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martedì 17 febbraio 2015

FERIA QUARTA CINERUM: “Perciò, anima mia, essendo tanto grande l’odio che il Signore porta al peccato, se ami Dio sopra ogni cosa, devi anche sopra ogni cosa odiare il peccato”.

SANTA MESSA DELLE CENERI "NON UNA CUM"...
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LEVAZIONI D’ANIMA: “Se non provi dispiacere per i peccati tuoi e degli altri, non ami Dio” – di San Roberto Bellarmino
Il fuoco è un elemento tanto puro e nobile, che Dio stesso volle appellarsi fuoco, come disse Mosè: «Il nostro Dio è un fuoco consumatore» (Deut. 4, 24). E la prima volta che apparve a Mosè, si fece vedere in un roveto che ardeva e non si consumava. «Apparve il Signore – scrive Mosè – nella fiamma del fuoco in mezzo al roveto: e vedevo che il roveto ardeva senza consumarsi» (Ex. 3, 2). E quando Dio volle dar la legge al suo popolo, venne in forma di fuoco, come racconta lo stesso Mosè: «Tutto il monte Sinai fumava perché il Signore era apparso sopra di esso nel fuoco» (Ex. 19, 18).
Parimenti quando si trattò di promulgar la legge nuova, lo Spirito Santo apparve agli apostoli in lingue di fuoco. Finalmente, gli Spiriti celesti che stanno più vicini al Signore sono chiamati Serafini, cioè ardenti od infuocati, perché partecipano più da vicino dell’ardentissimo fuoco che è Dio.
Stando così le cose, non sarà difficile a noi, dallo studio della natura e dalle proprietà del fuoco, formarci un gradino per ascendere colla meditazione e la contemplazione sino a Dio.
Ci sarà senza dubbio più facile salire a Lui sul cocchio ardente di Elia, che spiccare il volo dallo studio della terra, dell’acqua e dell’aria.
Accingiamoci dunque a considerare le proprietà del fuoco.
Il fuoco è di tale natura da operare in modo diverso e anche contrario sui vari oggetti. Divora immediatamente la legna, il fieno, le stoppie; rende più puri e più belli l’oro, l’argento, le pietre preziose.
Il ferro poi, per sua natura nero, freddo, duro e pesante, lo trasforma in guisa da renderlo in breve tempo lucido, pieghevole, leggero; lo fa risplendente come le stelle, bruciante come il fuoco, liquido come l’acqua e docile tanto che il fabbro ferraio può dargli la forma che più gli piace. Tutte queste cose servono benissimo a sollevar il nostro pensiero a Dio. In primo luogo, la legna, il fieno, le stoppie, secondo l’Apostolo, sono figura delle opere cattive che non possono resistere al fuoco del divino giudizio (I Cor. 3, 12). È incredibile quanto i peccati dispiacciano a Dio che è fuoco purissimo, e con quanto zelo Egli li consumi e distrugga, se il peccatore sia in stato di pentirsene. Il pentimento cancella tutti i peccati.
Che se il peccatore non è in stato di pentirsi, come sono i demoni ed i dannati; l’ira di Dio si rivolge contro di loro che dice il Savio: «Sono in odio a Dio l’empio e la sua empietà» (Sap. 14, 9). Quanto poi sia grande e veemente quest’odio, lo dimostra il diavolo il quale dopo il peccato, benché fosse Angelo nobilissimo anzi, come pensa S. Gregorio, Principe del primo ordine degli Angeli, e la più nobile creatura di Dio, fu immediatamente cacciato dal cielo, spogliato di ogni bellezza di grazia soprannaturale, cangiato in creatura mostruosa e condannato alla pena eterna.
Lo dimostrò Gesù Cristo il quale discese dal cielo per distruggere l’opera del diavolo, cioè i peccati, e perciò è detto l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.

