martedì 3 giugno 2014
CIRCA L'INFALLIBILITA' DELLA SANTA CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA ROMANA, l'unica e vera Chiesa di Nostro Signore...
Abbiam di già provato, che una chiesa divinamente stabilita dev'essere infallibile, e che
l'oggetto di questa infallibilità non è in generale che
la
conservazione del deposito della rivelazione. Ma bisogna spiegare
più
dettagliatamente, quale è l'oggetto preciso di questa
infallibilità, e
quindi ove trovasi, nella chiesa, il soggetto di questa
infallibilità,
l'organo divinamente costituito di questo insegnamento infallibile, il
giudice senza appello delle controversie relative alla fede.
Intorno a questi due punti, come intorno a tutti gli altri, la
chiesa, di cui la fede è apostolica, e sempre viva fin dalla sua
origine, la chiesa la quale non ha che a rammentar se stessa per non
sbagliare, non ha mai variato.
Facciamoci dunque a costatare per prima la sua dottrina intorno al
primo punto, ossia intorno al soggetto preciso della sua
infallibilità.
Avendo ricevuto la promessa della infallibilità solo per
conservare
il deposito della verità rivelata, la chiesa non è
infallibile che in
materia di fede, vale a dire nell'insegnamento della verità che
bisogna
credere [1]. Essa per questo stesso
fatto è infallibile anche in materia di costumi, facendo parte
della
rivelazione, ed anche della verità stessa che bisogna. credere,
la
legge Evangelica, ossia la verità che bisogna praticare.
Ma la chiesa è dessa infallibile nell'insegnamento delle
verità
esplicitamente e formalmente rivelate?
Essa è infallibile nell'insegnamento delle verità
chiaramente e
certamente contenute nella rivelazione, o che appartengono
implicitamente alla fede.
Essa è infallibile eziandio nell'insegnamento delle
verità
essenzialmente e inseparabilmente legate alla rivelazione, o che hanno
con la medesima una necessaria connessione. I teologi esprimono la
stessa cosa con altri termini, quando e' dicono che la chiesa è
infallibile nell'insegnamento delle cose che si rapportano alla fede ed
ai costumi, ma che vi si riferiscono per se stesse e prossimamente, e
non già di una maniera accidentale e rimota: Per se et proxime, non autem per accidens
et remote.
Se la chiesa fosse infallibile nell'insegnamento delle cose che
hanno rapporto qualunque, anche rimoto, colla verità rivelata,
sarebbe
allora in tutte le cose infallibile, perchè nel vasto insieme
dell'ordine naturale e soprannaturale, le verità tutte non ne
formano
che una agli occhi di Dio. Giammai la chiesa si è attribuita una
simile
infallibilità. Essa non ha mai confusa la scienza sagra con le
scienze
profane, la scienza delle cose divine con la scienza delle cose umane.
Essa lascia il mondo, e tutto ciò che non è rinchiuso
nella sfera della
fede, in re fidei, come dice
Bellarmino, alle dispute degli uomini, e non interviene la medesima per
condannarne l'errore, che allorquando questo viene a toccare la
verità
rivelata. Ella favorisce così essa stessa la scienza, non
potendo la
verità contraddire la verità.
Ma quando è che una verità appartiene implicitamente
alla fede? E
quando una verità è essenzialmente ed inseparabilmente
collegata con la
rivelazione, per se et proxime?
Quando la Chiesa la giudica tale,
lo che essa non manca mai di far chiaramente vedere.
Dovendo la chiesa vegliare e conservare la verità rivelata in
tutta
la sua purezza, è infallibile altresì nella condanna
delle
proposizioni, che feriscono, in differenti maniere, la fede ed i
costumi, o che li mettono a repentaglio [2].
