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giovedì 31 dicembre 2015

IN OCTAVA NATIVITATIS DÒMINI - Circoncisione di N.S. Gesù Cristo - Santa Messa "Non Una Cum" gli apostati Vaticanosecondisti...

 http://www.monasterodiruviano.it/wp-content/uploads/2014/12/Andrea-Mantegna-Trittico-dellAscensione-Circoncisioneparticolare-1462-1464-Galleria-degli-Uffizi-Firenze.jpg
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 EPISTOLA

Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Titum, 2, 11-15 


Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie, et iuste, et pie vivámus in hoc sæculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Iesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere, et exhortáre: in Christo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias.

Fratelli: è apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo,  nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone. Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno osi disprezzarti!
M. - Deo grátias. 

GRADUALE

Ps. 97, 3-4 et 2 - Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri: iubiláte Deo, omnis terra. Notum fecit Dóminus salutáre suum: ante conspéctum géntium revelávit iustítiam suam.

venerdì 25 dicembre 2015

IN NATIVITATE DÓMINI NOSTRI IESUS CHRISTI - (Ad primam Missam in nocte) - (Ad tertiam Missam in die Nativitatis Dómini) - Sante Messe "Non Una Cum" gli apostati vaticanosecondisti...


MISSA IN DIE - Venite Adoremus
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 https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fb/JuanSim%C3%B3nGuti%C3%A9rrez.jpg
 MISSA IN NOCTE
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   ORÁTIO
Concéde, quæsumus, omnípotens Deus: ut nos Unigéniti tui nova per carnem natívitas líberet: quos sub peccáti iugo vetústa sérvitus tenet. Per eúmdem Dóminum nostrum Iesum Christum Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
M. - Amen. 
Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che la nuova nascita secondo la carne del tuo Unigenito, liberi noi, che l’antica schiavitú tiene sotto il gioco del peccato. Per lo stesso Signore nostro Gesú Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. M. - Amen.  

EPISTOLA Léctio Epístolæ ad Hebræos, 1, 1-12 

Multifáriam, multísque modis olim Deus lóquens pátribus in prophétis: novíssime diébus istis locútus est nobis in Fílio, quem constítuit herédem universórum, per quem fecit et sæcula: qui cum sit splendor glóriæ, et figúra substántiæ eius, portánsque ómnia verbo virtútis suæ, purgatiónem peccatórum fáciens, sedet ad déxteram maiestátis in excélsis: tanto mélior Ángelis efféctus quanto defferéntius præ illis nomen hereditávit. Cui enim dixit aliquándo Angelórum: Fílius meus es tu, ego hódie génui te? Et rursum: Ego ero illi in patrem, et ipse erit mihi in fílium? Et cum íterum introdúcit primogénitum in orbem terræ, dicit: Et adórent eum ómnes Ángeli Dei. Et ad ángelos quidem dicit: Qui facit Ángelos suos spíritus, et minístros suos flammam ignis. Ad Fílium áutem: Thronus tuus, Deus, in sæculum sæculi: virga æquitátis, virga regni tui. Dilexísti iustítiam, et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo exsultatiónis præ particípibus tuis. Et: Tu in princípio, Dómine, terram fundásti: et ópera manuum tuárum sunt coeli. Ipsi períbunt, tu áutem permanébis: et omnes ut vestiméntum veteráscent: et velut amíctum mutábis eos, et mutabúntur: tu áutem idem ipse es, et anni tui non defícient.
M. - Deo grátias. 

Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della mæstà nell'alto dei cieli, ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio? E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio. Mentre degli angeli dice: Egli fa i suoi angeli pari ai venti, e i suoi ministri come fiamma di fuoco, del Figlio invece afferma: Il tuo trono, Dio, sta in eterno e: Scettro giusto è lo scettro del tuo regno; hai amato la giustizia e odiato l'iniquità, perciò ti unse Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza più dei tuoi compagni. E ancora: Tu, Signore, da principio hai fondato la terra e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu rimani; invecchieranno tutti come un vestito. Come un mantello li avvolgerai, come un abito e saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine.

mercoledì 23 dicembre 2015

"Per tale ragione, e dopo molta preghiera e molta riflessione, ho deciso di lasciare questa religione che oramai non ha più nulla di cattolico, di quella Fede cattolica conosciuta, praticata e custodita dai miei avi".


...lettera scritta da don Michael Oswalt – prete statunitense formatosi a Mundelein, presso Chicago – e diretta ai confratelli diocesani quando, nel 2009, ha deciso di abbandonare definitivamente il Novus Ordo e la ‘chiesa’ conciliare. Attualmente don Oswalt collabora con la Congregazione di Maria Immacolata Regina (CMRI)

 Rev. Fr. Michael Oswalt
 http://i1.wp.com/www.radiospada.org/wp-content/uploads/2015/11/oswalt-fr-michael.jpg

Cari confratelli sacerdoti della Diocesi di Rockford,
ho deciso di abbandonare la Diocesi perché sono approdato alla conclusione che i mutamenti introdotti dal Concilio Vaticano II sono incompatibili con il Cattolicesimo Romano.
Non v’è chi neghi che il Vaticano II ha imposto cambiamenti ampi e profondi alla Chiesa Cattolica; ma i cambiamenti possono essere accidentali o sostanziali. Se i mutamenti causati dal Vaticano II sono meramente accidentali, allora non c’è ragione di opporvisi, anche qualora li si trovi disgustosi. Ma se questi mutamenti sono sostanziali, allora il Vaticano II rappresenta niente di meno che la fondazione di una nuova religione, che differisce in senso essenziale dal Cattolicesimo Romano, ed è dovere di ogni cattolico, specie se sacerdote, di resistere a tali cambiamenti e di cercare di scacciarli dalle chiese e dalle istituzioni cattoliche, come sono stati scacciati in passato l’Arianesimo, il Nestorianismo, il Protestantesimo e le innumerevoli altre eresie che senza riuscirvi hanno provato a ghermire la Chiesa Cattolica romana.

