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giovedì 27 febbraio 2014

80° anniversario di un grande difensore della fede cattolica dal satanico modernismo : Monsignor Umberto Benigni...

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Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 25/14 del 27 febbraio 2014, San Gabriele dell’Addolorata

 
Mons. Umberto Benigni: intervista a don Francesco Ricossa
In occasione dell’80° anniversario della morte di Mons. Umberto Benigni (Perugia, 30/3/1862 – Roma, 27/2/1934), sabato 1° marzo l’Istituto Mater Boni Consilii organizza a Roma una conferenza di don Francesco Ricossa, superiore dell’Istituto e direttore della rivista Sodalitum, che si terrà al Pick Center, in via Boezio 6 (Prati). Il giorno seguente, domenica 2 marzo, don Ricossa celebrerà all’oratorio San Gregorio VII, in Via Pietro della Valle 13/b alle ore 11 una S. Messa in suffragio dell’anima di Mons. Benigni.
http://federiciblog.altervista.org/2014/02/02/80-anniversario-della-morte-di-mons-umberto-benigni-1-marzo-2-marzo-2014/

Il Centro Studi Federici ha rivolto alcune domande a don Francesco Ricossa sulla figura e sull’opera di Mons. Benigni.

Reverendo, il 27 febbraio 2014 ricorre l'80° anniversario della morte di Mons. Umberto Benigni, deceduto a Roma nel 1934. Può illustrarne brevemente la figura ai nostri lettori?

Quella di Mons. Benigni è una figura interessantissima e poliedrica. Fu, innanzitutto, sacerdote, entrato in seminario, a Perugia, alla tenera età di 11 anni, ed ebbe sempre del sacerdozio cattolico e della Chiesa Romana altissima opinione. Fu uno storico; non solo, ma un rinnovatore degli studi storici ecclesiastici. Fu docente a livello universitario: insegnò a Roma al Seminario Romano (futura Università Lateranense), al Seminario Vaticano, al Collegio di Propaganda Fide, all'Accademia dei Nobili Ecclesiastici… tra i suoi allievi figurano Pio XII, Giovanni XXIII, numerosi cardinali, anche futuri avversari, come Buonaiuti. Fu giornalista, tutta la vita: direttore di giornali (chiamato per questo, appositamente, da Leone XIII a Roma), di agenzie stampa, di riviste, si muoveva nel mondo della carta stampata come a casa sua, influenzando non solo il mondo cattolico, ma anche la stampa laica. A lui e al suo genio si deve la prima sala stampa vaticana. Fu sociologo, anzi uno dei pionieri della sociologia cattolica, come testimonia la sua opera storica principale che, non a caso, s'intitola "Storia sociale della Chiesa". Fu militante cattolico ed esperto della dottrina sociale della Chiesa, esponente di primo piano dell'Opera dei Congressi, e poi fondatore del Sodalitium Pianum. Fu uno dei principali esperti della questione ebraica e massonica, in piena sintonia con Leone XIII, che per primo lo chiamò a Roma, avendolo conosciuto quando era alla guida della diocesi di Perugia. Fu uomo di governo e di Curia, svolgendo un ruolo importante nella Segreteria di Stato vaticana, a contatto quindi coi governi e con le autorità politiche dell'epoca. Fu ardente difensore dell'ortodossia cattolica, collaborando con San Pio X nella lotta contro il modernismo e i modernisti, nonché i loro complici e simpatizzanti. A questo fine, fu persino - al servizio della Santa Sede prima, del Ministero degli Esteri e degli Interni poi, della Chiesa e della Verità sempre - un atipico e ardito organizzatore di un discreto e riservato "servizio di informazioni" contro i nemici interni ed esterni. E' l'attività che più gli è stata rimproverata, ma che egli iniziò fin dal 1906 col la piena approvazione di San Pio X e del Segretario di Stato, il card. Merry del Val. Il bello è che tutte queste personalità coesistevano in un sol uomo, lavoratore accanito, poliglotta dall'esperienza internazionale (viaggiò in Germania, Francia, Stati Uniti, dove collaborò all'Enciclopedia Cattolica), polemista agguerrito, uomo pratico, pragmatico, disincantato, che credeva in Dio ma non credeva nell'uomo. I nemici lo odiavano, chiamandolo Mons. Maligni: a modo loro, gli rendevano onore!

martedì 25 febbraio 2014

Confessiamo questa nostra malvagità e riconosciamo umilmente che, "se non siamo stati ancora annientati, lo dobbiamo alla sua misericordia" (Lamentazioni di Geremia 3,22).

 http://www.adgblog.it/wp-content/uploads/2012/10/Inferno.jpg

25 FEBBRAIO 2014: MARTEDÌ DI SESSAGESIMA
I peccati del mondo attuale.

Quando riflettiamo ai gravi avvenimenti che caratterizzarono la prima età del mondo, stentiamo a credere con quanta impudenza la malignità umana si schierò contro Dio. E pensiamo: come mai fu dimenticata così presto la voce del Signore nell'Eden? come mai i discendenti di Adamo non furono indotti dallo spettacolo della sua penitenza ad umiliarsi davanti a Dio e a camminare nella sua via? come mai la promessa d'un Mediatore, che doveva riaprire loro le porte del perduto Paradiso, non risvegliò nei loro cuori il desiderio di rendersi degni di essere suoi antenati e di partecipare alla rigenerazione che egli avrebbe portata agli uomini?

I secoli che seguirono alla morte di Adamo furono contraddistinti da scandali e delitti; egli stesso vide coi propri occhi uno dei suoi figli farsi l'assassino del fratello. Dobbiamo dunque stupirci della perversità dei primi uomini, quando, dopo millenni che il Signore profonde i suoi benefici sulla terra, gli uomini sono ancora più tronfi di superbia, e più ingrata e ribelle è la loro volontà? Che cos'è mai la dura lezione del Paradiso e il castigo del diluvio per la maggior parte degli uomini che si degnano di credere a tali fatti? Nient'altro che un ricordo, incapace di scolpire nella durezza della loro vita il sentimento della giustizia di Dio! Ma più fortunati dei loro avi, sanno che non verrà più dal cielo un altro Messia, che Dio s'è fatto uomo, è già in mezzo a loro ed ha infranto l'impero di satana, e che la via del cielo è accessibile a tutti, grazie agli aiuti soprannaturali che offre il Mediatore nei Sacramenti. E tuttavia il peccato spadroneggia e trionfa più che mai in seno al Cristianesimo!

Senza dubbio ora i giusti sono più numerosi dei tempi di Noè. Ma quali tesori di grazie il Salvatore ha anche profuso all'ingrata nostra generazione per il ministero della Chiesa sua Sposa! S'incontrano sì, sulla terra, dei cristiani fedeli, ed il numero degli eletti aumenta ogni giorno più: ma una grande moltitudine vive in disgrazia di Dio e conduce una vita in contrasto con la sua fede.

Quando perciò la Chiesa richiama alla nostra mente i tempi in cui "ogni carne seguiva la via della corruzione", non ha altro scopo che stimolarci a pensare alla nostra conversione. Ricordandoci le opere malvage dei primi uomini, ci ammonisce di riflettere sopra noi stessi e giudicarci; facendo risuonare nelle nostre orecchie lo scroscio delle cateratte del firmamento, che si spalancarono a sommergere la terra con tutti i suoi abitanti, ci consiglia a non scherzare con Dio, che si mostrò già una volta così potente e terribile a vendicarsi contro la sua creatura ribelle.

