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sabato 31 luglio 2010

Ecco in cosa incorrono gli eretici del Cammino Neocatecumenale, rispetto al Sacramento della Confessione...


 Gli eretici Carmen e Kiko fondatori della setta eretica Neocatecumenale anatemizzati dalla dottrina del Santo Concilio di Trento

Chi avesse letto con attenzione le parti del libro di Don Elio Marighetto, I SEGRETI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE, precedentemente proposti, puo' facilmente comprendere che la setta Neocatecumenale vive in evidente eresia, difatti queste eresie sono state precedentemente bollate dal Santo Concilio di Trento, al contrario del Concilio Vaticano II che ha' reintrodotto velatamente queste eresie precedentemente fermate, quindi ripropongo alcune parte del Santo Concilio di Trento che evidenziano cio' in cui i Neocatecumenali incorrono:


 Santo Concilio di Trento
I-VI sessione (1545-1547)
Capitolo IX.
Contro la vana fiducia degli eretici.
Quantunque sia necessario credere che i peccati non vengano rimessi, né siano stati mai rimessi, se non gratuitamente dalla divina misericordia a cagione del Cristo: deve dirsi, tuttavia, che a nessuno che ostenti fiducia e certezza della remissione dei propri peccati e che si abbandoni in essa soltanto, vengono rimessi o sono stati rimessi i peccati, mentre fra gli eretici e gli scismatici potrebbe esservi, anzi vi è, in questo nostro tempo, e viene predicata con grande accanimento contro la chiesa cattolica questa fiducia vana e lontana da ogni vera pietà.
Ma neppure si può affermare che sia necessario che coloro che sono stati realmente giustificati, debbano credere assolutamente e senza alcuna esitazione, dentro di sé, di essere giustificati; e che nessuno venga assolto dai peccati e giustificato, se non chi crede fermamente di essere assolto e giustificato e che l’assoluzione e la giustificazione sia operata per questa sola fede, quasi che chi non credesse ciò, dubiti delle promesse di Dio e dell’efficacia della morte e della resurrezione del Cristo.
Infatti come nessun uomo pio deve dubitare della misericordia di Dio, del merito del Cristo, del valore e dell’efficacia dei sacramenti, così ciascuno nel considerare se stesso, la propria debolezza e le sue cattive disposizioni, ha motivo di temere ed aver paura della sua grazia, non potendo alcuno sapere con certezza di fede, scevra di falso, se ha conseguito la grazia di Dio.

CANONI SULLA GIUSTIFICAZIONE
1. Se qualcuno afferma che l’uomo può essere giustificato davanti a Dio dalle sue opere, compiute con le sole forze umane, o con il solo insegnamento della legge, senza la grazia divina meritata da Gesù Cristo: sia anatema.
2. Se qualcuno afferma che la grazia divina meritata da Gesù Cristo viene data solo perché l’uomo possa più facilmente vivere giustamente e meritare la vita eterna, come se col libero arbitrio, senza la grazia egli possa realizzare l’una e l’altra cosa, benché faticosamente e con difficoltà: sia anatema.
3. Se qualcuno afferma che l’uomo, senza previa ispirazione ed aiuto dello Spirito santo, può credere, sperare ed amare o pentirsi come si conviene, perché gli venga conferita la grazia della giustificazione: sia anatema.
4. Se qualcuno dice che il libero arbitrio dell’uomo, mosso ed eccitato da Dio, non coopera in nessun modo esprimendo il proprio assenso a Dio, che lo muove e lo prepara ad ottenere la grazia della giustificazione; e che egli non può dissentire, se lo vuole, ma come cosa senz’anima non opera in nessun modo e si comporta del tutto passivamente: sia anatema.
5. Se qualcuno afferma che il libero arbitrio dell’uomo dopo il peccato di Adamo è perduto ed estinto; o che esso è cosa di sola apparenza anzi nome senza contenuto e finalmente inganno introdotto nella chiesa da Satana: sia anatema.
6. Se qualcuno afferma che non è in potere dell’uomo rendere cattive le sue vie, ma che è Dio che opera il male come il bene, non solo permettendoli, ma anche volendoli in sé e per sé, di modo che possano considerarsi opera sua propria il tradimento di Giuda non meno che la chiamata di Paolo: sia anatema.
7. Se qualcuno dice che tutte le opere fatte prima della giustificazione, in qualunque modo siano compiute, sono veramente peccati che meritano l’odio di Dio, e che quanto più uno si sforza di disporsi alla grazia tanto più gravemente pecca: sia anatema.
8. Se qualcuno afferma che il timore dell’inferno, per il quale, dolendoci dei peccati, ci rifugiamo nella misericordia di Dio o ci asteniamo dal male, è peccato e rende peggiori i peccatori: sia anatema.
9. Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato dalla sola fede, così da intendere che non si richieda nient’altro con cui cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione e che in nessun modo è necessario che egli si prepari e si disponga con un atto della sua volontà: sia anatema.
10. Se qualcuno dice che gli uomini sono giustificati senza la giustizia del Cristo mediante la quale egli ha meritato per noi, o che essi sono formalmente giusti proprio per essa: sia anatema.
11. Se qualcuno afferma che gli uomini sono giustificati o per la sola imputazione della giustizia del Cristo, o con la sola remissione dei peccati, senza la grazia e la carità che è diffusa nei loro cuori mediante lo Spirito santo (159) e inerisce ad essi; o anche che la grazia, con cui siamo giustificati, è solo favore di Dio: sia anatema.
12. Se qualcuno afferma che la fede giustificante non è altro che la fiducia nella divina misericordia, che rimette i peccati a motivo del Cristo, o che questa fiducia sola giustifica: sia anatema.
13. Chi afferma che per conseguire la remissione dei peccati è necessario che ogni uomo creda con certezza e senza alcuna esitazione della propria infermità e indisposizione, che i peccati gli sono rimessi: sia anatema.
14. Se qualcuno afferma che l’uomo è assolto dai peccati e giustificato per il fatto che egli crede con certezza di essere assolto e giustificato, o che nessuno è realmente giustificato, se non colui che crede di essere giustificato, e che l’assoluzione e la giustificazione venga operata per questa sola fede: sia anatema.
15. Se qualcuno afferma che l’uomo rinato e giustificato è tenuto per fede a credere di essere certamente nel numero dei predestinati: sia anatema.
16. Se qualcuno dice, con infallibile e assoluta certezza, che egli avrà certamente il grande dono della perseveranza finale (l60) (a meno che non sia venuto a conoscere ciò per una rivelazione speciale): sia anatema.
17. Se qualcuno afferma che la grazia della giustificazione viene concessa solo ai predestinati alla vita, e che tutti gli altri sono bensì chiamati, ma non ricevono la Grazia, in quanto predestinati al male per divino volere: sia anatema.
18. Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili ad osservarsi, sia anatema.
19. Chi afferma che nel Vangelo non si comanda altro, fuorché la fede, che le altre cose sono indifferenti, né comandate, né proibite, ma libere; o che i dieci comandamenti non hanno nulla a che vedere coi cristiani: sia anatema.
20. Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato e perfetto quanto si voglia non è tenuto ad osservare i comandamenti di Dio e della chiesa, ma solo a credere, come se il Vangelo non fosse altro che una semplice e assoluta promessa della vita eterna, non condizionata all’osservanza dei comandamenti: sia anatema.
21. Se qualcuno afferma che Gesù Cristo è stato dato agli uomini da Dio come redentore, in cui confidare e non anche come legislatore, cui obbedire: sia anatema.
22. Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato può perseverare nella giustizia ricevuta senza uno speciale aiuto di Dio, o non lo può nemmeno con esso: sia anatema.
23. Se qualcuno afferma che l’uomo, una volta giustificato, non può più peccare, né perdere la grazia, e che quindi chi cade e pecca, in realtà non mai è stato giustificato; o, al contrario, che si può per tutta la vita evitare ogni peccato, anche veniale, senza uno speciale privilegio di Dio, come la chiesa ritiene della beata Vergine: sia anatema.
24. Se qualcuno afferma che la giustizia ricevuta non viene conservata ed anche aumentata dinanzi a Dio con le opere buone, ma che queste sono solo frutto e segno della giustificazione conseguita, e non anche causa del suo aumento: sia anatema.
25. Se qualcuno afferma che in ogni opera buona il giusto pecca almeno venialmente, o (cosa ancor più intollerabile) mortalmente, e quindi merita le pene eterne, e che non viene condannato solo perché Dio non gli imputa a dannazione quelle opere: sia anatema.
26. Se qualcuno afferma che i giusti non devono aspettare e sperare da Dio - per la sua misericordia e per tutti i meriti di Gesù Cristo - l’eterna ricompensa in premio delle buone opere che essi hanno compiuto in Dio (161), qualora, agendo bene ed osservando i divini comandamenti, abbiano perseverato fino alla fine: sia anatema.
27. Se qualcuno afferma che non vi è peccato mortale, se non quello della mancanza di fede, o che la grazia, una volta ricevuta, non può esser perduta con nessun altro peccato, per quanto grave ed enorme, salvo quello della mancanza di fede: sia anatema.
28. Se qualcuno afferma che, perduta la grazia col peccato, si perde sempre insieme anche la fede, o che la fede che rimane non è vera fede, in quanto non è viva (162), o che colui che ha la fede senza la carità, non è cristiano: sia anatema.
29. Se qualcuno afferma che chi dopo il battesimo è caduto nel peccato non può risorgere con la grazia di Dio; o che può recuperare la grazia perduta, ma per la sola fede, senza il sacramento della penitenza, come la santa chiesa romana e universale, istruita da Cristo signore e dai suoi apostoli, ha finora creduto, osservato e insegnato: sia anatema.
30. Se qualcuno afferma che, dopo aver ricevuto la grazia della giustificazione, a qualsiasi peccatore pentito viene rimessa la colpa e cancellato il debito della pena eterna in modo tale che non gli rimanga alcun debito di pena temporale da scontare sia in questo mondo sia nel futuro in purgatorio, prima che possa essergli aperto l’ingresso al regno dei cieli: sia anatema.
31. Se qualcuno afferma che colui che è giustificato pecca, quando opera bene in vista della eterna ricompensa: sia anatema.
32. Se qualcuno afferma che le opere buone dell’uomo giustificato sono doni di Dio, così da non essere anche meriti di colui che è giustificato, o che questi con le buone opere da lui compiute per la grazia di Dio e i meriti di Gesù Cristo (di cui è membro vivo), non merita realmente un aumento di grazia, la vita eterna e il conseguimento della stessa vita eterna (posto che muoia in grazia) ed anche l’aumento della gloria: sia anatema.
33. Se qualcuno afferma che con questa dottrina cattolica della giustificazione, espressa dal santo sinodo col presente decreto, si riduce in qualche modo la gloria di Dio o i meriti di Gesù Cristo nostro signore, e non piuttosto si manifesta la verità della nostra fede e infine la gloria di Dio e di Gesù Cristo: sia anatema.

