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giovedì 16 marzo 2017

"Sommo Bestemmiatore usurpatore in Vaticano"...

Con Francesco al mio lato, inferno assicurato
«Chiunque ami la verità odia l’errore,
e questo orrore dell’errore è la pietra di paragone con cui si riconosce l’amore per la verità.
Se non ami la verità, potrai dire che l’ami e farlo anche credere;
ma si può star certi che, in questo caso, mostrerai mancanza di orrore per ciò che è falso, e da ciò si riconoscerà che non ami la verità»

(Ernest Hello)



Quando si tratta di presentare i detti e i fatti di Francesco, è impossibile non imbattersi in blasfemie disseminate dappertutto, qualunque sia il tema trattato o l’azione compiuta. Se ho deciso di dedicare un articolo ad alcune delle sue innumerevoli blasfemie, è stato con la precisa finalità pedagogica di porre in rilievo le più «eclatanti», di modo che i cristiani, prendendo coscienza della malizia e dell’empietà inqualificabili di quest’uomo insensato, possano evitare le sue trappole diaboliche e non rimanere sedotti dal falso Vangelo che egli predica, né dal Cristo adulterato che egli presenta ingannevolmente al mondo, facendosi forte dell’immenso prestigio e della grande autorità morale legate alla sua investitura.

Ritengo necessario aggiungere anche che: a voler indicare un tratto distintivo del pontificato di Francesco, un marchio di fabbrica che lo caratterizzi adeguatamente, un comune denominatore che dia coerenza alle sue parole e ai suoi gesti, un canovaccio sempre presente in tutto ciò che dice e fa, senza dubbio si dovrà parlare di blasfemie. Francesco, infatti, le profferisce con la stessa naturalezza con cui respira, emettendo improperi contro ogni cosa sacra con un’abilità consumata, un piacere diabolico e una prodigiosa indecenza.

Vediamo allora alcune di queste continue e multiformi espettorazioni bergogliane:
«E io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio» (1).


Quest’unica frase, pronunciata sei mesi dopo la sua elezione, e che fu oggetto di una copertura mediatica planetaria, sarebbe dovuta bastare per suscitare una condanna inappellabile di questo incredibile offensore argentino. Ma non c’è stata condanna, né altro che potesse assomigliarle. Non c’è stata nemmeno una timida richiesta di rettifica o, quanto meno, di chiarimento semantico. Eppure, era la prima volta nella storia della Chiesa che un «Papa» negava l’esistenza del Dio cattolico: peraltro in un modo non certo accomodante.

Questa grave assenza di reazioni prova a sufficienza lo stato di deterioramento spirituale, intellettuale e morale dei cattolici; si tratta di un indizio certo della incredibile indifferenza che nutre il mondo cattolico riguardo alla fede, e questo nonostante una frase esplosiva come poche e di facile e immediata comprensione.

Se poi a qualcuno sembrasse che la detta frase sarebbe suscettibile di ricevere un’interpretazione benevola e ortodossa, in conformità col magistero, e non fosse in grado di cogliere in essa una colossale empietà, l’odio per Dio e la Sua Chiesa espresso ad un grado parossistico, con tutta la malizia del diavolo che parla per bocca di quest’uomo iniquo, mi troverei obbligato a dire che siamo al cospetto di un problema molto serio e che sarebbe meglio che costui si scrollasse di dosso la sonnolenza spirituale che l’affligge, prima che sia troppo tardi…

lunedì 13 marzo 2017

"Ogni ovile è spiato da ladri e malandrini, che agognano di farne il campo delle loro ruberie".

