Rispondo volentieri all'appello di fra' Cristoforo (qui), e mi permetto due commenti.
I. La Preghiera del Signore
Il primo commento riguarda l'intenzione - sinora paventata, ma che
presumibilmente troverà realizzazione a breve - di modificare le parole
della Preghiera del Signore (il Padre Nostro) in italiano. Non entro nel
merito della validità della traduzione, perché ritengo che il testo
attuale sia conforme alla versione della Vulgata, e che questa sia
coperta dal carisma dell'inerranza, così come definito dai Sacri Canoni.
Rimando al commento di San Tommaso, Expositio in orationem dominicam, art. VI. Non c'è nessuna necessità di modificare adesso il
Padre Nostro, quando peraltro il livello di istruzione religiosa dei
fedeli è ai mini termini: sarebbe come occuparsi dei fiori ai balconi o
del colore della tappezzeria delle poltrone in un edificio distrutto da
un terremoto.
Ciò che considero cosa gravissima è la smania di novità che anima - sin
dal Vaticano II - questa presunta ricerca di maggior fedeltà nei testi
liturgici e della preghiera, che insinua un'idea di provvisorietà
inquietante. Pare che la Chiesa abbia insegnato per secoli una preghiera
che solo ora, grazie alle ben note competenze di fine esegeta e di
altissimo filologo di Bergoglio, è restituita alla sua genuina
traduzione. Abbiamo pregato male per secoli, abbiamo ingannato il popolo
con una traduzione che falsificherebbe le parole di Cristo, abbiamo
insegnato ai nostri figli a credere che il Signore ci tenta, e che la
Chiesa ha sbagliato. E se ha sbagliato sul Padre Nostro, probabilmente
si troveranno altre mille occasioni per rettificare presunti errori di
traduzione. Era lo stesso alibi col quale ci è stata gabellata la
riforma liturgica, che in materia di traduzioni postconciliari ad usum modernistarum ha raggiunto i risultati ben noti.
Verrebbe da dire che, proprio per evitare la mutevolezza di significato
dei termini che inevitabilmente colpisce ogni lingua viva, la Chiesa ha
voluto preservare la purezza della propria dottrina e della propria
preghiera ufficiale cristallizzandola nelle immutabili parole del
latino, lingua morta per il mondo, e resa sacra dal Cristianesimo. E
infatti il Concilio, quel latino, l'ha abolito nei fatti, preferendogli
la lingua dei carrettieri.
Avverto in questa volontà di cambiamento, che come ho detto imperversa
dal Vaticano II, una mancanza di amore per la Chiesa, per la sua storia,
per la divina assistenza promessale da Cristo nelle cose inerenti la
Fede e la Morale. Una mancanza di rispetto, in fondo. E
quell'insensibilità cialtrona tipica degli eretici, che va sempre a
braccetto con la petulanza ignorante e l'orgoglio luciferino.
Tentazioni, queste, da cui non è esente chi si impanca a riformatore,
disprezzando chi l'ha preceduto superandolo non solo in erudizione e in
pietà, ma anche in santità ed umiltà. Adesso arrivo io che so tutto e vi dico come si traduce questo passo del Vangelo. Che presunzione.
In ogni caso, vista la scarsissima autorevolezza del personaggio, e
l'assoluto fallimento di qualsiasi innovazione abbia avuto origine dal
Vaticano II, questa iniziativa fallirà miseramente e non verrà seguita
da nessuno. I buoni Cattolici continueranno a pregare con le parole
tramandate dalla veneranda Tradizione, mentre i progressisti sono
talmente pochi ormai da non rappresentare una minaccia alla
sopravvivenza dell'antica formula del Padre Nostro. Quanto agli eretici
ed ai pagani, non inizieranno certo a pregare adesso.