Mentre nella precedente settimana abbiamo ponderata la gravità del peccato di Adamo, che per noi non è personale, ma grava così crudelmente su tutti noi con le sue conseguenze, i peccati che dobbiamo riconoscere e piangere in questa settimana sono proprio i nostri peccati! Colmati dei divini favori, illuminati dalla sua luce, riscattati nel suo sangue e fortificati dalla grazia contro tutti gli ostacoli, abbiamo nondimeno seguito una vita così corrotta da far pentire il Signore d'averci creati. Confessiamo questa nostra malvagità e riconosciamo umilmente che, "se non siamo stati ancora annientati, lo dobbiamo alla sua misericordia" (Lamentazioni di Geremia 3,22).


da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 443-445

"La Chiesa, depositaria de' Sacramenti da Cristo istituiti e della legge da lui proclamata, deve esserne sempre custode e vindice, nè può mai contraddirvi. Nessuno dunque s'aspetti che la Chiesa sia per chinare il capo mai dinanzi alla prepotenza de' settarii e rassegnarsi a soffrire in silenzio la nuova offesa che si minaccia alla religione".

  Can 2356. Bigami, idest qui, obstante coniugali vinculo, aliud matrimonium, etsi tantum civile, ut aiunt, attentaverint, sunt ipso facto infames; et si, spreta Ordinarii monitione, in illicito contubernio persistant, pro diversa reatus gravitate excommunicentur vel personali interdicto plectantur.
 
  Settimo è il sacramento del matrimonio, simbolo dell'unione di Cristo e della chiesa, secondo l'apostolo, che dice: Questo sacramento è grande; lo dico in riferimento al Cristo e alla chiesa (84). Causa efficiente del sacramento è regolarmente il mutuo consenso, espresso verbalmente di persona. Triplice è lo scopo del matrimonio: primo, ricevere la prole ed educarla al culto di Dio; secondo, la fedeltà, che un coniuge deve conservare verso l'altro; terzo, la indissolubilità del matrimonio, perché essa significa la unione indissolubile di Cristo e della chiesa. E quantunque a causa della infedeltà sia permesso separarsi, non è lecito, però, contrarre un altro matrimonio, poiché il vincolo del matrimonio legittimamente contratto è eterno.
(CONCILIO DI FIRENZE) 
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Se anche gli apostati occupanti la Santa Sede dovessero decidere di dare i sacramenti ai divorziati risposati questi ultimi devono sapere che la vera dottrina della Chiesa non permette loro questo, di fatto sono scomunicati in quanto hanno distrutto il Sacramento per andare appresso a non si sà quale voglia di emancipazione, quando gli apostati della Chiesa diabolica conciliare dicono che queste persone fanno parte della Chiesa mentono sapendo di mentire, la verità e che chiunque si trovi nello stato di divorziato risposato non può accedere alla Comunione e neanche alla Confessione, (chiaramente solo sino a quando queste persono rimangono pertinaciamente nella loro falsa famiglia non secondo Dio). In questo articolo non si tratta di giudiucare queste sventurate persone che vivono in questo stato ma si tratta di avvisarle di non dare retta agli apostati e falsi gerarchi che oggi occupano a sbaffo le Sacre mura del Vaticano, se dovesero dare retta agli apostati modernisti mangerebbero la loro condanna compiendo un terribile sacrilegio...
Fonte: Progetto Barruel...
La Civiltà Cattolica anno LIII, serie XVIII, vol. V (fasc. 1237, 23 dic. 1901), Roma 1902 pag. 8-22.

R.P. Salvatore M. Brandi d.C.d.G.

IL DIVORZIO NELLA DOTTRINA CATTOLICA

http://www.santuariomadonnaiuto.it/images/matrimonio.jpg

I.

Le gravi cagioni di amarezze più volte deplorate dal Santo Padre, non che attenuarsi, si estendono anzi e si moltiplicano ogni giorno più a danno di tutto il gregge cristiano, particolarmente della nostra Italia, dove il Divin Redentore si degnò stabilire la sede del suo Regno.
Qui si ripetono tuttodì da sètte anticristiane le offese a quelle divine credenze che sono la più bella gloria del nostro paese; qui si oltraggia impunemente la morale cattolica nei suoi Dottori; qui si combatte la Chiesa ne' suoi diritti e nelle opere da lei volute e promosse; qui si assoggettano i sacri pastori a continue ed odiose vessazioni; qui soprattutto si osteggia il Vicario di Cristo, impugnando persino gli atti stessi della sua spirituale giurisdizione.
Non accade ricercare da quale spirito muova questa guerra indegna. Oramai è noto a tutti che è lo spirito anticristiano il quale, nemico implacabile di Cristo e della Chiesa, tenta tutte le vie, usa tutte le arti, si prevale di tutti i mezzi per distruggere, se fosse possibile, l'immortale opera di Dio ch'è la Chiesa e ridurre i popoli redenti col Divin sangue alle divisioni, alle corruttela, alle vergogne del paganesimo.
L'intento della setta, come il Santo Padre ebbe più volte occasione di dichiarare, è quello di tutto laicizzare, che val quanto dire cancellare da ogni cosa l'impronta cristiana, e sostituire al cristianesimo il naturalismo, al culto della fede il culto della ragione, la morale così detta indipendente alla morale cattolica, al progresso dello spirito quello della materia.
A questo mira una nuova e grave offesa che oggi si prepara alla fede e alla morale degli italiani. Consapevoli di ciò che fanno, i settarii intendono troppo bene che non verrebbero a capo di stabilire daddovero in Italia il naturalismo sociale, qualora non attentassero al santuario stesso dello Stato. Per la qual cosa, avendo prese le mosse dal così detto matrimonio civile, già si accingono con un disegno di legge sul divorzio a compiere di fatto tra noi la totale dissacrazione del connubio cristiano.
Tale è il pericolo, contro il quale S. S. Leone XIII, nella Allocuzione precedentemente riferita [Allocuzione concistoriale del 16 dicembre 1901 N.d.R.], ha levato la sua paterna ed autorevole voce, altamente protestando che gli italiani sono stati già troppo colpiti da sciagure, nè in verun modo debbono subire anche questa, tendente alla rovina della famiglia. Singulare quoddam in conspectu est fidei et morum discrimen, quod nulla ratione debet Nobis silentibus maturescere. [Ci sta di fronte un certo particolare pericolo minacciante fede e costume ... che non possiamo per verun conto lasciar giungere al colmo senza alzare la voce. N.d.R.] Importa assai che gli italiani intendano la gravità di questo pericolo e si rendano conto, non solo della offesa che si minaccia alla loro religione, ma eziandio delle conseguenze fatali alla famiglia e al civile consorzio, che ne seguirebbero, se la funesta legge fosse approvata. Ciò, ripetiamo, importa assai, poichè, siccome avverte il Santo Padre, il pericolo che ora sovrasta riguarda appunto gli italiani e li tocca da vicino: esso è intestinum et domesticum. [del tutto interno e domestico, N.d.R.]
Con questo intento il Santo Padre, con parola solenne e scultoria, ha mirabilmente riassunti nella sua Allocuzione i principali insegnamenti, da lui stesso dati altra volta sul medesimo argomento, sia nelle Lettere encicliche Arcanum divinae sapientiae del 10 febbraio 1880, sia in quelle più recenti, dell'8 febbraio 1893, all'Episcopato della Provincia veneta.
Ben sappiamo che non mancano, la Dio mercè, uomini di buona volontà; che non pochi altri, se vivono ingannati, pure non sono in mala fede. E però vogliamo sperare che Iddio, ravvalorando la parola del suo Vicario, faccia sì ch'essa illumini le loro menti, e gli induca, quando non sia possibile riparare immediatamente i torti già recati alla Chiesa con indebite ingerenze nel matrimonio dei fedeli, almeno a cessare da nuovi e peggiori oltraggi. L'appello che loro rivolge l'augusto Vegliardo del Vaticano non potrebbe essere, nè più nobile, nè più commovente: Si qua est auctoritas senectuti, si iustum inest in apostolica voce momentum, si quicquam denique valet paterna in communem patriam voluntas, eos omnes, quorum in deliberatione versatur rogata lex de divortiis, non monemus tantummodo, sed plane obtestamur, per sibi quidquid est carum et sacrum, desistere coepto velint. [Se qualche autorità ha la vecchiaia, se qualche peso la voce apostolica, se qualcosa vale il paterno affetto verso la patria comune, Noi non solo ammoniamo, ma scongiuriamo, per quanto hanno di più caro e di più sacro, tutti coloro dalla cui deliberazione dipende il disegno di legge sul divorzio, che desistano dall'impresa. N.d.R.]
Così parla Leone XIII, Italiano per eccellenza e vero Padre della patria. Sebbene nel suo cuore di Pontefice, egli abbracci tutto il genere umano, pure nutre per l'Italia un amore speciale, l'amore di patria, nobilitato dalla eccelsa dignità dell'indefettibile trono di Pietro.

