venerdì 31 gennaio 2014
Cardinale Ottaviani: “... il Concilio più che una nuova aurora per l’umanità, [è] una lunga notte per la Chiesa”; “... prego Dio di farmi morire prima della fine di questo Concilio, così almeno muoio cattolico”.
Il 25 dicembre 1961, il “papa buono” Roncalli, nel suo quarto anno di pontificato, promulgava la Costituzione apostolica di indizione del Concilio, la “Humanae Salutis” [1]. Roncalli ricordava la promessa fatta da Gesù “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt. 28,20), ovvero:
“... tale
gioiosa assistenza di Cristo, se non è mai mancata, viva ed operante,
nella santa Chiesa, è stata evidente soprattutto quando la compagine e
la comunità umana erano sconvolte dalle più furiose tempeste”; poiché “questo nostro tempo la Chiesa vede la comunità umana gravemente turbata aspirare ad un totale rinnovamento”, si richiede “ora
alla Chiesa: di immettere l’energia perenne, vivificante, divina del
Vangelo nelle vene di quella che è oggi la comunità umana”. Contro “le ideologie di coloro che riducono tutto a materia o tentano di sovvertire i fondamenti della fede cattolica” la Chiesa “dotata
cioè di una più robusta compattezza nell’unità, potenziata dal supporto
di una più feconda dottrina, più bellamente fulgida per splendore di
santità, sicché essa appare del tutto pronta a combattere le sante
battaglie della fede”.
Davanti ad “una comunità di uomini travagliata da un’estrema povertà di valori dell’animo”, ma nel contempo con una Chiesa “fiorente per rigoglio di vitalità”, secondo Roncalli si rendeva necessario un Concilio perché:
“la Chiesa si dimostrasse sempre più idonea a risolvere i problemi degli uomini contemporanei”, indetto “in un momento in cui la Chiesa avverte più vivo il desiderio di irrobustire la sua fede con forze nuove”; dinanzi ai “i pericoli di disastrosi conflitti” propositi del Concilio volevano essere “soprattutto
i valori che fanno parte dell’animo e dell’ordine soprannaturale, come
anche l’intelligenza e la coscienza degli uomini, che devono prendere
luce e guida da Dio, Creatore e Redentore del genere umano”, perciò - dice Roncalli - “confidiamo
che quello che sarà deliberato nel Concilio Ecumenico sarà di tale
efficacia che non soltanto illuminerà di sapienza cristiana e
fortificherà di fervorosa energia l’intimo degli animi, ma anche
pervaderà l’insieme delle attività umane”.
Sebbene Roncalli sosteneva che l’indizione del Concilio fu accolta con grande entusiasmo e per definire anche che un “ordine soprannaturale deve però influire al massimo sull’altro ordine”, quello temporale, e questo perché la Chiesa è “Madre e Maestra”,
in molti non furono poi così elettrizzati: ritenevano che non era certo
necessario un Concilio per risolvere i problemi del tempo, dato che
sarebbe bastato probabilmente ricordare a gran voce e con forza quelle
ovvie condanne già comminate definitivamente al comunismo, alla
massoneria (che aveva ricevuto più di 200 condanne nel Magistero), al
modernismo ed all’ateismo dilagante.
Per usare le parole del pro-Prefetto del Sant’Uffizio (prima della riforma voluta da Paolo VI nel 1965, era Prefetto lo stesso Papa), il cardinale Alfredo Ottaviani, era solamente necessario contrastare con maggiore forza quella “ideologia marxista, un’offesa alla legge di Dio e una tragedia per l’intera umanità”, quel comunismo ateo “intrinsecamente perverso” [cf. Pio XI, Divini Redemptoris], di cui si interessò anche Pio XII deliberandone nel 1949 la “scomunica a tutti i propugnatori”.
In alcuni ambienti si usa sostenere che fu proprio Pio XII a spingere fortemente per l’indizione di un Concilio, tuttavia la storia ci insegna non è così: il 4 marzo del 1948, Papa Pacelli convocò in gran segreto il card. Ottaviani “per
costituire una Commissione preparatoria per un eventuale prossimo
Concilio ecumenico. Non per aprirsi al mondo, come fu poi deciso da
Giovanni XXIII, ma, al contrario, per ridefinire i vari punti della
dottrina cristiana minacciati dalla Nouvelle Théologie” [2].
La “Humanae Salutis” di Giovanni XXIII si conclude con la preghiera:
“rinnova
in questa nostra epoca i tuoi prodigi, quasi come con una nuova
Pentecoste, e concedi alla Santa Chiesa che, perseverando concordemente e
assiduamente con Maria, la Madre di Gesù, e guidata da San Pietro,
estenda il regno del divin Salvatore, regno di verità e di giustizia,
regno di amore e di pace. Amen”. [3]
Nel suo diario, il cardinal Ottaviani scriveva nel 1965, 3 anni dopo la “Humanae Salutis”:
“... il Concilio più che una nuova aurora per l’umanità, [è] una lunga notte per la Chiesa”; “... prego Dio di farmi morire prima della fine di questo Concilio, così almeno muoio cattolico”.
Il 30 ottobre del 1962, quando già si paventavano venti di “libertà religiosa” e di “aperture ai fratelli separati” furono messe in cantiere anche alcune modifiche all’“Ordo” della Messa, il cardinal Ottaviani, e non fu il solo, intervenne duramente:
“Stiamo
cercando di suscitare il disorientamento e lo scandalo nel popolo
cristiano, introducendo delle modifiche in un rito così venerabile, che è
stato approvato lungo tanti secoli e che è ora divenuto così familiare?
Non si può trattare la Santa Messa come se fosse un pezzo di stoffa che
si rimette seguendo la moda, secondo la fantasia di ciascuna
generazione”. Non immaginava ancora che tutto ciò avrebbe portato al “Novus Ordo Missae”.
Anni dopo i cardinali Ottaviani e Bacci, facendosi portavoce di una corrente numerosa di teologi e sacerdoti che “rigettavano” la “messa normativa” ideata dal Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, inviarono a Paolo VI il “Breve esame critico del «Novus Ordo Missæ»”, scritto da mons. Michel Guérard des Lauriers [4]. Nel documento si legge, inoltre, che con il “Novus Ordo Missae”:
“si
vuol fare tabula rasa di tutta la teologia della Messa. In sostanza ci
si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio
della Messa” [5].
La “messa normativa” o falso-ecumenica comunque non sorge da nulla, ma piuttosto sembra trarre linfa vitale dalla libertà religiosa della massoneria (cf. L'Oecuménisme vu par un franc-macon de tradition, del massone Yves Marsaudon) e da quella “Nouvelle Théologie” (caratterizzata da un rifiuto del dominio della Scolastica per favorire un ritorno a fonti, male interpretate, che Henri de Lubac spacciava per patristiche e del cristianesimo delle origini) che tanto aveva già minato il dogma ed aveva messo a dura prova la fede dei cattolici nel pre e nel post Concilio (a cominciare dallo scandaloso testo Surnaturel. Études historiques), quella vastissima corrente teologica “vicina al protestantesimo” e “prossima alle eresie” che pare essere una riproposizione in chiave contemporanea (XX secolo) dell’ “eresia modernista”, così fortemente condannata da Papa San Pio X nel “LAMENTABILI SANE EXITU” [6]
“Con
deplorevoli frutti, l'età nostra, impaziente di freno nell'indagare le
somme ragioni delle cose, non di rado segue talmente le novità, che,
lasciata da parte, per così dire, l'eredità del genere umano, cade in
errori gravissimi. Questi errori sono di gran lunga più pericolosi
qualora si tratti della disciplina sacra, dell'interpretazione della
Sacra Scrittura, dei principali misteri della Fede”
e nella “PASCENDI DOMINICI GREGIS” [7]:
“Di
qual guisa poi i modernisti dall'agnosticismo, che è puro stato
d'ignoranza, passino all'ateismo scientifico e storico, che invece è
stato di positiva negazione; e con qual diritto perciò di logica, dal
non sapere se Iddio sia intervenuto o no nella storia dell'uman genere
si trascorra a spiegar tutto nella storia medesima ponendo Dio
interamente da parte come se in realtà non fosse intervenuto, lo assegni
chi può. Ma tanto è; per costoro è fisso e determinato che la scienza e
la storia debbano esser atee; entro l'àmbito di esse non vi è luogo se
non per fenomeni, sbanditone in tutto Iddio e quanto sa di divino. Dalla
quale dottrina assurdissima vedrem bentosto che cosa siasi costretti di
ammettere intorno alla persona augusta di Gesù Cristo, intorno ai
misteri della Sua vita e della Sua morte, intorno alla Sua risurrezione
ed ascensione al Cielo”.