Essa conseguentemente è infallibile in materia di fatti
dogmatici, e
diciam di fatti dogmatici, perchè essa non pretende affatto
infallibilità in materia di fatti puramente personali od
istorici, la
conoscenza dei quali dipende principalmente dalla testimonianza degli
uomini, non avendo spesso simili fatti relazione alcuna nè
prossima nè
essenziale con la fede. Ma sonovi dei fatti che si appellano dogmatici,
poichè essi vanno essenzialmente ed inseparabilmente collegati
colla
fede, per esempio il fatto dell'esistenza del tale errore nel tal
libro. Se la chiesa non fosse infallibile nel giudicare un tal fatto,
nulla le servirebbe il condannare l'errore, non potendo indicare con
certezza, ove esso si trova. I pastori divinamente istituiti per
pascere le anime della vera dottrina, sarebbero in tal caso nella
impotenza di adempiere al loro officio, e Gesù glielo avrebbe
confidato
in vano.
La chiesa è altresì infallibile in ciò che
riguarda il culto divino,
e la disciplina generale, perchè il divin culto, e
la
disciplina generale hanno sempre dei
rapporti intimi con la fede e con i costumi. Se la chiesa potesse in
queste materie prescrivere o approvare cose contrarie alla fede ed ai
costumi, o che non fossero loro conformi, precipiterebbe essa
inevitabilmente le anime nell'errore, e invece di salvarle, le
perderebbe. Ma ciò non può avvenire, avendole Gesù
Cristo promesso di
essere con lei sino alla fine dei tempi. La chiesa dunque è
infallibile
in materia di disciplina generale in questo senso, cioè che
quello che
da essa vien generalmente prescritto o approvato in questa materia, non
può mancare di essere in armonia con la verità e colla
morale
rivelate.
Non possiamo far passaggio ad un altro soggetto, senza aver ben
rischiarati gli spiriti illusi intorno alla natura ed alla portata
delle definizioni della fede. S'immaginano costoro, che la chiesa,
definendo un dogma, impone ai fedeli una nuova credenza. Non vi
è cosa
più falsa di questa. Una definizione di fede non è altro
che una
dichiarazione dogmatica di una verità contenuta nel deposito
della
rivelazione, e che ha fatto sempre parte della credenza della chiesa.
La chiesa non inventa mai, essa giudica; e quando le si dimanda se la
tale credenza fa parte del dogma, essa risponde. — Se è
l'eresia che
nega, la sua risposta è un anatema; e se è la buona fede
che trovasi in
esitanza, la sua risposta è una consolazione. Così
è avvenuto che in
diverse epoche, l'eresia, ossia la debolezza dello spirito umano
(perchè lo spirito è debole anche negli uomini grandi)
è stata
l'occasione delle dichiarazioni dogmatiche della chiesa, e che il cozzo
degli errori, o delle opinioni ha fatto scaturire dalla rocca su cui
essa è fondata, non già delle verità nuove, ma
delle nuove
dichiarazioni.
Non debbonsi confondere due cose cotanto differenti come quella del credere e del sostenere un dogma, dice il Conte
de Maistre.
«La chiesa cattolica non è argomentatrice di sua
natura; essa crede
senza entrare in disputa, perchè la fede
è una credenza per amore,
e
l'amore non ama affatto gli argomenti.
«Il cattolico sa bene che non può ingannarsi, sa di
più che se egli
potesse ingannarsi, non vi sarebbe più verità rivelata,
nè sicurezza
alcuna per l'uomo quaggiù in terra, poichè ogni società divinamente istituita
suppone
l'infallibilità, come egregiamente diceva l'illustre
Malebranche.
«La fede cattolica non ha dunque bisogno, e questo è il
principal
carattere, il quale non è abbastanza rimarcato; essa non ha
bisogno,
ripeto, di riconcentrarsi in se stessa, interrogarsi intorno alla sua
credenza, e dimandare a se stessa, perchè essa crede; essa non
è
molestata da questa inquietudine disertatrice che agita le sette.
È il
dubbio che produce delle opere: perchè dunque scrivere, essa che
non ha
mai dubbio?