II.

Nella sua Allocuzione il Santo Padre ricorda anzitutto, che la santità, l'unità e la perpetuità del vincolo coniugale non sono di diritto umano, sì bene di diritto divino: sanctum, individuum, perpetuum est iure divino maritale vinculum christianorum. [è santo, indissolubile, perpetuo per diritto divino il coniugale vincolo de' cristiani N.d.R.] Il matrimonio infatti fu da principio stabilito, non per volontà degli uomini, ma per autorità e volere di Dio. Egli medesimo, con azione positiva, l'istituì; ordinollo nelle interne sue leggi di unità e perpetuità; il manifestò ad Adamo ispirandogli nel tempo stesso l'intelligenza de' suoi intenti divini. E il padre del genere umano li comprese pienamente: Dixitque Adam: Hoc nunc os ex ossibus meis et caro de carne mea: haec vocabitur virago quoniam de viro sumpta est. Quamobrem relinquet homo patrem suum et matrem et adhaerebit uxori suae et erunt duo in carne una [1]. Ecco proclamata l'unione di un uomo solo con una sola donna, fatta con lui come un sol corpo e una cosa sola, cotalchè lo scindersi è morte. Tale è il tipo della società maritale, alla quale benedisse Iddio e nella quale santificò tutta quanta l'umana società, in essa come in germe racchiusa: Benedixitque illis Deus, et ait: Crescite et multiplicamini, et replete terram et subiicite eam [2].
Donde appare che il matrimonio, in forza della istituzione e consecrazione fattane da Dio, è veramente cosa sacra. Destinato, non solo allo scambievole consorzio e aiuto dei coniugi: Faciamus homini adiutorium simile sibi [3], ma eziandio e principalmente alla procreazione ed alla educazione della prole, esso è una vera continuazione dell'opera creatrice e conservatrice di Dio. Dio infatti vi concorre, non solo con l'operazione divina che dà e conserva l'efficacia alle forze naturali, ma eziandio con l'atto onnipotente che trae dal nulla l'anima spirituale della nuova creatura. Sicchè le nozze, nei disegni di Dio, sono ordinate a produrre non un essere vivente qualunque sia, ma un essere razionale ed immortale; esse sono ordinate a propagare il genere umano, a dare cittadini allo Stato e, quel che più monta, a moltiplicare gli adoratori di Dio sulla terra, che lo glorificheranno in cielo, fatti concittadini de' Santi, eredi di una beatitudine eterna da conseguire con la virtù e la santità della vita.

III.

Or bene, da tale idea del matrimonio, che non può mutare per volgere di secoli nè per umane leggi, è del tutto difforme quella che è presupposta nel disegno di legge sul divorzio, presentato di questi giorni al Parlamento italiano. In esso il matrimonio è considerato quasi un semplice contratto di temporali impegni ed interessi, simile alla vendita o compra di un campo, soggetto perciò al dominio della legge civile.
Sotto questo rispetto, il nuovo disegno di legge è sostanzialmente viziato da un errore che il Santo Padre, nella sua Allocuzione, giustamente chiama grande e pernicioso: Adscribere christianas nuptias iis velle rebus quae contrahuntur, distrahuntur, iure civili, magnus et perniciosus est error. [Il voler mettere le nozze cristiane tra quelle cose che per diritto civile si contraggono e si disciolgono, è un errore grave e pernicioso. N.d.R.]
Ed in verità, il matrimonio, prescindendo anche dalla ragione di Sacramento di cui discorreremo più innanzi, è bensì un contratto, in quanto si forma per azione libera di due persone che consentono in quella scambievole congiunzione e liberamente ne assumono i diritti e i doveri, ma in tutto il resto, siccome fu dimostrato pienamente altrove [4], è un contratto singolare, radicalmente differente dagli altri. Esso è un contratto naturale, perchè diretto a compiere un ufficio voluto dalla natura; perchè fondato sopra un diritto largito dalla natura; perchè immediatamente connesso con la natura; perchè determinato di sua natura nel fine, ne' mezzi, nelle attitudini presupposte, ne' doveri e diritti che importa. Dove gli altri contratti trassero la loro origine concreta o dalla società civile, o da un atto libero dell'individuo che volle donare o permutare ciò di cui aveva pieno dominio; il matrimonio dispone di cosa, sopra cui l'uomo di per sè non ha padronanza, e prima di ogni esistenza di società, innanzi che l'individuo ne concepisse pure il sospetto, venne immediatamente e positivamente istituito dall'Autore della natura.
Appare quindi evidente il «grande e pernicioso errore» in cui cadono i difensori del divorzio, affermando che quando si riuscisse a stabilire che il matrimonio è un contratto, la questione del divorzio sarebbe trionfalmente risolta. No! essa non sarebbe punto risolta; poichè, giova ripeterlo, il matrimonio non è un contratto qualsiasi, ma tale contratto, un contratto cioè sui generis, uscente fuori dalla volgare schiera de' patti generalmente intesi e disponibili a talento de' contraenti.
La quale verità fu apertamente riconosciuta anche dal Ministro Guardasigilli Pisanelli. Presentando nel 1865 al Senato del Regno il disegno del primo libro del Codice civile, egli così parlò: «Si è detto che il matrimonio sia un contratto; e se con questa proposizione si è voluto dire che nel matrimonio vi siano alcune condizioni, le quali si verificano pure in altri contratti, si è detto il vero; ma si cade in errore quando con quella proposizione si voglia intendere che il matrimonio non sia altra cosa che un contratto. Nella coscienza di tutti gli uomini sono stati e saranno essenzialmente distinti questi due fatti, la vendita di un podere e il matrimonio» [5].
E donde mai nasce questa «coscienza universale»? Lo dicemmo già altra volta [6]: Nasce dalla notizia intima che ha ogni anima naturalmente onesta e cristiana di quel che il matrimonio di natura sua è e deve essere. Il matrimonio fu rettamente definito dal diritto romano: Coniunctio viri et uxoris, individuam vitae consuetudinem retinens. Esso mescola in certa guisa e combina due personalità, sicchè ne risulti una intera e perfetta, la quale sia atta a moltiplicare e formare gli individui della specie umana, e risponda acconciamente a' vicendevoli bisogni delle due parti.
Ora non può darsi vera unità morale di due persone, che si considerano come viventi di una stessa vita e partecipi totalmente della stessa sorte, retinentes individuam vitae consuetudinem, se non s'intenda la loro unione essere dotata di perennità e costanza. Il solo pensiero a sospetto che uno de' coniugi possa rescindere il vincolo coniugale grandemente affievolirebbe in loro quel puro e sincero amore che strettamente deve unirli e che è il fondamento del loro consorzio ed il sostegno reciproco nel compimento de' doveri proprii dello stato coniugale.
Non altrimenti giudicò la Commissione senatoria del 1865, ammettendo l'indissolubilità del matrimonio anche nell'ordine naturale. «La natura umana, disse il relatore, vuole stabili e costanti le unioni dell'uomo e della donna per la procreazione della specie e per l'educazione de' figli. Essa che pose nel cuore dell'uomo l'istinto della famiglia e della società, non è certamente favorevole al divorzio, il quale gravemente pregiudica la formazione e lo sviluppo della famiglia» [7].

