venerdì 18 aprile 2014
MISERERE NOBIS, DOMINE, MISERERE NOBIS...
Meditazione per lo martedì – DEL PECCATO MORTALE
S.alfonso m. de' liguori
Considera, come tu creato da Dio per amarlo, con ingratitudine
d’inferno te gli sei ribellato, l’hai trattato da nemico, hai
disprezzata la sua grazia, la sua amicizia. Conoscevi che gli davi un
gran disgusto con quel peccato, e l’hai fatto? Chi pecca, che fa? volta
le spalle a Dio, gli perde il rispetto, alza la mano per dargli uno
schiaffo, affligge il cuore di Dio: «Et afflixerunt spiritum sanctum
eius (Is. 63)». Chi pecca, dice a Dio col fatto:
Allontanati da me, non ti voglio ubbidire, non ti voglio servire, non ti
voglio riconoscere per mio Signore: non ti voglio tenere per Dio: il
mio Dio è quel piacere, quell’interesse, quella vendetta. Così hai detto
nel tuo cuore, quando hai preferita la creatura a Dio. S. Maria
Maddalena de’ Pazzi non sapea credere, come un cristiano potesse ad
occhi aperti far un peccato mortale; e tu che leggi, che dici? Quanti
n’hai commessi? Dio mio, perdonami, abbi pietà di me. Ho offeso te,
bontà infinita: odio i peccati miei: t’amo, e mi pento d’averti
ingiuriato a torto, o Dio mio, degno d’infinito amore.
Considera, come Dio ti dicea, quando peccavi: Figlio, io sono il tuo
Dio, che ti creai dal niente, e ti ricomprai col mio sangue; io ti
proibisco di far questo peccato sotto pena della mia disgrazia. Ma tu
peccando, dicesti a Dio: Signore, io non voglio ubbidirti, voglio
pigliarmi questo gusto, e non m’importa che ti dispiace, e che perdo la
tua grazia. «Dixisti, non serviam». Ah mio Dio, e ciò l’ho fatto più
volte! come mi avete sopportato? Oh fossi morto prima che avervi offeso!
Io non voglio più disgustarvi: io vi voglio amare, o bontà infinita.
Datemi voi perseveranza. Datemi il vostro santo amore.
Considera, che quando i peccati giungono a certo numero, fanno che
Dio abbandoni il peccatore: «Dominus patienter exspectat, ut cum iudicii
dies advenerit, in plenitudine peccatorum puniat» (2. Mach.
6.14). Se dunque, fratello mio, sarai di nuovo tentato di peccare, non
dire più: Poi me lo confesso. E se Dio ti fa morire allora? e se Dio ti
abbandona? che ne sarà di te per tutta l’eternità? Così tanti si son
perduti. Pur essi speravano il perdono, ma è venuta la morte, e si son
dannati. Trema che lo stesso non avvenga a te. Non merita misericordia
chi vuol servirsi della bontà di Dio per offenderlo. Dopo tanti peccati
che Dio t’ha perdonati, giustamente hai a temere che ad un altro peccato
mortale che farai, Dio non ti perdoni più. Ringrazialo che t’ha
aspettato finora. E fa in questo punto una forte risoluzione di soffrir
prima la morte che fare un altro peccato. Dì sempre da ogg’innanzi:
Signore, basta quanto v’ho offeso; la vita che mi resta, non la voglio
spendere a più disgustarvi (no, che voi non ve lo meritate), la voglio
spendere solo ad amarvi, ed a piangere l’offese che v’ho fatte. Me ne
pento con tutto il cuore. Gesù mio, vi voglio amare, datemi forza.
Maria, Madre mia, aiutatemi. Amen.
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Meditazione per lo mercoledì – DELLA MORTE
S.alfonso m. de' liguori
Considera, come ha da finire questa vita. È uscita già la
sentenza: hai da morire. La morte è certa, ma non si sa quando viene.
Che ci vuole a morire? Una goccia che ti cade sul cuore, una vena che ti
si rompe nel petto, una suffogazione di catarro, un torrente impetuoso
di sangue, un animaletto velenoso che ti morde, una febbre, una puntura,
una piaga, un’inondazione, un terremoto, un fulmine, un lampo basta a
levarti la vita. La morte verrà ad assalirti, quando meno ci pensi.
