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sabato 30 aprile 2011

Giovanni Paolo II e l’elogio del Vodù (Woodoo) ...

VIAGGIO PASTORALE IN BENIN, UGANDA E KHARTOUM - INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II CON UNA RAPPRESENTANZA DEI SEGUACI DEL VODÙ

 
Ecco cosa sia in realta' il Voodoo...

Sede del Comité pour l’Organisation et le Développement des Investissements en Afrique et à Madagascar (CODIAM) a Cotonou (Benin), Giovedì, 4 febbraio 1993

Cari amici, 1. Sono lieto di avere questa occasione di incontrarvi e vi saluto molto cordialmente. Come sapete, sono venuto in Benin, innanzitutto per rendere visita alle comunità cattoliche, per incoraggiarle e confermarle nella fede. Inoltre, ho sempre pensato che il contatto con persone che appartengono a tradizioni religiose diverse fosse una parte importante del mio ministero. Infatti, la Chiesa Cattolica è favorevole al dialogo: dialogo con i cristiani di altre Chiese e Comunità ecclesiali, dialogo con i credenti di altre famiglie spirituali, e dialogo anche con coloro che non professano alcuna religione. Essa desidera instaurare rapporti positivi e costruttivi con le persone e con i gruppi umani di diverso credo in vista di un arricchimento reciproco.   2. Il Concilio Vaticano II, che ha tracciato il cammino della Chiesa per la fine di questo millennio, ha riconosciuto che nelle diverse tradizioni religiose c’è del vero e del buono, delle semenze del Verbo. Esso ha esortato i discepoli di Cristo a scoprire “quali ricchezze Dio nella sua magnificenza ha dato ai popoli” . Questi sono i fondamenti di un dialogo fruttuoso, come diceva l’Apostolo Paolo ai primi cristiani: “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4, 8). Da ciò il nostro atteggiamento di rispetto: rispetto per i veri valori, dovunque essi siano, rispetto soprattutto per l’uomo che cerca di vivere di questi valori, valori che lo aiutano ad allontanare la paura. Siete fortemente attaccati alle tradizioni che vi hanno tramandato i vostri antenati. È legittimo essere riconoscenti verso i più anziani che vi hanno trasmesso il senso del sacro, la fede in un Dio unico e buono, il gusto della celebrazione, la considerazione per la vita morale e l’armonia nella società.
 
 
3. I vostri fratelli cristiani apprezzano, come voi, tutto ciò che è bello in queste tradizioni, poiché sono, come voi, figli del Benin. Ma essi sono altrettanto riconoscenti ai loro “avi nella fede”, a partire dagli apostoli fino ai missionari, per aver portato loro il Vangelo. Questi missionari hanno fatto conoscere loro la “Buona Novella” che Dio è Padre e che è sceso fra gli uomini attraverso suo Figlio, Gesù Cristo, portatore di un gioioso messaggio di liberazione. Se andiamo più indietro nella storia, constatiamo che gli antenati di questi missionari giunti dall’Europa avevano essi stessi ricevuto il Vangelo quando avevano già una religione e un culto. Accogliendo il messaggio di Dio, essi non hanno perduto niente. Al contrario, hanno avuto la possibilità di conoscere Gesù Cristo e di divenire, in Lui, per mezzo del battesimo, figli e figlie del Dio d’Amore e di Misericordia.   4. Tutto ciò è stato fatto nella libertà. Infatti, i Vangeli sottolineano che Gesù non ha costretto nessuno. Agli apostoli, Cristo ha detto: “Se vuoi, seguimi”; ai malati: “se vuoi, puoi essere guarito”. Ciascuno deve rispondere all’appello di Dio, liberamente e in piena responsabilità. La Chiesa considera la libertà religiosa un diritto inalienabile, un diritto che si accompagna al dovere di ricercare la verità. È in un clima di rispetto per la libertà di ognuno che il dialogo interreligioso può svilupparsi e dare i suoi frutti.   5. Questo dialogo non è rivolto soltanto ai valori del passato e del presente. Esso guarda anche all’avvenire. Esso implica la collaborazione allo scopo di “difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà” (Nostra aetate 3). Queste parole del Concilio Vaticano II, malgrado siano situate in un contesto diverso, delineano un programma per i credenti di un Paese come il vostro, in cui i cristiani e i musulmani vivono insieme ai membri della religione tradizionale africana. Il Benin, per svilupparsi, ha bisogno della partecipazione di tutti i suoi figli e nessuno deve chiudersi in se stesso. Cristiani, membri della religione tradizionale e musulmani sono chiamati a rimboccarsi le maniche per operare insieme per il bene del Paese. Quest’azione solidale dei credenti è importante per lo sviluppo integrale, la giustizia e la liberazione umana. Quest’opera sarà portata avanti meglio se accompagnata da una preghiera fervente a Dio, Creatore e Padre, fonte di ogni bene. Che le voci di tutti si uniscano per chiedere a Dio di concedere la prosperità e la pace a tutti gli abitanti di questo caro Paese! Da parte mia, siatene certi, affido al Signore le vostre preoccupazioni e le vostre speranze. Che Dio benedica voi e tutte le vostre famiglie!

Fonte: http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1993/february/documents/hf_jp-ii_spe_19930204_vodu-cotonou_it.html

venerdì 29 aprile 2011

Esposizione delle riserve sulla prossima beatificazione di Giovanni Paolo II...

 

Fonte: unavox
21 marzo 2010 - Festa di San Benedetto

La prossima beatificazione di Giovanni Paolo II, prevista per il 1 maggio 2011, ha sollevato delle serie preoccupazioni in un gran numero di cattolici nel mondo intero, preoccupati per la situazione della Chiesa e per gli scandali che l’hanno afflitta in questi ultimi anni - scandali che spinsero il futuro Benedetto XVI a dichiarare, il Venerdì Santo del 2005: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui!».
È la nostra stessa preoccupazione, che noi esprimiamo attraverso questo mezzo pubblico, rimanendo fedeli alla legge della Chiesa che recita:
«In rapporto alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità delle persone.» [CIC (1983), Can 212, § 3].

Quello che crediamo in coscienza essere il bene comune della Chiesa ci obbliga ad esprimere le nostre riserve su questa beatificazione. Lo facciamo per le seguenti ragioni, anche se altre ne potrebbero essere avanzate.


La vera questione



Per cominciare, precisiamo che non presentiamo queste considerazioni come degli argomenti contro la pietà o l’integrità personale di Giovanni Paolo II, che dobbiamo dare per data. Non si tratta di considerare la sua pietà o la sua integrità personali in quanto tali, quanto piuttosto di sapere se vi è un fondamento oggettivo per proclamare che Giovanni Paolo II abbia dato prova di virtù eroiche nell’esercizio delle sue elevate funzioni di Papa, tali che debba essere posto immediatamente sulla via della canonizzazione e offerto come Papa modello a tutti i suoi successori.

La Chiesa ha sempre riconosciuto che la questione delle virtù eroiche in una beatificazione è inestricabilmente legata all’esercizio eroico del candidato dei doveri del suo stato.
Come ha spiegato Benedetto XIV (1675-1758) nel suo insegnamento sulla beatificazione, il compimento eroico del dovere di stato si realizza con degli atti così difficili da essere «al di sopra delle forze comuni degli uomini», «compiuti prontamente, facilmente», «con una santa gioia» e «tanto frequentemente per quante sono le occasioni che si presentano» [Cf. De servorum Dei beatificatione, Libro III, cap. 21, in Reginald Garrigou-Lagrange, Les Trois Ages de la Vie Intérieure, Vol. 2, p. 443].

Supponiamo che il capo di una famiglia numerosa venga proposto come candidato alla beatificazione. Non ci sono grandi speranze di veder avanzare la sua causa se si sapesse che, quantunque pio, egli avrebbe costantemente fallito nel correggere e nell’educare correttamente i suoi figli, che gli disubbidivano sempre e creavano il disordine in casa, al punto da combattere apertamente la Fede anche quando vivevano sotto il suo tetto; oppure, quantunque fosse attento nelle sue preghiere e nei suoi doveri spirituali, avrebbe trascurato di sostenere industriosamente la sua famiglia, lasciando che la sua casa andasse in rovina.

Quando il candidato alla beatificazione è un Papa – il Santo Padre della Chiesa universale – la questione non verte solo sulla sua pietà e sulla sua santità personali, ma anche sulla cura che egli ha avuto dell’immenso dominio della Fede che Dio gli ha affidato e per il quale Dio accorda al Papa delle grazie di stato straordinarie.
Ecco qual è la vera questione: Giovanni Paolo II ha compiuto eroicamente i suoi doveri di Sommo Pontefice come i suoi predecessori canonizzati? Doveri che si possono elencare così: combattere l’errore, difendere con coraggio e prontezza il suo gregge dai lupi feroci che lo diffondono, proteggere l’integrità della dottrina e del culto divino della Chiesa. Noi temiamo che nelle circostanze di questa “affrettata” beatificazione, tale questione di fondo non abbia ricevuto la prudente a attenta considerazione che merita.

