Anni fa un confratello mi riferì un
episodio sconcertante, secondo il quale un Officiale di Curia
notoriamente omosessuale era stato sottoposto a degli esorcismi perché
aveva preso l'abitudine, durante i suoi immondi festini, di bestemmiare
il nome di Dio, cosa che aveva dato luogo a fenomeni di possessione
diabolica. L'empio monsignore morì di lì a poco di un male incurabile, compianto dai suoi sodali. A quell'epoca le checche del
Vaticano si muovevano ancora con prudenza, non perché non fossero
numerose, ma perché vigeva quel tacito accordo che nell'esercito
americano è compendiato dall'adagio Don't ask, don't tell, ossia Non chiedere, non dire. Anche se poi in molti sapevano chi aveva quelpenchant e
chi no. Monsignori che uscivano in borghese nottetempo dal Laterano,
indossando jeans e giubbotto di pelle, e che l'indomani affiancavano il
Santo Padre ai pontificali. Preti che si allontanavano dalla canonica
per far volta ai calidarj. Studenti di Atenei Pontificj che andavano a
passeggiare a Villa Giulia. Seminaristi dediti ad un opinabile
apostolato vespertino a Monte Caprino. Era la generazione del Concilio,
che alla veste talare preferiva gli abiti firmati e gli occhiali da
sole. Vanesj e fatui, inclini alla risatina isterica e ad apostrofarsi
con pronomi e nomignoli femminili, ma pur sempre guardinghi, perché sul
soglio sedeva il virile Wojtyla. Il quale era talmente intento a
propagandar l'ecumenismo di Assisi da non accorgersi che proprio al suo
fianco c'erano personaggi noti col nome di battaglia di Jessica.
I vizj, allora, li chiamavano vizietti,
come se il diminutivo potesse rendere meno riprovevole la condotta di
chi li praticava. Ed era un vizietto forse anche quello del mai
abbastanza esecrato Montini, con i suoi modi da calvinista, i trascorsi
ambrosiani che molti non han mai voluto approfondire e che pure gli
meritarono accuse nemmen troppo velate. Certo è che su quel pontificato -
e sulla congerie di Presuli che sotto di esso assursero ai più alti
gradi della Gerarchia - grava ancor oggi, anzi oggi ancor più di ieri,
l'ombra sinistra del ricatto, al punto da lasciar supporre che molte
decisioni d'allora trovassero giustificazione solo nel terrore che
qualche burattinaio potesse decidere di lasciar trapelare scabrosi
dettaglj sul conto del sodomita di Concesio. Il quale, non a caso, tra
pochi giorni verrà elevato agli onori degli altari, in riconoscimento
del suo contributo all'opera di devastazione della Chiesa e quale devoto
tributo dei suoi beneficiati.
Fu alla fine del papato wojtyliano che
gli immondi seguaci di Sodoma trovaron coraggio di serrare i ranghi,
raccogliendo intorno a sé una schiera di zelatori del tempio di simile
natura, sicché potemmo vedere il povero Papa polacco conciato con
paramenti circensi, o costretto ad assistere a grottesche performances di saltimbachi seminudi coram Pontifice, e di selvaggi in apparecchio adamiticocoram Sanctissimo.
L'autore di quegli scempj ancor oggi imperversa nei Sacri Palazzi,
ancorché prossimo al sacello, col suo codazzo di questuanti che il tempo
ha trasformato da naiadi in clergyman in vecchi rancorosi. Ma mentre
Giovanni Paolo II si andava spegnendo, in Vaticano la falange sodomitica
levava il capo, non senza scandali e scandaletti al limite del
ridicolo: ecco allora il segretario dell'Eminentissimo, per gli intimi Carmen, colto in flagrante nei gabinetti a Termini e frettolosamente spedito in partibus, il canonico con la manomorta fermato sul 62, il chierico che batte in
San Pietro importunando i turisti, il prete al cinema porno, il frate
ammazzato nei giardinetti da un prostituto e via enumerando. L'avvento di Benedetto XVI sconvolse i
piani della setta uraniana, la quale vedeva nel composto Pontefice
tedesco un intollerabile affronto al lavoro svolto sotto il
predecessore. Veder risplendere in capo al vegliardo la mitria di Pio IX
andava ben oltre ogni sopportazione; per non parlare della mozzetta
invernale in velluto rosso col pelo di coniglio, le calzature rosse, il
trono dorato che qualche zelante aveva fatto sparire in un sottoscala
quand'ancora sedeva sul soglio Montini. Non ho avuto il piacere immenso
di udire le grida laceranti dell'Arcivescovo di Martirano, ma immagino
ch'esse debbano aver infranto la cristalleria custodita nella credenza
del tinello, dinanzi agli sguardi sgomenti dei suoi famuli in gramaglie, allorché Ratzinger promulgò quel Motu Proprio che pure egli dava per impossibile, secondo il motto Indietro non si torna. Ma ricordo bene che non potei esimermi dall'intonare canti di giubilo - anch'io festevole - quando lo seppi confinato alla presidenza di un comitato, dove purtuttavia egli non cessò di far danni.