Per molti anni ho studiato le discrepanze tra il Cattolicesimo preconciliare e la religione uscita dal Vaticano II; e a me parvero profonde, ma tentai fino all’ultimo di dare il “beneficio del dubbio” a chi aveva promulgato simili riforme. In molti casi ero portato al rifiuto, a negare, nascondere a me stesso realtà che sapevo vere, ma che non mi sentivo in grado di accettare.
Peraltro, nessuno nega che la Fede che fu creduta e praticata fino al Concilio Vaticano II era indubitabilmente Cattolicesimo romano, ossia la religione e la Chiesa fondate da Nostro Signore, l’unica chiesa, fuori della quale non v’è salvezza. Tutti, pertanto, debbono riconoscere che se anche la religione postconciliare vuol qualificarsi come cattolica romana, deve avere una uniformità sostanziale con la fede e la prassi preconciliare. In altre parole, per potere dire a buon diritto e in verità che noi siamo preti cattolici romani, è necessario che una sostanziale continuità tra la fede preconciliare e i mutamenti conciliari esista. Ma se tale continuità è rotta, allora noi – come preti – perdiamo il nostro legame con Nostro Signore Gesù Cristo, con la Chiesa cattolica romana, con ogni autentico Pontefice seduto sul trono di Pietro, con tutti i Santi del Paradiso, con ogni cattolico che ci abbia preceduti nella Fede. Perdiamo insomma la nostra pretesa di apostolicità, di unità nella fede, di cattolicità, e di santità. Anzi, difficile pensare a qualcosa di più menzognero, assurdo, inutile, a qualcosa di più pericoloso, di un prete che afferma d’essere cattolico, ma che ha perso contatto e continuità con la santa Tradizione del Cattolicesimo romano.

Mi rimane, quindi, da dimostrare che tra presente e passato s’è introdotta una discontinuità. E’ questa una tesi che a molti sembra venire da un altro pianeta; ma per altri è una verità che giace sepolta in fondo alla loro mente, e grava pesantemente sul loro cuore. Ora, le prove per suffragare tale tesi abbondano e richiederebbero un libro in più tomi per essere presentate esaustivamente, ma io le esporrò in maniera “condensata”, invitando al tempo stesso tutti i possibili interessati a documentarsi più ampiamente su libri, periodici e portali internet.
Ecco lo schema che seguirò nella mia esposizione:
  1. le eresie contenute nel Vaticano II;
  2. le eresie insegnate dal Codice di Diritto Canonico del 1983, e le pratiche peccaminose da esso autorizzate;
  3. come mai la Nuova Messa del 1969 è falsa e acattolica, essendo coerente espressione liturgica delle eresie del Vaticano II;
  4. la eteroprassi della religione vaticansecondista, ossia la conferma della natura eretica del Vaticano II da parte delle comuni credenze e pratiche odierne, siano esse ufficialmente sancite dalla gerarchia, o silenziosamente approvate da questa su scala universale;
  5. le alterazioni sostanziali ai Sacramenti, la cui validità adesso è assente o perlomeno dubbia;
  6. le eresie pubblicamente professate da Benedetto XVI;
  7. come mai i quattro caratteri distintivi della Chiesa Cattolica non si ritrovano nella nuova religione uscita dal Vaticano II.
Infine, riassumendo, sottolineerò che nei tre elementi – dottrina, culto e disciplina, elementi essenziali di ogni religione – il Vaticano II e i cambiamenti da esso portati hanno operato un mutamento sostanziale della Fede cattolica, e ne trarrò le opportune conseguenze, sia pratiche sia teoretiche.

      1. Le eresie contenute nel Vaticano II. Quattro le principali:
La prima è l’ecumenismo, esposto nel documento Unitatis Redintegratio, che insegna che anche le religioni acattoliche sono mezzi di salvezza. Tale dottrina è stata successivamente ripresa nel documento Catechesi Tradendæ di Giovanni Paolo II. Simili asserzioni sono frontalmente contrarie alla dottrina che fuori della Chiesa non c’è salvezza, chiamata “dogmatica” da Pio IX. La nozione e la pratica dell’ecumenismo furono oggetto di condanna da parte di Pio XI nell’enciclica Mortalium Animos del 1928.
La seconda eresia riguarda l’unità della Chiesa: la Chiesa di Cristo non si identificherebbe in via esclusiva con la Chiesa Cattolica, ma semplicemente “sussisterebbe in essa”. Tale dottrina eretica è contenuta principalmente in Lumen Gentium, ed è confermata nel suo significato eretico dalle dichiarazioni di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, soprattutto nel CJC del 1983, nella dichiarazione del 1992 “su alcuni aspetti della Chiesa come comunione”, e nel Direttorio Ecumenico. E’ contraria agli insegnamenti della Chiesa Cattolica, segnatamente esposti nella Satis Cognitum di Leone XIII, nella Mortalium Animos di Pio XI, nella Mystici Corporis di Pio XII, e nelle condanne della “teoria dei rami” operate dal Sant’Uffizio sotto Pio IX.
La terza eresia è la libertà religiosa, contenuta in Dignitatis Humanæ, che riprende quasi parola per parola gli asserti dottrinali condannati da Pio VII nella Post Tam Diuturnas, da Gregorio XVI nella Mirari Vos, da Pio IX nella Quanta Cura e da Leone XIII nella Libertas Præstantissimum. Gli insegnamenti del Vaticano II sulla libertà religiosa contraddicono altresì la Regalità Sociale di Cristo espressa nella Quas Primas di Pio XI, e la Dottrina Sociale della Chiesa.
La quarta eresia è quella della collegialità, che altera la costituzione monarchica della Chiesa Cattolica, così come è stata concepita dal Divino Salvatore. La dottrina vaticansecondista, suffragata dal CJC del 1983, che afferma che il detentore della suprema autorità nella Chiesa è il collegio dei Vescovi insieme col Papa, è contraria alla dottrina definita nei Concilii di Firenze e nel Vaticano I.

domenica 20 dicembre 2015

"Questa è la sentenza di tutti gli antichi Padri, i quali insegnano che gli eretici manifesti perdono seduta stante ogni giurisdizione".