Una indebita pressione popolare



Tra le circostanze che ci preoccupano possiamo citare la inopportuna pressione della “richiesta popolare” di beatificazione, espressa dallo slogan «santo subito!». È proprio per evitare l’influenza dell’effimera emozione popolare e per permettere di stabilire le condizioni per un giudizio storicamente spassionato, che la legge della Chiesa prescrive saggiamente di aspettare cinque anni prima di dare inizio ad un processo di beatificazione. Invece, in questo caso si è derogato da questo prudente lasso di tempo. È per questo che un processo che dovrebbe essere appena cominciato si trova oggi quasi al suo epilogo, come se si trattasse di soddisfare immediatamente la volontà popolare, anche se non è questa l’intenzione.

Noi siamo coscienti del ruolo dell’acclamazione popolare in certi casi eccezionali di canonizzazione di santi.
Il Papa Gregorio Magno, per esempio, è stato canonizzato per acclamazione popolare quasi immediatamente dopo la sua morte, ma questo Romano Pontefice fuori dal comune è stato, né più né meno, che il fondatore della civiltà cristiana, ha posto le basi sia spirituali sia strutturali della Chiesa e della Cristianità mantenutesi di secolo in secolo.
Ugualmente, il Papa San Nicola I, l’ultimo Papa onorato dalla Chiesa col titolo di “Grande”, ha svolto un ruolo determinante nella riforma della Chiesa nel corso di una grande crisi della fede e della disciplina specialmente relativa all’alta gerarchia ecclesiastica, ai cui membri corrotti egli si oppose con coraggio, tale da essere considerato giustamente come il vero salvatore della civiltà cristiana in un momento in cui era messa in dubbio perfino la sua sopravvivenza.

Inoltre, l’acclamazione popolare di beati e santi è relativa ad un tempo in cui la stragrande maggioranza degli uomini era fedele e sottomessa alla Chiesa. Oggi invece si pone la domanda: qual è il valore della richiesta popolare di questa beatificazione in un’epoca in cui l’immensa maggioranza di coloro che si dicono cattolici rigetta puramente e semplicemente ogni insegnamento in materia di fede o di morale perché lo considera inaccettabile – soprattutto l’insegnamento infallibile del Magistero sul matrimonio e la procreazione?

Una eredità preoccupante
Documento di Don Luigi Villa...

In tutta sincerità, se facciamo la comparazione, siamo costretti ad osservare che, dato lo stato della Chiesa com’egli l’ha lasciata, il pontificato di Giovanni Paolo II non può oggettivamente giustificare la sua beatificazione per acclamazione popolare, e ancor meno l’immediata canonizzazione reclamata a gran voce dalle folle. Un’onesta analisi dei fatti obbliga a concludere che il pontificato di Giovanni Paolo II è stato segnato, non dal rinnovamento e dalla restaurazione che si osservano nei pontificati dei suoi più eminenti predecessori, quanto piuttosto, per riprendere il celebre appunto del vecchio cardinale Ratzinger [Cf. L’Osservatore Romano, 9 novembre 1984], dall’accelerazione di «un continuo processo di decadenza», in particolare nelle nazioni di tradizione cristiana nell’Europa occidentale, nelle Americhe e nel Pacifico.

Questa oggettiva realtà appare ancora meglio quanto si consideri che lo stesso defunto Papa, nel corso della fine del suo pontificato, lamentava «l’apostasia silenziosa» di un’Europa un tempo cristiana [Cf. Ecclesia in Europa (2003), n. 9]. Per di più, il suo successore ha poi deplorato pubblicamente il «processo di secolarizzazione» che «ha prodotto una grave crisi del senso della fede cristiana e dell’appartenenza alla Chiesa». In quella occasione il Papa Benedetto XVI ha annunciato la creazione di un nuovo Pontificio Consiglio la cui missione specifica sarà di «promuovere una rinnovata evangelizzazione nei paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede… ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”» [Cf. Omelia dei Primi Vespri del 28 giugno 2010].
Documento di Don Luigi Villa...

La penetrazione di questa “apostasia silenziosa” perfino tra gli stessi membri della Chiesa è apparsa ancora più evidente dopo il Concilio Vaticano II. Prima del Concilio, il mondo nel suo insieme subiva un declino vertiginoso, come denunciato da un Papa dopo l’altro, ma all’interno della Chiesa la Fede era ancora salda, la liturgia era intatta, le vocazioni erano abbondanti e le famiglie numerose – fino alla grande “apertura al mondo” del Concilio.

Il Sommo Pontefice regnante, scrivendo quand’era ancora il cardinale Ratzinger, a metà dei 27 anni di pontificato del suo predecessore, ha fissato una parte della diagnosi dell’improvviso esplodere di una crisi post-conciliare senza precedenti nella Chiesa: «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia…» [La mia vita (1997), p. 113].

L’idea che la Chiesa non abbia subito alcun “crollo della liturgia” prima del Vaticano II e delle “riforme” intraprese in suo nome, non necessita di alcuna dimostrazione.
Solo quindici anni dopo il Concilio, nel secondo anno del suo pontificato, lo stesso Giovanni Paolo II ha pubblicamente chiesto perdono per la perdita improvvisa e drammatica della fede e del rispetto eucaristico in seguito alle “riforme liturgiche” approvate da Paolo VI:
«Conducendo ormai a termine queste mie considerazioni, vorrei chiedere perdono - in nome mio e di tutti voi, venerati e cari fratelli nell'episcopato - per tutto ciò che per qualsiasi motivo, e per qualsiasi umana debolezza, impazienza, negligenza, in seguito anche all'applicazione talora parziale, unilaterale, erronea delle prescrizioni del Concilio Vaticano II, possa aver suscitato scandalo e disagio circa l'interpretazione della dottrina e la venerazione dovuta a questo grande sacramento. E prego il Signore Gesù perché nel futuro sia evitato, nel nostro modo di trattare questo sacro mistero, ciò che può affievolire o disorientare in qualsiasi maniera il senso di riverenza e di amore nei nostri fedeli.» [Lettera Dominicae Cenae (1980), § 12].

Ma questo sorprendente pentimento di Giovanni Paolo II non fu mai seguito, nel corso dei successivi 25 anni del suo governo, da alcun atto decisivo per arrestare il continuo collasso della liturgia. Esattamente al contrario, nel 1988, anno del 25 anniversario della Sacrosanctum Concilium, il Papa salutò le « riforme che essa ha consentito di attuare» come «il frutto più visibile di tutta l'opera conciliare», notando che «Per molti il messaggio del Concilio Vaticano II è stato percepito innanzitutto mediante la riforma liturgica».
Difatti!
Per ciò che riguarda il crollo manifesto della liturgia, il Papa si è limitato a segnalare diversi abusi che “talvolta” si producono, insistendo però sul fatto che «i pastori e il popolo cristiano, nella loro grande maggioranza, hanno accolto la riforma liturgica in uno spirito di obbedienza ed anzi di gioioso fervore» [Vicesimus Quintus Annus (1988), § 12].

Tuttavia, oggi la maggioranza del popolo cristiano non crede più nella Presenza Reale di Cristo nella Santa Eucarestia, che i fedeli ricevono in mano dalle mani non consacrate dei ministri laici, come se si trattasse di un banale pezzo di pane, ed è esattamente così che la trattano. In più, di pari passo con l’attitudine quasi universale di ubbidienza selettiva al Magistero, la pratica della contraccezione si è largamente diffusa tra i cattolici, che hanno di essa una visione che differisce poco da quella dei Protestanti, come attestato da innumerevoli studi e sondaggi. E questo è anche evidenziato dalla caduta vertiginosa del tasso di natalità e dell’infimo livello da essa raggiunto tra le popolazioni cattoliche d’Occidente, che non hanno neanche il necessario numero di nascite per rinnovarsi. È per questo che lo stesso Giovanni Paolo II ricordava «la paura diffusa dappertutto di dar vita a nuovi bambini» in seno all’«apostasia silenziosa» che deplorava in Ecclesia in Europa. In effetti, non si può contestare che il più alto tasso di natalità nel mondo cattolico lo si ritrova presso i “tradizionalisti”, che non partecipano alla liturgia riformata o che, non avendo altra scelta, la sopportano senza la minima traccia di “gioioso fervore”.

Per di più, è notorio che Giovanni Paolo II ha contribuito lui stesso, con i suoi atti, al crollo della liturgia. Per la prima volta nella sua storia, la Chiesa ha visto, sotto il suo pontificato, la scandalosa novità delle “chierichette”, a proposito delle quali il Papa è ritornato sulla sua originaria decisione di proscrivere questa innovazione come incompatibile con la tradizione bimillenaria della Chiesa. Poi ci sono state le liturgie papali “inculturate” comprendenti musica rock ed elementi decisamente pagani, come lo spettacolo incredibile della lettura dell’epistola da parte di una donna a seno nudo in Nuova Guinea o dei danzatori aztechi rivestiti di piume che piroettavano agitando delle raganelle o del “rito di purificazione” in Messico o della aborigena “cerimonia del fumo” in Australia al posto del rito penitenziale.
La scusa secondo la quale il Papa non avrebbe saputo niente in anticipo di queste aberrazioni liturgiche è smentita dal fatto che lui stesso scelse e mantenne fino alla fine il loro ideatore ed autore: quel Piero Marini, Maestro delle celebrazioni liturgiche papali per quasi vent’anni a dispetto delle universali proteste contro le grottesche deformazioni della liturgia romana da lui operate. Marini è stato sostituito finalmente, e con grande clemenza, nel 2007 dal Papa Benedetto XVI.

