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sabato 31 dicembre 2011

"...In poveri panni il figliol compose e nell'umil presepio soavemente il pose..." (A. Manzoni). Il caso di un Vescovo mollusco...

http://www.frontierarieti.com/wordpress/wp-content/uploads/2011/12/Presepe.jpg
Francesco lo insegna bene: a Natale niente risparmio, non è tempo di far penitenza (altro che "sobrietà"). Anche i muri vanno spalmati di carne, pure se il Natale capitasse di venerdì, arrivò ad affermare il Santo di Assisi in una sua nota iperbole. (Celano, Vita Seconda, FF 787: "Voglio che in un giorno come questo anche i muri mangino carne; e se questo non è possibile, almeno che ne siano spalmati all'esterno.")


Recentemente, parlando con un nostro amico Sacerdote vicino alla tradizione, siamo giunti alla conclusione che quasi tutti i Vescovi attuali sono dei molluschi, per avvalorare questa affermazione segnialiamo l'operato di uno di questi Vescovi molluschi, tale Monsignor Lucarelli, (nella foto).
Questo Vescovo mollusco avrebbe disposto di  fare il Presepe di Natale nella sua Cattedrale di Rieti in maniera più sobria, adducendo come motivo di dare un messaggio di sobrietà in questo momento di difficoltà economica che il nostro paese stà attraversando. Ma chi gli crede, forse solo i molluschi come lui, il vero motivo è l'odio a tutto ciò che sa di Tradizione, come appunto il Presepe: "La decisione di rinunciare allo storico presepe della Cattedrale (…) è anche un invito a rinnovare lo sguardo anche sulle tradizioni più ovvie, a superare ciò che l’uso ci ha indotto a dare per scontato, a rinunciare a quello che ci sembra necessario per concentrarci su quello che è davvero essenziale". A darne notizia sono Tornielli  Messainlatino e Cantualeantonianum, sorprende che questi signori, promulgatori di un falsa idea di Tradizione, si scandalizzino dell'operato di certi Vescovi molluschi, farebbero bene ad interrogarsi del perchè esistano Vescovi che oramai non sono nemmeno cristiani, ma fautori di un pernicioso modernismo conciliare in auge nella chiesa da 50 anni a questa parte...
Ora non staremo a spiegare il motivo teologico del Presepe, che anche un bambino riconoscerebbe, Nella speranza che questo Vescovo mollusco si ravveda per diventare almeno cristiano gli segnialiamo un pò di storia del Presepe che San francesco ideò miracolosamente proprio nella sua Diocesi:

L'origine del Presepe è legata a San Francesco, il quale - tornato dalla Terra Santa, dove si era recato pellegrino a Betlemme - volle riproporre l'iconografia della Natività. Inserì l'asino, il bue, la mangiatoia e il fieno nella sua ricostruzione, realizzata a Greccio nel 1223, Francesco meditava continuamente le parole del Signore Gesù e non perdeva mai di vista le sue opere.

C’è una Provvidenza. C’è un Dio e il suo tempismo è il migliore di tutti....

Numero CCXXXI (231) www.dinoscopus.org 31 Dicembre 2011


ANNO   NUOVO
E così un altro anno si chiude senza che il cielo sia sprofondato. Da decenni dico che sta per accadere, come per esempio a quel piccolo gruppo in Francia cinque o sette anni fa. Tra loro vi era un sacerdote della FSSPX che era stato seminarista a Ecône quand’io ero professore, tra la fine degli anni 70 e i primi degli 80. «Eccellenza – disse – non ne parlavate 25 anni fa?» Ma lo disse con un sorrisino, così che può aver pensato che un giorno potrei aver ragione.
Sarà allora il 2012 l’anno in cui il cielo sprofonderà?  Gran parte dei commentatori mondiali pensano che questo potrebbe essere l’anno nel quale l’economia mondiale imploderà. Certamente il debito non potrà continuare ad accumularsi come si è accumulato per decenni. Per esempio, le esigenze dello stato sociale sono un onere insopportabile per il bilancio di molte democrazie occidentali, ma quasi per definizione un politico democratico è incapace di prendere le severe misure necessarie per il ripristino della normalità fiscale, perché se vuole essere rieletto non può toccare lo stato sociale. È stato detto bene, che una democrazia può durare fino a quando le persone si rendono conto che la cassa dello Stato appartiene a loro.
Quindi, il 2012 sarà l’anno nel quale le democrazie occidentali finalmente crolleranno?  Forse sì, forse no. Molta gente oggi ha la sensazione di qualche disastro incombente. Si dice: non ci vorranno certo altri 30 anni perché arrivi! Ma ormai questo lo si dice da molti anni. Forse la gente è così ubriaca di liberalismo che dosi sempre crescenti di caos la lasciano indifferente. Tuttavia, le macine di Dio girano lentamente, dice il proverbio, ma macinano tutto. Il che significa che le bollette di Dio devono essere pagate e il giorno della resa dei conti arriverà, e perà conti molto più seri di quelli delle esigenze dello stato sociale.
Quest’anno, il prossimo, qualche volta, mai? Mai, no di certo! Arriverà nel momento giusto per Dio. L’anno è relativamente poco importante. Come dice Amleto (Atto V, 2), “C’è una provvidenza anche nella caduta di un passero. Se è ora, non è a venire; se non è a venire, sarà ora; se non è ora, pure sarà a venire: essere pronti è tutto”. C’è una Provvidenza. C’è un Dio e il suo tempismo è il migliore di tutti. “Gottes Zeit ist die allerbeste Zeit”, dice il proverbio tedesco.
Né Dio richiede alla gran parte di noi di intraprendere delle azioni per provare a trattenere la Chiesa e il mondo nella loro attuale corsa verso la distruzione. Scommetto che molti dei capi pubblici del mondo, in privato si sentono impotenti a fare qualsiasi cosa, e mi chiedo se anche i segreti maestri del mondo, fissati nel volerlo dominare, si sentono sempre sicuri di avere il giuoco in mano. “Solo io vi posso aiutare adesso”, ha detto la Madre di Dio.

venerdì 30 dicembre 2011

Esclusiva anteprima mondiale del grande concerto sinfonico, su musiche di Kiko Arguello, a Gerusalemme. Video da non perdere!...

,La celebrazione sinfonico-catechetica “La Sofferenza degli Innocenti” presentata martedì scorso a Betlemme per la comunità arabo-cristiana, ieri sera ha avuto un seguito a Gerusalemme per il mondo ebraico. L’evento – con la sinfonia composta da  Kiko Arguello, uno degli iniziatori del  Cammino Neocatecumenale – si è tenuto al Teatro della Municipalità della Città Santa alla presenza di oltre 600 persone tra cui molti esponenti religiosi e civili del mondo ebraico.
Kiko ha presentato la sua opera sul dolore della Vergine Maria e di Gesù nel Getsemani, che termina con il “trionfo musicale” del Resurrexit.
Di seguito un anteprima del "bellissimo"concerto della setta eretica Neocatecumenale:

giovedì 29 dicembre 2011

Ecco a voi un perfetto "profeta" del Conciliabolo modernista Vaticano II...

 Ho letto con interesse questi articoli sulla comunita di Sant'Egidio:

25 anni nella Comunità di Sant’Egidio. Un memoriale. (leggere con attenzione)

Sant’Egidio e l’Algeria. Le scomode rivelazioni dell’ambasciatore

Diario Vaticano/Sant’Egidio in libertà vigilata

Il "movimentismo" pst conciliare e le sue inquietanti implicazioni

Ma probabilmente il più interessante articolo che ho letto è questo di Maurizio Blondet. Mi sono fatto un idea abbastanza precisa su che razza di personaggio sia, Riccardi, questo promulgatore delle scelleratezze conciliari, adesso chi vuole può dire la sua, chiaramente senza scendere in volgarità che saranno censurate...