Quanti la sera si son posti a dormire, e la mattina si son trovati
morti! Non può forse ciò succedere anche a te? Tanti che son morti di
subito, non se lo pensavano di morir così; ma così sono morti, e se si
trovavano in peccato, ora dove stanno? E dove staranno per tutta
l’eternità? Ma sia come si voglia; è certo che ha da venire un tempo,
nel quale per te si farà notte e non giorno, o si farà giorno e non
vedrai la notte. Verrò come un ladro alla scordata e di nascosto, dice
Gesu-Cristo. Te lo avvisa per tempo il tuo buon Signore, perché ama la
tua salute.
Corrispondi a Dio, approfittati dell’avviso, preparati a ben morire,
prima che venga la morte: «Estote parati». Allora non è tempo
d’apparecchiarsi, ma di trovarsi apparecchiato. È certo ch’hai da
morire. Ha da finire la scena di questo mondo per te, e non sai quando.
Chi sa se fra un anno, fra un mese, se domani sarai vivo? Gesù mio,
dammi luce e perdonami.
Considera, come nell’ora della morte ti troverai steso in un letto,
assistito dal sacerdote che ti ricorderà l’anima, co’ parenti accanto
che ti piangeranno, col Crocifisso a capo, colla candela a’ piedi, già
vicino a passare all’eternità. Ti sentirai la testa addolorata, gli
occhi oscurati, la lingua arsa, le fauci chiuse, il petto aggravato, il
sangue gelato, la carne consumata, il cuore trafitto: lascerai ogni
cosa, e povero e nudo sarai gittato a marcir in una fossa: quivi i vermi
ed i sorci si roderanno tutte le tue carni, e di te non resterà che
quattr’ossa spolpate, ed un poco di polvere fetente, e niente più. Apri
una fossa, e vedi a che è ridotto quel riccone, quell’avaro, quella
donna vana! Così finisce la vita. Nell’ora della morte ti vedrai
circondato da’ demonii, che ti metteranno innanzi tutti i peccati
commessi da che eri fanciullo. Ora il demonio per indurti a peccare,
cuopre e scusa la colpa; dice che non è gran male quella vanità, quel
piacere, quella confidenza, quel rancore, che non ci è mal fine in
quella conversazione; ma in morte scoprirà la gravezza del tuo peccato;
ed al lume di quell’eternità, alla quale starai per passare, conoscerai
che male fu aver offeso un Dio infinito. Presto rimedia a tempo, ora che
puoi, perché allora non sarà più tempo.
Considera, come la morte è un momento, dal quale dipende l’eternità.
Giace l’uomo già vicino a morire, e per conseguenza vicino ad una delle
due eternità; e questa sorte sta attaccata a quell’ultima chiusa di
bocca, dopo la quale in un punto si trova l’anima o salva, o dannata per
sempre. O punto! o chiusa di bocca! o momento donde dipende
un’eternità! Un’eternità o di gloria o di pena. Un’eternità o sempre
felice o sempre infelice: o di contenti o di affanni. Un’eternità o
d’ogni bene o d’ogni male. Un’eternità o d’un paradiso o d’un inferno.
Viene a dire che se in quel momento ti salvi, non avrai più guai, sarai
sempre contento e beato. Ma se la sgarri, e ti danni, sarai sempre
afflitto e disperato, mentre Dio sarà Dio. In morte conoscerai che vuol
dire paradiso, inferno, peccato, Dio offeso, legge di Dio disprezzata,
peccati lasciati in confessione, roba non restituita. Misero me! dirà il
moribondo, da qui a pochi momenti ho da comparir innanzi a Dio? e chi
sa qual sentenza mi toccherà? Dove anderò, al paradiso o all’inferno? a
godere fra gli angioli o ad ardere fra’ dannati? Sarò figlio di Dio o
schiavo del demonio? Fra poco oimè lo saprò, e dove alloggerò la prima
volta, ivi resterò in eterno. Ah fra poche ore, fra pochi momenti che ne
sarà di me? Che ne sarà di me, se non risarcisco quello scandalo; se
non restituisco quella roba, quella fama? se non perdono di cuore al
nemico? se non mi confesso bene? Allora detesterai mille volte quel
giorno, che peccasti, quel diletto, quella vendetta che ti prendesti: ma
troppo tardi, e senza frutto, perché lo farai per mero timor del
castigo, senz’amore a Dio. Ah Signore, ecco da questo punto io mi
converto a voi, non voglio aspettare la morte; ed ora io v’amo,
v’abbraccio e voglio morire abbracciato con voi.