Si deve ammettere onestamente che se i grandi Papi di prima del Concilio fossero stati testimoni delle liturgie papali di Giovanni Paolo II o anche solo semplicemente dello stato generale del rito romano nel corso del suo pontificato, avrebbero provato, inorriditi, un miscuglio di indignazione e di incredulità.

Ma alla fine dell’ultimo pontificato, in stato di collasso non c’era solo la liturgia. Come abbiamo ricordato all’inizio di questa esposizione, il Venerdì Santo del 2005, appena prima di essere elevato al Soglio di Pietro, il cardinale Ratzinger osservava: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!» [Via Crucis, nona meditazione]. Questa sporcizia a cui si riferiva il cardinale era costituita evidentemente dal numero incredibile di scandali sessuali causati dagli atti inqualificabili di certi preti cattolici su tutta la terra – frutto di decenni di “rinnovamento conciliare” nei seminari.
Invece di sanzionare i vescovi che favorivano questa sporcizia nei loro seminari, coprendola con lo spostamento dei predatori sessuali da un posto all’altro e quindi rovinando le loro diocesi col pagamento dei danni civili, Giovanni Paolo II offrì un rifugio a molti dei prelati più scandalosamente lassisti. L’esempio più eclatante è forse quello del cardinale Bernard Law. Obbligato a rispondere davanti ad un gran giurì della sua colpevole negligenza nel contrastare i galoppanti abusi sessuali nei confronti di ragazzi da parte di preti della diocesi di Boston, cosa che condusse al pagamento di 100 milioni di dollari  per il risarcimento dei danni nei confronti di più di 500 vittime, la “punizione” comminata a Law dal Papa, dopo le sue dimissioni di arcivescovo in disgrazia, fu la sua chiamata a Roma con la gratifica della funzione di arciprete in una delle quattro splendide basiliche patriarcali.



Il cardinale Bernard Law benvenuto in Vaticano

E che dire dell’arcivescovo Weakland, il famigerato teologo dissidente che aveva ammesso in una deposizione di aver deliberatamente riassegnato al ministero attivo dei preti che avevano commesso degli abusi omosessuali nella diocesi di Milwaukee, senza avvertire i parrocchiani né denunciare alla polizia i loro crimini? Dopo aver portato alla bancarotta la diocesi a causa del pagamento di danni e interessi, Weakland concluse la sua lunga carriera di demolitore dell’integrità della fede e della morale – strumentalmente pubblicizzata nel mondo intero – solo dopo la rivelazione del suo storno di 450.000 dollari dal fondo diocesano per comprare il silenzio di un uomo col quale aveva avuto una relazione omosessuale. Giovanni Paolo II permise a questo lupo predatore di andare in pensione con tutta la dignità dovuta al suo alto ufficio nella Chiesa; dopo di che una casa editrice protestante ha potuto pubblicare le sue memorie: : Pilgrim in a Pilgrim Church : Memoirs of a Catholic Archbishop (Pellegrino in una Chiesa pellegrina: Memorie di un Arcivescovo Cattolico), mentre un critico ammirato ha potuto scrivere che il libro presenta «il ritratto di un uomo impregnato dei valori del Concilio Vaticano II che ha avuto il coraggio di porli prima della fede, come abate benedettino e come arcivescovo di Milwaukee».
La sporcizia che ha oppresso la Chiesa nel corso dell’ultimo pontificato include la lunga storia degli abusi sessuali di Padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, presentato come il vero esempio del “rinnovamento” in azione. Giovanni Paolo II si rifiutò di intraprendere la minima inchiesta sui comportamenti di Maciel a dispetto dell’accumulo delle prove dei suoi crimini abominevoli, i quali, grazie ad una pubblicità mondiale, sono ormai i più famigerati commessi da un chierico cattolico. Non tenendo in alcun conto i processi canonici ben noti e iniziati da lunga data da otto seminaristi dei Legionari di cui Maciel aveva abusato sessualmente, Giovanni Paolo II lo ricoprì di onori in occasione di una cerimonia pubblica in Vaticano nel novembre 2004. Tuttavia, alcuni giorni dopo, il cardinale Ratzinger «si è assunto la responsabilità di autorizzare un’inchiesta su Maciel» [Jason Berry, Money Paved the Way for Maciel’s Influence in the Vatican (Il denaro ha lastricato la strada dell’influenza di Maciel in Vaticano), National Catholic Reporter, 6 aprile 2010].
Perché Maciel fosse sanzionato, si è dovuta letteralmente attendere la morte di Giovanni Paolo II. Egli è stato finalmente allontanato del ministero attivo ed esiliato in un monastero solo dopo che il cardinale Ratzinger è diventato Benedetto XVI.


Padre Marcial Maciel Degollado benedetto da Giovanni Paolo II

Ma tutto questo rappresenta solo una parte del quadro dipinto da un noto commentatore cattolico: «Giovanni Paolo II, il papa che volava alto, ha lasciato che ai suoi piedi si diffondessero gli scandali e ha lasciato che a ripulirli fosse il poco carismatico Ratzinger. Questo schema si estende ad altri problemi spinosi che l’ultimo papa aveva la tendenza di evitare, come la demolizione della liturgia cattolica o la crescita dell’Islam in una Europa un tempo cristiana» [Ross Douthat, The Better Pope (Il miglior Papa), New York Times, 11 aprile 2010].

Un altro motivo per avere delle riserve su questa beatificazione è costituito dal fatto che, lungo tutto il pontificato di Giovanni Paolo II i fedeli cattolici sono stati sorpresi e scandalizzati da una quantità di dichiarazioni e di gesti manifestamente imprudenti del Papa, come la Chiesa non ne aveva mai visti in 2000 anni.
Ricordiamo solo alcuni degli esempi più noti:

Le numerose scuse teologicamente dubbie per le presunte colpe dei cattolici nelle epoche anteriori della storia della Chiesa.
È evidente che il mondo non ha guardato a questi mea culpa inediti del Papa come ad una dimostrazione dell’umiltà della Chiesa. Al contrario, com’era prevedibile, essi sono stati interpretati come il riconoscimento della colpevolezza della Chiesa in ogni sorta di crimini contro l’umanità. Con l’eccezione delle scuse apparentemente dimenticate in Dominicae Cenae, non v’è stato del pentimento per l’incapacità catastrofica dei membri viventi della gerarchia di preservare la fede e la disciplina in mezzo al «continuo processo di decadenza» e all’«apostasia silenziosa».



L'ecumenismo di Assisi
Il Vicario di Cristo a fianco dei vicari di se stessi


Gli incontri ecumenici di Assisi dell’ottobre 1986 e del gennaio 2002.
Durante l’incontro di Assisi del 2002, Giovanni Paolo II assegnò dei locali all’interno del sacro Convento di San Francesco, ai praticanti delle “grandi religioni del mondo”, dall’animismo allo zoroastrismo, affinché potessero compiere i loro riti assortiti all’interno di questo sacro santuario cattolico. Riferendosi con enfasi a questi “luoghi assegnati”, il Papa dichiarò a quell’assemblea eterogenea che includeva i seguaci del Vudù: «pregheremo secondo forme diverse, rispettando le altrui tradizioni religiose» [Discorso ai rappresentanti delle varie religioni del mondo del 24 gennaio 2002. La lista dei partecipanti alla giornata di preghiera è disponibile sul sito del Vaticano].

L’impressione che inevitabilmente ha lasciato l’avvenimento di Assisi, specialmente attraverso la rifrazione dei media mondani, è stata che tutte le religioni piacciono più o meno a Dio – che è esattamente la teoria rigettata come falsa dal Papa Pio XI nella sua enciclica Mortalium Animos del 1928. Se non fosse così, perché il Papa avrebbe convocato tutti i loro “rappresentanti” ad Assisi per offrire le loro «preghiere per la pace»? Onestamente, è possibile negare che ciascuno dei predecessori preconciliari del Papa avrebbe condannato queste esibizioni?

Il bacio del Corano effettuato in pubblico dal Papa nel 1999 in occasione della visita a Roma di un gruppo di cristiani e di musulmani irakeni.
Il Patriarca di rito caldeo cattolico in Irak salutò quest’atto come un “gesto di rispetto” per una religione la cui essenza è la negazione della Trinità e della divinità di Cristo e la cui storia intera è contrassegnata dalla persecuzione contro i cristiani, come si può vedere ancora oggi in Irak e nelle “repubbliche” islamiche del mondo arabo.