Ma se si viene ad oppugnare un qualche dogma, essa allora esce dal
suo stato naturale; cerca ed esamina i fondamenti del dogma messo in
disputa; interroga l'antichità, crea delle parole speciali, di
cui la
sua buona fede non avea affatto bisogno, ma rese poi necessarie per
caratterizzare il dogma, ed innalzare tra noi ed i novatori un'eterna
barriera [3].
In questo modo souo state definite, e la Consostanzialità del Verbo
contro
l'Arianismo, e la Transostanziazione
[4] contro i protestanti, definizioni
che compendiano con un solo vocabolo l'immutabile credenza della chiesa
intorno alla Divinità del Verbo, e intorno all'adorabile
Sagramento
dell'Eucaristia.
Non deve dunque porsi in obblio che la fede della chiesa precede
alle definizioni dogmatiche, e che per essere vero fedele, non basta di
credere solamente ciò che è definito
contro l'eresia, nè di credere solamente quando è definito contro
l'eresia:
No, bisogna credere prima di tutto ciò che l'autorità
della chiesa ci
propone a credere come rivelato da Dio [5].
Del resto, Colui, la cui Sapienza sa far servire il male al
progredimento del bene, sa fare altresì servire l'errore al
progresso
della verità, vogliam dire al progresso della scienza del dogma,
dell'intelligenza della fede. Questo progresso esiste dice Pio IX,
rammentando le parole di S. Vincenzo di Lerino: «Questo progresso
esiste, ed è grandissimo, ma è il vero progresso della
fede, non già il
cambiamento. Bisogna che l'intelligenza, la scienza, e la saggezza di
tutti come di ciascuno in particolare, delle epoche e dei secoli di
tutta la chiesa, come degl'individui, crescono e fanno grandi,
grandissimi progressi, affinchè più chiaramente si
comprenda ciò che
l'antichità venerava senza comprenderlo, affinchè le
pietre preziose
del dogma divino vengano elaborate, esattamente adattate, e ornate con
saggezza, e si arricchiscano di grazia, di splendore, di bellezza: ma
sempre nel medesimo genere, vale a dire nella medesima dottrina, nel
medesimo senso, nella sostanza medesima, di modo che facendo uso di
nuovi vocaboli, non si dicono pertanto cose novelle [6].»
La fede della chiesa è dunque un albero vivente. Quest'albero
riceve
tutto il vigore della sua vegetazione dalla verità rivelata, ma
da
questo succo divino nascono dei frutti senza numero, che, per esser
sempre della medesima natura e sempre simili a se stessi, non lo son
meno di una bellezza, e di un sapore sempre nuovi.
Intorno a questo punto, come all'altro precedente, noi lo abbiam di
già accennato, la fede cattolica non ha mai variato. Viva e
intiera in
tutte le chiese tale quale l'hanno loro lasciata gli Apostoli, essa non
ha mai dubitato di se medesima. Ma quando essa si è veduta
oppugnata
dallo scisma e dall'eresia, le ha confuse mediante la sagra Scrittura e
la tradizione.
La società cattolica riposa dunque in pace
sull'autorità che Cristo
le ha posto come base, e la chiesa insegnata, ossia l'universale dei
fedeli, ascolta la chiesa insegnante per organo dei suoi pastori
Ma tutti quei che esercitano, in qualche grado, le funzioni del
ministero apostolico, appartengono essi pel fatto medesimo alla chiesa
insegnante, che tutti devono ascoltare, alla autorità dottrinale
in
materia di fede?
Nella città di Dio, come nelle altre città di questo
mondo, le cause
maggiori, quelle che interessano tutta intera la società, sono
riservate alle autorità superiori. L'autore della grazia
è lo stesso
che quello della natura, e non è da far le meraviglie che i
primi
pastori, vale a dire i Vescovi, sieno stati costituiti maestri e
giudici della fede nella sua chiesa, trovandosi le cause della stessa
fede essere cause supreme.
