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mercoledì 8 ottobre 2014

San Paolo: «Non v'ingannate, dic'egli altrove, nè i fornicatori nè gli adulteri, nè gl'impudici, nè gli abbominevoli saranno eredi del regno di Dio.»

Come si è potuto constatare, Dottrinalmente, nell’articolo  di don Floriano Abrahamowicz le ordinazioni Episcopali Conciliari sono nulle in quanto i nemici della Chiesa Cattolica che da oltre 50 anni hanno occupato abusivamente la Chiesa di Nostro Signore hanno cambiato, nel Conciliabolo,  la materia e la forma dei Sacramenti, ed in questo caso il rito dell’Ordinazione Episcopale. Ora constatato tragicamente questo fatto uno si potrebbe chiedere che validità ha l’ultimo Sinodo indetto da Bergoglione e la sua cricca di nemici della Chiesa? Assolutamente nullo e per niente vincolante per i fedeli Cristiani Cattolici legati alla vera Tradizione della Chiesa. E per tutti coloro che scientemente ed ignorantemente seguono il carrozzone satanico conciliare?  La risposta definitiva sarebbe quella di abbandonare al suo destino il corso degli impostori conciliari e passare definitivamente, sino al ritorno dell’ordine, nelle fila di chi segue la Tradizione rigorosamente non una cum ma per chi ne è impossibilitato per qualche ragione non hanno l’obbligo di seguire le fila di codesti nemici di Nostro Signore in quanto hanno l’intenzione di toccare la Fede e la Morale del Sacramento del Matrimonio che permetterebbe a chi si trova fuori della Chiesa per causa del divorzio o varie perversioni che li mette in stato di peccato mortale di accedere all’Eucarestia ed in pratica annullando anche la Confessione in quanto se possono accedere alla ricezione dell’Eucarestia in stato di peccato mortale che senso avrebbe confessare cio’ che diventa lecito secondo i satanassi conciliari? Questa è la realtà dei fatti quindi ad ognuno la sua scelta o si è di Nostro Signore o si è di satana.


Per aiutare chi è indeciso su dove stare, se col Signore o con i servi di satana conciliari, postiamo questo magisteriale articolo sui peccati contro la sessualità che in realtà hanno prodotto l’offuscamento del senso del peccato con la conseguenza che quasi tutti i cosiddetti matrimoni conciliari sono quasi tutti, se non tutti, nulli in quanto inficiati già dall’inizio da uno stato di peccato mortale e dal fatto che chi amministra i “sacramenti conciliari” forse non è nemmeno sacerdote in quanto le ordinazioni Episcopali conciliari sono invalide.

(Il Concilio di Trento L’11 novembre 1563, nella sessione XXIV, fu promulgato un decreto sul Sacramento del matrimonio che comprendeva dodici canoni).
Il testo del settimo è il seguente:

«Se qualcuno dirà che la Chiesa sbaglia quando ha insegnato e insegna che, secondo la dottrina del Vangelo e degli apostoli, il vincolo del matrimonio non può essere sciolto per l’adulterio di uno dei coniugi; e che nessuno dei due, nemmeno l’innocente, che non ha dato motivo all’adulterio, può contrarre un altro matrimonio, vivente l’altro coniuge; e che commette adulterio il marito che, cacciata l’adultera, ne sposi un’altra, e la moglie che, cacciato l’adultero, ne sposi un altro, sia anatema».

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Fonte: Progetto Barruel…

Abbé Joseph-François Du Clot de la Vorze (1745-1821)

Arciprete e Parroco della diocesi di Ginevra
Da: Esposizione istorica, dommatica e morale di tutta la dottrina cristiana e cattolica, I traduz. ital., vol. V, Napoli 1827 pag. 66-79.
DISCORSO XCII.

DEI PECCATI CONTRARI ALLA PURITÀ.

Non moechaberis.
Non commetterai impurità.
Exod 20. v. 15.

Eccoci arrivati al sesto Comandamento. Io non vi dissimulo che provo ribrezzo di dovervi parlare del peccato vietato da questo Precetto. Quando l'Apostolo S. Paolo parla di questo enorme peccato, dice che è un peccato che non si dovrebbe neppur nominare: Che non si senta solamente, dice il Santo Apostolo [1], parlare tra voi nè di fornicazione, nè di qualsivoglia impurità, come non se ne deve sentir parlare dai Santi. Come mai i Sacerdoti le di cui labbra devono esser pure e sante, parleran di un peccato che ha la forza di lordare anche quando si nomina? I Sacerdoti devono solo parlarne per impegnare i Cristiani a non parlarne mai. Io spero, col soccorso del Signore, combatter questo ignominioso peccato con forza, con precauzione, in modo tale che non lorderò nè la mia lingua, ne le vostre orecchie, nè il vostro cuore. Al contrario, siccome il mio scopo è d'ispirarvi l'amore per la purità, io combatterò il vizio, v'ispirerò l'amore per la virtù, e procurerò d'infiammarvi di un santo desiderio di menare una vita pura e casta, come siete obbligati di fare per sostenere l'onore che avete di essere i tempii dello Spirito Santo, i membri di G. C. [2].

Per evitare le ripetizioni, spiegheremo nello stesso tempo il sesto ed il nono Comandamento. Per mezzo del sesto, il quale è espresso con queste parole: Non moechaberis non commetterai adulterio, Iddio ha fatto agli uomini un espresso divieto dell'adulterio. Per mezzo del nono in cui si dice: Non desiderabis uxorem proximi tui, non desiderar la donna del prossimo tuo, Iddio ci ha imposto il dovere di esser puri di cuore e di spirito.

Diciamo che Iddio ci ha vietato, col sesto Comandamento, ogni sorta di peccati contrarii alla virtù di castità; giacchè sebbene il vocabolo che è impiegato nel Precetto, significhi soltanto l'adulterio presso i Greci, è di uso però di esprimere con questa parola tutt'i peccati d'impurità, come ha osservato S. Agostino [3].

Per convincersene non si deve far altro che consultar le scritture dell'antico e del nuovo Testamento. In fatti Iddio fa chiaramente sentire ch'ei comprendeva la semplice fornicazione nel Precetto, non moechaberis, con queste parole che si leggono nel Deuteronomio [4] riguardo alle donne prostitute ed ai fornicatori: «Non vi saran donne prostitute tra le figlie d'Israele, ne fornicatori tra i figli d'Israele.» Perciò la legge che condanna a morte gli adulteri [5] facea subire la stessa pena ad una donzella che erasi lasciata lordare dal delitto di fornicazione nella casa di suo padre [6]. Si sa che Dio consumò col fuoco del Cielo le città di Sodoma e di Gomorra non a cagion degli adulterii, ma a cagion delle altre impurità abbominevoli che vi si commettevano; donde risulta che il Precetto si estende indistintamente a tutt'i delitti d'impurità.

Se passiamo dall'antico al nuovo Testamento, ce ne convinceremo ancor maggiormente: «Voi sapete che è stato detto agli antichi, dice G. C. [7]: Voi non commetterete. adulterio, ed io vi dico che se alcuno guarda una donna con un cattivo desiderio per lei, egli ha già commesso l'adulterio nel suo cuore.» Ecco la vera estensione del Precetto. Iddio, secondo G. C., non vieta solamente l'azione del delitto, ma eziandio il pensiero, il desiderio del delitto; talmente che si è veramente prevaricatore del Precetto, e colpevole di adulterio innanzi a Dio, quando con desiderii volontarii e deliberati si consuma questo delitto nei proprio cuore.