Il trattato De Romano Pontefice scrive:
«Il papa eretico manifesto per sé cessa di esser papa e capo [della Chiesa], come per sé cessa di essere cristiano e membro del corpo della Chiesa. Perciò, può esser giudicato e punito dalla Chiesa.
Questa è la sentenza di tutti gli antichi Padri, i quali insegnano che gli eretici manifesti perdono seduta stante ogni giurisdizione.
Questa è la sentenza precisamente di Cipriano, libro 4, lettera 2, dove così parla di Novaziano, che fu papa nello scisma contemporaneamente a Cornelio: “Non potrebbe mantenere l’episcopato – dice – e, se è stato eletto primo vescovo, si separerebbe dal corpo degli altri vescovi e dall’unità della Chiesa”.  Nel contesto, qui si vuole dire che Novaziano, benché fosse vero e legittimo Papa, tuttavia sarebbe decaduto immediatamente dal pontificato se si fosse separato dalla Chiesa.
La stessa sentenza è insegnata da uomini dottissimi contemporanei, come Giovanni Driedonis, secondo cui si separano dalla Chiesa solo quelli che sono stati espulsi, o perché scomunicati, o in quanto per se stessi si distaccano o combattono la Chiesa, come gli eretici e gli scismatici. Dice, inoltre, che in coloro che si sono separati dalla Chiesa non rimane alcuna potestà spirituale su coloro che appartengono alla Chiesa.
Anche Melchor Cano insegna che gli eretici non sono parte della Chiesa, né membra, e che non si può immaginare neppure con il pensiero, che uno sia papa e non sia membro, né parte della Chiesa. Dice, inoltre, che gli eretici occulti sono ancora parti e membra della Chiesa, ed anche il Papa eretico occulto, ancora sarebbe papa. […] Si tratta, tuttavia, di una unione solo esterna, non di animo».  

(De Romano Pontefice, libro II, cap. 30 in: Opera Omnia, vol. I, Napoli 1856, p. 420).
«Tutti i cattolici convengono che:
1) Il Pontefice, anche in quanto Pontefice, anche con l’insieme dei suoi consiglieri, o con un Concilio Generale, può errare in controversie particolari di fatto, le quali dipendono principalmente dall’informazione e dalla testimonianza degli uomini.
2) Può sbagliare come dottore privato anche in questioni universali di diritto, sia di fede, sia di morale, e questo a causa dell’ignoranza, come accade a volte agli altri dottori.
3) Il Pontefice, assieme a un Concilio Generale, non può errare nello stabilire decreti che riguardano la fede, o precetti generali di morale.
4) Il Pontefice da solo, o con il suo particolare consiglio, nello stabilire qualcosa in materia dubbia, sia che possa errare, sia non, deve esser ascoltato con obbedienza da tutti i fedeli».
(De Romano Pontefice, libro IV, cap. 2 in: Opera Omnia, vol. I, Napoli 1856, p. 477).

 
http://www.testimonigeova.com/La%20religione%20scaccia%20l'eresia.jpg


Il più antico giornale cattolico tradizionalista statunitense, “The Remnant”, ha pubblicato una lettera aperta a papa Francesco, chiedendogli, in buona sostanza, di cambiare politica o di dimettersi. Le ragioni della richiesta di rinunciare al ruolo a cui è stato eletto due anni fa sono contenute in un “Libellus”. 
 (Dal Blog di Marco Tosatti)

No signor Marco Tosatti! Lei pensa rendere servizio alla Chiesa cattolica pubblicando questo Libello. No! Lei fa il contrario. Questo Libello è viziato nelle premesse e nega praticamente le promesse di Gesù: le porte dell' inferno non prevarranno. Non praevalebunt. Mi spiego. Non è contemplata nella divina costituzione della chiesa, quella fondata da Gesù (Dio), che un membro, papa o semplice fedele che sia, non professi integralmente la fede cattolica.
Il peccatore cattolico rimane membro della chiesa visibile. Ruba, uccide, fornica, ecc ma rimane membro visibile del corpo mistico. Se invece un membro (papa o semplice fedele che sia) professa una fede altra che quella cattolica succede quello che non solo Lei, signor Marco Tosatti, ma anche la grande massa dei cattolici, anche tradizionalisti, hanno dimenticato: nel momento in cui un membro della chiesa cattolica professa un credo altro di quello cattolico cessa di essere membro visibile del corpo mistico di Cristo. E questo in virtù proprio della promessa " non praevalebunt". Il cardinale Billot insegna che il bambino protestante, nel momento in cui riceve la confermazione protestante e professa nel tempio protestante la fede protestante, cessa (anche facendolo in buona fede) di essere membro visibile della chiesa. Questo critero della professione pubblica della fede cattolica come critero visibile,esteriore per riconoscere visibilmente i membri della chiesa e quindi la chiesa stessa, questo critero è palesemente negato anche da colui che viene contrapposto a Bergoglio: Ratzinger. 

Perciò il Libello aumenta la confusione. Fa credere che la chiesa non è soltanto composta da buoni e cattivi ma anche da chi non professa la fede cattolica. E ci siamo. E' questo il nuovo concetto della nuova chiesa.
Piuttosto va ricordato che chiunque (papa compreso) professa un credo differente da quello cattolico (il presunto unico dio delle religioni monoteiste, il valore salvifico delle altre religioni, la rinuncia da parte della chiesa di rivendicare per la società civile la regalità sociale di Gesù Cristo, insomma tutto quello che insegna il Concilio Vaticano II) quando lo fa non lo fa più da cattolico, perché in quel momento non lo è più. E questo vale a piu forte ragione per un membro della chiesa docente. Anche lui, papa che fosse, senza alcuna previa sentenza giudiziaria o dichiarazione di chicchesia (" chi non crede e gia giudicato) cessa di essere membro della chiesa e perde per il fatto stesso (ipso facto) la carica che riveste. La chiesa è e rimane indefettibile. Ecco perché la chiesa conciliare non è la chiesa cattolica. Deo gratias.