L'abdicazione rappresentò una rivincita
della setta conciliare su Benedetto XVI, costretto a dimettersi sotto
la pressione di scandali che paiono bazzeccole rispetto a quelli che ora
stan venendo alla luce sotto il Sedicente. E dire che Ratzinger - e con
lui i pochi Prelati in odor di conservatorismo poi assurti agli onori
della cronaca dopo i famosi Dubia - erano e sono convintissimi e strenui paladini della mens conciliare, di cui proponevano e propongono una versione più sommessa ma non per questo meno rivoluzionaria.
La storia svelerà gli arcana imperii che
portarono il Pontefice ad abbandonare il vascello di Pietro proprio nel
momento più critico, ma par di capire che chi si adoperò per spingerlo
alla rinunzia seppe muoversi abilmente per far eleggere il peggior Papa -
ammesso e non concesso che lo si possa ritener tale - che la Chiesa
abbia mai annoverato. Sta di fatto che il figuro in talare bianca oggi
alloggiato al resort Santa Marta ha beneficiato dell'appoggio dei congiurati modernisti, con l'estasiato e corale supporto della lobby gay vaticana,
felice di togliersi dai piedi lo scomodo Benedetto, che si apprestava a
vanificare, o almeno a render meno devastanti, decenni di primavera
conciliare. E proprio a Santa Marta - i casi della vita - troviamo quel
mons. Ricca, del quale ci ha edotto la cronaca (qui),
dopo che l'amicizia con l'argentino s'era consolidata quando Bergoglio
scendeva nella residenza di via della Scrofa nell'Alma Urbe. Le anime
belle credono che la pessima reputazione di Ricca fosse ignorata dal pio
Arcivescovo di Buenos Aires, troppo occupato a macerarsi nelle
asperrime penitenze che l'han reso famoso in America Latina. Sarà
certamente stata la sua indole ascetica a far sì ch'egli fosse
completamente all'oscuro anche degli scandali di molestie da parte di
Vescovi e preti, venuti alla luce recentemente anche grazie alla
coraggiosa lettera dell'ex Nunzio Viganò.
Dunque vediamo... Abbiamo avuto il coming out di mons. Charamsa, che ha bellamente ammesso di avere un amante - compagno, lo chiama lui. Poi
l'abate di Montecassino dom Pietro Vittorelli, turpe figuro che
spendeva i fondi dell'Abbazia per festini con droga e gigolò. Poi
lo scandalo di mons. Luigi Capozzi, segretario di Checcapalmerio,
arrestato in un lussuoso appartamento del Sant'Uffizio durante un'orgia.
Poi lo scandalo di un religioso carmelitano della Curia Generalizia
romana, denunciato da un marchettaro (qui). Poi lo scandalo dell'affresco omoerotico commissionato da mons. Paglia - presidente
della Pontificia accademia per la vita e Gran Cancelliere del
Pontificio istituto Giovanni Paolo II - all’artista gay argentino
Ricardo Cinalli (qui).