 

Leggo su un giornale che Andrea Riccardi, guru della Comunità di Sant’Egidio e neo-ministro alla Integrazione, a metà dicembre ha visitato il campo nomadi abusivo di Torino dato alle fiamme da gente incitata dalla notizia di uno stupro di una sedicenne, poi dimostratosi falso. Qui, il Riccardi ha promesso ai rom «case e stabilità»: cosa che non mi pare compresa nel programma del governo tecnocratico messo al potere.

Definito «Piano Salva-Italia» dalla neolingua, il piano tartassa e punisce fiscalmente chi la casa ce l’ha, ossia l’80% degli italiani; non accenna a dare una casa ai bisognosi italiani. Impone agli italiani rigori e austerità, estrae dalle loro tasche tutto il possibile per mostrare ai «mercati» che continueremo a pagare gli interessi sull’immane debito pubblico.

Da dove Riccardi ricava che in questo programma di rigore e tagli feroci, ci sia posto per dare – regalare – case ai rom?

A parte il fatto che i rom, quando gli vengono date case a spese del contribuente, non vi si stabiliscono, preferendo continuare a vivere nelle loro roulottes (è la loro «cultura» di nomadi) e tutt’al più usano gli appartamenti per accumularvi la refurtiva (è la loro cultura). Ma da dove Riccardi ricava questo suo programma?

Gli stessi giornali torinesi scrivono che Riccardi, «dopo avere visitato il campo, ha avuto un incontro alla sinagoga di Torino, uno dei 'primi luoghi di integrazione', secondo il ministro.

Si passa di meraviglia in meraviglia: la sinagoga «luogo d’integrazione»? Ha in mente Riccardi che in sinagoga gli ebrei apprendono che gli altri esseri umani sono «animali parlanti»? Ha un’idea di come Israele attui «l’integrazione» dei palestinesi, nei Territori e a Gaza? Di come l’ideologia ebraica dominante sia un razzismo feroce e irrazionalista?

Ma tutto diventa più chiaro quando si legge che la Comunità di Sant’Egidio organizza «giornate del dialogo» con il B’nai B’rith (la Massoneria riservata agli ebrei) come quella a Roma di metà gennaio 2009: dove lo stesso Riccardi, a fianco del rabbino Di Segni (bella tempra di umanitario integrazionista) ha avuto modo di confermare che la Sant’Egidio «ha fatto del rapporto con gli ebrei il punto focale della sua vita» (vedi Avvenire, 18 gennaio 2009, «Tra cattolici ed ebrei amicizia irrinunciabile»).

martedì 27 dicembre 2011

“HAEC EST ORA VESTRA ET POTESTAS TENEBRARUM!” A Trento, la chiesa di S. Simonino diverrà una sinagoga!...

d. CURZIO NITOGLIA

27 dicembre 2011

Il caso “S. Simonino”: un fatto storico
●«Simonino di Trento, Santo, Martire» (I. Rogger, voce Simonino, “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, 1953, vol. XI, col. 640). La S. Sede, con papa Sisto IV, ha permesso il culto privato di Simonino come Martire il 10 ottobre 1475, soli sette mesi dopo il suo martirio. Mentre per l’iscrizione di Simonino col titolo di “Santo” al “Martirologio Romano”: «San Simonino da Trento crudelissimamente trucidato dai Giudei in odio alla Fede» bisogna attendere il 1584 e per il culto liturgico pubblico a Simonino bisogna attendere il 1588 con papa Gregorio XIII. Ora il “Martirologio Romano” è un Libro Liturgico della Chiesa Universale ed ha un’importanza dogmatica e magisteriale enorme, che secondo alcuni confina con l’infallibilità, poiché rappresenta la “Fede pregata” secondo l’adagio “lex orandi, lex credendi”. In senso stretto anche se Simonino è chiamato “Santo” nel Martirologio non si tratta di canonizzazione, ma solo di Beatificazione, tuttavia è una Beatificazione sui generis poiché concede al Beato non solo un culto locale nella Diocesi di Trento, ma un culto universale in tutta la Chiesa, come al canonizzato. I teologi spiegano che Simonino pur se non è stato canonizzato de facto è canonizzabile de jure (cfr. Divinitas 2/2003, “Canonizzazione e infallibilità”).
●Annibale Bugnini alla voce “Martirologio” sulla “Enciclopedia Cattolica” (Città del Vaticano, 1953, vol. VIII, coll. 244-258) spiega che «Il Martirologio è un Libro liturgico della Chiesa universale e ne ha tutto il valore dogmatico». Ossia rientra nell’oggetto secondario dell’infallibilità in quanto Legge ecclesiastica universale.
●Simonino fu martirizzato il 23 marzo 1475 ed il 23 giugno 1475 il processo contro gli omicidi era terminato. Appena un mese dopo la fine del processo, il 20 luglio, papa Sisto IV nominò una ‘Commissario pontificio’ per esaminare accuratamente l’operato del Vescovo di Trento e del processo contro gli assassini di Simonino. Per andare ancora più a fondo il Papa, cinque mesi dopo, dovette nominare una ‘Commissione cardinalizia’, che lavorò dal dicembre del 1475 sino al 20 giugno del 1478. I sei cardinali che componevano la ‘Commissione’ nominata da Sisto IV emisero la seguente sentenza, approvata dal Papa stesso con una ‘Bolla pontificia’: “il processo si è svolto giuridicamente bene e correttamente”.
●Papa benedetto XIV con la Bolla “Beatus Andreas” del 22 febbraio 1755 dichiara Simonino da Trento e Andreas da Rinn canonizzabili come Santi universali, anche se sono stati soltanto dichiarati Beati con beatificazione ‘equipollente’ il primo e ‘formale’ il secondo.
●Leone XIII dopo un lungo studio del S. Uffizio (4 dicembre/26 marzo del 1900) approvò una ‘Risoluzione’ il 27 luglio del 1900 in cui, rispondendo agli ebrei della Gran Bretagna, che avevano chiesto alla S. Sede di dichiarare l’infondatezza dell’omicidio rituale ebraico, asseriva: «Non può essere concessa la dichiarazione di infondatezza dell’omicidio rituale, poiché vari omicidi rituali sono realmente accaduti» (cfr. G. Miccoli, Storia d’Italia, Annali, XI*, Torino, Einaudi, 2003, “Gli ebrei in Italia”, p. 1544).

Una questione cruciale: il valore magisteriale del Concilio Vaticano II...

Il Seminario Cattolico di Econe




Articolo di Don Michel Gleize,
Professore al Seminario S. Pio X di Ecône
e membro della commissione della Fraternità San Pio X
per i colloqui con la Santa Sede.

pubblicato sul sito della Fraternità








UNA QUESTIONE CRUCIALE

 
L’Osservatore Romano del 2 dicembre 2011 ha pubblicato uno studio di Mons. Fernando Ocáriz, uno dei quattro esperti che hanno rappresentato la Santa Sede negli ultimi colloqui dottrinali con la Fraternità San Pio X (da ottobre 2009 ad aprile 2011). In esso si affronta in tutta chiarezza (§1), ma in una maniera che rimane del tutto insufficiente (§2), la questione centrale del valore magisteriale del Concilio Vaticano II.

 
1

DEI PRINCIPI INCONTESTABILI

Nella prima parte del suo studio, il prelato spagnolo ricapitola le nozioni fondamentali già ricordate da Pio XII nella Humani generis [1]: il fatto che un atto del magistero della Chiesa non sia garantito dal carisma dell’infallibilità, proprio delle definizioni solenni, non significa che esso possa essere considerato «fallibile», nel senso che trasmetterebbe una «dottrina provvisoria» o anche delle «autorevoli opinioni». In senso lato questo significa che, quando non dà delle definizioni solenni e infallibili, il magistero è sempre assistito da Dio, e questa assistenza è necessaria per assicurare la trasmissione indefettibile del deposito della fede. In questo senso anche il semplice magistero ordinario beneficia di un certo carisma di verità [2]. L’infallibilità del magistero deve dunque estendersi in senso analogo, cioè a gradi diversi [3].

