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martedì 21 aprile 2015

LA VERA MISERICORDIA DI DIO...

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 Degli effetti e della necessità del sacramento della Penitenza
e delle disposizioni per ben riceverlo. (Catechismo di San Pio X)

690. Quanti sono gli effetti del sacramento della Penitenza?

Il sacramento della Penitenza conferisce la grazia santificante con la quale sono rimessi i peccati mortali e anche i veniali che si sono confessati e dei quali si ha dolore; commuta la pena eterna nella temporale, della quale pure vien rimesso più o meno secondo le disposizioni; restituisce i meriti delle buone opere fatte prima di commettere il peccato mortale; dà all'anima aiuti opportuni per non ricadere nella colpa, e ridona la pace alla coscienza.

691. Il sacramento della Penitenza è necessario a tutti per salvarsi?

Il sacramento della Penitenza è necessario per salvarsi a tutti quelli che dopo il Battesimo hanno commesso qualche peccato mortale.

692. E cosa buona confessarsi spesso?

Il confessarsi spesso è cosa ottima, perché il sacramento della Penitenza, oltre al cancellare i peccati dà le grazie opportune per evitarli in avvenire.

693. Il sacramento della Penitenza ha virtù di rimettere tutti i peccati per molti e grandi che siano?

Il sacramento della Penitenza ha virtù di rimettere tutti i peccati per molti e grandi che siano, purché si riceva con le dovute disposizioni.

694. Quante cose si richiedono per fare una buona confessione?

Per fare una buona confessione si richiedono cinque cose:
  1. esame di coscienza;
  2. dolore di avere offeso Iddio;
  3. proponimento di non più peccare;
  4. accusa dei propri peccati;
  5. soddisfazione o penitenza.

695. Che cosa dobbiamo noi fare prima di tutto per confessarci bene?

Per confessarci bene dobbiamo prima di tutto pregare di cuore il Signore a darci lume per conoscere tutti i nostri peccati e forza per detestarli.

725. Come farete per eccitarvi a detestare i peccati?

Per eccitarmi a detestare i peccati:
  1. considererò il rigore della infinita giustizia di Dio e la deformità del peccato che ha deturpato l'anima mia e mi ha reso meritevole delle pene eterne dell'inferno;
  2. considererò che ho perduta la grazia, l'amicizia, la figliuolanza di Dio e l'eredità del paradiso;
  3. che ho offeso il mio dentore che è morto per me, e che i miei peccati sono stati la cagione della sua morte;
  4. che ho disprezzato il mio Creatore, il mio Dio; che ho voltato le spalle a lui, mio sommo bene degno di essere amato sopra ogni cosa e servito fedelmente.

726. Dobbiamo noi essere grandemente solleciti, quando andiamo a confessarci, d'avere un vero dolore de' nostri peccati?

Quando noi andiamo a confessarci, dobbiamo essere certamente molto solleciti di avere un vero dolore de' nostri peccati, perché questa è la cosa più importante di tutte: e se manca il dolore, la confessione non vale.
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  Padre Pio e il professore di filosofia
Un uomo, con i gomiti poggiati sul balcone e la testa fra le mani, era da tempo in sacrestia. Io gli ero a fianco, pregando.
Appena ritto, gli domandai: «Non ti senti bene?». «No! Sto bene, grazie!», rispose prontamente.
 «Se ti posso essere utile, ritienimi a tua disposizione», replicai.
Dopo un grosso respiro, disse: «Padre Pio mi ha cacciato dalla confessione perché non voglio figli. Sono professore di filosofia. A parte la mancanza di volontà di mettere al mondo altri figli, non ritengo giusto che la Chiesa o Cristo mi vengano a regolare i fatti miei in casa mia e, tanto meno, mi va giù di accettare un modo di fare così duro di un frate dal quale son venuto a trovare un po’ di pace. Sono sorpreso per l’incomprensione e la durezza di Padre Pio nei miei confronti».
«Mi dispiace vederti così e sentirti parlare in questo modo», gli dissi. Poi, feci più o meno il seguente ragionamento: «Il mondo non può averlo fatto l’uomo né può essersi fatto da sé; un essere supremo deve esistere per fare dal nulla ogni cosa, cioè per creare. Questo essere noi lo chiamiamo Dio. Egli, avendo offerto la materia prima, cioè l’essere di ogni cosa e avendola messa nell’esistenza con il suo lavoro, è il Padrone assoluto, il Signore dell’universo.
Tutto gli appartiene, anche l’uomo. A ogni cosa ha il diritto di dettare leggi perché raggiunga il fine proprio. Dio ha il diritto di dettare leggi all’uomo, il quale ha il dovere di ubbidire a Dio e rendergli conto.
La generazione è soggetta alle leggi che Dio ha posto nella natura dell’uomo. La Chiesa, che ha la missione divina di difendere e far conoscere la Legge di Dio, ha il diritto/dovere di ammaestrare l’uomo secondo il Volere di Dio, di cui è promotrice.
I sacerdoti, incaricati a parlare a nome di Dio e della Chiesa, hanno il diritto di chiedere agli sposi cristiani la loro conformità o meno alle Leggi sulla generazione e, nello stesso tempo, hanno il dovere di assolvere in confessione solo chi, sinceramente pentito, promette di conformarsi a ciò che è stabilito da Dio.