Ed ecco che i Neocatecumenali sono in stato di ANATEMA, forse al pari di chi li ha protetti e incoraggiati in questi anni scandalosi, dal Concilio Vaticano II sino ad oggi

Hanno abolito anche questo...i modernisti fautori del Concilio Vaticano II...

Il Giuramento Antimodernista e la difesa della Dottrina
Il Giuramento Antimodernista e la difesa della DottrinaOrmai dimenticato, il Giuramento Antimodernista cfr. Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672 voluto da Papa San Pio X, rappresenta un ottimo spunto meditativo, riflessivo e di affiliazione per tutti coloro che intendono intraprendere un cammino di fede cattolica, nel rispetto della Parola e dell'ortodossia. Il Giuramento Antimodernista fu introdotto da Papa Pio X inizialmente col nome di giuramento della fede il 1 ottobre 1910 in risposta al modernismo teologico che già da alcuni decenni cominciava a prendere piede all'interno della Chiesa cattolica. Tale giuramento, redatto in lingua latina, fu imposto a tutti i membri del clero con compiti di ministero, magistero o di giurisdizione ecclesiastica e a quanti aspiravano a diventar parte del clero. Il giuramento obbligava i modernisti, come spiega Civiltà Cattolica, a riconoscere l'errore e convertirsi, o almeno, di gettare la maschera e scoprirsi {...} riconducendoli ad una sincera ...
... adesione e ad una professione schietta delle dottrine della fede. Lo stesso giuramento era obbligatorio per tutti coloro che ricevevano gradi accademici nelle università pontificie e persino nelle università che rilasciavano titoli di studio riconosciuti dallo stato, come l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel 1966, tuttavia, durante il Concilio Vaticano II il Papa Paolo VI mitigò la formula del Giuramento e, in determinati ambiti, lo sostituì con la professione del "Credo Apostolico".
Io (Nome) fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente. Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti.
Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell'origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi, compreso quello in cui viviamo.
Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli.
Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell'evoluzione dei dogmi da un significato all'altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito.
Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall'oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell'intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato.
Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell'enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi.
Riprovo altresì l'errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana.
Disapprovo pure e respingo l'opinione di chi pensa che l'uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati.
Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l'analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema.
Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l'insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull'origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell'aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l'esame di qualsiasi altro documento profano.
Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c'è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l'abilità e l'ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli.
Mantengo pertanto e fino all'ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell'episcopato agli apostoli (1), non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa (2).
Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell'insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.
Ego (Nome) firmiter amplector ac recipio omnia et singula, quae ab inerranti Ecclesiae magisterio definita, adserta ac dedarata sunt, praesertim ea doctrinae capita, quae huius temporis erroribus directo adversantur. Ac primum quidem: Deum, rerum omnium principium et finem, naturali rationis lumine per ea quae facta sunt (Rom 1,20), hoc est, per visibilia creationis opera, tamquam causam per effectus, certo cognosci, ideoque demonstrari etiam posse, profiteor.
Secundo: externa revelationis argumenta, hoc est facta divina, in primisque miracula et prophetias admitto et agnosco tamquam signa certissima divinitus ortae Christianae religionis, eademque teneo aetatum omnium atque hominum, etiam huius temporis, intellegentiae esse maxime accommodata.
Tertio: firma pariter fide credo Ecclesiam, verbi revelati custodem et magistram, per ipsum verum atque historicum Christum, cum apud nos degeret, proxime ac directo institutam eamdemque super Petrum, apostolicae hierarchiae principem, eiusque in aevum successores aedificatam.
Quarto: fidei doctrinam ab apostolis per orthodoxos patres eodem sensu eademque semper sententia ad nos usque transmissam, sincere recipio; ideoque prorsus reicio haereticum commentum evolutionis dogmatum, ab uno in alium sensum transeuntium, diversum ab eo, quem prius habuit Ecclesia; pariterque damno errorem omnem quo divino deposito, Christi sponsae tradito ab eaque fideliter custodiendo, sufficitur philosophicum inventum, vel creatio humanae conscientiae, hominum conatu sensim efformatae et in posterum indefinito progressu perficiendae.
Quinto: certissime teneo ac sincere profiteor, fidem non esse caecum sensum religionis e latebris «subconscientiae» erumpentem, sub pressione cordis et inflexionis voluntatis moraliter informatae, sed verum assensum intellectus veritati extrinsecus acceptae ex auditu, quo nempe, quae a Deo personali, creatore ac Domino nostro dicta, testata et revelata sunt, vera esse credimus, propter Dei auctoritatem summe veracis.
Me etiam, qua par est reverentia, subicio totoque animo adhaereo damnationibus, declarationibus, praescriptis omnibus, quae in encyclicis litteris Pascendi et in decreto Lamentabili continentur, praesertim circa eam quam historiam dogmatum vocant.
Idem reprobo errorem affirmantium, propositam ab Ecclesia fidem posse historiae repugnare, et catholica dogmata, quo sensu nunc intelleguntur, cum verioribus Christianae religionis originibus componi non posse.
Damno quoque ac reicio eorum sententiam, qui dicunt Christianum hominem eruditiorem induere personam duplicem, aliam credentis, aliam historici, quasi liceret historico ea retinere, quae credentis fidei contradicant, aut praemissas adstruere, ex quibus consequatur, dogmata esse aut falsa aut dubia, modo haec directo non denegentur.
Reprobo pariter eam Scripturae sanctae diiudicandae atque interpretandae rationem, quae, Ecclesiae traditione, analogia fidei et apostolicae Sedis normis posthabitis, rationalistarum commentis inhaeret, et criticam textus velut unicam supremamque regulam haud minus licenter quam temere amplectitur.
Sententiam praeterea illorum reiicio, qui tenent, doctori disciplinae historicae theologicae tradendae aut iis de rebus scribenti seponendam prius esse opinionem ante conceptam sive de supernaturali origine catholicae traditionis, sive de promissa divinitus ope ad perennem conservationem uniuscuiusque revelati veri; deinde scripta patrum singulorum interpretanda solis scientiae principiis, sacra qualibet auctoritate seclusa eaque iudicii libertate, qua profana quaevis monumenta solent investigari.
In universum denique me alienissimum ab errore profiteor, quo modernistae tenent in sacra traditione nihil inesse divini, aut, quad longe deterius, pantheistico sensu illud admittunt, ita ut nihil iam restet nisi nudum factum et simplex, communibus historice factis aequandum: hominum nempe sua industria, solertia, ingenio scholam a Christo eiusque apostolis inchoatam per subsequentes aetates continuantium.
Proinde fidem patrum firmissime retineo et ad extremum vitae spiritum retinebo, de charismate veritatis certo, quad est, fuit eritque semper in episcopatus ab apostolis successione (1), non ut id teneatur, quod melius et aptius videri possit secundum suam cuiusque aetatis culturam, sed ut numquam aliter credatur, numquam aliter intellegatur absoluta et immutabilis veritas ab initio per apostolos praedicata (2).
Haec omnia spondeo me fideliter, integre sincereque servaturum et inviolabiliter custoditurum, nusquam ab us sive in docendo sive quomodolibet verbis scriptisque deflectendo. Sic spondeo, sic iuro, sic me Deus adiuvet, et haec sancta Dei Evangelia.
Carlo Di Pietro

Cammino Neocatecumenale i distruttori del Sacramento della Confessione..5° e ultima parte...


 Carmen e Kiko, eretici fondatori della setta Neocatecumenale....



Tratto dal libro di Don Elio Marighetto I SEGRETI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE 
5°  e ultima PARTE.......
 
 
LA CONVERSIONE DIPENDE DALLA PREGHIERA DELLA CHIESA

“L’importante non è l’assoluzione ma che l’uomo abbia una vera conversione interiore.
“Nel catecumenato la Chiesa considera la conversione interiore come una lunga gestazione, attraverso esorcismi, scrutini, ecc. La Chiesa per un lungo periodo, gesta la conversione del catecumeno, senza che mai si consideri la conversione come qualcosa che si ottiene con i proprio sforzi, ma come un dono, un’opera che Dio fa attraverso la Chiesa che gesta la conversione. La conversione del penitente dipendeva dalla preghiera della Chiesa e dalla gestazione alla conversione che si operava nuovamente in lui. Perché è fondamentale, in questa esclusione che si fa del penitente, la partecipazione comunitaria della Chiesa. La Comunità era molto in ansia per i penitenti. Cioè il valore essenziale, di questo tempo, del sacramento della penitenza è quello comunitario ed ecclesiale, perché è la Chiesa che gesta e conduce alla conversione” (OR, p. 168).
La conversione “è quel atto interiore...in cui l’uomo non può esser sostituito dagli altri, non può farsi ‘rimpiazzare’ dalla Comunità” (R.H., 20).
Secondo Kiko e Carmen, la conversione non consiste tanto nel dispiacere d’aver offeso Dio e nel proposito di emendarsi, ma semplicemente nel riconoscimento (anche pubblico) delle colpe commesse e nella totale fiducia nella potenza salvifica di Gesù Risorto. Di conseguenza non avrebbe senso insistere sulla Penitenza perché la Santità non è possibile. In ogni aspetto della fede, Carmen insiste sempre sul suo valore comunitario.
La preghiera della Chiesa e la partecipazione della comunità è cosa molto importante, ma non è il valore essenziale. Ciò che conta è che il penitente apra il suo cuore alla Grazia. Se non c’è la disposizione personale del cuore, non c’è comunità che possa dare la conversione. La comunità può intercedere, aiutare, seguire il convertito, ma può accadere che la persona per cui si prega non continui poi il cammino di conversione.

