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venerdì 29 luglio 2016

Quando andrete all’assalto dei bellicosi nemici, sia questo l’unanime grido di tutti i soldati di Dio: “Dio lo vuole! Dio lo vuole!”...

Discorso di Urbano II al Concilio di Clermont (1095)

Popolo dei Franchi, popolo d’oltre i monti, popolo come riluce in molte delle vostre azioni eletto ed amato da Dio, distinto da tutte le nazioni sia per il sito del vostro paese che per l’osservanza della fede cattolica e per l’onore prestato alla Santa Chiesa, a voi si rivolge il nostro discorso e la nostra esortazione. Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci abbia condotto nelle vostre terre; quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci abbia qui, attratti.
Da Gerusalemme e da Costantinopoli é pervenuta e più d’una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i Persiani. gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, stirpe dal cuore incostante e il cui spirito non fu fedele al Signore, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della propria religione. Abbattono gli altari dopo averli sconciamente profanati, circoncidono i cristiani e il sangue della circoncisione o spargono sopra gli altari o gettano nelle vasche battesimali; e a quelli che vogliono condannare a una morte vergognosa perforano l’ombelico, strappano i genitali, li legano a un palo e, percuotendoli con sferze, li conducono in giro, sinché, con le viscere strappate, cadono a terra prostrati. Altri fanno bersaglio alle frecce dopo averli legati ad un palo; altri, fattogli piegare il collo, assalgono con le spade e provano a troncare loro la testa con un sol colpo.

Che dire della nefanda violenza recata alle donne, della quale peggio è parlare che tacere? Il regno dei Greci è stato da loro già tanto gravemente colpito e alienato dalle sue consuetudini, che non può essere attraversato con un viaggio di due mesi. A chi dunque incombe l’onere di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi cui più che a tutte le altre genti Dio concesse insigne gloria nelle armi, grandezza d’animo, agilità nelle membra, potenza d’ umiliare sino in fondo coloro che vi resistono? Vi muovano e incitino ali animi vostri ad azioni le gesta dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo Magno e di Ludovico suo figlio e degli altri vostri sovrani che distrussero i regni dei pagani e ad essi allargarono i confini della Chiesa. Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore nostro, ch’è in mano d’una gente immonda, e i luoghi santi, che ora sono da essa vergognosamente posseduti e irriverentemente insozzati dalla sua immondezza.
O soldati fortissimi, figli di padri invitti, non siate degeneri, ma ricordatevi del valore dei vostri predecessori; e se vi trattiene il dolce affetto dei figli, del genitori e delle consorti, riandate a ciò che dice il Signore nel Vangelo “chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me.
Chiunque lascerà il padre o la madre o la moglie o i figli o i campi per amore del mio nome riceverà cento volte tanto e possederà la vita eterna”. Non vi trattenga il pensiero di alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete e vi osteggiate a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra voi.

giovedì 28 luglio 2016

Saviano, propagatore di morte...

Fonte:Agere Contra...

Caro Saviano, legalizzare la Marijuana è un errore.

Segnalazione di Redazione BastaBugie

Incalcolabili i danni per la persona e per la società e inoltre non si riduce, ma al contrario si rilancia il potere delle mafie (VIDEO: ex tossicodipendenti contro la cannabis libera)

da Tempi
«È ora di legalizzare il mercato delle droghe in Italia e di farlo in maniera ragionata per evitare che continuino a circolare sostanze che uccidono. Non è più possibile girare la faccia dall’altra parte. È ora di capire che abbiamo troppo da perdere», ha scritto Roberto Saviano sull’Espresso. È il suo – ennesimo – articolo a favore della legalizzazione delle droghe. Niente. È più forte di lui: deve continuare a ripetere la stessa solfa fino alla noia. L’autore di Gomorra dovrebbe però atterrare sul pianeta Terra, togliersi il salame dagli occhi e cominciare a fare un po’ più i conti con la realtà e un po’ meno coi suoi bolsi refrain ideologici. Perché lo dice Tempi? No, perché lo dicono molti di quei magistrati e scienziati che lui dice di stimare. Di esempi ce ne sono a bizzeffe. Non staremo qui a ripetervi quel che diceva Paolo Borsellino nel 1989 (qui trovate ilvideo) quando definiva coloro che propongono di liberalizzare le droghe per combattere le mafie dei «dilettanti di criminologia». Né ripeteremo le parole di Silvio Garattini, direttore dell’Istituto farmacologico “Mario Negri”, che recentemente ha messo fortemente in dubbio le presunte “qualità terapeutiche” della cannabis. 