II. La pubblicazione negli Acta
Gli Acta Apostolicae Sedis sono il bollettino ufficiale della
Santa Sede, nel quale vengono riportati tutti i documenti di una qualche
rilevanza per la Chiesa. Tra questi, compaiono anche gli Acta Francisci PP,
nel cui novero è stata inserita la lettera con cui il Sedicente ha dato
ufficiale ratifica all'interpretazione di alcuni passi dell'Esortazione
Apostolica Amoris Laetitia. Ma se non sbaglio, anche tutti i documenti conciliari e le encicliche dei Romani Pontefici fanno parte degli Acta,
coi loro errori ed i loro equivoci (anche di Giovanni Paolo II e
Benedetto XVI). Ciò non ha comportato la scomunica di nessuno, almeno
per ora. Anche se la gravità di non poche proposizioni è sotto gli occhi
di tutti e confligge palesemente con pronunciamenti ex cathedra che hanno trovato posto nei medesimi Acta Apostolicae Sedis.
Il cosiddetto "magistero" di Bergoglio ha trovato, grazie ad un escamotage da legulei, un facile sistema per rispondere ai Dubia senza
farlo direttamente, e chiudendo la bocca a chi si ostina ad utilizzare i
mezzi ordinari previsti dalle norme canoniche in una situazione che di
ordinario non ha nulla. Si combatte con le cerbottane contro un
avversario che usa le bombe atomiche.
Lo scrivevo ieri in risposta a Danilo Quinto (qui):
Lo dice anche Socci: Cos'altro deve fare questo signore per farci
capire che vuole distruggere il Cattolicesimo? Poiché in fondo la
questione è solo questa: ci troviamo dinanzi ad un personaggio che
demolisce sistematicamente la Chiesa di Cristo, in virtù del proprio
potere di capo della Chiesa stessa. Che lo faccia a norma del Codice di
Diritto Canonico; che le sue esternazioni siano parte del Magistero; che
pronunci eresie come dottore privato o maestro universale; che sia Papa
legittimo o impostore sono aspetti inerenti la sua personale posizione
dinanzi a Dio e alla Chiesa. Ma nei fatti la gravità di ciò che
Bergoglio compie è sotto gli occhi di tutti, tanto di chi lo avversa
quanto di chi lo sostiene.
A me non interessa se chi offende Dio e
danna le anime lo faccia a titolo personale o no: perché è l'offesa a
Dio e la dannazione delle anime che sono gravi in sé. L'eventuale
illegittimità degli atti sarà nel caso un'aggravante, che nulla toglie
ai delitti che egli compie.
E ribadisco: non mi interessa se l'interpretazione di Amoris Laetitia è stata divulgata privatamente, in modo informale o sugli Acta.
Quel che mi interessa è che, dinanzi a Dio, se anche una sola anima si
perdesse a causa dello scandalo arrecato da questa interpretazione
lassista ed eretica, ne dovrebbe rispondere Bergoglio, la setta che lo
affianca e i sacerdoti che, in confessione, gli obbediscono assolvendo i
concubinari ed ammettendoli ai Sacramenti, nella certezza del
sacrilegio della Santissima Eucaristia, della Confessione e del
Matrimonio. E tanto per esser chiari: la stessa responsabilità morale
grava su chi, per compiacere il mondo, ha adulterato o anche solo
indebolito la cristallina trasparenza della Dottrina e della Morale
cattolica con documenti erronei od equivoci, ad iniziare proprio dai
documenti conciliari, quale che sia la loro portata magisteriale. E non
credo che nemmeno il pantheon di Assisi, il bacio del Corano o il segno
di Shiva in fronte al Vicario di Cristo siano esenti dallo scandalo per
le anime e, di conseguenza, dalle responsabilità morali che ne
conseguono.
Se un medico mio amico mi consiglia una medicina per curare una
malattia, io mi fido di lui e seguo i suoi consigli. Così, se il medico
mi ha consigliato un veleno, poco importa se ha scritto la ricetta su
carta intestata o se me l'ha detto mentre eravamo seduti a prendere un
caffè: il veleno mi ha certamente fatto male, e forse mi ha ucciso, ed
io l'ho assunto perché mi sono fidato di lui. Quale giudizio daremo di
quel medico? Quale scandalo ne deriva a tutti gli altri medici che
operano per salvare il paziente, e che si vedono screditati da un
ciarlatano o da una persona malvagia?