NON DITE NULLA ALLA GENTE DI TUTTE QUESTE COSE
DIO PERDONA PER MEZZO DELLA COMUNITA’

“Questo non dovete dirlo alla gente. Questo lo dico a voi. La verità è che ci siamo fatti adulti senza che nessuno ci abbia fatto maturare nella fede, senza avere mai ascoltato la Parola che ascoltò Abramo, Dio che gli è venuto incontro e lo ha posto in cammino…” (OR, p. 53).
“La Chiesa vuole fare celebrazioni penitenziali nelle quali la Parola sia proclamata e diretta all’uomo. Perché quelle confessioni di direzione spirituale, di piccoli consigli che noi facevamo, sono sorte quando è sparita la Parola di Dio che guida l’uomo. E’ la parola che risolve tutti i problemi di direzione ed aiuta a riconoscersi peccatori.
“Quello che noi facciamo è recuperare a poco a poco questi valori del sacramento della penitenza, FACENDO PERO’ LA CONFESSIONE PRIVATA CHE E’ TUTTORA IN USO” (OR, p. 177).
“Uno si sente perdonato, quando si sente in comunione con i fratelli: per questo è importante l’abbraccio di pace… “Alla gente non dite nulla di tutte queste cose, semplicemente rivalorizzate il valore comunitario del peccato...” (OR, p. 177).
“Non imbarcatevi per nulla in questo discorso parlando con la gente perché creereste un mucchio di problemi. Non mettetevi nella questione della confessione perché la gente reagisce come se steste facendogli del male. Perché siamo tutti immobilisti. Crediamo che la religione non sia vera se Dio ha permesso sbagli ed errori. Noi può darsi che siamo un po’ più esperti in questo, ma la gente pensa che lo stesso confessionale lo ha inventato Gesù Cristo” (OR, pp. 184-185).
“Un uomo…, come si renderà conto che Dio perdona i suoi peccati? Mediante la comunità ecclesiale che ha davanti,… è essa che lo perdona concretamente” (OR, p. 189).
“La gente non capirà nulla; ma non preoccupatevi assolutamente. Non cercate di convincerli dicendo le cose che abbiamo detto prima sulla penitenza. Ve le ho dette perché le abbiate di fondo, perché quando vi interroghino possiate chiarire meglio, ma non cercate di convincere nessuno” (OR, p. 191).
Kiko raccomanda spesso ai catechisti di non rivelare quanto hanno udito. Così i catechisti impongono agli aderenti di non rivelare assolutamente nulla di quanto hanno udito o vissuto nella Comunità o nelle ‘convivenze’. Su chi dovesse trasgredire incombe la seria minaccia di maledizione fino alla terza e alla quarta generazione: maledizione che sembra provenire dalla Chiesa, perché i catechisti si qualificano come suoi rappresentanti.
Queste affermazioni sorprendenti e deleterie, sono talmente gravi che meriterebbero un intero trattato di spiegazioni e di contestazioni. Non voglio addentrarmi nella problematica, tanto mi sembra assurdo (ed evidentemente erroneo) quanto Kiko e Carmen vanno dicendo. Riporto soltanto alcune affermazioni dell’Ex-Catechista più volte citata. La sua testimonianza (inviata alle competenti Congregazioni Vaticane) sarà certo più efficace di tante dimostrazioni teologiche, perché rispecchia la tragedia di chi ha creduto e vissuto in questa fede. In essa ella afferma che la dottrina di Kiko e di Carmen, riguardante la Confessione, è totalmente ripresa dal noto teologo protestante Bonhoeffer.
“Quale peggiore squarcio della confessione pubblica che Kiko riprende da Bonhoeffer, perfetto luterano? I peccati (anche gravissimi) vengono detti in pubblico durante l’Eucaristia,… durante la ‘Redditio’… anche davanti a giovani e ragazzini che forse non ci hanno mai pensato. Le conseguenze di questo sono disastrose perché c’è gente che si separa dal marito per essere stata costretta a confessare in pubblico che lo aveva tradito, gente che… in una ‘Redditio’ ha confessato d’essere omosessuale, è dovuta sparire dal paese dove la sua reputazione era ormai compromessa… e non bisogna scandalizzarsi dei peccati, altrimenti il Signore te li farà sperimentare (come dice Bonhoeffer). La conseguenza di tutto questo è che ben presto il NC dirà a se stesso che se lo fanno gli altri, perché io no.
“Dice Bonhoeffer: <>” (Vita Comune, p. 138).
“E ancora: ‘Il peccato confessato a parole ha perso ogni suo potere. Si è manifestato come peccato ed è stato giudicato… Può confessare il suo peccato e proprio in questo trovare la comunione… Nel fratello a cui confesso il peccato e che mi concede il perdono incontro tutta la comunità…’ (Vita Comune, p. 141). ‘Radice di ogni peccato è la superbia… infatti l’uomo, proprio nel peccato che è in lui vuole essere come Dio. La confessione al fratello è la più profonda delle umiliazioni, fa male, umilia, colpisce terribilmente l’orgoglio… Nella confessione dei peccati concreti e precisi il vecchio uomo muore, soffrendo atroci dolori di morte vergognosa al cospetto del fratello” (Vita Comune, p. 142).
“Dopo venti anni di cammino non ricordavo più (l’atto di dolore)… Mi venne da piangere… avevo capito che quella confessione, per venti anni non mi era servita a nulla. Mi era venuta meno (ascoltando le catechesi) l’attrizione e la contrizione che facevano ridere Kiko e per questo arbitrariamente aveva eliminato dalle sue catechesi e quindi dalla confessione, l’atto di dolore e la penitenza” (Test. Ex-Cat., p. 46).
“A volte si critica la Chiesa, poi si afferma la validità del sacramento. Poi si dice che il rinnovamento del sacramento della penitenza verrà con la scoperta del cammino, cioè con loro. Innanzitutto si comincia a pensare che la conversione è solo opera di Dio senza che minimamente la persona sia coinvolta in quest’opera di rinnovamento. E comincia così una quieta rassegnazione al fatto che sei peccatore e non puoi fare nulla per cambiare se non quando Dio (cioè i catechisti) lo diranno… L’unica cosa che bisogna fare è riconoscersi peccatori, consapevoli di non potersi migliorare, se non quando Dio lo vorrà. Scompare dal cuore il pentimento visto che per Carmen la conversione non è pentirsi del passato; ma se non ti penti del passato, come puoi avere uno stimolo a cambiare? Viene negata (esattamente come in Bonhoeffer) la funzione del sacerdote, perché viene considerato un uomo qualsiasi, che non amministra un sacramento, ma compie un rito. Della Grazia, che scaturisce dal sacramento, non esiste cenno. Il perdono è solo essere in comunione con i fratelli. La responsabilità personale viene eliminata… Dio non si offende con il peccato. Ordine categorico poi a tutti i sacerdoti di non fare direzione spirituale e quindi i veri direttori spirituali… sono i catechisti… I sacerdoti non fanno più direzione spirituale, cosa che… Bonhoeffer detesta. La confessione non serve più… perché non si sente più dentro il dolore d’aver offeso Dio… e i fratelli... e si diventa insensibili alle sofferenze inflitte agli altri… I catechisti… cominciano a sostituire non solo il sacerdote ma anche Dio, perché sono loro che devono dire se dai i segni di cristianesimo,… sono loro gli inviati del Vescovo, che hanno il carisma di discernere gli spiriti” (Test. Ex-Cat. pp. 48-49).

DIO NON VUOLE CHE CERTUNI SI CONVERTANO

Il fondamentalismo è l’atteggiamento di chi interpreta la Bibbia solo in modo letterale.
Ecco un esempio:
“… Molti di quanti state qui, non avete ancora creduto, perché si compia così la Parola di Isaia che dice: Signore, chi ha creduto alla nostra Parola se la gente ride di noi, se la gente ci ascolta dicendo: e questo sciocco che dice? Dice: “Non potevano credere perché aveva detto anche Isaia: io ho accecato il loro cuore, io ho accecato i loro occhi, perché non vedano con i loro occhi, perché non comprendano con il loro cuore, perché non si convertano, perché io non li curi... Chi comprende questa Parola comprende tutta la scrittura. Chi non la comprende non ha ancora capito nulla della scrittura.
“… è la risposta al fatto che molti non credono… Dio ha accecato i suoi occhi ossia non dice che siamo noi quelli che non vogliamo ascoltare la Parola di Dio, no, no, dice che Dio ha accecato i suoi occhi, è Dio che ha indurito il suo cuore, colui che ha tappato le sue orecchie, perché Dio non vuole che si converta, infatti, se aprono le loro orecchie ascoltano e Dio non vuole che si convertano, chiaro?” (1°SCR, p. 17).

“Applichiamo questa Parola a noi, pensiamo che c’è qualche fratello cui Dio ha accecato gli occhi e che Dio forse non vuole che si converta, forse perché non ha diritto a convertirsi, perché Dio è stato molto paziente con lui, perché Dio lo ha chiamato per molto tempo a conversione ed ormai è giunto il momento in cui non vuole più che si converta” (1°SCR. p. 19).
Secondo Kiko, Dio non vorrebbe che certuni si convertano! Questo non corrisponde all’intenzione dell’autore sacro. Se fosse vero che l’uomo non si converte perché Dio non vuole, egli non ne avrebbe colpa e la colpa ricadrebbe su Dio che l’ha accecato!
Dio “illumina ogni uomo che viene in questo mondo” (Gv 1,9).
Dio “Vuole che tutti gli uomini si salvino” (1 Tm 2,4).
“La tua rovina, o Israele, viene da te” (Os 13,9).
“La loro malizia li aveva accecati” (Sap 2,21).
“Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai fatto, non avrebbero alcun peccato” (Gv 15,24).
“Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa del loro peccato” (Gv 15,22).
L’accecamento e l’indurimento di cui si parla non riguarda Dio, bensì l’uomo che ha in sé qualcosa di incompatibile con la Grazia.
Kiko non ha tenuto conto di quanto ha detto il Concilio né della esegesi biblica cattolica. “Poiché Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini e alla maniera umana, l’interprete della Sacra Scrittura, per capire bene ciò che Egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione, che cosa gli agiografi abbiano inteso significare e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole” (C.C.C., n. 109).
“Per comprendere l’intenzione degli autori sacri, si deve tenere conto delle condizioni del loro tempo e della loro cultura, dei generi letterari allora in uso, dei modi di intendere, di esprimersi, di raccontare, consueti nella loro epoca… La verità, infatti, viene diversamente proposta ed espressa in varia maniera nei testi storici, o profetici, o poetici, o con altri generi di espressione” (Dei Verbum, 12,2; C.C.C., n. 110).
Sulla catechesi nei Gruppi, nei Movimenti e nelle Associazioni, Giovanni Paolo II ha scritto: “Non permettete a nessun costo che questi gruppi… manchino di uno studio serio della dottrina cristiana. Essi, allora, rischierebbero (il pericolo si è già verificato più volte) di deludere i loro aderenti e la Chiesa stessa” (Cat. Trad., n. 47).
“E’ sommamente importante che tutti questi canali catechistici convergano veramente verso la stessa confessione di fede” (Cat. Trad. n. 67; 70).
Kiko ripete la dottrina protestante sulla ‘predestinazione’.
A sua volta Lutero si rifece alle dottrine del prete Lucido (V° secolo) che sosteneva che “Cristo, Signore e Salvatore nostro, non è morto per la salvezza di tutti” e che “la prescienza di Dio spinge l’uomo violentemente verso la morte, e chiunque si perde, si perde per volontà di Dio” (D-S 335; 397). Queste tesi, riprese da Hus e da Wyclif sono state condannate sia nel Concilio di Costanza che in quello di Trento (D-S 1201-1206).
Secondo Lutero “Dio ama gli uomini o li odia di un amore o di un odio eterno e immutabile, e ciò non solo prima delle loro opere, ma prima ancora che il mondo esistesse” (D-S 1567).
In realtà Dio vuole veramente la salvezza di tutti gli uomini e non fa mancare ad alcuno le grazie necessarie perché possa conseguirla. La ‘predestinazione’ è una disposizione della Provvidenza che comporta la partecipazione libera della creatura e manifesta il piano meraviglioso (anche se misterioso) di Dio che conosce in anticipo il raggiungimento di quella che sarà la nostra vita in eterno. Con assoluta certezza noi ci sentiamo creature libere e autonome nelle nostre decisioni. Una salvezza non meritata mal si concilia con la dignità della persona umana, e una dannazione che non sia legata ad una colpa è incompatibile con la giustizia divina. La salvezza suppone il ‘merito’ dei buoni e la perdizione è condizionata alla ‘colpa’ di quanti, rifiutando l’illuminazione dello Spirito Santo, si ostinano nel fare il male. Pertanto gli eletti avranno realmente ‘meritato’ il premio, e i dannati avranno veramente meritato la pena, che dovranno attribuire soltanto a se stessi. La Chiesa ci assicura che Dio ha un disegno di salvezza che abbraccia tutti: “Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano Dio ignoto nei fantasmi e negli idoli, poiché Egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa, e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino. Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e che tuttavia cercano sinceramente Dio e con l’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna…” (L.G. 16).