Tale è la credenza di tutt'i tempi. Nei primi secoli, come
nei
secoli seguenti, la storia ci mostra i Vescovi di ciascuna chiesa alla
testa dei presbiteri, dei diaconi, e dei semplici fedeli, vegliando
alla conservazione della fede, e condannando tutti gli errori, senza
ricorrere al suffragio di coloro che non sono rivestiti del carattere
sacerdotale. I dottori della chiesa non hanno mai opposto all'eresia
altro tribunale che quello dell'Episcopato unito al suo Capo, ed
è un
dogma cattolico che non solamente il Papa ed i Vescovi sono giudici
infallibili delle controversie in materia di religione, ma bensì
che
essi soli sono i giudici della fede [7].
La chiesa ha definita questa verità fin da quando la vide
oppugnata, e
l'ha definita, come noi or ora lo dicevamo, mostrandola scritta nel
nuovo Testamento, e attestata da tutt'i monumenti della tradizione.
Fu ai suoi Apostoli riuniti, al Collegio
Apostolico, ai primi pastori della sua nascente chiesa che
Cristo Gesù disse: «È stata a me conferita tutta la
podestà in cielo ed
in terra; Andate dunque istruite tutte le genti, battezzandole nel nome
del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo; insegnando a loro di
osservare tutto quello che io vi ho comandato: ed ecco che io sono con
voi in ogni tempo sino alla consumazione dei secoli [8].» In queste parole del Salvatore divino havvi
la
comunicazione di una triplice podestà: della potestà
dottrinale: Docete; della
potestà sagramentale:
Baptizantes; e della
potestà
del comando: Docentes servare omnia
quaecumque mandavi vobis. E questa podestà di comando,
Gesù la
mostra altrove tutta intera, chiamandola potestà di legare e di sciogliere. In questa dunque
racchiudesi tutto il potere spirituale: Magisterium, ministerium, imperium, tutta la potestà
sagra ma
specialmente la potestà dottrinale, ossia insegnante, che
conferma e
sostiene le altre due.
E quale podestà insegnante?
La podestà insegnante universale in materia di fede: Istruite tutte le genti. La
podestà
insegnante perpetua: Sino alla
consumazione dei secoli. La podestà insegnante
infallibile, vale
a dire, poggiata sul soccorso infallibile di Dio: Ed ecco che io sono con voi sino alla
consumazione dei secoli.
Così l'infallibilità è manifestamente promessa
non solo agli
Apostoli, ma benanche ai loro successori e non al Collegio Apostolico
soltanto, ma al corpo
episcopale eziandio.
E perchè i Vescovi soli sono i primi pastori e i successori
degli
Apostoli?
Perchè essi soli ricevono la pienezza del sacerdozio: Plenitudinem Sacerdotii, vale a
dire il Sacerdozio con la podestà che lo perpetua per mezzo
dell'ordinazione, la paternità spirituale con la
fecondità divina.
La podestà d'ordine dunque ha dei gradi, e tutta intiera non
fu data
da Gesù Cristo che al carattere episcopale. Gli Atti e le
Epistole
degli Apostoli sono pieni di questa verità che noi troviam
sempre viva
in tutta la storia della chiesa.
Ma noi ci faremmo una idea completamente falsa della chiesa
insegnante,
se perdessimo di vista che la podestà degli Apostoli fu
stabilita
nell'unità mediante l'istituzione divina del centro medesimo di
questa
unità, o del primato di Pietro; e che la podestà dei
successori degli
Apostoli è mantenuta nell'unità per mezzo del sostegno
del centro
dell'unità cattolica, o meglio del primato del successore di
Pietro.
Senza Pietro non vi ha Collegio Apostolico, e non vi
può essere corpo episcopale ossia della chiesa insegnante senza
il
Papa. La
podestà d'ordine o del sagro ministero: Sacri ministerii fu senza dubbio la
stessa negli Apostoli, e nel principe degli Apostoli, come la stessa
è
dessa nei Vescovi e nel Vescovo dei Vescovi; ma il primato di Pietro,
e dei successori di lui è la suprema podestà di
giurisdizione, ossia
del governo: Iurisdictionis sive
regiminis.