La stupefacente esclamazione del 21 marzo 2000 in Terra Santa: «San Giovanni Battista protegga l’Islam, tutto il popolo della Giordania e…» [Preghiera del Papa in visita a Wadi Al-Kharrar].
Come spiegare questa preghiera senza precedenti per la protezione di una falsa religione in se stessa (indipendentemente dai suoi adepti in quanto persone) nel corso di una celebrazione papale in Terra  Santa -  proprio in quel luogo che venne liberato dall’Islam durante la prima Crociata?

L’imposizione della Croce pettorale - simbolo dell’autorità episcopale - a George Carey e a Rowan Williams
Questi anglicani, sedicenti arcivescovi di Canterbury, la cui validità delle ordinazioni sacerdotali ed episcopali fu definitivamente esclusa dalla Bolla Apostolicae Curae del Papa Leone XIII nel 1896, non aderiscono all’insegnamento della Chiesa su delle questioni basilari di morale fondate sulla legge divina e naturale [Cf. John Allen, Papal Deeds Speak Louder (Gli atti del Papa parlano con più forza), National Catholic Register, 8 novembre 2002].

La partecipazione attiva di Papa Giovanni Paolo II ad un culto pagano in una «foresta sacra» del Togo.
È lo stesso giornale del Papa che ha riportato come, appena giunto sul posto, «uno stregone ha incominciato a invocare gli spiriti: Potenze dell’acqua, io vi invoco. Antenati, io vi invoco». Dopo questa invocazione degli “spiriti”, al Papa fu presentato «un recipiente piano d’acqua e di farina. [Egli] si è prima inchinato leggermente e poi ha disperso il miscuglio in tutte le direzioni. Il mattino aveva effettuato lo stesso gesto prima della Messa. Questo rito pagano [!] significa che colui che riceve l’acqua, simbolo di prosperità, la condivide con i suoi antenati gettandola sul suolo» [L’Osservatore Romano, edizione italiana, 11 agosto 1985, p. 5].
Poco dopo il suo ritorno a Roma, il Papa espresse la sua soddisfazione per aver partecipato pubblicamente alla preghiera e al rituale animista. «L’incontro di preghiera al santuario del Lago Togo fu particolarmente toccante. Là ho pregato per la prima volta con degli animisti» [La Croix, 23 agosto1985].

Si potrebbe pensare che basterebbe questo solo caso – non solamente senza pentimento, ma rivendicato pubblicamente – per annientare la causa di canonizzazione di Giovanni Paolo II, visto che per sua stessa ammissione ha “pregato… con degli animisti”. Questo tipo di atti – partecipazione diretta e formale ad un culto pagano – è una cosa che la Chiesa ha sempre giudicato come oggettivamente gravemente peccaminosa. Tanto che il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che vi è idolatria non solo nell’adorazione dei falsi dei o degli idoli in quanto tali, ma anche quando si «onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dei o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc. (…) L’idolatria respinge l’unica signoria di Dio; perciò è incompatibile con la comunione divina.» [CCC § 2113].

Ma questo è solo il più scandaloso tra i numerosi incidenti simili verificatisi durante il pontificato di Giovanni Paolo II.
È istruttivo considerare il verdetto postumo emesso dalla Chiesa nei confronti di un Papa del IV secolo, Liberio, il primo vescovo di Roma che non è stato proclamato santo. Liberio ha goduto di questo triste primato per aver sottoscritto – mentre era in esilio e sotto la tirannica oppressione di un imperatore persecutore - una dichiarazione dottrinale ambigua favorevole all’arianesimo e quindi per aver scomunicato Atanasio, il campione dell’ortodossia trinitaria. Anche se dopo la sua liberazione e il suo ritorno a Roma, egli ritrattò prontamente i suoi deplorevoli atti e sostenne nuovamente la dottrina ortodossa fino alla fine del suo pontificato, la canonizzazione gli fu ugualmente rifiutata.

L’ufficio dei vespri “ecumenici” nella basilica di San Pietro, cuore della Chiesa visibile, nel corso dei quali il Papa ha acconsentito a pregare insieme con dei “vescovi” luterani, tra i quali delle donne che pretendevano di essere dei successori degli Apostoli.
Questo spettacolo ha subito sollevato l’interrogativo se il Papa rinnegasse il suo stesso insegnamento contro l’ordinazione delle donne [Cf. Allen, cit.].

Insomma, l’esame oggettivo dei fatti dimostra che Giovanni Paolo II ha governato e lasciato dietro di sé una Chiesa perdurante nella crisi causata dal capovolgimento che seguì immediatamente il Concilio Vaticano II. Vero è che il suo pontificato ha comportato delle realizzazioni veramente positive, come l’ammirevole difesa senza compromessi della vita umana a fronte di una «cultura della morte» sempre più invasiva, l’insegnamento di gran valore delle varie importanti encicliche sociali, la dichiarazione infallibile sulla impossibilità dell’ordinazione delle donne e il Motu Proprio (Ecclesia Dei) che ha quanto meno preparato il terreno alla “liberazione” della Messa tradizionale effettuata dal Papa Benedetto XVI. Noi non mettiamo neanche in dubbio la sua pietà personale, né la sua vita interiore, evidenti per coloro che gli erano a fianco, e che noi abbiamo riconosciuto all’inizio di questa esposizione.

Non si può negare, tuttavia, che tutti i predecessori di Giovanni Paolo II rimarrebbero storditi e costernati dalla disobbedienza diffusa disastrosamente, dal dissenso dottrinale, dalla degradazione liturgica, dagli scandali morali e dal declino dell’assistenza alla Messa che è proseguito fino alla fine del suo pontificato – il tutto aggravato dalle frequenti mediocri nomine episcopali e dalle dichiarazioni ad atti pontifici estremamente discutibili che abbiamo ricordato prima. Perfino il riformista Paolo VI, le cui iniziative ecumeniche e interreligiose erano molto più prudenti, sarebbe rimasto sgomento per lo stato della Chiesa alla fine del lungo governo di Giovanni Paolo II. E fu proprio Paolo VI che descrisse lo sfacelo postconciliare galoppante con le parole più dure mai pronunciate un Sommo Pontefice:



«da qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. (…) È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce. (…) Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. (…) Come è avvenuto questo?  Vi confessiamo il nostro pensiero: c’è stato l’intervento di un potere avverso. Il suo nome è il diavolo…» [Paolo VI, Insegnamenti, Ed. Vaticana, vol. X, 1972, p. 707].

Al pari di Giovanni Paolo II dopo di lui, Paolo VI non prese alcuna misura efficace per far fronte allo sfacelo che solo il Papa - e unicamente il Papa - avrebbe potuto impedire o quanto meno circoscrivete strettamente.

È stato proprio Mons. Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, che ha ripreso queste disastrose ammissioni del Papa Paolo VI, nel suo discorso ai sacerdoti europei della Fraternità San Pietro, il 2 luglio 2010 a Wigratzbad. Egli ha riconosciuto in quella occasione: «Purtroppo gli effetti di quanto individuato da Paolo VI non sono scomparsi. Un pensiero estraneo è entrato nel mondo cattolico, gettando scompiglio, seducendo molti animi e disorientando i fedeli. Vi è uno “spirito di autodemolizione” impregnato di modernismo…». La crisi postconciliare, ha osservato, comprende una “ideologia para-conciliare” che “ripropone nella sostanza l’idea del modernismo, condannato all’inizio del Novecento da San Pio X.”

Ma chi, se non l’ultimo Papa e il suo predecessore, porta una parte di responsabilità nella diffusione di questa ideologia para-conciliare eterodossa in tutto il mondo cattolico?
Certo, Giovanni Paolo II, come Paolo VI, ha promulgato un gran numero di documenti magisteriali in linea con la dottrina tradizionale e diretti contro questa eterodossia, ma la domanda che si pone oggi è questa: la sua testimonianza è stata così forte e così consistente che lo si possa qualificare come eroico difensore della fede e della morale ortodosse? O piuttosto le sue stesse discutibilissime innovazioni in parole ad atti - al pari delle sue omissioni e della sua mancanza di fermezza nel governo della Chiesa - hanno avuto l’effetto complessivo di riprendere con la mani sinistra molto di più di quello che dava con la destra?

A questo proposito, sottolineiamo la suprema ironia che mentre l’insorgere dell’eresia modernista generava il caos in tutta la Chiesa, Giovanni Paolo II ritenne opportuno annunciare personalmente la scomunica di solo cinque persone in ventisette anni di pontificato: quella del defunto arcivescovo Marcel Lefebvre e dei quattro vescovi da lui consacrati nel 1988 per la Fraternità San Pio X, il cui scopo era precisamente (che si sia più o meno d’accordo con la loro posizione) di lottare contro “l’ideologia para-conciliare”, segnalata da Mons. Pozzo, secondo il programma del santo Papa di cui la Fraternità porta il nome (Si noti che Giovanni Paolo II non annunciò personalmente la scomunica di Tissa Balasuriya, che comunque fu riabilitato un anno dopo).

