Per la maggior Gloria di Nostro Signore cerchiamo persone disponibili ad eventuali Traduzioni da altre lingue verso l'Italiano. per chi si rendesse disponibile puo' scrivere all'indirizzo Mail: cruccasgianluca@gmail.com
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venerdì 29 luglio 2011

Diamo il nome giusto alle cose e alle persone: dialogo tra un ebreo, nemico pubblico della Croce di Cristo quindi a rischio di salvezza eterna, ed il Cardinal KURT KOCH, promotore del documento eretico, Nostra Aetate del Concilio Vaticano modernista II, quindi chiunque porta avanti questa diabolica dottrina conciliare e' un eretico patentato...

http://giacintobutindaro.org/wp-content/uploads/2010/05/lupi-pecore.jpgPaolo disse ai santi di Filippi: “Siate miei imitatori, fratelli, e riguardate a coloro che camminano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti camminano (ve l’ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), da nemici della croce di Cristo; la fine de’ quali è la perdizione, il cui dio è il ventre, e la cui gloria è in quel che torna a loro vergogna; gente che ha l’animo alle cose della terra” (Filippesi 3:17-19).









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A proposito dell'articolo del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, uscito su "L'Osservatore Romano" del 7 luglio scorso, pubblichiamo un intervento del Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, e la replica del porporato.

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 Gli Ebrei,uccisori di Nostro Signore ed attuali nemici della Croce di Cristo...


Leggere con attenzione il Commenterio sulla Nostra Aetate di Don Curzio Nitoglia...


d) La genesi di “Nostra Aetate”

Come abbiamo visto, sia gli ebrei che i cristiani, ritengono che “N.A.” sia la “Dichiarazione” più importante del Concilio, avendo dato luogo ad una nuova èra, quella della “chiesa conciliare” (come l’hanno chiamata i cardinali Benelli e Kasper), fondata sui rapporti tra ebraismo e cristianesimo, in essa Gesù non è più necessario alla salvezza degli ebrei, i quali sono sempre cari a Dio, sono tuttora il suo popolo eletto e restano nella sua Alleanza che non è stata mai revocata.
Ma come si è arrivati a tanto?

Marx Jules Isaac, appartenente alla setta massonica del bnai brith, è stato uno dei protagonisti principali della formazione di “N. A.”; egli era un ebreo, non credente, tendenzialmente comunista ed iscritto al B’nai B’rith (la massoneria ebraica), come ha rivelato il presidente del B.B. francese Marc Aron, il 16 novembre del 1991, nel discorso in occasione della premiazione del card. Decourtray ().
L’incontro tra Roncalli e Isaac (13 giugno 1960) fu organizzato dal B.B e da alcuni uomini politici socialcomunisti (). 

L’altro artefice di “N.A” fu il card. Agostino Bea (noto massone che compare anche nella lista dei 121 ecclesiastici massoni di Pecorelli). Il porporato tedesco, volle incontrare - subito dopo aver ricevuto da Roncalli l’incarico di arrivare ad un documento “revisionista” sui rapporti giudaico-cristiani - Nahum Goldman, presidente del Congresso Mondiale Ebraico, a Roma il 26 ottobre 1960. Bea chiese a Goldman, da parte di Roncalli, una bozza per il futuro documento del Concilio sui rapporti cogli ebrei e sulla libertà religiosa (“N.A” e “D.H”). Il 27 febbraio 1962 il memorandum fu presentato a Bea da Goldman e Label Katz (membro del B.B.), a nome della Conferenza Mondiale delle Organizzazioni Ebraiche. Ebbene questa bozza ispirata dalla massoneria ebraica (B.B.) e dal Congresso Mondiale Ebraico, ha prodotto Nostra Aetate ().
Lo stesso Bea, sin dal 1961, incontrava spesso, a Roma, il rabbino Abraham Heschel, professore al seminario teologico ebraico, che «come collega scientifico di Bea... esercitò un notevole influsso sulla elaborazione di “N.A.”» ()
Nel 1986 Jean Madiran ha svelato l’accordo segreto di Bea-Roncalli con i dirigenti ebrei (Isaac-Goldman), citando due articoli di Lazare Landau, su Tribune Juive (n° 903, gennaio 1986 e n° 1001, dicembre 1987). Landau scrive: «nell’inverno del 1962, i dirigenti ebrei ricevevano in segreto, nel sottosuolo della sinagoga di Strasburgo, un inviato del papa... il padre domenicano Yves Congar, incaricato da Bea e Roncalli di chiederci, ciò che ci aspettavamo dalla Chiesa cattolica, alla vigilia del Concilio... la nostra completa riabilitazione, fu la risposta... In un sottosuolo segreto della sinagoga di Strasburgo, la dottrina della Chiesa aveva conosciuto realmente una mutazione sostanziale» ()...
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La lingua del dialogo deve essere comune
di RICCARDO DI SEGNI


 


Nell'"Osservatore Romano" del 7 luglio, Sua Eminenza il Cardinale Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, ha proposto alcune riflessioni sul significato della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo che avrà luogo il 27 ottobre ad Assisi.
Le riflessioni del Cardinale coinvolgono il dialogo interreligioso e nell'ultima parte dell'articolo vi sono dei riferimenti ai rapporti con l'ebraismo. Su questi punti vorrei tornare, perché si tratta di aspetti essenziali e decisivi del problema del dialogo e delle sue regole. Il Cardinale scrive che la croce di Gesù "si erge sopra di noi come il permanente e universale Yom Kippur", e "pertanto la croce di Gesù non è di ostacolo al dialogo interreligioso; piuttosto, essa indica il cammino decisivo che soprattutto ebrei e cristiani [...] dovrebbero accogliere in una profonda riconciliazione interiore diventando così fermento di pace e di giustizia nel mondo". Ferma restando la condivisione degli obiettivi di pace e giustizia, temo che queste parole, benché ispirate da fraternità e da buona volontà, se non vengono spiegate meglio, possano denunciare i limiti di un certo modo di fare dialogo da parte cristiana. Per capire l'impatto che queste parole possano avere su un lettore ebreo, è necessaria qualche spiegazione. Yom Kippur, il giorno dell'espiazione di istituzione biblica, è una data fondamentale del calendario liturgico ebraico. È il giorno in cui è concessa la remissione dei peccati. Nel passaggio tra ebraismo e cristianesimo, quest'ultimo ha ripreso alcune ricorrenze dell'ebraismo (come la Pasqua), integrandone il significato con gli elementi della sua fede. Questo non è successo però per tutte le ricorrenze ebraiche autunnali, tra cui il Kippur; una possibile spiegazione di questa assenza è che la fede cristiana ha assorbito in sé il valore espiatorio del Kippur, che non le è più necessario; ed è quello che dice qui il Cardinale parlando della Croce; ma d'altra parte il fedele ebreo che continua a celebrare il Kippur afferma implicitamente che per lui la Croce non è necessaria. Ma allora che cosa c'è di problematico nelle parole del Cardinale, che in apparenza non fa che affermare i principi della sua fede? Se fosse solo così, non sarebbe criticabile; non si può certo chiedere, nella cornice del dialogo, che uno dei due interlocutori rinunci o nasconda o eviti di testimoniare la sua fede, per un malinteso senso di rispetto nei confronti dell'altro; il dialogo presuppone la differenza. Ma il punto è che bisogna vedere cosa ci si fa con la differenza. Mi pare di cogliere nelle parole del Cardinale, in tutto il suo articolo, prima di tutto la necessità di dimostrare alla propria comunità che la necessità e l'urgenza del dialogo sono radicate nei principi della fede; e fin qui è un impegno lodevole, anche perché può esistere una minoranza di cattolici che non condivide ancora queste idee. Ma ben diversa è la sua proposta all'interlocutore ebreo di farsi indicare "il cammino decisivo" da simboli che non condivide. Tanto più quando questi simboli vengono presentati come sostituzioni, con valore aggiunto, dei riti e dei simboli in cui crede l'interlocutore. Il credente cristiano può certamente pensare che la Croce rimpiazzi in modo permanente e universale il giorno del Kippur, ma se desidera dialogare sinceramente e rispettosamente con l'ebreo, per il quale il Kippur rimane parimenti nella sua valenza permanente e universale, non deve proporre all'ebreo le sue credenze e interpretazioni cristiane come indici del "cammino decisivo". Perché allora veramente si rischia di rientrare nella teologia della sostituzione e la Croce diventa ostacolo. Il dialogo ebraico-cristiano soffre inevitabilmente di questo rischio, perché l'idea della realizzazione delle promesse ebraiche è base della fede cristiana; quindi l'affermazione di questa fede contiene sempre un'implicita idea di integrazione, se non di superamento della fede ebraica. Questo anche quando si dichiara, con il Concilio e Nostra aetate, che le promesse al popolo ebraico sono irrevocabili. Ma la propria differenza non può essere proposta all'altro come il modello da seguire. In questo modo si supera un limite che nel rapporto ebraico-cristiano può sembrare sfumato ma che deve essere invalicabile. Perlomeno non è un modo di dialogare che possa interessare gli ebrei. Per usare un'espressione oggi molto comune, è come passare dall'et et all'aut aut. La lingua del dialogo deve essere comune e il progetto deve essere condiviso. Se i termini del discorso sono quelli di indicare agli ebrei il cammino della Croce, non si capisce il perché di un dialogo e il perché di Assisi.
(©L'Osservatore Romano 29 luglio 2011)

mercoledì 27 luglio 2011

"Ecco una nuova religione - commenta Mons. Tissier - abbastanza più comoda, almeno qui in terra, della religione cattolica".

Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  23 luglio 2011

Il pensiero di Benedetto XVI - III


Dopo aver studiato le radici del pensiero di Papa Benedetto (CE 209), Mons. Tissier, nel suo La fede in pericolo per la ragione, prosegue nello studio dei suoi frutti. Se questo pensiero è radicato soprattutto nel soggettivismo sistematico di Kant (1724-1804), i suoi frutti non possono essere buoni. Come può la verità oggettiva della Fede essere in qualche modo intrinsecamente dipendente dalla partecipazione o dalle reazioni del soggettivo credente? Il Vangelo, il dogma, la Chiesa, la società, Cristo Re e i Fini Ultimi saranno uno dopo l'altro colpiti a morte. 
 
Cominciamo col Vangelo. Il suo valore non risiede più nel racconto dei fatti storici della vita e della morte di Nostro Signore, ma nella forza narrativa capace di evocare i problemi esistenziali del nostro tempo. Per esempio, non è importante che lo stesso corpo di Nostro Signore sia realmente sortito dalla tomba riunito con la sua anima mortale nella mattina di Pasqua, la cosa che conta è il significato moderno che sta dietro la narrazione: l'amore che è più forte della morte, Cristo che vive per la forza dell'amore e garantisce che anche noi sopravviveremo in forza dell'amore. La realtà, i fatti, passano nel dimenticatoio. “Tutto ciò che serve è l'amore”. 
 
Similmente il dogma ha bisogno di essere purificato dal passato e arricchito dal presente. Ora, l'odierno filosofo Heidegger insegna che la persona è “auto-superamento”, quindi Cristo fu l'uomo che si auto-superò totalmente, che si batté completamente per l'infinito al di là di se stesso, che compì se stesso al punto da diventare divino. Tale che il dogma dell'Incarnazione non significa più che Dio si è fatto uomo, ma che l'uomo è diventato Dio! Del pari, la Redenzione non deve più significare che Gesù, con la sua terribile Passione, ha pagato a suo Padre il debito per tutti i peccati degli uomini, ma che Egli, con la sua Croce, ha amato al nostro posto Dio come dev'essere amato e ci attrae perché facciamo lo stesso. Il peccato cessa di essere un'offesa mortale a Dio e diviene semplicemente un atto di egoismo, una mancanza d'amore. Così che la Messa non è più necessario che sia un sacrificio, e il sacerdote può diventare il mero animatore della celebrazione comunitaria. Non stupisce che Benedetto XVI creda nel Novus Ordo Missae. 
 
Quanto alla Chiesa, dal momento che il valore supremo è la persona esistente (CE 209) e tutte le persone sono ugualmente esistenti, basta con la Chiesa delle ineguaglianze gerarchiche e basta con la Chiesa cattolica unica Arca di salvezza, perché anche i seguaci di ogni altra religione sono persone esistenti. Lasciamo che l'ecumenismo rimpiazzi tutti gli sforzi missionari cattolici. Inoltre, facendo della persona il valore supremo, si dissolverà la società subordinando il bene comune ai diritti individuali, si pregiudicherà sia la società sia la famiglia esaltando di fronte ai bambini la mutua compagnia dei maschi e delle femmine. Fino a Cristo Re che verrà detronizzato conferendo ad ogni persona quella dignità per cui lo Stato deve proteggere il diritto della persona a scegliersi la propria religione. 
 
Infine, la morte da pena diventa rimedio per i nostri mali. Il giudizio particolare significa solo ricompensa. L'Inferno non è più che un irrevocabile stato egoistico dell'anima. Il Cielo sarà semplicemente “una sempre nuova immersione nell'infinito dell'essere” - quale essere? - e così via.
Ecco una nuova religione, commenta Mons. Tissier, abbastanza più comoda - almeno qui in terra - della religione cattolica.

Kyrie eleison

Londra, Inghilterra

Monsignor Lefebvre ha incarnato qualcosa di intramontabile: la Tradizione della Chiesa, e se c’è stato un vescovo in cui la Tradizione non ha mai cessato di essere “vivente” (mi sia concesso l’uso del termine) è stato proprio il vescovo “ribelle”.


26 luglio 2011

I colloqui teologici fra la FSSPX e le Autorità Romane volgono al termine. Anche se non è stato ancora emesso un comunicato ufficiale non mancano i commentatori che, in base ad indiscrezioni, li giudicano falliti. Lei può dirci qualcosa in più sull'argomento?

Penso che sia un errore pregiudiziale considerare i colloqui falliti. Questa conclusione è tirata forse da chi s’aspettava dai colloqui qualche risultato estraneo alle finalità dei colloqui stessi.
Il fine dei colloqui non è mai stato quello di giungere ad un accordo concreto, bensì quello di redigere un dossier chiaro e completo, che evidenziasse le rispettive posizioni dottrinali, da rimettere al Papa e al Superiore Generale della Fraternità. Dal momento che le due commissioni hanno lavorato pazientemente, toccando sostanzialmente tutti gli argomenti all’ordine del giorno, non vedo perché si dovrebbero ritenere i colloqui falliti.
I colloqui sarebbero falliti se - per assurdo - i rappresentanti della Fraternità avessero redatto relazioni che non corrispondessero esattamente a ciò che la Fraternità sostiene, per esempio se avessero detto che dopo tutto la collegialità o la libertà religiosa rappresentano degli adattamenti al mondo moderno perfettamente conciliabili con la Tradizione. Per quanto sia stata mantenuta una certa discrezione, penso di poter dire che non ci sia stato il rischio di giungere a questo risultato fallimentare.
Chi non coglie sufficientemente l’importanza di una tale testimonianza da parte della Fraternità e della posta in gioco, per il bene della Chiesa e della Tradizione, inevitabilmente formula giudizi che si inquadrano in altre prospettive.

Quali prospettive secondo lei potrebbero essere fuorvianti?

A mio modesto avviso esiste un’area tradizionalista, piuttosto eterogenea, che, per ragioni diverse, attende qualcosa da una ipotetica regolarizzazione canonica della situazione della Fraternità.
1) Certamente c’è chi spera in un riverbero positivo per la Chiesa universale; a questi amici, che ritengo sinceri, direi tuttavia di non farsi illusioni; la Fraternità non ha la missione né il carisma di cambiare la Chiesa in un giorno. La Fraternità intende semplicemente cooperare affinché la Chiesa si riappropri integralmente della sua Tradizione e potrà continuare a lavorare lentamente per il bene della Chiesa solo se continuerà ad essere, al pari di ogni opera di Chiesa, una pietra di inciampo ed un segno di contraddizione: con o senza regolarizzazione canonica, la quale arriverà solo quando la Provvidenza giudicherà i tempi maturi. Inoltre non penso che una ipotetica regolarizzazione - al momento attuale - toglierebbe quello stato di necessità che nella Chiesa continua a sussistere e che ha giustificato fino ad ora l’azione della Fraternità stessa.
2) Su un versante completamente opposto esistono gruppi che definirei conservatori, nel senso un po’ borghese del termine, che si affrettano a dire che i colloqui sono falliti assimilandoli ad una trattativa per arrivare ad un accordo: l’intento malcelato è quello di poter dimostrare il più velocemente possibile che la Tradizione, tale e quale la Fraternità la incarna, non potrà mai avere un diritto di cittadinanza nella Chiesa. Questa fretta è determinata non tanto da un amore disinteressato per il futuro della Chiesa e per la purezza della sua dottrina, ma da una paura reale dell’impatto che la Tradizione propriamente detta possa avere di fronte alla fragilità di posizioni conservatrici o neoconservatrici. In realtà tale reazione rivela una lenta presa di coscienza - quantunque non confessata - dell’inconsistenza e della debolezza intrinseca di tali posizioni.
3) Soprattutto però mi sembra di riscontrare l’esistenza di gruppi e di posizioni che attendono un qualche beneficio da una regolarizzazione canonica della Fraternità, senza però voler fare propria la battaglia della Fraternità assumendosene gli oneri e le conseguenze.
Esistono infatti, nel diversificato arcipelago tradizionalista, numerosi “commentatori” che pur esprimendo un sostanziale disaccordo con la linea della Fraternità, osservano con estremo interesse lo sviluppo della nostra vicenda, sperando in qualche ripercussione positiva sui loro istituti di riferimento o sulle situazioni locali in cui sono coinvolti. Sono impressionato dalle fibrillazioni a cui questi commentatori sono soggetti ogni volta che un minimo rumore affiora sul futuro della Fraternità.
Penso tuttavia che il fenomeno sia facilmente spiegabile.