Il “Dizionario del pensiero cristiano alternativo” (eresie.it, v. Lubac) ci ricorda che:
“a parte de Lubac, aderirono alle idee della Nouvelle Théologie teologi come Pierre Teilhard de Chardin, Yves Congar, Hans Küng, Edward Schillebeeckx, Han Urs von Balthasar (1905-1988), Marie-Dominique Chenu (1895-1990), Karl Rahner (1904-1984), Louis Bouyer (1913-2004), Etienne Gilson (1884-1978), Daniélou e Joseph Ratzinger, sebbene gli ultimi due si dissociassero successivamente dal pensiero della Nouvelle Théologie”.
“Messa normativa”, ideata probabilmente con l’intento di “riunire tutti i cristiani” in un “rito universale” o “simile” ma “nelle diverse lingue” che pare davvero far contenti i promotori di quel “pancristianesimo irenista”, così biasimato da Papa Pio XI nella “MORTALIUM ANIMOS”, poiché incompatibile con gli insegnamenti di Cristo, quindi con la fede cattolica e con con il diritto divino [8] [9]:
“Potrà
sembrare che questi pancristiani, tutti occupati nell’unire le chiese,
tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità fra tutti i
cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede?
Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della carità, San
Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del
Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il
nuovo comandamento: « Amatevi l’un l’altro »), ha vietato assolutamente
di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta
la dottrina di Cristo: « Se qualcuno viene da voi e non porta questa
dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno » [II Ioann.,
10.]. Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede
integra e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo siano
principalmente uniti dal vincolo dell’unità della fede.”
Nel marasma conciliare non mancarono i duri scontri, interventi decisi e importanti che il prof. Roberto De Mattei ha ben “catalogato” ed “archiviato” nella sua ricerca storia “Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta”. [10]
Nonostante le polemiche e le “guerre intestine”, il cardinal Ottaviani, ricordando comunque l’essenza della dottrina cattolica, ha sempre esortato all'obbedienza, poiché “l’obbedienza per un cristiano – diceva – deve
essere sempre al primo posto. Senza di essa c’è solo disordine. Se gli
altri non ubbidiscono, voi siate ubbidienti alla Chiesa anche per loro”.
Dagli anni ’70 il dibattito si è quindi spostato su un altro fronte: “è ancora cattolica questa chiesa?”, “la gerarchia principalmente visibile - probabilmente grazie ai media ed al potere economico - è ancora la Chiesa di Cristo?”, “stando al diritto divino, chi siede nella Sede Apostolica è ancora Papa, o piuttosto Cristo lo ha privato del pontificato e la Sede è vacante?” [cf. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Verità della Fede, vol I, Marietti, Torino, 1826, pp. 142 e succ.], quindi “si può parlare di disobbedienza” o piuttosto di “battaglia contro una dottrina propugnata da chi non è più Chiesa di Cristo e non ha alcuna autorità e valore?” [11] [12].
Considerazioni durissime e che hanno aperto uno scontro mai placatosi soprattutto a seguito della promulgazione in Concilio Vaticano II della Dichiarazione sulla libertà religiosa “DIGNITATIS HUMANAE” [13], Paolo VI, 7 dicembre 1965. In essa si legge:
“Tutte
e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute ai Padri
del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci
da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le
approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato così
sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio”.
Ma facciamo un passo indietro. Nel Discorso di apertura del Concilio Vaticano II [14], pronunciato da Giovanni XXIII
il giorno 11 ottobre del 1962, le intenzioni, riferendosi al Concilio
Vaticano II ed ai suoi documenti, venivano così solennemente espresse:
- “Tutti
i Concili [...]attestano con evidenza la vitalità della Chiesa
Cattolica e sono iscritti come lumi splendenti nella sua storia”;
- “... si
è proposto di riaffermare ancora una volta il Magistero Ecclesiastico,
che non viene mai meno e perdura sino alla fine dei tempi; Magistero che con questo Concilio si presenta in modo straordinario a tutti gli uomini che sono nel mondo”;
- “Ogni volta che vengono celebrati, i Concili Ecumenici proclamano in forma solenne questa corrispondenza con Cristo e con la sua Chiesa ed irradiano per ogni dove la luce della verità, indirizzano sulla via giusta
la vita dei singoli, della convivenza domestica e della società,
suscitano ed irrobustiscono le energie spirituali, innalzano stabilmente
gli animi ai beni veri e sempiterni”;
- “Illuminata
dalla luce di questo Concilio, la Chiesa si accrescerà, come speriamo,
di ricchezze spirituali e, attingendovi il vigore di nuove energie, guarderà con sicurezza ai tempi futuri.
Infatti, introducendo opportuni emendamenti ed avviando saggiamente un
impegno di reciproco aiuto, la Chiesa otterrà che gli uomini, le
famiglie, le nazioni rivolgano davvero le menti alle realtà soprannaturali”;
- “Quel
che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della
dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace
[...] è necessario prima di tutto che la Chiesa non distolga mai gli
occhi dal sacro patrimonio della verità ricevuto dagli antichi”;
- “Il
ventunesimo Concilio Ecumenico — che si avvale dell’efficace e
importante aiuto di persone che eccellono nella scienza delle discipline
sacre, dell’esercizio dell’apostolato e della rettitudine nel
comportamento — vuole trasmettere integra, non sminuita, non distorta, la dottrina cattolica,
che, seppure tra difficoltà e controversie, è divenuta patrimonio
comune degli uomini. Questo non è gradito a tutti, ma viene proposto
come offerta di un fecondissimo tesoro a tutti quelli che sono dotati di
buona volontà”;
- “In
altri termini, la Chiesa offre agli uomini dei nostri tempi non
ricchezze caduche, né promette una felicità soltanto terrena; ma dispensa i beni della grazia soprannaturale,
i quali, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono di così
valida difesa ed aiuto a rendere più umana la loro vita; apre le sorgenti della sua fecondissima dottrina ...”.
E così via ... Sostanzialmente Roncalli
ribadiva quella che è la missione della Chiesa sin dalla sua fondazione
(cf. Matteo 16,14-18), ovvero traghettare i fedeli nelle burrascose
onde del mondo salvaguardando integra la dottrina (o depositum fidei), secondo la Parola di Dio (Padre, Figliuolo e Spirito Santo); Gesù prega per Pietro (cf. Luca 22,31-34) che “scioglie e lega” [14a] e rende “immune il governo” da “errori dottrinali su fede e costume nel Magistero”, rende “l’insegnamento santo”, ed è certissimo che [la Chiesa] traghetta l’uomo osservante alla meta, che “è la salvezza”. La Chiesa è, difatti, Una, Santa, Cattolica ed Apostolica (cf. Catechismo maggiore, San Pio X).
***
In seno al Concilio Vaticano II, sulla “libertà religiosa”, poi sancita dalla “DIGNITATIS HUMANAE”,
come su tanti altri argomenti, non mancarono tuttavia eminenti
interventi che ritengo opportuno rendere noti, attingendo così alle
fonti storiche di chi, coraggiosamente, ha scritto e pubblicato in
questi anni.
L’allora arcivescovo di Palermo, card. Ruffini, [15] “previde le conseguenze della dichiarazione sulla libertà religiosa”:
“Con
il patto tra la Santa Sede e l'Italia firmato VII febbraio 1929 si
stabilisce all'inizio che la religione cattolica, apostolica, romana è
la religione di stato e per di più unica [...] - elenca una serie di vittorie della cristianità sul laicismo - Tutti
questi aspetti, se la nostra dichiarazione fosse approvata come ci
viene mostrata oggi, in forza della stessa dichiarazione, sarebbero
facilmente impugnati dai nostri nemici, con una facile speranza di
vittoria”.
Il card. Giuseppe Siri [16]:
“ ... per
noi che siamo i successori degli apostoli, è più importante difendere
l'ordine divino, è più importante difendere la legge divina. Perché se
nella difesa della libertà, noi disprezziamo la legge, si verificheranno
sicuramente dei mali, sia teorici che pratici, che comporteranno
l’indifferentismo, sia per quanto riguarda i frutti dell'apostolato, che
per l'illusione secondo la quale molti crederanno di salvare la propria
anima facendo quello che loro piace e rimandando a lungo o per sempre
la loro conversione alla vera fede. Chiedo che si presti più attenzione a
quello che le fonti teologiche dicono sulla libertà religiosa e
soprattutto a quello che hanno detto Leone XIII, Pio XI e Pio XII”.