Non si dica che G. C. limita la estensione del Precetto al solo adulterio, o tutt'al più al desiderio dell'adulterio, e non a tutti gli altri peccati d'impurità; imperciocchè S. Paolo, fedele interprete della dottrina del nostro divin Maestro, entra su questo articolo in un racconto infinitamente istruttivo: «Sappiate, dic'egli [8], che nessun fornicatore, nessuno impudico, sarà erede del regno di G. C. e di Dio.» Il santo Apostolo racchiude in queste poche parole le impudicizie di ogni genere, e dichiara espressamente che verun impudico, di qualunque specie sia il suo delitto, non avrà parte al regno eterno: «Non v'ingannate, dic'egli altrove [9], nè i fornicatori . . . . nè gli adulteri, nè gl'impudici, nè gli abbominevoli . . . . saranno eredi del regno di Dio.» Ei nomina, l'una dopo l'altra, le varie specie d'impurità, e dice che tutti coloro che se ne renderanno colpevoli saranno egualmente eliminati dal regno di Dio.

Se si domanda perchè nel Decalogo Iddio parla del solo adulterio, e non esprime alcun'altra impurità, il Catechismo del Concilio di Trento risponde [10] che Dio ha proibito l'adulterio in termini più precisi, perchè, oltre la turpitudine che ha comune con gli altri delitti d'impurità, è caratterizzato altresì per una crudele ingiustizia che si fa al prossimo, anzi generalmente alla civil società. Nella legge di Mosè sì l'uomo che la donna adulteri eran puniti di morte. Le leggi Romane li condannavano alla medesima pena. La Chiesa ha sempre riguardato questo delitto con esecrazione, e ne' primi secoli non ne accordava l'assoluzione, che dopo aver fatto sostenere ai colpevoli una lunghissima rigorosa penitenza. Tertulliano si trovò scandalezzato perchè si dava loro l'assoluzione nella Chiesa Cattolica, e S. Cipriano [11] ci assicura che parecchi Vescovi Cattolici di Africa la ricusavan loro anche in punto di morte. Ciò posto, non deve recar meraviglia che l'adulterio sia un caso riservato nella Diocesi di Ginevra, ed in molte altre.

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Il solo desiderio di un'azione disonesta è un peccato, perchè non son solamente peccati le nostre azioni in se stesse, ma sì bene il consenso della volontà a queste azioni, quando son proibite. Or siccome il desiderio è un consenso della volontà, così il desiderio di una cosa vietata è conseguentemente un peccato.

Ogni desiderio di una cattiva azione non solo è colpevole, ma è tanto colpevole quanto l'azione istessa, poichè Dio, dopo di aver vietato col sesto Precetto qualunque azion disonesta, ha vietato eziandio, col nono, di non concepirne il desiderio neppure.

I semplici pensieri disonesti sono anche proibiti da questo Precetto, e son peccati quando la volontà vi prende parte. La nostra volontà pecca nel prender parte a questi pensieri, quando vi ci trattenghiamo volontariamente, quando vi acconsentiamo, quando la passione ci fa prendervi piacere, quando siamo negligenti a prevenirli, o quando accorgendocene, non procuriamo di respingerli; e questo appunto condanna quei Cristiani i quali si astengono di commettere il male per certe considerazioni umane, ed abbandonano i loro cuori ad ogni sorta di contaminazioni e di corruzioni: sepolcri imbiancati i quali, sotto un'apparenza esternamente bellissima, non racchiudono che bruttezze ed impurità.

I cattivi pensieri son proibiti, allorché son volontarii, perchè, come abbiamo già detto, non son peccati solamente le nostre azioni in loro stesse, ma il consenso altresì della volontà a queste azioni, quando la legge di Dio ce le vieta; or dunque i cattivi pensieri, quando son volontarii, sono un consenso della volontà; per conseguenza son peccati. D'altronde, siccome Iddio ha diritto di proibirci di amar certe cose, perchè ha sui nostri cuori una suprema autorità, così ha diritto eziandio di proibirci certi pensieri, essendo egualmente il padrone de' nostri spiriti; e perciò egli non punisce soltanto le azioni esterne, ma ancora i cattivi pensieri, quando son volontarii, e quando vi ci tratteniamo con compiacenza. E fino a quando, dic'egli, per bocca del profeta Geremia [12], i cattivi pensieri resteranno nel vostro cuore? Usquequo morabuntur in te cogitationes noxiae? Sino a quando avrete voi sì poco scrupolo di tutto ciò che avviene nel secreto del vostro cuore, quando non si manifesta esternamente per mezzo di disordini infami e scandalosi? Ignorate voi forse che i pensieri colpevoli separano da Dio, e che gli sono in abbominio? Perversae cogitationes, dice il Savio [13] separant a Deo . . . . . abominatio Domini cogitationes malae. Ecco quel che si deve giudicare de' pensieri disonesti quando la volontà vi prende parte.

Ma se i cattivi pensieri non son volontarii; se, lungi dall'esserci gradevoli, ci dispiacciono, ci aflliggono; se la volontà ricusa loro il suo consentimento; si fan degli sforzi per allontanarli dalla immaginazione, in questo caso, anzichè esser peccati agli occhi di Dio, sono al contrario occasioni e motivi di un gran merito, perchè non v'è peccato ove non ci è volontà. Allora, questi pensieri, per quanto siano importuni, non son mica peccati. Le anime che amano la purità, e che temono sempre di macchiarla, vorrebbero non esser neppure assalite dal demonio della impurità: Noi vorremmo, dice S. Agostino, non risentire alcun combattimento per parte della concupiscenza; ma ciò non può ottenersi. La purità non consiste a non esser tentato; ma sì bene a star saldo, e a resistere coraggiosamente a tutte le tentazioni che proviamo per parte della cupidigia. Quando S. Paolo parla della cupidigia, non dice che non stia in noi, ma che non regni in noi. Che stia in noi, ciò non ci rende colpevoli; lo diventiamo però quando regna in noi, e ciò avviene allorchè siamo ubbidienti ai suoi smodati desiderii: Il peccato non regni nel vostro corpo mortale, dice questo Apostolo [14], in modo che siate ubbidienti ai suoi smodati desiderii. S. Giacomo parla lo stesso linguaggio[15]: «Felice l'uomo che soffre la tentazione, perchè, quando la sua virtù sarà stata provata, riceverà la corona di vita che Iddio ha promessa a chi lo ama! Niuno, quando è tentato, ardisca dire che è Iddio che lo tenta; imperciocchè Iddio è incapace di tentare e d'indurre alcuno al male. Ma ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza, che lo trasporta e lo attira nel male; e quindi quando la concupiscenza ha concepito, vale a dire, che ha ottenuto qualche consentimento dalla volontà, partorisce il peccato, e questo essendo compiuto genera la morte.»

Del resto, quando si è attualmente tentato da certi impuri pensieri, ecco i mezzi che impiegar devonsi per non succumbere alla tentazione. 1°. Bisogna rigettare prontamente questi pensieri senza fermarvisi un istante; e se continuano e si ostinano a ritornare, bisogna disprezzarli e non inquietarsene. 2.° Bisogna aver ricorso alla preghiere, con una gran diffidenza di se stesso e con una gran fiducia in Dio: «Vigilate e pregate, dice G. C. [16], affinchè non entriate in tentazione,» cioè a dire, affinchè non vi succumbiate. 3.° Pensare a Dio il quale vede tutto sino ai moti, ai desiderii ed ai più segreti pensieri de' nostri cuori: Scrutans corda et renes Deus [17]. 4.° Occuparsi delle verità della Fede, le quali devono distoglierci dal male e sostenerci nel bene, ma principalmente dei quattro ultimi fini dell'uomo: «In tutte le vostre opere ricordatevi de' vostri ultimi fini, dice lo Spirito Santo [18], e non peccherete giammai.» [Eccl. VII. 40. «In omnibus operibus tuis memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis.» I quattro novissimi sono: morte, giudizio, inferno, paradiso. N.d.R.] Finalmente, meditare sulla morte e Passione di Nostro Signor Gesù Cristo.