Don Floriano Abrahamowicz

sabato 19 dicembre 2015

DOMÍNICA QUARTA ADVENTUS - Santa Messa "Non Una Cum" gli apostati Vaticanosecondisti...

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 EPISTOLA

Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Corínthios I, 4, 1-5


Fratres: Sic nos exístimet homo ut minístros Christi, et dispensatóres mysteriórum Dei. Hic jam quæritur inter dispensatóres, ut fidélis quis inveniátur. Mihi autem pro mínimo est, ut a vobis júdicer, aut ab humáno die: sed neque meípsum júdico. Nihil enim mihi cónscius sum: sed non in hoc justificátus sum: qui autem júdicat me, Dóminus est. Itaque nolíte ante tempus judicáre, quoadúsque véniat Dóminus: qui et illuminábit abscóndita tenebrárum, et manifestábit consília córdium: et tunc laus erit unicuíque a Deo.
M. - Deo grátias.

Fratelli: ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però, poco importa di venir giudicato da voi o da un consesso umano; anzi, io neppure giudico me stesso, perché anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio.
M. - Deo grátias.

mercoledì 16 dicembre 2015

PAPA EUGENIO IV - CANTATE DOMINO

PAPA EUGENIO IV
CANTATE DOMINO
4 febbraio 1442
 
http://ppss.kr/wp-content/uploads/2015/06/1610-540x824.jpg

CONCILIO DI FIRENZE (17° ECUMENICO)
26 febbraio 1439 - agosto 1445

SESSIONE XI
[Bolla di unione dei Copti]

Eugenio vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetua memoria.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose grandiose, ciò sia noto in tutta la terra. Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il santo di Israele (Is 12,5-6). È davvero giusto che la chiesa di Dio canti e esulti nel Signore per questa splendida glorificazione del suo nome, che Dio clementissimo si è degnato di compiere oggi. Dobbiamo, infatti, lodare e benedire con tutto il cuore il Salvatore nostro, che ogni giorno dilata la sua santa chiesa.
Benché i suoi benefici verso il popolo cristiano siano sempre molti e grandi, tali da mostrarci chiaramente la sua immensa carità verso di noi, tuttavia, se consideriamo più attentamente quali e quanti di tali favori in questi ultimissimi tempi si è degnato operare con divina clemenza, potremo certamente costatare che i doni del suo amore sono stati più numerosi e più grandi in questo nostro tempo che in molte età precedenti.

Ecco, infatti, che in meno di tre anni il signore nostro Gesù Cristo con la sua inesauribile pietà ha realizzato in questo santo sinodo ecumenico, la salvifica unione di tre grandi nazioni a comune e perenne gioia di tutta la cristianità. Così è accaduto che quasi tutto l'oriente, che adora il glorioso nome di Cristo, e non piccola parte del settentrione, dopo lunghi dissidi, siano ormai riuniti nello stesso vincolo di fede e di carità con la santa chiesa romana. Prima infatti si sono uniti alla sede apostolica i Greci e le molte genti e nazioni di lingue diverse soggette alle quattro sedi patriarcali, poi gli Armeni, popolazione formata da molti popoli, e oggi i Giacobiti, grandi popoli d'Egitto.
E poiché niente potrebbe essere più gradito al nostro Salvatore e signore Gesù Cristo della mutua carità tra gli uomini, e niente più glorioso per il suo nome e più utile per la chiesa dell'unione dei cristiani, nella purezza della stessa fede, eliminata ogni loro divisione, giustamente noi tutti dobbiamo cantare per la gioia e esultare nel Signore, perché la divina misericordia ci ha fatto degni di vedere ai nostri, giorni una fede cristiana così splendente.
Annunziamo dunque con prontezza queste meraviglie in tutto il mondo cristiano, perché, come noi siamo stati colmati da ineffabile gioia per questa glorificazione di Dio e esaltazione della chiesa, così anche gli altri partecipino di tanta letizia e tutti, con una sola voce, rendiamo gloria a Dio (Rm 15,6) e ogni giorno ringraziamo la sua maestà per tanti e così mirabili benefici concessi in questo tempo alla sua santa chiesa.

Inoltre chi compie con zelo l'opera di Dio non solo attende il compenso e la retribuzione nei cieli, ma anche davanti agli uomini merita gloria e lode in abbondanza. Per questo crediamo di dover meritatamente lodare insieme con tutta la chiesa il nostro venerabile fratello Giovanni, patriarca dei Giacobiti, ansioso di questa santa unione, e indicarlo, con tutta la sua gente, al plauso di tutti i cristiani. Egli infatui sollecitato per mezzo di un nostro inviato [Alberto di Sarteano] e di nostre lettere, perché mandasse a noi e a questo sacro concilio una legazione e si unisse con la sua gente alla Sede romana nella stessa fede, ha destinato a noi e al concilio il diletto figlio Andrea, egiziano, di grande pietà e onestà, abate del monastero di s. Antonio in Egitto, nel quale si dice sia vissuto e morto lo stesso Antonio. Egli, dal patriarca pieno di zelo, ricevette l'ordine e il compito, di accettare con venerazione, a nome del medesimo e dei suoi Giacobiti, la formulazione della fede professata e predicata dalla santa romana chiesa e di portarla, poi, allo stesso patriarca e ai Giacobiti, perché potessero conoscerla, approvarla e predicarla nelle loro terre.
Noi, quindi, incaricati dalla parola del Signore di pascere le pecore del Cristo (Gv 21,17), abbiamo fatto esaminare con ogni cura l'abate Andrea da alcuni insigni membri di questo sacro concilio sugli articoli di fede, i sacramenti della chiesa e tutto ciò che riguarda la salvezza; alla fine, dopo aver esposta allo stesso abate, nella misura che sembrò necessaria, la fede cattolica della santa chiesa romana, e dopo che è stata da lui umilmente accettata, oggi, in questa solenne sessione, con l'approvazione del sacro concilio ecumenico fiorentino, gli abbiamo consegnato, nel nome del Signore, la dottrina vera e necessaria, nella seguente formulazione.

martedì 15 dicembre 2015

L'ERETICO PORCO SASSONE LUTERO E IL POSTO A LUI RISEVATO...L'INFERNO...