Come tutti sanno, all’inizio del 2009 Papa Benedetto XVI ha tolto le scomuniche ai quattro vescovi della Fraternità. Egli ha dichiarato successivamente che “per il fatto stesso di avere riconosciuto il papa… la loro scomunica è stata revocata” [Luce del mondo, p. 43]. Ma essi avevano sempre riconosciuto il primato papale, contrariamente alla moltitudine di cattolici – laici, preti, religiosi, teologi e perfino certi vescovi – che l’hanno negato di fatto dissentendo apertamente sui più basilari insegnamenti del Magistero, e contro i quali il Vaticano non ha fatto niente a quasi per più di un quarto di secolo.

Lo stesso dicasi per lo sfortunato Paolo VI, che nel bel mezzo della crescente ’“auto-demolizione” della Chiesa, da lui stesso denunciata, ha riservato le sue più dure misure disciplinari alla Fraternità e a Mons. Lefebvre, da lui ripreso personalmente e in pubblico prima che ne ordinasse la sospensione a divinis, mentre i ribelli nella teologia e nella liturgia mettevano a sacco la Chiesa nel mondo intero godendo di ogni impunità.

Ben pochi oggi propongono seriamente la beatificazione di Paolo VI, che governò il crollo che presiedeva senza fare il minimo indispensabile per contrastarlo. In effetti, non s’è parlato di beatificazione di Paolo VI prima che Giovanni Paolo II facesse aprire il processo a livello diocesano, nel 1993. Da allora esso non è andato avanti apparentemente per delle gravi obiezioni non diverse da quelle che abbiamo suggerito qui. E allora corre l’obbligo di chiedersi: perché tanta fretta di beatificare Giovanni Paolo II dal momento che egli ha perseverato tenacemente nell’imprudente programma riformatore del suo predecessore, aggiungendovi tutta una serie di innovazioni che lo stesso Paolo VI, questo personaggio altamente tragico, non avrebbe osato azzardare? Almeno Paolo VI ha avuto l’onestà di ammettere di aver visto il fumo di Satana penetrare nella Chiesa e non una «nuova primavera di vita cristiana che dovrà essere rivelata dal Grande Giubileo, se i cristiani saranno docili all'azione dello Spirito Santo» [Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente (1994) § 18].

Per amore della verità dobbiamo francamente trarre l’ovvia conclusione: nella storia della Chiesa, nessun Papa beatificato o canonizzato ha lasciato un’eredità così preoccupate come quella di Giovanni Paolo II, tranne forse Paolo VI.

Un miracolo dubbio



Per finire, non possiamo evitare di notare che il solo miracolo su cui poggia tutta la beatificazione – la pretesa guarigione di una religiosa francese, Suor Marie Simon-Pierre, dichiarata affetta dal morbo di Parkinson – dà da pensare.

Da un lato, la stessa diagnosi del morbo di Parkinson dà luogo a dubbi in assenza del solo test definitivo riconosciuto dalla scienza medica: l’autopsia del cervello. Vi sono altri sintomi derivati da mali suscettibili di remissione spontanea che assomigliano a quelli del morbo di Parkinson. Dall’altro, il legame tra la presunta guarigione della religiosa e la “notte di preghiere a Giovanni Paolo II”, sembra dubbio. Le preghiere fatte escludevano l’invocazione di un altro santo e di tutti i santi riconosciuti?

Consideriamo i due miracoli – fu lo stesso Giovanni Paolo II a ridurre l’esigenza ad uno solo – che Pio XII ha giudicato sufficienti per beatificare Pio X. Il primo riguarda una religiosa con un cancro alle ossa, che guarì istantaneamente dopo l’applicazione sul petto di una reliquia di Pio X. Il secondo riguarda un’altra religiosa il cui cancro sparì non appena toccò una statua-reliquario di Pio X. Nel caso attuale non si riscontra una tale indiscutibile connessione tra la pretesa guarigione ed una qualche presunta reliquia di Giovanni Paolo II.

Qui non è in ballo il magistero infallibile della Chiesa, la valutazione di questo solo miracolo è limitata ad un giudizio di tipo medico suscettibile d’errore. Si pensi ai danni per la credibilità della Chiesa se questa religiosa vedesse un giorno riapparire i suoi sintomi. In effetti, nel marzo dell’anno scorso, uno dei quotidiani polacchi più seri, Rzeczpospolita, ha riferito che vi era stato un certo riapparire dei sintomi e che uno dei due consulti medici aveva espresso dei dubbi sul presunto miracolo. Questo articolo indusse il precedente Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il cardinale José Saraiva Martins, a comunicare alla stampa che «è possibile che uno dei due consulti medici possa avere qualche dubbio. E questo sfortunatamente è trapelato». Il cardinale rivelò inoltre che «i dubbi dovrebbero richiedere un’inchiesta più approfondita. In questi casi la Congregazione chiede ad altri medici di occuparsi del caso e di esprimere il loro parere» [Nicole Winfield, Associated Press, John Paul II ‘Miracle’ Further Scrutinized, 28 marzo 2010].

Un medico mette in dubbio il miracolo e quando i suoi dubbi “trapelano” inaspettatamente altri medici vengono incaricati del caso – e questo meno di un anno fa! Abbiamo mai visto riconosciute da Pio XII, per la beatificazione di Pio X, questa sorta di indubitabili guarigioni miracolose?

Le probabili conseguenze di questa beatificazione

Ancora una volta, la vera questione su questa beatificazione non consiste nel sapere se Giovanni Paolo II fu un buon uomo o un sant’uomo, quanto piuttosto nel capire che cosa significherà la sua beatificazione per le persone che non prestano alcuna attenzione alla distinzione tra beatificazione e canonizzazione. Essa significherà che la Chiesa considera come un santo, e perfino un grande santo tra i pontefici romani, un Papa il cui governo della Chiesa non è suscettibile di reggere il minimo confronto con gli esempi dei suoi santi e beati predecessori.

Prendiamo per esempio il penultimo Papa canonizzato, San Pio V, modello di coraggio nella sua riforma del clero secondo i decreti del Concilio di Trento, nelle sue energiche misure contro la propagazione degli errori nella Chiesa e nella sua difesa dell’insieme della Cristianità contro la minaccia dell’Islam - per il quale Giovanni Paolo II implorava la protezione di San Giovanni Battista! Consideriamo anche l’ultimo Papa elevato agli altari, San Pio X, anch’egli conosciuto per il suo coraggioso governo della Chiesa nella repressione dell’eresia modernista, esattamente quella che è esplosa di nuovo dopo il Concilio Vaticano II ed è stata diffusa nel mondo cattolico durante il pontificato di Giovanni Paolo II, come ha candidamente osservato Mons. Pozzo  appena qualche mese fa (ma senza considerare, sembra, la responsabilità del capo della Chiesa in questa catastrofe).

Questa beatificazione, quindi, non fa correre il rischio di ridurre la beatificazione e perfino la canonizzazione al livello di una testimonianza di stima popolare tributata ad una figura prediletta nella Chiesa? Ad una sorta di Oscar ecclesiastico? Facciamo notare che tra le sue numerose innovazioni, Giovanni Paolo II ha “semplificato” il processo di beatificazione e di canonizzazione, cosa che gli ha permesso di arrivare alle incredibili cifre di 1338 beatificazioni e 482 canonizzazioni - più di tutti i suoi predecessori messi insieme.
È prudente che il Papa che ha messo su questa “fabbrica di santi” (largamente sminuita dalla stampa), venga giudicato sulla base di queste norme da lui ammorbidite?

Noi dobbiamo anche esprimere la nostra preoccupazione per il prevedibile sfruttamento di questa beatificazione da parte di coloro che muovono abilmente l’opinione pubblica. Facciamo notare che costoro osservano un silenzio sospetto quando ci si aspetterebbe una dura opposizione se questa beatificazione rappresentasse veramente un attacco allo spirito liberale oggi dominante – come è accaduto per la beatificazione di Pio XII, il cui annuncio venne accolto da una martellante campagna mediatica volta a bloccarla ad ogni costo. Si ha l’impressione che l’opinione pubblica mondiale valuti la beatificazione di Giovanni Paolo II con compiacimento nella misura in cui essa serve a convalidare le “riforme del Vaticano II”, che il mondo ha salutato come un adeguamento atteso da tempo di una Chiesa retrograda con la “libertà” e con i “diritti umani” del “mondo moderno”.

Tuttavia, siamo sicuri che, se la beatificazione avrà luogo come previsto, questi potenti settori della pubblicistica di massa non perderanno un istante per brandire come un esempio dell’“ipocrisia” della Chiesa l’inezia e il nepotismo manifestato con l’onore reso ad un Papa che ha presieduto allo scandalo della pedofilia ed si è rifiutato di punire il sinistro fondatore dei Legionari di Cristo. Su quest’ultimo punto esiste già una esposizione sotto forma di libri e di film, Vows of Silence: The Abuse of Power in the Papacy of John Paul II (I voti di silenzio: L’Abuso di Potere nel pontificato di Giovanni Paolo II), in cui si racconta come Maciel fu protetto dai principali consiglieri del Papa, tra cui il cardinale Sodano, Segretario di Stato, il cardinale Martinez, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e il cardinale Dziwisz, oggi arcivescovo di Cracovia, Segretario di Giovanni Paolo II e suo più prossimo confidente.