Perché?

Si tratta di una categoria di fedeli o di sacerdoti fondamentalmente delusi e che avvertono - giustamente - un certo senso di instabilità per la loro situazione futura.
Si rendono conto che la maggior parte delle promesse in cui hanno creduto stentano ad essere mantenute ed implementate.
Speravano che con il Summorum Pontificum prima e con Universae Ecclesiae poi, fossero garantite ed efficacemente tutelate la piena cittadinanza e libertà al rito tridentino, ma si rendono conto che la cosa non funziona pacificamente, soprattutto in relazione agli episcopati.
Di conseguenza - e purtroppo - a questi gruppi interessa l’esito della vicenda della Fraternità non tanto per i principi dottrinali che la supportano e per la portata che potrebbe avere sulla Chiesa stessa, ma piuttosto in una prospettiva strumentale: la Fraternità viene vista come una formazione di sfondamento di sacerdoti che ormai non hanno nulla da perdere ma che se otterranno qualcosa di significativo per la loro congregazione creeranno un precedente giuridico a cui anche altri potranno appellarsi.
Questo atteggiamento, moralmente discutibile e forse un po’ egoista, ha tuttavia due pregi:
innanzitutto quello di dimostrare paradossalmente che la posizione della Fraternità è l’unica credibile, dalla quale potrà scaturire qualcosa di interessante, e alla quale in tanti finiscono per fare riferimento loro malgrado;
il secondo pregio è quello di evidenziare che se non viene privilegiata la via dottrinale per permettere alla Chiesa di riappropriarsi della sua Tradizione, necessariamente si scivola in una prospettiva diplomatica, fatta di calcoli incerti e di risultati instabili, e ci si espone a drammatiche delusioni.

Se il Vaticano offrisse, per ipotesi, alla Fraternità l'opportunità di strutturarsi in Ordinariato immediatamente soggetto alla S. Sede, come potrebbe essere accolta tale proposta?

Sarebbe presa serenamente in considerazione in base ai principi e alle priorità e soprattutto alla prudenza soprannaturale a cui i superiori della Fraternità si sono sempre ispirati.

venerdì 22 luglio 2011

Non praevalebunt. Le porte dell'inferno — è scritto nel Divino Messaggio — non prevaranno. Tocca a noi difendere e difenderci. Con l'aiuto di Dio lo faremo.

Per queste ragioni, appena eletti a governare la Chiesa, vedemmo e sentimmo vivamente nell'animo la necessità di opporCi, quanto fosse possibile, con la Nostra autorità a male si grande. E colta bene spesso opportuna occasione, venimmo svolgendo or l'una or l'altra di quelle capitali dottrine, in cui il veleno degli errori massonici pareva che fosse più intimamente penetrato. Così con la Lettera Enciclica "Quod Apostolici muneris", sfolgorammo i mostruosi errori dei Socialisti e Comunisti: con l'altra "Arcanum" prendemmo a spiegare e difendere il vero e genuino concetto della famiglia, che ha l'origine e sorgente sua nel matrimonio: con quella che incomincia "Diuturnum" ritraemmo l'idea del potere politico, esemplata ai principi dell'Evangelo, e mirabilmente consentanea alla natura delle cose e al bene dei popoli e dei sovrani.

Ora poi, ad esempio dei Nostri Predecessori, Ci siam risoluti di prender direttamente di mira la stessa società Massonica nel complesso delle sue dottrine, dei suoi disegni, delle sue tendenze, delle sue opere, affinché, meglio conosciutane la malefica natura, ne sia schivato più cautamente il contagio.

Varie sono le sètte che, sebbene differenti di nome, di rito, di forma, d'origine, essendo per uguaglianza di proposito e per affinità de' sommi principi strettamente collegate fra loro, convengono in sostanza con la setta dei Frammassoni, quasi centro comune, da cui muovono tutte e a cui tutte ritornano. Le quali, sebbene ora facciano sembianza di non voler nascondersi, e tengano alla luce del sole e sotto gli occhi dei cittadini le loro adunanze, e stampino effemeridi proprie, ciò nondimeno, chi guardi più addentro, ritengono il vero carattere di società segrete.
 

File Pdf del libro intero: COMPLOTTO CONTRO LA CHIESA


Testo "Complotto contro la Chiesa" realizzato da un gruppo di sacerdoti messicani (poi firmatisi con lo pseudonimo "Maurice Pinay") nel lontano 1962 a. D. Si tratta di un testo FONDAMENTALE per comprendere l'ora presente. Pensate che questi sacerdoti ebbero la grande lungimiranza di capire cosa avrebbero fatto i rappresentanti della mafia ebraica per impossessarsi del Vaticano e come il Concilio Vaticano II (che si stava in quei giorni per annunciare) avrebbe, sotto la spinta della lobby ebraica, tentato di cambiare la nostra Fede. Questo testo, allora distribuito ai padri conciliari, fu, in seguito, fatto sparire dalla circolazione.

Giovedì 12 maggio 2011... La compromissione dalla Gerarchia Cattolica con la setta massonica del B’nai B’rith,

 
B’nai B’rith XVI
Cari amici, sono lieto di salutare questa delegazione di B'nai B'rith International. Ricordo con piacere il mio primo incontro con una delegazione della vostra organizzazione circa cinque anni fa. In questa occasione, desidero esprimere apprezzamento per il vostro impegno nel dialogo tra cattolici ed ebrei e in particolare per la vostra partecipazione attiva all'incontro del Comitato Internazionale di Collegamento Cattolico-Ebraico, svoltosi a Parigi alla fine di febbraio. (…) Ciò che è accaduto in questi quarant'anni va considerato come un grande dono del Signore e un motivo di sincera gratitudine verso Colui che guida i nostri passi con la sua saggezza infinita ed eterna. L'incontro di Parigi ha confermato il desiderio dei cattolici e degli ebrei di affrontare insieme le sfide immense delle nostre comunità in un mondo in rapido mutamento e, in maniera significativa, la nostra comune responsabilità religiosa di combattere la povertà, l'ingiustizia, la discriminazione e la negazione dei diritti universali dell'uomo. Ci sono molti modi in cui ebrei e cristiani possono cooperare per migliorare il mondo secondo la volontà dell'Onnipotente per il bene dell'umanità. Nell'immediato i nostri pensieri sono rivolti a opere concrete di carità e servizio ai poveri e ai bisognosi (tipica attività della finanzia ebraica, ndr).
(Messaggio di Benedetto XVI alla delegazione della B’nai B’rith International ricevuta in Vaticano il 12.05.2011)

Il Papa, scandalosamante, incontra in Vaticano la setta massonica del “B'naï B'rith”... Ormai non ci sorprendono più...

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I retroscena che portarono alla "Nostra Aetate"

 

 

Il Cosidetto "Papa buono" firma il decreto dell'apertura del modernista

Concilio Vaticano II...

APPELLO IMPORTANTE AL LETTORE

COSPIRAZIONE CONTRO LA CHIESA

Si sta compiendo la più perversa cospirazione contro la Santa Chiesa. I suoi nemici tramano di distruggere le Sue più sacre tradizioni, realizzando riforme così audaci e malevole come quelle di Calvino, Zuinglio ed altri gran­di eresiarchi, tutto con la finzione di modernizzare la Chiesa e metterla al livello dell'epoca, però, col proposito occulto di aprire le porte al comunismo, accelerare la rovina del mondo libero e preparare la futura distruzio­ne del Cristianesimo.

Benché sembri impossibile, essi pretendono di realiz­zare tutto ciò nel Concilio Vaticano Secondo. Abbiamo prove che attestano come questo sia quel che hanno tra­mato in segreto gli alti poteri del comunismo e della forza occulta che li controlla.

Si tratterebbe di cominciare con un sondaggio ini­ziale, a partire dalle riforme che provocano resistenza minore nei difensori della Santa Chiesa, per poi gradual­mente realizzare la Sua trasformazione, fino a che quei resistenti lo permettano.

Sembrerà tuttavia incredibile, a coloro che ignorano quella cospirazione, che tali forze anticristiane contino di avere, dentro le gerarchie della Chiesa, una vera « quinta colonna », di agenti controllati dalla massone­ria, dal comunismo e dal potere occulto che li governa; tali agenti sarebbero tra quei Cardinali, Arcivescovi e Vescovi che formano una specie di ala progressista entro il Concilio e che tenteranno di far adottare le perverse riforme.

Si pretende che quel blocco, che si formerà all'inizio del Sinodo, conti sull'appoggio del Vaticano, controllato a sua volta dalla « quinta colonna » delle forze cospiratrici anticristiane. Ci sembra che ciò sia incredibile e piuttosto il frutto della iattanza dei nemici della Chie­sa, anzi che una realtà obiettiva. Però menzioniamo questo assurdo per mostrare fin dove giungano i nemici della Cattolicità e del mondo libero.

