Da:L'infallibilità e il
Concilio
Generale, studio di scienza
religiosa ad
uso della gente del mondo tradotto da Mons. Ferdinando Mansi
(consultore della S. C. dell'Indice), Roma-Torino 1869, pag.
39-66.
Mons. Victor-Auguste-Isidore Dechamps (1810–1883)
Cap. IV.
L'oggetto preciso della infallibilità della Chiesa.
Abbiam di già provato, che una chiesa divinamente stabilita dev'essere infallibile, e che
l'oggetto di questa infallibilità non è in generale che
la
conservazione del deposito della rivelazione. Ma bisogna spiegare
più
dettagliatamente, quale è l'oggetto preciso di questa
infallibilità, e
quindi ove trovasi, nella chiesa, il soggetto di questa
infallibilità,
l'organo divinamente costituito di questo insegnamento infallibile, il
giudice senza appello delle controversie relative alla fede.
Intorno a questi due punti, come intorno a tutti gli altri, la
chiesa, di cui la fede è apostolica, e sempre viva fin dalla sua
origine, la chiesa la quale non ha che a rammentar se stessa per non
sbagliare, non ha mai variato.
Facciamoci dunque a costatare per prima la sua dottrina intorno al
primo punto, ossia intorno al soggetto preciso della sua
infallibilità.
Avendo ricevuto la promessa della infallibilità solo per
conservare
il deposito della verità rivelata, la chiesa non è
infallibile che in
materia di fede, vale a dire nell'insegnamento della verità che
bisogna
credere [1]. Essa per questo stesso
fatto è infallibile anche in materia di costumi, facendo parte
della
rivelazione, ed anche della verità stessa che bisogna. credere,
la
legge Evangelica, ossia la verità che bisogna praticare.
Ma la chiesa è dessa infallibile nell'insegnamento delle
verità
esplicitamente e formalmente rivelate?
Essa è infallibile nell'insegnamento delle verità
chiaramente e
certamente contenute nella rivelazione, o che appartengono
implicitamente alla fede.
Essa è infallibile eziandio nell'insegnamento delle
verità
essenzialmente e inseparabilmente legate alla rivelazione, o che hanno
con la medesima una necessaria connessione. I teologi esprimono la
stessa cosa con altri termini, quando e' dicono che la chiesa è
infallibile nell'insegnamento delle cose che si rapportano alla fede ed
ai costumi, ma che vi si riferiscono per se stesse e prossimamente, e
non già di una maniera accidentale e rimota: Per se et proxime, non autem per accidens
et remote.
Se la chiesa fosse infallibile nell'insegnamento delle cose che
hanno rapporto qualunque, anche rimoto, colla verità rivelata,
sarebbe
allora in tutte le cose infallibile, perchè nel vasto insieme
dell'ordine naturale e soprannaturale, le verità tutte non ne
formano
che una agli occhi di Dio. Giammai la chiesa si è attribuita una
simile
infallibilità. Essa non ha mai confusa la scienza sagra con le
scienze
profane, la scienza delle cose divine con la scienza delle cose umane.
Essa lascia il mondo, e tutto ciò che non è rinchiuso
nella sfera della
fede, in re fidei, come dice
Bellarmino, alle dispute degli uomini, e non interviene la medesima per
condannarne l'errore, che allorquando questo viene a toccare la
verità
rivelata. Ella favorisce così essa stessa la scienza, non
potendo la
verità contraddire la verità.
Ma quando è che una verità appartiene implicitamente
alla fede? E
quando una verità è essenzialmente ed inseparabilmente
collegata con la
rivelazione, per se et proxime?
Quando la Chiesa la giudica tale,
lo che essa non manca mai di far chiaramente vedere.
Dovendo la chiesa vegliare e conservare la verità rivelata in
tutta
la sua purezza, è infallibile altresì nella condanna
delle
proposizioni, che feriscono, in differenti maniere, la fede ed i
costumi, o che li mettono a repentaglio [2].
Essa conseguentemente è infallibile in materia di fatti
dogmatici, e
diciam di fatti dogmatici, perchè essa non pretende affatto
infallibilità in materia di fatti puramente personali od
istorici, la
conoscenza dei quali dipende principalmente dalla testimonianza degli
uomini, non avendo spesso simili fatti relazione alcuna nè
prossima nè
essenziale con la fede. Ma sonovi dei fatti che si appellano dogmatici,
poichè essi vanno essenzialmente ed inseparabilmente collegati
colla
fede, per esempio il fatto dell'esistenza del tale errore nel tal
libro. Se la chiesa non fosse infallibile nel giudicare un tal fatto,
nulla le servirebbe il condannare l'errore, non potendo indicare con
certezza, ove esso si trova. I pastori divinamente istituiti per
pascere le anime della vera dottrina, sarebbero in tal caso nella
impotenza di adempiere al loro officio, e Gesù glielo avrebbe
confidato
in vano.
