Pasqua 1958, Messaggio Urbi et Orbi di Sua Santità Pio XII
Sospinti dalla sete ardente di luce sovrumana, diletti figli e figlie di Roma
e del mondo, siete convenuti, con la presenza o in spirito, in questo luogo, ove
più vivido pare rinnovarsi con la solennità dei riti il fulgore della
Risurrezione, per attingere da Cristo, sorgente di verità e di vita, l'onda
ristoratrice della sua luce e della sua grazia. Cristo è Colui, che, debellate
le tenebre di morte, risplende come astro sereno sopra l'intiera umanità:
« Ille, qui regressus ab in feris, humano generi serenus illuxit » (Praecon.
Pasch.).
Dispensatrice perenne di luce è la Pasqua cristiana, fin da quell'alba
fortunata, vaticinata ed attesa per lunghi secoli, che vide la notte della
passione tramutarsi in giorno rifulgente di letizia, allorché Cristo, distrutti
i vincoli di morte, balzò, quale Re vittorioso, dal sepolcro a novella e
gloriosa vita, affrancando la umana progenie dalle tenebre degli errori e dai
ceppi del peccato. Da quel giorno di gloria per Cristo, di liberazione per gli
uomini, non è più cessato l'accorrere delle anime e dei popoli verso Colui, che,
risorgendo, ha confermato col divino sigillo la verità della sua parola: « Io
sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce
della vita » (lo. 8, 12). Da ogni plaga a Lui convergono, assetati e fiduciosi,
tutti coloro che amano e credono nella luce; coloro che sentono gravare sui loro
spiriti l'angoscia del dubbio e dell'incertezza; coloro che sono stanchi
dell'eterno vagare tra opposte dottrine, gli smarriti nelle vane ombre del
secolo, i mortificati dalle colpe proprie ed altrui. In tutti coloro, che, come
voi, hanno dischiuso la mente ed il cuore alla divina luce di Cristo, si è
rinnovato il prodigio della risurrezione a novella vita, nel gaudio e nella
intima pace. L'« alleluja », che la Chiesa oggi canta per ogni dove sulla terra,
ed al quale voi, esultanti, vi associate, è la viva testimonianza che Cristo è
tuttora « luce del mondo », e tale sarà fino alla consumazione dei secoli: luce
di verità, di unità, di vita alle umane generazioni. Come all'alba della
creazione, la luce, scaturita per prima dalle mani dell'onnipotente Ordinatore
del cosmo, ancora informe, caotico e tenebroso (cfr. Gen. I, 2-3), fu
posta quasi alla soglia di ogni ordine ed ornamento, all'origine di ogni
sviluppo e di ogni vita; così nell'opera di restaurazione, paragonata
dall'Apostolo ad una nuova creazione (cfr. Gal. 6, 15; 2 Cor. 5,
17), la luce di Cristo è l'elemento primo, fecondo, indispensabile del nuovo
ordine ristabilito dal Figlio di Dio. Ciò significa che l'uomo soltanto per
Cristo ed in Cristo conseguirà la sua personale perfezione; per Lui le sue opere
saranno vitali, i rapporti coi propri simili e con le cose ordinati, le sue
degne aspirazioni appagate; in una parola, per Cristo e da Cristo l'uomo avrà
pienezza e perfezione di vita, ancor prima che sorgano sugli eterni orizzonti un
nuovo cielo e una nuova terra (cfr. Apoc. 2I, I).
Il medesimo Verbo di
Dio, che presiedè alla creazione di tutte le cose visibili ed invisibili, si è
incarnato, per portare a compimento l'opera iniziata al principio dei tempi, di
guisa che, come « nulla fu fatto senza di Lui » e « in Lui era la vita, e la
vita era la luce » (Io. 1, 3-4), così non si può dare verità, bontà,
armonia e vita, che non faccia capo a Cristo, maestro, sostegno ed esempio degli
uomini. Oh, se questi riconoscessero la realtà della parola di Cristo « Io sono
la luce del mondo », e ne accettassero tutta l'ampiezza, che non comporta limiti
e recinti, esponendo mente e cuore ai divini suoi sprazzi, quanta vita, quanta
serenità e speranza fiorirebbero in questa nostra valle! Al contrario, se
interne tragedie dilacerano gli spiriti, se lo scetticismo ed il vuoto
inaridiscono tanti cuori, se la menzogna diventa arma di lotta, se l'odio
divampa tra le classi ed i popoli, se guerre e rivolte si succedono da un
meridiano all'altro, se si perpetrano crimini, si opprimono deboli, si
incatenano innocenti, se le leggi non bastano, se le vie della pace sono
impervie, se, in una parola, questa nostra valle è ancora solcata da fiumi di
lacrime, nonostante le maraviglie attuate dall'uomo moderno, sapiente e civile;
è segno che qualche cosa è sottratta alla luce rischiaratrice e fecondatrice di
Dio. Il fulgore della Risurrezione sia dunque un invito agli uomini di
restituire alla luce vitale di Cristo, di conformare agli insegnamenti e disegni
di Lui il mondo e tutto ciò che esso abbraccia; anime e corpi, popoli e civiltà,
le sue strutture, le sue leggi, i suoi progetti. Non prevalgano a trattenerli nè
l'insensato orgoglio, nè il vano timore che il lasciarsi ispirare da Cristo
menomi la loro libertà o l'autonomia delle loro opere. Dio, che fin dai primordi
ha comandato all'uomo di sottomettere la terra ed operare in essa (cfr. Gen.