Madre mia Maria, fammi morire sotto il manto tuo, aiutami in quel punto.
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Meditazione per lo giovedì – DEL GIUDIZIO FINALE
S.alfonso m. de' liguori
Considera, come appena l’anima uscirà dal corpo, che sarà condotta
innanzi al tribunale di Dio, per essere giudicata. Il giudice è un Dio
onnipotente, da te maltrattato, adirato al sommo. Gli accusatori sono i
demonii nemici: i processi i tuoi peccati: la sentenza è inappellabile:
la pena un inferno. Non vi sono più compagni, non parenti, non amici;
fra te e Dio te l’hai da vedere. Allora scorgerai la bruttezza de’ tuoi
peccati, né potrai scusarli come ora fai. Sarai esaminato sopra i
peccati di pensieri, di parole, di compiacenze, d’opere, d’omissione e
di scandalo. Tutto si ha a pesare in quella gran bilancia della divina
giustizia, ed in una cosa, in cui ti troverai mancante, sarai perduto.
Gesù mio e giudice mio, perdonami, prima che m’hai da giudicare.
Considera, come la divina giustizia dovrà giudicare tutte le genti
nella valle di Giosafatte, quando (finito il mondo) risusciteranno i
corpi per ricevere insieme coll’anima il premio o la pena, secondo le
opere loro. Rifletti, come se ti danni, ripiglierai questo tuo medesimo
corpo, che servirà per eterna prigione dell’anima sventurata. A
quell’amaro incontro l’anima maledirà il corpo, e ‘l corpo maledirà
l’anima; sicché l’anima ed il corpo, che ora si accordano in cercar
piaceri proibiti, si uniranno a forza dopo morte per essere carnefici di
se stessi. All’incontro se ti salvi, questo tuo corpo risorgerà tutto
bello, impassibile e risplendente: e così in anima e corpo sarai fatto
degno della vita beata. E così finirà la scena di questo mondo. Saran
finite allora tutte le grandezze, i piaceri, le pompe di questa terra;
tutto è finito. Vi restano solo due eternità, una di gloria e l’altra di
pena; l’una beata e l’altra infelice: l’una di gaudii e l’altra di
tormenti. Nel paradiso i giusti, nell’inferno i peccatori. Povero allora
chi avrà amato il mondo, e per li miseri gusti di questa terra avrà
perduto tutto, l’anima, il corpo, il paradiso e Dio.
Considera l’eterna sentenza. Cristo giudice si volterà contra i
reprobi e lorodirà: L’avete finita, ingrati, l’avete finita? È già
venuta l’ora mia, ora di verità e di giustizia, ora di sdegno e di
vendetta. Su, scellerati, avete amata la maledizione, venga sopra di
voi: siate maledetti nel tempo, maledetti nell’eternità. Partitevi dalla
mia faccia, andate privi d’ogni bene e carichi di tutte le pene al
fuoco eterno. «Discedite a me, maledicti, in ignem aeternum» (Matth.
25.41). DopoGesù si volterà agli eletti, e dirà: Venite voi figli miei
benedetti, venite a possedere il regno de’ cieli a voi apparecchiato.
Venite, non più per portare dietro di me la croce, ma insieme con me la
corona. Venite ad essere eredi delle mie ricchezze, compagni della mia
gloria; venite a cantare in eterno le mie misericordie: venite
dall’esilio alla patria, dalle miserie alla gioia, venite dalle lagrime
al riso, venite dalle pene all’eterno riposo: «Venite, benedicti Patris
mei, possidete paratum vobis regnum». Gesù mio, spero anch’io d’esser
uno di questi benedetti. Io v’amo sopra ogni cosa; beneditemi da
quest’ora.
E beneditemi voi, Madre mia Maria.
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