BERGOGLIO PAPA NULLO: IL VERO RESTEREBBE RATZINGER?
DOPO LA “SPARATA” DI ANTONIO SOCCI
L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele
Sono già molti quelli che non possono ammettere che uno come Bergoglio possa essere davvero un papa, ma per tante ragioni o pretesti diversi.
Qui ho già raccontato il caso del Rv. Paul Kramer, che amici mi hanno portato a visitare quando della sua visita in Portogallo un anno fa (vedi «VISITA AL RV. PAUL KRAMER, “FATIMITA” DEL GRUPPO GRUNER, CHE DICHIARA BERGOGLIO ERETICO E LA SEDE VACANTE, 27 dicembre 2013; «Rev. Paul Kramer, “Fatimita” del gruppo Gruner: il Papa è eretico. 13 dicembre 2013; IL VENTO GELIDO DELL’ “EVANGELII GAUDIUM”. Poiché in questo caso furono addotte giustamente delle ragioni dottrinali per giungere a tale conclusione, la mia visita era soltanto per far vedere a Kramer che le ragioni da lui trovate nella «Evangelii gaudium» risalivano al Vaticano 2º e dintorni, come pure il cosiddetto «Catechismo della Chiesa Cattolica». Perciò, sarebbe tutta la combriccola dei «papi conciliari» da incriminare insieme. Niente da fare! Bergoglio sarebbe davvero un eretico e papa nullo, ma Ratzinger rimarrebbe il vero papa!
Ora, vi è un libro di Antonio Socci, annunciato su Il Foglio di Giuliano Ferrara (24.09.2014) che ricalca questa «permanenza» di Benedetto 16º come papa, a causa di errori d’ordine legale, che renderebbero Bergoglio nullo:
- «Dubbi che a un anno e mezzo dal cambio sul Soglio di Pietro non sono stati chiariti, domande rimaste senza risposta. Come quella relativa all’annullamento dello scrutinio che ha visto depositata nell’urna una scheda in più rispetto ai votanti. I cardinali, senza pensarci troppo, decisero di bruciare tutto e di effettuare subito un nuovo scrutinio. Peccato che, ricorda Socci, le norme non lo consentono e quindi l’elezione sia nulla. Mai avvenuta. La costituzione apostolica, dopotutto, prescrive che nessuno, se non il Papa, possa modificare le regole del Conclave. Che prescrivono al massimo quattro votazioni quotidiane, e non cinque come avvenuto. Niente di personale, giura Socci. Anche perché ammette di essere stato uno dei tanti che “hanno accolto Bergoglio a braccia spalancate. Gli comunicai (convintamente) che poteva contare pure sulla preghiera mia e della mia famiglia”. Tutto, in lui, faceva pensare a “una ventata di aria fresca per il Vaticano e per l’intera chiesa”. Però – e qui lo scrittore se la prende con i circoli tradizionalisti che accusano Francesco d’essere il fedele esecutore del Concilio, “sostenere oggi che le dichiarazioni di Bergoglio e Scalfari in fin dei conti sono in continuità con Benedetto XVI, con Giovanni Paolo II e con Paolo VI, ovvero che Bergoglio incarna l’essenza del Vaticano II, è assurdo” (!). Quella che è in corso, aggiunge l’autore del libro, che si spinge perfino a mettere in dubbio un’elezione papale, non è la realizzazione del Vaticano II, bensì “un abusivo Vaticano III”.
- «Roma. Continua a firmarsi Benedictus XVI, con tanto di P. P. a indicare la potestà papale, cosa che invece Francesco non ha mai fatto fin dal giorno del suo insediamento sulla cattedra petrina. Di bianco si vestiva e di bianco continua a vestirsi, anche se ha smesso la mantelletta e la fascia. Non c’è stato tempo per recuperare una tonaca nera in tutto il Vaticano, è la giustificazione un po’ fiacca che giunge d’oltretevere. Papa era e Papa rimane, benché emerito. S’è tenuto anche lo stemma con le chiavi decussate che qualche zelante cardinale esperto d’araldica aveva tentato di aggiornare, togliendo ogni riferimento al ministero petrino. Ma allora che valore ha la rinuncia annunciata da Joseph Ratzinger, assiso sul tronetto rosso in Sala Clementina, l’11 febbraio d’un anno fa tra la sorpresa dei porporati presenti, alcuni dei quali – non avvezzi al latino – non avevano capito la portata di quanto stava accadendo, “caso unico nei duemila anni di storia della chiesa”? A chiederselo è lo scrittore cattolico Antonio Socci, in “Non è Francesco”, corposo libro in uscita per Mondadori ai primi d’ottobre e potente manifesto antibergogliano, scritto – dice l’autore – in obbedienza “al grido della mia coscienza”. Benedetto, scrive Socci, avrebbe rinunciato solo all’esercizio attivo del ministero, mentre quello petrino “è per sempre”. E se una cosa è per sempre, non può essere revocata. E’ la trasposizione dell’antica regola benedettina del semel abbas semper abbas. E’ rimasto perfino dentro il recinto di Pietro, non chiudendosi in qualche monastero della Provenza come suggeritogli da più parti. Il Papa emerito non parla, ma “parlano però i suoi gesti, i suoi segni e le sue decisioni”, osserva l’autore, compresi i silenzi: “Sa che ogni sua parola pubblica potrebbe attirare l’attenzione, e qualsiasi cosa dicesse verrebbe letta pro o contro il suo successore”, diceva il segretario e prefetto della Casa pontificia, mons. Georg Gänswein in un’intervista al Messaggero.»