Oltre alle riforme pericolose della dottrina della Chiesa e della sua politica tradizionale, con manifesta contraddizione a quanto fu approvato da Papi e Concili anteriori, si medita di annullare la Bolla di scomunica lanciata da S.S. Pio XII contro i comunisti ed i loro collaboratori, onde stabilire una convivenza pacifica col comunismo che, da una parte faccia perdere prestigio alla Santa Chiesa di fronte a tutti i Cristiani che lottano contro il comunismo materialista ed ateo e, dall'altra parte, infranga il morale di quei lottatori che difendono la Chiesa, faciliti la loro sconfitta, provochi sbanda­mento nelle loro file, assicurando il trionfo mondiale del totalitarismo rosso.

Siccome prevedono che possa organizzarsi una resi­stenza, come è già occorso in simili casi, si apprestano ad infiltrarsi, con la « quinta colonna », pure nella even­tuale ala conservatrice, per seminarvi gradualmente il disorientamento in forma sottile, demoralizzarla e so­prattutto dividerla. Questa « quinta colonna », agente in apparenza a difesa delle tradizioni, agirà in segreto ac­cordo con coloro che dirigono l'ala rivoluzionaria e pro­gressista, per organizzare con loro l'attacco dall'esterno, il sabotaggio all'interno, ed abbattere col tempo la pro­babile resistenza, per subito realizzare le riforme pro­gettate e la distruzione di quelle tradizioni che costitui­scono la migliore difesa della Santa Chiesa di fronte ai suoi nemici.

Si procura che, per nessun motivo, siano invitati come osservatori i protestanti e gli ortodossi che lottano eroicamente contro il comunismo e invece siano invitati quelle Chiese o Consigli di Chiese, che sono sotto il controllo della Massoneria e del Comunismo, nonché del potere  occulto  che  ambedue  dirige.  In  tal  modo, i massoni o comunisti in abito sacerdotale, che usurpano le cariche direttive in quelle Chiese, potranno sottilmen­te collaborare, mascherati in realtà, con la « quinta co­lonna » che le forze anticristiane hanno introdotto nel clero cattolico.

D'altra parte, il Cremlino ha già deciso che negherà i passaporti ai Prelati fermamente anticomunisti e con­sentirà che partano dai suoi Stati satelliti dell'Europa Orientale, solo i suoi agenti indiscussi, oppure coloro che, senza essere tali, si siano piegati nel timore delle rappresaglie rosse. In tal modo, la Chiesa del Silenzio non interverrà al Concilio Vaticano Secondo con colo­ro che meglio potrebbero difenderla ed informare il San­to Sinodo circa la verità di quanto avviene nel mondo comunista.

Questo sembrerà incredibile al lettore, ma siamo si­curi che quanto accadrà al Santo Concilio Ecumenico gli aprirà gli occhi e lo convincerà che stiamo dicendo la verità, perché il nemico medita di giocare al Concilio una carta decisiva, giacché si ritiene sicuro di poter contare su complici fidati nella più alta gerarchia ec­clesiastica.

Un altro dei piani sinistri che si ordiscono è quello di indurre la Chiesa a contraddirsi, facendole con ciò per­dere autorità sui Fedeli, perché subito si proclamerà che una istituzione che si contraddice non può essere divina. Con tale argomento si pensa di rendere deserta la Chiesa, che i Fedeli perdano la loro fiducia nel clero e lo abbandonino; si ha in progetto che la Chiesa di­chiari nero il bianco e bianco il nero, e che quanto nei secoli affermò essere male, adesso affermi che è bene. Fra le manovre che si preparano a tal fine, risalta per importanza il mutamento di attitudine della Santa Chiesa riguardo ai Giudei reprobi, come li definì Sant'Agostino, quelli che crocifissero Cristo ed i suoi suc­cessori, nemici capitali del Cristianesimo.

Si vorrebbe distruggere la dottrina dei Grandi Padri della Chiesa, unanime, quello « unanimis consensus Patrum », che la Chiesa considera quale fonte della Fede, che condannò e dichiarò maligni i giudei infedeli, di­chiarò buona e necessaria la lotta contro di loro, cui parteciparono separatamente, come dimostreremo con citazioni irrefutabili, Sant'Ambrogio, Vescovo di Milano, San Gerolamo, Sant'Agostino Vescovo di Ipona, San Giovanni Crisostomo, Sant'Atanasio, San Gregario di Nazianzo, San Basilio, San Cirillo di Alessandria, San-t'Isidoro di Siviglia, San Bernardo, e perfino Tertulliano ed Origene; questi due ultimi di ortodossia indiscutibile ai loro tempi.

Inoltre, durante diciannove secoli, la Santa Chiesa ha lottato accanitamente contro i Giudei e contro il Giudaismo, definito da Cristo Nostro Signore la Sina­goga di Satana, tìtolo che continuarono ad usare San­t'Agostino e gli altri dirigenti della Santa Chiesa — come dimostreremo pure con documenti irrefutabili, cioè le Bolle dei Papi, gli Atti dei Concili Ecumenici e Provinciali, (come l'importante Quarto del Laterano e molti altri), le dottrine di San Tommaso d'Aquino, di Duns Scott e dei più notevoli Dottori della Chiesa — nonché con fonti giudaiche di autenticità indiscutibile, come le Enciclopedie Ufficiali del Giudaismo, le opere di illustri Rabbini e dei più famosi storici giudei.

Dunque, i cospiratori giudei, massoni e comunisti pretendono che nel Concilio Vaticano Secondo, utiliz­zando, come essi dicono, la ignoranza della massima parte del clero circa la vera storia della Chiesa, sia menato un colpo di sorpresa, ossia che il Santo Concilio Ecumenico condanni l'antisemitismo ed ogni lotta con­tro ì giudei, cioè contro coloro che — come pure dimo­streremo con prove indiscutibili — sono ì dirigenti della massoneria e del comunismo internazionale. Si vorrebbe che i Giudei reprobi, considerati perfidi dalla Chiesa durante diciannove secoli, fossero dichiarati buoni e ca­rissimi a Dio, in contraddizione con quello « unanimis consensus Patrum » che stabilì precisamente il contrario e con quanto affermato da Bolle Papali, e Canoni di Concili Ecumenici e Provinciali.

mercoledì 20 luglio 2011

"Vetus Ordo Missae": la vera Messa Cattolica che i modernisti hanno cercato di cancellare con l'evento del rito, assolutamente non Cattolico, del "Novus Ordo Missae"...


Pro Missa Traditionali

In difesa della Messa tradizionale


Premessa

La santa messa è il sacrificio della Croce semel pro semper oblatum [offerto una volta per tutte] in modo cruento, ma in modo incruento presente sotto le specie sacramentali. Or noi nell’Institutio generalis Missalis romani […], a seguito della Costituzione Apostolica del 3 gennaio 1969 leggiamo: “La cena del Signore o messa, è la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Vale perciò eminentemente per questa assemblea locale della santa Chiesa, la promessa del Cristo: là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18, 20)”.1
Una tale definizione della Messa è manifestamente eretica, e chi la propone è scomunicato esplicitamente dal Concilio di Trento, nel canone terzo della Sessione ventiduesima: “Colui che avrà detto essere la Messa semplice memoria del sacrificio compiuto sulla Croce, sia anatema”. Di conseguenza il firmatario di detta eresia, Paolo VI, non sarà caduto sotto tale sanzione?
Di fronte a tanta enormità insorsero i fedeli con tale impeto che detta definizione, sia pure ben undici mesi dopo, veniva rabberciata in senso cattolico, e si cercò di far passare la prima redazione, eretica, come una sbadataggine di Sua Santità, perdonabilissima e senza conseguenze pratiche. Infatti detto rabberciamento non ebbe conseguenze pratiche sulla nuova Messa, che restò immodificata, cioè tale quale era stata costruita in base alla prima redazione eretica dell’articolo VII, e non venne più corretta in base alla nuova redazione cattolica del medesimo.
A ragione i cardinali Ottaviani e Bacci, nella petizione inviata al Santo Padre nel 1969, dicevano: “Il Novus Ordo Missae [nuovo rito della Messa] sia nel suo insieme, che nei particolari, rappresenta un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio di Trento, il quale, fissando definitivamente i canoni del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del Mistero.” Gli stessi cardinali, nel Breve esame critico del Novus Ordo Missae, dicevano: “Nel Novus Ordo Missae [nuovo rito della Messa] rittroviamo purtroppo identica nella sua sostanza la stessa Missa normativa rifiutata dal Sinodo episcopale nell’ottobre del 1967, perché in essa si mirava a fare tabula rasa di tutta la teologia cattolica della Messa, avvicinandola alla teologia protestante negatrice del sacrificio della Messa.