Quel famigerato Paglia che ha finito col far esplodere queste due
istituzioni, introducendovi dei partigiani dell’eutanasia e dell’aborto,
con il beneplacito del Sedicente. Poi
gli scandali di Vescovi e Cardinali, tutti di area rigorosamente
progressista e filobergogliana, e le cause milionarie che hanno ridotto
alla bancarotta decine e decine di diocesi dell'orbe cattolico, per
risarcire le vittime degli abusi commessi da ecclesiastici. Senza
menzionare turpi ecclesiastici a capo di Ordini e Congregazioni
religiose, dietro il cui paravento compivano crimini degni del marchese
De Sade. E don Mauro Inzoli, accusato di abusi su minori, degradato da
Benedetto XVI e reintegrato nel sacerdozio da Bergoglio su pressione di
Checcapalmerio, finché la giustizia civile non ne ha resa manifesta la
colpevolezza. Ma anche i tre preti indagati dalla Procura di Roma per atti sessuali con minori, pedopornografia e tentativo di prostituzione minorile (qui). E
lo stillicidio quotidiano del gesuita James Martin, attivista della
causa degl'invertiti e sostenitore del concubinato omosessuale,
nominato consultore del Segretariato per le Comunicazioni ed inviato all'Incontro mondiale per la Famiglia in Irlanda (qui).
Non ultimo, il dossier inviato da uno gigolò napoletano alla reverenda
Curia partenopea, nel quale sono raccolte fotografie osé e testi di
conversazioni via internet di 34 sacerdoti e 6 seminaristi suoi clienti (qui).
Adesso
scopriamo che il Presidente del pontificio Consiglio per i testi
legislativi Checcapalmerio era presente all'orgia col suo segretario, e
che la gendarmeria vaticana l'ha fatto sloggiare prima di procedere agli
arresti della scelesta turba.
Sarebbe curioso indagare su chi altri è stato fermato in
quell'occasione, e c'è da ritenere che Capozzi e il suo compare
porporato non fossero gli unici ecclesiastici convitati. Sarebbe ancor
più interessante - e mi auguro vi sia chi si prenderà la pena di farlo -
andare a vedere quali decisioni gravide di conseguenze nella vita
ecclesiale siano state prese da questi immorali, quali loschi intrighi
hanno permesso l'ascesa a posti di responsabilità di loro complici,
quali bravi sacerdoti sono stati perseguitati o allontanati o impediti
nella carriera.
Alla
luce di questi orrori, suonano grottesche le sanzioni di cui fu fatto
oggetto Paolo Gabriele, cameriere segreto di Benedetto XVI, accusato
d'aver divulgato dossier segreti, mentre avrebbero dovuto esser colpiti
con pene esemplari i colpevoli denunciati, e non il denunciante, che
reagì in buonafede, con un gesto forse avventato, al dilagare del
malcostume vaticano.
L'orrore che queste notizie suscitano
nei semplici fedeli e nelle persone perbene; il senso di sgomento
dinanzi alla istituzionalizzazione del vizio non devono distogliere
dalla realistica presa d'atto che questa piaga morale è allo stesso
tempo causa ed effetto della rivoluzione conciliare: che si
scandalizzino pure i benpensanti, si straccino le vesti i pavidi fautori
del dialogo e i prudentissimi moderati. Ma che non si dica che dinanzi a
questi scandali il buon cristiano debba volger lo sguardo altrove,
fingendo di non vedere la corruzione dove maggiormente si annida da
cinquant'anni. Oportet ut scandala eveniant. Un silenzio pietoso,
comprensibile in singoli e isolati casi, oggi rappresenta una forma di
complicità intollerabile, un'approvazione di condotte deplorevoli, tanto
più perché chi vi è coinvolto non par cedere per debolezza a fugaci
trasgressioni da adolescente confuso, ma dimostra di essere indegno del
Battesimo ed ancor più dell'Ordine Sacro che lo rende alter Christus, profanando quelle
mani consacrate per toccare il Santo dei Santi, quella bocca che
sull'altare pronunzia le parole della Consacrazione, quella lingua su
cui si posano le Sacre Specie. Il solo pensiero di tali abominj dovrebbe
far tremare d'orrore, e ricordare le parole di Nostro Signore a Padre
Pio (qui), allorché definì con disgusto i sacerdoti indegni Macellai.
