigi, abbiamo sentito un confratello che Le
chiedeva:
«Faccio parte di quelli che hanno perso la
fiducia! Quante linee di condotta ci sono oggi nella Fraternità…»
E Lei ha risposto:
«È una grave ferita. Abbiamo subito
una grande prova. Ci vorrà del tempo».
E davanti a questa risposta
sfuggente, un altro Priore Le ha chiesto.
«Ritiri la sua risposta ai suoi tre
confratelli vescovi…».
La sua risposta fu ancora nebulosa:
«Sì, quando la rileggo, mi sembra
che vi siano dei piccoli errori. Ma in effetti, per aiutarvi a
comprendere, sappiate che quella lettera non fu una risposta alla loro,
ma alle difficoltà che avevo avuto con ciascuno di essi
separatamente. Io ho molta stima di Mons. Williamson, perfino
dell’ammirazione, egli ha dei colpi di genio nella lotta contro il
Vaticano II, è una grossa perdita per la Fraternità e
giunge nel momento peggiore…».
Ma chi è il responsabile della sua esclusione?
In privato, Lei dice molte cose: «ero in guerra», «Roma mente»… ma non ha mai
pubblicato il minimo comunicato ufficiale per denunciare queste pretese
menzogne.
Peggio.
Recentemente, a proposito dell’ultimatum del 22 febbraio, Lei ha
ufficialmente avallato la menzogna del Vaticano.
Il suo linguaggio è divenuto interminabilmente confuso. Questa
maniera ambigua di esprimersi non è lodevole, come scriveva il
Padre Calmel:
«Ho sempre avuto in orrore le espressioni
molli e sfuggenti, che possono essere tradotte in tutti i sensi e alle
quali ognuno può far dire ciò che vuole. E mi sono tanto
più in orrore per quanto si coprono dell’autorità
ecclesiastica. Queste espressioni mi sembrano soprattutto un’ingiuria
diretta a Colui che ha detto: «Io sono la Verità… Voi
siete la luce del mondo… Che il vostro parlare sia sì sì,
no no…»
Monsignore, Lei e i suoi Assistenti siete stati capaci di dire tutto e
il contrario di tutto, senza timore del ridicolo.
Don Nély, nell’aprile 2012, di passaggio da Toulouse,
dichiarò a una dozzina di confratelli che
«se le relazioni dottrinali con Roma sono
arenate è perché i nostri teologi sono stati troppo
impetuosi»,
eppure ad uno di questi teologi
egli aveva detto:
«Avreste dovuto essere più incisivi».
Lei stesso, il 9 novembre 2012, ci ha detto:
«Vi faccio ridere, ma penso veramente che
noi, i quattro vescovi, siamo dello stesso avviso».
Mentre sei mesi prima Lei aveva
scritto loro:
«sulla questione cruciale tra tutte, quella
della possibilità di sopravvivere nelle condizioni di un
riconoscimento della Fraternità da parte di Roma, noi non
arriviamo alle stesse vostre conclusioni.»
Nella stessa conferenza del ritiro a Ecône, Lei ha dichiarato:
«Vi confesso che facendo ciò che ho
fatto non ho pensato di andare contro il Capitolo [del
2006].»
Poi, pochi momenti dopo, a
proposito del Capitolo del 2012:
«se è il Capitolo che l’ha deciso,
è una legge che vale fino al prossimo Capitolo».
Ora, quando si sa che nel marzo del
2012, senza attendere il prossimo Capitolo, Lei aveva distrutto la
legge di quello del 2006 (nessun accordo pratico senza soluzione
dottrinale), ci si interroga sulla sincerità della dichiarazione.
Uno dei suoi confratelli nell’episcopato, a Villepreux, ci invitava a
«non drammatizzare. Il dramma sarebbe
abbandonare la fede. Non bisogna chiedere una perfezione che non
è di questo mondo. Non bisogna cavillare su queste questioni.
Bisogna vedere se l’essenziale c’è o no.»
È vero, Lei non è diventato maomettano (1°
comandamento), non s’è sposato (6° comandamento), Lei ha
semplicemente malmenato la realtà (8° comandamento). Ma,
quando le ambiguità riguardano la battaglia per la fede,
l’essenziale continua a sussistere?
Nessuno Le chiede una perfezione che non è di questo mondo.
È facilmente concepibile che ci si sbagli di fronte al mistero
d’iniquità, poiché anche gli eletti potranno essere
ingannati, ma nessuno può accettare un linguaggio duplice.