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IV.

Che se il genuino concetto del matrimonio, quale fu istituito da Dio e quale è voluto dalla natura, si corruppe più tardi presso i gentili e si oscurò persino presso gli ebrei, ci attesta la storia che ciò non avvenne senza che ne seguitasse nella famiglia e nella società una moltitudine di danni incalcolabili. A' quali Iddio, che non voleva che l'opera sua fosse obbliterata per umana nequizia, arrecò il rimedio.

sabato 22 febbraio 2014

In Cathedra S. Petri...

 

In Cathedra S. Petri Ap. ~
 Deus, qui beáto Petro Apóstolo tuo, collátis clávibus regni coeléstis, ligándi atque solvéndi pontifícium tradidísti: concéde; ut, intercessiónis eius auxílio, a peccatórum nostrórum néxibus liberémur: Commemoratio S. Pauli Deus, qui multitúdinem géntium beáti Pauli Apóstoli prædicatióne docuísti: da nobis, quaesumus; ut, cuius commemoratiónem cólimus, eius apud te patrocínia sentiámus. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.
 R. Amen.


 La Chiesa di Cristo s’innalza sulla salda fede di Pietro

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Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa.
Tra tutti gli nomini, solo Pietro viene scelto per essere il primo a chiamare tutte le genti alla salvezza e per essere il capo di tutti gli apostoli e di tutti i Padri della Chiesa. Nel popolo di Dio sono molti i sacerdoti e i pastori, ma la vera guida di tutti è Pietro, sotto la scorta suprema di Cristo. Carissimi, Dio si è degnato di rendere quest’uomo partecipe del suo potere in misura grande mirabile. E se ha voluto che anche gli altri principi della Chiesa avessero qualche cosa in comune con lui, è sempre per mezzo di lui che trasmette quanto agli altri non ha negato.
A tutti gli apostoli il Signore domanda che cosa gli uomini pensino di lui e tutti danno la stessa risposta, fino a che essa continua a essere l’espressione ambigua della comune ignoranza umana. Ma quando gli apostoli sono interpellati sulla loro opinione personale, allora il primo a professare la fede nel Signore è colui che è primo anche nella dignità apostolica.
Egli dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» e Gesù gli risponde «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,16-17). Ciò significa: tu sei beato perché il Padre mio ti ha ammaestrato, e non ti sei lasciato ingannare da opinioni umane, ma sei stato istruito da un’ispirazione celeste. La mia identità non te l’ha rivelata la carne e il sangue, ma colui del quale io sono il Figlio unigenito. Gesù continua: «E io ti dico»: cioè come il Padre mio ti ha rivelato la mia divinità, così io ti manifesto la tua dignità. «Tu sei Pietro». Ciò significa che se io sono la pietra inviolabile, «la pietra angolare che ha fatto dei due un popolo solo» (Ef 2,20. 14), il fondamento che nessuno può sostituire, anche tu sei pietra, perché la mia forza ti rende saldo. Così la mia prerogativa personale è comunicata anche a te per partecipazione. «E su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16, 18). Cioè, su questa solida base voglio costruire il mio tempio eterno. La mia Chiesa, destinata a innalzarsi fino al cielo, dovrà poggiare sulla solidità di questa fede.
Le porte degli inferi non possono impedire questa professione di fede, che sfugge anche ai legami della morte. Essa infatti è parola di vita, che solleva ai cielo chi la proferisce e sprofonda nell’inferno chi la nega. E per questo che a san Pietro vien detto: «A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16, 19). Certo, il diritto di esercitare questo potere è stato trasmesso anche agli altri apostoli, questo decreto costitutivo è passato a tutti i principi della Chiesa. Ma non senza ragione è stato consegnato a uno solo ciò che doveva essere comunicato a tutti. Questo potere infatti è affidato personalmente a Pietro, perché la dignità di Pietro supera quella di tutti i capi della Chiesa.

giovedì 20 febbraio 2014

Questo falso profeta, travestito da pecora, ma che dentro è un lupo rapace (Mt. 7, 15)...

 Questo è uno stralcio dell'intervista fatta al ciarlatano Kasper noto eretico della falsa Chiesa Conciliare che Bergoglio, pontefice della Chiesa modernista non cattolica, a designato per aprire il Sinodo per la Famiglia:

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Sono state prese decisioni sulla possibilità di dare la comunione ai divorziati risposati?
Io ho parlato della necessità del discernimento, ci sono situazioni molto diversificate, ci sono regole generali ma poi anche situazioni concrete. Il Papa ha parlato di pastorale intelligente, coraggiosa e piena di amore, intelligenza pastorale, io ho parlato di discernimento delle situazioni concrete: le singole persone non sono solo dei casi ma hanno la loro dignità che va riconosciuta”.

Lei personalmente cosa pensa di questo problema?
“Non si può parlare in generale. Faccio un esempio: sono stato vescovo per dieci anni e quando ero vescovo è venuto da me un parroco che mi ha parlato di una madre (che era divorziata risposata, ndr) e stava preparando il figlio alla prima comunione. Il figlio avrebbe fatto la comunione e lei no. Ora, mi domando: è possibile questo? C’è il pentimento, la misericordia e il perdono di Dio. Possiamo negare la remissione peccatorum?
” 

Ora per vedere meglio la figura del signor Kasper, che non ha nessuna autorità nella vera Chiesa Cattolica al pari del suo capoccia Bergoglio, leggiamo cosa scrisse di lui don Luigi Villa nel 2010:

L’ERETICO CARDINALE WALTER KASPER

di Don Lugi Villa


Questo articolo del compianto Don Luigi è stato pubblicato sulla rivista mensile Chiesa Viva, n° 433 - dicembre 2010




Certo, è un fatto grave! Di sua propria confessione ha rotto la comunione di fede, indispensabile per l’unità cattolica.

A riguardo della necessità di appartenere alla Chiesa per essere salvi, il card. Walter Kasper ha scritto: «Con le sue Dichiarazioni, il Concilio [Vaticano II] ha rigettato l'antica teoria esclusiva e la pratica secondo la quale, dal fatto che Gesù Cristo è il solo e unico Mediatore della salvezza, non cè salvezza fuori della fede in Cristo, “Extra ecclesiam nulla salus” [Fuori della Chiesa non cè salvezza], secondo il famoso assioma del vescovo Cipriano di Cartagine [morto nel 258] [...]. Questa teologia esclusiva fu rimpiazzata da una teoria inclusiva (...). In Gesù Cristo la salvezza è venuta a tutti i popoli in maniera universale che include tutto ciò che è buono e vero nelle altre religioni».

