Il brano è
tratto dalla predica XI sopra Ezechiele, pronunciata nella prima metà del 1497.
Quare
mater tua leaena? Che vuol dire, popolo cristiano, che la madre tua
è leonessa e dorme e si riposa tra' leoni? Che vuol dire questo, Signore? Che
canzone è questa? Che vuol dire madre leonessa? Io non ho madre leonessa; io ho
paura della leonessa e del leone. No, dice il Signore; egli è cosa da poltroni
avere paura. Sai tu quale è la tua madre leonessa? Ella è la Chiesa. I preti, i
prelati, i principi, mettili tutti insieme: questi sono la madre, ma principaliter sono quelli che hanno cura
delle anime. Questa tua madre soleva essere una bella donna, avere bei capelli,
begli occhi, belle mani, belle poppe, bella bocca. Ella era tutta bella. Oh!
Quale era al tempo di San Gregorio non è oggi. Così era allora piena di santi;
la sua corte, piena di santissimi uomini, pareva un eremo; ma oggi sono piene
le corti di uomini viziosi e scellerati. Che dirà colui che scrive a Roma? Va',
scrivi questo. Aveva allora bella faccia, cioè bei costumi. I capelli belli
erano i pensieri, che aveva tutti a Dio. Gli occhi belli erano: il destro, col
quale riguardava le cose spirituali; il sinistro,
col quale guardava le temporali, le quali distribuiva ai poveri. Guarda San
Gregorio, che dava tutto ai poveri: mangiava sempre coi poveri, aveva l'olfatto
pieno di odore dei santi; la bocca bella alle predicazioni e alle buone parole.
Le poppe colle quali lattava ognuno, erano il vecchio e il nuovo testamento; le
belle mani erano le buone opere piene di carità. Così era la madre tua in quel
tempo; ma non è più donna; non ci è più carità. Dove è la bella faccia, cioè i
costumi? Dove sono i capelli, cioè le cogitazioni delle cose spirituali? Dove sono
le mani, cioè le buone operazioni? Le sono tutte date alla rapina. Le poppe sono tutte guaste: non
ci è gusto niente, non si dà più latte, non ci è più odore di santi; ella è
diventata una leonessa. La donna è diventata leonessa rapace crudele degli
altri animali. La leonessa è molto lasciva, così ora vediamo ogni cosa piena di
lascivia.
Fonte:Opportune Importune...
Il domenicano Girolamo Savonarola iniziò la predicazione dei Quaresimali - era il 17 Febbraio 1496 - con queste parole:
Fatti in qua, ribalda Chiesa, fatti in qua ed ascolta quello che il
Signore ti dice: Io ti avevo dato le belle vestimenta, e tu ne hai fatto
idolo. I vasi desti alla superbia; i sacramenti alla simonia; nella
lussuria sei fatta meretrice sfacciata; tu sei peggio che bestia; tu sei
un mostro abominevole. Una volta ti vergognavi dei tuoi peccati, ma ora
non più.
Il 24 Febbraio tuonò dal pulpito:
Noi non diciamo se non cose vere, ma sono li vostri peccati che profetano contra di voi [...]
noi conduciamo li uomini alla simplicità e le donne ad onesto vivere,
voi li conducete a lussuria e a pompa e a superbia, ché avete guasto il
mondo e avete corrotto li uomini nella libidine, le donne alla
disonestà, li fanciulli avete condotto alle soddomie e alle spurcizie e
fattoli diventare come meretrici.
Egli si scagliava contro le mollezze della Corte papale e quel
Rinascimento che voleva recuperare il paganesimo cancellato dalla
Cristianità medievale. In agosto Alessandro VI gli offrì la nomina a
Cardinale a patto che avesse ritrattato le precedenti critiche alla
Chiesa e se ne fosse astenuto in futuro; fra Girolamo promise di
rispondere il giorno dopo, alla predica che tenne nella Sala del
Consiglio, alla presenza della Signoria:
Non voglio cappelli, non voglio mitrie grandi o piccole, voglio
quello che hai dato ai tuoi santi: la morte. Un cappello rosso, ma di
sangue, voglio!
I suoi strali contro Roma gli valsero la scomunica, fulminata il 12
maggio del 1497: recentemente è stato dimostrato, sia da un carteggio
personale tra il frate e il Papa sia da carteggi tra il Papa e altre
personalità, che quella scomunica era falsa: fu emanata dal Cardinale
arcivescovo di Perugia Juan López a nome del Papa, su istigazione di
Cesare Borgia, che assoldò un falsario per creare una finta scomunica e
distruggere il frate. Alessandro protestò vivamente contro il Cardinale e
minacciò Firenze di interdetto affinché gli fosse consegnato fra'
Gerolamo, così che potesse salvarlo e farlo discolpare, ma era talmente
succube del figlio Cesare che non agì con tutto il potere che aveva né
osò mai rivelare al mondo l'inganno perpetrato dal figlio.
Savonarola impugnò il decreto papale con la sua Lettera a tutti i cristiani e figli diletti di Dio, contro la scomunica surrettizia:
La hai tu letta questa escommunica? Chi l'ha mandata? Ma poniamo che
per caso che così fussi, non ti ricordi tu che io ti dissi che ancora
che la venisse, non varrebbe nulla? [...] non vi maravigliate
delle persecuzioni nostre, non vi smarrite voi buoni, ché questo è il
fine dei profeti: questo è il fine e il guadagno nostro in questo mondo.
L'anno successivo ricominciò a predicare contro Alessandro VI:
Il papa è ferro rotto e non si è tenuti ad obbedirgli, anatema a chi comanda contro la carità. [...] Ogni cosa fanno contro la carità, si elegga al più presto il suo Successore che la barca di Pietro non può attendere.
I tumulti suscitati da Savonarola portarono la Signoria di Firenze ad
incarcerarlo. Fu condannato a morte, assieme ad altri due domenicani,
accusati d'esser scismatici e denigratori della Santa Sede. Il 23
maggio del 1498 egli venne degradato e consegnato al braccio secolare
per esser impiccato ed arso sul rogo. Le sue ceneri furono disperse
nell'Arno.
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