Ma chi può immaginare quanto Cristo abbia patito per distruggere l’opera del diavolo e dar piena soddisfazione alla giustizia di Dio? «Essendo nella forma di Dio (cioè vera ed espressa immagine del Padre, Dio come il Padre e lo Spirito Santo) non credette che fosse una rapina quel suo essere eguale a Dio; ma annichilò se stesso, presa la forma di servo» (Phil. 2, 7) ed «essendo ricco, si fece povero per noi» (II Cor. 8, 9); non ebbe dove posare il capo, Egli che creò il cielo e la terra; «venne nella sua casa ed i suoi non lo ricevettero» (Jo. 1, 11); «maledetto non malediceva, strapazzata non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di chi ingiustamente lo giudicava; portò egli stesso nel proprio corpo sopra del legno (della croce) i nostri peccati» (I Petr. 2, 23-24); «umiliò se stesso fatto obbediente sino alla morte e morte di croce» (Phil. 2, 8) e «colle sue piaghe ci ha sanati» (I Petr. 2, 24). Beffeggiato, sputacchiato, flagellato, coronato di spine, inchiodato sulla croce con massimo disonore e dolori acerbissimi, diede fino all’ultima goccia il sangue e con esso la vita.
E tutto ciò per disfare l’opera del diavolo e per cancellare i nostri peccati.
Quanto il peccato spiaccia a Di, ce lo dice anche la sua legge che proibisce e punisce ogni trasgressione e non lascia senza castigo nemmeno una parola oziosa. E se non può sopportar una parola oziosa, quanto non odierà i delitti e le scelleratezze? La legge di Dio immacolata e il comando del Signore senza ombre sono avversi alle macchie ed alle tenebre e non ci può esser relazione della luce colle tenebre e della giustizia con l’iniquità.
La gravezza del peccato si può anche arguire dall’inferno che Dio tien preparato agli empi ed ai peccatori che, pur avendo avuto la possibilità di lavarsi nel sangue dell’Agnello, o non lo vollero fare o trascurarono di farlo. Ed è giusto che durando in essi eternamente il peccato,anche il supplizio sia eterno. Quanto sia orrenda la pena dell’inferno, è una pena pensarlo. Ne riparleremo trattando dell’ultimo gradino.
Riflessioni e conseguenze.
Perciò, anima mia, essendo tanto grande l’odio che il Signore porta al peccato, se ami Dio sopra ogni cosa, devi anche sopra ogni cosa odiare il peccato. Bada di non lasciarti sedurre da coloro che diminuiscono la bruttezza del peccato e lo scusano; bada di non ingannare te stesso con false ragioni. Se non provi dispiacere per i peccati tuoi e degli altri, non ami Dio; e se non ami Dio sei perduta. Ma se ami Cristo, e non vuoi essergli ingrata, come ti devi sentir debitrice al suo amore! Se Egli ti ha lavata dal peccato e riconciliata con Dio, ti sarà grave da qui innanzi patir qualche cosa per Lui e per suo amore e colla sua grazia, resistere al peccato sino allo spargimento del sangue?
Se non potresti soffrir con pazienza il fuoco dell’inferno, non devi nemmeno poter soffrire il peccato; dovresti fuggire da esso, anzi da ogni sua apparenza, come dalla faccia del serpente. Tienti dunque ferma nel proposito di unire il massimo odio al peccato col massimo grado di amor di Dio.
Fonte: “Elevazione della mente a Dio” di San Roberto Bellarmino – trad. di Mons. L. de Marchi – Ist. Miss. Pia Soc. S. Paolo, pagg. 104-108 – 1940 Roma
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- LA LEGGE DEL DIGIUNO obbliga tutti i fedeli che hanno compiuto i 21 anni e non hanno ancora iniziato il 60° anno.
- LA LEGGE DELL’ASTINENZA dalla carne obbliga tutti i fedeli a partire dai 7 anni compiuti.
IL DIGIUNO consiste nel fare un solo pasto al giorno e due piccole refezioni nel corso della giornata (i moralisti quantificano in 60 grammi al mattino e 250 grammi alla sera).
L’ASTINENZA vieta l’uso della carne, di estratto o brodo di carne, ma non quello delle uova, dei latticini e di qualsiasi condimento di grasso animale.
GIORNI DI ASTINENZA DALLA CARNI: – tutti i Venerdì dell’anno (tranne se vi cade una festa di precetto).
GIORNI DI ASTINENZA E DI DIGIUNO: – Mercoledì delle Ceneri; – ogni Venerdì e Sabato di Quaresima; – il Mercoledì, il Venerdì e il Sabato delle Quattro Tempora; – le Vigilie di Natale (24 Dicembre), di Pentecoste, dell’Immacolata (7 dicembre), d’Ognissanti (31 Ottobre).
GIORNI DI SOLO DIGIUNO SENZA ASTINENZA: tutti gli altri giorni feriali di Quaresima (le Domeniche non c’è digiuno).
POSSONO NON PRATICARE L’ASTINENZA:
- i poveri che ricevono carne in elemosina e non hanno altro da mangiare;
- gli infermi, i convalescenti, i deboli di stomaco, le donne che allattano, le donne incinte se deboli; – gli operai che fanno lavori più pesanti quotidianamente;
- mogli, figli, servi, tutti coloro che esercitano un servizio essendovi costretti, e che non possono avere altro cibo sufficientemente nutriente.
POSSONO NON PRATICARE IL DIGIUNO:
- coloro che digiunerebbero con grave incomodo: ammalati, convalescenti, deboli di nervi, donne che allattano o incinte;
- poveri che hanno già poco cibo a disposizione;
- coloro che esercitano un lavoro che è moralmente e ordinariamente incompatibile con il digiuno (es: lavori pesanti);
- coloro che fanno un lavoro intellettuale molto faticoso (es. studenti sotto esami);
- chi deve fare un lungo e faticoso viaggio, per un maggiore bene o per un’opera di pietà più grande se questa è moralmente incompatibile con il digiuno (es: assistenza ai malati).
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MERCOLEDÌ DELLE CENERI
FERIA QUARTA CINERUM

ORÁTIO
Præsta, Dómine, fidélibus tuis: ut jejuniórum venerándasollémnia, et cóngrua pietáte suscípiant, et secúra devotiónepercúrrant. Per Dóminum.
Concedi, o Signore, ai tuoi fedeli: che questo tempo venerando, consacrato ai digiuni, venga da loro accolto con la debita pietà e trascorso con la ferma devozione. Per nostro Signore Gesú Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. M. - Amen. 
LECTIO
Léctio Joélis Prophétæ Joel. 2, 12-19.