Si pecca contro la purità quando si leggano cattivi libri, libri osceni, i quali tendono a dar nuove forze alla cupidigia che già è pur troppo infiammata. Legger questi libri, è lo stesso che versar olio nel fuoco; è lo stesso, secondo la espressione di S. Girolamo [19], che mettere un serpente nel proprio seno, che andare in cerca del periglio, correre in conseguenza alla sua perdita. Guai a chi li legge! a chi li consiglia! à chi li vende! a chi li presta! a chi li conserva! Guai al nostro secolo che gli ha prodotti! ecco perchè i santi Concilii han sempre vietata la lettura di questa sorta di libri.

Ecco ciò che ne han detto i Padri che il Concilio di Trento avea scelti, per annunziarci quali sono i libri, la di cui lettura è interdetta, perchè perniciosa [20]: «I libri che contengono, che raccontano o che insegnano cose lascive ed impure, devono essere assolutamente proibiti, perchè non si deve invigilar solamente sulla Fede; ma anche su i costumi che possono essere facilmente corrotti da tali letture.

Il secondo Concilio di Nicea [21] ha detto che si deve pronunziare lo stesso giudizio de' libri e delle pitture. La pittura, secondo questo Concilio, è nociva allorchè se ne fa uso per rappresentare figure disoneste: lo stesso è dei libri; devono esser rigettati come pericolosissimi quelli che trattano d'istorie o di azioni indecenti.

Quando si posseggon questi libri, non bisogna persuadersi che sia permesso di venderli o di trarne qualche profitto. Ancorchè si fossero comprati, ciò non autorizzerebbe a cercare i mezzi di ritrarne il proprio denaro. Non si deve in questa occasione pretendere di usar risparmio. Il fuoco solo può purificare ciò che è solo capace di accendere il fuoco della cupidigia. Gli Apostoli non han badato a risparmio [22] riguardo a quelli che facean traffico di libri empi. Benchè ve ne fossero per una somma considerevolissima, han voluto che fosser tutti bruciati, e quelli a cui s'impose questa legge non si dolsero di una perdita sì grande. [Act. XIX. 19.: «Multi autem ex eis, qui fuerant curiosa sectati, contulerunt libros, et combusserunt coram omnibus: et computatis pretiis illorum, invenerunt pecuniam denariorum quinquaginta millium.» — «E molti di quelli, che erano andati dietro a cose vane, portarono a furia i libri, e li bruciarono in presenza di tutti: e calcolato il valore di essi, trovaron la somma di cinquanta mila denari.» N.d.R.]

Per convincersi che i discorsi e le canzoni disoneste sian vietati ai Cristiani basta leggere l'Epistole di S. Paolo. Scrivendo ai Corinzii, ei dice loro [23]: Non vi lasciate sedurre; i cattivi discorsi corrompono i buoni costumi: Nolite seduci, corrumpunt bonos mores colloquia prava. E ai Colossensi [24]: Le parole disoneste sien bandite dalla vostra bocca: Deponite turpem sermonem de ore vestro. Ed agli Efesi [25]: «Nessun cattivo discorso esca dalla vostra bocca; ma profferitene solo de' buoni, che servano alla edificazion dela Fede, affinchè ispirino 1a pietà a chi gli ascolta.» E di più [26]: «Non si sentano neppur nominare tra voi parole disoneste, nè folli, ne facete, ciò che non conviene alla vostra vocazione, ma piuttosto parole di ringraziamenti.» L'Apostolo non potea dichiararsi più espressamente contro i discorsi disonesti, come lo fa in tutti questi passi che abbiam riferiti; donde risulta che questi discorsi sono colpevoli e non possono esser mai scusati.

Ma, dicono i falsi burlieri, che ne fanno uso sì spesso, noi non intendiamo far male, non vi prendiamo piacere, non abbiamo neppure il menomo cattivo pensiero. Niuno vi seduca, dice 1'Apostolo: Nemo vos seducat. La lingua è il turcimanno [= traduttore. N.d.R.] e l'interprete dello spirito, ed è dall'abbondanza del cuore che parla la bocca, come lo assicura G. C. [27]: Ex abundantia cordis os loquitur. Se dunque le parole disoneste sono nella vostra bocca, bisogna necessariamente che siano anche nel vostro cuore. Ditemi: quando un insopportabil fetore esce da un sepolcro aperto, si può mai dire che non vi siano corpi morti o cadaveri? Quando un nero e denso fumo sorte da un cammino, [= camino. N.d.R.] si può mai pensare che non vi sia fuoco? Non si sentono uscire dalla vostra bocca che parole sporche, che discorsi osceni, che canzoni disoneste, e pretendete farci credere che la vostra immaginazione non è lordata, che il vostro cuore non è corrotto? Errore, errore: la bocca parla dall'abbondanza del cuore; un Cristiano casto profferisce parole caste, ed un impudico ne profferisce impudiche: Ex abundantia cordis os loquitur.

Ma voi non pensate punto al male; ed ancorchè ciò fosse vero, chi vi ha detto che quelli che vi ascoltano, non ci pensin neppure? E se ci pensano, se ne commettono a causa de' vostri cattivi discorsi, chi n'è mai la cagione, e a chi deve essere la colpa imputata? Se quel tale che non pensava al peccato, eccitato da un discorso impudico, prende la funesta risoluzione di abbandonarvisi, e cade tantosto da abisso in abisso: tutt'i delitti in cui va ad immergersi, saran giustamente imputati a colui, dal quale è venuto lo scandalo: Vae homini illi per quem scandalum venit! [28] [Matth. XVIII, 7.: «Guai all'uomo, per colpa del quale viene lo scandalo.» N.d.R.]

Che se finalmente vi scusate perchè i discorsi che voi tenete non sono apertamente disonesti, ma equivoci, cioè, parole coperte, ambigue, a doppio senso; questa è un'altra illusione, anzi delle più triviali: Nemo vos seducat; è come se diceste: Io ho dato il veleno ad uno, ma era stemperato in un brodo, o mescolato in una focaccia. In tal guisa il veleno si è renduto molto più pericoloso; avvegnacchè se glielo aveste dato solo e senza alcuna mescolanza, la persona se ne sarebbe subito accorta e lo avrebbe rigettato invece di trangugiarlo, come ha fatto. L'applicazione è facile a farsi. Quando una parola offende apertamente il pudore, le anime caste l'hanno in orrore e la bandiscono all'istante dalla loro immaginazione; ma quando è involta e coperta da un maligno equivoco, non se ne concepisce diffidenza sì presto; al contrario si prende diletto a considerarla, si fa attenzione alla arguzia che ne copre la laidezza. Da ciò accade che la immaginazione si lorda, che lo spirito si riempie di pensieri disonesti, e che le passioni si risvegliano e fanno spaventevoli ruine.

Siccome la lingua è bruttata dai discorsi disonesti, così lo sono egualmente le orecchie quando si ascoltano questi volontariamente e con qualche compiacimento, e la castità è oscurata tutte le volte che si sentono discorsi che le son contrarii. Ecco gli obblighi dei Cristiani a questo proposito, e guai a tutti coloro che non gli adempiono! Quando si pronunziano in vostra presenza discorsi opposti alla purità, se avete qualche autorità o superiorità su di quelli che li tengono, servitevi di tutto il potere che Iddio vi ha dato per impedirli; non facendolo voi partecipate al loro peccato. Sono i vostri figliuoli, i vostri domestici, gli operai impiegati ne' vostri lavori? riprendeteli severamente, ed imponete loro silenzio. Se hanno l'ardire di ricadere nello stesso errore, malgrado il vostro divieto, parlate loro con maggior forza. Perseguitate la iniquità con tutto lo zelo che la Religione deve ispirarvi; non risparmiate nè le rimostranze, nè le minacce, nè gli avvertimenti, nè i castighi, è la causa di Dio che difendete. Se non avete veruna autorità su quegli uomini arditi? i quali si sdegnano e spesso fanno maggior male quando sono avvertiti, gemete almeno in voi stessi; e dimostrate a Dio il sincero rammarico che avete delle ingiurie che gli son fatte, se volete che non vi siano imputate. Allora praticar dovete il consiglio che vi dà il Savio [29]: Turate le orecchie con delle spine, e non ascoltate la lingua malvagia. Davidde dice nello stesso senso [30]: Per me, io non gli ascoltava più di quello che senta un sordo.