Di marijuana si torna a parlare in questi giorni perché il 25 luglio arriva alla Camera la proposta di legge sulla legalizzazione e qualche giorno fa il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, ha appoggiato l’idea. Di più: ha proposto che diventino monopolio di Stato e siano vendute nelle tabaccherie. Bene. Ora però dovete leggere l’intervista definitiva sulla questione che spazza via le ridicole tesi di Saviano e che appare oggi sulla Stampa. A parlare non è uno qualunque ma Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro che vive sotto scorta per le sue inchieste contro la ‘ndrangheta. Insomma, uno che la mafia la conosce bene. E Gratteri, tra le altre cose, afferma due cose molto interessanti. Primo: «Penso che uno Stato democratico non si possa permettere il lusso di liberalizzare ciò che provoca danni alla salute dei cittadini. Uno stato democratico si deve occupare della salute e della libertà dei suoi cittadini, noi sappiamo invece che qualsiasi forma di dipendenza genera malattie, in particolare psichiche, ma genera anche ricatto. Non possiamo liberalizzare ciò che fa male». Secondo: «Il guadagno che si sottrarrebbe alle mafie è quasi ridicolo rispetto a quanto la criminalità trae dal traffico di cocaina e eroina. Un grammo di eroina costa 50 euro, un grammo di marijuana costa 4 euro. Non c’è paragone dal punto di vista economico». Volete un esempio, dei numeri? Eccoli: «Ogni 100 tossici dipendenti solo il 5% usa droga leggere. Di questa percentuale solo il 25% viene utilizzato da maggiorenni, l’altro 75% sono minorenni. Se noi pensiamo di liberalizzare e vendere droghe leggere e allora dovremmo ipotizzare di vendere hashish e marijuana anche ai minorenni. Di sicuro non risolveremmo il problema di contrasto alle mafie. Le mafie per coltivare canapa non pagano luce, acqua e soprattutto personale, se si legalizza invece bisogna assumere operai, pagare acqua, luce, il confezionamento, il trasporto. Si è fatto un esperimento a Modena creando delle serre, si è capito che in questo modo un grammo costerebbe 12 euro, tre volte in più di quanto costa al mercato nero. È evidente che il “consumatore” andrà comunque dove paga meno».


LEGALIZZARE LA CANNABIS È UN ERRORE, AD ESEMPIO IN COLORADO… «Legalizzare la cannabis è un errore, provoca danni sociali per miliardi». Parola di Antonio Maria Costa, classe 1941, per anni direttore a Vienna dell’Ufficio Onu per la lotta a droga e criminalità organizzata. In un intervento pubblicato ieri dalla Stampa, Costa spiega innanzitutto come la «cannabis danneggia la mente», frenando il funzionamento dei recettori sensoriali. Se il rischio di danno psichico è pari al 10% in media, nei giovani che consumano in modo «saltuario» la marijuana «sale al 20%», mentre per i giovani che ne fanno uso abituale si va dal 20% al 50%.

lunedì 25 luglio 2016

DOMÍNICA X POST PENTECOSTEN Santa Messa "Non Una Cum" gli apostati vaticanosecondisti...


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EPISTOLA    

Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Corínthios, I, 12, 2-11

  Fratres: Scitis quóniam cum gentis essétis, ad simulácra muta prout ducebámini eúntes. Ideo notum vobis fácio, quod nemo in Spíritu Dei loquens, dicit anáthema Iesu. Et nemo potest dícere, Dóminus Iesus, nisi in Spíritu Sancto. Divisiónes vero gratiárum sunt, idem autem Spíritus. Et divisiónes ministratiónum sunt, idem autem Dóminus. Et divisiónes operatiónum sunt, idem vero Deus, qui operátur ómnia in ómnibus. Unicuíque autem datur manifestátio Spíritus ad utilitátem. Alii quidem per Spíritum datur sermo sapiéntiæ: álii autem sermo sciéntiæ secúndum eúmdem Spíritum: álteri fides in eódem Spíritu: álii grátia sanitátum in uno Spíritu: álii operátio virtútum, álii prophetía, álii discrétio spirítuum, álii génera linguárum, álii impertrátio sermónum. Hæc autem ómnia operátur unus atque idem Spíritus, dívidens síngulis prout vult.
M. - Deo grátias.