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII 
AI PARROCI E AI QUARESIMALISTI DI ROMA
Sala del Concistoro – Venerdì, 27 marzo 1953

Ecco, diletti figli, una Udienza, alla quale non avremmo potuto rinunziare. Appena le Nostre forze Ce lo hanno permesso, Ci siamo affrettati a chiamarvi intorno a Noi, per trattenerCi un poco con voi, per parlarvi col Nostro cuore ancor più che con le Nostre labbra.
La vostra presenza qui Ci è motivo di profondo gaudio e Ci spinge a manifestarvi la Nostra più viva letizia; se infatti tanta gioia Ci procura sempre l’incontro coi fedeli di Roma, quanto più grande deve essere quella di poterCi trovare con voi, che dividete col Vescovo dell’Urbe, col vostro Vescovo, le ansie, le trepidazioni, i timori, le speranze, in una parola, le cure pastorali?
Vi diamo dunque, amati Parroci di Roma e Predicatori quaresimalisti, il Nostro paterno benvenuto, nella speranza che quanto saremo semplicemente per dirvi non solo servirà in qualche modo alla efficacia del vostro ministero, ma giungerà anche alle menti e ai cuori di non pochi romani, nel campo delle vostre apostoliche fatiche.
Voi ben sapete come la Sacra Scrittura, quando parla della Chiesa, usa — secondo le circostanze — immagini architettoniche, sociali, antropomorfe. Così la Chiesa è un edificio costruito sopra una « pietra » fondamentale, tanto saldo che nessun impeto di uomini o di demoni varrà a farlo crollare (cfr. Matth. 16, 18); è un regno, le cui chiavi sono in mano di colui che ebbe da Gesù. Re eterno, la potestà di legare e di sciogliere sulla terra e nel cielo (cfr. Matth. 16, 18-19); è un corpo, le cui membra sono i fedeli e le cui operazioni sono governate dal Capo che è Gesù, rappresentato dal Vicario di Lui sulla terra (cfr. Rom. 12, 4-6: 1 Cor. 12, 12-27; Eph. 4, 4).

Ma vi è un’immagine, sulla quale — come vi è noto — Gesù sembra insistere in modo particolare, intrattenendosi a indicarne gli elementi, a spiegarne il significato, a proporne le applicazioni pratiche: la Chiesa è un ovile, che ha un Pastore supremo invisibile, Cristo stesso, il quale però volle che facesse le sue veci sulla terra un Pastore visibile, il Papa.
Per confidarCi con voi — come fa un padre coi figli più vicini e più cari — Noi vi diciamo che pochi passi del Vangelo sono stati e sono oggetto delle Nostre meditazioni quanto quello che descrive la Chiesa come un ovile e qualifica il suo Capo col titolo, umile insieme e grande, di Pastore (Io. 10, 1-18). Poche voci, per conseguenza, risuonano tanto insistentemente — vorremmo dire: tanto imperiosamente, — alle Nostre orecchie e s’imprimono tanto profondamente nel Nostro cuore come questa: Tu es pastor ovium.
Non vi dispiaccia dunque che il Vescovo, il Pastore di Roma, rimediti con voi quella pagina, riascolti con voi quella voce. Nello scorso gennaio, ricevendo la parrocchia di S. Saba, procurammo di rivolgerCi specialmente ai fedeli, indicando loro le mete da raggiungere, invitandoli ad entrare, per così dire, in santa gara coi fedeli delle altre parrocchie dell’Urbe. Intendevamo — fra l’altro — di proporre un semplice e pratico modello, che potesse essere utile a quanti nel settore parrocchiale desiderano lavorare all’attuazione del « mondo migliore da Dio voluto » (Esort. 10 febbraio 1952). Oggi, quasi a complemento di ciò che allora dicemmo, C’indirizziamo particolarmente a voi, dilettissimi sacerdoti, cooperatori, — ognuno nel proprio territorio, — del Vescovo presso il popolo romano, parte tanto eletta dell’ovile universale di Cristo. Perciò Noi diremo a ciascuno di voi: tu es pastor ovium. La parrocchia, che Gesù per mezzo Nostro ti ha affidata, è anch’essa un ovile, e tu ne sei il pastore.