Certo, la grande apostasia, predetta dalla Scrittura, può solo
turbarci. Chi può pretendere di essere indenne dalle trappole
del diavolo? Ma perché ingannarci? Certo, ad ogni peccato,
misericordia, ma dove sono gli atti che esprimono l’esame di coscienza,
il pentimento e la riparazione degli errori?
Davanti ai Priori di Francia, Lei ha detto:
«sono stanco delle diatribe sulle parole».
È qui che sta forse il
problema.
Chi Le impedisce di andare a riposarsi a Montgardin e di gustarvi le
gioie della vita riservata?
Roma ha sempre usato un linguaggio chiaro. Mons. Lefebvre anche. Anche
Lei in passato. Ma oggi Lei introduce una confusione identificando
indebitamente «la Chiesa
cattolica, la Roma eterna» con «la Chiesa ufficiale, la Roma modernista e
conciliare».
Ora, in nessun caso Lei può cambiare la natura della nostra
battaglia. Se non vuole più compiere questa missione, Lei,
insieme ai suoi Assistenti, deve rinunciare all’incarico che la
Fraternità vi ha affidato.
In effetti, don Pfluger dice pubblicamente di soffrire per
l’irregolarità canonica della Fraternità. Egli ha
confidato a un confratello, nel giugno 2012, di
«essere stato scosso dai colloqui dottrinali».
Uscendo dalla sua conferenza a
Saint-Joseph-des-Carmes, diceva in maniera sprezzante a chi voleva
capire:
«E dire che c’è ancora chi non
comprende che bisogna firmare!».
Il 29 aprile 2012, a Hattersheim, dopo aver confessato che «gli avvenimenti trascorsi hanno provato
che le differenze concernenti la questione dottrinale non possono
essere colmate», egli faceva suo il timore di «nuove scomuniche».
Ma come si possono temere le scomuniche dei modernisti, che sono
già scomunicati dalla Chiesa?
Don Nély, in occasione di un pranzo per i benefattori, a
Suresnes, annunciava che
«Il Papa aveva fissato un termine al
rapporto con la Fraternità, chiedendo il riconoscimento della
Messa e del Vaticano II»
e aggiungeva che
«Mons. Fellay stava sulla sua piccola
nuvola ed era impossibile farlo scendere».
Ma don Nély, non ha firmato
anch’egli la mostruosa lettera ai tre vescovi?
Non è stato lui stesso «sulla sua piccola nuvola»,
quando, di passaggio a Fanjeaux, ha detto alla Superiora, inquieta a
proposito dell’ultimatum di Roma: «Non si preoccupi, con Roma va tutto bene,
i loro canonisti ci aiutano a preparare gli statuti della prelatura…».
Può dire, in coscienza, che Lei e i suoi Assistenti vi siete
assunte le vostre responsabilità?
Dopo tante dichiarazioni contraddittorie e nefaste, come pretendete
ancora di governare?
Chi ha nuociuto all’autorità del Superiore Generale, se non Lei
stesso e i suoi Assistenti?
Come può pretendere di parlarci di giustizia, dopo averla lesa?
«Quale
verità può uscire dalla bocca di un mentitore?»
(Eccli. 34, 4).
Chi ha seminato la zizzania?
Chi è stato sovversivo usando la menzogna?
Chi ha scandalizzato sacerdoti e fedeli?
Chi ha mutilato la Fraternità diminuendo la sua forza
episcopale?
Può esserci una carità senza l’onore e la giustizia?
Scrivendo così pubblicamente, noi sappiamo che ci si
rimprovererà di non aver rispettato le forme. E allora la nostra
risposta sarà quella del Padre de Foucauld al Generale
Laperrine: «Entrando nella vita
religiosa, avevo creduto che avrei consigliato soprattutto la dolcezza
e l’umiltà; col tempo, credo che manchi più spesso la
dignità e la fierezza» (Lettera del 6 dicembre
1915).
A che pro scriverLe in privato, quando si sa che un confratello
coraggioso e lucido ha dovuto attendere quattro anni per avere una
lettera da Lei e non per leggervi, poi, delle risposte, ma delle
ingiurie.
Quando un Superiore di Distretto aspetta sempre una nota di ricevimento
della sua lettera di 17 pagine, inviata alla Casa Generalizia, sembra
che Menzingen non abbia altri argomenti che il volontarismo: «sic volo, sic iubeo, sit pro ratione
voluntas».