Fratelli: Sapete che quando eravate pagani, eravate trascinati verso i muti idoli. Perciò io vi avverto che nessuno, che parli per lo Spirito di Dio, dice: Maledizione a Gesú. E nessuno può dire: Signore Gesú, se non dallo Spirito Santo. Vi sono bensí diversità di carismi, ma lo Spirito è uno solo. E vi sono diversità di ministeri, ma non v’è che un solo Signore. E vi è anche diversità di operazioni, ma non v’è che un solo Dio, che opera tutto in tutti. Infatti a ciascuno è concessa la manifestazione dello Spirito a fini utili. Dallo Spirito, ad uno è concessa la parola della sapienza, a un altro la parola della scienza sempre dal medesimo Spirito, a un altro la fede nello stesso Spirito, a un altro il dono delle guarigioni nell’unico Spirito, a un altro il dono di operare miracoli, a un altro la profezia, a un altro il discernimento degli spiriti, a un altro ogni genere di lingue, a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutto questo è il medesimo e unico Spirito che lo opera, dando a ciascuno secondo che gli piace.
M. - Deo grátias.

venerdì 15 luglio 2016

"Tutto questo è semplicemente qualcosa di diabolico".

Bergoglio, maestro dell’inganno

Breve selezione degli errori e delle empietà pronunciate dal falso profeta
Jorge Mario Bergoglio, bugiardo consumato, bestemmiatore incallito e illustre discepolo del padre della menzogna…

di Alejandro Sosa Laprida


«E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. No, non è così! Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: “questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta”. E a lui piace, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberarci. […] Quello che il Signore vuole da noi è proprio l’annuncio della riconciliazione, che è il nucleo del suo messaggio: Cristo si è fatto peccato per me e i peccati sono là, nel suo corpo, nel suo animo. Questo è da pazzi, ma è bello: è la verità» (1).
«Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie» (Ap 13, 5).
«Proferirà insulti contro l'Altissimo e distruggerà i santi dell’Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge» (Dan 7, 25).
«Tante volte io mi trovo in crisi con la fede e alcune volte anche ho avuto la sfacciataggine di rimproverare Gesù: “Ma perché Tu permetti questo?”, e anche dubitare: “Ma questa sarà la verità, o sarà un sogno?”. E questo da ragazzo, da seminarista, da prete, da religioso, da vescovo e da Papa. … Un cristiano che non abbia sentito questo, qualche volta, la cui fede non sia entrata in crisi, gli manca qualcosa: è un cristiano che si accontenta con un po’ di mondanità» (2).

Bergoglio insegna, con le sue parole e il suo esempio, che dubitare delle verità di fede è cosa buona e che quelli che non lo fanno sono «cristiani mondani». Blasfemia da quattro soldi. Per essere un buon cristiano, secondo questo energumeno infernale, si dovrebbe mettere in discussione, per esempio, la divinità o la resurrezione di Gesù Cristo. L’“insegnamento” bergogliano contraddice assolutamente quello di Nostro Signore, che rimproverò all’Apostolo Tommaso di non aver creduto alla testimonianza degli altri Apostoli sulla Sua resurrezione:
«Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e méttila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”» (Gv 20, 27-29).

Si immagini un catechista che dicesse ai suoi studenti che egli non fa altro che dubitare di ciò che insegna e che questo sarebbe per lui, non solo positivo, ma anche necessario per arrivare ad essere un buon cristiano.
Ebbene, qui abbiamo un presunto «Papa», supremo dottore della fede cattolica, che ci dice più o meno così: «Cari fratelli, per essere cristiani autentici, vi invito a dubitare come faccio io, che non ho smesso di farlo in alcuna delle molte fasi della mia vita, e che continuo a farlo anche adesso che sono il Vicario di Cristo. Perché attenzione, se alcuni non lo fanno, significa che sono cristiani meschini e mondani, incapaci di muoversi verso le “periferie” e di praticare la “cultura dell’incontro”»

Tutto questo è semplicemente inconcepibile. Non c’è una sola frase della Sacra Scrittura o del Magistero della Chiesa che possa essere interpretata come un “invito a dubitare” della rivelazione divina; né si può trovare qualcosa del genere negli scritti dei Santi.