Dottrina cattolica della Messa


Sì, la santa Messa è unum et idem [la stessa identica cosa] con il sacrificio della Croce, celebrato dal sacerdote misticamente, in modo incruento, sacramentale, sull’altare. Le specie sacramentali si consumano e vanno rinnovate, rinnovando la celebrazione della Messa. Moltiplicandosi dette celebrazioni però, non si moltiplica il sacrificio della croce: si moltiplica solo il sacramento di detto sacrificio.
Finché perdurano incorrotte le specie sacramentali, anche finita la celebrazione, perdura sotto di esse la presenza di Nostro Signore Gesù cristo, in corpo, sangue, anima e divinità, in atto sacrificale divino e umano; atto sacrificale che, in quanto umano, raggiunto sulla Croce il massimo d’intensità oblativa compatibile con la fralezza della natura umana, sopraffatta questa dalla morte, venne dalla morte stessa sigillato per l’eternità. Il Consummatum est! [Tutto è compiuto!] proferito da Gesù morente, non significò: “Il mio compito è terminato”, ma “Il mio sacrificio ha raggiunto la sua perfezione, e come tale durerà per sempre”. Così nel santo Tabernacolo si contiene in facto esse [presente realmente] quanto venne costituito e fu quindi in fieri [in via di compimento] durante la celebrazione della Messa, e che solo la Messa manifestò attivamente sia con la duplicità della materia e delle formule consacratorie, sia e principalmente con l’azione del sacerdote, agente in persona Christi [facendo le veci di Cristo].
Il solo battesimo non conferisce il potere di celebrare la Messa. Si esige il sacramento dell’Ordine, istituito da N.S. Gesù Cristo, e chi dicesse il contrario, sarebbe scomunicato.2 Il cristiano non ordinato compirebbe il rito della Messa invalidamente. Quanto al cristiano validamente ordinato sacerdote, non la celebra in nome proprio, ma in persona Christi [quale rappresentante di Cristo], del quale egli è semplice ministro e docile strumento; ma sempre tutt’altra cosa che semplice presidente e rappresentante dell’assemblea dei fedeli.
La Messa tradizionale, con tutto ciò che vi è in essa d’essenziale, e perciò innanzi tutto con il Canone3, si diffuse nella Chiesa nascente quando ancora non esistevano i libri del Nuovo Testamento. In particolare le formule della consacrazione non vennero desunte dai libri del Nuovo Testamento, che non esistevano ancora; ma, viceversa, trasmesse dalla Tradizione, vennero in seguito fissate da San Paolo e dagli Evangelisti in modi diversi, sia pure sostanzialmente concordi.
Anche la frase Mysterium fidei [Mistero della fede] è stata pronunciata dal Signore4 e conservata dagli Apostoli5. Non si tratta d’una esclamazione ammirativa, interpolata nel Canone non si sa da chi, in ogni modo abusivamente, e da espungere dal Canone stesso. Si tratta d’una espressione di grande importanza, sia se con essa Gesù ci ricorda che la realtà nascosta sotto le specie eucaristiche sfugge alla nostra esperienza naturale; sia, ed a maggior ragione, se con essa Gesù intese dichiarare l’Eucarestia sacramento (=mysterium) della fedeltà (=fidei) di Dio alla nuova ed eterna alleanza.
Il Canone tradizionale, costituito dalle parole del Signore, dalla tradizione apostolica e dalle istituzioni pie di santi Pontefici, non solo è immune da errore, ma nulla contiene che non sia imbalsamato di santità e di devozione, e tale da elevare a Dio le menti degli offerenti6, e chiunque osasse sostenere il contrario e dire che detto Canone va abrogato, va sostituito, sappia che è eretico e scomunicato7. Sotto tale scomunica non cadrà, almeno per se [formalmente], colui che sostituisce altre preci al Canone romano, anche se non dichiara a parole che detto canone è erroneo e che va sostituito? Poiché è manifesto che tale scomunica venne comminata per assicurare l’uso esclusivo del canone tradizionale e di esso solo immodificato. Una scomunica è revocabile da parte dell’autorità, o decade spontaneamente senza bisogno di revocazione formale, se cessa d’esistere l’oggetto della medesima: nel nostro caso, la sacralità del Canone romano tradizionale. Or questa non è venuta meno.
Ma anche per vari altri motivi sono colpiti da scomuniche non revocate, e forse per se non revocabili, numerosi fautori o esecutori della riforma liturgica conciliare; poiché la Chiesa dichiara scomunicati coloro che ritengono i paludamenti sacri, le cerimonie e i segni in uso nella Messa tradizionale, più d’un impiccio che di aiuto alla pietà8; coloro che condannano l’uso di recitare il Canone sottovoce 9; coloro che pretendono che nella Messa si debba usare solo il volgare10; coloro che ritengono illecita la Messa nella quale solo il sacredote si comunica sacramentalmente11; coloro che dicono indispensabile anche ai fedeli la Comunione sotto entrambe le specie12; coloro che ritengono illecita la celebrazione della Messa senza alcun fedele presente13; coloro che vogliono in ogni singola chiesa un unico altare14, che nei monasteri non si celebrino più d’una o di due Messe al giorno, così che, se i sacredoti sono più di due, questi debbano concelebrare15.

La concelebrazione
Or qui va detto che la concelebrazione di sacerdote con sacerdote, come si usa frequentemente, è una novità assoluta, ignorata dalla storia della liturgia, e certamente abusiva ogni volta si compia per pura comodità dei concelebranti, che avrebbero per altro possibilità di celebrare singolarmente digne, attente ac devote [in modo degno, attento e pio]. È poi manifesta violazione della giustizia ricevere l’offerta per più Messe, e celebrarne una sola, sia pure concelebrata da più16, poiché più sacerdoti concelebranti non celebrano più Messe simultaneamente, ma un’unica e identica Messa concelebrata. Celebrerebbero più Messe simultanee, solo se ognun d’essi consacrasse una propria e distinta materia. Fino a quando la materia consacrata è una e indivisa, la sola molteplicità dei consacratori pronuncianti le formule consacratorie, non moltiplica il sacramento del sacrificio della Croce.

   
Il 10 maggio 1970, in occasione dell'udienza concessa ai sei pastori protestanti che hanno collaborato all'elaborazione delNovus Ordo Missæ, Paolo VI, parlando del loro contributo ai lavori del Consilium liturgico, ebbe a dire: ...Vi siete particolarmente sforzati di dare più spazio alla Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura; di apportare un più grande valore teologico ai testi liturgici, affinché la “lex orandi” (“la legge della preghiera”) concordi meglio con la “lex credendi” (“la legge della fede”)... (cfr. R. Coomaraswamy, Les problèmes de la nouvelle messe, Editions L'Age d'Homme, Losanna 1995, pag. 36). Non si capisce proprio come dei protestanti che negano la Presenza Reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell'Eucarestia, l'essenza sacrificale della Messa, il sacerdozio ministeriale, la mediazione universale di Maria SS.ma e dei Santi, e altre verità di fede possano aver apportato «un più grande valore teologico ai testi liturgici...

La nuova Messa è valida?