Noi non conosciamo cosa alcuna che condanna più altamente lo
scisma
e l'eresia, e al tempo stesso niente di più umiliante per l'uno
e per l'altra al cospetto della
duplice chiarezza della Scrittura e
dell'istoria,
che la negazione dell'unità dell'apostolato, e
dell'Episcopato mediante il primato di Pietro e dei Pontefici romani
loro successori. L'Oriente e l'Occidente
acclamano ad una voce questo primato: i Concilii di Nicea, di Efeso, di
Calcedonia, di Costantinopoli parlano del Successore di Pietro e
della sua suprema autorità su tutta la chiesa, come
altresì i Concilii
di Lione, del Laterano, di Firenze e di Trento. — S. Attanasio,
S.
Basilio, S. Gregorio di Nanzianzo, S. Giovan Crisostomo confessano
l'autorità suprema del Successore di Pietro, come la confessano
bensì
S. Cipriano, S. Girolamo, S. Ambrogio, S. Agostino [9]. — Si è dato mai
un'altro Vescovo fuorchè il Pontefice Romano per Pastore supremo
dell'Oriente e dell'Occidente?. Le chiese
orientali ed occidentali riconobbero mai una altra podestà
universale
che quella del Successore di S. Pietro? Quando i Patriarchi di
Costantinopoli si usurparono il titolo di
Patriarchi ecumenici, e presero un tal titolo assai tardi, pretesero
essi mai di estendere l'autorità loro sopra Roma? No, quando la
podestà divien scismatica, essa prende il carattere della falsa
madre
giudicata da Salomone: essa si contenta d'una chiesa scissa. Lo si
vede a giorni nostri nella Russia, in Inghilterra e altrove, come fu
visto presso quei Greci che divennero infedeli all'unità. La
storia
ecclesiastica proclama dunque con evidenza ove trovasi l'unico Pastore
dell'unico gregge di Gesù Cristo. Lo stesso ci vien mostrato
dalla
chiesa colla chiarezza medesima del Vangelo.
Apriamo questo volume
divino, e illuminiamoci alla sua luce. Gesù Cristo a quello
ch'egli ha
eletto principe degli Apostoli dice: Tu
sei Simone, figlio di Giona, tu sarai chiamato Cepha
(che s'interpreta Pietro). Poco dopo gli assegnò la ragione di
questo
cambiamento; e fu nel giorno, in cui Pietro, fedele alla divina
rivelazione, confessò esso il primo la divinità di
Gesù Cristo: Tu sei Pietro,
gli disse allora il Salvatore, e
sopra questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte
dell'inferno non prevarranno mai contro di essa [10].
La chiesa, questo edificio divino, che da nessuna cosa potrà
essere
rovesciata, questa ferma colonna della verità [11], sta poggiata su Pietro, come sulla sua base.
Essa non ha pertanto altra base divina che Gesù Cristo: Fundamentum enim aliud nemo potest ponere
praeter id, quod positum est,
quod est Christus Jesus [12].
Ma anche Gesù Cristo solo si è quello che di sua mano
divina pose la
pietra angolare dell'Apostolato perpetuo: «Sopra questa pietra io
edificherò.»
Le parole poi che sieguono immediatamente dichiarano di nuovo
l'autorità suprema ai Pietro mediante un simbolo ammirabilmente
chiaro:
A te darò le chiavi del
regno dei cieli [13]:
A chi si presentano le
chiavi di una città, se non al Sovrano? E bene! In questa chiesa
ch'Egli appella il regno de' cieli, in questo regno spirituale, ch'egli
predice incrollabile, imperituro, a Pietro, e a Pietro solo,
Tibi, ei consegna le chiavi,
cioè la suprema podestà.
Ma la podestà di Pietro non è di altra natura che
quella
dell'apostolato, il quale è una podestà spirituale, ed
ecco perchè Gesù
Cristo, predicendo a tutt'i suoi Apostoli la prova delle persecuzioni,
dice ancora a Pietro: Simone,
Simone, ecco che Satana va in
cerca di voi per vagliarvi, come sì fa del grano: ma io ho
pregato per
te, affinchè la tua fede non venga meno, e tu una volta
ravveduto
conferma i tuoi fratelli [14].