Ciò che supera ogni comprensione è Il fatto che Bergoglio abbia il coraggio di dire questo nientemeno che nella stessa Basilica di San Pietro, e che nessuno, assolutamente nessuno reagisca, si levi e lo rimproveri ad alta voce, in maniera energica e con coraggio, denunciandolo pubblicamente per quello che è: un acerrimo nemico di Dio e della Chiesa, un corruttore della fede ed uno che impugna la rivelazione divina.

Davvero è necessario ricordare che chi vuole indebolire la nostra fede è proprio il demonio? E che qualsiasi dubbio sulla fede viene sempre da lui e mai da Dio?

Da questo si può dedurre con totale certezza che gli “insegnamenti” di Bergoglio sono lineari e chiaramente satanici. Non riconoscerlo è segno di una profonda debolezza interiore, di una fede pusillanime e vacillante, di un’agghiacciante cecità spirituale. Per non parlare della più che perversa suggestione secondo la quale la rivelazione divina si potrebbe legittimamente considerare come un “sogno” [!!!]; né dei “rimproveri” che questo insensato ha il coraggio di muovere al nostro adorabile Redentore ...
«A me non piace, e voglio dirlo chiaramente, a me non piace quando si parla di un genocidio dei cristiani, per esempio nel Medio Oriente: questo è un riduzionismo» (3).

Detto da uno che è il maggiore promotore dell’immigrazione musulmana in Europa, mi sembra evidente che non c’è di che meravigliarsi (4).


«Tanti pensano di loro che sarebbe stato meglio che fossero rimasti nella loro terra, ma lì soffrivano tanto. Sono i nostri rifugiati, ma tanti li considerano esclusi. Per favore, sono i nostri fratelli! Il cristiano non esclude nessuno, dà posto a tutti, lascia venire tutti» (5).

giovedì 14 luglio 2016

I NOVATORI "MODERNISTI" AUTENTICI FIGLI DI SATANA...


«Se, strappando la maschera alla Rivoluzione, le chiedete: “Chi sei tu?” , ella vi dirà: “ [...] Io sono l’odio di ogni ordine religioso e sociale che l’uomo non ha stabilito e nel quale esso non è re e Dio assieme: io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo contro i diritti di Dio; sono la filosofia della ribellione, la politica della ribellione, la religione della ribellione: sono la negazione armata; sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo in luogo della volontà di Dio; in una parola io sono l’anarchia; perché io sono Dio spodestato, surrogato dall’uomo. Ecco il motivo per cui mi chiamo rivoluzione, cioè sconvolgimento, perché io colloco in alto chi, secondo le leggi eterne, dovrebbe stare in basso; e metto in basso chi dovrebbe stare in alto” ».

(Mons. Jean-Joseph Gaume, La Rivoluzione, 1856)


Se si vuole ricercare la prima origine dei mali da cui è travagliata la nostra società, si vedrà che tutto deriva dalla ribellione che i Novatori scatenarono contro l’autorità divina della Chiesa; ribellione che, ingigantita nel secolo XVIII nella grande Rivoluzione, quando con tanta arroganza si promulgarono i diritti dell’uomo, ora è spinta alle estreme conseguenze. Ond’è che vediamo esaltata fuor di misura la dignità della ragione umana; disprezzato e ripudiato quanto sembri superare le forze e l’intelligenza dell’uomo e non sia compreso nei limiti della natura; per nulla considerati e dai privati e dai pubblici poteri gli stessi sacrosanti diritti di Dio. Pertanto, eliminato Dio, principio e sorgente di ogni autorità, ne consegue naturalmente che più non esista potere umano la cui autorità venga reputata inviolabile.

martedì 12 luglio 2016

"Francesco non è un cattivo cattolico. E’ un non-cattolico. Questo è il punto cruciale".





