È visione generale consolidata e di buon senso che se tutta la Chiesa
accetta l’elezione di un papa senza fiatare, senza sollevare sospetti
sul conclave elettore, l’elezione è da ritenersi valida. Ma non è nessun
dogma.
Infatti, la Bolla «Cum ex apostolatus», di Papa Paolo IV, definisce
che non vale questo generale riconoscimento se si scopre che il «papa
eletto» era deviato dalla fede prima di tale elezione. Allora il
conclave che lo ha eletto, anche se avesse avuto l’unanimità dei
cardinali, va ritenuto nullo, non avvenuto, con la conseguente nullità
dell’eletto alla carica. Si trattava, perciò, di un chierico deviato
occulto, che riuscì ad ingannare i cardinali sulle sue condizione di
uomo fedele e lucido, non deviato da eresie (come il modernismo, né da
sette massoniche).
Tale tipo di «papa» poteva e può ingannare i cardinali e la
moltitudine per qualsiasi durata di tempo, ma non il Signore, da Chi
proviene immediatamente l’autorità pontificale, mai da loro avuta. Basta
considerare la loro opera di continua e crescente demolizione della
Chiesa.
È appena uscito a Roma un libro che tratta dei «papi» eletti in
questo modo. Un libro «sui generis» perché è una raccolta di scritti
contrari alla certezza generale della legittimità dei «papi conciliari»:
«La Chiesa Tradita – scempio della Fede Latina, di Michele Arcangelo,
pubblicato da BastogiLibri (Esoterica-massonica). In esso sono
riprodotte pagine di altri libri, come sia del noto «Nichitaroncalli –
Controvita di un papa», di Franco Bellegrandi.
Poiché il tema del nuovo libro è il grande tradimento alla Chiesa,
che si perpetua nell’apatia generale, ne parliamo qui, ritornando sulla
spaventosa realtà dello scempio per corrompere la fede, in atto in
Vaticano dall’elezione di Roncalli a quella ancora più bislacca di
Bergoglio.pio per corrompere la fede, in atto in Vaticano dall’elezione
di Roncalli a quella ancora più stramba di Bergoglio.
UNA TESTIMONIANZA DI VITALE IMPORTANZA SUL GRAN DELITTO
“Qualche mese dopo la morte di papa Pacelli, incontrai a Palazzo
Farnese, sfolgorante per un ricevimento del l’ambasciatore di Francia,
il cardinale Eugenio Tisserant, che mi onorò della sua confidenza. Il
vecchio cardinale che aveva conservato sotto la porpora il coraggio e la
schiettezza dell’antico ufficiale degli Spahis, mi raccontò, sdegnato,
camminando a scatti sotto ai soffitti dorali del più bel palazzo
rinascimentale di Roma, come già nelle ultime settimane di malattia di
Pio XII alcuni esponenti del vertice vaticano avevano cominciato ad
apertamente disobbedire. E mi narrò ancora, arrotando quel suo italiano
gallico pronunciato con spigliatezza militaresca, nella gran barba
bianca che gli scendeva a lambire la croce pettorale, come la suora
tedesca addetta alla persona del Papa, l’indimenticabile Suor
Pasqualina, al secolo Josephine Lenhert di Einsberg, ebbe a subire
l’estremo affronto dei nemici di Pacelli. Pio XII agonizzava. Alla suora
che era corsa in Vaticano per rifornirsi di biancheria per il Papa, fu
negata l’automobile di servizio per ritornare al più presto a Castel
Gandolfo, al capezzale del Pontefice morente. L’eruditissimo porporato
francese. Decano del Sacro Collegio, Bibliotecario e Archivista di Santa
Romana Chiesa, si distingueva fra i cardinali, per una personalità
“tutta d’un pezzo”. Era rispettato e temuto in Vaticano per due precise
ragioni: il suo coraggio rude e senza mezzi termini che gli faceva
esporre chiaramente le sue opinioni davanti a chiunque, e il fatto di
essere a conoscenza di una quantità di segreti “scomodi”, legati al