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Nel 1883 la Beata Maria Serafina Micheli (1849-1911), fondatrice dell’Istituto delle Suore degli Angeli, si trovava a passare per Eisleben, nella Sassonia, città natale di Lutero. Si festeggiava, in quel giorno, il quarto centenario della nascita del grande eretico ( 10 novembre 1483) che spaccò l’Europa e la Chiesa in due, perciò le strade erano affollate, i balconi imbandierati. Tra le numerose autorità presenti si aspettava, da un momento all’altro, anche l’arrivo dell’imperatore Guglielmo I, che avrebbe presieduto alle solenni celebrazioni. La futura beata, pur notando il grande trambusto non era interessata a sapere il perché di quell’insolita animazione, l’unico suo desiderio era quello di cercare una chiesa e pregare per poter fare una visita a Gesù Sacramentato. Dopo aver camminato per diverso tempo, finalmente, ne trovò una, ma le porte… erano chiuse. Si inginocchiò ugualmente sui gradini d’accesso, per fare le sue orazioni. Essendo di sera, non s’era accorta che non era una chiesa cattolica, ma protestante. Mentre pregava le comparve l’angelo custode, che le disse: “ Alzati, perché questo è un tempio protestante”. Poi  le soggiunse: “Ma io voglio farti vedere il luogo dove Martin Lutero è condannato e la pena che subisce in castigo del suo orgoglio”.

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Dopo queste parole vide un’orribile voragine di fuoco, in cui venivano tormentate un incalcolabile numero di anime. Nel fondo di questa voragine v’era un uomo, Martin Lutero, che si distingueva dagli altri: era circondato da demoni che lo costringevano a stare in ginocchio e tutti, muniti di martelli, si sforzavano, ma invano, di conficcargli nella testa un grosso chiodo. La suora pensava: se il popolo in festa vedesse questa scena drammatica, certamente non tributerebbe onori, ricordi, commemorazioni e festeggiamenti per un tale personaggio. In seguito, quando le si presentava l’occasione ricordava alle sue consorelle di vivere nell’umiltà e nel nascondimento. Era convinta che Martin Lutero fosse punito nell’Inferno soprattutto per il primo peccato capitale, la superbia. (Don M. Stanzione, fonte: .miliziadisanmichelearcangelo.org)

domenica 13 dicembre 2015

DOMÍNICA TERTIA ADVENTUS - Santa Messa "Non Una Cum" GLI APOSTATI VATICANOSECONDISTI...

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 EPISTOLA 

Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Philippénsens, 4, 4-7
Fratres: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico: gaudéte. Modéstia vestra nota sit ómnibus homínibus: Dóminus prope est. Nihil sollíciti sitis: sed in omni oratióne, et obsecratióne, cum gratiárum actióne, petitiónes vestræ innotéscant apud Deum. Et pax Dei, quæ exsúperat omnem sensum, custódiat corda vestra, et intellígentias vestras, in Christo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias. 

Fratelli: Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto: rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non siate ansiosi per alcuna cosa, ma in ogni circostanza fate conoscere a Dio i vostri bisogni per mezzo delle vostre preghiere e suppliche con azioni di grazie. E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesú nostro Signore.
M. - Deo grátias.

GRADUALE 

Ps. 79, 2-3 et 2 - Qui sedes, Dómine, super Chérubim, éxcita poténtiam tuam, et veni. Ps. 79, 1 - Qui regis Israël inténde: qui dedúcis, velut ovem, Ioseph.
O Signore, Tu che hai per trono i Cherubini, súscita la tua potenza e vieni. Ascolta, Tu che reggi Israele: che guidi Giuseppe come un gregge. 

giovedì 10 dicembre 2015

"Questo rappresenta per la Sinagoga un gregge da domare, da spogliare, da trarne schiavi; quello è l’insieme dei seguaci di Gesù ai quali va l’eredità dell’odio specialissimo del Sinedrio contro il Crocifisso".

Segnalazione del Centro Studi Federici

Mons. Umberto Benigni, Storia Sociale della Chiesa, Vol. III, La crisi della società antica. Dalla caduta alla rinascita dell’Impero Romano, Casa Editrice Vallardi Milano, 1922.

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Israele
La guerra implacabile mossa dalla Sinagoga contro la Chiesa fin dal tempo degli Apostoli, a base di denunzie al governo pagano e di assassinii tumultuarii, deve cambiare di tattica dopo il trionfo politico e sociale degli aborriti Nazareni.
I popoli non ebbero ad attendere di farsi cristiani per apprezzare la Sinagoga come pericolo etico ed economico per la società delle «genti». Gli attacchi antisemiti che si trovano negli autori pagani bastano a provarlo. Ma quando la romanità divenne la cristianità, l’odio della Sinagoga raddoppiò contro di essa per il motivo religioso, giacché quello spirito, che oggi si chiama talmudico, odia più il cristianesimo che non il paganesimo. Questo rappresenta per la Sinagoga un gregge da domare, da spogliare, da trarne schiavi; quello è l’insieme dei seguaci di Gesù ai quali va l’eredità dell’odio specialissimo del Sinedrio contro il Crocifisso.
Onde vedemmo la nascente società cristiana, sorta al potere, costretta a preservarsi dallo speciale pericolo ebraico che incrudeliva specialmente sugli schiavi cristiani, oltre il costante pericolo morale e materiale che proveniva naturalmente dall’ebraismo contro tutta la società civile.
Degli infelicissimi giorni del diluvio barbarico e della dominazione barbarica in Occidente e quelli anche più tristi dell’invasione saracena, noi troveremo spesso le tracce della nuova tattica della Sinagoga. La Chiesa aveva dovuto crescere nelle catacombe; all’uscirne di questa, la Sinagoga si fece delle catacombe morali, nascondendo, mentre le rinforzava, le sue fila attraverso il mondo occidentale ed orientale (1), facendo sempre del meritato abominio dei goim verso di essa, un nuovo titolo di maggior odio contro di loro. Dominò fin d’allora il tipo dell’ebreo ossequioso, adulatore di tutti i potenti, specialmente di quelli ai quali stava per giuocare qualche brutto tiro, spia politica di tutti contro tutti purché ci fosse da guadagnare e ne nascessero pericoli e danni pei cristiani, pronto a farsi battezzare anche parecchie volte per scampare dalla pena meritata e per fare dello stesso battesimo una trincea entro cui prepararsi a maggiori colpi contro la Chiesa. Vi è insomma in questo periodo intermedio il tipo iniziale di quell’ebreo del medioevo cristiano e islamitico, lebbra dolorosa e vergognosa da cui invano le due società cercano di liberarsi con rimedi empirici e spesso contraddittori. Noi troveremo già in questo periodo i nuovi re che debbono occuparsi della «questione ebraica» per la salute dei loro Stati, mentre già le plebi esacerbate si danno a violenza intermittenti che fanno torto alla civiltà cristiana e nulla rimediano al danno e allo scorno subito dalla religione e dalla società civile.