La satanica guerra totale contro la FSSPX


Il demonio è un imbecille perché con la sua stolta ribellione si è meritato l'inferno eterno e ha perso per sempre Dio, bene infinito, senza più rimedio. Però la bestiaccia infernale ha conservato la natura angelica, e utilizza questa intelligenza per tentare e ingannare gli uomini al fine di trascinarli con sé all'inferno.

Il nemico del genere umano sa benissimo che se la Fraternità San Pio X venisse trasformata in un'Amministrazione Apostolica (o qualcosa di equivalente) decuplicherebbe i suoi membri nel giro di pochi decenni, e ricristianizzerebbe la Francia e altri Stati secolarizzati.

Per impedire tutto ciò, il diavolo sta escogitando un piano infernale per far fallire i colloqui dottrinali iniziati nell'autunno 2009. Il piano consiste nell'aizzare i modernisti affinché con l'aiuto dei loro alleati massoni e laicisti, esercitino forti pressioni (non solo mediatiche) sulla Santa Sede al fine di far saltare il tavolo delle discussioni.

Credo che questo piano satanico sia destinato a fallire poiché tanta gente sta pregando ardentemente per una soluzione positiva dei colloqui dottrinali. Qualcuno ha pure offerto la propria vita a Dio in cambio di una riappacificazione definitiva tra i membri del Corpo Mistico di Cristo. Della millenaria storia della Chiesa Cattolica, stiamo vivendo un momento cruciale, da cui dipende la sorte eterna di milioni di anime. Non ci rimane che metterci con fiducia nelle mani della beata e gloriosa Vergine Maria, Mediatrice di tutte le grazie e Condottiera di tutte le vittorie.

La satanica guerra totale contro la FSSPX

Cammino Neocatecumenale i distruttori del Sacramento della Confessione..4° parte


 Carmen e Kiko, eretici fondatori della setta Neocatecumenale....



Tratto dal libro di Don Elio Marighetto I SEGRETI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE 
4° PARTE.......
PECCATO E CONVERSIONE
L’UOMO PECCA PERCHE’ HA PAURA DELLA MORTE

“Qual è la barriera fondamentale che sta sotto le altre? Che cos’è che in fondo separa gli uomini? LA PAURA DELLA MORTE! A CAUSA DI ESSA SIAMO TUTTI SCHIAVI DEL MALE… PER QUESTO NON POSSIAMO AMARE…” (OR, p. 11).
“Questo tipo di affermazione insinua… che gli uomini sono separati sempre e comunque da barriere… (che) si ergono quando qualcuno non la pensa come te… Questo pensiero… annulla qualsiasi tipo di dialogo e di dialettica… La persona si convince di non farcela ad amare, di non poter compiere alcun bene, ma solo di peccare. Ecco perché occorrono tanti anni di cammino: perché per convincere la gente … è necessario tormentarla per anni e anni, molti resistono a questo martellante pensiero, altri alla fine cedono e rimangono, eliminando completamente l’autostima, il pensar bene di sé e degli altri. Allora comincia prima a scomparire l’allegria, poi il sorriso dalla bocca dei NC, e infine lo sguardo diventa sfuggente e triste. La vita senza possibilità di amare diventa grigia, nera, e guai a convincersi del contrario, finché tutti i collegamenti mentali sono controllati da questo pensiero: ‘nessuno può amare: quindi nessuno mi ama veramente!’. Se nessuno mi ama, tutto il CN, persino le risonanze, finiscono per essere un’accusa di se stessi come incapaci d’amare, e un’accusa degli altri perché non ci possono amare” (Test. Ex-Cat., pp. 3-4). “Abbandonarsi in Dio, per Kiko, si risolve nell’abbandono totale alla sua misericordia che tollera e perdona colui che non cambia, che ama così come si è. Questo può dare… una certezza: quella che non c’è alcuna responsabilità nel peccato e… annulla completamente il pentimento nel cuore dei NC che, poiché incapaci di fare il bene, si sentono autorizzati a continuare… in balìa degli eventi, a perdonarsi sempre perché impossibilitati a migliorarsi… D’ora in poi sarà quello di stare contento nel peccato che non può evitare” (Test. Ex-Cat., p. 13).
“Per tanti anni fummo catechisti e quello che ci tormentava era proprio l’andare indietro, piuttosto che progredire, come si dice in gergo NC: scendere nella propria realtà di peccato. “Mio marito lasciò il CN dicendo…: ‘Non capisco perché questa predicazione produce effetti contrari a quelli che dovrebbe dare!’. Io cominciai… un lavorio mentale per capire… dove si trovava l’inganno e ben presto trovai la chiave di tutto in Bonhoeffer… i cui libri Kiko aveva fornito a tutti i catechisti e quindi erano anche in mio possesso. Il Signore però ha voluto tutto questo, con indicibili sofferenze in famiglia e nella mia mente spaccata in due da questo pensiero deviante” (Test. Ex-Cat., p. 17). “I NC perdono molto presto il senso del dovere… Gli unici doveri che si hanno sono quelli verso la predicazione kikiana, che non è altro poi che un voler convincere chi ascolta che l’uomo non può compiere il suo dovere perché è limitato, condannato a fare il male. Chiunque ti dice devi, non sa che non puoi. Nel linguaggio NC scompare immediatamente la parola <> perché considerata un moralismo” (Test. Ex-Cat., p. 32).
“Gesù figlio di Davide abbi pietà di me, che sono un peccatore” (OR, p. 15).
“E’ la preghiera che si propone nel testo ‘Il pellegrino russo’, alla quale Kiko aggiunge o ordina di aggiungere: <> questo, ripetuto per mille volte per un quarto d’ora al giorno, ti convince sempre di più d’essere un peccatore (e proprio a questo mira)… Nel NC si opera… cercando di demolire la personalità dei NC convincendoli di essere incapaci di fare il bene e di amare” (Test. Ex-Cat., p. 4).

“Questo è il primo segno: l’amore, il secondo: l’unità” (OR, p. 26).
“Come si possono dare i segni di amore e di unità se l’uomo non può amare? Qui incomincia la prima contraddizione che riesce a confondere le idee e la mente degli… ascoltatori. Da un canto si dice che bisogna dare i segni, dall’altro che non si possono dare. Lo stesso quando dice: ‘Convertitevi!’. Frase ripetuta dai suoi catechisti e dai sacerdoti come una pugnalata. Come puoi convertirti se non puoi fare il bene?” (Test. Ex-Cat., p. 6).
“Questo catecumenato lo facciamo in piccole comunità che ci aiutino a vedere la nostra realtà profonda di peccato…” (OR, p. 75).
“La sua esasperata convinzione di peccato, prettamente luterana, farà scendere la comunità in una sempre più profonda convinzione d’essere peccatori, impotenti d’autocontrollo e d’autocorrezione. La conseguenza di queste affermazioni è che se uno i peccati non li ha fatti, o non li conosce, fa presto a impararli con la confessione pubblica. Invece di scoprire il bene che c’è dentro di noi, Kiko invita a scoprire il male… Molto pericoloso è infatti ascoltare questa predicazione che vuole convincerti d’essere sempre e comunque un peccatore senza volontà e quindi senza alcuna responsabilità. Diverse persone accusano disturbi a livello psicologico, crisi d’identità, esaurimenti, oppure si convincono talmente d’essere peccatori che agiscono di conseguenza, anche perché i peccati,… afferma Kiko, li permette Dio; gli errori non dipendono da noi, non ne abbiamo responsabilità, visto che non siamo liberi per la paura della morte. Qui penso si tocca il fondo: nelle comunità infatti, viene fuori il peggio della gente, perché condizionata mentalmente da questo pensiero. Del resto Kiko lo dice chiaramente: la comunità serve a scoprire la realtà profonda di peccato e non l’amore che c’è dentro di noi. Questa pedagogia porta all’annientamento della persona… all’insicurezza di sé e dell’agire…” (Test. Ex-Cat., pp. 19-20).
“Bisogna dire alla gente… che la Chiesa è un evento oggi in ordine alle nazioni, non alla propria perfezione personale” (OR, p. 83).
“Il NC non mirerà più alla propria perfezione personale perché il problema non è di mantenersi puliti, perché Dio è misericordia. … Per Kiko bisogna provare il peccato per conoscersi meglio, per capire chi siamo e questo viene detto interpretando la libertà dell’uomo, la libertà di peccare; tanto Dio ci ama. ... gustare la libertà di peccare è proprio del cristiano che, a detta di Kiko, è colui che pecca di più e poi si rialza. Proprio questa frase: <> continua a confondere la mente inducendo a credere in un falso Dio tutto misericordia” (Test. Ex-Cat., p. 20). “Ma se si giunge a dire alle mogli e ai mariti che devono arrivare a tradirsi per capire chi sono veramente?… Ecco come vengono minati fin dalle radici i matrimoni. Per questo ritengo che sia proprio una istigazione al peccato e nulla di buono verrà fuori da questa predicazione NC” (Test. Ex-Cat., p. 24).
“I NC sono soliti dire che bisogna essere felici di scoprire la propria realtà di peccato! Come, chiedo io? Naturalmente facendoli e poi rialzandosi” (Test. Ex-Cat., p. 25).
“Ma Gesù Cristo vuole che la Chiesa dia una catechesi contro quella del mondo… che esiste l’amore, che si può amare in una dimensione nuova perché la morte è stata vinta… Questa è la buona notizia! (OR, p. 85).
“L’unico modo che hanno questi fratelli di essere salvati è che la Chiesa dia il suo sangue per loro… Così tutti sono salvati!” (OR, p. 90).