Monsignore, ciò che viviamo in questo momento è odioso.
La rettitudine evangelica è andata perduta: sì,
sì, no, no.
Il Capitolo del 2012 non ha affatto chiarito la situazione.
Don Faure, un capitolare, ci ha recentemente messo in guardia
pubblicamente contro «Le
lettere e le dichiarazioni di questi ultimi mesi degli attuali
Superiori della Fraternità».
Un altro capitolare ha confidato ad un confratello: «Bisogna riconoscere che il Capitolo
è bloccato. Oggi si è per l’OK ad una Fraternità
libera nella Chiesa conciliare. Sono rimasto sconvolto per il livello
di riflessione di certi capitolari».
I suoi interventi e quelli dei suoi Assistenti sono ingannevoli e
lasciano credere che avete attuato solo un passo indietro strategico.
Alla fine del 2011, un Assistente con un fratello “accordista”
cercarono di stimare il numero dei sacerdoti che in Francia avrebbero
rifiutato un accordo con Roma. Il loro risultato fu di sette. Menzingen
si rassicurò.
Nel marzo 2012, Lei ha detto confidenzialmente che il signor Guenois
del Figaro era un giornalista informato molto bene e che la sua visione
delle cose era molto giusta.
Ora, il suo articolo diceva: «Che
lo si voglia o no, il Papa e Mons. Fellay vogliono un accordo non
dottrinale, ma ecclesiale».
Nel maggio 2012, Lei ha confidato ai Superiori dei Benedettini, dei
Domenicani e dei Cappuccini: «Sappiamo
che ci sarà una rottura, ma si andrà fino in fondo».
Nel giugno l’accordo ecclesiale fu impossibile.
Tuttavia, nell’ottobre 2012, di passaggio al Priorato di Bruxelles, dei
preti diocesani, invitati da don Wailliez, Le hanno manifestato il loro
desiderio di vedere un accordo fra Roma e la Fraternità, e Lei
li ha rassicurati con queste parole: «sì, sì, si farà ben
presto». Erano passati tre mesi dal Capitolo di luglio.
Monsignore, Lei ha il dovere di giustizia di dire la verità, di
riparare alle menzogne e di ritrattare gli errori. Lo faccia e tutto
tornerà in ordine. Lei sa che André Avellin è
diventato un gran santo, nel XVI secolo, dopo aver subito l’onta di una
menzogna che aveva pronunciato per debolezza. Noi vogliamo
semplicemente che Lei divenga un gran santo.
Eccellenza, non vogliamo che la storia si ricordi di Lei come dell’uomo
che ha sfigurato e mutilato la Fraternità Sacerdotale San Pio X.
Stia certo, Eccellenza, della nostra totale fedeltà all’opera di
Mons. Lefebvre.
28 febbraio 2013
Trentasette sacerdoti del Distretto di Francia
Be, Fellay è un astuto politico.
RispondiEliminaE' proprio un vaticansecondino.
Per fortuna che altri della comunità lo smascherano.
E' riuscito là dove il Vaticano non era riuscito in decenni: rompere l'unità della FSPPX.
Si attendono con trepidazione e speranza, dopo Ratzinga, le dimissioni del Felleus.
è vero che altri della comunità lo smascherano ( in ritardo ), purtroppo però altri ancora preferiscono una pseudo-unità alla verità... come dici tu comunque l'esito sarà inevitabile se non ci saranno immediate dimissioni in massa dei capi e di coloro che da questi capi sono stati messi li per ottenere i voti necessari al capitolo...la spaccatura ulteriore è solo questione di opportunità e di mesi, ma sarà inevitabile se non auspicabile per il bene della Chiesa e di noi miseri fedeli
EliminaMatteo
Girando nei bloggers e su una buona parte della stampa, sembra che ci siano abbastanza contatti tra i porporati, che parlano di confluire su un nome che fa' pensare - si tratta del card. arc. di San Paolo del Brasile,
RispondiEliminaSHERER - Visto che Sherer e' straripante di simpatia per i neocat. crediamo che per i cattolici non ci sia di stare troppo allegri.
Sembra che questo nome giri molto e ci siano buone propabilita' e possibilita' in quanto sembra che stiano trattando europei ed americani.
"L’obbedienza è una virtù relativa alla Verità e al Bene. Ma se essa si sottomette all’errore e al male, non è più una virtù, ma un vizio." (Mons. Leebvre)
RispondiElimina...parole sante!