Padre Pio, quindi, aveva il diritto di chiederti in confessione circa l’osservanza degli obblighi matrimoniali e il dovere di assolverti o meno secondo il tuo comportamento. Se ti ha cacciato è segno che tu hai mostrato di essere restio ad accettare l’impegno cristiano e, quindi, di non poter ricevere l’assoluzione».
Il professore rispose: «è giusto! Io non ho accettato anzitutto il contenuto dell’invito di Padre Pio e, di conseguenza, neanche il modo. Ora ho capito. Mai avevo sentito parlare così. La sua durezza mi ha terribilmente scosso e mi ha aperto la ragione più che a cercare la verità, a crederla senza discutere. Se non sono io il padrone della vita, è giusto ubbidire a Dio e a chi parla in suo nome».
Tornò quindi, pentito, a confessarsi dal Padre ed ebbe l’assoluzione.

Pierino Galeone,
Padre Pio. Mio Padre,
pp. 60-61
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 http://www.evangelizzare.org/wp-content/uploads/2010/02/padre-pio-volto-4-001-726x1024.jpg
Padre Pio e il medico disperato
Un giorno vidi un uomo che piangeva. Mi avvicinai e gli chiesi: «Perché piangi?». «è la settima volta che il Padre, sgridandomi, mi caccia via. Non ce la faccio più. Mi voglio ammazzare!».
«Un motivo ci sarà», dissi subito.
«Io sono un medico – chiarì –; sin dalla prima confessione Padre Pio mi cacciò perché non solo commettevo atti impuri, ma non riuscivo neppure a promettere di non farli più. Era più forte di me. Impazzivo. Volevo morire. Avrei voluto andarmene, ma non ci riuscivo. Ora, lontano da lui sto male; se gli sto vicino, mi caccia. Voglio morire, non voglio più vivere!».
«Senti, dottore, non disperarti – risposi – ora vado dal Padre e gliene parlerò. Preghiamo, intanto».
Il medico mi trattenne bruscamente: «No! Ascolta. L’ultima volta in cui mi sono presentato dal Padre in confessione, di fatto mi ha dato l’assoluzione. Però mi ha detto: “Amico mio, questa volta ti do l’assoluzione a patto che, fra quindici giorni, quando tornerai a confessarti, non avrai fatto più nessun peccato brutto. Diversamente, non venire più da me”.
Felice che Padre Pio, finalmente, mi stava per dare l’assoluzione, accettai la proposta. Ebbi l’assoluzione. Qualche giorno dopo, però, peccai di nuovo. A casa non riuscivo a stare. Qui tremo solo al pensiero di presentarmi al Padre.
Ho tentato, di nascosto, di infilarmi nel convento con gli altri, ma egli appena mi ha visto, senza che gli dicessi nulla, ma ha cacciato così duramente che la gente è rimasta molto turbata. Qualcuno, in verità, si è messo dalla mia parte. Io, per vergogna, non ho spiegato a nessuno la mia situazione, lasciando così, purtroppo, interpretare male il modo di agire del Padre.
Intanto mi sentivo schiacciato da una duplice vergogna: quella della bruttura del peccato e quella di essere stato cacciato pubblicamente.
Inoltre, sono rimasto convinto che nel Padre davvero viveva Cristo. Infatti, senza dirgli nulla, mi ha letto nel cuore e ha mantenuto il patto, cacciandomi.
Volevo verificare se davvero fosse un uomo di Dio. Ora mi sento morire: ho avuto prova che è un santo, che mantiene la parola e che non mi resta nulla da fare, se non scomparire. Io non voglio andarmene, mi voglio ammazzare!».
Dopo averlo attentamente ascoltato: «Va bene! – risposi – ora lasciami andare».
Andai dal Padre e gli riferii tutto. «Preghiamo tanto la Madonna», mi disse.
Io, nel pomeriggio, partii. Dopo qualche settimana tornai a San Giovanni Rotondo e vidi quel medico, una volta disperato, ora così sorridente e felice, venirmi incontro, con le braccia aperte, per abbracciarmi.

Pierino Galeone,
Padre Pio. Mio Padre,
pp. 58-59

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