Ne deriva evidentemente che anche l’adesione dovuta alla verità proposta dal magistero si intende in modi diversi. Le definizioni solenni infallibili propongono ordinariamente, come tali, delle verità formalmente rivelate, alle quali è dovuto un assenso di fede teologale. Gli altri insegnamenti non definitori, per la verità proposta richiedono una adesione intellettuale indicata come assenso religioso interno, che comporta, oltre all’assenso nei confronti della verità propriamente detta, una certa parte di obbedienza nei confronti dell’autorità magisteriale. Infine, gli atti magisteriali possono contenere elementi che, non costituendo materia d’insegnamento propriamente detto, in quanto tali non esigono alcuna adesione.


2

UNA PROBLEMATICA INSUFFICIENTE

Questi richiami generali non presenterebbero alcuna difficoltà, se Mons. Ocáriz non li applicasse agli insegnamenti del Vaticano II. Infatti, secondo lui, anche se l’ultimo concilio non ha voluto definire alcun dogma, il carisma della verità e l’autorità magisteriale vi furono certamente presenti, al punto che il negarle all’insieme dell’episcopato riunito cum Petro et sub Petro per dare un insegnamento alla Chiesa universale, significherebbe negare una parte dell’essenza stessa della Chiesa. Di modo che, le affermazioni del Concilio che richiamano delle verità di fede richiedono evidentemente l’adesione di fede teologale, non perché siano state insegnate da questo Concilio, ma perché erano già state insegnate come tali in maniera infallibile dalla Chiesa, sia in virtù di una decisione solenne, sia col magistero ordinario e universale. Lo stesso assenso pieno e definitivo è richiesto per le altre dottrine richiamate dal Concilio e già proposte con un atto definitivo dai precedenti interventi magisteriali. Gli altri insegnamenti dottrinali del Concilio richiedono dai fedeli l’assenso religioso della volontà e dell’intelligenza.

Senza dubbio, ci si potrebbe felicitare nel vedere infine un teologo della Santa Sede introdurre tutte queste sfumature e con questo opporre il diniego più formale, quantunque implicito, a tutte le esposizioni unilaterali che fino ad oggi hanno presentato il Concilio Vaticano II in un’ottica massimalista, come fosse un dogma assolutamente intoccabile, «ancora più importante di quello di Nicea» [4]. Tuttavia, per quanto sia seducente per le sfumature e le distinzioni apportate, una simile analisi veicola alla sua radice un postulato che è lungi dall’essere evidente. In questo modo, lo studio di Mons. Ocáriz evita di rispondere alla domanda cruciale, rimasta ancora pendente tra la Fraternità San Pio X e la Santa Sede. Più esattamente, agli occhi del prelato dell’Opus Dei sembra che la risposta a questa domanda sia del tutto implicita, come se non fosse mai stato necessario affrontare la questione o come se non si fosse mai svolto alcun dibattito.

Esso invece si impone più che mai. Infatti, è lungi dall’essere evidente che il carisma della verità e l’autorità del magistero siano stati sicuramente presenti nell’ultimo concilio e che l’insieme dell’episcopato riunito cum petro et sub Petro abbia beneficiato dei lumi dello Spirito Santo per insegnare alla Chiesa universale. Che lo si voglia o no, non è scontato che l’ultimo concilio possa imporsi agli occhi dei cattolici, in tutto e per tutto come l’esercizio di un vero magistero, tale da richiedere la loro adesione ai diversi gradi indicati. Infatti, noi lo neghiamo, per delle ragioni seriamente fondate. In effetti, se si richiama la definizione tradizionale di magistero (§ 3-5) si è proprio obbligati a constatare che le procedure del Vaticano II non vi si conformano (§ 6-7). Tanto più che questa novità integrale del 21° concilio ecumenico si spiega in profondità in ragione di presupposti assolutamente inediti (§ 8-12).

 
3

LA RAGION D’ESSERE DEL MAGISTERO

L’unità della Chiesa e l’unità nella fede sono inseparabili, e giustamente il magistero ha il compito di salvaguardarle. A questo fine gli è necessario il carisma della verità, come il mezzo richiesto perché si conservi il bene comune della Chiesa, che è il bene dell’unità nella professione di una stessa fede. È la ragione addotta dalla costituzione Pastor aeternus del Concilio Vaticano I: «Perciò questo carisma di verità e di fede, giammai indefettibile, è stato accordato da Dio a Pietro e ai suoi successori in questa Cattedra, perché […] dopo aver eliminato ciò che porta allo scisma, tutta la Chiesa si mantenesse una» [5]. Allo stesso modo, San Tommaso spiega perché il papa, quando insegna il dogma, dev’essere divinamente assistito, e dev’esserlo precisamente in quanto agisce come capo, per salvaguardare l’unità della Chiesa: « E la ragione di ciò sta nel fatto che la Chiesa deve avere un'unica fede, secondo l'ammonimento di S. Paolo (1 Cor, 1, 10): “Dite tutti la stessa cosa, e non ci siano tra voi degli scismi”. Ma questo non si può osservare se, quando sorge una questione di fede, non viene definita da chi presiede su tutta la Chiesa, in modo che la sua decisione sia accettata dalla Chiesa intera con fermo consenso» [6]. È questa dunque la causa finale dell’attività del magistero, che spiega la sua indefettibilità nella fede. Il magistero è assistito da Dio nella misura in cui deve assicurare l’unità della Chiesa, che è l’unità della professione comune della fede. Questa assistenza non è dunque assoluta, ma limitata: essa accompagna la trasmissione della Rivelazione e non altro. Cristo ha detto ai suoi Apostoli che lo Spirito Santo li avrebbe assistiti per insegnare tutto ciò che Lui stesso aveva insegnato loro, né più, né meno [7].

Dunque, lungi dal costituire la dottrina, l’atto del magistero non fa altro che conservarla e dichiararla [8]: il magistero si definisce come tale in dipendenza oggettiva della rivelazione divina, di cui deve assicurare la trasmissione. Al momento dei dibattiti che precedettero l’adozione della costituzione Lumen gentium, i principali rappresentanti del «Coetus internationalis patrum», fra cui Mons. Lefebvre, proposero un emendamento significativo [9]. Questa modifica del testo dava ad intendere che, se le definizioni del romano pontefice sono irreformabili  per se stesse e non perché la Chiesa darebbe loro l’assenso,  è perché l’assistenza dello Spirito Santo non permette che esse possano mai contraddire la fede comune della Chiesa o allontanarsi da essa. La ragione di questo emendamento era proprio quella di mostrare (soprattutto al cospetto degli scismatici orientali) che il papa non ha il potere di definire arbitrariamente ogni specie di verità, anche al di fuori del deposito della fede. In occasione del primo concilio del Vaticano, il relatore incaricato di spiegare, a nome della Santa Sede, l’esatto significato del testo della Pastor aeternus, insistette nello stesso senso: dal momento che l’esercizio del magistero ha per ragion d’essere il bene comune dell’unità della fede, l’assistenza è data al papa perché egli possa preservare la fede comune della Chiesa[10]. Come è stato giustamente fatto notare[11], se, per una falsa prospettiva, si perde di vista il giusto rapporto che fa dipendere il magistero dalla Tradizione oggettiva, il Deus revelans rischia di passare in secondo piano a vantaggio della custos et magistra. Il mezzo per evitare questo rischio consiste nel ricordare qual è la definizione essenziale del magistero: una potenza ordinata al suo oggetto.