Gesù Cristo dunque promette
in una maniera speciale al Capo della podestà insegnante la
fedeltà infallibile: Ego
autem [oravi] rogavi pro te, ut non deficias fides tua; è
dunque la stabilità della pietra angolare che dà fermezza
a tutto l'edificio: Et tu aliquando
conversus confirma fratres tuos.
Una graziosa ed attraente parola di Cristo dopo la sua risurrezione
dà
compimento alla promessa fatta a Pietro, e gli conferisce la
podestà suprema. Stando congregati Pietro e gli
altri discepoli, si accostò loro Gesù, e volgendo la
parola a Pietro gli disse: Simone,
figliuolo di Giovanni, mi ami tu più che questi: gli
rispose: Certamente, Signore, tu sai
che io ti amo. E Gesù riprese:
Pasci i miei agnelli.
Dissegli poi di nuovo per la seconda volta; Simone, figliuol di Giovanni, mi ami tu?
Pietro rispose: certamente, Signore,
tu sai che
io ti amo. — Dissegli: pasci
i miei agnelli.
Gli disse per la terza volta: Simone,
figliuol di Giovanni, mi
ami tu? Si contristò Pietro, perchè per la terza
volta gli avesse detto: mi ami tu?
E dissegli: Signore, tu sai il
tutto, tu conosci che
io ti amo. Gesù dissegli: pasci le mie pecorelle.
In verità, in verità
ti dico; quando eri giovine ti cingevi (la veste),
ed andavi dove ti parea; ma, quando
sarai invecchiato, stenderai le tue mani, ed un altro ti
cingerà, e ti menerà dove non vuoi.
Or questo lo disse, indicando, con qual morte fosse per glorificare
Dio. E dopo di ciò, gli disse: Sieguimi
[15].
Gesù mostra a Pietro con queste parole ove va a condurre
questo
supremo officio, alla croce cioè del suo Divin maestro; ma
questo
officio supremo glielo impone manifestamente costituendolo Pastore
non solo degli agnelli, ma delle loro madri ancora: non solamente di
quei che ricevono il nutrimento, ma puranco di quei che lo danno;
non soltanto dei fedeli, ma ancora dei medesimi pastori: Pasce agnos
et oves.
Pietro dunque è il Pastore dei pastori, e la chiesa è
fondata
sull'unità dell'autorità per la gerarchia dei poteri di
cui Pietro è
divinamente stabilito il fondamento e il fatto: Petrum itaque fundamentum Ecclesiae
Dominus nominavit [16].
Dignus certe qui in aedificandis in domo Dei populis lapis esset ad
fundamentum, columna ad sustentaculum, clavis ad regnum [17].
Pietro ci si mostra ancora nella Scrittura santa come «il
primo in
tutte le maniere», dice il Bossuet: «il primo a confessare
la
fede; il primo nell'obbligo di mettere in pratica l'amore, il primo
di tutti gli Apostoli, che vide Gesù Cristo risuscitato dalla
morte,
come esserne doveva il primo testimone avanti a tutto il popolo; il
primo quando bisognò completare il numero degli Apostoli; il
primo che
confermò la fede per mezzo di un miracolo; il primo a convertire
i
Giudei; il primo a ricevere i Gentili; il primo da per tutto.... La
podestà data a molti viene a soffrire una restrizione nel
parteciparvi
egli pure; mentre la podestà concessa ad un solo e sopra di tutti, e senza
eccezione, porta seco la pienezza della medesima [18].
Ma Pietro non sarà il Capo e il fondamento della Chiesa che
durante
la sua vita?
Su questa Pietra io edificherò la mia chiesa, dice Gesù,
e le forze nemiche, le porte dell'inferno non
prevarranno contro di essa.
E come sarebbe la chiesa immutabile, se il suo fondamento non lo
fosse
?