Haec dicit Dóminus: Convertímini ad me in toto corde vestro, in ieiúnio, et in fletu, et in planctu. Et scíndite corda vestra, et non vestiménta vestra, et convertímini ad Dóminum Deum vestrum: quia benígnus, et miséricors est, pátiens, et multae misericórdiae, et praestábilis super malítia. Quis scit, si convertátur, et ignóscat, et relínquat post se benedictiónem, sacrifícium, et libámen Dómino Deo vestro? Cánite tuba in Sion, sanctificáte ieiúnium, vocáte coetum, congregáte pópulum, sanctificáte ecclésiam, coadunáte senes, congregáte párvulos, et sugéntes úbera: egrediátur sponsus de cubíli suo, et sponsa de thálamo suo. Inter vestíbulum et altáre plorábunt sacerdótes minístri Dómini, et dicent: Parce, Dómine, parce pópulo tuo: et ne des hereditátem tuam in oppróbrium, ut dominéntur eis natiónes. Quare dicunt in pópulis: Ubi est Deus eórum ? Zelátus est Dóminus terram suam, et pepércit pópulo suo. Et respóndit Dóminus, et dixit pópulo suo: Ecce ego mittam vobis fruméntum, et vinum, et óleum, et replebímini eis: et non dabo vos ultra oppróbrium in géntibus: dicit Dóminus omnípotens.
M. - Deo grátias.
Parola del Signore - ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti". Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perchè egli è misericordioso e benigno, tardo all'ira e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura. Chi sa che non cambi e si plachi e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libazione per il Signore vostro Dio. Suonate la tromba in Sion, proclamate un digiuno, convocate un'adunanza solenne. Radunate il popolo, indite un'assemblea, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: "Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al vituperio e alla derisione delle genti". Perchè si dovrebbe dire fra i popoli: "Dov'è il loro Dio?". Il Signore si mostri geloso per la sua terra e si muova a compassione del suo popolo. Il Signore ha risposto al suo popolo: "Ecco, io vi mando il grano, il vino nuovo e l'olio e ne avrete a sazietà; non farò più di voi il ludibrio delle genti.
M. - Deo grátias.

GRADUALE
Ps. 56, 2 et 4. Miserére mei, Deus, miserére mei: quóniam in te confídit ánima mea.
Misit de coelo, et liberávit me, dedit in oppróbrium conculcántesme.
Sal. 56, 2 e 4 - Abbi pietà di me, o Dio, abbi pietà di me: poiché in Te confida l’ànima mia. Dal cielo manderà a liberarmi, svergognando coloro che mi conculcavano.
TRÀCTUS
Ps. 102, 10. Dómine, non secúndum peccáta nostra, quæ fécimus nos: neque secúndum iniquitátes nostras retríbuas nobis. Ps. 78, 8-9. Dómine, ne memíneris iniquitátum nostrarumantiquarum: cito antícipent nos misericórdiæ tuæ, quiapáuperes facti sumus nimis. (genuflessi) Adjuva nos, Deus,salutáris noster: et propter glóriam nóminis tui, Dómine, liberanos: et propítius esto peccátis nostris, propter nomen tuum.






Sal. 102, 10 - Signore, non ci retribuire secondo i peccati che abbiamo commessi, né secondo le nostre iniquità. Sal. 78, 8-9 - Signore, non Ti ricordare delle nostre passate iniquità: ci prevenga prontamente la tua misericordia, perché siamo divenuti oltremodo miserabili (qui ci si inginocchia). Soccorrici, o Dio nostra salvezza: e a gloria del tuo nome, o Signore, liberaci: e perdona i nostri peccati per il tuo nome.
EVANGÉLIUM
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 6, 16-21.


In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Cum ieiunátis, nolíte fíeri sicut hypócritae, tristes. Extérminant enim fácies suas, ut appáreant homínibus ieiunántes. Amen dico vobis, quia recepérunt mercédem suam. Tu autem, cum jejúnas, unge caput tuum, et fáciem tuam lava, ne videáris homínibus ieiúnans, sed Patri tuo, qui est in abscóndito: et Pater tuus, qui videt in abscóndito, reddet tibi. Nolíte thesaurizáre vobis thesáuros in terra: ubi aerúgo, et tínea demolítur: et ubi fures effódiunt et furántur. Thesaurizáte autem vobis thesáuros in caelo: ubi neque aerúgo, neque tínea demolítur ; et ubi fures non effódiunt nec furántur. Ubi enim est thesáurus tuus, ibi est et cor tuum.M. - Laus tibi, Christe.
In quel tempo Gesù disse: quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. M. - Laus tibi Christe.



























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