Poiché l’unità di una potenza deriva da quella del suo oggetto, l’unità del magistero è quella della verità rivelata [12]. L’una richiama l’altra, poiché la dottrina rivelata è il principio e il fondamento degli insegnamenti magisteriali, come l’oggetto specifico di un atto.
 

4

L’UNITA’ DELLA VERITA’ E DELLA RIVELAZIONE

Nella spiegazione sviluppata da Aristotele e San Tommaso [13], l’unità, lungi dall’escludere la molteplicità, la suppone e la supera, perché stabilisce giustamente un legame che mette in relazione e in ordine, gli uni in rapporto agli altri, diversi elementi che entrano in composizione e che per ciò stesso cesseranno di costituire una moltitudine informe. Questa composizione è precisamente ciò che riassorbe la molteplicità nell’unità. 

Come ha dimostrato il cardinale Franzelin [14], l’unità della verità rivelata e della Tradizione è per prima cosa e innanzi tutto l’unità di significato dei differenti dogmi, nell’espressione ordinata di una stessa verità. I dogmi sono distinti gli uni dagli altri, ma compongono un’unità, perché sono ordinati gli uni agli altri, nella misura in cui significano tutti in maniera complementare, gli uni in dipendenza degli altri, i differenti aspetti della stessa verità rivelata. E questo si spiega perché questa verità rivelata da Dio suppone il principio stesso di ogni verità, che è il principio di non contraddizione, il principio di non divisione a livello di significato, il principio dell’unità della verità. Questa unità della verità dogmatica passa per l’unità di significato delle parole che esprimono la verità.

È per questo che nella costituzione Dei Filius, il concilio Vaticano I afferma: «il senso dei sacri dogmi che deve sempre essere conservato è quello che la santa Madre Chiesa ha determinato una volta per tutte e non bisogna mai allontanarsi da esso sotto il pretesto e in nome di una intelligenza più profonda» [15]. E nel Giuramento antimodernista di San Pio X, al n° 4, è anche detto: «accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli Apostoli per mezzo dei padri ortodossi, nello stesso senso e sempre nello stesso contenuto; e per questo respingo totalmente l’eretica invenzione dell'evoluzione dei dogmi, che passano da un significato ad un altro, diverso da quello che prima riteneva la Chiesa» [16].

5

L’UNITA’ DEL MAGISTERO

lunedì 26 dicembre 2011

2011 SECONDA FASE ‘MONDIALISTA’ DELLA SVOLTA GIUDEO-CRISTIANIZZANTE ...

Vi sono oggi pure, e non sono scarsi, coloro i quali, come dice l'Apostolo: "Stimolati nell'orecchio, e non sostenuti da una sana dottrina, ammucchiano le parole dei maestri secondo i propri desideri e dalle verità si sviano e si lasciano convertire dalle parole" (II Tim. IV, 3, 4). Infatti tronfi ed imbaldanziti per il grande concetto che hanno dell'umano pensiero, il quale in verità ha raggiunto, la Dio mercè, incredibili progressi nello studio della natura, alcuni, confidando nel proprio giudizio in ispregio dell'autorità della Chiesa, giunsero a tal punto di temerità che non esitarono a voler misurare colla loro intelligenza perfino le profondità dei divini misteri e tutte le verità rivelate, e a volerle adattare al gusto dei nostri tempi. Sorsero di conseguenza i mostruosi errori del Modernismo, che il Nostro Predecessore giustamente dichiarò "sintesi di tutte le eresie" condannandolo solennemente. Tale condanna, o Venerabili Fratelli, noi qui rinnoviamo in tutta la sua estensione; e poiché un così pestifero contagio non è stato ancora del tutto sradicato, ma, sebbene latente, serpeggia tuttora qua e là, Noi esortiamo che guardisi ognuno con cura dal pericolo di contagio; che ben potrebbe ripetersi di tale peste ciò che di altra cosa disse Giobbe: "È fuoco che divora. fino alla perdizione e che sradica tutti i germi" (Job. XXXI, 12). Né soltanto desideriamo che i cattolici rifuggano dagli errori dei Modernisti, ma anche dalle tendenze dei medesimi, e dal cosiddetto spirito modernistico; dal quale chi rimane infetto, subito respinge con nausea tutto ciò che sappia di antico, e si fa avido e cercatore di novità in ogni singola cosa, nel modo di parlare delle cose divine, nella celebrazione del sacro culto, nelle istituzioni cattoliche e perfino nell'esercizio privato della pietà. Vogliamo dunque che rimanga intatta la nota antica legge: "Nulla si rinnova, se non ciò che è stato, tramandato"; la quale legge, mentre da una parte deve inviolabilmente osservarsi nelle cose di Fede, deve dall'altra servire di norma anche in tutto ciò che va soggetto a mutamento; benché anche in questo valga generalmente la regola: "Non nova, sed noviter".

[Brano tratto dall'enciclica “Ad Beatissimi Apostolorum Principis” di Benedetto XV; Papa dal 1914 al 1922].


d. CURZIO NITOGLIA
20 dicembre 2011
Avanproposito
● Prima del Vaticano II la distinzione e contrapposizione tra Cristianesimo e Giudaismo talmudico o post-biblico era pacifica.
Purtroppo la distinzione non solo pian piano si è affievolita (con Giovanni XXIII) ma è stata ribaltata con Nostra aetate e dall’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Cosi che dalla distinzione si è passati alla confusione e alla omologazione dottrinale e teologica degli opposti (Cristo e anti-cristi).
● Tuttavia restava un passo ulteriore da compiere. L’illustrazione di questo secondo livello è il cuore del presente articolo. Le dichiarazioni del rabbinato e dell’alto clero sono di una gravità inaudita, ma sono reali e bisogna prenderne atto. Dopo la livellazione dottrinale oramai compiuta, bisognava giungere a quella pratica: specialmente politica (1948, Stato d’Israele / 1993, suo riconoscimento da parte del Vaticano) ed economico-finanziaria (crisi del Dollaro e dell’Euro). A partire dal 2001 sino al 2011 abbiamo assistito al costante e progressivo innalzamento (quasi mascherato e non esplicitamente sbandierato) della “Torre di Babele” del ‘Nuovo Ordine Mondiale’ con una ‘Repubblica Universale’ (Usa/Israele) e un ‘Tempio Universale’ (Assisi I-III, 1986-2001). Proprio in questi ultimi mesi si parla apertamente ed esplicitamente di una seconda fase dell’azione congiunta ebraico-cristiana (non più dei soli colloqui), che deve preludere ad un Nuovo Ordine Mondiale economico/politico, il tutto alla luce della shoah e di Nostra aetate, che sono correlative come padre e figlio. Porgo al lettore le seguenti considerazioni con la speranza che i cristiani aprano gli occhi e non cadano vittime della globalizzazione religiosa e economico/politica, la quale è la peggior tirannia, mascherata da “democrazia”, che si possa immaginare.
● L’articolo che segue è un commento di questa seconda fase, partendo da Orwel e giungendo a Benson per mostrare come dalla shoah e Nostra aetate si sia arrivati oramai alla ultima fase di realizzazione economico-finanziaria del Nuovo Ordine Mondiale voluto dai rabbini e dagli ecclesiastici neomodernisti.
*