passato di molte personalità vaticane. Possedeva infatti, l’ex-ufficiale
cardinale francese, un suo archivio, vasto e continuamente aggiornato e
arricchito, contenente documenti di grande valore storico e spesso di
delicatezza esplosiva, messo insieme, con competenza e metodo, in quasi
mezzo secolo di attività al servizio della Santa Sede. Conosceva,
quindi, uno per uno, l’eminentissimo cardinale dalla gran barba, i
nemici di Pio XII e del “Pacellismo”. In quell’archivio era documentato,
per esempio, il “credo” marxista dell’allora monsignor Giovanbattista
Montini, sostituto della Segreteria dì Stato di Pio XII. Che nel 1945 si
era legato in amicizia con il segretario del partito comunista
italiano, Palmiro Togliatti, appena rientrato in Italia dall’Unione
Sovietica. L’ignaro monsignor Giuseppe De Luca, insigne; latinista,
intimo del leader marxista di cui condivideva l’amore per i classici
italiani, aveva tenuto a battesimo quella pericolosa amicizia che per
Togliatti fu il primo, insperato successo, conquistato senza muovere un
dito, sul territorio italiano, appena liquidato il fascismo. Presto,
quel segretissimo connubio fra il diavolo e l’acqua santa aveva maturato
i suoi frutti. Attraverso circoli protestanti dell’Università di
Uppsala e loro legami con l’ortodossia russa, il Sostituto della
Segreteria di Stato di Pio XII fece sapere al Cremlino che non tutta la
Chiesa e non tutto il Vaticano approvavano per il futuro gli indirizzi
politici di papa Pacelli”. Queste iniziative segretissime di
Giovanbattista Montini non sfuggirono però all’allora monsignor Tardini.
Non a caso fra i due prelati contraddistinti da temperamenti opposti –
tanto razionalmente ambiguo il primo, quanto aperto ed estroverso il
secondo – non corsero mai buoni rapporti. E nell’archivio del cardinale
Tisserant, insieme ad altri importanti documenti del delicato “affaire”,
finirono i rapporti segreti dell’arcivescovo di Riga a Pio XII, nei
quali sono descritti, con dovizia di documentazione, i contatti che
Giovanni Battista Montini ebbe, all’insaputa del Papa, con emissari
dell’Unione Sovietica e degli Stati satelliti, e gli esiti scottanti
dell’inchiesta segreta che Pio XII aveva subito affidata a un ufficiale
dei Servizi Segreti francesi. Coslui era riuscito a impossessarsi di una
raccolta di lettere attribuite a Montini che segnalavano alla K.G.B. –
la polizia politica sovietica – i nomi e i movimenti dei sacerdoti, in
gran parte gesuiti, che, in quegli anni esercitavano clandestinamente il
loro ministero fra le popolazioni dei paesi comunisti oppresse dalla
persecuzione religiosa.
“Quell’ufficiale racconterà più tardi allo scrittore francese Pierre
Virion che “…trasecolò quando gettò gli occhi su quelle lettere
delatorie, vergate su carta intestata della Segreteria di Stato di Sua
Santità” (2). Peraltro, non appena Pio XII lesse quelle carte ebbe un
collasso. Costretto a Ietto per molti giorni dispose l’immediata
partenza di Montini per Milano, la prima diocesi vacante che in quel
momento di terribile angoscia si trovò sottomano. Il futuro Paolo VI
lasciò così da un’ora all’altra il suo ufficio in Vaticano che lo
equiparava, di fatto, a Segretario di Stato. Infatti Pio XII aveva
lasciato vacante quella carica, dopo la morte, nei 1944, del cardinale
Maglione.
- (2) Pierre Virion confiderà l’episodio alla vaticanista Gabriella de
Montemayor incontrata a Roma nel giugno 1974 che ne riceverà conferma
da un alto magistrato romano, il dottor Giulio Lenti, a sua volta
informato da mons. Domenico Tardini cui era legato da antica amicizia.