Conclusione

In mezzo a quello che giustamente Suor Lucia di Fatima ha chiamato il “disorientamento diabolico” nella Chiesa, noi siamo ben coscienti che questa beatificazione non rientra interamente dal carisma dell’infallibilità. Essa non stabilisce un culto obbligatorio, ma autorizza la venerazione del beato solo se lo si desidera. In questo caso, dunque, siamo di fronte alla reale possibilità di un grave errore di giudizio prudenziale provocato dalle circostanze contingenti, compresa la popolarità e l’affetto, che invece non dovrebbero influenzare il procedimento essenziale di un’approfondita istruttoria e di una prudente deliberazione - specialmente nel caso di questa beatificazione, con tutte le implicazioni che essa comporta per la Chiesa universale.

Ancora una volta ci chiediamo: perché questa fretta? Si teme forse che se non si procedesse immediatamente a questa beatificazione un giudizio più ponderato della storia potrebbe impedirla, come fu certo il caso di Paolo VI? Se sì, perché non conformarsi per questo giudizio alla visione ad ampio respiro che la Chiesa adotta generalmente in materia di beatificazione e di canonizzazione? Se perfino un gigante come San Pio V venne canonizzato solo 140 anni dopo la sua morte, non si può aspettare ancora almeno alcuni anni per poter valutare l’eredità di questo pontificato, la quale che dovrebbe figurare al primo posto nella decisione di beatificare Giovanni Paolo II? La Chiesa non può attendere almeno i 37 anni trascorsi tra la morte di Pio X e la sua beatificazione decretata da Pio XII nel 1951 (seguita dalla sua canonizzazione nel 1954)? In effetti, è prudente beatificare adesso – senza una valutazione supplementare e sulla base di un solo miracolo la cui autenticità è messa in dubbio – un Papa la cui eredità è dichiaratamente segnata dalla diffusione galoppante dello stesso male a cui San Pio X si oppose eroicamente e vinse?

Per tutte queste ragioni noi crediamo che sia giusto ed appropriato implorare il Santo Padre di differire la beatificazione di Giovanni Paolo II ad un tempo in cui si potranno valutare i motivi di quest’atto solenne in modo oggettivo e senza passione, alla luce della storia. Un ritardo prudente può servire solo al bene della Chiesa che diversamente verrebbe messo in pericolo da un processo precipitoso non esente da errore e non coperto dal carisma del Magistero infallibile della Chiesa.

Maria, Regina della Sapienza, Virgo prudentissima, prega per noi!

Per sottoscrivere questo documento

editor@remnantnewspaper.com,
indicando nell'oggetto “Beatification of John Paul II”

martedì 26 aprile 2011

Ora si ha la certezza che neanche questo Pontefice ubbidirà alla Madonna, quindi a Dio in persona...


SECONDA PARTE DEL MESSAGGIO DI FATIMA....
"Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire; ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un'altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace.
In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede, ecc.
[aggiunta di suor Lucia contenuta nella quarta memoria]".
La Vergine conclude con l’avvertimento di "non dire questo a nessuno, tranne che a Francesco".

HA DETTO MARIA SANTISSIMA: "Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace". Leggiamo cosa ha detto recentemente il Santo Padre sulla consacrazione al Cuore Immacolato di maria che lui chiama semplicemente "affidamento":


Dall'intervista al Santo Padre
in occasione del Venerdì Santo 2011

D. Santo Padre, l’ultima domanda è su Maria. Sotto la croce, assistiamo ad un dialogo toccante tra Gesù, sua madre e Giovanni, nel quale Gesù dice a Maria: “Ecco tuo Figlio”, e a Giovanni: “Ecco tua madre”. Nel suo ultimo libro, “Gesù di Nazaret”, Lei lo definisce “un’ultima disposizione di Gesù”. Come dobbiamo intendere queste parole? Che significato avevano in quel momento e che significato hanno oggi? E in tema di affidamento, ha in cuore di rinnovare una consacrazione alla Vergine all’inizio di questo nuovo millennio?

R. "Queste parole di Gesù sono soprattutto un atto molto umano. Vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di uomo, un atto di amore per la madre e affida la madre al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile. Affida la mamma a questo giovane e al giovane dà la mamma, quindi Gesù realmente agisce da uomo con un sentimento profondamente umano. Questo mi sembra molto bello, molto importante, che prima di ogni teologia vediamo in questo la vera umanità, il vero umanesimo di Gesù. Ma naturalmente questo attua diverse dimensioni, non riguarda solo questo momento, ma concerne tutta la storia. In Giovanni Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri, alla madre e la madre a noi. E questo si è realizzato nel corso della storia: sempre più l’umanità e i cristiani hanno capito che la madre di Gesù è la loro madre. E sempre più si sono affidati alla Madre: pensiamo ai grandi santuari, pensiamo a questa devozione per Maria dove sempre più la gente sente “Questa è la Madre”. E anche alcuni che quasi hanno difficoltà di accesso a Gesù nella sua grandezza di Figlio di Dio, si affidano senza difficoltà alla Madre. Qualcuno dice: “Ma questo non ha fondamento biblico!”. Qui risponderei con San Gregorio Magno: “Con il leggere - egli dice - crescono le parole della Scrittura”. Cioè, si sviluppano nella realtà, crescono, e sempre più nella storia si sviluppa questa Parola. Vediamo come tutti possiamo essere grati perché la Madre c’è realmente, a noi tutti è data una madre. E possiamo con grande fiducia andare da questa Madre, che anche per ognuno dei cristiani è sua Madre. E d’altra parte vale anche che la Madre esprime pure la Chiesa. Non possiamo essere cristiani da soli, con un cristianesimo costruito secondo la mia idea. La Madre è immagine della Chiesa, della Madre Chiesa, e affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria. E così arrivo al punto dell’affidamento: i Papi – sia Pio XII, sia Paolo VI, sia Giovanni Paolo II – hanno fatto un grande atto di affidamento alla Madonna, (e non la Cosacrazione della RUSSIA al suo Cuore Immacolato, chiesta da Maria) e mi sembra, come gesto davanti all’umanità, davanti a Maria stessa, era un gesto molto importante. Io penso che adesso sia importante di interiorizzare questo atto, di lasciarci penetrare, di realizzarlo in noi stessi. In questo senso, sono andato in alcuni grandi santuari mariani nel mondo: Lourdes, Fatima, Czestochowa, Altötting…, sempre con questo senso di concretizzare, di interiorizzare questo atto di affidamento, perché diventi realmente il nostro atto. Penso che l’atto grande, pubblico, sia stato fatto.

Forse un giorno sarà necessario ripeterlo, ma al momento mi sembra più importante viverlo, realizzarlo, entrare in questo affidamento, perché sia realmente nostro.

Per esempio, a Fatima ho visto come le migliaia di persone presenti sono realmente entrate in questo affidamento, si sono affidate, hanno concretizzato in se stesse, per se stesse, questo affidamento. Così esso diventa realtà nella Chiesa vivente e così cresce anche la Chiesa. L’affidamento comune a Maria, il lasciarsi tutti penetrare da questa presenza e formare, entrare in comunione con Maria, ci rende Chiesa, ci rende, insieme con Maria, realmente questa sposa di Cristo. Quindi, al momento non avrei l’intenzione di un nuovo pubblico affidamento, ma tanto più vorrei invitare ad entrare in questo affidamento già fatto, perché sia realtà vissuta da noi ogni giorno e cresca così una Chiesa realmente mariana, che è Madre e Sposa e Figlia di Gesù". 
Leggendo queste affermazioni si ha la certezza che anche questo Pontefice, come i suoi predeccessori, non intenda fara cio' che la Madonna ha chieso a Fatima...

Un avvertimento apocalittico, L’Unica Chiave per ottenere la Pace nel Mondo e' ubbidire a Maria Santissima e non fare le cosidette giornate delle preghire false fatte a falsi dei pagani indette ad Assisi...


Quindi diventa necessario e urgente che il Santo Padre compia la Consacrazione richiesta da Maria a Fatima, lo stesso Gesu' ebbe a dire a Lucia: 
"Non hanno voluto ascoltare la Mia domanda! Come il Re di Francia se ne pentiranno e lo faranno, ma sarà tardi. La Russia avrà già diffusi nel mondo i suoi errori, provocando guerre e persecuzioni contro la Chiesa: il Santo Padre dovrà soffrire molto".
Confermando che non adempiere a questa richiesta portera', come ha gia' portato, nefaste conseguenze al mondo e alla Chiesa...