Da parte mia, io credo che la Chiesa cattolica romana è la Chiesa di Cristo, fuori della quale non può esservi salvezza. È uno dei dogmi cattolici che nessuno può salvarsi fuori della Chiesa cattolica (Pio IX: “Quanti conficiamur maerore”, Dez. 2867).
Da questa divergenza di fede, scende una profonda divergenza di concezione nella pratica ecumenica, quale descritta dallo stesso Walter Kasper: «Prima del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica intendeva il ristabilimento dellʼunità dei cristiani unicamente in termini di ritorno dei nostri fratelli separati alla vera Chiesa di Cristo... da cui si erano disgraziatamente separati. Questa fu l’espressione che usò Pio XI nella sua enciclica “Mortalium animos” del 1928. Il Concilio Vaticano II ne fece un cambiamento radicale (...). il vecchio concetto dell’ecumenismo del ritorno è stato rimpiazzato, oggi, da quello di “itinerario comune”, che dirige i cristiani verso il fine della comunione ecclesiale, compresa come unità nella “diversità riconciliata».

Ora, questo falso profeta, travestito da pecora, ma che dentro è un lupo rapace (Mt. 7, 15), non è stato mai denunciato, anzi!.. fu elevato agli onori cardinalizi e poi nominato Presidente del “Segretariato per l'Unità dei cristiani”. Davanti a questi fatti, come potranno rimproverarci di seguire i consigli di Cristo di diffidare (Mt. 7, 15) di fronte a coloro che sono all’origine di tali promozioni? E che abbiamo a comprendere la necessità che noi abbiamo di richiamare di essere protetti da sicure garanzie necessarie a salvaguardare la nostra fede cattolica, perché i nemici della Chiesa sono, ormai, all’interno di Essa!
Uno dei quali è chiarissimamente anche il cardinal Kasper che nega persino la divinità di Gesù Cristo. A comprova dei suoi “errori” che dovevano essere condannati con “anatemi”.
Noi non ci sbagliamo se osiamo dire che il cardinale Kasper non ha la fede cattolica!

Chi ha letto il suo libro: “Gesù, il Cristo” si sarà reso conto che il card. Kasper non crede che Gesù sia Figlio di Dio, in senso proprio. Secondo Lui, «questa confessione di Gesù Cristo Figlio di Dio... è un residuo di mentalità mitica, passivamente accettato» (p. 223).
Noi ci domandiamo: dove mette la confessione di Pietro a Cesarea di Filippo (Mt. 16, 16): «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente», sanzionata da Gesù stesso: «Beato te, Simone Bar Jona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».
Ma Kasper se la cava dicendo che Pietro disse: «Tu sei il Messia» (p. 142).

Anche del testo di Mc. 14. 61-63: «Sei Tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?»; e Gesù rispose: «Si, lo sono!». Quindi, per Kasper, Gesù sarebbe solo un “uomo” svuotandosi del suo “Io Dio”.
È più che evidente che il cardinale Kasper non ha più la fede cattolica dicendo che la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo é un'invenzione di San Paolo e di San Giovanni, per cui riporta una affermazione di Smulders (Catechismo olandese): «la dottrina della divinità e dell'umanità di Gesù costituisce uno sviluppo della convinzione originaria della fede che quest'uomo é la nostra salvezza divina».

mercoledì 19 febbraio 2014

Papa Leone XIII, nella sua enciclica „De unitate ecclesiae – Satis cognitum“ (Dell’unità della Chiesa) del 1896 espresse in merito il seguente giudizio: "La Chiesa, anche secondo il giudizio unanime dei Padri, si è sempre comportata in questo modo: chiunque si fosse discostato anche minimamente dalla dottrina accreditata dall’autorità della Chiesa, veniva considerato decaduto dalla comunità cattolica ed apostata dalla Chiesa."

Satis Cognitum è un'enciclica di papa Leone XIII, datata 29 giugno 1896, circa la natura della Chiesa, l'unità tra Chiesa visibile e Chiesa invisibile, l'unità di fede, di culto e di regime all'interno della chiesa. Questa enciclica verrà ampiamente ricordata da Pio XII nella Mystici Corporis .

Sua Santità Leone XIIILettera Enciclica Satis cognitum

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L’unità della chiesa
29 giugno 1896
Vi è ben noto come non piccola parte dei nostri pensieri e delle nostre cure è rivolta ad ottenere con ogni studio il ritorno dei traviati all’ovile del sommo pastore delle anime, Gesù Cristo. Tenendo presente questo, credemmo opportuno con salutare consiglio e proposito che gioverebbe non poco disegnare l’immagine e i lineamenti della chiesa, tra i quali degnissima di speciale considerazione è l’unità, che il divino Autore in perpetuo le impresse come carattere di verità e di forza. La nativa bellezza della chiesa deve impressionare molto gli animi di chi la contempla: ne è inverosimile che basti la sua contemplazione a togliere di mezzo l’ignoranza e a sanare le false e preconcette opinioni, specialmente di coloro che senza loro colpa sono in errore: che anzi può destarsi negli uomini un amore verso la chiesa simile alla carità, con la quale Gesù Cristo, redimendola col suo sangue divino, la fece sua sposa: "Cristo ha amato la chiesa, e per essa ha dato se stesso" (Ef 5,25). A quanti faranno ritorno all’amantissima madre, finora non bene conosciuta, o malamente abbandonata, se questo ritorno non costerà loro il sangue, che pure fu il prezzo con il quale Cristo la conquistò, ma qualche fatica o molestia, molto più lieve a sopportarsi, questo almeno sia loro chiaro e palese, che non è un tale peso ad essi imposto dalla volontà dell’uomo, ma da un volere e comando divino; e di conseguenza, mediante la grazia celeste, facilmente conosceranno per esperienza quanto sia vera la sua affermazione: "Il mio giogo è soave e il mio peso è leggero" (Mt 11,30). Per questo, avendo riposta grandissima speranza nel "Padre dei lumi", da cui discende "ogni bel dono e ogni regalo perfetto" (Gc 1,17), di tutto cuore lo supplichiamo, affinchè egli, "che solo fa crescere" (1Cor 3,6), voglia benignamente concederci la forza di persuadere.

Benché Dio possa per sé operare con la sua virtù quanto operano le nature create, tuttavia egli volle con benigno consiglio della sua provvidenza servirsi degli uomini per aiutare gli uomini; e come nell’ordine naturale si serve dell’opera e del contributo dell’uomo per comunicare alle cose la perfezione conveniente così pure si comporta per dare all’uomo la santità e la salute. Ora è chiaro che tra gli uomini non vi può essere comunicazione di sorta se non attraverso le cose esterne e sensibili. Per la qual cosa il Figlio di Dio assunse l’umana natura e "sussistendo nella natura di Dio ... spogliò se stesso, prendendo la natura di servo, divenendo simile agli uomini" (Fil 2,6-7), e così, dimorando in terra, personalmente insegnò la sua dottrina e i precetti della sua legge.
E poiché conveniva che la sua divina missione fosse perenne, perciò egli riunì intorno a sé dei discepoli della sua dottrina, e li fece partecipi del suo potere; e avendo su di essi chiamato dal cielo lo Spirito di verità, comandò loro di percorrere tutta la terra, predicando fedelmente quanto egli aveva insegnato e comandato, affinchè tutto il genere umano potesse conseguire la santità in terra e la felicità eterna nel cielo.
Per questa ragione e in virtù di questo principio fu generata la chiesa, la quale, se si considera l’ultimo fine a cui mira, e le cause prossime della santità, è certamente spirituale; ma se si considerano i membri che la compongono e i mezzi che conducono al conseguimento dei doni spirituali, è esterna e necessariamente visibile. Gli apostoli ricevettero la missione d’insegnare attraverso segni, che si percepiscono dalla vista e dall’udito, e non altrimenti essi l’eseguirono se non con detti e con fatti, che fanno impressione sui sensi. E così la loro voce, percuotendo esternamente gli orecchi, produsse la fede negli animi: "La fede viene dalla predicazione, e la predicazione si fa per mandato di Cristo" (Rm 10,17). E sebbene la stessa fede, o l’assenso alla prima e suprema verità, per sé sia contenuta nella mente, tuttavia occorre che si manifesti con un’esplicita professione: "Col cuore si crede per avere la giustizia, e con la bocca si professa la fede per ottenere la salvezza" (Rm 10,10). Così pure non vi è nulla per l’uomo di più interno della grazia celeste, che produce la santità, ma gli ordinari e principali strumenti per la partecipazione della medesima sono esterni: li chiamiamo sacramenti, che vengono amministrati con certi riti da persone, scelte appositamente a tale scopo. Comandò Gesù Cristo agli apostoli e ai loro successori in perpetuo che istruissero e dirigessero le genti, e comandò a queste che ne ricevessero la dottrina e fossero sottomesse e obbedienti al loro potere. Ma questi mutui diritti e doveri nel cristianesimo non avrebbero potuto non solo mantenersi, ma neppure iniziarsi, se non attraverso i sensi, interpreti e indicatori delle cose.