Infatti mons. Tardini era stato subito convocato da papa Pacelli
sconvolto da quella rivelazione. Il segretario del cardinal Tisserant,
monsignor Georges Roche, annota l’episodio nel suo libro “Pie XII devant
l’histoire”, edito da Laffont di Parigi.
“Montini, il futuro Paolo VI … “Si lasciò alle spalle Roma e il gran
dolore inferto al cuore del Papa, e raggiunse Milano in ossequio
all’antica norma vaticana ‘‘promoveatur ut removeatur”. Era il
tardo autunno del 1954. Per ottenere l’ambito “Galero»” cardinalizio,
l’amletico monsignore di Concesio dovrà attendere, da quel giorno,
l’elezione al Soglio di Pietro del suo “precursore” Roncalli. (3).
- (3) – Trentotto anni dopo scriverà Antonio Spinola in “Pio XII,
l’ultimo papa” (le Scie Mondadori, ottobre 1992, p.357, 358): “Allo
spirare di quello stesso 1954, il papa nominava Montini arcivescovo di
Milano. Aveva voluto allontanarlo da se? Nell’agosto era morto nella
capitale lombarda il benedettino cardinale Schuster, titolare
dell’arcidiocesi ambrosiana, e già all’inizio del novembre successivo il
pontefice lo aveva sostituito proprio con Montini… Felice non era
Montini anzi appariva come smarrito a un amico, il camaldolese padre
Anselmo Giabbani che lo incontrò in quei giorni, “Il suo volto”
testimoniò il frate, “era cambiato. Perfino il tono della voce era
diverso, e i gesti meno espressivi”. Si parla di un vero e proprio
esilio inflitto al monsignore che aveva osato “tradire” – il termine era
molto forte – la battaglia antisocialista oltre che anticomunista di
Pacelli. Suor Pasqualina aveva visto piangere il papa, deluso per
l’atteggiamento aperturista di Montini. Il Monsignore aveva già attirato
l’attenzione del prosegretario del Sant’Uffizio, cardinale Ottaviani,
un capofila, insieme a Gedda. di quanti accusavano Montini di trescare
con Fanfani e di aspirare a una democrazia cristiana autonoma dal
Vaticano. Si andava oltre volendo far credere che il monsignore avesse
perfino assistito a certe messe nere. Fu padre Lombardi a darne notizia
al papa”.
MILIONI PER FAR SPARIRE LA TESTIMONIANZA DI VITALE IMPORTANZA
“Il Vaticano del nuovo corso tentò ogni mezzo, naturalmente, per
entrare in possesso di quella raccolta di documenti. Messo alle strette,
il cardinale Tisserant dovette congegnare il suo prezioso archivio, non
prima però di averlo fatto fotocopiare dal suo segretario, l’abate
Georges Roche. Per anni, dopo la morte di Tisserant, il Vaticano tallonò
invano il Roche e la nipote del defunto cardinale por poter acquistare,
a peso d’oro, quello scomodo doppione in giro per il mondo. Finalmente,
il cementiere Carlo Pesenti, che era riuscito a comprare dal Roche per
450 milioni di lire il prezioso archivio, lo cedette al Vaticano, nella
persona di Mons. Benelli, in cambio di un prestito agevolato di 50
miliardi in franchi svizzeri. Infatti Pesenti aveva bisogno, all’epoca,
per il suo gruppo di banche e per l’acquisto di due, istituti di
credito, a Monaco di Baviera e a Montecarlo, di prestiti in valuta
dall’Istituto per le Opere di Religione (Mons. Marcinkus, Mons. De
Bonis, Dott. Strobel). L’interesse del Pesenti era quello di poter
disporre di quell’istituto vaticano sia come mallevadore o cofideiussore
di questo credito e di lucrare sulla differenza fra il cambio ufficiale
e il cambio “nero”. Dunque, il fronte antipacelliano, progressista e
fautore del “dialogo” e delle “aperture”, era già una consistente,
sconcertante realtà, alcuni anni prima della morte di Pio XII.»