“L’idea di Kiko è quella che la morte è stata vinta e non che Cristo è vittorioso sul peccato. Egli infatti parla di un unico amore possibile, quello nella dimensione della croce, che si risolve poi nell’accettare il fratello, l’altro, così com’è, senza pretendere che cambi. E come potrebbe cambiare visto che non può, per quanto si sforzi, fare il bene? Altro che ‘Cammino’: questo è immobilismo totale… In seguito si vedrà come per lui tutto farà Dio” (Test. Ex-Cat., pp. 20-21).
“L’uomo è schiavo perché non vuol morire, perché ha paura della morte. A questa morte mi riferisco, alla morte ontologica, alla morte dell’essere, alla morte di te stesso.
“Per questa realtà di morte che tu hai, perché non hai altra vita che quella che hai oggi… Questo crea dentro di te un uomo insoddisfatto, sei un uomo in stato di sofferenza perché dentro di te è scolpita la legge naturale, tu sai che ti realizzi amando l’altro, trascendendoti nell’altro. Nel momento in cui il tuo io si trascende nell’altro, chiunque egli sia,… amandolo, realizzi te stesso, compi la legge…
“Ma l’uomo constata ogni giorno… che non può passare all’altro… perché fra lui e l’altro c’è un mostro, un dragone, la morte. Per questo l’uomo è insoddisfatto: perché da un lato sa che si realizza amando, passando all’altro; dall’altro si ritrova incapace di farlo, perché quando ci prova… incontra la morte, ed egli ha paura della morte” (OR, p. 129).
“L’uomo, che peccando ha sperimentato la morte, non vuole morire; quindi tutto ciò che nella vita lo conduce alla morte non lo può sopportare, non può accettarlo. Fugge tutto ciò che lo distrugge e lo fa soffrire.
“L’UOMO A CAUSA DEL PECCATO E’ STATO ACCERCHIATO DALLA PAURA DELLA MORTE E ORMAI NON PUO’ PASSARE ALL’ALTRO, NON PUO’ AMARE” (OR, p. 135).
Perché ha peccato, l’uomo ha paura della morte e non viceversa!
“Credi forse di poter smettere di bere, smettere d’essere egoista? Tu non puoi… perché se tu potessi, a che servirebbe Gesù Cristo?” (OR, p. 142).
“Allora per lui, Gesù Cristo è forse una magia che dove non c’è volontà di conversione da parte dell’uomo, interviene come un mago e gliela dà? Nulla infatti cambia nei NC se loro stessi non si pentono, non hanno dolore dei peccati e con la loro volontà decidono (a costo di spezzarsi) di cambiare. Di nutrirsi del corpo di Cristo in una vera messa, non in quella in cui non ammettono la transustanziazione… Se non si aderisce con l’intelletto e la propria volontà al bene, perché lo si riconosce come tale, esso non può essere compiuto. Specie se il peccato viene considerato come una cosa da sperimentare, visto che non lo possiamo evitare.
“In un simile contesto i peccati diventano pericolosamente un vanto, specie perché vengono detti in pubblico” (Test. Ex-Cat., p. 43).
“Guardate che meraviglia: tu hai un corpo morto perché il peccato non ti lascia e non puoi fare opere di vita eterna; fai solo opere di morte: ire, furti, risentimenti, rancori, ecc.” (OR, p. 158).
“Carmen ritiene una meraviglia il non poter fare opere di vita eterna; tu hai un corpo morto perché il peccato non ti lascia, e per lei è una cosa bellissima. Questo non sembra voler convincere che stare nel peccato è meraviglioso?

Diceva un NC di mia conoscenza: ‘Ah! come mi sento bene da peccatore’. Le parole di Carmen diventano regole di vita… Allora ci si rilassa nel peccato incamerando nella mente… questa meraviglia: ‘Dio ti ama così come sei. Rimani dunque così! E’ meraviglioso!’ (ivi, pp. 44-45).

...... Continua.....

I CIMITERI PER NEOCATECUMENALI SECONDO KIKO ARGUELLO...

  Articolo tratto dal benemerito sito - Osservatorio sul Cammino Neocatecumenale

La "Comunione dei santi" neocatecumenale non è quella cattolica. Avranno anche i loro cimiteri?


Nell'immagine a lato una foto inedita della Domus Galilaeae: una delle pareti in cui sono "scritti" i nomi delle comunità e dei loro partecipanti. Una sorta di Libro della Vita di pietra nel quale già si delinea la particolare 'comuntà dei santi' di cui si parla in questo articolo. Ci si deve riferire, evidentemente, agli adepti del cammino NC; quindi essa non ha nulla di 'cattolico', a prescindere dalle difformità dottrinali, pragmatiche e rituali ripetutamente evidenziate, anche nel senso di 'universale', l'accezione che qualifica la Chiesa di Cristo come unificante tutte le Nazioni e tutte le genti... e non gli aderenti ad un movimento che non si riconosce come movimento (anche se il Papa così lo qualifica) e si dà una inquietante identità [vedi]
CONVIVENZA DI INIZIO CORSO 2006-07
Porto S.Giorgio 28 settembre – 1 ottobre 2006
BOZZE NON CORRETTE (viene scritto per non dare completezza ed ufficialità a quanto si è detto “a braccio” durante l’incontro; piccola astuzia benevola?).
Indico la pagina ed il rigo della bozza dove poter leggere quanto detto da Kiko che scrivo di seguito. I responsabili di comunità e/o catechisti, purché abbiano partecipato all’inizio corso ’06-’07, sono in possesso di tali ‘tracce’ ma preferiscono non farle vedere a nessuno, primo perché contengono tante parole non “controllate” passibili di critica, secondo per pudore, perché i riporti si fanno seguendo pedissequamente tutto ciò che c’è scritto, persino le battute umoristiche di Kiko e Carmen che fanno ridere in Spagna ma da noi, a volte, risultano incomprensibili.
Quindi…
[dal sestultimo rigo di pag.31]
Coraggio, fratelli, vi dico un’ultima cosa: noi stiamo facendo a Madrid una parrocchia “modello”, la parrocchia di S. Caterina Labourè, in cui abbiamo dipinto la corona misterica e il catecumenium con una piazza al centro coperta da cristalli, con una fontana; nella parte inferiore ci sono gli uffici e una grande sala di catechesi e nella parte superiore una balconata colle sale delle comunità. Poi c’è la casa del parroco, un posto di accoglienza per gli itineranti. C’è ancora una grande parte di terreno, sul quale sto pensando di fare un cimitero per le comunità, una specie di giardino celeste. Pensavo di mettere una chiesa sul tipo di quelle della Moldavia, tutte decorate esternamente con santi, che ricorda il cielo, e un giardino intorno. Sotto il giardino fare come delle catacombe, con luci, con degli spazi comunitari, e seppellire i fratelli insieme. E’ una idea pazza, perché è difficilissimo che ti permettano di fare un cimitero nel mezzo della città. Ma forse riusciremo, perché tutto è possibile.
[continua al primo rigo di pag.64]
Fonderemo nuovi cimiteri. Ho fatto un progetto se me lo approva il comune, in mezzo a Madrid. Una cosa bellissima dove tu scendi e c’è tutto un interno con la luce, fuori c’è un giardino con fontane, cade l’acqua sul cristallo e sotto ci sono catacombe circolari etc.
Già da quanto è scritto si capisce bene l’idea ma, le mie orecchie hanno udito tutto il resto che per ‘grazia’ è stato nascosto da quell’etc. e che io ho sintetizzato precedentemente.
... vedo che anche altri, sempre su questo blog erano rimasti a dir poco "perplessi"!
"
Anonimo ha detto... Il Cammino NC non dura 25 anni dura tutta la vita!... L'anno scorso hanno fatto la proposta che le comunità che hanno finito il cammino dovrebbero andare in zone difficili per evangelizzare. E poi, proposta assurda, hanno parlato di cimiteri neocatecumenali. In Spagna già si stanno facendo ma in Italia penso che la cosa non si faccia o almeno non ne ho sentito più niente.Io personalmente voglio essere sepolto vicino ai miei cari, nella mia terra e la proposta dei cimiteri mi sembra tanto di setta
01 ottobre, 2007 10:49 "
La croce sul nome del defunto sul cosiddetto Libro della Vita (l'anagrafe neocatecumenale !?) non è una cancellazione ma un “segnare” il nome per indicare che quel fratello “ci ha preceduti” ed il responsabile dovrebbe (di solito lo fa a memoria prima della preghiera dei fedeli nella Santa Messa) aprire la Bibbia e leggere i nomi dei fratelli pregando per loro, anche per quelli defunti.
Larus, 31 luglio, 2010 10:39
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Ricordo che nel cammino non si celebravano (e non si celebrano) mai "messe per i defunti" secondo il
sensus fidei cattolico: cioè i defunti della 'Chiesa Purgante', che è nella 'Comunione dei Santi' secondo la Chiesa cattolica (insieme alla 'Chiesa Trionfante' e a quella 'Militante', che siamo noi) da loro abolita e irrisa. Noto invece che i 'santi' neocatecumenali sono un'altra cosa e che tra loro esiste una comunione anche dopo la morte, secondo kiko. Resta da sapere comunione IN CHI? E, ovviamente, anche dopo la morte, è una comunione che esclude tutti gli altri, compresa la sepoltura, e in qualche modo lo dice anche la codificazione scolpita sulla pietra della Domus e nei cosiddetti "Libri della Vita" in cui viene scritto il nome di quanti 'entrano' in una comunità e da lì iniziano il cammino nc.
Nella Chiesa cattolica apostolica romana la Comunione dei Santi, che costituisce la Sposa, il Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa di ieri di oggi e di domani che supera l'orizzonte del quotidiano, pur ovviamente comprendendolo, è costituita da coloro che partecipano dello stesso Battesimo -che li inserisce nel Signore e quindi nella Sua Chiesa- a cui sono fedeli fino alla fine, praticando la stessa fede e partecipando alle stesse 'Cose Sacre': Sacramenti tra cui
in primis la Santa e Divina Liturgia, Penitenza, ecc., abbiamo sviluppato ampiamente sul sito e qui come profanati da insegnamenti e prassi NC.
Mi sono sempre chiesta quale "communicatio in sacris" possiamo mai avere con il cammino NC, che insiste nel definirsi cattolico, si mimetizza sempre più come tale
ad extra, ma tale non è assolutamente... Rimane un senso terribile di 'estraneità', di raccapriccio, di sconcerto, di dolore impotente che grida al Signore perché, di fatto, i vescovi stanno permettendo che si sostituisca alla Chiesa vera.
Ne abbiamo una ennesima testimonianza, che avrei pubblicato stamane, ma la inserisco qui perché in qualche modo si lega a quanto dice Larus.