Ed è per questo che spesso le sacre Scritture chiamano la chiesa ora "corpo", ora "corpo di Cristo". "Ora voi siete il corpo di Cristo" (1Cor 12,27). Come corpo essa è visibile, e in quanto è di Cristo, è un corpo vivo, operoso e vitale, poiché Gesù Cristo la custodisce e la sostenta con l’immensa sua virtù, come la vite alimenta e rende fruttiferi i suoi tralci. Come negli animali il principio di vita è interno e del tutto nascosto, e tuttavia si rivela e si manifesta per il moto e l’atteggiamento delle membra, così pure nella chiesa il principio di vita soprannaturale si manifesta con evidenza per le sue stesse operazioni.
E da ciò deriva che sono in un grande e fatale errore coloro, i quali si foggiano in mente a proprio capriccio una chiesa quasi latente e per nulla visibile; come anche coloro che l’hanno in conto di umana istituzione con un certo ordinamento di disciplina e di riti esterni, ma senza la perenne comunicazione dei doni della grazia divina, e senza quelle cose che con aperta e quotidiana manifestazione attestino che la sua vita è derivata da Dio. Ora tanto ripugna che l’una o l’altra cosa sia la chiesa di Gesù Cristo, quanto che l’uomo sia solo corpo o solo spirito. L’insieme e l’unione di queste due parti è del tutto necessaria alla chiesa, come alla natura umana l’intima unione dell’anima e del corpo. Non è la chiesa come un corpo morto, ma è il corpo di Cristo informato di vita soprannaturale. E come Cristo, nostro Capo ed esemplare, non è tutto lui, se in lui si considera o la sola natura umana visibile, come fanno i fotiniani e i nestoriani, o solamente la divina natura invisibile, come sogliono fare i monofisiti, ma è uno solo per l’una e l’altra natura visibile e invisibile e nelle quali sussiste; così il suo corpo mistico non è vera chiesa se non per questo, che le sue parti visibili derivano forza e vita dai doni soprannaturali e dagli altri elementi da cui sgorga la loro ragione di essere e la loro natura propria. 

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E poiché la chiesa è quello che è per volontà e istituzione divina, ha da rimanere tale in perpetuo; e se tale non rimanesse, non sarebbe certamente fondata in perpetuo, e il fine stesso, a cui essa tende, verrebbe circoscritto da determinati confini di tempo e di luogo: ma l’una e l’altra cosa ripugna alla verità. Questa unione dunque di cose visibili e invisibili, appunto perché naturale e congenita per divino volere nella chiesa, deve necessariamente perdurare, finché durerà la chiesa. Perciò il Crisostomo diceva: "Non allontanarti dalla chiesa, poiché nulla vi è più forte della chiesa. La tua speranza è la chiesa, la tua salute è la chiesa, il tuo rifugio è la chiesa. Essa è più alta del cielo, più vasta della terra. Non invecchia mai, ma è sempre giovane. Infatti per dimostrare la sua fermezza e stabilità la Scrittura la chiama monte". E Agostino: "Credono (i gentili) che la religione cristiana deve vivere in questo mondo fino a un certo tempo, e poi, non più. Fino a tanto che nasce e tramonta il sole, essa durerà come il sole, cioè, fino a tanto che durerà il volgere dei secoli, non verrà meno la chiesa di Dio, o il corpo di Cristo, sulla terra". La stessa cosa dice altrove: "Vacillerà la chiesa, se vacillerà il fondamento: ma come mai vacillerà Cristo? ... Non vacillando Cristo, neppure essa declinerà in eterno. Dove sono coloro che dicono che è perita nel mondo la chiesa, mentre essa neppure può inclinarsi?".
Di questi fondamenti deve servirsi chiunque cerca la verità. La chiesa fu istituita e formata da Cristo Signore: e perciò quando si cerca quale sia la sua natura, occorre anzitutto conoscere quello che Cristo ha voluto e ha fatto. Secondo questa norma si deve specialmente esaminare l’unità della chiesa, di cui ci parve bene dare in questa lettera un cenno a comune vantaggio.

Che la vera chiesa di Gesù Cristo sia una, è cosa a tutti così nota, per le chiare e molteplici testimonianze della sacra Scrittura, che nessun cristiano osa contraddirla. Però nel giudicare e stabilire la natura dell’unità, vari errori sviano molti dal retto sentiero. Non solo l’origine, ma tutta la costituzione della chiesa appartiene a quel genere di cose che liberamente si effettuano dagli uomini, e quindi tutto l’esame deve basarsi sui fatti, e si deve cercare non in che modo la chiesa possa essere una sola, ma come una sola l’ha voluta chi l’ha fondata.
Ora se si osserva ciò che fece, Gesù Cristo non formò la sua chiesa in modo che abbracciasse più comunità dello stesso genere, ma distinte e non collegate insieme con quei vincoli che formano una sola e individua chiesa, a quel modo che nel recitare il simbolo della fede noi diciamo "Credo la chiesa una...". "La chiesa ebbe in sorte una sola natura, ed essendo una, gli eretici vogliono scinderla in molte. Affermiamo dunque che è unica l’antica e cattolica chiesa nel suo essere e nella comune credenza, nel suo principio e per la sua eccellenza...".

martedì 18 febbraio 2014

Gli orchi nelle scuole...

Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 20/14 del 14 febbraio 2014, San Simeone

Gender in classe. Ecco i libri che insegneranno agli scolari italiani ad essere più moderni dei loro «genitori omofobi»
 Dal «ritratto dell’individuo omofobo» all’empatia con i gay fino alla teoria delle “nuove famiglie”. Abbiamo letto gli opuscoli Unar che saranno proposti nelle scuole del nostro paese

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È così che la teoria del “gender” verrà insegnata nelle scuole italiane sin dalla più tenera età. Come anticipato nelle famose “linee guida” approvate all’epoca del governo Monti dall’allora ministro del Lavoro con delega alle Pari opportunità, Elsa Fornero, sono pronti i «percorsi innovativi di formazione e aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con particolare focus sul tema Lgbt e sui temi del bullismo omofobico e transfobico».
ESSERE GAY INFORME. Questi percorsi sono delineati in tre libretti partoriti nell’ambito della nuova “strategia nazionale” anti omofobia, affidata per decreto del governo Letta a 29 associazioni del mondo Lgbt e finanziata dai contribuenti con 10 milioni di euro. In sostanza i volumi sono pressoché identici, con qualche variante per “adattarli” ai diversi gradi di scuola: superiore, media inferiore ed elementare. Sotto il generico titolo Educare alla diversità nella scuola, l’obiettivo è diffondere l’idea che omosessuali si nasce, così come si nasce etero. Per averli basta richiederli al sito dell’istituto Beck che li ha prodotti su incarico dell’Unar con l’intento di convincere gli insegnati e quindi gli alunni. Perché, come si legge, non è più sufficiente essere gay friendly (amichevoli nei confronti di gay e lesbiche), ma è necessario essere gay informed (informati sulle tematiche gay e lesbiche). Per evitare, cioè, discriminazioni che nascono da affermazioni o comportamenti che «gli insegnanti devono evitare», non basterà impegnarsi a non insultare o a non assumere atteggiamenti di esclusione. D’ora in poi i docenti dovranno evitare «analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa (cioè che assume che l’eterosessualità sia l’orientamento normale)», poiché queste possono tradursi nella pericolosa assunzione «che un bambino da grande si innamorerà di una donna». Attenzione quindi a non dividere mai i maschi dalle femmine o ad assegnare loro diverse attività. Vietato anche elaborare compiti che non contengano situazioni diverse, occorre formulare problemi così: «Per esempio; “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”».

“Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio” (ICor. 6, 9-10).

“Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione! Orbene, io, assente con il corpo ma presente con lo spirito ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, questo individuo sia dato in balia di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore” (1Cor. 5, 1-5).

“Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto ed attestato. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito” (1 Ts. 4,3-8).

“Il Signore sa liberare i pii dalla prova e serbare gli empi per il castigo nel giorno del giudizio, soprattutto coloro che nelle loro impure passioni vanno dietro alla carne e disprezzano il Signore... Essi stimano felicità il piacere d’un giorno; sono tutta sporcizia e vergogna; si dilettano dei loro inganni mentre fanno festa con voi; hanno gli occhi pieni di disonesti desideri e sono insaziabili di peccato, adescano le anime instabili, hanno il cuore rotto alla cupidigia, figli di maledizione! ... Costoro sono come fonti senz’acqua e come nuvole sospinte dal vento: a loro è riserbata l’oscurità delle tenebre. Con discorsi gonfiati e vani adescano mediante le licenziose passioni della carne coloro che si erano appena allontanati da quelli che vivono nell’errore. Promettono loro libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione” (2 Pt. 2,9-19).

“Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all’impudicizia allo stesso modo, e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno” (Gd. 7). 
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Delirio omosessualista. Viaggio nella fogna profonda – di Paolo Deotto

Leggiamo ciò che si scrive sul sito di un’associazione “GLBT”, e rendiamoci conto dei gravissimi pericoli che corrono i nostri giovani e la nostra società.

di Paolo Deotto

Lo abbiamo detto più volte. L’omosessualità è una patologia; curabile, nella gran parte dei casi, ma resta comunque una patologia, che coinvolge le delicatissime sfere dell’affettività, della capacità di rapportarsi correttamente con gli altri e con la stessa realtà.
Tra un po’ di tempo, se passa anche al Senato la legge Scalfarotto, scrivendo queste cose potremo finalmente vivere a carico dello Stato in qualche accogliente carcere. Vedremo. Per ora vogliamo offrire ai nostri lettori alcune “perle” tratte da un sito di una delle varie associazioni di omo-trans-lesbo-echealtrononsaprei . Nella fattispecie, si tratta dell’associazione Jonathan – Diritti in movimento, “che intende affermare il fondamentale diritto all’emotività di tutti gli esseri umani, in particolare del popolo Gay Lesbico Bisessuale e Transessuale, quel pezzo di società a cui questo diritto basilare è negato.”
Cosa sia di preciso il “fondamentale diritto all’emotività” ci risulta un po’ oscuro. Risultano invece tremendamente chiare ed esplicite le intenzioni degli aderenti a questa associazione. Leggiamo alcune perle tratte da un articolo pubblicato sul loro sito (avvertenza: leggete prima dei pasti, se volete perdere l’appetito e trarne giovamento per la vostra linea. Leggete dopo i pasti, se volete vomitare).

Ecco qualche perla. Chi voglia leggersi tutto l’articolo, non deve far altro che CLICCARE QUI:
“Noi sodomizzeremo i vostri figli, simboli della vostra mascolinità debole, dei vostri sogni superficiali e delle vostre volgari menzogne. Li sedurremo nelle vostre scuole, nei vostri dormitori, nelle vostre palestre, nei vostri spogliatoi, nelle vostre arene, nei vostri seminari, nei vostri gruppi giovanili, nei bagni dei vostri teatri, nelle vostre caserme, nei vostri parcheggi, nei vostri club maschili, nelle vostre camere del Congresso, ovunque gli uomini sono insieme ad altri uomini. I vostri figli diventeranno i nostri lacchè e faranno ciò che vogliamo. Saranno plasmati di nuovo a nostra immagine. Ci desidereranno e ci adoreranno.”

“Tutti gli omosessuali devono essere uniti come fratelli; dobbiamo essere uniti artisticamente, filosoficamente, socialmente, politicamente e finanziariamente. Noi trionferemo solo quando presenteremo un unico volto comune al vizioso nemico eterosessuale. Se osate urlarci froci, finocchi, ricchioni, pugnaleremo i vostri cuori codardi e violenteremo i vostri gracili corpi senza vita.”

“L’unità familiare – generatrice di menzogne, tradimenti, mediocrità, ipocrisia e violenza – sarà abolita. L’unità familiare, che non fa altro che soffocare l’immaginazione e frenare il libero arbitrio, deve essere eliminata. Ragazzi perfetti saranno concepiti e cresciuti nei laboratori genetici. Saranno messi insieme in un ambiente comune, sotto il controllo e l’educazione di dotti omosessuali. Tutte le chiese che ci condannano saranno chiuse. I nostri soli dei saranno bei ragazzi. Aderiamo al culto della bellezza, morale ed estetica. Tutto ciò che è brutto e volgare e banale sarà annientato. Poiché noi siamo estranei alle convenzioni borghesi eterosessuali, siamo liberi di vivere le nostre vite secondo le leggi della pura immaginazione. Per noi il troppo non è abbastanza. La squisita società che deve emergere sarà governata da una élite costituita da poeti gay.”
“Tremate, porci eterosessuali, quando appariamo di fronte a voi senza le nostre maschere.”

Eccetera. Qui ci fermiamo. Come già detto, chi vuole, può leggersi tutto il delirio.

lunedì 17 febbraio 2014

Sua Santità Pio IX: "Domandiamo [...] l'aiuto del Beatissimo Pietro Principe degli Apostoli e del suo Coapostolo Paolo e di tutti i Santi che fatti già amici di Dio pervennero al celeste regno e coronati posseggono la palma, e sicuri della loro immortalità sono solleciti della nostra salute".

Cosi' parlano gli eretici formali che non hanno nessun ministero nella Chiesa di nostro Signore:

"Ratzinger: La validità della liturgia [Eucaristia] dipende primariamente, non da specifiche parole, ma dalla comunità della Chiesa (...) il Concilio di Trento conclude le sue affermazioni sul Corpo di Cristo con qualcosa che offende le nostre orecchie ecumeniche ed ha senza dubbio contribuito non poco verso lo screditare questo banchetto nell’opinione dei nostri fratelli protestanti. Ma, se noi purifichiamo la sua formulazione dal tono appassionato del 16° secolo, saremmo sorpresi da qualcosa di grande e positivo” (Joseph Ratzinger, Feast of Faith, 1981, p. 130)". 