1, 28; 3, 23), non ritira la sua parola, né intende di sostituirsi all'uomo,
bensì di guidarlo e sorreggerlo, affinché si compiano alla perfezione i suoi
disegni, poiché né Dio né l'uomo sarebbero paghi di una qualsiasi esistenza del
mondo, ma solo di una sua vita in costante progresso verso la pienezza della
verità, della giustizia, della pace.
Ma dove incontreranno gli uomini concretamente e con certezza la luce di
Cristo? Per quale visibile tramite essa diventa lume agli occhi mortali, norma
pratica di azione e fecondità immediata di opere? Voi, diletti figli, lo sapete:
della luce di Cristo è depositaria la Chiesa da Lui fondata ed assistita,
pertanto in senso vero « lumen de lumine », realtà visibile e perenne,
nello stesso tempo umana e divina, temporale ed eterna. A questa « città posta
sul monte » (cfr. Matth. 5, 14) Cristo ha affidata « la parola più ferma
dei profeti, a cui fate bene a prestare attenzione, come ad una fiaccola che
risplenda in luogo oscuro » (2 Petr. I, 19). Fissate dunque i vostri
sguardi in essa, con la sincerità ed il sapiente discernimento dei figli della
luce, non già col malsano compiacimento dei figli delle tenebre, che
preferiscono, con loro danno, soffermarsi sulle inevitabili ombre, che
accompagnano ogni realtà in parte anche umana. L'ombra dell'uomo, non che
spegnere la luce di Dio, la pone in più chiaro risalto. È luce di Dio accesa sul
mondo l'attenta vigilanza della Chiesa sulle dottrine, la sua assiduità nel
diffondere e difendere la verità, la sua non frettolosa prudenza verso le novità
e i rivolgimenti, l'imparzialità nelle contese tra classi e nazioni,
l'inflessibilità nel tutelare i diritti di ognuno, l'intrepidezza di fronte ai
nemici di Dio e della società. Ciascuno di voi si domandi: che ne sarebbe, al
presente, del mondo, se tanta luce fosse mancata? Potrebbe forse esso vantarsi
di quel complesso di conquiste materiali e morali, indicato dal nome civiltà?
Sarebbe ancor vivo nelle coscienze il senso, così largamente diffuso, di
giustizia, di vera libertà, di responsabilità, che anima la maggioranza dei
popoli e dei governanti? Che dire, poi, della coscienza di unità della famiglia
umana in consolante progresso nelle menti e nelle concrete attuazioni? Chi se
non Cristo può raccogliere e fondere in un sol palpito di fraternità uomini così
diversi per stirpe, per lingua, per costumi, quali siete tutti voi, che Ci
ascoltate, mentre vi parliamo in suo nome e per sua autorità?
Egli è veramente
Colui, che, debellate le tenebre di morte, risplende come astro sereno sopra
l'intiera umanità. Ma, in un modo del tutto particolare, Cristo risplende sopra
la immensa famiglia dei credenti, sopra di voi, che vi gloriate del nome di
Cristo, fino al punto di farvi partecipi della sua divina prerogativa. Alle
turbe che lo circondavano Egli disse: « Voi siete la luce del mondo » (Matth.
5, id.). Tale identità di missione, derivata da Cristo ai suoi seguaci, mentre
costituisce in questi un titolo di eccelso onore, impone gravi responsabilità di
azione. « Così risplenda la vostra luce agli occhi degli uomini, — egli
soggiunse —, affinché, vedendo le vostre buone opere, diano gloria al Padre
vostro che è nei cieli » (ib. 16). Ma quale « buona opera » più utile al
mondo può farsi al presente dall'intiera cristianità, se non promuovere con
tutte le forze il saldo ristabilimento della giusta pace? Individui e popoli,
nazioni e Stati, istituti e gruppi, sono invitati dal Re della Pace ad insistere
con fiducia in questa difficile ed urgente opera di gloria divina. Ad essa si
dovrà dedicare tutta l'imponente riserva di intelligenza, di prudenza, e, ove
fosse necessario, di salda fermezza, di cui dispone il mondo cristiano,
coadiuvato da tutti gli altri che lealmente amano la pace. La sincerità nel
volere la pace, la prontezza a compiere tutte le ragionevoli rinunzie che essa
esige, la onestà nel discutere i suoi problemi, dovrebbero naturalmente
dissipare le ombre della sfiducia; ma se ciò, — Dio non voglia, — non accadesse,
si saprebbe finalmente a chi attribuire le responsabilità delle presenti
disarmonie. Siate, dunque, luce di pace in questo mondo ottenebrato, e Dio sarà
con voi in ogni evento! Ecco, diletti figli e figlie di Roma, d'Italia e del
mondo, il messaggio che la presente Pasqua vi reca : credete nella luce di
Cristo e della Chiesa, amate e difendete strenuamente questi sommi doni largiti
da Dio al mondo. Vi ripetiamo pertanto con gli accenti dei secoli lontani, ma
con la urgenza richiesta da un presente ancora incerto: « Amate questa luce,
questa bramate di comprendere, di questa abbiate sete, affine di pervenire alla
luce mediante la luce, vivendo in essa in tal modo da non incorrere mai più
nella morte ». Poiché, o Signore, « in te è la fonte della vita, e nella tua
luce vedremo l'eterno splendore » (cfr. S. August. Tract. 34 in Ioann.,
n. 3-4 - Migne PL, t. 35, col. 1652-1653). Così sia!
Loggia esterna della Basilica
Vaticana, 6 aprile 1958
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