IL COMPIMENTO DELLA GLOBALIZZAZIONE:
2011 SECONDA FASE ‘MONDIALISTA’DELLA SVOLTA GIUDEO-CRISTIANIZZANTE
Globalizzazione finanziaria liberista o la ‘Repubblica universale’
Giovanni Paolo II nel Discorso al Corpo diplomatico del 24 febbraio 1980 aveva iniziato a gettare esplicitamente le basi della costruzione del Nuovo Ordine Mondiale dicendo: “Giustizia e sviluppo vanno per mano con la pace. Sono parti essenziali di un Nuovo Ordine Mondiale ancora da edificare. Sono una strada che conduce verso un futuro di felicità e di dignità umana”.
● Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate n. 67 (200*) ha iniziato a mettere in pratica il disegno pubblico del suo predecessore. Infatti ha scritto: “Per il governo dell’economia mondiale, per risanare le economie colpite dalla crisi, […] urge la presenza di una vera Autorità Politica Mondiale”.
● Il 24 ottobre del 2011 il Documento del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace a nome di Benedetto XVI ha auspicato la creazione di una Banca Centrale Mondiale scrivendo: “Esistono le condizioni per il definitivo superamento di un ordine internazionale nel quale gli Stati sentono la necessità della cooperazione. […]. Certo, questa trasformazione si farà al prezzo di un trasferimento graduale ed equilibrato di una parte delle attribuzioni nazionali ad un’Autorità Mondiale”.
● Il 13 dicembre 2011 l’Agenzia Sir ha riportato che il rabbino capo delle ‘Congregazioni Ebraiche Unite’ del Commonwealth Jonathan Saks la sera precedente (12 dicembre) era stato ricevuto in privato da Benedetto XVI e poi in pubblico presso l’Università Gregoriana ha esposto il piano concreto di una nuova forma di partenariato tra cristiani ed ebrei per “un’etica economica fondata sulle radici ebraico-cristiane”. In breve egli ha preso atto che la prima svolta ebraico-cristiana ha avuto luogo durante il Concilio Vaticano II e il primo post-concilio, ma essa era solo una svolta teologica; ora si tratta di operare una nuova e definitiva svolta pratica, politico-finanziaria simile a quella che hanno messo in atto i “leader politici d’Europa per cercare di salvare l’euro”. Il rabbino ha detto che dopo il Vaticano II è giunta l’ora di “iniziare un nuovo capitolo nelle relazioni ebraico-cristiane”. Dalle relazioni teologiche “faccia a faccia” occorre passare alle relazioni pratiche politico-finanziare “fianco a fianco”. Egli ha auspicato, rifacendosi a Benedetto XVI, che ebrei e cristiani possano essere “assieme” una “minoranza creativa” di un Nuovo Ordine Mondiale contro le forze radicalmente e aggressivamente secolarizzanti.
● Come si vede (“contro il fatto non vale l’argomento”) siamo in piena seconda fase o all’inizio della realizzazione del mondialismo. Dove ci porterà questa seconda tappa? Solo Dio lo sa con certezza. Tuttavia si può ricorrere a qualche autore, che aveva studiato e previsto il problema. Uno (Orwell) l’ho citato all’inizio, un altro (Benson) lo cito adesso.
Dalla shoah al mondialismo realizzato
G. H. Benson, Il padrone del mondo: «siamo quasi perduti e ci stiamo dirigendo verso una catastrofe alla quale dobbiamo essere preparati […] finché non tornerà il Signore» (Milano, Jaca Book, 2008, p. 12).
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Premessa
● Scrivo il presente articolo, riprendendo – in parte – argomenti già trattati in questo stesso sito, per evidenziare la gravità, oramai “terminale”, della situazione in cui ci troviamo a vivere da circa un anno (rivolte arabe, crisi del dollaro e dell’euro assommate, affrontamento di Usa/Israele e Russia/Cina/Iran nella regione della Siria, Palestina e Libano).
● La situazione può essere definita apocalittica a partire da quanto recentemente è stato detto – come citerò in basso – sia da autorità rabbiniche che da autorità ecclesiali.
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1946 UNA ‘PREDIZIONE’ DELLA GLOBALIZZAZIONE: ORWELL “1984

domenica 25 dicembre 2011

Abbiamo il Santo prottettore del Blog...Papa Benedetto XIV disse di lui "Fu crudelmente messo a morte in odio alla fede". Un grande Santo martire preso in odio dalla Gerarchia modernista conciliare...

 
Nel giorno Santissimo di Natale in cui è nato il Nostro Redentore ci siamo imbattuti, grazie al nostro carissimo amico Mario, nella figura luminosa del Santo Simonino, un giovane bambino Cristiano ucciso,in un rituale ebraico, a Trento all'incirca nel 1475. Ebbene questo luminosissimo  Santo è stato cancellato dalla Gerarchia corrotta Conciliare lo stesso giorno che fù firmato il documento massonico "Nostra Aetate". come non prendere ad esempio questo piccolo grande martire cattolico per prenderlo a protezione  del nostro blog?

San Simone da Trento
(festa liturgica 24 marzo)

Simone di Trento fu martirizzato il 23 marzo 1475. Dopo un'accurata inchiesta la Chiesa riconobbe la realtà del martirio dell'innocente fanciullo. Nel 1584 il suo nome fu iscritto nel Martirologio romano col titolo di Santo su ordine di Papa Gregorio XIII; nel 1588 Papa Sisto V concesse per la diocesi di Trento Messa e Officio proprio del Beato Simonino. La Bolla Beatus Andreas del 22 febbraio 1755 del Papa Benedetto XIV riconobbe nuovamente il culto prestato a san Simonino XIV affermando che "fu crudelmente messo a morte in odio alla fede", culto confermato da innumerevoli miracoli. Il popolo di Trento ha venerato il suo piccolo patrono fino ai giorni nostri.
 Bolla Beatus Andreas di Papa Benedetto XIV...
 ...Poi, però, tutto divenne chiaro. Sotto la consultazione delle prove, l'atto di omicidio insieme con la sua motivazione è stata provata, ed è anche certo che gli assassini erano ebrei, che emerge dai documenti del procedimento, che oggi sono ancora conservati negli archivi segreti di Engelsburg. Come abbiamo mostrato nel nostro lavoro di De Canonisatione, Libro 3, Capitolo 15, nr. 6, Papa Sisto IV, da un breve papale ha quindi approvato la celebrazione della Messa e l'Ufficio nel suo nome [Simone], da leggere nel giorno stabilito in città e il vescovato intero di Trento, per l'onore della Simon beato, e (il Papa) inoltre concessa l'indulgenza plenaria a tutti coloro che, avendo avuto il sacramento della Confessione e della Comunione, visitare la chiesa in cui sono venerate le sue reliquie nel suo giorno dell'anno.


San Simonino

«“Tu sei crocefisso e trafitto come Gesù l'appeso, in ignominia e vergogna come Gesù”. Per i partecipanti al rito sembra che l'infante cristiano avesse perduto la sua identità (se mai l'aveva posseduta ai loro occhi) e si fosse trasformato in Gesù “crocifisso e appeso”»
(Ariel Toaff, Pasque di sangue, ed. il Mulino, 2007, p. 196)

 Conferenza di don Francesco Ricossa - Superiore dell'Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Savoia - sul libro censurato di Toaff. Trento 17.03.2007, in cui si parla del Beato Simonino...

1° Parte


2° Parte


sabato 24 dicembre 2011

NATIVITÀ DEL SIGNORE (s) In Nativitate Dómini Nostri Iesu Christi - 25 Dicembre...

Se dunque Verbo significa Dio e carne significa uomo, che cosa significa: il Verbo si è fatto carne se non «Colui che era Dio si è fatto uomo»? e perciò colui che era Figlio di Dio è divenuto figlio dell’uomo assumendo ciò che era inferiore, non mutando ciò che era superiore; prendendo ciò che non era, non perdendo ciò che era” (S. Agostino, Sermone 186,2; NBA XXXII/1, pag. 15).

Riconosci, cristiano, la tua dignità
Da «Discorsi» di san Leone Magno, papa
(Disc. 1 per il Natale, 1-3; Pl 54, 190-193)


Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita.