A Rianjo in Spagna, nell'agosto del 1931, Nostro Signore rese nota a Suor Lucia la sua insoddisfazione verso il Papa ed i vescovi Cattolici, perché essi non avevano obbedito al Suo ordine di consacrare la Russia. Egli disse:

Fate sapere ai Miei ministri, dato che essi seguono l'esempio del Re di Francia nel ritardare l'esecuzione delle Mie richieste, che essi lo seguiranno nella sciagura. Non sarà mai troppo tardi per ricorrere a Gesù e Maria.

In un altro testo, Lucia scrisse che Nostro Signore si era lamentato con lei:

Non hanno voluto ascoltare la Mia domanda! Come il Re di Francia se ne pentiranno e lo faranno, ma sarà tardi. La Russia avrà già diffusi nel mondo i suoi errori, provocando guerre e persecuzioni contro la Chiesa: il Santo Padre dovrà soffrire molto.

Il riferimento fatto da Gesù alla disobbedienza ed al castigo del Re di Francia è la seguente:

Il 17 giugno 1689, il Sacro Cuore di Gesù si era manifestato a Santa Margherita Maria Alacoque, e le aveva comunicato il Suo ordine verso il Re di Francia, ovvero che il Re consacrasse la Francia al Sacro Cuore. Per esattamente 100 anni i Re di Francia non obbedirono, ritardando la consacrazione.

Quindi il 17 giugno 1789 il Re di Francia fu spogliato della sua autorità legislativa dall'emergente Terzo Stato, e quattro anni dopo i soldati della Rivoluzione Francese uccisero il Re di Francia come fosse un criminale.

Nel 1793 la Francia inviò il suo Re, Luigi XVI, alla ghigliottina. Egli, come i suoi predecessori, non aveva obbedito alla richiesta di Nostro Signore affinché la Francia fosse consacrata al Sacro Cuore di Gesù, e per questo la sciagura era caduta sul Re ed il suo paese.

A noi poveri fedeli non rimane altro da fare che aderire alla richiesa che recentemente ha fatto Mons. Fellay:

Il Superiore generale della Fraternità San Pio X invita ad una nuova "crociata del Rosario", "crociata di preghiera e di penitenza"
Un bouquet spirituale
di 12 milioni di corone del Rosario


Nella Lettera agli amici e benefattori n°78 Mons. Fellay ci invita a pregare di nuovo dalla Pasqua 2011 alla Pentecoste 2012.

"Contiamo sulla vostra generosità per riunire nuovamente un mazzo di almeno dodici milioni di rosari:
- perché la Chiesa sia liberata dai mali che la opprimono o che la minacciano in un prossimo futuro;
- perché la Russia venga consacrata e giunga presto il Trionfo dell'Immacolata".
Precisa le sue intenzioni con queste parole:
"- affinché questa prova terribile sia abbreviata;
 - la cappa modernista che circonda la Chiesa – almeno dal Vaticano II – venga strappata;
 - le Autorità svolgano il loro ruolo salvifico presso le anime;
 - la Chiesa ritrovi il suo splendore e la sua bellezza spirituale;
 - le anime del mondo intero possano udire la Buona Novella che converte, ricevere i Sacramenti che salvano ritrovando l'unico ovile".

Scaricate il foglio per segnare le vostre corone recitate: da Pasqua al 31 agosto 2011

Da agosto sarà diffuso un nuovo foglio utilizzabile fino al 31 dicembre 2011

Mandate i vostri risultati direttamente per mail: info@sanpiox.it

lunedì 25 aprile 2011

Lo stavolgimento diabolico Neocatecumenale dentro le parrocchie, dove la Gerarchia modernista li ha inviati a compiere la cosidetta "Nuova Evangelizzazione"...

L'infernale chiesa di Satana

[Dagli scritti della Beata Maria Deluil-Martiny, l'eroica Fondatrice delle Figlie del Cuore di Gesù]

Di fronte alla Chiesa di Cristo si erge quasi svelata, resa ardita dalle sventure dei tempi, l'infernale chiesa di Satana, che per lungo tempo ha ordito le sue congiure nell'ombra e ha coperto col segreto più profondo i suoi abominevoli errori, i suoi ignobili misteri e i suoi odiosi disegni. Essa cerca pazzamente di annientare i diritti di Dio in questo mondo, di rovesciare la Chiesa e ogni base dell'ordine sociale cristiano; di esaltare la pretesa perfezione naturale dell'uomo e la sua indipendenza da Dio, la distruzione di ogni autorità, il dominio della materia, del disordine, dell'empietà; infine la negazione stessa di Dio: né Dio, né padrone! Ecco, care Sorelle, il riassunto delle dottrine di questa scuola infernale.

E se volete conoscere la causa di questi fatti dolorosi e strani, la santa Chiesa stessa vi risponde con la voce di Pio IX: "Colui che avrà ben compreso il carattere, le tendenze, lo scopo delle sette segrete, massoniche o altre, la natura e lo svolgimento della lotta universale dichiarata alla Chiesa, non potrà mettere in dubbio che la presente calamità va attribuita principalmente, come propria causa, alle astuzie e alle macchinazioni delle medesime, di cui la sinagoga di Satana è composta».

Causa agente di questo male immenso sono dunque specialmente le Società Segrete, la cui diffusione è diventata prodigiosa, e che, in un modo o nell'altro, sembrano far capo alla massoneria; e a questo male si dà, sia pure con interpretazioni diverse, il nome di Rivoluzione sociale e religiosa.

E notate bene, care Sorelle, che qui non si tratta di politica; la politica è una maschera per le sette; esse accettano qualsiasi forma di governo, purché possano guidarlo, corromperlo e raggiungere per suo mezzo il loro scopo infernale. Stolta ed empia utopia! Hanno persino creduto, dicono, dimenticando l'intervento divino e le promesse fatte da Gesù Cristo alla sua Chiesa, di poter un giorno metter le mani sul Papato e collocare uno dei loro sulla cattedra di Pietro per rendere la rivoluzione padrona del mondo, e sostituire il regno di Gesù Cristo con quello di Satana.

Questi infami disegni sono costantemente sventati dall'assistenza soprannaturale che Dio dà alla sua Chiesa. Governare le anime per il trionfo del male, tale è lo scopo delle sette segrete. La Chiesa sola ha il diritto e il potere di governarle per condurle a Dio, la setta invece si sforza di compiere il disegno di Satana e dell'uomo insieme uniti nella ribellione a Dio.

Il disegno infernale, che è l'attuazione della dottrina della massoneria, sostituisce i pretesi diritti dell'uomo ai diritti e alla legge di Dio, e, sconvolgendo ogni principio di ordine, pone l'uomo fine a se stesso. E' l'empia e satanica apoteosi dell'umanità, ossia l'uomo sacrilegamente messo al posto di Dio. Persino l'idea religiosa deve scomparire; tutto diventa umano, cioè indipendente dalla legge divina e da ogni fine soprannaturale, l'organizzazione, il potere, i mezzi e lo scopo.

La ragione ribelle e una falsa scienza soppiantano la fede e la verità; l'idea, impropriamente chiamata laica, e che si dovrebbe invece chiamare satanica, è sostituita all'idea religiosa.

La setta segreta assale, insegue e vuol distruggere insieme la religione, la morale, la famiglia, la proprietà, l'educazione cristiana, ogni onesto governo, la vera libertà ed infine il Papato, che essa considera come il centro e la garanzia di tutte queste grandi cose che costituiscono la società, e che le fanno da base. La setta mira a tutto distruggere per arrivare a ciò che essa chiama lo stato di natura, che è in realtà l'anarchia, la forza selvaggia, la barbarie; non più culto a Dio, ma l'autoadorazione dell'uomo; non più doveri, ma egoismo sfrenato e la soddisfazione degli istinti più mostruosi, con qualsiasi mezzo.


Dopo aver letto queste parole della Beata Maria Deluil-Martiny ecco un esempio di come si possa stravolgere la fede delle persone ad opera della setta eretica Neocatecumenale : abbiamo ricevuto giorni fa, via mail, il seguente video, che pubblichiamo oggi. In questo video si puo' notare, tra le altre cose, come vengano profanati i Vasi Sacri (utilizzati per scopi estranei alla Santa Messa) e il comportamento anticattolico da parte del Sacerdote:

Prima immagine del Sacerdote vestito da rabbino ebraico...

Seconda immagine del Sacerdote che utilizza i calici della Messa per la cena ebraica.