Il card. Arriba y Castro [17], ricordando gli insegnamenti di Gesù:
“...
solo la Chiesa cattolica ha il diritto e il dovere di predicare il
Vangelo. Perciò il proselitismo dei non cattolici fra i cattolici è
illecito e nella misura in cui lo consente il bene comune dev'essere
impedito non solo dalla Chiesa ma anche dallo Stato [...] Veda dunque il
Sacrosanto Concilio Vaticano li di non decretare la rovina della
religione cattolica in nazioni in cui praticamente questa religione è
unica. Infatti, dopo che si è cominciato a parlare, sia a parole che per
iscritto, sono molti che, soprattutto tra i più sprovveduti, dicono: ‘A
quel che sembra, tutte le religioni sono uguali’. E manca poco che
concludano: ‘Quindi, nessuna è importante’ ...”.
Il card. Florit [18]:
“ ... Per
questo il raggiungere la verità religiosa, conservarla e difenderla
riguarda il fine naturale dello Stato. Da ciò consegue che i limiti
della libertà religiosa non sono soltanto di ordine pubblico, ma anche e
soprattutto necessità di verità religiosa”.
Il card. Ottaviani [19]:
“Sarebbe
meglio distinguere tra costrizione fisica e costrizione morale, oppure,
più che costrizione morale: l'obbligo morale. Dio non costringe, eppure
obbliga, e perciò viene detto nel Vangelo: ‘Chi avrà creduto e sarà
battezzato sarà salvo, chi non avrà creduto, sarà con dannato'. E quindi
anche il Cristo e la Chiesa possono imporre un obbligo morale, e nella
materia religiosa, che obbliga in coscienza...”.
***
Gli interventi furono numerosissimi e si contrapponevano alla tendenza moderna che voleva giusta e legittima quella “libertà religiosa in foro esterno”, anche nel “governo degli stati”, libertà che, secondo loro, si fonda “sulla stessa natura” dell’uomo e non su una “disposizione soggettiva della persona”, libertà da garantire anche “in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa”.
Tutte idee prossime all’eresie, se non eretiche, così deplorate sin
dalle origini della Chiesa, e condannate fortemente anche da Papa Pio XII, il 6 dicembre 1953, nel Discorso ai giuristi cattolici [20]:
“... Con
questo sono chiariti i due principi, dai quali bisogna ricavare nei
casi concreti la risposta alla gravissima questione circa
l'atteggiamento del giurista, dell'uomo politico e dello Stato sovrano
cattolico riguardo ad una formula di tolleranza religiosa e morale del
contenuto sopra indicato, da prendersi in considerazione per la Comunità
degli Stati. Primo: ciò che non risponde alla verità e alla norma
morale, non ha oggettivamente alcun diritto nè all'esistenza, nè alla
propaganda, nè all'azione. Secondo : il non impedirlo per mezzo di leggi
statali e di disposizioni coercitive può nondimeno essere giustificato
nell'interesse di un bene superiore e più vasto”;
“... dal
bene che secondo una saggia prognosi ne potrà derivare alla Comunità
medesima come tale, e indirettamente allo Stato che ne è membro ... Per
ciò che riguarda il campo religioso e morale, egli domanderà anche il
giudizio della Chiesa. Da parte della quale in tali questioni decisive,
che toccano la vita internazionale, è competente in ultima istanza
soltanto Colui a cui Cristo ha affidato la guida di tutta la Chiesa, il
Romano Pontefice”.
Nel 1974, il Vescovo della diocesi di Campos, Mons. De Castro Mayer, scrisse [21] uno studio di critica cattolica al documento “DIGNITATIS HUMANAE” ed una supplica che inviò a Paolo VI, sui disastrosi frutti sia del “nuovo magistero” sulla “libertà religiosa” che sulla “nuova messa”, si legge:
“... in coscienza io non fossi d'accordo con gli atti dell'attuale Magistero Ordinario della Chiesa” quindi “manifestassi liberamente alla Santa Sede” il mio parere. “Santo
Padre, l'ubbidienza mi obbliga ora comunicare a Vostra Santità pensieri
che forse vi cagioneranno afflizione. Lo faccio però con l'animo in
pace, poiché sono nella via della sincerità e dell’ubbidienza in cui
conto di rimanere con la grazia di Dio”, “Imploro
da Vostra Santità compassione per l'ubbidienza di questo Vescovo ormai
settuagenario e che vive in questo momento l'episodio più drammatico
della propria esistenza. E chiedo a Vostra Santità almeno una particella
di quella comprensione e benevolenza che tante volte avete manifestato
non soltanto verso quelli che Vi stanno vicini, ma anche con persone
estranee, e perfino nemiche del Gregge unico dell'unico Pastore”. “Negli
anni ha preso corpo nel mio spirito la convinzione che atti ufficiali
di Vostra Santità non hanno quella consonanza, che con tutta l'anima
desideravo vedere, con gli atti di Pontefici che Vi hanno preceduto”.
Il
monsignore, inizialmente, comunque era convinto che il Magistero
ordinario di Paolo VI (e di un Concilio Ecumenico) nonostante si
esprimesse e vincolasse su questioni di fede e costume:
“Non
si tratta chiaramente di atti garantiti dal carisma dell'infallibilità.
Così, quella mia convinzione non scuote in niente la mia fede senza
riserve nelle definizioni del Concilio Vaticano I”.
In alcuni
ambienti questa convinzione è ancora fervente e si favorisce
probabilmente la disubbidienza alle disposizioni di quello che dovrebbe
essere il “buon governo” di chi “scioglie e lega”. Secondo il mio punto di vista, che ho espresso sinteticamente anche in 4 studi [L’INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA E DEL PAPA: MAGISTERO UNIVERSALE E ORDINARIO, SULL’INFALLIBILITÀ NELLA CANONIZZAZIONE, SULLA NECESSITÀ DELL’INFALLIBILITÀ DEL PONTEFICE E SULLA CONDANNA DELLA COLLEGIALITÀ, BENEDETTO XVI: “RILEGGERE I DOCUMENTI DEL CONCILIO ALLA LUCE DELLA TRADIZIONE”], comunque le convinzioni iniziali di Mons. De Castro Mayer erano errate. Ma questo è un altro discorso ...
Il 22 marzo 1974 il Nunzio Apostolico, Mons. Carmine Rocco, trasmise [22] a S.E. Mons. Antonio de Castro Mayer la seguente risposta e null’altro:
«Le
lettere del 25 gennaio u.s. dirette all’Eminentissimo Card. Baggio e a
Sua Santità Paolo VI, insieme con gli studi fatti da Vostra Eccellenza,
sono pervenute a destinazione».
Nelle Riflessioni sulla Sospensione “a divinis” di Mons. Marcel Lefebvre,
si leggono [23] alcune affermazioni dello stesso in merito alla Chiesa
del Concilio Vaticano II, in tutte le sue espressioni, che vanno dalla “libertà religiosa”, alla “collegialità”, alla “nuova messa”, ai “nuovi studi biblici”, all’“ecumenismo irenista”, ecc... :
“Siamo
sospesi a divinis dalla Chiesa Conciliare e per la Chiesa Conciliare,
alla quale non desideriamo appartenere. Quella Chiesa Conciliare è una
Chiesa scismatica, perché rompe con la Chiesa Cattolica che è sempre
stata. Ha i suoi nuovi dogmi, il suo nuovo sacerdozio, le sue nuove
istituzioni, il suo nuovo culto, tutti già condannati dalla Chiesa in
molti documenti, ufficiali e definitivi ...”;
“La
Chiesa che afferma tali errori è ad un tempo scismatica ed eretica.
Questa Chiesa Conciliare è, pertanto, non cattolica. Nella misura in cui
Papa, vescovi, preti, o fedeli aderiscono a questa nuova Chiesa, essi
si separano dalla Chiesa Cattolica”.
Il 29 agosto 1987, Mons. Lefebvre nella lettera inviata ai futuri vescovi, che consacrerà un anno dopo, scriveva:
“La
Sede di Pietro e i posti di autorità in Roma essendo occupati da
anticristi, la distruzione del Regno di Nostro Signore viene condotta
rapidamente anche dentro il Suo Corpo Mistico quaggiù, specialmente
attraverso la corruzione della Santa Messa che è sia la splendida
espressione del trionfo di Nostro Signore sulla Croce — Regnavit a Ligno
Deus — sia la sorgente dell’estensione del Suo regno sulle anime e
sulle società”.