Alle gravi manomissioni liturgiche decretate o fatte apparire come tali dai vari uffici liturgici, si sono aggiunte, e da gli stessi burocrati tollerate, se non proprio incoraggiate più o meno apertamente, mille altre manomissioni locali e individuali, tali da rendere certe celebrazioni invalide e sacrileghe. Ma la stessa celebrazione secondo il Novus Ordo Missae [nuovo rito della messa] è valida?
Ci sono dei teologi che la dicono invalida per le stesse ragioni che indussero Leone XIII a dichiarare invalide le ordinazioni anglicane. Certo il Novus Ordo Missae consente tutta una serie di opzioni al celebrante, opzioni concesse affinché anche i protestanti potessero più facilmente adottarlo senza temere di sbatter contro qualche scoglio contrario alle loro eresie. Or colui che si servisse di dette opzioni con l’animo d’un protestante non agiregbbe più secondo le intenzioni della Chiesa cattolica, e perciò la sua celebrazione non sarebbe una vera Messa. Lo stesso si deve dire di chi celebrasse secondo le intenzioni di una novella Chiesa conciliar-ecumenico-modernista. Ci sono infatti purtroppo dei sacerdoti e dei prelati, già cattolici, secondo i quali la Chiesa cattolica, quale fu fino alla vigilia del Concilio Vaticano II, ha finito d’esistere, e dalla novella Pentecoste conciliare è sorta la novella Chiesa, conciliare di nome, ed ecumenico-modernista di fatto. Sarà valida la Messa di costoro?
Certo non concelebrano validamente nelle concelebrazioni di massa quei sacerdoti che (a differenza di quanto avviene nella concelebrazione dei neo ordinati col Vescovo che li ordinò) non possono seguire passo a passo l’azione del concelebrante principale, poiché nell’espressione Hoc est enim corpus meum [Questo è infatti il mio Corpo] e nell’espresssione Hic est enim calix sanguinis mei [Questo è infatti il calice del mio Sangue], da loro proferite, quell’hoc [questo] e quell’hic [questo] sono privi di verità. Avrebbero senso in tali circostanze le formule Illud est enim corpus meum [quello è infatti il mio Corpo] Ille est enim calix sanguinis mei [quello è infatti il calice del mio sangue], ma sarebbero del pari inefficaci.
Che dire poi della Messa in volgare, quando in essa si sostituisca un semplice il all’hunc [questo] della frase et accipiens HUNC praeclarum calicem [et prendendo QUESTO glorioso calice]? Dato che detta sostituzione connota nel modo più lampante che non si sta celebrando il sacrificio eucaristico incohatum [iniziato] nel Cenacolo e consummatum [concluso] sulla Croce, ma che si sta semplicemente raccontando tale fatto, come trapassato. Il calice sul quale il sacerdote proferisce la formula consacratoria, non è un calice qualsiasi, diverso da quello dell’Ultima Cena, ma è misticamente quello stesso calice impugnato da Gesù consacrante, come è misticamente una et eadem [unica e sempre la stessa] l’azione consacratoria del sacerdote. Si dice giustamente che agisce in persona Christi [facendo le veci di Cristo], proprio perché il sacerdote consacrante, in quel momento, è misticamente Gesù in persona, che parla in nome proprio, e dice: “Questo è veramente il MIO Corpo…Questo è veramente il calice del MIO sangue”: espressioni che non sono un doppiaggio di quelle proferite da Gesù nel Cenacolo, ma misticamente, superato tempo e spazio, quelle stesse.
Certo la Messa secondo il Novus Ordo Missae, anche quando evita le opzioni e le concelebrazioni, che la renderebbero invalida, tuttavia non è integra. Manca infatti d’un Offertorio sacrificale con evidente carattere di consacrazione inchoata [iniziata], quale l’integrità del sacrificio esige, come afferma anche S. Roberto Bellarmino, dottore di Santa Chiesa17. Il pane e il vino, dopo l’Offertorio tradizionale, non sono più cose profane, ma sono res sacrae [cose sacre] riservate al culto di Dio, e il trattarle come cose profane, sarebbe certamente atto sacrilego.
Ma che dire della Messa in volgare, quando in essa si sostituisca un per tutti alla frase pro multis [per molti] nella consacrazione del calice? Per giustificare detta sostituzione s’adduce la ragione che in aramaico e in ebraico – e Gesù per quel sacro rito usò l’una o l’altra di dette lingue – siccome non esiste la parola tutti, per dire tutti si dice molti, ma nelle lingue moderne, dato che c’è la parola tutti, questa va usata, se si vuol dire quanto Gesù intese dire dicendo molti.
Detta ragione è falsa. In aramaico, e analogamente in ebraico, c’è la parola molti in contrapposizione alla parola tutti, ed è sagg’in in aramaico e rabbim in ebraico. C’è del pari la parola tutti in contrapposizione alla parola molti, ed è kol oppure kolla, ma si può dire kol bisra in aramaico, e kol basar in ebraico. Ora Gesù nel consacrare il calice usò sia la parola tutti, che la parola molti, contrapponendo l’una all’altra: Accipite et bibite ex eo OMNES. Hic est enim calix sanguinis mei, novi et aeterni testamenti, mysterium fidei, qui pro vobis et pro MULTIS effundetur in remissionem peccatorum [Prendete e bevetene tutti. Questo è infatti il calice del mio sangue, della nuova ed eterna alleanza, mistero della fede, il quale per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati].
Sì, è vero: sia in ebraico che in aramaico, molti può talora significare tutti; ma qui, nella frase pronunciata da Gesù, l’uso ravvicinato di tutti e di molti, ha tutto il carattere d’una contrapposizione, così che è impossibile con certezza all’identità di significato della voce tutti e della voce molti in tal caso. Senza dire che la sostituzione di tutti a molti insinua l’errore d’una salvezza eterna de facto universale, e la conseguente negazione del dogma dell’inferno.
Ora alcuni teologi affermano che secondo S. Tommaso18 la formula consacratoria del calice è tutta intera indispensabile a che la consacrazione sia valida; tutt’intera con l’espressione mysterium fidei [mistero della fede] e con la parola multis [molti]. Secondo altri invece basta la frase iniziale Hic est enim calix sanguinis mei [Questo è infatti il calice del mio sangue]. La questione resta aperta e disputabile. Nell’amministrazione e preparazione dei sacramenti non ci si può accontentare di una materia o di una forma dubbia, sia pure probabilius [con maggior probabilità] valida. Qui non vige il probabilismo, ma solo il tuziorismo19. Pare perciò illecito l’uso sia della forma decurtata, sia della forma intera, ma alterata e perciò controversa. Si dirà che la maggior parte dei celebranti usa tale formula, e siccome nella Chiesa è impossibile un errore universale, detta formula resta dimostrata valida almeno indirettamente. Or in quest’argomentazione si fa coincidere la Chiesa infallibile con una certa maggioranza. Certo tale argomentazione varrebbe se la Chiesa fosse un’organizzazione democratica, ma tale non è. Se così fosse, al tempo di Ario20, la maggioranza ariana sarebbe stata la vera Chiesa, poiché allora quasi tutti i vescovi accettavano e predicavano l’eresia ariana.

lunedì 18 luglio 2011

S. Ecc. Mons. Richard Williamson: "Se una bottiglia di vino è sporca dentro, il miglior vino che verrà versato in essa si guasterà. Se la mente di un uomo è scollegata dalla realtà, come accade con la filosofia moderna, la Fede cattolica che verrà filtrata da essa sarà disorientata, perché non sarà più orientata alla realtà. Sta qui il problema di Benedetto XVI".


 
 Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  16 luglio 2011

Il pensiero di Benedetto XVI - II

Delle quattro parti dello studio di Mons. Tissier sul pensiero di Benedetto XVI, la seconda espone le sue radici filosofiche e teologiche. Analizzando prima la filosofia, il vescovo segue la grande enciclica di San Pio X, “Pascendi”. Se una bottiglia di vino è sporca dentro, il miglior vino che verrà versato in essa si guasterà. Se la mente di un uomo è scollegata dalla realtà, come accade con la filosofia moderna, la Fede cattolica che verrà filtrata da essa sarà disorientata, perché non sarà più orientata alla realtà. Sta qui il problema di Benedetto XVI. 
 
Come San Pio X prima di lui, il vescovo attribuisce la principale responsabilità di questo disastro delle menti moderne al filosofo illuminista tedesco Emanuele Kant (1724-1804), il quale ha messo a punto il sistema dell'anti-pensiero, oggi prevalente ovunque, che esclude Dio dal discorso razionale.
 
Se, come postulava Kant, la mente non può conoscere alcunché dell'oggetto, salvo ciò  che appare ai sensi, ne deriva che essa è libera di ricostruire la realtà che sta dietro le apparenze sensibili come le pare, liquidando la realtà oggettiva come inconoscibile, tale che il soggetto regni sovrano. Se poi il soggetto ha bisogno di Dio e postula la sua esistenza, benissimo. Diversamente, per così dire, Dio è sfortunato! 
Mons. Tissier presenta poi cinque filosofi moderni, tutti alle prese con le conseguenze della follia soggettiva di Kant che mette l'idea al di sopra della realtà  e il soggetto al di sopra dell'oggetto. Di questi, i due più importanti in relazione al pensiero del Papa potrebbero essere Heidegger (1889-1976), uno dei padri dell'esistenzialismo, e Buber (1878-1965), esponente di punta del personalismo. Se le essenze sono inconoscibili (Kant), resta solo l'esistenza. Ora, l'esistente più importante è la persona, costituita, secondo Buber, dall'intersoggettività, dalla relazione Io-Tu tra persone soggettive, la quale, secondo lui, apre la strada a Dio. Pertanto, la conoscenza del Dio oggettivo dipenderebbe dal coinvolgimento soggettivo della persona umana.
Che pericoloso fondamento per tale conoscenza! 
 
Eppure, il coinvolgimento del soggetto umano sarà la chiave del pensiero teologico di Benedetto XVI, influenzato, scrive il vescovo, dalla nota Scuola di Tubinga. Fondata da J. S. von Drey (1777-1853), questa scuola sosteneva che la storia è mossa dallo spirito del tempo in continuo movimento, e questo spirito è lo spirito di Cristo. Quindi la Rivelazione di Dio non sarebbe più costituita dal deposito della Fede completatosi con la morte dell'ultimo Apostolo e col passare del tempo reso solo più esplicito, ma da qualcosa il cui contenuto sarebbe in continua evoluzione per l'apporto di contributi soggettivi. Tale che la Chiesa, in ogni età, svolgerebbe un ruolo attivo e non solo passivo nella Rivelazione, e darebbe alla Tradizione passata il suo significato presente.
E questo non incomincia ad avereun suono familiare? Come l'ermeneutica di Dilthey? Si veda EC 208
 
In tal modo, per Benedetto XVI Dio non è un oggetto a parte, semplicemente oggettivo, ma è personale, un “Io” che interagisce con ogni “Tu” umano. La Scrittura o la Tradizione vengono oggettivamente dall'“Io” divino, ma contemporaneamente il “Tu” vivente e mutevole deve costantemente interpretare di nuovo questa Scrittura, e dato che la Scrittura è la base della Tradizione, questa deve diventare dinamica per il coinvolgimento del soggetto, smettendo di essere statica come la Tradizione “fissista” dell'arcivescovo Lefebvre. Del pari, la teologia dev'essere soggettivizzata e la Fede dev'essere una personale “sperimentazione” di Dio, mentre il Magistero stesso deve smettere di essere semplicemente statico. 
 
