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venerdì 26 agosto 2016

"Vegliate dunque, o uomini, vegliate! Perché non conoscete né il giorno né l’ora. Il giorno del Signore viene, come un ladro nella notte".


L’ora del Terremoto: come un ladro nella notte 



di Isacco Tacconi

Andare a coricarsi la sera, quando le luci si spengono una ad una come piccole candele nella notte cheta, e i bambini già dormono nei loro letti nella spensierata serenità di chi è certo del domani che verrà. E poi, nel cuore della notte, quando da poco è scoccata l’ora del Principe delle tenebre che per rovesciare l’ora della Crocifissione e Morte del Figlio di Dio, imita grottescamente l’opera della nostra Redenzione trasformandola nel tempo oscuro in cui si rivela il figlio dell’iniquità, lo avvertiamo, forte, improvviso, orribile e inarrestabile lo scuotimento degli abissi.
Le fondamenta della terra si squassano, i monti fondono come cera al semplice suono del vento divino che ha aperto in due il «lito rubro». In un attimo, quel sonno dell’umana superbia che ubriaca la coscienza si dissolve precipitandoci nel più tetro degli incubi: la terra si apre sotto i nostri piedi per inghiottirci. In fretta ci si alza, impotenti: cosa fare? Dove fuggire? Come evitare il colpo vibrante della falce che cala inesorabile sulle nostre flebili vite, le quali sembravano essere un granché e, invece, come erba secca alla sera è falciata e dissecca? Il terrore si impadronisce di ogni fibra del nostro corpo votato alla morte, ogni nostro sentire è un fremito interno che l’anima non può dominare, e ci accorgiamo che la nostra vita è veramente un soffio. “Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata, e quanto hai preparato di chi sarà?”. O uomo, non stupirti della tua miseria, ma riconosci il tuo vuoto nulla, poiché siamo ombre vaporose che appaiono e dispaiono: “homo natus de muliere, brevi vivens tempore, replétur multis misériis. Qui quasi flor egréditur et contéritur, et fugit velut humbra”.

La terra trema, la nostra casa diventa la nostra stessa prigione, non possiamo uscire, la vita che poc’anzi ci sembrava essere senza fine ora è appesa al filo impietoso delle laboriose moire; ci è sottratto il tempo e il luogo dove finire i nostri giorni. La morte non attende, quando è giunta l’ora essa non tarda e obbedisce alla divina giustizia che miete dove non ha seminato. Soltanto il nome di Colei che ferma il braccio infuocato dell’angelo castigatore è la nostra speranza. E d’un tratto una famiglia colta dallo spavento, si dispone ad affrontare l’infallibile giudicamento. Le ginocchia si piegano, i cuori si sciolgono, le dita scorrono sui grani mentre ancora le pareti ondeggiano e l’uomo è ricondotto a guardare il cielo, giacché la terra frana e non c’è dove potersi appigliare. Il firmamento, tale è, perché unica fermezza e stabilità che sovrasta il movimento della terra, sospesa nel vuoto spazio del cielo universo, mentre volge verso l’ultimo scioglimento in favilla, come attestarono il santo profeta Davide con la Cumana Sibilla.
“Ma Dio è buono e misericordioso”, qualcuno dirà, e non può volere la morte degli innocenti. Eppure la bontà e la misericordia risplendono nella giustizia, perché al di fuori della giustizia vige l’ingiustizia, come al di fuori del bene sussiste solo il male, e lontano dalla luce le tenebre. Possiamo noi sapere agli occhi di Dio chi è senza peccato, chi senza colpa? “Si iniquitàtes observàveris Domine, Domine, quis sustinébit?”. Nulla sfugge a Colui che tutto ha creato e tutto conserva nell’essere, che se solo distogliesse lo sguardo dal mondo esso collasserebbe come un buco nero per ritornare nel baratro del nulla da cui è uscito. Se Dio permette il male morale è per non togliere a noi la dignità di creature dotate di libero arbitrio. Ma quando Dio permette il male che proviene dalla morte e dalla distruzione è perché vuole ricondurre a sé i suoi figli smarriti e, nella verità della sua vacuità, fargli levare lo sguardo verso quae aeterna sunt. Come un padre che per ricondurre il proprio figlio sulla via del bene deve colpirlo duramente affinché si ravveda, perché, attraverso il castigo possa aver salva l’anima come sta scritto: «Lo stolto non si corregge con le parole» e ancora: «Percuoti tuo figlio con la verga e libererai la sua anima dalla morte».

venerdì 19 agosto 2016

Gli eretici modernisti non hanno in se il potere di "Giuristizione" ma solo il potere dell'Ordine, sempre che siano Consacrati col vero rito Cattolico, in definitiva i cosidetti Pontefici Conciliari sono Canonicamente Nulli...