Chiediamoci la stessa cosa in questo caso. Il fedele cattolico guarda al
Papa come al Vicario di Cristo, a colui che - solo al mondo - ha il
potere garantitogli da Dio di custodire il Deposito della Fede ed
indicare infallibilmente la via della salvezza eterna. Se il fedele, con
fiducia ben maggiore di quella che il paziente ripone nel medico, si
affida alla parola del Papa e questi lo inganna, adultera la Fede,
stravolge la Morale, demolisce la Liturgia e causa la dannazione delle
anime che gli sono state affidate dal Divino Pastore, quale condanna
tremenda, quale terribile giudizio si dovrà avere del traditore di chi
si fida? E quanto maggiore sarà la colpa, dal momento che uccide
l'anima, e non il corpo? Poco importa che le parole di colui al quale si
guarda come Padre comune dei credenti siano suggellate da un timbro o
dalla pubblicazione sul bollettino ufficiale della Santa Sede.
D'altra parte, sapere che un Papa pronuncia eresie materiali - e forse
formali - senza che queste facciano parte del Magistero infallibile
serve solamente a confortarci del fatto che il Signore non permette al
Suo Vicario di insegnare degli errori ex cathedra, cosa peraltro
nota e della quale non possiamo minimamente dubitare, essendo una verità
certissima garantita da Dio stesso. Ma nulla toglie alla gravità
inaudita di avere un eretico assiso sul Soglio di Pietro che comunque
procura un danno incalcolabile all'onore di Dio, alla santità della
Chiesa ed alla salvezza delle anime.
Il fatto è che, per affrontare il problema Bergoglio, si dovrebbe
aver l'onestà di riconoscere che la cancrena della setta conciliare è
solo l'ultimo stadio di una piaga purulenta, di un morbo contratto dal
turpe commercio della Gerarchia con il mondo, la carne e il diavolo. Il
modernismo è l'HIV della fede: si contrae per contatto e l'unico modo
per evitarlo è astenersi da qualsiasi rapporto con chi ne è infetto.
Chiamare in causa il solo Bergoglio, dimenticando chi l'ha preceduto
distruggendo la Chiesa non meno di quanto egli stia facendo oggi, è come
pensare che il preservativo sia un rimedio efficace per non esser
contagiati dal virus: potrà forse funzionare una volta, ma non risolve
il problema, né per chi è malato, né per chi è sano. Anzi, lo stesso
ricorso a questo palliativo è moralmente grave di per sé.
Mettiamo pure sotto processo Bergoglio. Dichiariamolo eretico.
Deponiamolo. Ma assieme a lui dichiariamo eretici anche i difensori
della laicità dello Stato, i paladini dell'ecumenismo irenista, i
distruttori della Messa cattolica, i devastatori delle Vocazioni
secolari e regolari, i vandali della Spiritualità e dell'Ascesi, i
lanzichenecchi della Chiesa.
A questo punto non credo sussistano dubbi sul fatto che Bergoglio sia
eretico formale, e che come tale si debba prendere atto che non è più
degno di ricoprire il ruolo di Capo della Chiesa, semmai ha voluto
esserlo e semmai lo è stato. Rimane solo da comprendere chi, in seno
alla Gerarchia, è autorizzato a farlo. Il Decano del Sacro Collegio? Il
Cardinale più anziano dopo di lui, se questi non accetta? Lascio ai
canonisti ampia materia di discussione. L'importante, però, è che si
aprano gli occhi dei fedeli e del Clero, e che si ponga quantomeno la
questione.
Mi chiedo, per concludere, se la pubblicazione dei deliri del Satrapo di Santa Marta sugli Acta
non sia un'abile manovra di chi, membro della stessa setta, voglia
togliersi dai piedi un personaggio rivelatosi scomodo e indocile ad ogni
possibilità di manovra. In tal caso, la responsabilità della
deposizione di Bergoglio cadrebbe sui Cardinali e sui Vescovi fedeli
alla Tradizione, ma non è detto che a beneficiarne - eleggendo un Papa
più malleabile - non siano i suoi avversari all'interno della
neo-chiesa. Et erunt novissima hominis illius pejora prioribus.
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