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La grande forza ebraica, la banca, già potentissima nella Roma classica fin dai tempi di Giulio Cesare, è mirabilmente salvata dalla Sinagoga in mezza all’immane catastrofe dell’impero occidentale e, presto, di tanta parte dell’impero bizantino. Basta questo tratto per mostrare l’ammirabile organizzazione e tattica della Sinagoga in quei tempi, in cui una grande civiltà non riusciva a salvarsi. Con la forza del denaro, Israele è padrone dei padroni. Ci sono degli aneddoti che ci mostrano negli oscuri tempi dei merovingi e dei visigoti, tratti di vita pubblica e privata da fare stupire. Fra i tanti vediamo a Clermont d’Alvernia il prete Eufrasio che, morto il vescovo Cautino, vuol succedergli; il modo è semplice: «si fece dare dagli ebrei somme ingenti e per mezzo del proprio cognato Beregesilo le mandò al re».(2) Ed il morto Cautino non era stato da meno: l’indegno pastore era amato molto più dagli ebrei che dai cristiani; a quelli egli era molto ligio perché assaporava le smaccate adulazioni dei mercanti del ghetto e ne li ricompensava pagando ad essi il doppio per le merci che gli vendevano (3).

lunedì 7 dicembre 2015

IN CONCEPTIÓNE IMMACULATA BEATÆ MARIÆ VÍRGINIS...Gloriósa dicta sunt de te, Maria: quia fecit tibi magna qui pótens est.

Santa Messa "Non Una Cum" gli apostati Vaticanosecondisti...
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 Papa Leone XIII, Tametsi (9), 01/11/1900: "Rigettare il dogma equivale semplicemente a negare la Cristianità."
Papa Pio IX, Concilio Vaticano I, Sessione 3, Capitolo 4, 1870, ex-cathedra: "Dunque, anche quella comprensione dei suoi dogmi sacri deve essere mantenuta perpetuamente, la quale la Santa Madre Chiesa ha dichiarato una volta, e vi deve essere giammai una recessione da quel significato sotto lo specioso nome di comprensione più profonda."
Papa Pio IX, Concilio Vaticano I, Sessione 3, Capitolo 4, Canone 3, 1870: "Se alcuno affermasse che ad un certo punto sia possibile che, dato l'avanzamento della conoscenza, ai dogmi proposti dalla Chiesa venga assegnato un senso differente da quello compreso, in passato e presente, dalla Chiesa, che egli sia anatema."
Papa San Pio X, Pascendi Dominici gregis (26), Spiegando la dottrina dei modernisti, 08/09/1907: "Alle leggi dell'evoluzione tutto è soggetto - dogma, Chiesa, adorazione, i Libri che noi riveriamo come sacri, anche la Fede stessa e la punizione della disobbedienza è la morte. L'enunciazione di questo principio non sorprenderà chiunque tenga a mente ciò che i modernisti hanno avuto da dire circa ciascuna di queste materie."

 L’Ineffabilis Deus è la costituzione apostolica con la quale il papa Pio IX proclamò l'8 dicembre 1854 il dogma dell'Immacolata concezione di Maria Santissima.

Pio IX
Ineffabilis Deus

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Dio ineffabile, le vie del quale sono la misericordia e la verità; Dio, la cui volontà è onnipotente e la cui sapienza abbraccia con forza il primo e l'ultimo confine dell'universo e regge ogni cosa con dolcezza, previde fin da tutta l'eternità la tristissima rovina dell'intero genere umano, che sarebbe derivata dal peccato di Adamo. Avendo quindi deciso, in un disegno misterioso nascosto dai secoli, di portare a compimento l'opera primitiva della sua bontà, con un mistero ancora più profondo – l'incarnazione del Verbo – affinché l'uomo (indotto al peccato dalla perfida malizia del diavolo) non andasse perduto, in contrasto con il suo proposito d'amore, e affinché venisse recuperato felicemente ciò che sarebbe caduto con il primo Adamo, fin dall'inizio e prima dei secoli scelse e dispose che al Figlio suo Unigenito fosse assicurata una Madre dalla quale Egli, fatto carne, sarebbe nato nella felice pienezza dei tempi. E tale Madre circondò di tanto amore, preferendola a tutte le creature, da compiacersi in Lei sola con un atto di esclusiva benevolenza. Per questo, attingendo dal tesoro della divinità, la ricolmò – assai più di tutti gli spiriti angelici e di tutti i santi – dell'abbondanza di tutti i doni celesti in modo tanto straordinario, perché Ella, sempre libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta, mostrasse quella perfezione di innocenza e di santità da non poterne concepire una maggiore dopo Dio, e che nessuno, all'infuori di Dio, può abbracciare con la propria mente.