"
carissimi, non posso che rivolgermi a voi. Vi leggo da tantooggi sono di passaggio a Roma per pagare le bollette, ma già domani torno ad Altipiani di Arcinazzo dove sono in vacanza.Sono scandalizzato e sconvolto per quello che ho visto nella Parrocchia Refugium Peccatorum dove vado per la messa domenicale e vi prego di gridarlo ai quattro venti perchè non è davvero più possibile tollerare queste cose nella nostra ChiesaHo partecipato ad una messa indegna che mi chiedo se è valida: il sacerdote vestito solo con stola e camice bianco in una celebrazione sciatta che sembrava più una recita che una Liturgia. Mi hanno colpito come uno schiaffo queste parole: invece di dire " ricordati della tua Chiesa" ha detto "ricordati delle comunità cristiane". questo sacerdote è lì da poco più di un mese, dopo che hanno mandato via una comunità abbastanza tradizionale (non tradizionalista) i Servi del Cuore Immacolato di Maria).L'ho saputo da una parrocchiana con cui mi sono fermato a parlare: era il ritratto della desolazione! Questo cosiddetto sacerdote l'ha presa in giro vedendo che recitava il rosario (non durante la messa) e quasi strappandole la corona, le ha detto "cos'è questo bla, bla bla", leggete e imparate la scrittura! lo stesso sacerdote ha fatto inorridire molti dicendo che la lampada davanti al Santissimo era una stregoneria E' certo che se voglio partecipare ad una vera Messa dovrò cambiare paese. Mi chiedo cosa troveròPaolo, 30 luglio 2010

Testimoni Luminosi, dalla mia amata terra, EDVIGE CARBONI ED IL DEMONIO.....

  Preghiera
Signore Gesù, ci rivolgiamo fiduciosi a Te, memori delle parole: "Cercate e troverete, chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto". Degnati di glorificare su questa terra, la tua fedele serva Edvige Carboni e per la sua intercessione concedi a noi di imitare le sue virtù, la sua inalterabile pazienza, il suo amore verso Dio e il prossimo e, infine, la grazia che umilmente imploriamo. Amen.

Padre Nostro, Ave Maria, Gloria al Padre...

EDVIGE CARBONI ED IL DEMONIO
Pontifex.RomaEdvige Carboni, una mistica sarda nata a Pozzomaggiore, in provincia di Sassari, il 2 maggio del 1880 ed  in seguito trasferitasi a Roma e là deceduta nel 1952 all’età di settantadue anni fin da giovanissima rinunziò alla scelta della vita religiosa per dedicarsi con eroismo, al servizio della mamma, della nonna e di altri familiari provati dalla malattia. Fu arricchita di doni soprannaturali fino ad essere configurata, nella sua carne, a Gesù crocifisso. Le numerose grazie, seguite alla sua morte, indussero i Passionisti, nel 1968, ad iniziare i processi informativi sulla fama di santità per avviare la serva di Dio alla gloria degli altari. La sorella Paolina sintetizzò in proposito:” il demonio si accaniva contro Edvige; la picchiava alla testa, alle reni; le graffiava il collo, tanto che io dovevo medicarla e disinfettarla con l’alcool. Le ha bruciato anche i libri, lettere; le ha disfatto il lavoro di lana al quale la Serva di Dio attendeva; una volta strappò  ...
... un piccolo quadro raffigurante S.Teresa del Bambin Gesù; un’altra volta il demonio bruciò il mio soprabito sulla parte anteriore, che poi fu riadattato e coperto nella parte bruciata con dei bottoni, che ad Edvige regalò S. Gabriele dell’Addolorata”. “La mia Superiora di allora, compianta Madre Filomena Pianura (ricordò Suor Teresa Magnasciutti, delle Suore Pie Venerini), mi raccontò che lei stessa aveva medicato la Serva di Dio della ferita che il demonio le aveva inferto piantandole le unghie nella schiena.
Ebbene, la Edvige non ha mai emesso un lamento”. Al demonio venne attribuito anche questo fatto. Un giorno mentre era in Chiesa a La Forma (FR) si sentì picchiare in testa. “Mentre pregavo ho inteso come un colpo datomi in testa: come vede vi è del sangue”. Così Edvige manifestò l’accaduto al Parroco Mons. Enrico Damizia. Questi ricordò:”Difatti si vedeva un po’ insanguinato un punto della sua nuca”. A sua volta il Parroco mise al corrente il cugino Aristide, il quale, a distanza di molti anni, ricordava di aver visto del sangue anche “sulla predella di legno dell’Altare dell’Addolorata”. Questa dichiarazione è della sorella Paolina:”…Gesù portò la Serva di Dio a vedere le pene dell’Inferno.
Vi era rinchiuso un giovane… Ricordo che durante quella visione la Edvige si contorceva mostrando di soffrire e pronunciava parole di dolore”. Le dichiarazioni che seguono sono dell’amica e confidente Vitalia Scodina :” La virtù della fortezza rifulse in Edvige prima di tutto nella sopportazione paziente delle angherie cui la sottoponeva il diavolo. Quindi per farle dispetto, le bruciava i quattrini che dovevano servirle per la spesa, le versava acqua sul letto che poi fu asciugato dalla madonna Ausiliatrice, la legava al letto, la graffiava. Mons. Viatli, le buttava via la farina, la polenta, la pasta e le faceva mille altri dispetti. Ad alcuni di questi dispetti fatti dal demonio alla Serva di Dio ho presenziato, per esempio quando il diavolo picchiò Edvige col battipanni e la legò al letto, quasi la strozzava; altri episodi dispettosi invece me li ha raccontati la Serva di Dio….Ricordo che per sciogliere i nodi della corda con cui il demonio aveva legato Edvige al letto, ho faticato molto e non ci sono riuscita finchè non dissi una invocazione alla Madonna. Ricordo che quella volta la Serva di Dio si lamentava di avere il capo in sdolenzito dalle botte che il demonio le aveva dato con un pugno di ferro. In queste ed in altre contrarietà la Serva di Dio era solita ripetere:”Sia fatta la volontà di Dio, Sono nata il giorno della Santa Croce e devo portare la croce fino alla morte.
Sia tutto per amore di Dio”. Dionisio Argenti rievocò alcuni episodi: “Il diavolo la perseguitò per tutta la vita. Le rompeva oggetti di casa, la maltrattava, la ingiuriava. Ultimamente Ella dovette stare a letto, perché lo spirito maligno le aveva dato una martellata in un ginocchio. Anch’io una volta mi accorsi che il demonio le era per la casa, perché d’un tratto nella porta di casa vedemmo conficcato un coltello da cucina e un’altra volta ritrovai il mio cappello tutto sgualcito e coperto di nero”. Stralciamo dai diari di Edvige altre notizie riguardanti i dispetti del demonio: “ ( settembre 1941)- Ieri sera il diavolo mi si presentò vicino, me lo sentivo, mi faceva delle smorfie. Ti farò dei dispetti, mi diceva; poi si avvicinò a mia sorella e le faceva delle smorfie e boccacce; la mattina appena mi alzai, mia sorella entrò nella sala ove trovò tre libri regalatimi da Mons. Vitali tutti sfogliati e malconci sparsi per terra e sopra il divano” (Diario. – scritti, III pag. 47, 48). ( Febbraio 1942) – Mentre pregavo davanti a sant’Anna mi si presentò il diavolo brutto brutto, mi graffiò il polso e mi disse: sei mia nemica. Che brutto il diavolo, mi fece uscire il sangue dal polso. ( Febbraio 1942)- Mi ero preparata per andare in chiesa.
Sento suonare il campanello. Mi affacciai, vidi davanti alla porta una bestia brutta brutta. Ti è guarito il polso? Mi disse e mi graffiò di nuovo, poi corse sulle scale, sembrava una brutta bestia, ed io invocai la Madonna affinché non mi maltrattasse più” ( diario- scritti III, pag.77).
Don Marcello Stanzione