Ora l’opera del pastore, l’opera quindi di ciascuno di voi, dovrà essere primieramente di difesa dai ladri. Ogni ovile è spiato da ladri e malandrini, che agognano di farne il campo delle loro ruberie. Quando essi si accostano all’ovile e furtivamente vi penetrano, non hanno che un fine : rubare e fare strage: Fur non venit visi ut furetur et mactet et perdat (Io. 10, 10).
Dovete quindi e innanzi tutto studiarvi di individuare e riconoscere i ladri, badando di non lasciarvi guidare da un certo semplicismo, che farebbe volgere la vostra attenzione, le vostre precauzioni verso una sola parte. Come nel gran mondo della Chiesa universale, così nel piccolo mondo della parrocchia, il nemico » sembra uno, ma è molteplice. Noi lo avvertimmo — se ben ricordate — dinanzi alla immensa moltitudine degli Uomini di Azione Cattolica nella radiosa giornata del 12 ottobre scorso. Vi è bensì — sarebbe impossibile di non accorgersene —un nemico che tiene tutti particolarmente in ansia; esso diventa ogni giorno più minaccioso, e insidia e assalta con tutti i mezzi e senza esclusione di colpi; ma questo nemico è divenuto fra tutti il più facilmente riconoscibile.
Altri nemici, o — se volete, — lo stesso « nemico » sotto diverse forme e spoglie, occorrerà scoprire. Si avvicinano spesso vestiti da agnelli, « in vestimentis ovium » (Matth. 7, 15). Bisognerà quindi adoperarsi affinché i fedeli li riconoscano dalle opere; dalle piante, cioè, che per causa loro, nascono e crescono nel campo di Dio, come pure dai frutti che su quelle piante maturano : « a fructibus eorum ».

A tal fine gioverà mostrare quanto disorientamento e quali tenebre s’incontrano spesso là dove prima era tutto uno splendore di luce; additare l’odio che opprime certi cuori, già dilatati nell’amore operoso; la discordia e la guerra che infuriano là dove regnava la pace; la torbida passione che sconvolge gli animi là dove era il candore della purezza. Il « nemico » disanima i giovani, estinguendo in loro la fiamma dei supremi ideali; priva i bambini della innocenza, riducendoli a piccole furie ribelli contro Dio e contro gli uomini. E quando vedrete i poveri privati delle loro più alte e consolanti speranze e certi ricchi chiusi in un pervicace egoismo; quando rimarrete tristi davanti a focolari, dove gli sposi gemono nel freddo, perché si è spento il fuoco dell’amore; dite : ecco, è venuto il ladro; ecco, è venuto il nemico, ed è venuto ut furetur et mactet et perdat, per rubare e portare lo scompiglio e la morte.
Contro questo multiforme nemico bisognerà reagire con l’impeto del padre che difende i suoi figli e con la prontezza che un dovere così urgente e tremendo impone.
Noi sappiamo che i Nostri parroci romani vigilano insonni e si affaticano e si affannano per evitare la strage nel proprio ovile, o almeno per ridurne il danno. Ognuno di voi è, con Noi, pastore nell’ovile : tu es pastor ovium.
Ma ecco un’ansia di Gesù. Se, a guardia dell’ovile, invece del pastore buono, vi fosse soltanto un mercenario, potrebbe avvenire che il gregge rimanesse incustodito, o andasse addirittura disperso, appena che si facesse sentire l’urlo dei lupi, avidi di preda, pronti all’assalto : Mercenarius . . . vidit lupum venientem et dimittit oves et fugit, et lupus rapit et dispergit oves (Io. 10, 12). Oggi le condizioni del clero difficilmente possono essere un motivo di umana attrattiva, come erano forse in altri tempi. In un mondo preso, come non mai, nella rete dell’interesse, agitato dalla frenesia del piacere e tormentato dalla sete di dominio, il sacerdozio è ed appare come qualche cosa di raramente appetibile per coloro che volessero rimanere nel mondo appartenendo al mondo. Voi, diletti figli, vi sforzate di dare splendente esempio di distacco da quanto potrebbe darvi l’apparenza di «impiegati », che nel lavoro non vedessero nè cercassero altro fuorché una mercede — giusta, del resto — che valga a procacciare loro il necessario sostentamento.

venerdì 10 marzo 2017

«Roma perderà la Fede e diverrà la sede dell’Anticristo»...