Il Figlio di Dio infatti, giunta la pienezza dei tempi che l'impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l'assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita del Signore gli angeli cantano esultanti: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Essi vedono che la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo. Di questa opera ineffabile dell'amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro altezza, quanto non deve rallegrarsi l'umanità nella sua miseria! O carissimi, rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, perché nella infinita misericordia, con cui ci ha amati, ha avuto pietà di noi, e, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo (cfr. Ef 2, 5) perché fossimo in lui creatura nuova, nuova opera delle sue mani.

Deponiamo dunque «l'uomo vecchio con la condotta di prima» (Ef 4, 22) e, poiché siamo partecipi della generazione di Cristo, rinunziamo alle opere della carne. Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all'abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole e non sottometterti di nuovo alla schiavitù del demonio. Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il sangue di Cristo...

venerdì 23 dicembre 2011

"Ecco cos’è che mina la Chiesa. Per uscire da questa crisi, bisogna «restaurare tutte le cose in Cristo» (Ef. 1, 10). DarGli il primo posto dappertutto e in tutto, a Lui che vuol essere tutto in tutti. Fino a quando non si vedrà andar via quest’aria liberale che impesta la Chiesa, essa continuerà a deperire".

Lettera di Mons. Bernard Fellay agli Amici e Benefattori (n. 79)


Cari amici e benefattori,
Fra pochi giorni celebreremo il felice avvenimento della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo.

La santa liturgia dell’Avvento e del tempo di Natale è piena della fede nella divinità di Nostro Signore. Richiamandosi soprattutto al Vecchio Testamento, là ove è profetizzata la sua venuta, essa impregna la nostra intelligenza e il nostro cuore della grandezza infinita delle prerogative e dei diritti del Bambino appena nato.
«Colui che da tutta l’eternità è nato da un padre senza madre, nasce nel tempo da una Madre senza padre!» (Professione di fede dell’XI Concilio di Toledo).
Ricevendo la sua natura umana dalla Santissima Vergine Maria, sua Madre, di cui Egli preserva la Verginità, Egli prova per ciò stesso che non ha perduto alcunché della sua Divinità. «Nel roveto che vedeva Mosè e che non si consumava, noi riconosciamo la vostra lodevole Verginità conservata.» (Antifona delle Lodi, 1° gennaio), Vero Dio, vero uomo, alla Chiesa piace accogliere il Salvatore Gesù onorandolo col titolo di Re.
Il Re della pace. Rex pacificus. Qui ci piace sviluppare un po’ questa verità, che è come al cuore della crisi che scuote la Chiesa e che condiziona le relazioni della Fraternità San Pio X con la Santa Sede.
*
In effetti, ci sembra che il fondo del problema attuale si possa riassumere in una perdita della fede nella divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Oh! Certo molti protestano che credono che Gesù è Dio, ma ben pochi sono pronti a trarre le conseguenze concrete di questa verità fondamentale che esploderà agli occhi del mondo intero alla fine dei tempi. In quel momento, Egli lascerà finalmente risplendere la sua gloria in tutta la sua perfezione. L’estensione dei suoi poteri su tutte le creature sarà tale che tutti gli uomini – pagani, cristiani, atei, miscredenti, banditi e fedeli – tutti saranno prostrati davanti a Lui, poiché all’evocazione del suo Nome ogni ginocchio si piegherà sulla terra come in cielo (Cfr. Fil. 2, 10).
Per il breve tempo della sua vita terrena, durante la quale si è compiaciuto di stare tra noi, Egli ha nascosto in parte la sua sovranità. Ma si trattò del tempo della prova, del tempo per compiere la sua missione redentrice: «È morto per i nostri peccati» (1 Cor. 15, 3).
Ma durante questo tempo in cui ha nascosto ai nostri occhi la sua onnipotenza, Egli non l’ha perduta in niente. «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra» (Mt. 28, 18) è un’affermazione da prendere alla lettera, Lui che crea tutte le cose, per cui tutto è stato creato, senza di cui niente è stato fatto di ciò che è stato creato (Cfr. Gv. 1, 3).
Il rifiuto pratico della divinità di Nostro Signore si manifesta spesso nella storia degli uomini con il rigetto della sua Regalità, che è già il titolo e la ragione della sua condanna: «Jesus Nazarenus, Rex Judaeorum» (Gv. 19, 19).
E nella storia, molto spesso il rigetto di Dio si manifesta col rigetto della sottomissione a Nostro Signore Gesù Cristo.

 
Bisogna arrivare a metà del XX secolo per assistere a quell’incredibile avvenimento che permette di vedere un concilio che, in nome dell’adattamento alla situazione concreta della società umana in piena decadenza, modifica la proclamazione di tutti i tempi: «Bisogna che Egli regni» (1 Cor. 15, 25). Si pretende che questo modo di fare sia in armonia con i Vangeli, mentre invece è proprio il contrario.

«Dicon d’essere giudei e non sono, ma sono sinagoga di Satana»

OMELIE CONTRO GLI EBREI di San Giovanni Crisostomo.
Invero non stupitevi se ho definito miseri i Giudei. Infatti sono ben sventurati e disgraziati poiché hanno ricevuto nelle loro mani tanti beni e li hanno ripudiati, ed hanno respinto i tesori che erano loro offerti. È sorto per loro il sole della giustizia ed essi, rifiutati i suoi raggi, stanno nelle tenebre:
mentre noi che eravamo nelle tenebre, abbiamo attirato a noi la luce e ci siamo liberati dall’ombra dell’errore. Essi erano i rami della radice sacra (Rom. XI,16 - 17) ma sono stati spezzati; noi non eravamo parte della radice, eppure abbiamo portato il frutto della pietà. Essi hanno letto i Profeti sin dalla più tenera età ed hanno crocifisso Colui che dai Profeti era stato annunziato. Noi che non avevamo mai udito parlare delle Sacre Scritture, noi abbiamo adorato questo stesso crocifisso. Perciò essi sono miseri, perché hanno respinto i beni che erano loro inviati mentre altri li hanno presi per sé, portandoli loro via. Ma essi, chiamati ad essere adottati come figli, si sono abbassati alla condizione di cani: noi che eravamo nella condizione di cani, con l’aiuto della grazia divina abbiamo potuto spogliarci di questa indole bruta ed elevarci alla dignità di figli. Cosa lo fa manifesto? Cristo ha detto alla donna di Canaan "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cuccioli" (Mt. XV, 26), designando come figli i Giudei e come cani i gentili. Vedete quindi come
l’ordine è stato invertito, i Giudei sono diventati cani e noi figli. "Guardatevi dai cani, dice Paolo, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi dai circoncisi. Siamo noi i circoncisi" (Filipp. III, 2-3). Vedete dunque come quelli che prima erano figli sono caduti nella condizione di cani? Volete sapere in qual modo noi che eravamo nella condizione di cani siamo diventati figli? "Invero, a tutti coloro che lo hanno ricevuto, Egli ha dato il potere di diventare figli di Dio" (Gv. I, 12). Nulla è più miserabile di questi Giudei che da ogni parte vanno in senso contrario alla loro salvezza. Quando bisognava osservare la Legge, essi l’hanno calpestata: adesso che la Legge è stata abrogata, con insistenza essi vogliono che sia osservata. Che cosa ci potrebbe essere di più miserabile di costoro che dispiacciono a Dio non soltanto quando trasgrediscono la Legge ma anche quando la osservano? Per questo è detto: "Duri di cervice e incirconcisi di cuore, voi sempre resistete allo Spirito Santo" (Atti VII, 51): non soltanto violando le leggi, ma anche volendole osservare a sproposito.
    
Il cardinal Bea stringe la mano a rabbi Abraham Joshua Heschel durante il meeting del 1963 con la rappresentanza dell'American Jewish Committee...