Traduzione di Pietro Ferrari

Un’obiezione molto comune che si sente quando si parla di sedevacantismo con quelle anime sfortunate che ancora credono Jorge Bergoglio ( “Francesco”) sia il Papa della Chiesa cattolica, è: “Ma ci sono sempre stati cattivi papi!” Essi non colgono la differenza tra, da un lato tra cattolici che conducono vite immorali ed eretici.
Francesco non è un cattivo cattolico. E’ un non-cattolico. Questo è il punto cruciale. Pertanto, dire che abbiamo avuto cattivi papi in passato ma che erano ancora validi Papi, è del tutto fuori luogo. Un uomo che professa tutta la Fede Cattolica, non importa quanto malvagio possa essere, rimane un membro della Chiesa cattolica. Anche se lui odia Dio. Anche se egli sia un assassino. Anche se egli è un sodomita.
Dio non voglia, naturalmente! Un uomo così, se non si pente, avrà una eternità di sofferenza all’inferno. La sua appartenenza alla Chiesa non gli gioverà; la sua fede, del tutto morta perché senza la carità, non lo salverà. La sua conoscenza della vera fede si limiterà ad aggiungere pene alla sua miseria nell’inferno perché avrà peccato con piena conoscenza del peccato dei suoi atti.

Sì, tutto questo è vero. Ma un tale uomo, se eletto al papato, sarebbe ancora un Papa valido, perché ciò che mantiene un uomo nell’ essere validamente eletto al papato non è una mancanza di santità, ma la professione di eresia (tra le altre cose). In altre parole, ciò che gli impedisce di essere un Papa valido non è la commissione di peccati contro la morale (altrimenti nessuno potrebbe essere Papa, visto che siamo tutti peccatori), non importa quanti o quanto gravi, ma la commissione dei peccati contro la Fede .
Questo è l’insegnamento cattolico non controverso. Papa Pio XII l’ha messo ben a fuoco quando ha insegnato autoritativamente nella sua bella enciclica sulla Chiesa:

In realtà solo quelli devono essere inclusi come membri della Chiesa che sono stati battezzati e professano la vera fede, e che non sono stati così sfortunati da separare se stessi da l’unità del corpo, o sono stati esclusi dalla legittima autorità per gravi errori commessi ….
Né si deve immaginare che il Corpo della Chiesa, solo perché porta il nome di Cristo, si componga durante i giorni del suo pellegrinaggio terreno solo dei membri cospicui per la loro santità, o che consista solo di coloro che Dio ha predestinato alla felicità eterna. E’ grazie alla misericordia infinita del Salvatore quel luogo è consentito in suo Corpo mistico qui sotto per coloro che, di vecchio, Egli non ha escluso dal banchetto. Non ogni peccato, per quanto grave possa essere, come la sua natura va a  recidere un uomo dal Corpo della Chiesa, così come lo scisma o eresia o apostasia. Gli uomini possono perdere la carità e la grazia divina per il peccato, divenendo così incapaci di merito soprannaturale, e tuttavia non essere privati di tutta la vita se sono in possesso della fede e della speranza cristiana, e se, illuminati dall’alto, sono stimolati dalle sollecitazioni interne dello Spirito Santo per salutare timore e vengono spostati alla preghiera e la penitenza per i loro peccati. (Pio XII, Enciclica Mystici corporis, nn 22-23).

domenica 3 luglio 2016

DOMÍNICA VII POST PENTECOSTEN - Santa Messa "Non Una Cum" gli apostati Vaticanosecondisti...

 
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EPISTOLA    
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Romános, 6, 19-23
 
Fratres: Humánum dico, propter infirmitátem carnis vestræ: sicut enim exhibuístis membra vestra servíre immundítiæ, et iniquitáti ad iniquitátem, ita nunc exhibéte membra vestra servíre iustítiæ in sanctificatiónem. Cum enim servi essétis peccáti, líberi fuístis iustítiæ. Quem ergo fructum habuístis tunc in illis, in quibus nunc erubéscitis? Nam finis illórum mors est. Nunc vero liberáti a peccáto, servi áutem facti Deo, habétis fructum vestrum in sanctificatiónem, finem vero vitam ætérnam. Stipéndia enim peccáti, mors. Grátia áutem Dei, vita ætérna, in Cristo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias.
 