Le donzelle sono più esposte di ogni altro a sentire questi discorsi. Quando vi danno causa con la loro sfrontatezza, col loro contegno traviato, quando non sono nè circospette nè modeste abbastanza, sono colpevolissime. Ve n'ha di quelle che con la loro sola modestia, e con l'amor della purità impresso sul loro volto, impongon silenzio ai più arditi. Che se ciò non dipende da loro, devono almeno dimostrare il più vivo orrore di ogni peccaminosa proposizione. Se poi trovansi di quei libertini tanto audaci, che non si contentano di pronunziar parole, ma giungon per fino ad azioni indecenti, allora una casta donzella dimostrar deve, che ha il coraggio di un leone, e non farà al certo cosa indegna di lei, se in una coraggiosa difesa farà conoscere a quei temerarii i contrassegni del suo giustissimo sdegno. Dal fin qui detto risulta che non sarà sempre colpa il sentire licenziosi discorsi, quando si usano le giuste precauzioni che ho descritte; e che al contrario è colpa gravissima il favorirli, l'ascoltarli con piacere, il riderne, l'applaudir coloro che li profferiscono, o eccitarli col proprio consentimento e col gusto che vi si prende.

Astenetevi dunque perfettamente da ogni lettura, da ogni canzone, e da ogni discorso disonesto o equivoco. Non si sentan mai uscire dalla vostra bocca tali parole; badate di non applaudir mai a coloro che hanno l'infortunio di farsene un divertimento, un abito. Fuggite tutto ciò che può portarvi al vizio: Fugite. Non vi contentate di fuggire, diffidate di voi stessi; non vi dilettate a ragionare co' cattivi pensieri; ricorrete alla preghiera nel tempo della tentazione, persuasi che nessuno può esser casto se Dio non glie ne conferisce la grazia. Se siete fedeli a queste pratiche, il Signore vi accorderà il dono della continenza, e la felicità di seguire l'Agnello immacolato fino nel soggiorno della sua gloria. Amen.

NOTE:

[1] Eph. 5. v. 3.

[2] Vedi il Discorso L. Tom. III. pag. 249.

[3] Lib. 2. delle Quest. sull'Esod. q. 71.

[4] Deut. 23. v. 17.

[5] Ibid. 22. v. 22.

[6] Ibid. 20. et 21.

[7] Matth. 5. v. 27.

[8] Eph. 5. v. 5.

[9] 1. Cor. 6. v. 9.

[10] Part. 3. de Praec. 6. n. 7, 8.

[11] Ep. 62. ad Anton.

[12] Jerem. 4, v. 14

[13] Sap. 1. v. 3. Prov. 15. v. 26.

[14] Rom. 6, v. 12.

[15] Jacob. 1. v. 12.

[16] Matth. 26. v. 41.

[17] Ps. 7. v. 10.

[18] Eccl. 7. v. 40.

[19] Adv. Vigil.

[20] Regola Settima.

[21] Act. 6.

[22] Act. 19. v. 19.

[23] I. Cor. 15 v. 33.

[24] Coloss. 3. v. 8.

[25] Eph. 4. v. 29.

[26] Ph. 5. v. 4.

[27] Luc. 6. v. 45.

[28] Matth. 18. v. 7

[29] Eccl. 28. v. 28.

[30] Ps. 37, v. 14.

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Abbé Joseph-François Du Clot de la Vorze (1745-1821)

Arciprete e Parroco della diocesi di Ginevra
Da: Esposizione istorica, dommatica e morale di tutta la dottrina cristiana e cattolica, I traduz. ital., vol. V, Napoli 1827 pag. 79-93.
DISCORSO XCIII.

CONTINUAZIONE DEI PECCATI CONTRARI ALLA PURITÀ.

Qui desperantes semetipsos tradiderunt impudicitiae in operationem omnis immunditiae.
Eglino si sono immersi nella lordura con insaziabile ardore, perchè han perduto ogni rimorso pel passato, ed ogni sentimento per l'avvenire.

Il peccato che ha sì ignominiosamente macchiato i falsi sapienti del Paganesimo, e i sedicenti filosofi di tutt'i secoli, non è solamente un peccato come gli altri; è il compendio di tutt'i peccati, è il peccato istesso. Chi potrebbe far mai conoscere tutt'i peccati che esso racchiude? Non solo, come abbiamo osservato nella istruzione precedente, peccati di pensieri, peccati di desiderii, peccati di parole, ma peccati eziandio di sguardi, peccati di azioni, peccati di tutt'i sensi. Colui che è dedito a questo peccato fa ad esso servire e tutto quel che ha, e tutto quel che è: il suo spirito e il suo cuore, i suoi occhi e le sue orecchie, la sua anima e il suo corpo; e ciò che v'ha di più deplorabile, si è che lo spirito, diventato schiavo del corpo, non tarda a scuotere il giogo della Fede: Ubi quis coepit luxuriari, incipit deviare a vera Fide, dice S. Ambrogio [1]; e non scappi fuori un libertino con dirci: se io sono incredulo, è per convincimento, e non già per debolezza; imperciocchè se ciò fosse, per qual ragione non si è formate delle chimere, se non, dopo aver contratti certi legami? Perchè non ha egli detto che tutto finiva col corpo, se non dopo che ha renduto questo corpo abbominevole ed infame? Accade spesso, dice s. Agostino, che si passa dalla impurità all'ateismo, ma non mai dall'ateismo alla impurità, perchè lo spirito non si corrompe mai in un Cristiano, che non sia stato prima corrotto il corpo; ma quando ha egli violato il tempio dello Spirito Santo lordando il suo corpo, essendo divenuto tutto sensuale, tutto terrestre, non ha più gusto, non ha più lume, non ha più intelligenza per una Religione tutta pura e Santa; vi è una distanza sì enorme tra 'l Dio che gli si propone, e lo stato in cui si trova, ch'ei non esita a rigettar questo Dio che lo condanna, e a chiuder gli occhi sulle conseguenze spaventevoli della sua orribile disperazione: Qui desperantes tradiderunt semetipsos impudicitiae. Ecco l'evidenza che la vince presso l'incredulo, sulla invincibile chiarezza di tutte le prove della Religione Cristiana; ecco i savii del secolo, uomini tutti immersi nei sensi, la di cui scienza è la più ignominiosa dissolutezza, e che non hanno per padrone e per garante che l'infamia e la corruzione.

Imparate da ciò a detestare e a temere un vizio che degrada l'uomo sino al punto di precipitarlo nelle più orribili empietà, e che è la cagion più generale della dannazione dei figliuoli di Adamo. Abbiamo già parlato dei peccati che questo vizio fa commettere per mezzo dei pensieri, de' desiderii, delle parole; debbo oggi parlarvi di quelle azioni vergognose, che S. Paolo vieta ai Cristiani di nominare. Spero di farlo con tanta prudenza, che possa istruirvi senza ferire ne offendere le orecchie caste.