Sono sempre più quelli che vorrebbero rinviare Bergoglio ai suoi pascoli. Aspirazione giusta e saggia, ma impossibile nel pesante quadro degli inganni e tabù in corso.
Per superarli ai dovrebbe affrontare una cupa realtà che si può esprimere nella questione:
Il cattolico di questi tempi é ancora capace di capire il significato della virtuale presenza dell’Autorità di Dio per il bene e l’ordine in terra? Se lo fosse, sarebbe pure sgomento della Sua radicale lunga assenza precedente all’attuale «papa conciliare»! Sarebbe allora, capace di vedere, con gli occhi della fede, il vuoto spaventoso riguardante il Soglio di San Pietro, causa del sommo inganno del nostro tempo e d’ogni altro perfido inganno.
Parliamo della Sede della Verità occupata dal 1958 da chierici che, alieni alla Fede cattolica, inoltrano la fede conciliare ecumenista, a fatale danno dell’unica Chiesa della Fede in Gesù Cristo Re.
Eppure non mancarono gli avvisi maternali sulla perdita della fede a partire dal vertice della Sede romana Il 19 settembre 1846 a La Salette la Madonna profetizzò: «Roma perderà la Fede e diverrà la sede dell’Anticristo». Nel 1917, la Madre di Dio a Fatima segnalò che tale crollo fatale sarebbe più chiaro nel 1960.

La situazione attuale conferma quanto avvisato pure a Fatima da Maria, Regina dei Profeti, con la visione simbolica del massacro del Papa cattolico con tutto il suo seguito. La visione sarebbe più chiara da quando nella Sede di Roma subentrò il modernista Roncalli, Giovanni 23. Ciò fu possibile col voto in un conclave che ora il cattolico può e deve considerare nullo, in vista del falso e del male introdotto da G23 nella Chiesa. Costui riuscì ad ingannare i cardinali elettori sulle sue intenzioni col suo giuramento di fedeltà pontificale. Ma non ingannano le sue opere di segno modernista e massonico: “Li conoscerete dalle loro opere”, è il giudizio insegnato da Gesù.

venerdì 3 marzo 2017

La Babilonia Satanica Modernista...



 SUICIDIO ASSISTITO DELLA BABILONIA ROMANA DI PAGLIA E FANGO

Nessuno creda che mi metterò a parlare delle squallide questioni in voga sul suicidio personale e altro. Penso che quello che ci deve interessare è la matrice di tanto squallore, mascherato di libertà e dignità umana … di perdersi in eterno. Per salvare da tale perdizione il Signore è venuto per spartire la vita in questo mondo, fatta di fatiche, lacrime e sangue, ma che superata nel suo corso, può offrire la vera libertà, che è il desiderio di conoscere e arrivare alla Verità.
Pertanto il Signore creò la Chiesa, depositaria del Suo Sacrificio, che raccolse tutti i dolori, fatiche, lacrime e sangue, dovuti agli errori e peccati degli uomini. A noi spetta onorarlo con amore e riconoscenza per beneficiare di quel riscatto di cui non saremmo mai capaci da soli. Perciò parto sempre dalla questione principale.
La missione della Chiesa è, quindi, l’insegnamento di questa partecipazione nell’onore e amore di Cristo Signore, gloria di Dio e speranza nostra in mezzo ai molti deliri e delitti umani, da testimoniare per carità, affinché siano evitati, mentre preghiamo di esserne preservati, sempre nel Sacrificio affidato alla Santa Chiesa, fortezza della fede (Dn). Quando manca la sua difesa nel Santuario è l’ora di tutte le abominazione della desolazione finale. Ci siamo?
Ecco su cosa vigilare, coscienti che già avvenne l’abbandono della sua difesa, e che ora continua nella Sede che era della Chiesa, ora occupata da altri per avviare lavori di demolizione ecumenistica, accompagnate da profusi e scandalosi  casi di «communicatio in sacris». Ma per le questioni gravi della società sono cani muti.

Lavori in corso ma tenuti segreti?
Sembra che le trame per l’aggiornamento bergogliento della liturgia sia roba segreta, conosciuta solo attraverso voci nei corridoi vaticani. Ma il fatto che circolino è solo un segnale che si vuole andare oltre lo scempio che si conosce dal 1967 del «novus ordo missae» NOM! Si tratterebbe de una commissione mista di cattolici, luterani e anglicani il cui lavoro sarebbe coperto da silenzio stampa! Ma come, abbiamo foto di Paolo 6 con la sua commissione di protestanti di allora, e la promessa della sua evoluzione continua per mettere a punto una messa a cui sia possibile la partecipazione di tutte le confessioni «cristiane»; gli ortodossi sono caso aparte.

