ABBIAMO SMARRITO LA CAUSA DELLA MISERIA MORALE DEL MONDO PRESENTE?
L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele
Quando si osserva la crescente miseria morale del mondo presente, dove sembra sparire ovunque ogni barlume di prudenza, di rispetto, di amore per la verità e per il bene delle anime, allora si capisce trattarsi di un segno della «fine dei tempi delle nazioni» (Lc 21, 24).
Sì, perché alla evidente decadenza spirituale e morale, seguirà l’inesorabile e rovinoso collasso, sia economico che sociale; la fine dell’attuale «civiltà occidentale».
Di fronte a tanto sfacelo, la prudenza, ma anche il semplice buon senso, induce a indagare sulle cause di questa crisi autodistruttiva di dimensioni mondiali, che tocca il più profondo dell’anima umana, specialmente di quanti, venuti da quella Civiltà Cristiana che ha esteso le sue radici nel mondo, oggi si trovano orfani della Fede con cui nutrire la propria vita e sostenere un tessuto sociale capace di reggere qualche forma dignitosa di civiltà.
In un momento storico di tale gravità solo l’appello alla Divina Misericordia ha senso.
Eppure, ci sarebbe da chiedere se non è proprio un’immane smacco di queste generazioni nei confronti della Provvidenza divina la causa prima di tanta miseria morale.
Il cattolico ha un riferimento sicuro per giudicare il bene sociale nella Dottrina evangelica dell’amore a Dio e del prossimo. La chiave di quest’amore è nel Culto al Bene e al Vero alla cui espansione l’uomo è attratto; il culto alla Volontà del Padre nel Sacrificio di Amore del Figlio.
Il culto di questo Sacrificio è il riferimento universale di ogni tempo e luogo, che viene dagli albori della storia. Della sua decadenza e sospensione parlano i profeti e in speciale Daniele, ricordato da Gesù nel discorso escatologico, quando ci ha segnato il momento culminante della più perfida malvagità umana: “Quando vedrete l’abominio della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, introdotta nel Luogo santo …” (Mt 24,15).
Daniele parla del Tempio, dov’è cessato il Sacrificio e l’Offerta (9, 27), la Cittadella del santuario dove il Sacrificio quotidiano è stato interrotto (11, 31).
A questo punto ognuno si deve mettere di fronte alla propria coscienza. Non importa sentire le voci e opinioni di un clero allo sbando o le voci di balordi che non distinguono più la destra dalla sinistra. È alla Chiesa del Sacrificio che siamo chiamati a dirigere gli occhi. Questa è la Nuova Gerusalemme, il Luogo santo, il tempio e il Santuario, la Cittadella della Fede, oggi occupata da una deteriore mentalità mondana consacrata ad estinguere la sua vita spirituale.
Dall’anima della Chiesa provengono ancora afflitte chiamate per la vigilanza e il sacrificio nel presente abominio causato dalla desolazione sugli altari per opera dei pastori idoli, vicari dell’iniquo nel tempio di Dio, che si presentano come maestri di nuovi tempi” (II Ts. 2 4).
Ecco che oggi è inevitabile ripetere quanto è evidente agli occhi di chi ancora può capire: hanno toccato e inquinato a fondo il culto del Santo Sacrificio dell’Altare. E chi l’ha fatto, era stato elevato proprio alla Sede suprema per la difesa della Fede, ma invece di difenderla la rovina.
Alcuni dotti cattolici hanno da tempo denunciato lo scempio e invocato la resistenza. Ma di fronte all’inerzia e alle più oscure confusioni, sembra che nessuna evidenza possa bastare.
C’è sempre chi è pronto a tornare indietro, con le più diverse scuse, Per esempio ritenendo impossibile che tanto danno avvenga nelle cose di Dio per opera di pontefici. Quando, il danno – e sulla gravità di questo solo i sciocchi o gli apostati possono negarlo – potrebbe presentare la sua validità liturgica e canonica autenticato da vicari di Cristo; come se fosse benedetto da Dio stesso. E per dimostrarlo, e convincere le coscienze titubanti (e la propria), si lanciano in lunghe acrobazie di marchio clericale, contrapponendosi a quei cattolici che vedono i mali del mondo alla luce dell’offesa a Dio, tanto più sinistra quanto opposta alla sacralità della Sua Chiesa.
In questo senso ritorniamo a una discussione sulla «validità» di tale dissacrazione.
Sintesi sul grave dubbio riguardo «l’invalidità dei nuovi sacramenti conciliari»
Don Curzio Nitoglia ha voluto rifare una «Sintesi sulla validità dei “nuovi sacramenti” conciliari.
Lo fa, raggirando la vera questione: dell’autorità per operare tale «mutazione».
Inizia citando: «I sacramenti sono istituiti per tutti e sono alla portata di tutti i fedeli. Quindi anche la valutazione dei loro elementi (materia/forma/intenzione oggettiva) deve essere fatta in base a un criterio accessibile a tutti e non riservato a un’élite di persone» (Pietro Palazzini, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1953, vol. X, col. 1579, v. “Sacramenti”).
Ma già qui, quell’«intenzione oggettiva», aggiunta tra parentesi, non può dirimere dei dubbi, come vorrebbe, ma è già occasione di nuovi.
Infatti, tra i punti condannati da Papa Alessandro VIII, (Decreto del Sant’Uffizio, 7.12. 1690, Dz. 1318) nel nº 28 si trova questo: “È valido il battesimo conferito da un ministro che preserva tutto il rito esterno e la forma di battezzare, però, intimamente, nel suo cuore decide: «non intendo fare quel che fa la Chiesa».
Cioè, anche l’intenzione interna del ministro è necessaria per la validità del sacramento.
È vero che la stessa Chiesa ammette che quest’intenzione del ministro, soggettiva per natura, si possa riconoscere dall’osservanza della forma esterna, oggettiva.
Eppure, quest’intenzione interna (sconosciuta in quel momento) resta necessaria perché si tratta dell’invocazione al potere del vero Autore divino di quel sacramento, Gesù Cristo, che sonda i cuori di tutti. Perciò un sacramento, apparentemente valido, potrà in seguito dimostrare la sua invalidità nella mancanza o inversione degli effetti poiché carenti dell’intenzione interna di fare il bene secondo l’intenzione nota della Chiesa.
In tal senso, è bene collocare subito il grave dubbio di molti cattolici e di Mgr Lefebvre sul NOM (Nuovo Ordo Missae di Paolo 6º) considerato di effetti protestantizzanti.
Ecco un dato oggettivo della questione, di valore pure storico perché riconoscibile nella progressiva apostasia derivata dalla nuova chiesa conciliare che, come la vera Chiesa, si dice fondata, sui suoi sacramenti e sulla celebrazione della Messa.
A questo punto è inutile e anche ingannevoli poggiare una «sintesi sulla validità» dei «sacramenti conciliari» sulla presunzione di retta intenzione del suo ministro quando resta un dubbio, pesante come un macigno, che la sua intenzione, ben come quella intrinseca al nuovo rito sacramentale, sia aliena a quella originale e permanente della Chiesa cattolica nella sua continuità di 260 papi e 20 Concili Ecumenici.
Tutti gli argomenti che accusano il NOM, e dal suo varo, si sono rinforzati nel tempo alla luce dell’oggettiva inversione dall’intenzione di realizzare il «bene della Chiesa».
Ora, lo stesso don Nitoglia nella sua lunga lista di citazioni «storiche», dimostra dove si applica tale «intenzione oggettiva». Infatti cita, ma solo in nota e perciò dando la sua tesi per dimostrata, quanto segue: “Il fatto che un sacramento sia valido non significa ipso facto che il rito il quale lo circonda è lecito o conveniente, decoroso e conforme alla regole teologiche e canoniche. Per esempio: nella nuova Messa, avviene la consacrazione e sussiste la presenza reale di Gesù, ossia la validità del sacramento dell’Eucarestia (materia/forma/intenzione: pane e vino/“questo è il mio corpo”/“questo è il mio sangue”/riattuare il Sacrificio del calvario, ricordando ciò che fece Gesù), ma il rito che circonda la pur mutilata (non sostanzialmente, ma solo accidentalmente) forma consacratoria “si allontana dalla teologia cattolica e favorisce l’eresia protestante” (A. Ottaviani – A. Bacci) e dunque è sconveniente o illecito; nel sacramento della cresima (materia/forma/intenzione: imposizione delle mani + unzione con l’olio/“ricevi lo Spirito Santo”/conferire la pienezza dello Spirito Paraclito) sussiste o esiste la grazia della pienezza dello Spirito Santo, ma il rito che lo circonda se accompagnato da cerimonie carismatiche e chiassose è sconveniente o illecito.”
Può essere considerato soltanto sconveniente o illecito favorire l’eresia protestante in un rito cattolico? P. Nitoglia lo afferma assumendo che l’intenzione «eretizzante» non capiti sostanzialmente, ma solo accidentalmente. Come ha fatto a dedurlo?
Ebbene, qui non si tratta nemmeno più dell’intenzione individuale del ministro, ma dell’intenzione intrinseca al nuovo rito e questa è esplicita, si tratta dell’intenzione ecumenista, omologata alla protestante nella celebrazione eucaristica.
Essendo ciò dichiarato, con parole e gesti, da Montini a Bergoglio, quale può essere il dubbio sulla presenza di una tutta «nuova intenzione» sia sul Vaticano 2º, sia sul NOM?
Può questa mutata intenzione essere giustificata dall’interesse di una pace con i poteri ecumenisti «protestantizzanti» in atto nel mondo?
Solo l’idea di strumentalizzare attraverso un nuovo «rito» la purezza e l’integrità della fede in un concilio e nei Sacramenti a tale scopo, già rende tale colpa inescusabile.
Pio IX, Lett. Dolendum profecto est (12/3/1870): “Se essi credessero fermamente, con gli altri cattolici, che il Concilio ecumenico è governato dallo Spirito Santo, che è unicamente con l’ispirazione di questo Spirito divino che esso definisce e propone ciò che deve essere creduto, non sarebbe mai passato per la loro testa che nel Concilio si possano definire cose o non rivelate o nocive per la Chiesa; neppure penserebbero che la potenza dello Spirito Santo possa venire ostacolata da maneggi umani, e che così possa venire impedita la definizione di cose rivelate ed utili alla Chiesa.”
In vista di quanto brevemente ricordato qui sul male causato da questi nuovi riti, a partire dal NOM, quel che pare un grave dubbio, si dimostra piuttosto una certezza alla luce della legge della Chiesa: ossia, che una vera autorità non può mai ministrare veleno ai fedeli che cercano nella Chiesa rinforzo alla propria vita spirituale.
Ecco che la validità dell’autorità cattolica si estende a quanto promuove e approva.
In questo senso ci basterà qui ricordare il dialogo avuto tra Mgr Lefebvre, invitato in Vaticano, con il Pro-prefetto della Congregazione per la Fede, Card. Franjo Seper, poi ripetuta nella lettera del Cardinale a Mgr Lefebvre del 28.1.78, dove si legge: “Un fidèle ne peut mettre en doute la conformité avec la doctrine de la foi d’un rite sacramentel promulgué par le Pasteur suprême, surtout s’il s’agit du rite de la Messe qui est au cœur de la vie de l’Eglise’. Sarebbe eretico! Eppure Mgr Lefebvre (12.1.79) conferma giustamente che il Novus Ordo Missae (NOM) “ne professe pas la foi catholique et qu’il est stupéfiant qu’un rite de ‘saveur protestante, et donc favens haeresim [che favorisce l’eresia], ait pu être diffusé par la Curie romaine’.
Mgr Lefebvre riconosceva le contraffazioni del sacro della «messa nuova». Ora, poiché la validità di ogni cosa nella Chiesa deriva dal suo ‘essere’ dato dall’Autorità divina che vuole la salvezza degli uomini nella Sua Chiesa, come potrebbe Dio autorizzare tale rito che «allontana in modo impressionante» dalla sua Teologia cattolica di sempre? Ma tale «sintesi» ne aggiunge un sofisma: Poiché è vero che “Un fidèle ne peut mettre en doute la conformité avec la doctrine de la foi d’un rite sacramentel promulgué par le Pasteur suprême”, il nuovo rito, conforme alla nuova dottrina di tale pastore à valido.
Come si può dedurre chiaramente, al contrario: poiché è innegabile la responsabilità di Paolo 6º nell’imposizione del rito protestantizzante e di fatto contrario alla dottrina di fede divina e cattolica, è anche impossibile accettare che la sua autorità sia quella del Pastore supremo, quella istituita per assicurare la conformità dei riti e dei sacramenti alla Fede cattolica e mai a quella protestante.
Se il sacerdote che usa un rito che non esprime il senso dato dal Signore per celebrare il Suo Sacrificio non può avere l’autorità in persona Christi per consacrare ostia e calice, che cosa pensare dell’autorità che ha voluto istituire tale rito in modo permanente?
La questione della validità del Rito del Santo Sacrificio del Signore è inestricabilmente legata a quella della vera autorità nella Chiesa, che fu istituita proprio per confermare la Sua adorabile Parola, preservandola, con ogni soprannaturale prudenza, dall’abominio della desolazione profetizzato dal Profeta Daniele per il Sacrificio perpetuo.
Ecco che il Sacrificio di amore di Gesù Cristo, sole “per la vita spirituale e morale di tutti i popoli del mondo”, è la luce che fa capire la situazione presente di vacanza dell’ autorità nella Chiesa e di miseria morale nel mondo, dove, colpito il pastore, il gregge si disperde. Ma il gregge che segue il falso pastore più che disperdersi si perde.
Conclusione: tutto l’erudito «studio» sopra si risente della mutilazione di quanto può e deve essere descritto come «Oblatio munda», senza macchia; ma qui arriva al contrario! «Immonda», ma valida! Perciò la base dello scritto va rivista e emendata come segue:
“Il fatto che un sacramento appaia lecito, anche se non conveniente né decoroso né conforme alle regole teologiche e canoniche non significa ipso facto che sia valido. Anzi. Nella nuova messa può sembrare ma solo sembrare, che avvenga la consacrazione e che sussista la presenza reale di Gesù, ossia che si realizzi la validità del sacramento dell’Eucarestia. Quel che è certo, però, è trattarsi di un rito mutilato a causa della forma consacratoria che “si allontana in modo impressionante dalla teologia cattolica e favorisce l’eresia protestante” (Breve esame critico – cardinali Ottaviani e Bacci).
La scusa ora che tale mutilazione accada solo in modo accidentale e non sostanziale non sussiste di fronte alla dichiarata intenzione dei suoi promotori di imprimere al nuovo rito il marchio ecumenista per una palese apertura ai protestanti, agli ebrei e anche ai massoni. Perché questo si è fatto dall’inizio della riforma ad oggi. Chi poteva allora assicurare la sua legittimità originale, per cui la sua oggettiva mutilazione fosse solo accidentale e non voluta nella sostanza di tale riforma? E chi lo può oggi assicurare? Bergoglio, che si fa benedire da quelli che detestano «sostanzialmente» il Rito Cattolico?
Come si capisce molto chiaramente l’Autore di questa «sintesi» vorrebbe staccare il problema della validità del NOM da quello sulla vera autorità della Chiesa. Questo tentativo fa imboccare non solo la via della contraddizione, ma quella eretica che anche il card. Seper ha ricordato, ma per applicarlo nel senso della sua fede conciliare: – «Si on nie la légitimité d’une on nie la légitimité de l’autre». La vera questione riguarda la legittimità pontificale poiché un Papa legittimo non può imporre ai fedeli una liturgia bastarda; legittimità che di fronte a Dio è chiara e obiettiva, senza sotterfugi clericali.
O l’una o l’altra, «tertium non datur»; sì sì no no, il resto viene dal maligno!
Che La Madonna di Fatima possa essere sentita quando ha fatto vedere il Papa colpito a morte insieme a tutto il suo seguito, visione che sarebbe più chiara già nel 1960, quando era già insediato il potere dei «papi conciliari», del culto dell’uomo nel Luogo di Dio!
Chiedo scusa per il fuori tema ma avete notizie di Baronio? Il suo blog è fermo da tempo ed anche qui non leggo suoi interventi. Spero torni presto a commentare con la sua solida cultura teologica ed il suo coraggio tipico di chi ha una Fede profonda e vissuta. Grazie
RispondiEliminaDon Nitoglia da tempo ha studiato la legge di Van der Waals e come ogni geco che si rispetti. la usa per arrampicarsi dove altri non oserebbero...
RispondiEliminaMa lui la usa per dimostrare che il suo "ritorno" alla papolatria indiscriminata è giustificato.
Altra evidente dissonanza con quanto asserisce è, però, il suo NON ritorno alla comunità FSSPX da cui uscì al tempo.
Fosse coerente con i sui "studi" di teologia spicciola alla "geco" farebbe ammenda della sua estradizione e ritornerebbe umile umile all'ovile di sacerdoti come lui che non obbediscono al capo-papa pur considerandolo tale. "Una cum Bergoglio" è quanto accomuna cerchio e botte dei nuovi teologi alla Ratzinger, come lui.