Nel giugno del 1988, intervistato da S. Paci, su 30 Giorni, dichiarò:
“Poichè
riconosco nel Papa il successore di Pietro, non sono uno che considera
la Sede di Pietro vacante; non dico che questo Papa è un eretico. Ma le
sue idee sono eretiche, e sono già state condannate dai precedenti
pontefici, e conducono all’eresia. Vedendo come le autorità della Chiesa
hanno agito sin dal Concilio, sembra che lo Spirito Santo si sia preso
una vacanza.”
Mons. Marcel Lefebvre morirà probabilmente convinto [23] che il Vicario di Cristo possa “non essere eretico” ma possa “insegnare [con pertinacia] idee eretiche e che portano all’eresia”, da qui la pratica della “disobbedienza agli ordini sbagliati”, non la consapevolezza che la “Sede possa essere vacante” bensì “occupata da anticristi” il che, secondo lui, non sarebbe la stessa cosa e sarebbe possibile. Posizione simile è ribadita (non esplicitamente) dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X “Dichiarazione nella ricorrenza del 25° anniversario delle Consacrazioni Episcopali (30 giugno 1988 – 27 giugno 2013)” leggibile in nota [24]. Ma questo è un altro discorso ...
Sulla “libertà religiosa”
così condannata dal cattolicesimo, ed anche coraggiosamente dallo
stesso Lefebvre, possiamo ricordare alcuni insegnamenti di Magistero.
Papa Pio IX, l’8 dicembre del 1964, nella Quanta cura [25], parla di “libertà religiosa” come di “libertà di perdizione”, incompatibile con gli insegnamenti della Chiesa di Cristo. Ricorda e comanda:
“Contro
la dottrina delle sacre Lettere della Chiesa e dei Santi Padri, non
dubitano di affermare "essere ottima la condizione della società nella
quale non si riconosce nell’Impero il dovere di reprimere con pene
stabilite i violatori della Religione cattolica, se non in quanto lo
chieda la pubblica pace". Con tale idea di governo sociale,
assolutamente falsa, non temono di caldeggiare l’opinione sommamente
dannosa per la Chiesa cattolica e per la salute delle anime, dal Nostro
Predecessore Gregorio XVI di venerata memoria chiamata delirio , cioè
"la libertà di coscienza e dei culti essere un diritto proprio di
ciascun uomo che si deve proclamare e stabilire per legge in ogni ben
ordinata società ed i cittadini avere diritto ad una totale libertà che
non deve essere ristretta da nessuna autorità ecclesiastica o civile, in
forza della quale possano palesemente e pubblicamente manifestare e
dichiarare i loro concetti, quali che siano, sia con la parola, sia con
la stampa, sia in altra maniera". E mentre affermano ciò temerariamente,
non pensano e non considerano che essi predicano "la libertà della
perdizione" , e che "se in nome delle umane convinzioni sia sempre
libero il diritto di disputare, non potranno mai mancare coloro che
osano resistere alla verità e confidano nella loquacità della sapienza
umana, mentre la fede e la sapienza cristiane debbono evitare questa
nociva vanità, in linea con la stessa istituzione del Signor Nostro Gesù
Cristo"”
Sempre Pio IX nel Sillabo [26] ai n° 77 e 78 condanna le seguenti proposizioni, che sono eretiche:
“In
questa nostra età non conviene più che la religione cattolica si
ritenga come l’unica religione dello Stato, escluse tutte le altre quali
che si vogliano” [27];
“E
però lodevolmente in alcuni paesi cattolici si è stabilito per legge
che a quelli, i quali vi si recano, sia lecito di aver pubblico
esercizio del culto proprio di ciascuno” [28].
Papa Leone XIII nell’Enciclica “Libertas” [29] del 20 giugno 1888, esprime così insegnamento di Magistero sull'argomento:
“Nell'ordine
sociale dunque la civile libertà, degna di questo nome, non consiste
già in far quel che talenta a ciascuno, ciò che anzi partorirebbe
confusione e disordine, che riuscirebbe in ultimo ad oppressione comune;
ma in questo unicamente, che con la tutela e l'aiuto delle leggi civili
si possa più agevolmente vivere secondo le norme della legge eterna
[...]. Considerata rispetto alla società, la libertà dei culti importa
non esser tenuto lo Stato a professarne o a favorirne alcuno: anzi dover
essere indifferente a riguardo di tutti e averli in conto di
giuridicamente uguali, anche se si tratti di nazioni cattoliche
[...].Iddio è quegli che creò l'uomo socievole, e lo pose nel consorzio
de’ suoi simili, affinché i beni, onde ha bisogno la natura di lui, e
ch’ei, solitario, non avrebbe potuto conseguire, li trovasse
nell'associazione. Laonde la società civile, proprio perché società,
deve conoscere e onorarne il potere e dominio sovrano. Ragione adunque e
giustizia del pari condannano lo Stato ateo o, ch’è lo stesso,
indifferente verso i vari culti, e ad ognuno di loro largo de’ diritti
medesimi. Posto pertanto che una religione debba professarsi dallo
Stato, quella va professata che è unicamente vera, e che per le note di
verità, che evidentemente la suggellano, non è difficile a riconoscersi,
massime in paesi cattolici [...].Potestà morale è il diritto, e, come
si disse e converrà spesso ridire, è assurdo che la natura ne dia
indistintamente e indifferentemente alla verità e alla menzogna, al bene
e al male. Le cose vere ed oneste hanno diritto, salve le regole della
prudenza, di essere liberamente propagate, e divenire il più che
possibile comune retaggio; ma gli errori, peste della mente, i vizi,
contagio dei cuori e dei costumi, è giusto che dalla pubblica autorità
siano diligentemente repressi per impedire che non si dilatino a danno
comune. L'abuso della forza dell'ingegno, che torna ad oppressione
morale degl’ignoranti, va legalmente represso con non minore fermezza,
che l'abuso della forza materiale a danno dei deboli. Tanto più che
guardarsi dai sofismi dell'errore, specialmente se accarezzanti le
passioni, la massima parte dei cittadini o del tutto non possono o non
possono senza estrema difficoltà [...].Per queste cagioni, senza
attribuire diritti fuorché al vero e all'onesto, ella non vieta che per
evitare un male più grande o conseguire e conservare un più gran bene,
il pubblico potere tolleri qualche cosa non conforme a verità e
giustizia”.
“Un'altra
questione essenzialmente diversa è se in una Comunità di Stati possa,
almeno in determinate circostanze, essere stabilita la norma che il
libero esercizio di una credenza e di una prassi religiosa o morale, le
quali hanno valore in uno degli Stati-membri, non sia impedito
nell'intero territorio della Comunità per mezzo di leggi o provvedimenti
coercitivi, statali. In altri termini, si chiede se il "non impedire",
ossia il tollerare, sia in quelle circostanze permesso, e perciò la
positiva repressione non sia sempre un dovere."Noi abbiamo or ora
addotta l'autorità di Dio. Può Dio, sebbene sarebbe a lui possibile e
facile di reprimere l'errore e la deviazione morale, in alcuni casi
scegliere il "non impedire", senza venire in contraddizione con la Sua
infinita perfezione? Può darsi che in determinate circostanze Egli non
dia agli uomini nessun mandato, non imponga nessun dovere, non dia
perfino nessun diritto d’impedire e di reprimere ciò che è erroneo e
falso? ... Uno sguardo alla realtà dà una risposta affermativa. Essa
mostra che l'errore e il peccato si trovano nel mondo in ampia misura.