Cosi' parlano i veri Pontefici Cattolici a cui noi aderiamo:

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Concilio Vaticano Primo
4 sessioni dall’8 dicembre 1869 al 18 luglio 1870.
Pio IX (1846-1878).
Definizione della dottrina della fede cattolica e del primato e dell’infallibilità papale
 

SESSIONE I (8 dicembre 1869)
Decreto di apertura del concilio.

Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.

Reverendissimi padri, vi sembra opportuno che, a lode e gloria della santa ed indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo, ad incremento ed esaltazione della fede e della religione cattolica, per la estirpazione degli errori che vanno serpeggiando, per la riforma del clero e del popolo cristiano, per la comune pace e concordia di tutti, abbia inizio il sacrosanto concilio ecumenico vaticano? [Risposero: sì].

Indizione della futura sessione.

Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.

Reverendissimi padri, credete opportuno che la prossima sessione del sacrosanto concilio ecumenico vaticano abbia luogo nella festa dell’epifania del Signore, che sarà il 6 del mese di gennaio, nell’anno del Signore 1870? [Risposero: sì].

SESSIONE II (6 gennaio 1870)
Professione di fede.

Io Pio, vescovo della chiesa cattolica, credo fermamente e professo ogni singola verità contenuta nel simbolo di fede, in uso presso la chiesa romana.

E cioè: credo in un solo Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di ciò che si vede e di ciò che non si vede. E in un solo signore, Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, nato dal padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Generato non fatto; consostanziale al Padre; per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo; si incarnò per opera dello Spirito santo dalla vergine Maria, e si fece uomo, crocifisso per noi, soffrì sotto Ponzio Pilato e fu sepolto. Risuscitò il terzo giorno, secondo le scritture; salì al cielo, siede alla destra del Padre. Verrà di nuovo, con gloria, a giudicare i vivi e i morti.

Credo anche nello Spirito santo, signore e datore di vita. Egli procede dal Padre e dal Figlio. Col Padre e col Figlio, Egli e adorato e glorificato ed ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo nella chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica.

Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati; aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo futuro. Amen.

Con fermezza di fede ammetto ed abbraccio le tradizioni

apostoliche ed ecclesiastiche e le altre pratiche e costituzioni della stessa chiesa. Così pure accetto la sacra scrittura nel senso che ha ritenuto e ritiene la santa madre chiesa, cui è riservato giudicare del senso vero e dell’interpretazione delle sacre scritture; e non l’accetterò ed interpreterò mai se non secondo l’unanime consenso dei padri. Confesso pure che sette sono i sacramenti veri e propri della nuova legge, istituiti da nostro signore Gesù Cristo, e necessari alla salvezza del genere umano, anche se non tutti sono necessari a ciascuno. Essi sono: il battesimo, la confermazione, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio; e conferiscono la grazia. Di essi, il battesimo, la confermazione e l’ordine non possono essere ripetuti senza sacrilegio; ammetto anche ed accetto i riti tradizionali, approvati dalla chiesa cattolica nell’amministrazione solenne di questi sacramenti. Tutto ciò che, sia in genere che in particolare, è stato definito e dichiarato sul peccato originale e sulla giustificazione nel sacrosanto concilio Tridentino, lo accetto e lo ritengo vero. Confesso anche che nella messa si offre a Dio un vero e proprio sacrificio propiziatorio per i vivi e per i defunti; e che nel santissimo sacramento dell’eucarestia vi è veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue insieme con l’anima e la divinità del signore nostro Gesù Cristo, e che si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue; trasformazione che la chiesa cattolica chiama "transustanziazione".

Confesso anche che sotto una sola specie si riceve Cristo completo ed intero e il vero sacramento. Credo fermamente all’esistenza del purgatorio, e che le anime che sono in esso siano aiutate dalle preghiere dei fedeli.

E così pure, che i santi, i quali regnano con Cristo, devono venerarsi ed invocarsi; che offrono a Dio per noi le loro preghiere e le cui reliquie si devono venerare.

Affermo energicamente che le immagini di Cristo e della Vergine madre di Dio, e così pure quelle dei santi devono conservarsi e tenersi; e che ad esse si deve onore e venerazione.

Affermo anche che la potestà delle indulgenze è stata lasciata da Cristo nella sua chiesa, e che il loro uso è utilissimo al popolo cristiano.

Riconosco nella santa, cattolica, apostolica chiesa romana, la madre e la maestra di tutte le chiese.

Allo stesso modo, accetto e professo, senza esitazione, tutte le altre dottrine trasmesse, definite, dichiarate dai sacri canoni e dai concili ecumenici, specie dal sacrosanto concilio di Trento. E condanno anch’io, nello stesso tempo, rigetto ed anatematizzo tutto ciò che è contrario ad esse, e qualsiasi eresia che la chiesa abbia condannato, rigettato, anatematizzato.
Io, Pio, prometto solennemente e giuro di ritenere fermissimamente, con l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica, - fuori della quale nessuno potrà esser salvo, e che ora spontaneamente professo e ritengo veramente - integra e senza macchia fino all’ultimo respiro della mia vita, e di cercare (che essa sia ritenuta) da tutti, per quanto è in me. Così mi aiuti Dio, e questi santi evangeli di Dio.

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Bellellissima conferenza sul Papato. Relatore Piergorgio Seveso...
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 PASTOR AETERNUS.
Del Sommo Pontefice Pio IX...

Il Pastore eterno e Vescovo delle nostre anime, per rendere perenne la salutare opera della Redenzione, decise di istituire la santa Chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli si ritrovassero uniti nel vincolo di una sola fede e della carità. Per questo, prima di essere glorificato, pregò il Padre non solo per gli Apostoli, ma anche per tutti coloro che avrebbero creduto in Lui attraverso la loro parola, affinché fossero tutti una cosa sola, come lo stesso Figlio e il Padre sono una cosa sola. Così dunque inviò gli Apostoli, che aveva scelto dal mondo, nello stesso modo in cui Egli stesso era stato inviato dal Padre: volle quindi che nella sua Chiesa i Pastori e i Dottori fossero presenti fino alla fine dei secoli.

Perché poi lo stesso Episcopato fosse uno ed indiviso e l’intera moltitudine dei credenti, per mezzo dei sacerdoti strettamente uniti fra di loro, si conservasse nell’unità della fede e della comunione, anteponendo agli altri Apostoli il Beato Pietro, in lui volle fondato l’intramontabile principio e il visibile fondamento della duplice unità: sulla sua forza doveva essere innalzato il tempio eterno, e la grandezza della Chiesa, nell’immutabilità della fede, avrebbe potuto ergersi fino al cielo [S. LEO M., Serm. IV al. III, cap. 2 in diem Natalis sui]. E poiché le porte dell’inferno si accaniscono sempre più contro il suo fondamento, voluto da Dio, quasi volessero, se fosse possibile, distruggere la Chiesa, Noi riteniamo necessario, per la custodia, l’incolumità e la crescita del gregge cattolico, con l’approvazione del Sacro Concilio, proporre la dottrina relativa all’istituzione, alla perennità e alla natura del sacro Primato Apostolico, sul quale si fondano la forza e la solidità di tutta la Chiesa, come verità di fede da abbracciare e da difendere da parte di tutti i fedeli, secondo l’antica e costante credenza della Chiesa universale, e respingere e condannare gli errori contrari, tanto pericolosi per il gregge del Signore.