Biografia

La famiglia di EdvigeEdvige Carboni nacque a Pozzomaggiore (Sassari) il 2 maggio 1880 da Giovanni Battista e Maria Domenica Pinna; una piccola croce impressa nel suo petto sembrò destinarla, sin da piccola, ad un'esistenza singolare. Trascorse la sua infanzia e adolescenza in un ambiente familiare moralmente sano, onesto, forte e generoso, dedito al lavoro assiduo e diligente; lavorava al telaio, ricamava ed aiutava la madre nei lavori domestici, senza trascurare i suoi studi che furono diligenti e proficui. Verso i dieci anni, Edvige fece la Prima Comunione e, anche se la sua vita non rivelava esternamente niente di singolare, la Serva di Dio iniziò un cammino di perfezione evangelica, corroborato dalla preghiera incessante, dai Sacramenti e dal desiderio di essere gradita in tutto agli occhi del Signore; umile, ubbidiente, pura e caritatevole con tutti, Edvige Carboni corrispondeva generosamente alla Grazia di Dio che in Lei lavorava in modo pieno, accrescendo i suoi doni.
Non furono poche le incomprensioni, le affrettate condanne e le invidie da parte di molti; Edvige perdonava tutti e sempre, con quella dolcezza ed umiltà che tutti poi le riconobbero. Nella parrocchia natale svolse con amore la sua attività di catechista, insegnando a tutti in che modo amare e servire Dio... e non solo a parole; per tutti aveva un sorriso, una parola di incoraggiamento, una preghiera; i poveri e gli ammalati erano i suoi prediletti; chi l'avvicinava avvertiva in Lei la presenza del sacro.
Furono molti i sacerdoti e i vescovi che la stimarono e videro in Lei il dito di Dio; tra questi il Servo di Dio P. Giovanni Battista Manzella, Mons. Ernesto Maria Piovella, il Beato Don Orione, P. Felice Cappello, Padre Pio da Pietralcina e il Passionista Ignazio Parmeggiani, suo ultimo confessore.
I lutti e le malattie dei familiari le impedirono di farsi religiosa e di accettare un impiego presso l'Ufficio Postale di Pozzomaggiore; a casa c'era bisogno di lei, specie dopo la scomparsa della madre; Edvige pensò e si donò a tutti senza risparmiarsi e con gioia.
Pur se bisognosa di tante cose, si privava anche del necessario per sovvenire ai poveri a agli affamati durante le due grandi guerre, per la cui cessazione digiunava e pregava. Non lontana dai problemi del mondo, Edvige Carboni seppe calarsi nelle difficoltà della vita ed ebbe e diede il coraggio di affrontarle; la fede e Dio erano al centro di tutte le sue intenzioni e azioni: ecco il suo segreto; ecco il perchè della "singolarità" in Lei rispetto a tante donne sue e nostre contemporanee.
Pur se i suoi occhi miravano a lontani traguardi, ultraterreni, la Serva di Dio seppe soffermarsi a guardare gli uomini con amore e disinteresse, lontana da ogni forma di egoismo o desiderio di apparire.
Il quadro della Madonna SistinaEdvige era, insomma, la donna forte della Bibbia e la vergine sapiente del Vangelo, che seppe perfettamente fondere e unire il ruolo di Marta e Maria. "Signore vorrei morire a forza di amarti" era il suo motto e tutto il suo diario è permeato di espressioni simili, tanto da potersi avvicinare il suo linguaggio a quello di S. Caterina da Siena o di S. Teresa d'Avila, le uniche donne dottori della Chiesa. Immenso il suo amore per l'Eucarestia, per la Ss. Vergine e le Anime del Purgatorio.
Nel 1929 Edvige lasciò con grande rimpianto, ma rassegnata alla volontà di Dio, il suo paese natale per vivere, in seguito, in varie località del Lazio e, dal 1938 a Roma, anno in cui fece la sua ultima visita alla Sardegna.
Si farebbe un torto alla sua dolce e gigantesca figura insieme, se non si facesse un cenno ai doni mistici di cui fu insignita, a quei carismi che moltissimi notarono in Lei, nonostante Ella facesse di tutto perchè non si conoscessero. Non furono però questi doni che la resero "santa" già in vita, ma solamente le Virtù evangeliche che Ella praticò, la sua fede robusta, la sua speranza e carità, lo spirito delle Beatitudini che la resero straordinaria nelle cose più ordinarie ed infine l'ubbidienza alla Chiesa e al Papa che difendeva a spada tratta quando non mancavano le critiche al suo Magistero.
I fatti che si raccontavano su di Lei furono molti e meravigliosi: leggeva nei cuori, prevedeva eventi futuri, si sollevava in estasi dalla sedia su cui stava inginocchiata, sudava spesso sangue dalla fronte, la farina che regalava per il pane fruttava il doppio, otteneva la grazia della pioggia e con la preghiera riportò in vita un ragazzo rimasto ucciso dal calcio della sua cavalla.
Le stimmate che Edvige portava nelle maniIl dono che "più le costò" furono le stimmate, che portò sul proprio corpo dal 1909 fino alla morte, come i Servi di Dio Padre Pio da Pietralcina e Teresa Newmann. Oltre le stimmate, tra gli altri fenomeni mistici: estasi e visioni, visite della Madonna e dei Santi, animazioni di sacre immagini, persecuzioni diaboliche, bilocazione, comunioni misteriose, profumi e contatti con le Anime del Purgatorio. Edvige Carboni mistica! Non si pensi a malattie psichiche; la Serva di Dio era donna equilibrata e sana; bisognerebbe piuttosto pensare che: Dio non è poi così lontano se si rivela così misteriosamente e meravigliosamente nei suoi Santi; Dio, perchè potente, agisce come vuole in chi vuole; Dio ci vuol ricordare che esiste. Il muro che separa questa nostra realtà da quella eterna, è fragile; nei mistici Dio lo vuole abbattere e dare una risposta a tante tesi che lo negano.
La tomba di Edvige ad Albano LazialeEdvige Carboni chiuse la sua giornata terrena per iniziare quella celeste, eterna, la sera del 17 febbraio 1952, a Roma; il suo corpo riposa nel cimitero di Albano Laziale. I suoi devoti, che La invocano con fede e che tante grazie hanno già ottenuto dalla Sua intercessione, si augurano che, superate le inevitabili e comprensibili difficoltà volute dal lungo iter che è necessario percorrere prima di arrivare alla Beatificazione, vedano quanto prima Edvige Carboni elevata agli onori degli altari.


Testo tratto da Ernesto Madau "La Serva di Dio Edvige Carboni - Ricerche", la Celere Editrice, Alghero 1994, pagg. 4-6

La causa di beatificazione

La causa di beatificazione e di canonizzazione della Serva di Dio Edvige Carboni, su iniziativa dei padri Passionisti del santuario della Scala Santa in Roma, ebbe inizio nel dicembre del 1968 e fu introdotta presso la Congregazione delle Cause dei santi nel maggio del 1971.
In circa quaranta anni la causa ha avuto vari momenti di difficoltà, sempre però superati. La vita della Carboni, colma di grazie e particolari carismi, più che per altri servi di Dio è stata sottoposta a ricerche e studi di ogni genere, compresi quelli in re mystica et psicologica. Non è neppure mancata una sessione supplementare di indagine sulle virtù e la fama di santità, tenutasi tra il 1999 e il 2001. L'esito fu positivo. Da quella data sembrava che la Serva di Dio Edvige Carboni dovesse presto avere il titolo ufficiale di Venerabile in riconoscimento delle virtù praticate in grado eroico. Il traguardo è a pochi passi. Tutto è riposto nelle competenze del relatore, p. Josè Luis Gutierrez dell'Opus Dei, e del postulatore della causa, l'avvocato romano Andrea Ambrosi, un laico che segue diverse altre cause; valga per tutte quella della mistica tedesca Teresa Neumann. Ambrosi è ufficialmente il postulatore della causa della Carboni dal maggio 2005.
Nel maggio 2008 è stata presentata la positivo super vita, virtutibus et fama sanctitatis presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Per la primavera 2009 sarà pronta anche la positivo super mira sanatione che esamina e presenta il miracolo utile per la beatificazione.

venerdì 30 luglio 2010

Cammino Neocatecumenale i distruttori del Sacramento della Confessione..3° parte

 Carmen e Kiko, eretici fondatori della setta Neocatecumenale....



Tratto dal libro di Don Elio Marighetto I SEGRETI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE 
3° PARTE.......

PRESUPPOSTI NEGATIVI
IL PECCATO NON OFFENDE DIO

“Alcuni diranno che non si può offendere Dio solo perché siamo il Corpo Mistico, e quindi il peccato di ognuno si ripercuote sugli altri… Ci si domanda se si può offendere unicamente Dio. La domanda è posta perché noi abbiamo del peccato una concezione verticale, individualistica; di essere noi ad offendere in modo particolare Dio, come se il peccato fosse una offesa a Dio nel senso di poter rubare a Dio la sua gloria. Noi crediamo che si possa recare danno a Dio.
“La prima cosa che dobbiamo pensare è che non si può recare danno a Dio. Dio non lo si può offendere nel senso di togliergli la sua gloria, perché allora Dio sarebbe vulnerabile e non sarebbe Dio. Dio è invulnerabile. Non gli puoi togliere la sua gloria in nessun modo…
“Questa è una cosa che sorprende moltissimo la gente perché da piccoli ci hanno detto che il peccato fa soffrire Gesù bambino se siamo cattivi e indocili. E la gente ha dei concetti molto sentimentali, pensano che il peccato fa soffrire molto Gesù Cristo.
“In che senso si può parlare di offendere Dio? Nel senso che il peccato rompe il piano di Dio. Qual è il piano di Dio il disegno di Dio sull’uomo? L’amore. Il peccato è sempre una lesione dell’amore. Anche una bestemmia che io ho detto senza che nessuno se ne accorga, mi degrada interiormente come persona. E questa degradazione si ripercuote in qualche modo nelle mie relazioni con gli altri, in qualche modo distrugge gli altri. Questo lo dice anche la psicologia del profondo…
“Allora quando pecchi offendi Dio nel senso che rompi il piano di Dio ed allora quello che succede è che rechi danno a te stesso e agli altri. Pertanto è impossibile offendere Dio senza offendere gli altri e se stessi” (OR, p. 182).
“Non è che tu manchi ad una legge astratta, è che tu entri nella morte. Dio ha detto ad Adamo di non peccare non perché ciò dia fastidio a Dio, ma perché se Adamo pecca muore, e Dio non vuole che Adamo muoia. Però Adamo pecca e muore. Rompe il piano di Dio che era stabilito per lui e la sua vita si trasforma in un inferno… La gente crede che il peccato sia una cosa buona, che a te piace, ma non ti lasciano fare perché offende Dio… Questo concetto di peccato è antibiblico.

“Il peccato è un male per chi lo commette… fa entrare nella morte”.

(Carmen) “Il peccato rompe il piano di salvezza che Dio ha per il mondo, che è la Chiesa. In questo senso il cristiano che pecca, pecca contro la Chiesa. Ma non nel senso ontologico dei vasi comunicanti, come molti dicono, che il male cioè si estende a tutto il mondo, bensì nel senso sacramentale” (OR, p. 183).
“Che tu commetta dei peccati, Dio lo permette per scoprire la tua realtà… Questa è la parte positiva del peccato” (OR, p. 185).
Questa affermazione ha dell’incredibile! Come potrebbe Dio permettere o desiderare il peccato, quasi avesse in sé una parte positiva: farci conoscere che non siamo capaci a nulla se non di peccare!
La Comunità è formata da persone che la rendono ricca o povera a seconda del bene o del male che fanno. Ma il peccato è l’atto d’una persona, cosciente, libera e responsabile d’ogni suo gesto.
Il peccato, pur non offendendo unicamente Dio, è principalmente offesa a Dio anche se non Gli sottrae per nulla la gloria e l’onore.
Non ‘offende’ solo chi toglie l’onore ad altri ma anche chi tenta di toglierlo.