Era certo sommamente opportuno che una Madre degna di tanto onore rilucesse perennemente adorna degli splendori della più perfetta santità e, completamente immune anche dalla stessa macchia del peccato originale, riportasse il pieno trionfo sull'antico serpente. Dio Padre dispose di dare a Lei il suo unico Figlio, generato dal suo seno uguale a sé, e che ama come se stesso, in modo tale che fosse, per natura, Figlio unico e comune di Dio Padre e della Vergine; lo stesso Figlio scelse di farne la sua vera Madre, e lo Spirito Santo volle e operò perché da Lei fosse concepito e generato Colui dal quale egli stesso procede.

La Chiesa Cattolica che – da sempre ammaestrata dallo Spirito Santo – è il basilare fondamento della verità, considerando come dottrina rivelata da Dio, compresa nel deposito della celeste rivelazione, questa innocenza originale dell'augusta Vergine unitamente alla sua mirabile santità, in perfetta armonia con l'eccelsa dignità di Madre di Dio, non ha mai cessato di presentarla, proporla e sostenerla con molteplici argomentazioni e con atti solenni sempre più frequenti. Proprio la Chiesa, non avendo esitato a proporre la Concezione della stessa Vergine al pubblico culto e alla venerazione dei fedeli, ha offerto un'inequivocabile conferma che questa dottrina, presente fin dai tempi più antichi, era intimamente radicata nel cuore dei fedeli e veniva mirabilmente diffusa dall'impegno e dallo zelo dei Vescovi nel mondo cattolico. Con questo atto significativo mise in evidenza che la Concezione della Vergine doveva essere venerata in modo singolare, straordinario e di gran lunga superiore a quello degli altri uomini: pienamente santo, dal momento che la Chiesa celebra solamente le feste dei Santi.

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Per questo essa era solita inserire negli uffici ecclesiastici e nella sacra Liturgia, riferendole anche alle origini della Vergine, le stesse identiche parole impiegate dalla Sacra Scrittura per parlare della Sapienza increata e per descriverne le origini eterne, perché entrambe erano state preordinate nell'unico e identico decreto dell'Incarnazione della Divina Sapienza.

Sebbene tutte queste cose, condivise quasi ovunque dai fedeli, dimostrino con quanta cura la stessa Chiesa Romana, madre e maestra di tutte le Chiese, abbia seguito la dottrina dell'Immacolata Concezione della Vergine, tuttavia meritano di essere elencati, uno per uno, gli atti più importanti della Chiesa in questa materia, perché assai grandi sono la sua dignità e la sua autorità, quali si addicono ad una simile Chiesa: è lei il centro della verità cattolica e dell'unità; in lei sola fu custodita fedelmente la religione; da lei tutte le altre Chiese devono attingere la tradizione della fede.

Dunque, questa stessa Chiesa Romana ritenne che non potesse esserci niente di più meritevole che affermare, tutelare, propagandare e difendere, con ogni più eloquente mezzo, l'Immacolata Concezione della Vergine, il suo culto e la sua dottrina. Tutto questo è testimoniato e messo in evidenza, in modo assolutamente inequivocabile, da innumerevoli e straordinari, atti dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, ai quali, nella persona del Principe degli Apostoli, fu affidato, per volere divino, dallo stesso Cristo Signore il supremo compito e il potere di pascere gli agnelli e le pecore, di confermare nella fede i fratelli, di reggere e governare tutta la Chiesa.


I Nostri Predecessori infatti si vantarono grandemente, avvalendosi della loro autorità Apostolica, di avere istituito nella Chiesa Romana la festa della Concezione con Ufficio e Messa proprii, per mezzo dei quali veniva affermato, con la massima chiarezza, il privilegio dell'immunità dalla macchia originale; di aver rafforzato, circondato di ogni onore, promosso e accresciuto con ogni mezzo il culto già stabilito, sia con la concessione di Indulgenze, sia accordando alle città, alle province e ai regni la facoltà di scegliere come Patrona la Madre di Dio sotto il titolo dell'Immacolata Concezione, sia con l'approvazione di Confraternite, di Congregazioni e di Famiglie religiose, costituite per onorare l'Immacolata Concezione, sia con il tributare lodi alla pietà di coloro che avevano eretto monasteri, ospizi, altari e templi dedicati all'Immacolata Concezione, oppure si erano impegnati, con un solenne giuramento, a difendere strenuamente l'Immacolata Concezione della Madre di Dio.

Provarono anche l'immensa gioia di decretare che la festa della Concezione dovesse essere considerata da tutta la Chiesa, con la stessa dignità e importanza della Natività; inoltre, che fosse celebrata ovunque come solennità insignita di ottava e da tutti santificata come festa di precetto, e che ogni anno si tenesse nella Nostra Patriarcale Basilica Liberiana una Cappella Papale nel giorno santo dell'Immacolata Concezione.

Spinti dal desiderio di rafforzare, ogni giorno di più, nell'animo dei fedeli questa dottrina dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio e di stimolare la loro pietà al culto e alla venerazione della Vergine concepita senza peccato originale, furono lietissimi di concedere la facoltà che venisse pronunciata ad alta voce la Concezione Immacolata della Vergine nelle Litanie Lauretane e nello stesso Prefazio della Messa, affinché i dettami della fede trovassero conferma nelle norme della preghiera.

Noi quindi, seguendo le orme di Predecessori così illustri, non solo abbiamo approvato e accolto tutto ciò che è stato da loro deciso con tanta devozione e con tanta saggezza, ma, memori di ciò che aveva disposto Sisto IV, abbiamo confermato, con la Nostra autorità, l'Ufficio proprio dell'Immacolata Concezione e, con sensi di profonda gioia, ne abbiamo concesso l'uso a tutta la Chiesa.