Chi
si rende schiavo del peccato si rende schiavo di Satana, sotto il cui
giogo l'anima è morta alla Grazia e completamente in preda alle
seduzioni del Maligno. Ed il peccato contro natura, ancor più di altri,
ottunde la volontà, abbruttisce la persona e indurisce nella volontà di
peccato. In quanto vizio, ossia abitudine a compiere il male, gli atti
che gridano vendetta al cospetto di Dio portano chi li compie a rendersi
indocile alla voce della coscienza, sprofondando sempre di più nella
colpa.
E'
quindi inevitabile che chi vive quotidianamente in istato di peccato
mortale, e per di più in condizione permanente di sacrilegio - in quanto
ministro di Dio e unto del Signore - si senta giudicato e sia portato a
modificare anche i principj morali che egli viola abitualmente. Così,
come il ladro vorrebbe veder depenalizzato il furto e l'assassinio
derubricato l'omicidio, anche il sodomita - vieppiù se sacrilego - vorrà
sgravarsi la coscienza dal peso non indifferente del sapersi in palese
contraddizione con quella Legge naturale e divina che ostinatamente
infrange, e che deliberatamente lascia o addirittura incoraggia ad
infrangere, sotto le specie di una connivente tolleranza o di una
perversa complicità. Non gli basta profanare ogni giorno il tempio dello
Spirito Santo: egli vuole ergersi a legislatore, arrogandosi il diritto
di decidere al posto di Dio ciò ch'è lecito e ciò che non lo è. e non è forse questa la colpa di Lucifero?
Sentir
l'orrido Maradiaga derubricare atti di vero e proprio sacrilegio ai
danni di tante anime innocenti come mere irregolarità amministrative,
col pretesto di esser stati commessi su adolescenti e non su minori; o
qualificarli come mancanze veniali in ragione di una presunta assenza di
penetrazione (sic!) fa comprendere l'abisso di immoralità, anzi
di amoralità di certi prelati. Dai quali non ci si stupisce d'udire vere
e proprie eresie anche - coerentemente - in ambito dottrinale. E'
evidente che l'ostinazione nel vizio implica la costruzione di un
castello ideologico che quel vizio legittimi ed approvi. Come diceva Paul Bourget: Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finisce col pensare come si è vissuto (Il demone meridiano, Salani Editori, Firenze, 1956, pag 395).
Ecco allora la pretesa accoglienza verso
la comunità glbt - ossia verso i sodomiti dichiarati - dietro cui si
annida non solo la condivisione del loro tenore di vita scandaloso, ma
anche l'inconfessabile desiderio di poter un giorno veder ammesso come
lecito - quando non addirittura degno di elogio - ciò che Dio condanna
come un abominio. E l'affermazione Chi sono io per giudicare, che
ha estasiato i nemici del nome cristiano, andrebbe condannata senza
appello, perché deve proprio esser il Supremo Pastore a guidare ed
ammonire e giudicare la condotta delle pecore e degli agnelli del gregge
affidatogli dal Salvatore. Un pastore, quello che ci è stato inflitto
dalla divina Provvidenza in isconto delle nostre colpe, che non esita ad
insultare ripetutamente ed aspramente i buoni cattolici e i bravi
Prelati, ma che mostra una indulgenza sconfinata verso i pervertiti, dal
prete libidinoso al Vescovo molestatore, dal religioso sporcaccione al
Cardinale orgiasta. E che riceve in udienza omosessuali concubinarj e
transessuali, mentre ostinatamente si rifiuta di incontrare
ecclesiastici dalla condotta ineccepibile.
Quale
rispetto verso la Santissima Eucaristia ci si può aspettare da parte di
chi la profana celebrando la Messa con l'anima macchiata da tali colpe?
Quale devozione verso la Vergine Santissima, in chi oltraggia la
verginità e coltiva la depravazione? Quale timor di Dio, in chi osa
conculcarne la santa Legge e calpestarne la divina Parola? E ancora:
quale spirito di mortificazione,
in chi coltiva le passioni più abbiette? Quale santità, in chi pratica
l'empietà? Quale vita di Grazia, in chi coltiva e promuove il peccato?
Quale cura delle vocazioni sacerdotali e religiose, in chi considera
Seminarj e Conventi come ghiotta riserva di giovani da corrompere?
Ma
come si può ritenere che sia credibile la difesa della primavera
conciliare, quando viene da gentaglia di tal fatta? Chi presterebbe fede
ad un medico che nella vita privata diffondesse malattie, o ad un
pompiere che appiccasse il fuoco alle case?