 
Fratelli: Vi parlo alla maniera  umana a causa della debolezza della vostra carne: come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità a scopo di malizia, cosí ora offrite le vostre membra per servire alla giustizia a scopo di santificazione. Infatti, quando eravate schiavi del peccato, non potevate servire alla giustizia. Ma che vantaggio avete avuto da quelle cose delle quali ora vi vergognate? Poiché il fine di essi è la morte. Ora, invece, liberati dal peccato, e fatti servi di Dio, avete per vostro vantaggio la santificazione e per fine la vita eterna. Infatti, mercede del peccato è la morte: ma dono di Dio è la vita eterna nel Cristo Gesú nostro Signore.
M. - Deo grátias.

sabato 2 luglio 2016

UN CASO DI COSCIENZA SUGLI ERRORI CONDANNATI DALLA SANTA SEDE NEL 1864...


https://sansosti.files.wordpress.com/2010/10/3pio-ix.jpg
La Civiltà Cattolica anno XIX, serie VII, vol. II (fasc. 434, 7 Aprile 1868), Roma 1868 pag. 150-167.

R.P. Beniamino Palomba d.C.d.G.


UN CASO DI COSCIENZA SUGLI ERRORI 

CONDANNATI DALLA SANTA SEDE NEL 1864

I giornali così irreligiosi come cattolici si sono recentemente occupati, e si occupano ancora, nel parlare di un caso di coscienza, proposto al clero di Parigi e risoluto da esso, nel mese di Febbraio del corrente anno. Il qual caso, benchè per via indiretta, pur nondimeno andava principalmente a ferire nella Enciclica Quanta cura, che l'augusto Pontefice Pio IX diresse nel Dicembre del 1864 a tutt'i Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi, che hanno la grazia e la comunione della Sede Apostolica; ed anche principalmente trattava di alcuni degli errori, già condannati da Sua Santità ed inseriti in quel Sillabo, che venne fuori di suo ordine insieme colla Enciclica nominata. Di qui gli uomini, che stanno sempre pronti ad offendere la Chiesa cattolica ed a contraddire alla sua dottrina, colsero il destro di falsare il senso e diminuire il valore di quegli atti rilevantissimi della Cattedra di Roma; e per mezzo della stampa sparsero a danno altrui il veleno, che ammorba i loro cervelli e i loro petti.

 Ma ad uno stesso tempo corsero anche per le stampe le risposte degli scrittori cattolici, i quali confutarono que' miserabili sofismi, e misero in chiaro la verità de' fatti, narrati falsamente dai giornali irreligiosi. Un tale argomento è degno, che sia toccato ancora da noi; e ciò prendiamo a fare nel presente articolo, il quale, come l'ordine richiede, incomincia colla esposizione del caso.

Stando alle notizie, che attingiamo dai giornali francesi, il clero di Parigi convenne il dì 5 Febbraio di quest'anno nella chiesa di san Rocco, per la consueta conferenza, detta del caso di coscienza. Presedeva in quel giorno lo stesso Arcivescovo, e fu proposta a discutere la seguente questione: «Un uomo impegnato nella politica dichiara al suo confessore di non voler punto rinunziare alle dottrine, che ora prevalgono presso le nazioni moderne; i cui principali capi sono la libertà de' culti, la libertà della stampa e l'intervento dello Stato nelle materie miste. Ecco in qual modo egli ragiona: — Voi, confessor mio, non avete il dritto di prescrivermi, come ad uomo privato, che io assegni tal giorno e che adoperi tal mezzo, per convertire questa o quella persona. Non vi ha dubbio, che io debba adoperarmi colle mie parole e coi miei esempii, per la conversione e per la edificazione de' prossimi; ma appartiene a me, agente libero, être responsable, scegliere i mezzi o discernere le occasioni. Similmente per una stessa ragione voi non potete comandarmi, come ad uomo politico, legislatore, principe, che io prenda oggi stesso questo o quel provvedimento contro la bestemmia, per cagion d'esempio, o contro il lavoro della domenica, o contro la sfrenatezza della stampa. Imponetemi pure, che io attenda a propagare la giustizia e la verità; ma lasciate a me il giudizio e la scelta delle occasioni e dei mezzi.