Il peccato di impurità si commette tanto per mezzo dei sensi, quanto per mezzo delle potenze dell'anima; perciò se vuole l'uomo preservarsi da questo delitto, bisogna ritener tutt'i sensi sotto una esatta disciplina; e siccome la vista è il più vivo, il più sollecito di tutti i sensi, è quello che è più difficile di arrestare, così la vista appunto è più importante di frenare. In primo luogo non si può dubitare che un solo sguardo non sia colpevole, anzi un grave peccato, dopo la parola del Salvatore: Chiunque guarda una donna  [2] con un desiderio maligno, ha già commesso l'adulterio nel suo cuore. G. C., come insegna S. Giovan Grisostomo [3], condanna due cose con queste parole: i desiderii maligni, e la vista degli oggetti che possono eccitarli.

Per bene intendere questa dottrina del Salvatore, bisogna distinguere molte specie di sguardi. Vi son certi sguardi di civiltà, di convenienza, di necessità, che sono accompagnati da una severa modestia. Vi son certi sguardi impreveduti, che si ha cura di arrestare appena si conosce che potrebbero essere pericolosi. G. C. non ha preteso di condannare come colpevoli questi sguardi; ma vi son certi sguardi ricercati, curiosi, affettati, che si fanno per contentare gli occhi, e questi son sempre colpevoli, perchè chi guarda in tal guisa si espone al pericolo di accendere in se stesso una fiamma impura; ancorchè gli sguardi non fossero seguiti da alcun desiderio colpevole, non lascerebbero di essere inescusabili, perchè si viene ad esporsi volontariamente al pericolo di peccare: Voi resisterete forse, dice il Grisostomo, una o due volte alle cattive impressioni che sono una conseguenza ordinaria degli sguardi pericolosi; ma se vi abbandonate spesso a questi sguardi, il fuoco malvagio si accenderà tosto nel vostro cuore. Siccome dunque, quando vediamo un fanciullo prendere un coltello, benchè non siasi ferito, non lasciamo di castigarlo, e di proibirgli di toccarlo in avvenire; così Iddio ci vieta gli sguardi indiscreti, anche prima di peccare, affinchè viviamo in una saggia precauzione che ci garantisca dal peccato.

Quanto è costato a Davide l'aver gettato uno sguardo! Di quai funesti delitti è stato l'origine questo sguardo? Lo ha reso colpevole di due delitti i più enormi, l'adulterio e l'omicidio, che han quindi fatto spargere tante lagrime a questo Re penitente. Chi potrebbe esprimere quanto fu funesta a Sichem la vista di Dina, figlia di Giacobbe; quanto la vista de' Moabiti fu perniciosa agl'Israeliti? E chi può, senza tremare, pensare alla terribil vendetta che Dio ha esercitata contro un sì gran numero di colpevoli? Ma se gli sguardi son pericolosi cotanto, che dobbiam noi pensare delle donne e delle donzelle, che vi dan causa, e che congiurano, per dir così, col demonio per accendere il fuoco della impurità? le donzelle traviate, immodeste, libere, che si comunicano facilmente, sono colpevoli di questo peccato. Sono ancora più ree quando aggiungono gli aggiustamenti col fine di far rilucere maggiormente la loro bellezza, di piacere agli uomini, e di cattivarsi il loro cuore. L'appannaggio di una Cristiana è la modestia. «Non fate consistere il vostro ornamento, dice S. Pietro [4], nell'abbellirvi esternamente, ma sì ben nell'abbellire l'uomo interiore, celato nel cuore, per mezzo della purità incorruttibile di uno spirito pieno di dolcezza e di pace, essendo ciò un ricco e magnifico ornamento agli occhi di Dio.» Il Signore, nel suo Profeta Isaia, come dice che tratterà le figliuole di Sion a cagione della loro immodestia? Che cosa mai diverranno i loro vani ed inutili ornamenti? Il quadro affliggente che ne fa il Profeta [5], la maniera con cui Iddio si vendicherà di esse, son purtroppo bastanti per disingannar quelle che si lascian sedurre dalle loro pericolose attrattive, e per fare aver loro in orrore la propria immodestia.

Io non entrerò a descrivervi minutamente gli altri peccati di azioni che commettonsi contro la purità. Una tale enumerazione non conviene nè alla santità di questo luogo, nè alla dignità della parola evangelica. Sono d'altronde delitti sì enormi che fanno orrore a tutte le persone che han qualche timore di Dio. Debbo soltanto non lasciarvi ignorare che i semplici baci che si danno o si ricevono, quando non si fa ciò per motivo di una onesta amicizia, o di civiltà, son sempre peccati mortali, ancorchè non si avesse alcun disegno di cader nel delitto, come lo ha deciso il papa Alessandro VII. [6]. Oimè! i mondani tengono tutto ciò per bagattella: il loro acciecamento fa lor considerare i più gravi delitti come peccati leggieri, peccati di debolezza, di fragilità; frattanto è fuor di dubbio che ogni impurità è un peccato gravissimo. Questo vizio è tanto più enorme, in quanto che non ricade su di oggetti estranei; ma nel commetterlo si lorda se stesso. Gli altri delitti hanno il loro oggetto fuori dell'uomo, dice S. Paolo [7]; ma chiunque si abbandona alla incontinenza, pecca contro le sue proprie membra; viola la santità del suo corpo quando ne fa un uso abbominevole: perciò non v'ha peccato più ignominioso, e che sia seguito da maggior confusione. Questo è il peccato che ha oscurato gli allori dei conquistatori, e coperto d'ignominia la gloria de' più grandi uomini. Salomone istesso, il più savio degli uomini, si è disonorato mediante questo vizio vergognoso, e tutto lo splendore del suo nome si è ecclissato sotto le nuvole della incontinenza [8]: Dedisti maculam in gloria tua . . . inclinasti femora tua mulieribus. [«Contaminasti la tua gloria ... ti soggettasti alle donne». N.d.R.]

S. Paolo non si limita a considerare l'impudico in se stesso, e per la ignominia che imprime sulla propria sua fronte, ce lo fa riguardare relativamente a Dio di cui è l'immagine: «Ignorate voi forse, dic'egli [9], che le vostre membra sono quelle di G. C.? Come dunque potrò io risolvermi a prender le membra santificate da questa augusta alleanza, per farle diventar quelle di una prostituta?» Il Creatore non ha egli formato l'uomo a sua somiglianza? La nostra carne non è stata nobilitata per mezzo della Incarnazione del Figliuolo di Dio? I nostri corpi non sono stati santificati mediante le unzioni del Battesimo e della Cresima, incorporati con G. C. nella Eucaristia? Non hanno essi diritto alla risurrezione, dopo una sì santa alleanza? Finalmente non sono essi tempii viventi dello Spirito Santo: An nescitis quoniam membra vestra templum sunt Spiritus Sancti? [10] Non è egli dunque della più grave importanza che portiamo con rispetto questo ospite eccellente glorificandolo nel nostro corpo che si degna onorare della sua divina presenza? Empti enim estis pretio magno. Glorificate et portate Deum in corpore vestro [11]. Ricordatevi dunque, aggiunge S. Paolo, che questa carne non vi appartiene: Et non estis vestri. Voi siete il possesso di colui che vi ha redenti; se dunque disponete del vostro corpo ad arbitrio della natura corrotta, violate la santità di questo tempio augusto, ne discacciate lo spirito Santo, per farvi regnare in sua vece lo spirito immondo.

S. Agostino riunendo questi grandi principii, ci fa sentire in conseguenza la gravezza di ogni impurità. «Come! dice questo Padre [12], voi non osate commettere una indecenza nella vostra casa terrestre, e non temete di lordar quella dell'Altissimo, per mezzo delle voluttà carnali!»