«L’ipotesi prevede una prima parte di liturgia della parola, che non presenta problemi; dopo il riconoscimento dei peccati, e la richiesta di perdono a Dio, e la recita del Gloria, ci sarebbero le letture, e il Vangelo.
«Sarebbe allo studio il problema del Credo. Le Chiese protestanti, pur riconoscendo il Simbolo Niceno-Costantinopolitano, recitano di preferenza il Credo apostolico. La Chiesa cattolica li alterna. In fondo neanche questo punto dovrebbe costituire un problema maggiore.
«Così come la presentazione delle offerte, anche se da studiare con attenzione, non sembra offrire ostacoli maggiori al progetto. [L’offertorio è già stato liquidato dal NOM].
«Il nodo centrale è quello dell’eucarestia. La visione cattolica dell’eucarestia differisce profondamente da quella luterana e di altre confessioni protestanti. E naturalmente la liturgia in questo momento così fondamentale, in cui per i cattolici avviene la transustanziazione (non così per i riformati) non può non essere diversa per i diversi celebranti.
«Ma come celebrare una liturgia comune dividendosi chiaramente, nell’enunciazione, proprio al culmine dell’evento? Una delle possibili soluzioni prospettate sarebbe il silenzio. Vale a dire che dopo il Sanctus, nel momento in cui normalmente durante la Messa vengono pronunciate le parole: “Padre veramente Santo …” i celebranti potrebbero tacere, ciascuno ripetendo mentalmente la ”sua” formula. La parola torna a regnare nella congregazione con la recita del Padre Nostro. Non è chiaro poi come si dovrebbero formare le file per ricevere l’eucarestia.
«Ecco, questo è quanto abbiamo sentito, e riferiamo. Una parziale conferma che ci sono, da qualche parte, dei lavori in corso, l’abbiamo avuta da questo articolo di Luisella Scrosati, su la Bussola Quotidiana, in cui si parla di un escamotage “trovato” nel Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, allora presieduto dal Cardinale Kasper, con il quale si riconosceva la validità dell’Anafora di Addai e Mari (preghiera eucaristica della Chiesa assira d’Oriente, più conosciuta come Chiesa nestoriana). Una preghiera che non conteneva le parole della consacrazione, “se non, come afferma il documento del 2001, ‘in modo eucologico e disseminato’, cioè non in modo esplicito (“Questo è il mio corpo… Questo è il calice del mio sangue”), bensì ‘sparse’ nelle preghiere che compongono l’anafora. Sarebbe perciò utilissima come principio giustificativo di una nuova preghiera eucaristica senza parole consacratorie, che potrebbero urtare i fratelli protestanti”. Quella liturgia era dedicata solo alla Chiesa caldea e alla Chiesa assira, nel caso che ci fossero problemi pastorali. Ma figuriamoci se un dettaglio così minuscolo può avere peso nella febbre ecumenica attuale. De minimis non curat praetor…»

Parole consacratorie, che potrebbero urtare i fratelli protestanti?
Ma se da sempre la Chiesa del Signore è di scandalo per le religiosità umane! Si vergognavano i preti di Essa. Ecco che oggi sono molti dei suoi consacrati a volersi liberati proprio di quanto dava forza, ragione, difesa della vita nella Unam Sanctam. Che cosa rimane a loro? Fantasmi di paglia per il gran fallò della fine dei tempi! Erano liberi di suicidarsi, hanno fatto di questa libertà per l’inferno, un pegno da insegnare alle masse incretinite e apostate quanto loro!
In verità, la domanda da porsi per quelli che sperano vedere un giorno la Chiesa restaurata in una Cristianità che converte e salva, è semplice: – Quali furono i veri tarli che hanno minato le sue difese? La risposta viene dai Concili Ecumenici, ma più ancora dall’azione di Papi Santi.