Siccome Gesù Cristo ha manifestamente fondato la
perpetuità
dell'apostolato dicendo: «Io sarò con voi fino alla
consumazione dei
secoli; così ha pure manifestamente stabilito, questo apostolato
perpetuo della chiesa insegnante sopra l'incrollabile fondamento
dell'autorità di Pietro, che non finisce se non
coll'autorità
apostolica: Super hanc petram
aedificabo Ecclesiam meam, et portae
inferi non praevalebunt adversus eam. L'autorità dunque
di Pietro è
sempre viva nei suoi successori, e la Sede di Pietro è sempre il
centro dell'unità e dell'autorità della chiesa. Ma come
dubitare del senso di simili testi? Non sono essi,
ripetiamolo di nuovo, divinamente interpretati mediante il loro
compimento? L'evidenza dei fatti nella chiesa non corrisponde forse
all'evidenza delle parole dell'Evangelio, e non è doppiamente
chiaro che
la chiesa, come ne insegna il catechismo, è la comunità
dei fedeli che
professano la dottrina di Gesù Cristo, sotto l'obbedienza dei
legittimi Pastori, e
principalmente del nostro S. Padre il Pontefice romano, capo visibile
della chiesa universale?
La chiesa insegnante alla quale fu promessa l'infallibilità
è
dunque il collegio apostolico, o gli Apostoli uniti con Pietro;
è
l'apostolato universale e perpetuo dei successori degli Apostoli uniti
ai successori di Pietro; Sissignore, «Il corpo dell'Episcopato unito al suo Capo, è il
luogo ove bisogna
trovare il deposito della dottrina ecclesiastica, dice Bossuet [19].»
«Tutti ricevono la podestà medesima, ei soggiunge, ma non
tutti nel
medesimo grado, nè colla medesima estensione... Gesù
Cristo comincia
pel primo e in questo primo ei
forma il tutto, affinchè noi imparassimo che l'autorità
ecclesiastica,
stabilita primieramente nella persona di un solo, non
sia ripartita o diramata che a condizione di esser sempre riportata
al principio della sua unità, e che tutti quelli i quali
dovranno
esercitarla, debbonsi tenere
inseparabilmente uniti alla cattedra medesima [20].
Separati da Pietro, i Vescovi non sono più nella chiesa, ma sono
nello
scisma; sono essi membri separati e disgiunti dal corpo della chiesa
insegnante. Staccandosi dal corpo della chiesa, essi non le tolgono
nè
l'unità nè la vita; l'una e l'altra restano sempre ai
membri uniti al
loro Capo, al corpo unito alla testa.
La chiesa insegnante, cui fu divinamente promessa la
infallibilità, è
dunque l'Episcopato cattolico, o disperso, o congregato in un Concilio
generale, e sempre unito al suo Capo.
Ma se la chiesa insegnante, non è infallibile che per la sua
unione
con Pietro; se i Vescovi separati dal Successore di Pietro non hanno
promessa alcuna d'infallibilità, nè dispersi, nè
riuniti in concilio;
se la chiesa non può farsi crollare nella fede, perchè la
pietra, su
cui è fondata, è incrollabile; si domanda se Pietro ha
ricevuto per
esso, e per i suoi successori speciali promesse d'infallibilità.
E
questo è quello che ci resta di stabilire. Ma ci piace per prima
richiamar l'attenzione dell'incredulità sopra un fatto di primo
ordine,
e fare in seguito rilevare l'ignoranza dei pubblicisti increduli sulla
natura e sull'oggetto della infallibilità pontificia.
[1] In materia fidei, nempe in iis omnibus
rebus quae revelatae sunt, et a Christo suis fidelibus ut credantur
relictae, (Schouppe, S. I. De
regula fidei, c. III. a. 3 pr. 1.).
[2] Quae sunt contra fidem vel bonam vitam,
Ecclesia non approbat, nec tacet nec facit. —
(Sanctus Augustinus, ad inquisitiones Ianuarii, lib. II n. 35, iuxta
Editionem Benedictinam, Epistola 55. — (Migne, Patrologia Latina,
tom.