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Ma poiché tutto ciò che si riferisce al culto è strettamente connesso con il suo oggetto e non può rimanere stabile e duraturo se questo oggetto è incerto e non ben definito, i Romani Pontefici Nostri Predecessori, mentre impiegavano tutta la loro sollecitudine per accrescere il culto della Concezione, si preoccuparono anche di chiarirne e di inculcarne con ogni mezzo l'oggetto e la dottrina. Insegnarono infatti, in modo chiaro ed inequivocabile, che si celebrasse la festa della Concezione della Vergine e respinsero quindi, come falsa e assolutamente contraria al pensiero della Chiesa, l'opinione di coloro che ritenevano ed affermavano che da parte della Chiesa non si onorava la Concezione ma la santificazione di Maria. Né ritennero che si potesse procedere con minore decisione contro coloro che, al fine di sminuire la dottrina sull'Immacolata Concezione della Vergine, avendo escogitato una distinzione fra il primo istante e il secondo momento della Concezione, affermavano che si celebrava sì la Concezione, ma non quella del primo iniziale momento.

giovedì 3 dicembre 2015

"Ahimè, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all'inferno! Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così si dessero pensiero anche di questo, onde poter rendere conto a Dio della scienza e dei talenti ricevuti!"...

Dalle «Lettere» di San Francesco Saverio a Sant'Ignazio di Loyola.


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Abbiamo percorso i villaggi dei neofiti, che pochi anni fa avevano ricevuto i sacramenti cristiani. Questa zona non è abitata dai Portoghesi, perché estremamente sterile e povera, e i cristiani indigeni, privi di sacerdoti, non sanno nient'altro se non che sono cristiani. Non c'è nessuno che celebri le sacre funzioni, nessuno che insegni loro il Credo, il Padre nostro, l'Ave ed i Comandamenti della legge divina.

Da quando dunque arrivai qui non mi sono fermato un istante; percorro con assiduità i villaggi, amministro il battesimo ai bambini che non l'hanno ancora ricevuto. Così ho salvato un numero grandissimo di bambini, i quali, come si dice, non sapevano distinguere la destra dalla sinistra. I fanciulli poi non mi lasciano né dire l'Ufficio divino, né prendere cibo, né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro appartiene il regno dei cieli.

Perciò, non potendo senza empietà respingere una domanda così giusta, a cominciare dalla confessione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnavo loro il Simbolo apostolico, il Padre nostro e l'Ave Maria. Mi sono accorto che sono molto intelligenti e, se ci fosse qualcuno a istruirli nella legge cristiana, non dubito che diventerebbero ottimi cristiani.

Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani. Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d'Europa, specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimè, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all'inferno! Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così si dessero pensiero anche di questo, onde poter rendere conto a Dio della scienza e dei talenti ricevuti!

In verità moltissimi di costoro, turbati da questo pensiero, dandosi alla meditazione delle cose divine, si disporrebbero ad ascoltare quanto il Signore dice al loro cuore, e, messe da parte le loro brame e gli affari umani, si metterebbero totalmente a disposizione della volontà di Dio. Griderebbero certo dal profondo del loro cuore: «Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?» (At 9, 6 volg.). Mandami dove vuoi, magari anche in India.
[Lett. 20 ott. 1542, 15 gennaio 1544; Epist. S. Francisci Xaverii aliaque eius scripta, ed. G. Schurhammer I Wicki, t. I, Mon. Hist. Soc. Iesu, vol. 67, Romae, 1944, pp. 147-148; 166-167 - Traduzione tratta da: "Liturgia delle Ore" - Libreria Poliglotta Vaticana - Edizioni Conferenza Episcopale Italiana].

"'Chiunque desideri essere salvato deve soprattutto detenere la Fede Cattolica; a meno che ciascuno la preservi integra ed inviolata egli perirà senza dubbio nell'eternità".


IL CREDO ATANASIANO... 

 http://cfile215.uf.daum.net/image/121EDB394DC4609928F1BD

Il Credo Atanasiano è uno dei credi più importanti della Fede Cattolica. Esso contiene uno splendido riassunto della credenza di un Cattolico nella Santissima Trinità e nell'Incarnazione, essenti i 2 dogmi fondamentali della Cristianità. Prima dei tentati cambiamenti alla Sacra Liturgia del 1971 il Credo Atanasiano, constante di 40 dichiarazioni ritmiche, era stato utilizzato durante l'ufficio Domenicale per oltre mille anni. Il Credo Atanasiano avanza la necessità di credenza nella Fede Cattolica alfine della salvazione. Esso conclude con le seguenti parole: "Questa è la Fede Cattolica, per cui, a meno che un uomo in essa creda fedelmente e fermamente, egli non può essere salvato.". Il Credo Atanasiano fu composto dal grande Sant'Atanasio medesimo, siccome confermato dal Concilio di Firenze.
Papa Eugenio IV, Concilio di Firenze, Sessione 8, 22/11/1439, ex-cathedra: "In sesto luogo, noi offriamo agli inviati quella regola compendiosa della Fede composta dal beatissimo Atanasio, la quale è come segue: 'Chiunque desideri essere salvato deve soprattutto detenere la Fede Cattolica; a meno che ciascuno la preservi integra ed inviolata egli perirà senza dubbio nell'eternità. Nondimeno, la Fede Cattolica è ciò: che noi veneriamo un Dio nella Trinità e la Trinità nell'unità; confondendo né le Persone, né dividendo la sostanza, poiché vi è una Persona del Padre, un'altra del Figliolo, un'altra dello Spirito Santo, la loro gloria è uguale, la loro maestà coeterna… ed in questa Trinità vi è nulla prima o dopo, nulla di maggiore o minore, ma tutte e 3 le Persone sono coeterne e coeguali una rispetto all'altra, cosicché in ogni riguardo, siccome menzionato disopra, sia l'unità nella Trinità che la Trinità nell'unità debbano essere adorate. Sicché, che colui desiderante essere salvato pensi così circa la Trinità. 
Ma è necessario per la salvazione eterna che egli creda fedelmente ancora nell'Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo… il Figliolo di Dio è Dio ed uomo… Questa è la Fede Cattolica; a meno che ciascuno creda a ciò fedelmente e fermamente egli non può essere salvato." [92]