Certamente col peccato l’uomo rifiuta a Dio l’amore che Egli merita.L’uomo non può togliere gloria a Dio né danneggiarLo, ma Lo “offende” perché Gli nega  quanto Gli è dovuto e se potesse… Lo sopprimerebbe. In realtà l’uomo, nella sua presunzione, tenta di sottrarsi a Dio, e pecca turbando l’ordine oggettivo della verità e della giustizia. Se peccando l’uomo danneggia solo se stesso, non ha obbligo di riparare “perché Dio non può esser offeso”.
Ma nella Bibbia si parla spesso di peccato come offesa a Dio (Gb 1,5; Sal 119,11; Prov 14,21; 17,5; Ez 20,27; Rm 2,23).
E anche il Concilio parla di offese fatte a Dio con il peccato (L.G. 11).
Dice Giovanni Paolo II: “E’ vano sperare che prenda coscienza un senso del peccato nei confronti dell’uomo e dei valori umani, se manca il senso dell’offesa commessa contro Dio, cioè il vero senso del peccato (R.P. 18).
IL PECCATO HA SEMPRE DIMENSIONE SOCIALE, MAI INDIVIDUALE

“La Chiesa primitiva è un Corpo che esplicita nel mondo la resur-rezione di Gesù Cristo. Allora se uno dei membri fa qualche peccato, cioè nega Gesù Cristo, fa un male all’umanità intera perché non esplicita più all’umanità la salvezza che la Chiesa esprime. Per questo… uno che ha rinnegato il cammino sarà sottoposto alla scomunica… “Questa sarà una delle prime espressioni esterne del peccato nella Chiesa primitiva. Uscito, poi lo sottomettono alla penitenza… Perché ogni peccato ha, come nell’Antico Testamento, una dimensione sociale, mai individuale, e quindi offende tutta la comunità, la Chiesa che è sacramento di salvezza per il mondo” (OR, p. 167).
Certamente non c’è alcun peccato, anche il più intimo e segreto, il più strettamente personale, che riguardi solo chi lo commette. Ogni peccato si ripercuote anche sugli altri fratelli di fede e sull’intera umanità. Ciò non significa che la responsabilità di tale danno non sia del singolo peccatore o che questi possa attribuire alla comunità il suo peccato che è sempre un atto libero della singola persona. Le conseguenze del peccato ricadono principalmente sul peccatore che si separa da Dio.
La R. et P., al n. 16, indica sia la dimensione personale che quella sociale del peccato; Carmen invece sembra negare la dimensione personale.
Quanto meglio non sarebbe dire che: “Il peccato ha anche una dimensione sociale, mai solo individuale!”.
L’UOMO NON PUO’ FARE IL BENE E SE PECCA NON NE HA COLPA E’ SCHIAVO DI SATANA: E’ LUI CHE PECCA IN NOI NON E’ LIBERO E QUINDI NON PUO’ PECCARE

“Tu sei schiavo del male: sei schiavo del maligno e obbedisci alle sue concupiscenze e ai suoi comandi” (OR, p. 129).
“Questa è la realtà dell’uomo: vuol fare il bene e non può. Il marxismo dirà che non può perché alienato dalle strutture… la psicologia… a causa dei suoi complessi psicologici. Tutto questo non mi convince. Il cristianesimo dice un’altra cosa. Dio ha rivelato la realtà dell’uomo così: 
L’UOMO NON PUO’ FARE IL BENE PERCHE’ SI E’ SEPARATO DA DIO, PERCHE’ HA PECCATO, ED E’ RIMASTO RADICALMENTE IMPOTENTE E INCAPACE IN BALIA DEI DEMONI. E’ RIMASTO SCHIAVO DEL MALIGNO. IL MALIGNO E’ IL SUO SIGNORE. (Per questo non valgono né consigli né sermoni esigenti. L’uomo non può fare il bene).

“Domani t’imbatterai in questa realtà:… vuoi e non puoi. Tutto va molto bene, ma appena ti scontri con un evento di morte e ti ribelli, non ce la fai, affondi e servi il demonio. Non puoi camminare sulla morte, non puoi passare la barriera, perché sei schiavo del maligno che ti manipola come vuole, perché è molto più potente di te. Non puoi compiere la legge, perché la legge di dice di amare, di non resistere al male, ma tu non puoi: tu fai quello che vuole il maligno” (OR, p. 130).
Ho constatato che queste affermazioni hanno suscitato stupore e sorpresa persino in persone “abituate a peccare liberamente”. Ma per Kiko, l’uomo sarebbe costretto a peccare: la sua natura non gli permetterebbe di compiere il bene. Sarebbe quindi vano ogni suo sforzo per correggersi.
Qualche esperto in materia potrebbe trovare in queste espressioni (come in quelle di Lutero) un riflesso della personale situazione esistenziale.
A noi non resta che pregare perché il Signore lo illumini e lo salvi.
“Non serve a nulla dire alla gente che si deve amare. Nessuno può amare l’altro… chi può perdere la vita per il nemico… E’ assurdo.
“E chi ha colpa di questo? Nessuno. Per questo non servono i discorsi. Non serve dire sacrificatevi, vogliatevi bene, amatevi. E se qualcuno ci prova si convertirà nel più gran fariseo, perché farà tutto per la sua perfezione personale” (OR, p. 136).
“Uno guarda se stesso e si rende conto di essere un comodo cui costa perfino andare in chiesa la domenica e che è triste di non essere capace di cambiare. Al massimo cercherà di fare qualcosina per guadagnarsi il cielo nell’altra vita con qualche opera buona. Non può fare di più perché è profondamente tarato. E’ carnale. Non può fare a meno di rubare, di litigare, d’essere geloso, di invidiare, ecc. Non può fare altrimenti e non ne ha colpa” (OR, p. 138).
“Lo Spirito che Gesù invierà non è affatto uno Spirito di buone opere e di fedeltà al Cristo morto” (Or, p.151).
“L’uomo che pecca vive nella morte. Ma non perché lui sia cattivo, perché vuol fare del male. Perché questo è religiosità naturale, che crede che la vita è una prova, che tu puoi peccare oppure no. No, no, l’uomo pecca perché non può fare altro, perché è schiavo del peccato” (1°SCR, p. 93).
Non è possibile negare la libertà e la responsabilità nel peccare e continuare a credere a quanto la Chiesa insegna in proposito. Il C.C.C. parla di ‘libero arbitrio’; di libertà di scelta tra bene e male; della disobbedienza che è abuso di libertà; di responsabilità dell’uomo; di imputabilità e di responsabilità d’ogni atto… da imputarsi a chi lo compie (nn. 1731-1736). Lutero diceva: “Acconsenti dunque a ciò che tu sei, angelo mancato, creatura abortita. Il tuo compito è di mal fare, perché il tuo essere è malvagio!” (J. Maritain, “I Tre Riformatori”, Morcelliana, 1964, p. 48).
“La responsabilità personale viene eliminata e nessun NC si sentirà più di promettere… che cambierà, visto che Kiko ha convinto tutti che per quanto si sforzino non ce la faranno mai, se non quando Dio vorrà” (Test. Ex-Cat., p. 49). “La confusione che Kiko ha, di conseguenza si ripercuote sui NC e si sta diffondendo sempre più nella Chiesa e lascia intendere che non c’è nessuna responsabilità per i peccati perché è solo questione di circostanze e potenzialmente siamo tutti assassini, stupratori, ladri, ecc. Questa predicazione… convince la gente d’essere vittima degli eventi. Queste idee entrano nella mente e fanno sentire dentro malvagi e peccatori senza via d’uscita” (Test. Ex-Cat., p.18). “Conseguenza di questo insegnamento, è la scomparsa nell’intimo dei NC, di qualsiasi pentimento; visto che non è lui responsabile per il male che fa, di che cosa si deve pentire?” (Test. Ex-Cat., p. 22). “E’ terribile quello che Kiko dice: ‘Lo Spirito che Gesù invierà non è affatto uno Spirito di buone opere…!’. Non spinge forse a credere che non occorrono le opere ma basta la fede? E’ proprio così, e così credono i NC: “Poiché non siamo capaci di opere buone, non restano che quelle cattive”. Questo ragionamento non avviene a livello cosciente ma inconscio. Senza rendersene conto, molti convinti che Dio permetta i peccati… si sentono giustificati a farli” (Test. Ex-Cat., p. 44).
“Quando un uomo è stato gestato passo a passo e gli è stato dato lo Spirito Santo… peccare…, odiare…, assassinare, è difficilissimo. Dice la teologia antica che per poter fare questo bisognava commettere prima molti peccati, perché se realmente dentro di te c’è lo Spirito di Dio, come potrai desiderare di fare del male, peccare?… Per questo dice: che nessuno si inganni: quello che pecca è il demonio. Quindi, se qualcuno pecca è perché il demonio è in lui” (SH, p. 14).
Queste espressioni sono illusorie, quasi soporifere, come se, per raggiungere la perfezione, l’uomo debba comportarsi passivamente, abbandonandosi a Dio, senza preoccuparsi personalmente della sua salvezza (D-S n. 2241; n. 2244; n. 2247-2248).
“Noi dobbiamo scoprire attraverso questo cammino... che il peccato originale non è una macchietta giuridica con la quale noi nascevamo e che va via col Battesimo e siamo puri e immacolati per sempre. Il peccato originale è qualche cosa di molto diverso e questo concetto un po' strano nasce con Sant’Agostino ed è un modo di vedere il problema in una forma molto povera.
“Il peccato originale è una realtà che ci circonda, che è quella che ha condizionato i nostri genitori, che ci ha gestato veramente in questa realtà. Se non fosse così allora il Battesimo sarebbe magico, cioè senza aver capito nulla ci viene data di punto in bianco una nuova realtà che ci dà una nuova natura. Non è vero questo” (SH, p. 42).
“Nessuno fa niente in questo mondo se Dio non lo aiuta. Non è il senso stoico, che sempre insegna che bisogna fare rinunce per soffrire di meno. Pensate che la Spagna è un paese stoico dove prevale il sacrificio, la rassegnazione, l’austerità, la povertà... Ci fu un tempo in cui si credeva che per essere virtuosi era necessario sacrificarsi molto facendo piccoli atti per esercitare la volontà… Oggi questo non si accetta più. E’ stato per altre epoche” (SH, pp. 97-98).
Povero Agostino! Quanti poveri santi illusi non ha generato!
 
...... Continua....