33. col. 221.). — Conferatur lib. 1. iuxta edit. Bened. Epist.
54.
[3] De Maistre, du Pape, Lib. 1.
ch. I.
[4] Vocabolo ammirato e difeso da
Leibnitz.
[5] Pio IX lo rammenta nel Breve
del 21 Dicembre 1863 all'Arcivescovo di Monaco, in cui ei dice: Etiamsi
ageretur de illa subiectione quae fidei divine actu est praestanda,
limitanda non esset ad ea, quae expressis oecumenicorum Conciliorum aut
Romanorum Pontificum, huiusque Apostolicae Sedis decretis definita
sunt, sed ad ea quoque extendenda quae ordinario totius Ecclesiae per
orbem dispersae Magisterio tamquam divinitus revelata traduntur,
ideoque universali et costanti consensu a catholicis Theologis ad fidem
pertinere retinentur.
[6] Breve del 17 Marzo 1856.
[7] Vedi il Card. Gousset, Della
Chiesa. parte II. cap. 2 a. 1.
[8] S. Matth. XXVIII, 19, 20.
[9] Vi abbisognerebbero dei volumi
per raccogliervi le parole dei Concilii
e dei SS. Padri intorno a questo grande subbietto. Se scrivessimo
per i teologi, li rimanderemmo alle grandi opere canoniche e
teologiche, che riportano questo parole, ma siccome noi scriviamo per
la gente del mondo, noi ci limitiamo ad indicar loro due opere
scritte in francese su questa materia: la teologia dogmatica del Card.
Gousset, Arcivescovo di Reims, e le
Pape del Conte de Maistre. Queste due opere contengono
citazioni a sufficenza estese dei Concili, e dei Padri intorno al
primato di Giurisdizione, o la podestà suprema di Pietro e
dei successori di lui.
[10] Matth. XVI, 18. [«Respondens
autem Jesus, dixit ei: Beatus es, Simon Bar Jona, quia caro et sanguis
non revelavit tibi, sed Pater meus, qui in coelis est. Et ego dico
tibi, quia tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam
meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam.» Matth.
XVI, 17-18 da: Biblia Sacra Vulgatae
Editionis juxta exemplaria ex Typographia Apostolica Vaticana t.
IV (7a Ed.) Ratisbona 1899 pag. 21. N.d.R.]
[11] I. Tim. III, 15.
[12] I Cor. III, 11.
[13] Matth. XVI, 19.
[14] Luc. XXII, 31. 32.
[15] Ioann. XXI, 15. 19. [«Cum
ergo prandissent, dicit Simoni Petro Jesus: Simon Joannis, diligis me
plus his? Dicit ei: Etiam Domine: tu scis, quia amo te. Dicit ei: Pasce
agnos meos. Dicit ei iterum: Simon Joannis, diligis me? Ait illi:
Etiam, Domine: tu scis, quia amo te. Dicit ei: Pasce agnos meos. Dicit
ei tertio: Simon Joannis, amas me? Contristatus est Petrus, quia dixit
ei tertio: Amas me? et dixit ei: Domine, tu omnia nosti: tu scis, quia
amo te. Dixit ei: Pasce oves meas. Amen, amen dico tibi: Cum esses
junior, cingebas te, et ambulabas, ubi volebas: cum autem senueris,
extendes manus tuas, et alius te cinget, et ducet, quo tu non vis. Hoc
autem dixit significans, qua morte clarificaturus esset Deum. Et cum
hoc dixisset, dicit ei: Sequereme.» Biblia Sacra Vulgatae
Editionis... t. IV Ratisbona
1899 pag. 128. N.d.R.]
[16] S. August. s. 190. E. B.
app. (Migne Patr. lat. t. 39. col. 2100).
[17] S. Aug. §. 203. E. B.
app. (Migne ibid, col. 2123).
[18] Sermon sur l'Unité,
part. I.
[19] Sermon sur l'Unité,
part. 2.
[20] Sermon sur l'Unité,
part. I.
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