Il «piano Seelisberg» che incantò Giovanni XXIII
di Alberto Fontan
Fonte: EffedieffeSegnalato da: Mazarino
      Il cedimento della Chiesa, programmato e imposto dagli ebrei, è accettato e fatto proprio dalla vile accondiscendenza dei "buoni", che i fatti denunciano come lupi e traditori di quel Gesù che, sull'esempio di Giuda, baciano per venderlo ai nemici.
Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione
      Scrive De Poncins: «Il professor Jules Isaac nel 1959 diede una conferenza alla Sorbona [Parigi] sulla necessità di rivedere l’insegnamento cristiano sui giudei chiudendolo con un appello al senso di giustizia ed amore della verità di Papa Giovanni [XXIII].
      Poco tempo dopo incontrò vari prelati della Curia Romana, in particolare i cardinali Tisserant, Jullie, Ottaviani, ed il cardinale Bea; ed il 13 giugno 1960 gli fu concessa un’udienza dal Papa (Giovanni XXIII), a cui chiese di condannare ‘l’insegnamento del disprezzo’ (1), suggerendogli di predisporre una sottocom-missione per studiare specificamente il problema.
     
Dopo qualche tempo Jules Isaac ‘apprese con gioia che i suoi suggerimenti erano stati presi in considerazione dal Papa e passati al cardinale Bea (2) per essere Esaminati’. Quest’ultimo costituì uno speciale gruppo di lavoro per studiare le relazioni tra la Chiesa ed Israele, che finalmente produssero il voto del Concilio del 20 novembre 1964». (3)
      «Egli [Isaac] chiedeva, o piuttosto insisteva, che il Concilio:
      -Condannasse e sopprimesse tutte le discriminazioni razziali, religiose o nazionali riguardo ai giudei;
      -modificasse o sopprimesse le preghiere liturgiche concernenti i giudei, specialmente quelle del Venerdì Santo;
      -dichiarasse che i giudei non sono in alcun modo responsabili per la morte di Cristo, per la quale si deve biasimare l’intera umanità;
      -sopprimesse i passaggi degli Evangelisti, e principalmente quello di san Matteo, che Jules Isaac descrive lividamente come un mentitore e pervertitore della verità, nei quali essi riportano la storia cruciale della Passione;
      -dichiarasse che la Chiesa è sempre stata degna di biasimo per questo stato di guerra latente che è persistito per duemila anni tra i giudei, i cristiani e il resto del mondo;
      -Promettesse che la Chiesa avrebbe definitivamente cambiato la sua attitudine in uno spirito di umiltà, contrizione e ricerca di perdono riguardo ai giudei, e che avrebbe fatto ogni sforzo per riparare i torti che essa ha fatto loro, rettificando e purificando il suo tradizionale insegnamento secondo i dettami indicati da Jules Isaac.
      Nonostante l’insolenza del suo ultimatum e delle virulente accuse agli Evangelisti e all’insegnamento dei Padri della Chiesa, fondato sulle parole stesse di Cristo, Jules Isaac ricevette forte supporto dal clero, anche a Roma, e da molti membri dell’Amitié Judéo-chrétienne». (4)
            Prima di inoltrarci nella vicenda Seelisberg, conviene rilevare che il giudaismo attuale, ancor più di quello del tempo della
Madonna e di Gesù, non ha nulla a che vedere con le Sacre Scritture e la Legge dell’Antico Testamento (ovvero la Torah), che erano tuttavia allora, sia pur da pochi, ancora conosciute, e talvolta spiritualmente applicate come regola morale.
      Esse sono oggi totalmente ignorate dagli odierni giudei.
      Il giudaismo infatti non inizia con Abramo, come molti credono.
      La religione del giudaismo sorge a Babilonia, oltre duemila anni dopo, durante la «cattività di Babilonia» (721-538 avanti Cristo).
      E’ là che, in assenza del «tempio» distrutto nel 586 si sviluppa la «sinagoga».
      Il «libro» per cui il giudaismo si fa chiamare religione del libro non è affatto la Bibbia, non è per nulla la Torah, ma bensì «l’arcipelago» orale del Talmud che sarà infine messo per iscritto solo intorno al VI secolo dopo Cristo.
      Come ha scritto giustamente rabbi Ben Zion Boxer, «il Giudaismo non è la religione della Bibbia». (5)
      «Questa non è una impressione insolita e la si trova a volte tra i giudei, come anche tra i cristiani, che il giudaismo cioè sia la religione della Bibbia ebraica. Si tratta naturalmente di una impressione fallace. [...]
      Chiunque cercasse di paragonare la tradizione ebraica classica col mondo biblico della fede e della vita troverebbe dei sorprendenti contrasti. [...]
      Molto di ciò che esiste nel giudaismo è assente nella Bibbia, e molto di ciò che si trova nella Bibbia non può esser trovato nel giudaismo». (6)

martedì 20 dicembre 2011

"Ma fin quando Pietro, per un periodo prolungato, come accade oggi, manifesta con le parole e soprattutto con gli atti di aver perso la Fede in maniera impressionante, se non del tutto - cosa che non appare lontana -, allora una organizzazione nella posizione della Fraternità dev’essere, anche per dei motivi soprannaturali, ben lungi dal pensare di precipitarsi sotto le gonne romane".

Dichiarazioni rilasciate da S. Em. Rev.ma Card. Joseph Ratzinger 
Ratzinger ai giornalisti, 

in occasione della presentazione del suo nuovo libro 

"Introduzione allo spirito della liturgia", 

a Milano, il 2 aprile 2001
(Tratte dai dispacci delle agenzie ANSA e ADNKRONOS)

Cosi' si esprimeva il futuro Papa Benedetto XVI nei confronti della fraternità San Pio X:

«Auspico, spero e prego perchè si chiuda la ferita aperta nel 1988 con il movimento dei lefevriani, ma il cammino è ancora lungo». 
«C'è un indurimento forte in questo movimento, noto una chiusura in loro stessi, e questo rende problematico il processo di riconciliazione, almeno in tempi brevi.(posizione confermata nella LETTERA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AI VESCOVI IN OCCASIONE DELLA PUBBLICAZIONE DELLA LETTERA APOSTOLICA "MOTU PROPRIO DATA" SUMMORUM PONTIFICUM SULL'USO DELLA LITURGIA ROMANA  ANTERIORE ALLA RIFORMA EFFETTUATA NEL 1970). Non c'è bisogno soltanto di un'azione diplomatica, quanto di un cammino spirituale perchè si possa risanare la frattura».
«All'interno della Chiesa le ferite si risanano meglio: se il confronto avviene fuori, le distanze rischiano invece di ampliarsi. Noi dobbiamo fare il possibile per attirare questi nostri fratelli e sorelle, per ridare loro la fiducia che non hanno più. Dobbiamo avere la generosità di accettare che all'interno della Chiesa si esprimano forme rituali diverse nella comune tradizione cristiana, e loro devono comprendere che la liturgia rinnovata è sempre la stessa liturgia della Chiesa.(questa è la più grande falsità che oggi si possa affermare, deve essere che non ha letto il "Breve esame critico del Novu Ordo Missae") Anche se il cammino non sarà breve, come in tutti i conflitti familiari, dobbiamo mettere un punto di inizio nel processo di riconciliazione».


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LETTERA DI MONS. RICHARD WILLIAMSON
ai fedeli di lingua inglese,

sui contatti fra la Santa Sede e Fraternità San Pio X

 FEBBRAIO 2001


                                                                



Mons. Richard Williamson è uno dei quattro Vescovi della Fraternità San Pio X consacrati da Mons. Lefèbvre nel 1988. 