L'incontinenza adunque è un grandissimo disordine, essa attenta alla integrità di una cosa così santa come il nostro corpo, che appartiene a Dio per tanti titoli. Non è da dubitarsi che un tal vizio non sia il primo tra gli altri: Nessun degli altri peccati capitali lo eguaglia in enormità, dice S. Isidoro [13]: Inter septem vitia fornicatio maximum est scelus, quia per carnis immunditiam templum Dei violat.

Perciò tutt'i Teologi convengono che in materia d'impurità non v'ha cosa che sia leggiera, cosa che sia solamente peccato veniale. In un vizio così vergognoso tutto è peccato mortale: un discorso troppo libero, una canzone disonesta, una lettura pericolosa, uno sguardo indiscreto, un semplice bacio, che dico io mai? un solo pensiere quando è volontario, un semplice desiderio senza che si venga al fatto, tutto è peccato mortale, allorchè un vi si ferma con pieno consentimento. Negli altri peccati, la leggerezza della materia ed altre circostanze diminuiscono la colpa, vi sono piccioli furti, piccole menzogne, piccioli trasporti di collera; ma non vi son mica picciole impurità, quantunque ve ne siano alcune più enormi delle altre, perchè tutte sono proibite sotto pena di dannazione eterna. Sentiamo che ne dice il savio [14]: «Se alcuno spinto dalla fame, ruba l'alimento di cui ha bisogno per sostenersi, la colpa non è molto grave; ma se un uomo sollecitato dagli stimoli della concupiscenza ha la sciagura di succumbere, non può dubitarsi della enormità del suo delitto, ed è certo che ha dato la morte all'anima sua»: Non grandis est culpa, cum quis furatus fuerit; furatur enim ut esurientem impleat animam. Qui autem adulter est, propter cordis inopiam perdet animam suam. Questo testo prova la enormità della incontinenza, poichè anche quando si è violentemente tentati, non si lascia, nell'abbandonarvisi, d'incorrere la disgrazia di Dio. Egli fa sentire che un tal peccato non può essere scusato da veruna circostanza; e qualunque rischio si corra non è mai permesso di commetterlo ancorchè si trattasse di salvar la propria vita.

La prova che quei che lo commettono, vi riconoscono eglino stessi un male maggiore che in tutti gli altri peccati, si è che hanno maggior vergogna ad accusarsene, che non l'hanno per qualunque altro, e che arrossiscono altresì di averne avuto il desiderio, anche quando non lo hanno eseguito. La natura non ispira loro questa vergogna se non perchè il delitto è più grave. «Se il male è così leggero, come pretendete, diceva S. Agostino, perchè vi nascondete voi dunque per farlo? Perchè arrossite tosto che siete stato veduto? Perchè temer tanto gli uomini, se siete sì poco colpevole innanzi a Dio?» Quindi tutt'i Teologi provano che in questo vergognoso peccato tutto è grave, quando è volontario, e che non v'è alcuna colpa che sia soltanto veniale.

Le cose che conducono ai peccati contrarii alla purità, sono le danze, l'ozio, l'intemperanza, la vanità, l'immodestia e la familiarità con le persone di diverso sesso.

Io toccherò di leggieri alcune delle cause più ordinarie della impurità; ed in primo luogo, che non potrei io dire delle danze tanto fatali ai buoni costumi, e che si ha la compiacenza di vantarcele come esenti da ogni pericolo per la virtù? 1.° Non si può dubitare che non siano viziose nella loro origine; esse son nate nel Paganesimo. Una moltitudine di uomini e donne riscaldati dal lauto trattamento e dal vino si abbandonavano a dei trasporti, cantando inni in onore delle loro false divinità. Gli Egiziani arricchirono il culto del loro Dio Api, di questo esercizio dettato dalla follia della ubbriachezza, e condito con le attrattive della voluttà. Perciò gli Ebrei che erano stati lungo tempo in Egitto, non mancarono di abbandonarsi a licenziose danze intorno al vitello d'oro del quale formarono la loro divinità [15]: Surrexerunt ludere.

2.° L'effetto naturale della danza è di provocare alla impurità. Ovunque regna la danza, non dubitate, dice il Grisostomo [16], che non s'incontri anche il demonio per sedurre le persone che vi si trovano. Il savio proibisce di frequentare le ballerine [17], le di cui grazie son micidiali per quelli che le guardano: Cum saltatrice ne assiduus sis, nec audias illam, ne forte pereas in efficacia illius. Sara, la figlia di Raguel, faceasi un merito innanzi a Dio [18] di non essersi mescolata con le donne che ballano: Nunquam cum ludentibus miscui me.

La morte di S. Gio. Battista dovrebbe bastare per ispirare ad ogni Cristiano un salutare orrore per la danza, e non si dica che da questo esempio non se ne debba trarre conseguenza. Convengo con S. Giovanni Grisostomo [19], che le uccisioni son rare nelle danze; ma quanti omicidii spirituali vi si commettono, dice questo Padre! quante anime vi perdon la vita! Si fa morire la castità in quei circoli di lubricità cui il demonio presiede; essa è schiacciata sotto i piedi de' ballerini di ambi i sessi. E chi potrebbe, infatti, persuadersi che una moltitudine di persone di diverso sesso, i quali par che abbiano obbliato ogni pudore ed ogni verecondia, non produrrà la menoma impressione sullo spirito; che non si proverà la tentazion più leggiera in quelle assemblee di allegria e di piacere, ove tutto concorre a sollevar le passioni, ove un gran numero d'incantevoli oggetti che uniscono alle grazie naturali l'artifizio del più brillante adornamento, ove l'agitazione lasciva che si permette nel ballo, la libertà che regna nelle canzoni e ne' discorsi, l'armonia degl'istrumenti, la petulanza e la sfrontatezza delle ballerine, ove tutto infine tende insidie alla innocenza? E che, i più grandi penitenti che si ritiravano in orribili solitudini per occuparsi interamente di Dio, non sono stati esenti dagli stimoli della carne, e voi in mezzo a tante occasioni, non vi siete macchiati?

S. Girolamo, questo Santo sì caro a Dio, e che si affaticava tanto per esser casto, tremava in mezzo ai deserti, e voi non tremate affatto in mezzo a tutto ciò che può corrompervi e sedurvi? Temete almeno le maledizioni scagliate dal Signore in Isaia [20], contro il ballo delle figlie di Sion, e contro la vanità dei loro adornamenti. Elleno son minacciate, insiem col popolo che le ha seguite in questo diabolico esercizio, di tutte le sciagure che la guerra e la schiavitù sogliono ordinariamente produrre; elleno diverranno la preda e lo scherno del vincitore: Pro eo quod elevatae sunt filiae Sion . . . . . Ambulabant pedibus suis, et composito gradu incedebant, decalvabit Dominus verticem filiarum Sion. [Is. III, 16-17.: «Et dixit Dominus: Pro eo quod elevatae sunt filiae Sion, et ambulaverunt extento collo, et nutibus oculorum ibant, et plaudebant, ambulabant pedibus suis, et composito gradu incedebant: Decalvabit Dominus verticem filiarum Sion, et Dominus crinem earum nudabit. — E il Signore ha detto: dapoichè le figliuole di Sion si sono inalberate, e passeggiano col collo interato [= rigido N.d.R.], e sen vanno ammiccando coi loro occhi, e si pavoneggiano, e tripudiano andando loro piedi, e a passi studiati camminano; Toserà il Signore la testa delle figliuole di Sion, e il Signore le spoglierà di capelli.» Mons. Antonio Martini spiega: «Vers. 16. Dapoichè le figliuole di Sion. ec. Viene adesso a portare un'altra ragione della rovina della repubblica, la vanità e il lusso delle donne. Ed è cosa degna di molta riflessione il vedere come il Profeta, anzi lo stesso divino Spirito va spiegando a parte a parte ciò, che spetta al lusso donnesco, e colle severe minaccie, che aggiunge, dimostra quanto a Dio dispiacciano anche certi ornamenti, i quali forse si crederanno talora o scusabili, ed anche del tutto innocenti. Ma Dio non s'inganna, ed egli vede in primo luogo da qual principio procede l'attaccamento smodato a tante superfluità, perchè egli vede il cuore di chi le adopra; in secondo luogo egli pur vede gli effetti, che nelle donne medesime e negli uomini posson produrre, e di quanti mali per le famiglie sia la sorgente questa vanità, e in quali disordini sia ella capace di precipitare il debil sesso, che si lasci dominare da questa passione. Vers. 17. Toserà il Signore la testa ec. Quando saranno messe in ischiavitù, secondo l'ordine di Dio, saranno tosate come le schiave. Vedi Deuter. XXI. 12. XXXII. 42., perchè una parte di lor superbia erano i loro capelli.» N.d.R.]