Lo si ammetta, infine: il Conciliabolo di Roma è frutto marcescente di una mensdeviata
e corrotta, che trova nell'eresia il corollario di una condotta morale
riprovevole. Esso è causa dei danni presenti, e al tempo stesso effetto
di una corruttela dei costumi di tanti, troppi ecclesiastici, che per
legittimare se stessi non potevano non pervertire anche la dottrina su
cui la morale si fonda. Ma Iddio è autore tanto dell'una quanto
dell'altra, e chi si fa servo di Satana non può servire il Signore
all'altare o sul pulpito e poi onorare il Nemico tra le coltri o nei
lupanari. Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro (Mt VI, 24).
Non
solo: chi serve il Principe di questo mondo, gli riconosce una
sovranità che deve necessariamente negare al Re divino, così come chi
adora Nostro Signore come Sovrano, non tollera che alcuno Gli usurpi la
Sua universale Regalità. Ecco perché la Chiesa proclama Cristo Re. Ecco
perché la setta conciliare si ribella alla Sua sacra Maestà. Tout se tient. Ed
ecco, infatti, l'Arcivescovo di Brisbane in Australia che fa proprio
l'empio grido dei Giudei dinanzi al pretorio, rifiutando Cristo come Re (qui):
in questa apostasia dilagante, l'ossequio e l'obbedienza dovuti alla
Maestà divina finiscono tristemente per esser riconosciuti al mondo,
alla carne, al diavolo. Regnare Christum nolumus. Ma è
nell'ordine delle cose che l'uomo sia suddito: se non lo è di Dio, lo
sarà inevitabilmente di chi a Lui si oppone. E le pesanti catene del
Maligno sono ben difficili da scrollare, una volta che le si è preferite
al soave giogo di Cristo.
Finché
non si riconoscerà lo stretto rapporto di causalità tra deviazione
dottrinale e deviazione morale, sarà impossibile uscire dalla crisi
presente. Non vi è mai stato nella storia della Chiesa un solo eretico
casto, né un solo Santo impuro: gli scandali odierni sono una
tristissima conferma di uno sfacelo sul fronte teologico tanto quanto su
quello morale, spirituale, liturgico e disciplinare.
E
se nel passato vi furono lussuriosi anche nelle schiere dei chierici (e
comunque meno di quanti ve ne sono da cinquant'anni in qua), mai fino
ad oggi si era avuto un Papa che legittimasse il peccato contro il Sesto
Comandamento o l'adulterio, come è accaduto con Amoris nequitia. E non occorre ricordare quali inganni e quali macchinazioni sono state messe in atto dalla lobby gay anche
in seno al Sinodo per la Famiglia, con la complicità di Bergoglio, e le
non dissimili macchinazioni che si preparano in seno al Sinodo dei
Giovani.
A
questo punto, il pio lettore chiederà cosa possiamo fare noi dinanzi
allo spettacolo desolante offerto da un'autorità corrotta, ribelle e
traditrice. Penitenza. Penitenza e sacrificio. Ce lo insegna la Sacra
Scrittura e ce lo ricorda Nostra Signora nelle Sue ripetute apparizioni.
La comunione dei Santi - ce l'insegna il catechismo - permette alle
anime cristiane di riparare i peccati altrui, trattenendo il braccio
della Giustizia divina. Offriamo dunque le nostre sofferenze, grandi e
piccole, in espiazione del male compiuto da questi sciagurati, e
preghiamo per la loro conversione e per il loro pentimento, in una vita
ritirata e nell'oblio dei tanti che essi hanno scandalizzato con il
proprio indegno comportamento. E che quanti pervicacemente rimarranno
nella colpa possano esser allontanati dalla guida del gregge: la Sposa
di Cristo è stata umiliata sin troppo dai suoi Ministri, screditata
dinanzi al mondo.
La danse macabre di questi decenni sta per giungere al fine. Questa generazione di Leviti senza fede e senza morale è destinata all'estinzione: sulle
macerie della setta conciliare verrà riedificata la Santa Chiesa, così
come sulle rovine dei templi pagani e degli idoli infernali ha trionfato
la vera Fede.
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