* * *
Il libro di Bellegrandi aggiunge a pagina 56-7 un’informazione dello
stesso Cardinale, di capitale importanza per chiarire il dubbio posto
all’inizio dell’articolo, determinante per riconoscere l’invalidità
dell’elezione di Roncalli, perché massone:
“Per lo meno a Roma, in circoli bene informati si conoscono i nomi
dei cardinali massoni. Un mio amico sacerdote, Don Enrico Pompilio,
cappellano militare col grado di maggiore dell’arma dei Carabinieri, mi
confidò di aver avuto da un monsignore francese, celebre conferenziere
incontrato in un congresso, una gravissima rivelazione circa
l’improvvisa e tragica e scandalosa morte del cardinale Jean Danielou.
Come si ricorderà quel cardinale di Francia, famoso per la sua
erudizione, fu trovato morto a Parigi, nell’appartamento di una giovane
ballerina. Non si chiarirono mai i retroscena di quella morte. Ebbene,
quel Monsignore francese rivelò a Don Pompilio a cui era legato da
antica amicizia, che il cardinale Danielou fu soppresso, fisicamente e
moralmente, dalla massoneria perché stava per render noto l’elenco di
tutti gli eminentissimi cardinali affiliati alla setta.
“Roncalli per la massoneria doveva essere un mezzo, una pedina. Non
appare un caso che due anni dopo la sua elezione al pontificato, nel
1960, promuoverà una serie di studi sulle società esoteriche e
iniziatiche e i loro rapporti con la Chiesa. Iniziando quel processo che
avrebbe portato al superamento della scomunica contro la Massoneria.
Alcuni avvenimenti, noti e meno noti, conferiscono credibilità al
presupposto di Roncalli-massone. Per esempio, il fatto che si sapeva in
anticipo dell’elezione del patriarca di Venezia nel Conclave del 1958.
Oggi, a distanza di anni da quel Conclave, in presenza dello scollamento
in accelerazione progressiva delle strutture millenarie della Chiesa
impresso dal Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, qualcuno ha deciso di
rivelare importanti e probanti documenti. Uno di questi è la lettera del
cardinale Eugenio Tisserant a un abate docente di diritto canonico, in
cui il cardinale francese dichiara illegittima l’elezione di Giovanni
XXIII, appunto perché “voluta” e “preparata” da forze “estranee” allo
Spirito Santo. (Cfr. “Vita” del 18 settembre 1977 pag. 4 “Le profezie
sui papi nell’elenco di San Malachia”, de “Il Minutante”).
“Qua e là, nel lungo itinerario dell’attività diremmo così pre-papale
di Roncalli, traspariscono a volte riflessi illuminanti, che ci fanno
apparire Angelo Giuseppe Roncalli la pedina “Rosa-Croce” dei
fratelli-muratori.»
* * *
Roncalli eletto, non si preoccupò nemmeno più di nascondere le sue
spurie amicizie. Al massimo è andato agli archivi vaticani per
ricuperare il dossier col suo nome e quello di Montini; lo avrebbe
confessato scherzando più tardi!
In questo libro, sulla sua controvita, ben poco sfugge della
condizione di Roncalli come non eleggibile. Ma tant’è, il «conclavismo»,
dei conclavi di apparenza canonica che prendono per molti un valore
«assoluto», vige nella contro chiesa per la somma disgrazia dei popoli.
Eppure la Costituzione Apostolica di Papa Paolo IV, definisce
infallibilmente la non applicabilità di questo criterio generale di
fronte alla scoperta, tardiva quanto si vuole, della deviazione del
«papa eletto» già da prima di tale elezione. Tale conclave che lo ha
eletto, anche fosse col voto unanime dei cardinali, è nullo, non
avvenuto, col conseguente «decadimento» del presunto eletto.
La ragione è che la Chiesa riconosce che, mancando le condizioni di
fede del chierico così eletto, costui non può aver mai ricevuto il
potere delle chiavi da Dio.
Ma nel mezzo dell’apostasia che impera, non c’è documento che possa
bucare la spessa cappa di menzogne alleata alla più completa
indifferenza generale, per ristabilire la verità … ciò, almeno fino ad
ora.
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