Video della celebrazione della Pasqua Ebraica con i comunicandi della Parrocchia San Paolo Apostolo in Crotone, secondo la modalita' diabolica della setta Neocatecumenale...
Verranno gli ingannatori che, secondo i loro desideri, cammineranno nella via dell’empietà” (Gd. 18)

In questo Video viene confermata la dottrina eretica neocatecumenale sulla Pasqua ebraica, inserita tra le celebrazioni della Settimana Santa, della Pasqua cristiana, come ad esempio succede anche a Campobasso:

CAMPO DIOCESANO PER CATECHISTI
Castelpetroso, 31 luglio - 1/2 agosto 2009
Tutto cio' e' stato organizzato nella Diocesi di Campobasso-Boiano,  dall'Ufficio Catechistico Diocesano (diretto da don Michele Socci) e svoltosi a Castelpetroso fra il 31 luglio e il 2 agosto 2009:
  • Il rinnovamento della catechesi - Documento Pastorale della CEI (2006).Servizio nazionale per il Catecumenato, Guida per l’itinerario catecumenale dei ragazzi (2001-risi 2005, ELLEDICI).
  • Parrocchia di Mattarello, Cammino catecumenale per fanciulli e ragazzi (5 volumi).
    II vol. 1 del Cammino di Mattarello è già disponibile, in fotocopie, presso la Curia Arcivescovile. Le parrocchie interessate potranno farne richiesta direttamente alla Segreteria (0874/60149 - 60694), contribuendo con un compenso di 5 euro per le spese di realizzazione. Gli altri volumi saranno presto disponibili in una nuova edizione della ELLEDICI, presso la Libreria delle Edizioni Paoline, in via Mazzini a Campobasso, dove sono reperibili immediatamente gli altri due testi segnalati.
  1. I gruppi di bambini (preferibilmente di 10 elementi ([ricorda il cosiddetto minian: numero minimo di persone per costituire una sinagoga -nfR], massimo 12) dovranno attendere, laddove necessario, la maturazione di tutti i componenti. Se qualche bambino "arranca" nel raggiungimento di alcuni obiettivi, il gruppo si ferma e non riparte finché anche uno solo dei piccoli non abbia conseguito il livello di consapevolezza degli altri. È il gruppo, è la comunità che cammina, aiutandosi a vicenda, non il singolo;Gli anni di cammino sono complessivamente 8 (escludendo tutto il percorso prebattesimale, battesimale e postbattesimale condotto con le famiglie):
primi 5 anni (età 6-10), scanditi in ACCOGLIENZA (1° anno), PRECATECUMENATO (2° anno), CATECUMENATO (3° - 4° - 5° anno) e al termine dei quali si ricevono Confermazione ed Eucarestia>
    • ultimi 3 anni (età 11-14) corrispondenti alla MISTAGOGIA.
Le fasce di età indicate in parentesi sono "raccomandate" ma orientative, non vincolanti: i fanciulli possono iniziare il percorso anche a 7 anni o più in là, laddove non sia stato possibile iniziarlo durante la frequenza della classe 1a elementare.
  1. Le tappe del cammino non seguono più strettamente la liturgia (come invece accade nei catechismi tradizionali), tranne che a Natale, Pasqua e in occasione di qualche altra festività particolarmente importante; sono invece scandite in modo completamente nuovo, secondo criteri che conducono gradualmente alla scoperta dei fondamenti della fede cristiana (dalla figura di Gesù, ai Profeti, ai testimoni della fede, alla storia della salvezza, ecc.);l'incontro è settimanale ed è strutturato sempre allo stesso modo (ascolto della Parola - rielaborazione del messaggio - attività legata al tema - "celebrazione", cioè semplice preghiera - "consegna" per casa da condividere con la famiglia), ma ognuno è diverso dall'altro perché prevede attività manuali, giochi, canti mai ripetitivi.periodici sono gli incontri-verifica con i genitori (che hanno sempre carattere di festa), nei quali i bambini esprimono quanto appreso e i genitori sono chiamati a testimoniare quanto è "passato" in famiglia (attraverso il rispetto delle "consegne") del percorso seguito dai figli.La novità forse più grande: le catechiste tradizionali (la cui esperienza precedente viene utilizzata proficuamente, anche se in ruoli nuovi) non operano più direttamente coi bambini, ma si dedicano alla formazione delle nuove catechiste che sono le mamme stesse dei bambini. La scelta della parrocchia di Bovarino di coinvolgere direttamente le mamme è nata, hanno spiegato Rosella e Concetta, perché è stato difficile far passare questo nuovo modello catechistico fra le catechiste che da anni operavano in parrocchia in modo tradizionale. Pur lasciando, dunque, aperta alle famiglie la possibilità di seguire il percorso abituale, gradualmente tutti hanno scelto questa novità e le mamme coinvolte sono state formate adeguatamente e hanno dato un'insperata disponibilità a mettersi al servizio della parrocchia. Il lunedì, nella parrocchia di Bovarino, è il giorno dedicate alla formazione: le mamme si riuniscono con le catechiste, con il parroco e un biblista, e preparano l'incontro settimanale.
    II numero delle mamme coinvolte è naturalmente variabile poiché dipende dal numero dei bambini: ad ogni mamma è affidato dunque un gruppo di una decina di fanciulli.Due fra le catechiste, inoltre, diventano parte di un Gruppo Progetto parrocchiale (composto dal parroco, due catechiste, un biblista, un rappresentante della Carità, uno della Liturgia e una coppia di genitori) che si occupa della progettazione annuale del percorso catechistico, studia a fondo i materiali e prepara la formazione.
  2. I sussidi tradizionali della CEI (Io sono con voi, Venite con me, Sarete miei testimoni), come forse ci si può aspettare a questo punto e come si accennava prima, sono del tutto aboliti. I bambini non devono maneggiare più alcun libro né essere invitati ad imparare a memoria preghiere, precetti o quant’altro: tutto ciò che può rimandare ad un’atmosfera scolastica viene messo da parte per far posto ad un clima di distensione e di assimilazione libera e consapevole, ludica, dei principi della fede. Anche gli spazi sono studiati e organizzati in modo innovativo: l’assenza di banchi e la preferenza per la disposizione in cerchio, la costruzione di arredi simbolici che rimandino ad ambienti, ad esempio, ebraici (come la sinagoga), intende far immergere innanzitutto i piccoli in un ambiente coinvolgente e favorire l'immedesimazione, ma anche liberarli da qualunque sensazione di una "scuola dell'obbligo pomeridiana".
Per confermare questo piano diabolico di stravolgimento delle Parrocchie riproponiamo qui sotto la dottrina eretica, pubblica, di Kiko Arguello:

 
Kiko Arguello fondatore eretico della setta Neocatecumenale... 

“Noi l'abbiamo finora sempre fatta da seduti, e non per disprezzo – ha affermato - ma perché per noi è sempre stato molto importante comunicarsi anche con il Sangue. Nelle comunità portiamo avanti infatti una catechesi basata sulla Pasqua ebrea , con il pane azzimo a significare la schiavitù e l'uscita dall'Egitto e la coppa del vino a significare la Terra promessa”. E qui, aprendo una lunga parentesi, l'iniziatore ha riassunto la sua catechesi sull'ultima cena, sul pane e sul vino: “Quando nelle cena della Pasqua ebraica si scopre il pane si parla di schiavitù, quando si parla della Terra promessa scoprono il calice, la quarta coppa. In mezzo a questi due momenti c'è una cena, quella nel corso della quale Gesù disse “Questo è il mio Corpo” (a significare la rottura della schiavitù dell'uomo all'egoismo e al demonio) e “Questo è il mio Sangue” (a significare la realizzazione di un nuovo esodo per tutta l'umanità). Più tardi – ha continuato Kiko – i cristiani toglieranno la cena e metteranno insieme il pane e il vino [ma che diamine sta dicendo?] . Ora, nel Cammino abbiamo molta gente lontana dalla Chiesa, non catechizzata, e nei segni del pane azzimo (la frazione del pane) e del vino noi diamo visibilità a quei significati”. “Abbiamo scelto di fare la comunione seduti – ha affermato Kiko avvicinandosi al cuore della questione - soprattutto per evitare che si versasse per terra il Sangue di Cristo. La nostra paura era che se si versasse il Vino per terra: se fosse successo per tre volte, saremmo stati denunciati e ce la avrebbero vietata”. Invece, con il fedele seduto, questi ha il tempo – ha spiegato Kiko - di “accogliere il Calice con tutta calma e senza movimenti bruschi, di portarlo alla bocca, di comunicarsi con tranquillità e in modo solenne”. “Seduti come seduto era anche Gesù”, ha specificato Carmen alla sua destra. Dal canto suo padre Mario Pezzi rilevava che la decisione originaria di comunicarsi seduti era stata presa di comune accordo con la Congregazione per il Culto Divino e con il cardinal Mayer, prefetto fra il 1984 e il 1988.
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Arguello ha insomma messo in evidenza soprattutto il fatto che il papa avesse dato il suo via libera a quella sorta di compromesso che prevede da un lato la Comunione in piedi, come richiesta dalla Congregazione del Culto Divino, e che dall'altro però esenta il Cammino dalla processione [ma se l'ha chiesta il Papa stesso!], che la lettera di Arinze invece imponeva. “Ora è il papa a dover combattere con Arinze”, esclamava Kiko in conclusione, senza specificare nulla – ancora una volta – riguardo a presunte differenze fra “pane” e “vino”. 

E qui sotto si possono ascoltare le eresie di Kiko sull'Eucarestia dentro il Cenacolo di Gerusalemme nel 2004 che confermano le sue stesse parole dette nella conferenza stampa nel giorno della consegna dello statuto definitivo da parte della Gerarchia modernista della Chiesa odierna: