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lunedì 21 novembre 2016

"Non illudetevi, signori. Le piaghe atroci che voi avete aperto nel corpo della Chiesa gridano vendetta al cospetto di Dio, giusto Vendicatore".

 


Nota di Piergiorgio Seveso: chi è del “nostro giro” conosce quasi a memoria questo maraviglioso pezzo, degno di un infiammato quaresimalista, scritto dal musicologo Monsignor Domenico Celada nei primi anni della rivoluzione liturgica montiniana (giunta al suo compimento, dopo una progressiva descensus ad inferos, il 30 novembre 1969 – prima domenica d’Avvento). Il pezzo fu pubblicato su “Vigilia romana”, l’organo del movimento “Civiltà cristiana”: movimento e rivista che si dissolsero entrambi a metà degli anni Settanta. A quest’ultima collaborarono (o direttamente o indirettamente) molte penne note a chi ci legge: Monsignor Francesco Spadafora, padre Noel Barbara, il domenicano padre Luciano Cinelli, lo stimmatino padre Cornelio Fabro, il salesiano Don Giuseppe Pace, il francescano Antonio Coccia, l’abbè Louis Coache, Cristina Campo, l’allora padre Guerard Des Lauriers (futuro vescovo), alcuni cappellani militari (anche della RSI), altri laici come Fausto Belfiori, Tito Casini ed il suo direttore Franco Antico, poi arrestato durante le indagini per il “golpe Borghese”. 

Iniziativa coraggiosa e molto composita, vera manifestazione di quel variegato fronte anticomunista conservatore e monarchico che non seppe mai portare alle giuste conseguenze teologiche e ecclesiali il suo rifiuto della rivoluzione conciliare e quindi naturalmente ne venne triturato e si sfaldò in mille rivoli, spesso  contraddittori tra loro e ancor più spesso spurii e in ultima conniventi con quella rivoluzione che voleva combattere. Se “Vigilia romana” fu spazzata via per la sua intima e radicale debolezza (subendo anche l’onta suprema di una neutralizzazione post mortem come nel saggio di Giuseppe Brienza), va detto che oggi una rivista cattolica, con così grande spessore culturale, sarebbe impossibile (almeno nelle nostre terre) per la totale mancanza di ingegni e per la ancor più esiziale mancanza di coraggio in quel che resta del campo di Dio. Monsignor Celada, collaboratore anche de “Il tempo” e de “Lo Specchio”, presente alla stesura del “Breve esame critico del Novus Ordo Missae” , pagò il suo coraggio con la perdita della cattedra di Gregorianistica alla Lateranense, morendo relativamente giovane negli anni Settanta, ma i suoi scritti rimangono a testimonianza di una passione per la difesa della Messa romana che non vien meno. Siano queste parole di terribile monito e di severa minaccia a chi oggi vuole barattare i brandelli di ciò che resta di una primogenitura con un piatto di lenticchie (argentine). 



Tratto da “Vigilia Romana”  Anno III, N. 11, Novembre 1971.
di Monsignor Domenico Celada

E’ da tempo che desideravo scrivervi, illustri assassini della nostra santa Liturgia. Non già perch’io speri che le mie parole possano avere un qualche effetto su di voi, da troppo tempo caduti negli artigli di Satana e divenuti suoi obbedientissimi servi, ma affinché tutti coloro che soffrono per gli innumerevoli delitti da voi commessi possano ritrovare la loro voce.
Non illudetevi, signori. Le piaghe atroci che voi avete aperto nel corpo della Chiesa gridano vendetta al cospetto di Dio, giusto Vendicatore. Il vostro piano di sovversione della Chiesa, attraverso la liturgia, è antichissimo. Ne tentarono la realizzazione tanti vostri predecessori, molto più intelligenti di voi, che il Padre delle Tenebre ha già accolto nel suo regno. Ed io ricordo il vostro livore, il vostro ghigno beffardo, quando auguravate la morte, una quindicina d’anni fa, a quel grandissimo Pontefice che fu il servo di Dio Eugenio Pacelli, poiché questi aveva compreso i vostri disegni e vi si era opposto con l’autorità del Triregno.
Dopo quel famoso convegno di “liturgia pastorale”, sul quale erano cadute come una spada le chiarissime parole di Papa Pio XII, voi lasciaste la mistica assise schiumando rabbia e veleno.

 Ora ci siete riusciti. Per adesso, almeno. Avete creato il vostro “capolavoro”: la nuova liturgia. Che questa non sia opera di Dio è dimostrato innanzitutto (prescindendo dalle implicazioni dogmatiche) da un fatto molto semplice: è di una bruttezza spaventosa. E’ il culto dell’ambiguità e dell’equivoco, non di rado il culto dell’indecenza.
Basterebbe questo per capire che il vostro “capolavoro” non proviene da Dio, fonte d’ogni bellezza, ma dall’antico sfregiatore delle opere di Dio.
Si, avete tolto ai fedeli cattolici le emozioni più pure, derivanti dalle cose sublimi di cui s’è sostanziata la liturgia per millenni: la bellezza delle parole, dei gesti, delle musiche. Cosa ci avete dato in cambio? Un campionario di brutture, di “traduzioni” grottesche (com’è noto, il vostro padre, che sta laggiù non possiede il senso dell’umorismo), di emozioni gastriche suscitate dai miagolii delle chitarre elettriche, di gesti ed atteggiamenti a dir poco equivoci.
Ma, se non bastasse, c’è un altro segno che dimora come il vostro “capolavoro” non viene da Dio. E sono gli strumenti di cui vi siete serviti per realizzarlo: la frode e la menzogna. Siete riusciti a far credere che un Concilio avesse decretato la disparizione della lingua latina, l’archiviazione del patrimonio della musica sacra, l’abolizione del tabernacolo, il capovolgimento degli altari, il divieto di piegare le ginocchia dinanzi a Nostro Signore presente nell’Eucaristia, e tutte le altre vostre progressive tappe, facenti parte (direbbero i giuristi) di un “unico disegno criminoso”.
Voi sapevate benissimo che la “lex orandi” è anche la “lex credendi”, e che perciò mutando l’una, avreste mutato l’altra. Voi sapete che, puntando le vostre lance avvelenate contro la lingua viva della Chiesa, avreste praticamente ucciso l’unità delle fede. Voi sapevate che, decretando l’atto di morte del canto gregoriano della polifonia sacra, avreste potuto introdurre a vostro piacimento tutte le indecenze pseudomusicali che dissacrano il culto divino e gettano un’ombra equivoca sulle celebrazioni liturgiche.

Voi sapevate che, distruggendo tabernacoli, sostituendo gli altari con le “tavole per la refezione eucaristica”, negando al fedele di piegare le ginocchia davanti al Figlio di Dio, in breve avreste estinto la fede nella reale presenza divina. Avete lavorato ad occhi aperti. Vi siete accaniti contro un monumento, al quale avevan posto mano cielo e terra, perché sapevate di distruggere con esso la Chiesa. Siete giunti a portarci via la Santa Messa, strappando addirittura il cuore della liturgia cattolica. (Quella S.Messa in vista della quale noi fummo ordinati sacerdoti, e che nessuno al mondo ci potrà mai proibire, perché nessuno può calpestare il diritto naturale).
Lo so, ora potrete ridere per quanto sto per dire. E ridete pure. Siete giunti a togliere dalle Litanie dei santi l’invocazione “a flagello terremotus, libera nos Domine”, e mai come ora la terra ha tremato ad ogni latitudine.
Avete tolto l’invocazione “a spititu fornicationis, libera nos Domine”, e mai come ora siamo coperti dal fango dell’immoralità e della pornografia nelle sue forme più repellenti e degradanti. Avete abolito l’invocazione “ut inimicos sanctae Ecclesiae umiliare digneris”, e mai come ora i nemici della Chiesa prosperano in tutte le istituzioni ecclesiastiche, ad ogni livello.
Ridete, ridete. Le vostre risate sono sguaiate e senza gioia. Certo è che nessuno di voi conosce, come noi conosciamo, le lacrime della gioia e del dolore. Voi non siete neppure capaci di piangere. I vostri occhi bovini, palle di vetro o di metallo che siano, guardano le cose senza vederle. Siete simili alle mucche che guardano il treno. A voi preferisco il ladro che strappa la catenina d’oro al fanciullo, preferisco lo scippatore, preferisco il rapinatore con le armi in pugno, preferisco persino il bruto e il violatore di tombe. Gente molto meno sporca di voi, che avete rapinato il popolo di Dio di tutti i suoi tesori.

In attesa che il vostro padre che sta laggiù accolga anche voi nel suo regno, “laddove è pianto e stridor di denti”, voglio che voi sappiate della nostra incrollabile certezza: che quei tesori ci saranno restituiti. E sarà una “restitutio in integrum”. Voi avete dimenticato che Satana è l’eterno sconfitto.

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