Arai Daniele

Per l’attuale orribile situazione della Chiesa e del mondo Dio offre una soluzione attraverso Maria. Ma spetta agli uomini prima capirla e poi accoglierla. Essa dipende della presenza di un vero Papa, inviato dal Signore. Infatti, nei momenti più cruciali per la vita della Cristianità sulla terra, i Papi hanno giudicato essere giunto il tempo stabilito dalla Provvidenza per proclamare solennemente la posizione privilegiata della Vergine Maria nell’economia della salvezza.
Il Vescovo Antonio de Castro Mayer ricordava l’importanza dei dogmi mariani per affrontare anche le più gravi questioni civili ricorrendo alla mediazione umana più potente presso Dio, quello della Vergine Madre. Perciò riteneva urgente il dogma ancora da proclamare della Mediazione universale di Maria per un’immensa conversione nei nostri tempi. E ecco cosa il maligno sussurra per impedirla in questi tempi: ipotesi teologali!
In realtà, il mondo ha beneficiato negli ultimi duecento anni di apparizioni della Madonna, legate a questa luminosa e fattiva mediazione. Per molti cattolici sembra però che, di fronte ai guai più inenarrabili creati dalle deviazioni del Vaticano 2, la situazione rovinosa della Chiesa renda ormai scaduto il tempo per ricorrere alla luce di certezze dogmatiche ancora da definire.

 GLI ULTIMI DUE USURPATORI ERETICI MODERNISTI TRAVESTITI DA PONTEFICI...
 
Eppure, se la Chiesa non ha definito la natura teologica degli interventi offerti dalle apparizioni mariane dei secoli moderni è perché assillata proprio dalla scristianizzazioni i cui effetti esse servivano a ammortizzare con miracoli e nuovi devozioni. Si pensi alla Medaglia miracolosa portata a Rue du Bac a Parigi alla vigilia del governo massonico di Luigi Filippo d’Orleans nel 1830 e la miracolosa conversione del Ratisbonne nel 1842 a Roma. Il fatto è che negli ultimi due secoli gli errori rivoluzionari si sono moltiplicati minando la fede della Chiesa, mentre le sue difese sono state abbattute, specialmente attraverso la rivolu­zione conciliare romana, sotto dei «papi», piuttosto procaci anticristici.
Se l’obiettivo era togliere di mezzo il Papa, abbattendolo nell’animo, e infine nella persona; uccidere il Papato per estinguerne la missione di conversione, essa si dimostra compiuta. Questo piano è stato portato avanti dalla Rivoluzione francese in poi, in un crescendo. Perciò anche gli ausili straordinari dati attraverso la Madonna per impedirlo anticiparono le fasi del piano in un crescendo: a Rue du Bac, a la Salette, a Lourdes e finalmente a Fatima.

domenica 14 agosto 2016

S.E. Mons. Castro Mayer :“La Chiesa che aderisce formalmente e totalmente al Vaticano II con le sue eresie non è, né potrebbe essere, la Chiesa di Gesù Cristo".


 TORMENTATO CORSO DELL’IPOTESI TABÙ SUL PAPA ERETICO

L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele

Con piacere segnalo la pubblicazione del libro «IPOTESI TEOLOGICA DI UN PAPA ERETICO» (Edizioni Solfanelli, 2016) dello studioso brasiliano Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, traduzione italiana della Iª parte del contenuto del lavoro accordato e seguito da Sua Ecc. Mons. Antonio de Castro Mayer (in foto).
Tale studio occupa una posizione di rilievo nella storia della Chiesa della nostra epoca per l’importanza del tema trattato in tempo opportuno (1970), pur da posizione isolata e controcorrente, ma, principalmente, per la parte essenziale che ha avuto in esso il preclaro Vescovo di Campos d’illustre memoria, Antonio de Castro Mayer.
A causa dell’amicizia filiale che mi lega all’illustre prelato, così come all’amicizia con l’Autore, sono stato in grado di aggiungere informazioni importanti sulla questione. Esse furono in parte pubblicate a suo tempo dal quindicinale  “sì sì no no”, del 30 giugno 1983.
Infatti, tale lavoro è stato scritto secondo lo stesso Mons. Castro Mayer: “a quattro mani”. Arnaldo si era recato alla Sede episcopale di Campos, dove ha redatto il lavoro seguito dal Presule che poi ha voluto mettere per scritto che la sua proprietà è del dott. Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, membro della TFP.