“Maledetto l'uomo che confida nell'uomo”, dice Geremia (XVII, 5).

Kyrie eleison

Londra, Inghilterra

domenica 17 luglio 2011

Ecco le Chiese "spelonche" da spiaggia... Naturalmente la Gerarchia modernista non li fermera', daltronde hanno approvato la setta eretica neocatecumenale, fautrice di un rito personale del suo fondatore, offensivo nei confronti di Dio...

Ezechiele - Capitolo 6 ; Contro i monti di Israele  
[1]Mi fu quindi rivolta questa parola del Signore: [2]«Figlio dell'uomo, volgi la faccia verso i monti d'Israele e profetizza contro di essi: [3]Monti d'Israele, udite la parola del Signore Dio. Così dice il Signore Dio ai monti e alle colline, alle gole e alle valli: Ecco, manderò sopra di voi la spada e distruggerò le vostre alture; [4]i vostri altari saranno devastati e infranti i vostri altari per l'incenso; getterò i vostri cadaveri davanti ai vostri idoli [5]e disseminerò le vostre ossa intorno ai vostri altari. [6]Su tutto il vostro suolo le vostre città saranno rovinate, le vostre alture demolite, distrutte, e i vostri altari spariranno. Saranno frantumati e scompariranno i vostri idoli, spezzati i vostri altari per l'incenso, periranno le vostre opere. [7]Trafitti a morte cadranno in mezzo a voi e saprete che io sono il Signore.

  A fare la parte del leone è la struttura di gomma, trenta metri per quindici, nata da un'idea di don Andrea Brugnoli...
 
 

Roma, 17 lug. (Adnkronos) - Preti e suore da spiaggia. Fanno proseliti i 'vu pregà' versione estiva che anche quest'anno hanno iniziato a riversarsi sulle spiagge per pregare insieme ai fedeli. A Fano, nelle Marche, parroci in prima linea nella 'spiaggia dei talenti'. A fare la parte del leone è la chiesa gonfiabile, trenta metri per quindici, nata da un'idea di don Andrea Brugnoli che ha innalzato l'enorme chiesa di gomma sulle sabbie di Bibione, Riccione, Ravenna, Campomarino Lido, Pescara, Marina di Ragusa, Palermo, Cagliari. La chiesa gonfiabile può ospitare seicento fedeli ed è costruita da un'azienda di Reano, in provincia di Torino, che produce mongolfiere. I motori immettono aria compressa. Tempo un minuto, ecco la chiesa in spiaggia.
Attivissime pure le suore del convento di Mondragone, nel Casertano che, su iniziativa del passionista padre Antonio Rungi, pregano sulla spiaggia insieme ai fedeli. Due cabine sono state trasformate in sagrestia e l'altare è stato allestito sotto due tende. "La formula convento-spiaggia è gradita a villeggianti e suore - spiega padre Rungi - Vogliamo continuare in questa positiva esperienza di fede con i residenti e soprattutto con i villeggianti che sono comunque numerosi a Mondragone. A loro non può mancare il sostegno spirituale".
E' rivolta soprattutto ad un pubblico di giovani l'iniziativa estiva ideata ad Arenzano, dalla diocesi di Genova, dove da un paio di anni ha aperto i battenti la prima 'discoteca cristiana'. L'idea è quella di fare ballare turisti e parrocchiani insieme.
La brillante idea si deve a don Roberto Fiscer, il vice parroco di Arenzano che di recente ha composto un brano musicale per i ragazzi che buttano via la vita fumando, bevendo e drogandosi. Prima di prendere i voti, don Roberto ha fatto per molti anni il dj sulle navi da crociera. Ed è stato un tutt'uno pensare di portare anche sulla terraferma il sound di 'Shake the devil off' (Scaccia via il diavoletto) e 'Gesù ti ama'.
Fede e vacanze, il binomio si ritrova anche nella casa del clero di Palidoro sul litorale laziale. Nella più assoluta privacy, preti e suore, confortati dalla lettura della Sacre scritture, si crogiolano al sole nella spiaggia isolata su cui sventola la bandiera bianca e gialla del Vaticano.

venerdì 15 luglio 2011

La massoneria in Vaticano e l'attendibilita' della lista di Mino Pecorelli... Che la gente sappia in che mani è stata la Chiesa durante e dopo il Concilio Vaticano II

Da questi brevi cenni si scorge chiaro abbastanza, che sia e che voglia la setta Massonica. I suoi dogmi ripugnano tanto e con tanta evidenza alla ragione, che nulla può esservi di più perverso. Voler distruggere la religione e la Chiesa fondata da Dio stesso, e da Lui assicurata di vita immortale, voler dopo ben diciotto secoli risuscitare i costumi e le istituzioni del paganesimo, è insigne follia e sfrontatissima empietà. Ne meno orrenda e intollerabile cosa egli è ripudiare i benefizi largiti per Sua bontà da Gesù Cristo non pure agl'individui, ma alle famiglie e agli Stati; benefizi, per giudizio e testimonianza anche di nemici, segnalatissimi. In questo pazzo e feroce proposito pare quasi potersi riconoscere quell'odio implacabile, quella rabbia di vendetta, che contro Gesù Cristo arde nel cuore di Satana.

Similmente l'altra impresa, in cui tanto si travagliano i Massoni, di atterrare i precipui fondamenti della morale, e di farsi complici e cooperatori di chi, a guisa di bruto, vorrebbe lecito ciò che piace, altro non è che sospingere il genere umano alla più abbietta e ignominiosa degradazione.

DI DON LUIGI VILLA. Download pdf

 ...Il 28 novembre 1977, un dispaccio dell’A.T.I. (= Agenzia Telegrafica Giudea) rendeva noto che «La Conferenza dei Vescovi cattolici e la “Lega contro la  diffamazione” del B’nai B’rith (ADL) annunciano la formazione di un gruppo di lavoro comune, destinato ad esaminare i problemi relativi alla fede degli Ebrei e dei Cattolici»32. – E il 7 maggio 1978, l’A.T.I. annunciava che il 10 maggio seguente, Paolo VI avrebbe ricevuto i rappresentanti dei B’nai B’rith, latori di un “documento” di 16 pagine, concernenti “l’Olocausto”33.
La Massoneria, quindi, era entrata non solo nella Chiesa-base, ma anche ai vertici del Vaticano, sia con ecclesiastici che laici! L’accerchiamento è giunto, ormai, “molto vicino al trono del Papa”34!
Comunque, non è una novità! Tale penetrazione era già stata attuata da almeno due secoli! Giovanni Paolo II, per esempio, ha attribuito la soppressione pontificia della “Compagnia di Gesù” all’opera della Massoneria 35. Questo significa che i “nemici” della Chiesa han sempre trovato le porte di accesso al Vaticano più che socchiuse 36. E questo è ammesso anche ai più alti livelli 37.
P. Raimondo Spiazzi, su questo, scrive:

«Sui Conclavi del futuro, Siri diceva che bisognava pregare per ottenere la grazia che coloro che vi avrebbero partecipato fossero veramente liberi da qualsiasi condizionamento ed influsso di parte, non solo di ordine etnico e politico, ma anche sociale. E che non vi arrivi in alcun modo la mano di qualche sètta, concludeva. Si riferiva alla Massoneria, della quale diceva di aver conoscenza, per confidenze dirette, ricevute da affiliati, e di sapere con quali trame essa cercava di attanagliare uomini ed organi del Vaticano, (non esitava a fare alcuni nomi!), col pericolo che arrivasse anche al Conclave. Forse, anche per questo, proponeva l’abolizione del segreto: che tutto avvenisse alla luce del sole»!

Anche Papa Albino Luciani era consapevole del pericolo massonico 38. Lo stesso Papa era molto polemico contro lo IOR, al tempo in cui “Il Corriere” era nelle mani dello IOR, e la P2 sceglieva i direttori 39. Naturalmente, però, lo IOR non avrebbe potuto agire senza l’avallo della Segreteria di Stato!Purtroppo, anche la pubblica e ripetuta ammissione del Gran Maestro Salvini, circa l’attuale appartenenza alla Massoneria divari “Alti Ecclesiasti”, è caduta nel vuoto! In un’altra “lettera” a Giordano Gamberini, (allora Gran Maestro della Massoneria Italiana!), Don Rosario Esposito dice che: «una serie di decisioni di Paolo VI sono una indiscriminata apertura verso la Massoneria» 40. E l’avvocato Mario Bacchiega, di Rovigo, docente di storia delle religioni in una facoltà romana, (e che conduce una rubrica per un’emittente televisiva regionale, spiegando ideali e riti dei “Figlidella luce”!), richiesto di «quali attendibili testimonianze esistono sull’appartenenza di ecclesiastici alla massoneria», ha risposto: «Ho visto molti  religiosi in Loggia, e mai del basso clero: si trattava sempre di persone rivestite di responsabilità» 41! Parlando del Vaticano II, affermò che, per ben due volte nel dicembre 1962 e nel novembre 1963 - il vescovo della diocesi messica-na di Quernavaca, mons. Sergio Mendez Arceo, intervenne chiedendo che venisse tolta la “scomunica” ai massoni, perché «ormai, c’erano molti ecclesiastici affiliati» 42! E il già Gran Maestro del “Grande Oriente d’Italia”, Giuliano Di Bernardo, sul “Corriere della Sera” del 23 marzo 1991, aveva detto: «Reagiremo agli attacchi del Papa; tra noi ci sono alti Prelati!».

***


A questo punto non c’è più da meravigliarsi della veridicità di quella “lista Pecorelli”! Persino “Panorama” del 10 agosto 1976, portando la sua lista - dove si finge di definirla inattendibile! - non esita, però, ad affermare: «Se l’elenco fosse autentico, la Chiesa sarebbe in mano ai massoni. Paolo VI ne sarebbe addirittura circondato. Anzi, sarebbero stati loro a fargli da grandi elettorie poi a pilotarlo nelle più importanti decisioni prese durantequesti 13 anni di pontificato. E, prima ancora, sarebbero stati loro a spingere il Concilio Vaticano II sulla strada delle riforme». Tutto vero - si dirà - qualora si consideri che detta “lista” riporta i nomi di ben due Cardinali (Villot e Casaroli) che sono stati nientemeno che Segretari di Stato della Santa Sede; e riporta anche quello di un altro cardinale (Poletti) che da Paolo VI fu fatto Vicario di Roma, e cioè, Suo rappresentante nel governo della Diocesi!E che dire, allora, quando quell’elenco porta come affiliati alla Massoneria anche altri Prelati autorevolissimi, come il card. Baggio e il card. Suenens e altri ancora?.. Vediamone, qui, almeno i principali, i più vicini e potenti collaboratori di Paolo VI.
(Riguardo la lista Pecorelli è interessante leggere l'articolo di Carlo Alberto Agnoli, "La massoneria alla conquista della Chiesa")...

1° - Mons. Pasquale Macchi
http://direland.typepad.com/direland/images/2008/03/26/mons_pasquale_macchi_paul_vi.jpgFu Suo Segretario personale. Gli fu vicino dal 1954 al 1978. Ebbene, anche il suo nome è incluso nella “lista Pecorelli”, tra i “presunti massoni”, con i “dati” ben precisi: Iscrizione:23/41958; :5463/2; Monogramma: MAPA.















2° - Il Cardinale Jean Villot
Della Sua appartenenza alla Massoneria ne parlerò, più dettagliatamente, anche nel capitolo VII di questo stesso libro. Egli fu per lunghi anni Segretario di Stato di Paolo VI, e poi, fino alla morte, (avvenuta il 9/3/1979) lo fu di Papa Giovanni Paolo I e di Giovanni Paolo II. Il Suo nome fu pubblicato anche sul mensile “Lectures Françaises”, tra altri ecclesiastici iscritti alla massoneria. Il Cardinale scrisse una lettera al direttore della Rivista, affermando di non aver mai avuto, “in alcun momento della Sua vita, il minimo rapporto con la framassoneria”. Ma è la solita negazione che devono fare tutti gli affiliati ad essa, specie se nei gradi superiori! Comunque, come sempre, le bugie hanno le gambe corte! Anche per Lui, quindi, perché venne tradito subito dopo morto, ritrovando tra le sue cose anche un libro intitolato: “Vita e prospettiva della Framassoneria Tradizionale”, di Jean Tourniac, “Grande Oratore” della “Gran Loggia Nazionale di Francia”. Sul frontespizio del libro, vi sono due dediche, manoscritte, dedicate proprio a Lui: una, dello stesso Autore; l’altra, del Gran Maestro della medesima Loggia! Anche questa è un’altra “prova” di quanto mi avevano asserito il Generale G. Leconte, dei “Servizi Segreti” francesi, e l’ufficiale Masmay (vedi cap. VII); e cioé che del massone cardinale Villot, anche “i suoi Genitori erano entrambi massoni della Loggia Rosa-Croce”! Del resto, le Sue posizioni teologiche ed i Suoi ideali furono sempre nella sfera dei vari cardinali e vescovi che figurano nella lista dell’“Osservatorio Politico” di Pecorelli, dove riporta, anche di Lui, i “dati” precisi: Iscrizione: 6/8/1966; Matricola: 041/3; Monogramma: JEANNI.

3° Il Cardinale Agostino Casaroli 

È anch’Egli nella lista di Mino Pecorelli, con questi “dati”: Iscrizione: 28/9/1957; Matricola: 41/076; Monogramma: CASA. Il paolino Padre Rosario Esposito, nel suo libro: “Le Grandi Concordanze tra Chiesa e Massoneria”43 riferisce che Casaroli, il 20 ottobre 1985, nell’occasione delle celebrazioni del 40°anniversario dell’ONU, tenne, nella chiesa di S. Patrizio, a New York, “un’omelia di vasto respiro”, i cui contenuti “attestano che le concordanze tra Chiesa e Massoneria possono essere consideratedi fatto aquisite”44.Che il Cardinale Casaroli sia “massone”, lo prova anche il Suo elogio sperticato al gesuita, eretico e massone Teilhard de Chardin, in una sua “lettera” inqualificabile, inviata, a nome del Papa, a mons. Poupard, rettore dell’“Istitut Catholique” di Parigi, in occasione della celebrazione del centenario della nascita di Pierre Teilhard de Chardin. Lo stesso Gran Maestro del Grande Oriente, Jacques Mitterand, in un suo intervento all’Assemblea Generale della Loggia, tenuta a Parigi dal 3 al 7 settembre 1967, aveva rivendicato alla Massoneria il merito delle pubblicazioni di Teilhard de Chardin, e aveva detto apertamente che «un bel giorno, è sorto dalle loro file uno scienziato autentico: Pierre Teilhard de Chardin» sottolineando che «le idee del gesuita Teilhard combaciano con quelle della Massoneria»! Ora, una tale “Lettera” la poteva scrivere solo un “massone”, dando corpo ad un apostata eretico, - mediocre scienziato, mediocre filosofo e mediocre teologo! - che, a un amico domenicano (ma che aveva già buttato alle ortiche anch’egli la sua sottana!) aveva manifestato i suoi progetti di “rinnovamento” della Chiesa in chiave neo-modernista! Un’altra “prova” dell’appartenenza alla Massoneria di Casaroli è stata data anche dall’avv. Ermenegildo Benedetti, già “Grande Oratore” del “Grande Oriente d’Italia” (quindi, il “numero due”, dopo il Gran Mestro - allora  Lino Salvini - della Massoneria Italiana!). Infatti sul settimanale “OGGI” del 17 giugno 1981, parlando dei “Fratelli”, aveva dichiarato: «Si diceva di Mons. Bettazzi, di Mons. Casaroli (…). Sia ben chiaro: non erano chiacchere di corridoio; erano “informazioni riservate” che ci scambiavamo noi dei vertici della Massoneria Italiana». (Da notare quel “non si parla, qui, di “chiacchere”, ma di autentiche “informazioni riservate”!). Infine, a conferma del fatto che il Card. Casaroli sia “massone”, posso dire che lo ha ammesso anche il Papa attuale, Giovanni Paolo II. Infatti, il giorno 15 ottobre 1984, è venuto da me un arcivescovo (col suo segretario), stretto collaboratore del Papa. Tra l’altro, mi disse di aver fatto leggere al Pontefice il mio articolo: “Il nuovo Concordato” (su “Chiesa viva” n° 145), il cui primo firmatario era appunto il Cardinale Casaroli. Ebbene, l’Arcivescovo mi disse di aver fatto notare al Papa che, nel mio articolo, si evidenziava che il cardinale Casaroli era iscritto sulle liste massoniche. Il Papa, allora, battendo il pugno tre volte sulla tavola, esclamò: «Lo so!.. lo so!.. lo so!..».

4° - Il Cardinale Ugo Poletti

 
Fu Vicario di Roma, e, quindi, il rappresentante di Paolo VI nel Governo della Diocesi di Roma. Compare anch’Egli sulla “lista” dei “presunti massoni” di Mino Pecorelli, con i “dati” ben precisi: Iscrizione: 17/2/1969; Matricola: 43/179; Monogramma: UPO.