Una seconda cagione della impurità è la vanità e l'orgoglio. È lungo tempo che una fatale esperienza ci ha insegnato che gli adornamenti, i quali non son dapprima se non l'esca del peccato, ne divengono tosto il prezzo. È lungo tempo che i Santi ci han detto che dalla vanità alla iniquità non v'ha che un sol passo. È lungo tempo che i Padri della Chiesa ci hanno insegnato a considerare quell'apparecchio ricercato, quelle maniere indecenti di vestirsi, quegli ornamenti superflui che sono spesso superiori al proprio stato, come indizii sicuri di una castità perduta, o di una innocenza
che cerca di perdersi.

Una terza cagione sono l'ozio, la vita molle, i giuochi, e gli sregolati divertimenti. Accade ben di rado che si preservino dalla impurità coloro i quali non fanno altro, tutt'i giorni, che mangiare e bere, giuocare, far visite o riceverne. Fu appunto l'ozio, fonte di tutti gli altri mali, che, al dir del Profeta Ezechiello [21], trascinò gli abitanti di Sodoma in quegli abbominevoli delitti che attiraron su di loro il fuoco vendicatore del Cielo: Haec fuit iniquitas Sodomae, superbia . . . . . otium ipsius. Nè ci rechi ciò meraviglia, imperocchè il demonio, sempre vigilante per sorprenderci, non manca mai di assalirci nel momenti in cui si persuade che siamo più deboli, e meno in istato di resistergli; perciò cerca l'occasione di trovarci oziosi per indurci al peccato: bisogna dunque far sempre qualche cosa, affinchè essendo continuamente occupati, possiamo evitar le sorprese e gli assalti del tentatore: Facito aliquid operis, dice S. Girolamo [22], ut te semper diabolus inveniat occupatum.

Un'altra cagione della impurità è la intemperanza nel bere e nel mangiare. La impurità senza la ghiottoneria è un mostro, dice Tertulliano [23]: Monstrum libido sine gula, vale a dire, che è ben difficile che quei che amano il vino ed il buon pasto siano casti; perciò è legittima questa conseguenza: Quell'uomo è ubbriaco, dunque è impudico. S. Girolamo chiama [24] la dissolutezza del bere e del mangiare, il seminario della impurità. È noto per troppo che non v''ha cosa che provochi tanto alla incontinenza, quanto il vino e tutto ciò che inebria [25]: Luxuriosa res vinum. Non vi lasciate dunque trasportare agli eccessi del vino, dice S. Paolo [26]; giacchè ivi trovansi le dissolutezze e le impurità: Nolite inebriari vino in quo est luxuria.

Finalmente, le conversazioni familiari con persone di vario sesso sono la cagion più comune della impurità. Il discorso delle donne, dice il Savio [27], brucia come un fuoco: Colloquium illius quasi ignis exardescit.

Egli ci dà altrove questo salutare consiglio [28]: «Non vi fate vincere dagli artifizii della donna. Le labbra della prostituta sono come il favo del miele; ma il fine è amaro come l'assenzio, e penetrante come una spada a due tagli.»

Tutte queste parole del Savio meritano di esser considerate attentamente. Egli non nega che queste familiarità e queste conversazioni sian piene di dolcezza; confessa che in ciò sono eguali al favo del miele; ma rappresenta la conseguenza di questi sì dolci commerci: Il fine è amaro come l'assenzio, e penetrante come una spada a due tagli, affin d'impegnare a fuggir l'occasione, e a separarsi da tutti gli oggetti che infiammar possono la cupidigia.

Per conversazioni familiari con persone di un sesso diverso, si deve soprattutto intendere quelle veglie in tempo d'inverno, ove la gente di campagna si riunisce, e dove i giovani e le donzelle sono estremamente esposti. Ivi ordinariamente si osserva pochissimo contegno: si rispettan sì poco l'un l'altro, che si fan lecite le più materiali libertà. Non si limita ciascuno a semplici proposizioni, si viene spesso a certi giuochi e a certe maniere indecentissime; e s'insinua in queste assemblee uno spirito di libertinaggio, che porta seco tantosto la perdita totale de' costumi. I genitori che permettono questa sorta di scherzi, che, invece di reprimerli, son forse i primi ad eccitarli o a compiacersene, renderanno a Dio un conto molto severo delle funeste conseguenze che avran prodotto riguardo ai loro figliuoli e ai loro domestici.

Ahi! diceva l'Apostolo ai Corinzii, fuggite la fornicazione: Fugite fornicationem, vale a dire, fuggite tutte le occasioni di questo peccato, e conseguentemente la più pericolosa, cioè la conversazione delle persone di un sesso diverso, specialmente quando si passa alla familiarità, ai discorsi troppo liberi, alle carezze, alle dimostrazioni di amicizia e ad altre simili dimestichezze. Non vi fidate nè sulle vostre forze, nè sulla vostra saggezza; imperocchè come dice S. Agostino, non siete nè più forti di Davidde, nè più saggi di Salomone. Se dunque la troppo intrinseca familiarità con le donne, e le loro avvelenate carezze, han perduto uomini così santi, a che mai pensar posson coloro che non han nè timore nè rossore di esporvisi con tanto ardire?

Da tutto ciò che ho detto risulta: che chi pretende di esser casto senza voler evitare le conversazioni familiari con le persone di un altro sesso, pretende l'impossibile; che lo sperarlo, è presunzione, e che il domandarlo a Dio, è lo stesso che tentarlo o insultarlo. La fuga delle occasioni è dunque l'unico mezzo di preservarsi dalla impurità: Ergo contra libidinis impetum apprehende fugam, si vis habere victoriam. L'amore che aver dovete per la castità, vi faccia porre in pratica accuratamente un mezzo sì salutare per conservarla, affinchè essendo vissuti nella società delle anime pure sopra la terra, meritiate di accompagnarle nel Cielo, ove non avrà mai accesso cosa alcuna d'impuro. Questa è la felicità che io vi desidero. Amen.

NOTE:

[1] Ep. 1. ad Sabin.

[2] Matth. 5. v. 28.

[3] In hunc loc.

[4] 1. Petr. 3. v. 3.

[5] Isai. 3. v. 16.

[6] Decreto dei 18 Marzo 1666.

[7] 1. Cor. 6. v. 18.

[8] Eccli. 47. v. 21. 22.

[9] 1 Cor. 6, v. 15.

[10] Ibid. v. 19.

[11] 1. Cor. 6. v. 20.

[12] De decem Chordis, cap. 10.

[13] Lib. 2 sent. cap. 39.

[14] Prov. 6. v. 30.

[15] Exod. 32. v. 6.

[16] Hom. 49. in cap. 13. et 14. Matth.

[17] Eccl. 9. v. 4.