Iddio li riprova; eppure li lascia esistere. Quindi l'affermazione: Il
traviamento religioso e morale deve essere sempre impedito, quanto è
possibile, perché la sua tolleranza è in se stessa immorale – non può
valere nella sua incondizionata assolutezza. D'altra parte, Dio non ha
dato nemmeno all'autorità umana un siffatto precetto assoluto e
universale, né nel campo della fede né in quello della morale. Non
conoscono un tale precetto né la comune convinzione degli uomini, né la
coscienza cristiana, né le fonti della rivelazione, né la prassi della
Chiesa. Per omettere qui altri testi della Sacra Scrittura che si
riferiscono a questo argomento, Cristo nella parabola della zizzania
diede il seguente ammonimento: Lasciate che nel campo del mondo la
zizzania cresca insieme al buon seme a causa del frumento. Il dovere di
reprimere le deviazioni morali e religiose non può quindi essere una
ultima norma di azioni. Esso deve essere subordinato a più alte e
generali norme, le quali in alcune circostanze permettono, ed anzi fanno
forse apparire come il partito migliore il non impedire l'errore, per
promuovere un bene maggiore. ... Con questo sono chiariti i due
prìncipi, dai quali bisogna ricavare nei casi concreti la risposta alla
gravissima questione circa l'atteggiamento del giurista, dell'uomo
politico e dello Stato sovrano cattolico riguardo ad una formula di
tolleranza religiosa e morale del contenuto sopra indicato, da prendersi
in considerazione per la Comunità degli Stati. Primo: ciò che non
risponde alla verità e alla norma morale, non ha oggettivamente alcun
diritto né all'esistenza né alla propaganda, né all'azione. Secondo: il
non impedirlo per mezzo di leggi statali e di disposizioni coercitive
può nondimeno essere giustificato nell'interesse di un bene superiore e
più vasto. ... Quanto alla seconda proposizione, vale a dire alla
tolleranza, in circostanze determinate, alla sopportazione anche in casi
in cui si potrebbe procedere alla repressione, la Chiesa – già per
riguardo a coloro, che in buona coscienza (sebbene erronea, ma
invincibile) sono di diversa opinione – si è vista indotto ad agire ed
ha agito secondo quella tolleranza, dopo che sotto Costantino il Grande e
gli altri Imperatori cristiani divenne Chiesa di Stato, sempre per più
alti e prevalenti motivi; così fa oggi e anche nel futuro si troverà di
fronte alla stessa necessità. In tali singoli casi l'atteggiamento della
Chiesa è determinato dalla tutela e dalla considerazione del bonum
comune, del bene comune della Chiesa e dello Stato nei singoli Stati, da
una parte, e dall'altra, del bonum comune della Chiesa universale, del
regno di Dio sopra tutto il mondo”.
La Chiesa, riverendo accuratamente il diritto divino, ha sempre comandato che la propaganda (o libertà in foro esterno) alle “false religioni” deve essere non solo “negata”, ma anche “impedita”, come anche vanno condannate le “persone concrete che diffondono l’errore in materia religiosa”. Chi “offende moralità ed ordine pubblico”, favorendo o autorizzando “false fedi”, “finti culti”, “idee immorali”, quindi “diffonde l’errore”, va ostacolato e condannato, poiché bisogna evitare che “pregiudichi l’ordine pubblico” e alteri la percezione di “legge naturale”, di “ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”. Per approfondimenti si possono studiare i seguenti documenti di fede cattolica: - Quod Aliquantun; - Adeo Nota; - Post tam diuturnas; - Mirari Vos; - Singulari Nos; - Humanum Genus; - Immortale Dei; - Vehementer Nos; - Quas primas; - Libertas; - Syllabus; - Quanta Cura; - All. Ci riesce; - Non Abbiamo Bisogno; - Chir. Ci si è domandato ... ecc ... ecc ...
Sta di fatto che il 7 dicembre 1965, viene promulgato il documento “DIGNITATIS HUMANAE” [31], ovvero sul “diritto della persona umana e delle comunità alla libertà sociale e civile in materia di religione”, dichiarazione di “Paolo Vescovo e Servo di Dio, unitamente ai Padri del Sacro Concilio, a perpetua memoria”.
La “DIGNITATIS HUMANAE”, come si apprende dalle parole di Paolo VI [32], in Udienza generale del 12 gennaio 1966, è un insegnamento:
“dell’autorità
del supremo magistero ordinario il quale magistero ordinario e cosí
palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da
tutti i fedeli”, la cui “eredità” “durerà per l’avvenire”. Sempre secondo Paolo VI la dottrina cattolica “non
è messa in dubbio dal Concilio o sostanzialmente modificata; ché anzi
il Concilio la conferma, la illustra, la difende e la sviluppa con
autorevolissima apologia”, inoltre “dalla voce
franca e solenne del Concilio sperimentano quale provvidenziale ufficio
sia stato affidato da Cristo al magistero vivo della Chiesa per
custodire, per difendere, per interpretare il deposito della fede” [33].
Questa opinione sarà condannata da molti uomini di Chiesa e teologi, ritenendo alcuni documenti, fra cui la stessa “DIGNITATIS HUMANAE”, “pericolosi per la fede e per la salvezza delle anime”. Alcuni si diranno “obbligati alla disobbedienza” sebbene “rimanendo in comunione”, altri invece riterranno che “questo magistero, essendo eretico, non può essere imputabile alla Chiesa di Cristo”, quindi dichiareranno la “vacanza della Sede Apostolica”. Nello stesso tempo ci sarà chi propenderà per una “ermeneutica della continuità” e chi dichiarerà in contro la “netta frattura” fra la “dottrina preconciliare e quella conciliare” (erm. della discontinuità).
Il 2 febbraio 1995, nella Lettera pastorale che mons. Mark A. Pivarunas
[34] inviò ai fedeli, si fa il punto della situazione sulla dottrina
"cattolica" così come viene percepita (nel 1995) dal mondo e nel mondo, a
“30 anni di distanza dalla chiusura del Concilio Vaticano II”:
“il
nuovo anno 1995 segna trent’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano
II, e senza dubbio la confusione, divisione e perdita della fede entro
la Chiesa Cattolica possono essere direttamente attribuite ad alcuni dei
decreti e dichiarazioni di questo Concilio. Fra tali decreti, il più
controverso durante il Concilio, e il più distruttivo della Fede
Cattolica dopo il Concilio, fu il decreto “Dignitatis Humanae” sulla
Libertà Religiosa, promulgato da Paolo VI il 7 dicembre 1965”.
Senza entrare nello specifico della posizione teologica sedevacantista di mons. Pivarunas, Superiore Generale della Congregazione di Maria Regina Immacolata
o CMRI, e senza pregiudizi di sorta, direi che è opportuno piuttosto
concentrarsi sulle precise considerazioni dottrinali [35], che già
ritroviamo nel diritto divino e nel Magistero preconciliare. Leggiamo
insieme (è in grassetto):
***
La ragione per la quale questo decreto fu il più controverso e il più distruttivo - dice -
è che esso insegna esplicitamente dottrine già condannate in precedenza
dai Papi del passato. E questo era così lampante che molti Padri
Conciliari conservatori si opposero ad esso fino alla fine; mentre anche
i cardinali liberali, vescovi e teologi che promossero gli insegnamenti
di “Dignitatis Humanae” dovettero confessare la loro incapacità di
conciliare questo decreto con le passate condanne dei Papi. Esaminiamo
gli errori dottrinali di questo decreto sulla Libertà Religiosa per
vedere cosa causò tutta questa controversia durante il Concilio Vaticano
II.
Al
contorno della questione, consideriamo anzitutto gli importanti
principi implicati in questa materia. Il primo principio da considerare è
il termine “diritto.” Il diritto è definito come il potere morale
residente in una persona - un potere che tutti gli altri sono tenuti a
rispettare - di fare, possedere, o richiedere qualcosa. Il diritto si
fonda sulla legge, poiché l’esistenza di un diritto in una persona
implica un obbligo in tutti gli altri di non impedire o violare quel
diritto. Orbene, è solo la legge che può imporre un tale obbligo - sia
che sia la legge naturale (nella natura, data da Dio); o la legge
positiva [espressa dagli uomini], entrambi le quali si fondano (come
ogni vera legge) ultimamente sulla Eterna Legge di Dio. Quindi, la base
ultima del diritto è l’Eterna Legge di Dio.
C’è
molta gente oggi che fa clamore per i suoi “diritti”. Alcuni pretendono
di avere il “diritto” di uccidere un bambino non ancor nato nel seno
materno; alcuni il “diritto” di vendere pornografia; altri il “diritto”
di vendere e promuovere l’uso di contraccettivi; altri ancora il
“diritto” di suicidarsi assistiti da un medico. In questo senso, questi
cosiddetti “diritti” non sono affatto dei veri diritti. Essi sono contro
le leggi di Dio: “Non ammazzare”; “Non commettere adulterio”. L’uomo
può avere la libera volontà di commettere peccato ma non ha il diritto -
il potere morale di farlo. Questa è la ragione primaria per la quale la
società si trova al presente in un tale triste stato. Questa è la
ragione per cui l’immoralità è così rampante e la “fibra morale” della
società così lacerata. L’uomo si è allontanato dalle leggi di Dio e
segue ciecamente le sue brame e passioni.
Consideriamo
ora le cose un passo più oltre. Se l’uomo non ha il “diritto” di
abbandonare le leggi di Dio, non ha neppure il “diritto” di essere
indifferente ai suoi doveri verso il Creatore. Come cattolici, sappiamo
che Dio ha rivelato al genere umano una religione mediante la quale gli
si deve dare il culto. Questa religione fu divinamente rivelata da N.S.
Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il Messia Promesso, il Redentore. Gesù
Cristo compì le profezie concernenti il Messia Promesso, affermò di
essere il Messia e il Figlio di Dio, e pubblicamente operò i più
stupendi miracoli (specialmente la Sua Risurrezione) per provare la sua
affermazione. Nessun’altra religione ha questa prova divina. Gesù Cristo
stesso fondò una Chiesa che sappiamo dalla Sacra Scrittura, dalla
Tradizione e dalla storia attuale, essere la Chiesa Cattolica. A questa
Chiesa, Gesù Cristo diede la sua propria Divina Autorità “di insegnare a
tutte le nazioni”:
“Come il Padre ha inviato Me, anch’io mando voi” (Giov. 20:21).
“Chi ascolta voi, ascolta Me” (Luca 10:16).
“Andate,
perciò, e insegnate a tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare
tutto quello che vi ho comandato ed ecco, Io sono con voi tutti i
giorni, fino alla consumazione del mondo” (Matt. 28:19-20).
“Andate
in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura... chi viene
battezzato e crede sarà salvato e chi non crede sarà condannato” (Marco
16:16).
Papa Pio IX, nell’enciclica “Singulari Quadam”
(9 dicembre 1854), espresse la necessità dell’uomo di avere la vera
religione per guidarlo e la grazia celeste per rafforzarlo:
“Poiché
è certo che la luce della ragione si è attenuata, e che il genere umano
è caduto miserabilmente dal suo primigenio stato di giustizia ed
innocenza a causa del peccato originale, che si trasmette a tutti i
discendenti di Adamo, può qualcuno ancora pensare che la ragione da sola
sia sufficiente per il conseguimento della verità? Se si deve evitare
di scivolare e cadere in mezzo a tali grandi pericoli, e a fronte di
tale debolezza, si può negare che la divina religione e la celeste
grazia siano necessarie alla salvezza?”
Per
ritornare al punto, si potrà dire allora che l’uomo abbia il “diritto”
di prestare culto a Dio in qualunque maniera desideri? Si potrà dire che
l’uomo abbia il “diritto” di liberamente promuovere falsi insegnamenti
su questioni di religione nella società e di diffondere promiscuamente
tutte le forme di dottrine erronee? Si potrà dire che l’uomo possieda il
“diritto” - il potere morale - di insegnare e far proseliti delle
dottrine dell’Ateismo, Agnosticismo, Panteismo, Buddismo, Induismo, e
Protestantesimo? E cosa, allora, riguardo a coloro che praticano la
Stregoneria o il Satanismo? Si consideri questo specialmente riguardo
alle nazioni cattoliche dove la religione del Paese è il Cattolicesimo. I
governi cattolici sarebbero forse obbligati a garantire il “diritto”
nella legislazione civile di propagandare tutte le forme di religione? I
governi cattolici sarebbero obbligati a permettere per diritto civile
la diffusione di ogni tipo di dottrina tenuta dalle svariate religioni?
Per rispondere a queste domande, rivediamo gli insegnamenti dei Papi, i
Vicari di Cristo in terra.
Riguardo al termine “diritto,” Papa Leone XIII insegnò nell’enciclica “Libertas” (20 giugno 1888):
“Il
diritto è una facoltà morale, e come abbiamo detto e non può essere
abbastanza spesso ripetuto, sarebbe assurdo credere che appartenga
naturalmente e senza distinzione alla verità ed alle menzogne, al bene
ed al male.”
E per quanto si riferisce agli obblighi dei governi, Papa Pio XII insegnò nella allocuzione ai giuristi cattolici “Ci Riesce” (6 dicembre 1953):
“Si
deve chiaramente affermare che nessuna autorità umana, nessuno Stato,
nessuna Comunità di Stati, di qualsivoglia carattere religioso, può dare
un mandato positivo o una autorizzazione positiva di insegnare o di
fare ciò che è contrario alla verità religiosa o al bene morale...
Qualsiasi cosa non risponda alla verità ed alla legge morale non ha
oggettivamente alcun diritto ad esistere, né alla propaganda, né
all’azione.”
Ancora
una volta, per rispondere alle domande sopra dette sulla Libertà
Religiosa, l’argomento reale è questo: l’errore e le false religioni non
possono essere oggetto di un diritto naturale (Con “naturale” si
intende presente in natura, dato da Dio!). Quando le società
garantiscono promiscuamente il diritto alla libertà di tutte le
religioni, il risultato naturale è l’indifferentismo religioso - la
falsa nozione che una religione sia buona quanto un’altra.
Continuiamo il nostro studio degli insegnamenti Papali su questa materia.
Lettera al Vescovo di Troyes di Papa Pio VII (1814):
“Il
nostro cuore è ancor più profondamente afflitto da una nuova causa di
dolore che, lo ammettiamo, ci tormenta e fa sorgere profondo scoramento
ed estrema angoscia: è l’articolo 22 della Costituzione. Non soltanto
esso permette la libertà dei culti e di coscienza, per citare i termini
precisi dell’articolo, ma promette sostegno e protezione a questa
libertà e, inoltre, anche ai ministri dei quali i culti sono citati....
“Questa
legge fa ben più che stabilire la libertà per tutti i culti senza
distinzione: mescola la verità con l’errore e pone le sette eretiche e
perfino il Giudaismo sullo stesso piano della santa ed immacolata Sposa
di Cristo, fuori della quale non ci può essere salvezza. In aggiunta a
questo, nel promettere favore e supporto alle sette eretiche ed ai loro
ministri non sono semplicemente le loro persone, ma i loro errori che
vengono favoriti e tollerati. Questa è implicitamente l’eresia
disastrosa e sempre da deplorarsi che S. Agostino descrive in questi
termini: ‘Pretende che tutti gli eretici siano sul retto cammino e
dicano la verità. Questa è un’assurdità così mostruosa che non posso
credere che qualsiasi setta possa realmente professarla.’”
“Mirari Vos” di Papa Gregorio XVI (15 agosto 1832):
“Veniamo
ora ad un’altra causa, ahimé! fin troppo fruttuosa delle deplorevoli
infermità che oggi affliggono la Chiesa. Intendiamo l’indifferentismo,
ovvero quella diffusa e pericolosa opinione seminata dalla perfidia dei
malvagi, secondo la quale è possible, mediante la professione di qualche
sorta di fede, procurare la salvezza dell’anima, posto che la morale di
una persona si conformi alle norme of giustizia e probità. Da questa
sorgente avvelenata dell’indifferentismo sgorga quella falsa e assurda
massima, meglio definita il folle delirio (deliramentum), secondo il
quale si deve ottenere la libertà di coscienza e garantirla a chiunque.
Questo è il più contagioso degli errori, che prepara la via per quella
assoluta e totalmente sfrenata libertà di opinioni che, per la rovina
della Chiesa e dello Stato, si diffonde ovunque e che certuni, per
eccesso di impudenza, non temono di propugnare come vantaggiosa per la
religione. Ah, ‘qual morte più disastrosa per le anime della libertà di
errore?’, disse S. Agostino.”
“Quanta Cura” di Papa Pio IX (8 dicembre 1864):
“Contrarie
agli insegnamenti delle Sacre Scritture, della Chiesa, e dei santi
Padri, queste persone non esitano ad asserire che ‘la miglior condizione
dell’umana società è quella in cui il governo non riconosce alcun
diritto di correggere, mediante l’attuazione di sanzioni, i violatori
della religione cattolica, eccetto quando sia richiesto dal mantenimento
della pubblica quiete’. Da questa totalmente falsa nozione di governo
sociale, non temono di sostenere quell’erronea opinione sommamente
perniciosa per la Chiesa Cattolica, e per la salvezza delle anime, che
venne chiamata dal Nostro Predecessore, Gregorio XVI (prima citato)
folle delirio (deliramentum): vale a dire ‘che la libertà di coscienza e
di culto è diritto peculiare (o inalienabile) di ogni uomo che deve
essere proclamato per legge, e che i cittadini hanno diritto a tutti i
generi di libertà, senza alcuna restrizione di legge, sia ecclesiastica
sia civile, che permettano loro di manifestare apertamente e
pubblicamente le loro idee, con la parola, attraverso la stampa, o con
qualsiasi altro mezzo.’”
Le seguenti proposizioni furono condannate da Papa Pio IX nel “Sillabo degli Errori” (8 dicembre 1864):
“15. Ogni uomo è libero di abbracciare e professare quella religione che, guidato dalla luce della ragione, egli consideri vera.”