Come molti sanno, in questi ultimi mesi si sono ristabiliti dei contatti tra Roma e la Fraternità Sacerdotale San Pio X. Teoricamente dovremmo compiacercene, poiché è la prova che la Fraternità non è un’entità inesistente agli occhi di Roma, come la stessa Roma ha preteso fin dal 1988. 
Ma, in pratica, circola ogni sorta di indiscrezione e i fedeli cattolici legati alla loro Fede sono inquieti. Che sta succedendo?
Innanzi tutto, sia chiaro, che per un verso, nessuna persona ragionevole potrà aspettarsi che, nella mia posizione, io riveli tutto quello che so. Per altro verso, tutto ciò che tocca la Fraternità riguarda ogni cattolico, e quindi, a maggior ragione, ogni cattolico che come tale è impegnato con la Fraternità; ed è logico che questi sia informato, intanto per essere aiutato a comprendere la posta in giuoco, poi per partecipare alla difesa della Chiesa, sua Madre, laddove Nostro Signore l’ha voluta sul campo di battaglia.
Non faremo un rapporto dettagliato dei recenti contatti, ma esporremo alcune considerazioni generali sul quadro complessivo e sui suoi elementi qualitativi. A questo proposito, conoscere esattamente quanto sta accadendo è meno importante di sapere perché sta accadendo. Per di piú che, in questo momento, nessuno tra noi è in grado di sapere con precisione dove porteranno questi contatti. E tuttavia ognuno di noi dev’essere pronto a reagire in funzione di ciò che essi potrebbero produrre.
Prima considerazione: sia chiaro che l’iniziativa dei recenti contatti viene da Roma. È Roma che ha ripreso i contatti l’estate scorsa, e non la Fraternità. Il Cardinale Castrillon Hoyos ha aperto il fuoco con una lettera a ciascuno dei quattro Vescovi, lettere che iniziavano: “Mio caro fratello”, e dove si dichiarava che il Papa era a braccia ben aperte per accoglierci (Io giunsi quasi alle lacrime nel leggerla…).
Seconda considerazione: Era inevitabile che Roma tentasse di riprendere contatto con la Fraternità, non perché la Fraternità è la Fraternità, o per i suoi begli occhi, o per non si sa bene perché, ma a causa del fatto che, per grazia di Dio e della collaborazione umana a questa grazia, la Fraternità si trova ad avere conservato il deposito della Fede, attorno al quale le autorità ufficiali della Chiesa di Cristo piroettano come farfalle intorno al fuoco, anche se esse stesse hanno perduto questo deposito. E anche se la Fraternità perdesse questo deposito - cosa umanamente possibile - e Roma perseverasse a rigettarlo, accadrebbe che un giorno Roma volteggerebbe attorno a qualsiasi altra luce accesa da Dio al posto di una Fraternità che si fosse lasciata prendere essa stessa in trappola.
In terzo luogo, fin quando una organizzazione come la Fraternità conserverà la Fede, mentre Roma non l’avrà piú, essa manterrà una posizione preminente per tutto ciò che attiene agli affari cattolici, e ogni genere, tipo o forma di negoziato che permettesse a Roma di ritornare al posto di comando in questa condizione equivarrebbe ad un tradimento della Fede. Indubbiamente, nel momento in cui Roma ritornasse alla Tradizione, ritroverebbe il suo posto di conduttrice, perché è cosí che Nostro Signore ha edificato la sua Chiesa: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt XVI, 16). Ma fin quando Pietro, per un periodo prolungato, come accade oggi, manifesta con le parole e soprattutto con gli atti di aver perso la Fede in maniera impressionante, se non del tutto - cosa che non appare lontana -, allora una organizzazione nella posizione della Fraternità dev’essere, anche per dei motivi soprannaturali, ben lungi dal pensare di precipitarsi sotto le gonne romane. L’onere della prova spetta a coloro che affermano che sono maturi i tempi per il negoziato, non certo a coloro che affermano il contrario. Impegnarsi in trattative al termine di un tale periodo, senza prima aver prodotto questa prova, sarebbe quasi un tradimento della Fede.

lunedì 19 dicembre 2011

"Pertanto, il Vaticano II non è vero Magistero della Chiesa, tale che la cosa che il cattolico deve fare è mostrare che c’è davvero rottura con la Tradizione, come fece Mons. Lefebvre, invece di far finta che tale rottura non ci sia".

Numero CCXXXI (231) www.dinoscopus.org  

      17 Dicembre 2011


ROMA  INSISTE
All’incirca nello stesso periodo in cui Mons. Fellay faceva sapere che la FSSPX chiederà dei chiarimenti sul Preambolo Dottrinale, la risposta ai colloqui dottrinali svoltisi dal 2009 alla primavera di quest’anno, uno dei quattro teologi romani che presero parte a questi colloqui, Mons. Fernando Ocáriz, ha pubblicato un articolo, “Sull’adesione al Concilio Vaticano II”. Il suo tempismo dimostra che non siamo fuori dai guai, al contrario! Ma veniamo ai suoi argomenti, che almeno sono chiari.
Nella sua introduzione egli sostiene che il Concilio “pastorale” è stato comunque dottrinale. Ciò che è pastorale è basato sulla dottrina. Ciò che è pastorale intende salvare le anime, il che implica la dottrina. I documenti del Concilio contengono parecchia dottrina. Bene! Quanto meno, il Monsignore non cerca di schivare le accuse dottrinali rivolte al Concilio, dicendo che non fu dottrinale, come hanno fatto molti difensori di questo Concilio.
In seguito, circa il Magistero della Chiesa in generale, egli sostiene che il Vaticano II fu condotto da vescovi cattolici che hanno “il carisma della verità, l’autorità di Cristo e la luce dello Spirito Santo”. Negarlo, egli dice, “significa negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa”. Ma, Monsignore, che dire allora della massa dei vescovi cattolici che seguirono l’eresia ariana sotto Papa Liberio? Eccezionalmente, perfino la quasi totalità dei vescovi cattolici può andare dottrinalmente fuori strada. Se è successo una volta, può succedere ancora. È successo col Vaticano II, come dimostrano i documenti.

Continua quindi, sostenendo che gli insegnamenti non dogmatici e non definiti del Concilio richiedono nondimeno l’ossequio dei cattolici, “ossequio religioso della volontà e dell’intelletto”, che costituisce “un atto di obbedienza, radicata nella fiducia nell’assistenza divina al Magistero”. Monsignore, ai vescovi conciliari, come ai vescovi ariani, Iddio offrì indubbiamente tutta l’assistenza di cui avevano bisogno, ma essi la rifiutarono, com’è dimostrato nel caso di Vaticano II dall’allontanamento dei loro documenti dalla Sua Tradizione.
Infine, Mons. Ocáriz dà per scontato che dal momento che il Magistero cattolico è in continuità e il Vaticano II è stato Magistero, i suoi insegnamenti possono essere solo in continuità col passato. E se appaiono in rottura col passato, la cosa che il cattolico deve fare è interpretarli come se non vi sia alcuna rottura, come fa per esempio “l’ermeneutica della continuità” di Benedetto XVI. Ma, Monsignore, questi argomenti possono essere ribaltati. In effetti, vi è rottura dottrinale, come risulta dall’esame degli stessi documenti conciliari. (Per esempio, vi è (Vaticano II), o non vi è (Tradizione) un diritto umano a che non venga impedita la diffusione dell’errore?).
 

Pertanto, il Vaticano II non è vero Magistero della Chiesa, tale che la cosa che il cattolico deve fare è mostrare che c’è davvero rottura con la Tradizione, come fece Mons. Lefebvre, invece di far finta che tale rottura non ci sia.
Per ultimo il Monsignore afferma che solo il Magistero può interpretare il Magistero. Il che ci riporta punto e a capo.
Cari lettori, Roma non è affatto fuori dai guai. Che il Cielo ci aiuti.
                                                                                                                                
Kyrie eleison.