Qui seguirà quanto ho pubblicato allora sul sì sì no no, che non solo riguarda il corso del lavoro – inviato già nel 1970 a tutti i vescovi brasiliani – ma nel 1974, insieme a due altri lavori, a Paolo 6, che non ha mai risposto alle gravi questioni di Fede lì esposte.
Nel gennaio 1974 Sua Ecc.za Mons. Antonio De Castro Mayer, allora Vescovo di Campos (Brasile), inviava a Paolo VI, la lettera, che di seguito rendiamo nota.
Vi erano allegati tre studi dei quali il quindicinale pubblicò il secondo, sulla libertà religiosa.
«E’ una documentazione di tangibile attualità e di estremo interesse, ai fini della comprensione di un pontificato, le cui scelte disastrose gravano tuttora sulla Chiesa nelle loro amarissime conseguenze. Basta leggere poche righe per capire che gli scritti di Mons. De Castro Mayer non hanno niente in comune con gli appelli emotivi o le proteste avventate: è un successore degli Apostoli che cosciente della propria responsabilità si rivolge al successore di Pietro per esporgli gravissime obiezioni fondate su argomenti inoppugnabili. Si avverte che la devozione verso il Santo Padre quasi lo fa tremare, ma non lo trattiene per questo dall’esporre con serena fermezza il Suo dissenso da atti pontifici che compromettono le radici stesse della Fede cattolica, apostolica, romana.
La lettera di Sua Eccellenza Castro Mayer non ebbe mai altra risposta che questa, trasmessa il 22 marzo 1974, tramite il Nunzio Apostolico Carmine Rocco: «Le lettere dei 25 gennaio u. s. dirette all’Eminentissimo Card. Baggio e a Sua Santità Paolo VI, insieme con gli studi fatti da Vostra Eccellenza, sono pervenute a destinazione».
 Sul contenuto degli studi scese il silenzio più impenetrabile: in questo modo semplicistico l’Autorità decaduta credeva di risolvere la scottante questione. Né la gravità delle obiezioni dottrinali né l’affanno di un Vescovo costretto a dissentire dal Papa per rimanere fedele a Cristo, alla Chiesa, alle anime, poterono indurre Paolo VI a lacerare quello schermo dietro il quale amava celare il suo vero volto.
Eppure, come risulta dalla lettera a Mons. Antonio De Castro Mayer era stato espressamente ordinato in nome del Santo Padre di manifestare in tutta libertà le ragioni del suo dissenso. ln realtà Paolo VI (o chi per lui) voleva soltanto accertare fin dove si sarebbe spinta la resistenza dell’allora Vescovo di Campos. Già negli anni settanta, allorché a quest’ultimo era stata attribuita una rigorosa analisi teologica sulla possibilità di un Papa eretico e sul nuovo Ordo Missae, il Secretario di Stato Card. Jean Villot e il Cãrd. Sebastiano Baggio erano intervenuti personalmente, non per chiarire questioni dottrinali ma per assillare il Vescovo dissenziente con raccomandazioni di «riserbo e discrezione che s’impongono».
Ora, nella lettera che accompagna i tre studi Mons. A. De Castro Mayer assicurava il suo “riserbo” e manifestava l’intenzione di non rendere pubblico il suo dissenso. Tanto bastava a Papa Montini e ai montiniani. Tutto il resto: l’integrità della Fede, la fedeltà alla Tradizione cattolica, la sofferenza di tutti coloro che, come Mons.Castro Mayer, si sentivano lacerati tra l’ubbidienza alla Chiesa e l’ubbidienza non dovuta, ma pretesa, ad un corso ecclesiale in rotta con la Fede e la Tradizione immutabili della Chiesa, tutto questo poco interessava a chi aveva messo il proprio io al posto di Dio.

E così furono giocate la semplicità, la devozione e la fiducia di un Vescovo, che non aveva ancora misurato la profondità dell’abisso in cui sembrava precipitata la suprema Autorità nella Chiesa. Solo gli anni e l’evidenza dei fatti lo avrebbero convinto che, in tempi come questi, il silenzio di chi ha responsabilità di anime è omissione colpevole e l’obbedienza incondizionata deplorevole complicità.



Segue la LETTERA del Vescovo A. De Castro Mayer a PAOLO VI
Beatissimo Padre, prostrato rispettosamente ai piedi di Vostra Santità, chiedo venia di sottomettere alla Vostra considerazione gli studi allegati alla presente lettera.
L’invio di questi studi e in ubbidienza all’ordine di Vostra Santità, trasmesso con lettera dell’Eminentissimo Cardinale Sebastiano Bacci all’Eminentissimo Cardinale Vicente Scherer, della qnale quest’ultimo mi ha messo al corrente a viva voce durante un nostro incontro a Rio de Janeiro il 24 settembre u. s.
Nell’ottobre scorso, ho avuto l’onore di scrivere a Vostra Santità affermando il mio filiale rispetto a tali ordini. Tra questi c’era quello per cui, nell’eventualità che «in coscienza io non fossi d’accordo con gli atti dell’attuale Magistero Ordinario della Chiesa», «manifestassi liberamente alla Santa Sede» il mio parere. E’ quel che faccio, con tutta la riverenza dovuta all’ Augusto Vicario di Gesù Cristo, consegnando a Vostra Santità i tre studi allegati.