“55. La Chiesa dev’essere separata dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa.”
“77. Al
giorno d’oggi, non è più opportuno che la religione cattolica sia
tenuta come unica religione dello Stato, ad esclusione di tutte le altre
forme di culto.”
“79. Inoltre
è falso che le libertà civili di ogni forma di culto e il pieno
diritto, dato a tutti, di apertamente e pubblicamente manifestare
qualsivoglia opinioni e pensieri, conduca più facilmente a corrompere i
costumi e le menti del popolo e a propagare la peste
dell’indifferentismo.”
“Libertas” di Papa Leone XIII (20 giugno 1888):
“... La
società civile deve riconoscere Dio come suo Padre Fondatore, e deve
obbedire e riverire il Suo potere ed autorità. La giustizia perciò
proibisce e la ragione stessa proibisce allo Stato di essere senza Dio; o
di adottare una linea di azione che termini nell’assenza di Dio - vale a
dire, di trattare allo stesso modo le varie religioni (come le
chiamano), e di attribuire loro promiscuamente eguali diritti e
privilegi.”
Da
questi insegnamenti papali, è ovvio che i governi cattolici sarebbero
obbligati a legiferare contro il promiscuo “diritto” di tutte le
religioni di spargere i loro errori in una società cattolica. L’unica
eccezione sarebbe la tolleranza di queste religioni in quelle zone dove
esse fossero già stabilite in precedenza, e tale tolleranza sarebbe
ammessa in vista di un bene maggiore. Questo è l’insegnamento di Papa Leone XIII in “Libertas”:
“Mentre
non concede alcun diritto a cosa alcuna, salvo a quanto sia vero e
onesto, essa (la Chiesa Cattolica) non proibisce alla pubblica autorità
di tollerare ciò che differisce da verità e giustizia, per evitare
qualche male maggiore, o di ottenere o preservare qualche bene maggiore.”
Questi insegnamenti papali si riflettono magnificamente nel Concordato tra la Santa Sede e la Spagna. Il Concordato del 1953 mantiene il contenuto della Costituzione spagnola del 13 luglio 1945, che stabilisce. Articolo 6 della Costituzione spagnola:
“1)
La professione e la pratica della religione cattolica, che è quella
dello Stato Spagnolo, godranno della protezione ufficiale.
“2)
Nessuno potrà venir disturbato per le sue convinzioni religiose o per
il privato esercizio della sua religione. Non vi è autorizzazione per
cerimonie pubbliche o manifestazioni che non siano quelle della
religione cattolica.”
Dopo
aver rivisto i coerenti insegnamenti del Papa e l’esempio pratico del
Concordato tra la Spagna e il Vaticano in questa materia - sostiene
mons. Pivarunas - consideriamo il Decreto sulla Libertà Religiosa del Concilio Vaticano II “DIGNITATIS HUMANAE”:
“Ci
sono due distinti aspetti della libertà religiosa che sono assai
sottilmente intrecciati, che potrebbero indurre a considerare la libertà
religiosa insegnata nel decreto come apparentemente coerente con i
passati insegnamenti della Chiesa Cattolica. Questi due distinti aspetti
sono la libertà dell’uomo dalla coercizione e la libertà dell’uomo di
manifestare pubblicamente la propria religione”.
All’inizio del decreto, viene enfatizzato il primo aspetto:
“Questo
Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla
libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri
umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli
individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in
materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza
né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa:
privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre
dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla
stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la
parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona
umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come
diritto civile nell'ordinamento giuridico della società”.
Questo
primo aspetto è in accordo con quello che la Chiesa Cattolica ha sempre
sostenuto - che nessuno può essere forzato ad accettare la vera
religione. Papa Leone XIII nella “Immortale Dei” (1° novembre 1885) insegnò:
“La
Chiesa è tenuta a prendere la più grande cura che nessuno sia forzato
ad abbracciare la Fede Cattolica contro la sua volontà, perchè, come
saggiamente ci ricorda S. Agostino, ’L’uomo non può credere altrimenti
che con la propria libera volontà.’”
Fino a questo punto “DIGNITATIS HUMANAE” non presenta problemi.
Tuttavia, da questo primo aspetto della libertà dell’uomo dalla
coercizione, viene la falsa nozione che l’uomo abbia il diritto della
libertà religiosa di pubblicamente promuovere e diffondere le proprie
convinzioni religiose, anche se non vive conformemente all’obbligo di
cercare la verità e di aderire ad essa:
“Il
diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione
soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto
ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano
l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio”.
Le
comunità religiose hanno anche il diritto di non essere ostacolate nel
pubblico insegnamento e testimonianza della loro fede, sia con la parola
che con gli scritti. [“La libertà religiosa che compete
alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando agiscono
in forma comunitaria. A tali gruppi, pertanto, posto che le giuste
esigenze dell'ordine pubblico non siano violate, deve essere
riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura coercitiva nel
reggersi secondo norme proprie, nel prestare alla suprema divinità il
culto pubblico, nell'aiutare i propri membri ad esercitare la vita
religiosa, nel sostenerli con il proprio insegnamento e nel promuovere
quelle istituzioni nelle quali i loro membri cooperino gli uni con gli
altri ad informare la vita secondo i principi della propria religione”] [“I
gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di
insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per
scritto”].
In
aggiunta, fa parte del significato di libertà religiosa il fatto che
non si debba proibire alle comunità religiose di liberamente
intraprendere la presentazione dello speciale valore della loro dottrina
circa quanto concerne l’organizzazione della società e l’ispirazione
dell’intera attività umana [“Inoltre la libertà
religiosa comporta pure che i gruppi religiosi non siano impediti di
manifestare liberamente la virtù singolare della propria dottrina
nell'ordinare la società e nel vivificare ogni umana attività”].
“Questo
diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere
riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico
della società” [“È manifesto che oggi gli esseri umani
aspirano di poter professare liberamente la religione sia in forma
privata che pubblica; anzi la libertà religiosa nella maggior parte
delle costituzioni è già dichiarata diritto civile ed è solennemente
proclamata in documenti internazionali”]
Notiamo bene che “DIGNITATIS HUMANAE” afferma esplicitamente:
1) Il
diritto alla libertà religiosa ha il suo fondamento, non nella
disposizione soggettiva della persona, ma nella sua propria natura [“Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura”]. In altre parole, questo decreto insegna che questo diritto è un diritto naturale, dato da Dio.
2)
“Di conseguenza, il diritto ad una tale immunità perdura anche in
coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad
essa, e il suo esercizio ...” Conseguentemente “DIGNITATIS HUMANAE” insegna che coloro che sono in errore hanno ancora il diritto di promuovere pubblicamente il loro errore.
3)
“Le comunità religiose hanno anche il diritto di non essere ostacolate
nel loro pubblico insegnamento e testimonianza della loro fede, sia con
la parola che con gli scritti... va riconosciuto nella legge
costituzionale con la quale si governa la società; perciò deve diventare
un diritto civile.” Inoltre, “DIGNITATIS HUMANAE” insegna che questo diritto di promuovere le loro false credenze deve essere riconosciuto dai governi nella legislazione civile.
Forse
tutto questo sembra essere solo un certo numero di tecnicismi
teologici. Ma per vedere le conseguenze di questo decreto sulla Libertà
Religiosa, consideriamo i suoi effetti in Spagna. Poco dopo la chiusura
del Concilio Vaticano II, ne sorse infatti la necessità di aggiornare il
Concordato tra la Spagna e il Vaticano. Quanto segue è un estratto del nuovo preambolo aggiunto al Concordato:
“La
legge fondamentale del 17 maggio 1958, in virtù della quale la
legislazione spagnola deve ispirarsi alla dottrina della Chiesa
Cattolica, forma la base della presente legge. Ora, come noto, il
Concilio Vaticano II ha approvato la Dichiarazione sulla Libertà
Religiosa il 7 dicembre 1965, stabilendo nell’Articolo 2: ’Il diritto
alla libertà religiosa ha il suo fondamento nella propria dignità della
persona umana, poiché questa dignità è conosciuta attraverso la parola
rivelata di Dio, e mediante la stessa ragione. Questo diritto della
persona umana alla libertà religiosa dev’essere riconosciuto nella legge
costituzionale con la quale si governa la società. Pertanto deve
diventare un diritto civile.’ Dopo questa dichiarazione del Concilio,
sorse la necessità di modificare l’Articolo 6 della Costituzione
Spagnola in virtù del sopra menzionato principio dello Stato Spagnolo.