La chiesa è altresì infallibile in ciò che
riguarda il culto divino,
e la disciplina generale, perchè il divin culto, e
la
disciplina generale hanno sempre dei
rapporti intimi con la fede e con i costumi. Se la chiesa potesse in
queste materie prescrivere o approvare cose contrarie alla fede ed ai
costumi, o che non fossero loro conformi, precipiterebbe essa
inevitabilmente le anime nell'errore, e invece di salvarle, le
perderebbe. Ma ciò non può avvenire, avendole Gesù
Cristo promesso di
essere con lei sino alla fine dei tempi. La chiesa dunque è
infallibile
in materia di disciplina generale in questo senso, cioè che
quello che
da essa vien generalmente prescritto o approvato in questa materia, non
può mancare di essere in armonia con la verità e colla
morale
rivelate.
Non possiamo far passaggio ad un altro soggetto, senza aver ben
rischiarati gli spiriti illusi intorno alla natura ed alla portata
delle definizioni della fede. S'immaginano costoro, che la chiesa,
definendo un dogma, impone ai fedeli una nuova credenza. Non vi
è cosa
più falsa di questa. Una definizione di fede non è altro
che una
dichiarazione dogmatica di una verità contenuta nel deposito
della
rivelazione, e che ha fatto sempre parte della credenza della chiesa.
La chiesa non inventa mai, essa giudica; e quando le si dimanda se la
tale credenza fa parte del dogma, essa risponde. — Se è
l'eresia che
nega, la sua risposta è un anatema; e se è la buona fede
che trovasi in
esitanza, la sua risposta è una consolazione. Così
è avvenuto che in
diverse epoche, l'eresia, ossia la debolezza dello spirito umano
(perchè lo spirito è debole anche negli uomini grandi)
è stata
l'occasione delle dichiarazioni dogmatiche della chiesa, e che il cozzo
degli errori, o delle opinioni ha fatto scaturire dalla rocca su cui
essa è fondata, non già delle verità nuove, ma
delle nuove
dichiarazioni.
Non debbonsi confondere due cose cotanto differenti come quella del credere e del sostenere un dogma, dice il Conte
de Maistre.
«La chiesa cattolica non è argomentatrice di sua
natura; essa crede
senza entrare in disputa, perchè la fede
è una credenza per amore,
e
l'amore non ama affatto gli argomenti.
«Il cattolico sa bene che non può ingannarsi, sa di
più che se egli
potesse ingannarsi, non vi sarebbe più verità rivelata,
nè sicurezza
alcuna per l'uomo quaggiù in terra, poichè ogni società divinamente istituita
suppone
l'infallibilità, come egregiamente diceva l'illustre
Malebranche.
«La fede cattolica non ha dunque bisogno, e questo è il
principal
carattere, il quale non è abbastanza rimarcato; essa non ha
bisogno,
ripeto, di riconcentrarsi in se stessa, interrogarsi intorno alla sua
credenza, e dimandare a se stessa, perchè essa crede; essa non
è
molestata da questa inquietudine disertatrice che agita le sette.
È il
dubbio che produce delle opere: perchè dunque scrivere, essa che
non ha
mai dubbio?
Ma se si viene ad oppugnare un qualche dogma, essa allora esce dal
suo stato naturale; cerca ed esamina i fondamenti del dogma messo in
disputa; interroga l'antichità, crea delle parole speciali, di
cui la
sua buona fede non avea affatto bisogno, ma rese poi necessarie per
caratterizzare il dogma, ed innalzare tra noi ed i novatori un'eterna
barriera [3].
In questo modo souo state definite, e la Consostanzialità del Verbo
contro
l'Arianismo, e la Transostanziazione
[4] contro i protestanti, definizioni
che compendiano con un solo vocabolo l'immutabile credenza della chiesa
intorno alla Divinità del Verbo, e intorno all'adorabile
Sagramento
dell'Eucaristia.
Non deve dunque porsi in obblio che la fede della chiesa precede
alle definizioni dogmatiche, e che per essere vero fedele, non basta di
credere solamente ciò che è definito
contro l'eresia, nè di credere solamente quando è definito contro
l'eresia:
No, bisogna credere prima di tutto ciò che l'autorità
della chiesa ci
propone a credere come rivelato da Dio [5].
Del resto, Colui, la cui Sapienza sa far servire il male al
progredimento del bene, sa fare altresì servire l'errore al
progresso
della verità, vogliam dire al progresso della scienza del dogma,
dell'intelligenza della fede. Questo progresso esiste dice Pio IX,
rammentando le parole di S. Vincenzo di Lerino: «Questo progresso
esiste, ed è grandissimo, ma è il vero progresso della
fede, non già il
cambiamento. Bisogna che l'intelligenza, la scienza, e la saggezza di
tutti come di ciascuno in particolare, delle epoche e dei secoli di
tutta la chiesa, come degl'individui, crescono e fanno grandi,
grandissimi progressi, affinchè più chiaramente si
comprenda ciò che
l'antichità venerava senza comprenderlo, affinchè le
pietre preziose
del dogma divino vengano elaborate, esattamente adattate, e ornate con
saggezza, e si arricchiscano di grazia, di splendore, di bellezza: ma
sempre nel medesimo genere, vale a dire nella medesima dottrina, nel
medesimo senso, nella sostanza medesima, di modo che facendo uso di
nuovi vocaboli, non si dicono pertanto cose novelle [6].»