[18] In illud Matth. Da mihi in disco. [Cfr. Matth. XIV, 8. e Tob. III, 17.  N.d.R.]

[19] Ibid.

[20] Isa. 3. v. 16. et 17.

[21] Ezech. 16. v. 49.

[22] Ep. 4. ad Rustic.

[23] Lib. de' digiuni.

[24] Lib. 2. cont. Iovin.

[25] Prov. 20. v. 1.

[26] Eph. 5. v. 18.

[27] Eccl. 9. v. 11.

[28] Prov. 5. v. 3. et 4.

Ephes. 4. v. 19

8 commenti:

  1. Dal CATECHISMO MAGGIORE- SAN PIO X
    Del sesto e del nono comandamento

    423. Che cosa ci proibisce il sesto comandamento: Non fornicare?
    Il sesto comandamento: Non fornicare, ci proibisce ogni atto, ogni sguardo, ogni discorso contrario alla castità, e l’infedeltà nel matrimonio.

    424. Che cosa proibisce il nono comandamento?
    Il nono comandamento proibisce espressamente ogni desiderio contrario alla fedeltà che i coniugi si sono giurata nel contrarre matrimonio: e PROIBISCE PURE ogni colpevole PENSIERO O DESIDERIO di azione vietata dal sesto comandamento.

    425. É un gran peccato l’impurità?
    È un PECCATO GRAVISSIMO ed abominevole innanzi a Dio ed agli uomini; avvilisce l’uomo alla condizione dei bruti, lo trascina a molti altri peccati e vizi, e provoca i più terribili castighi in questa vita e nell’altra.

    426. Sono peccati tutti i pensieri che ci vengono in mente contro la purità?
    I pensieri che ci vengono in mente contro la purità, per se stessi non sono peccati, ma piuttosto tentazioni e incentivi al peccato.

    427. Quando è che sono peccati i pensieri cattivi?
    I pensieri cattivi, ancorché siano inefficaci, sono peccati quando colpevolmente diamo loro motivo, o vi acconsentiamo, o ci esponiamo al pericolo prossimo di acconsentirvi.

    428. Che cosa ci ordinano il sesto e nono comandamento?
    Il sesto comandamento ci ordina di essere casti e modesti negli atti, negli sguardi, nel portamento e nelle parole.
    Il nono comandamento ci ordina di essere casti e puri ANCHE NELL'INTERNO, cioè nella mente e nel cuore.

    429. Che cosa ci convien fare per osservare il sesto e il nono comandamento?
    Per ben osservare il sesto e il nono comandamento, dobbiamo pregare spesso e di cuore Iddio, essere divoti di Maria Vergine Madre della purità, ricordarci che Dio ci vede, pensare alla morte, ai divini castighi, alla passione di Gesù Cristo, custodire i nostri sensi, praticare la mortificazione cristiana e frequentare colle dovute disposizioni i sacramenti.

    430. Che cosa dobbiamo fuggire per mantenerci casti?
    Per mantenerci casti conviene fuggire l’ozio, i cattivi compagni, la lettura dei libri e dei giornali cattivi, l’intemperanza, il guardare le immagini indecenti, gli spettacoli licenziosi, le conversazioni pericolose, e tutte le altre occasioni di peccato.

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  2. CATECHISMO DEL CONCILIO DI TRENTO:

    "Si tratta di un peccato che è un VERO FLAGELLO, a causa di esso sugli uomini incombe l'ultima rovina: l'espulsione dal regno di Dio e lo sterminio.

    Questo può sembrare comune a ogni genere di peccato; ma qui abbiamo di caratteristico che i fornicatori, secondo la frase dell'Apostolo, PECCANO CONTRO IL PROPRIO CORPO: "Fuggite l'impudicizia; qualunque peccato l'uomo commetta, si svolge fuori del corpo, ma il fornicatore pecca sul proprio corpo (1Co 6,18); vale a dire lo tratta IGNOMINIOSAMENTE, VIOLANDONE LA SANTITA’. A quei di Tessalonica lo stesso san Paolo diceva: Dio vuole la vostra santificazione; che vi asteniate da atti impuri; che ciascuno di voi sappia mantenere il vaso del suo corpo in santità e dignità, non nella irrequietezza del desiderio, come i pagani che ignorano Dio (1Th 4,5).

    Inoltre il Cristiano, sempre secondo san Paolo, è tempio dello Spirito santo (1Co 6,19); violarlo significa ESPELLERNE LO SPIRITO SANTO STESSO"

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  3. Ma quanto, quanto, quanto siete... NOIOSI!!!

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  4. Eh lo so, lo dicevano probabilmente pure a Gesù Cristo (oltre che a dargli dell'assatanato, proprio a Lui che li scacciava i demoni!) quando passava a predicare, e poi agli Apostoli col mandato Suo, e poi ad altri discepoli, e poi e poi su su fino ad oggi...a chi ancora lo fa, con la Dottrina della Chiesa.

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    1. Oltre che noiosi pure vanitosi: è evidente che se parli così ti senti santo come gli apostoli!

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    2. No, ma almeno uno è tenuto a conoscerla 'sta dottrina, e poi eventualmente a trasmetterla. E comunque se uno ricorda di cosa si parla e gli viene dato del "noioso", allora che cosa ci sta a fare, mi chiedo, qua dentro? Si può tranquillamente continuare a fare altro e occuparsi di altro,godendosi in tutto e per tutto la vita senza crearsi problemi di sorta, no?

      Già ci dice molto a questo proposito il Libro della Sapienza (Bibbia). Immagino noioso pure il suo autore, per chi è intervenuto precedentemente:

      Alcuni passi, dunque, dal Libro della Sapienza:

      Dicono fra loro sragionando:
      «La nostra vita è breve e triste;
      non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
      e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
      Siamo nati per caso
      e dopo saremo come se non fossimo stati.
      La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
      si disperderà come nebbia
      scacciata dai raggi del sole
      e disciolta dal calore.
      La nostra esistenza è il passare di un'ombra
      e non c'è ritorno alla nostra morte,
      poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
      Su, godiamoci i beni presenti,
      facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
      Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
      non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
      coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
      nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
      Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
      perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.

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  5. E ancora, verso la fine del passo:

    La pensano così, ma si sbagliano;
    la loro malizia li ha accecati.
    Non conoscono i segreti di Dio;
    non sperano salario per la santità
    né credono alla ricompensa delle anime pure.

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  6. Dunque cara Annarita, e caro Gianluca, se i vescovi ordinati dopo il concilio vat.II e di conseguenza i presbiteri, non sono ordinati secondo il Sacramento Cattolico, automaticamente ci troviamo in sedevacante, in quanto gli ultimi sacerdoti o vescovi potrebbero essere stati ordinato negli anni sessanta; a questo punto un vescovo che viene ordinato intorno ai cinquant'anni, oggi ne avrebbe cento o oltre i cento e quindi l'ultimo vescovo cattolico sarebbe morto.
    Ma Gesù ci ha detto che non ci avrebbe lasciato orfani fino alla fine del mondo o fino al Suo ritorno per la seconda volta.
    Cari Gianluca e Annarita, possibile che Gesù ci abbia lasciato senza la Sua chiesa? senza Pastori? allo sbando dei lupi?
    Cari Amici di una volta di Vigne, Gesù non ci ha abbandonati, ci ha lasciato in mano a pastori indegni, ma tra questi sicuramente ce n'è qualcuno di sicuro puramente cattolico e non seguace dei tempi conciliari nefasti, dobbiamo solo cercarli. Atanasio nel 325 da solo ha salvato la Chiesa dagli eretici, credete che Cristo non ci ha dato un'altro Atanasio per salvarci, ma non sappiamo ora dov'è, dobbiamo cercarlo.
    Un abbraccio in Cristo, vs. Bernardino di sempre.

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