Questa è la ragione per la quale la legge organica dello Stato in data
10 gennaio 1967 ha modificato il predetto Articolo 6 come segue: ’La
professione e la pratica della religione cattolica, che è quella dello
Stato Spagnolo, gode di protezione ufficiale. Lo Stato garantisce la
protezione della Libertà Religiosa, che sarà garantita mediante un
efficace provvedimento giuridico che salvaguarderà la morale e l’ordine
pubblico.’”
Quale
fu il risultato di questo cambiamento nel Concordato? Dalla data del
cambiamento, qualunque setta religiosa fu libera di far proseliti nella
cattolica Spagna. E cosa ne seguì? Con la circolazione di tutti i tipi
di opinioni e credenze la Spagna giunse in pratica a legalizzare la
pornografia, i contraccettivi, il divorzio, la sodomia, e l’aborto.
Questo
esempio non è affatto limitato alla sola Spagna. Altre nazioni
cattoliche con Costituzioni e Concordati che una volta proibivano il
proselitismo delle sette religiose dovettero cambiare le loro leggi per
garantire libertà religiosa a tutte le religioni. In Brasile, la Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani riconosce che ogni anno circa 600.000 cattolici abbandonano la Chiesa per seguire le false religioni. E perchè? La risposta si trova nell’enciclica Mirari Vos di Papa Gregorio XVI:
“Questo
è il più contagioso degli errori, che prepara la via per quella
assoluta e totalmente illimitata libertà di opinioni che, per la rovina
della Chiesa e dello Stato, si diffonde ovunque e che certuni, per
eccesso di impudenza, non temono di propugnare come vantaggiosa per la
religione. Ah, ‘Qual morte delle anime più disastrosa della libertà di
errore’, disse S. Agostino. Nel vedere quindi la rimozione dagli uomini
di ogni freno capace di mantenerli sui cammini della verità, portati
come già sono alla rovina per naturale inclinazione al male, Noi
affermiamo invero che si è aperto il pozzo dell’inferno del quale S.
Giovanni descrisse un fumo che oscurava il sole e dal quale emergevano
locuste a devastare la terra. Questa è la causa della mancanza di
stabilità intellettuale; questa è la causa della corruzione
continuamente crescente della gioventù; questo è ciò che causa nel
popolo il disprezzo dei sacri diritti, delle leggi e degli oggetti più
santi. Questa è la causa, in una parola, del più mortale flagello che
possa rovinare gli Stati; poiché l’esperienza prova, e la più remota
antichità ci insegna, che per effettuare la distruzione del più ricco,
del più potente, del più glorioso, e del più fiorente degli Stati,
null’altro è necessario oltre quella illimitata libertà di opinione,
quella libertà di pubblica espressione, quella infatuazione della
novità.”
Fonte clicca qui
***
In “DIGNITATIS HUMANAE” al n° 9 si legge: «Quanto
questo Concilio Vaticano [secondo] dichiara sul diritto degli esseri
umani alla libertà religiosa ha il suo fondamento nella dignità della
persona, le cui esigenze la ragione umana venne conoscendo sempre più
chiaramente attraverso l’esperienza dei secoli. Anzi, una tale dottrina
sulla libertà affonda le sue radici nella Rivelazione divina, per cui
tanto più va rispettata con sacro impegno dai cristiani».
Ci si può
rendere conto [36], anche solo leggendo, che il Concilio Vaticano II e
Paolo VI invocano universalmente la Rivelazione e, come dice Leone XIII in Satis Cognitum:
«Per
questo i padri del concilio Vaticano (Primo) nulla hanno decretato di
nuovo, ma solo ebbero in vista l’istituzione divina, l’antica e costante
dottrina della Chiesa e la stessa natura della Fede, quando
decretarono: “Per Fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che
si contiene nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto
dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale
magistero come verità da Dio rivelata”».
Preghiamo
Dio affinché mitighi i suoi castighi contro le nostre società
secolarizzate e blasfeme, nel contempo operi sulla Chiesa affinché
finalmente sia fatta chiarezza.
“1
Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro
Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, 2 di non lasciarvi così
facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da
parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il
giorno del Signore sia imminente. 3 Nessuno vi inganni in alcun modo!
Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo
iniquo, il figlio della perdizione, 4 colui che si contrappone e
s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto,
fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio” (2Tessaalonicesi, 2).
“Bisogna
prima che accada l'apostasia, che si riveli l'iniquo, il perduto (o
votato alla perdizione), l'avversario, e altezzoso spregiatore di Dio e
del Tempio (Dan. 11, 36 ss.), fino ad insediarsi nel Tempio di Dio e
proclamarsi Dio (Ez. 28, 2) = Mt. 24, 15; Mc. 13, 14”. Secondo mons. Spadafora [37] “Chi
nega Gesù e si oppone alla sua Chiesa, questi è l'anticristo; si tratti
di individui o di collettività (Stato); tutti gli eretici e tutti i
persecutori del passato, del presente e del futuro sono anticristi (= S.
Giovanni nelle lettere e nell'Apocalisse). S. Mt. e II Thess. si
riferiscono al nemico più feroce della Chiesa primitiva: il giudaismo;
ne predicono le persecuzioni, l'effimero trionfo, il tremendo castigo.”
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Note:
[2] Ottaviani, un difensore della Chiesa, Rai Vaticano, A. Cannarozzo, 2011
[3] AAS 51 (1959), p. 832
[10] Edizioni Lindau, , Torino, novembre 2010, pagine 650
[14a] “legare”
e “sciogliere” hanno un significato molto preciso nel linguaggio
biblico. In materia dottrinale, legare e sciogliere significano proibire
e permettere. Dunque il Papa ha il potere di proibire o permettere,
cioè di dichiarare, sancire lecita o illecita una dottrina di fede. Nel
campo giuridico e disciplinare, legare e sciogliere significano
condannare o assolvere. Quindi, il Papa ha il potere, datogli da Gesù
Cristo, di sancire, di confermare come lecito o illecito un
comportamento, di dichiararlo morale o immorale. E questo potere – lo
ricordiamo – viene riconosciuto anche in Cielo, cioè da Dio stesso in
persona: “Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli“, dice chiarissimamente il Vangelo di san Matteo al capitolo XVI. [Diz. Apologetica cattolica, OnLine, V. Primato Pietro]
[15] Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Roberto de Mattei, Edizioni Lindau, , Torino, novembre 2010, p. 459
[16] Ivi, pp.499 - 460
[17] Ivi., pp. 460 e 461
[18] Ivi., p. 462
[19] Ibid.
[21] http://disputationes-theologicae.blogspot.it/2011/06/liberta-religiosa-la-chiara-posizione.html
[22] Ibid.
[27] Alloc. Nemo vestrum, 26 luglio 1855
[28] Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852
[32] http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/audiences/1966/documents/hf_p-vi_aud_19660112_it.html
[33] Montini cita sconvenientemente la Humani generis di Papa Pio XII, A.A.S., 1960, p. 567
[37] Dizionario Biblico, F. Spadafora, Studium 1963, v. Anticristo
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Tutto vero,documentato,fondato su documenti Magisteriali,ben lontano da tecnicismi astrusi ma palesemente imperniato su una questione sostanziale della massima importanza(e aggiungo che i frutti cattivi sono ora squadernati a chiunque voglia vedere,in ultimo l'elezione di Francesco,che (pare)abbia una singolare,non espressamente dichiarata ma leggibile tra le righe,ripugnanza a ricoprire il ruolo di successore di S Pietro).Però mi rimangono due difficoltà insormontabile a ritenere quel ruolo vacante.a):la Chiesa è società visibile,deve avere un capo visibile;se questo non fosse stato necessario,Gesù Cristo avrebbe potuto dirigerla Lui stesso fin dalle origini;b)se da 50 anni la sede è vacante,i cardinali non sono tali;chi dunque eleggerà il futuro Papa santo,che dovrà arrivare secondo le divine promesse,per ricondurre la barca sulla giusta rotta?C
RispondiEliminaCredo che sia tutto spiegato nell'articolo precedente.
RispondiEliminaA mio parere questo blog non "butta là" un articolo solo per fare scalpore ed attirare l'attenzione o la curiosità di chi capita, ma ricostruisce con documentazione, che si ripresenta in differenti modi, la storia degli errori che pesano ora e le emanazioni o direttive che sono uscite dalla gerarchia corrotta a partire dal concilio Vat II.
Andando quindi a visionare anche gli argomenti del passato, ognuno può documentarsi in abbondanza su come la chiesa cattolica "ufficiale " sia ormai lontana dalla vera chiesa cattolica di sempre.