SUICIDIO ASSISTITO DELLA BABILONIA ROMANA DI PAGLIA E FANGO
Nessuno creda che mi metterò a parlare delle squallide questioni in
voga sul suicidio personale e altro. Penso che quello che ci deve
interessare è la matrice di tanto squallore, mascherato di libertà e
dignità umana … di perdersi in eterno. Per salvare da tale perdizione il
Signore è venuto per spartire la vita in questo mondo, fatta di
fatiche, lacrime e sangue, ma che superata nel suo corso, può offrire la
vera libertà, che è il desiderio di conoscere e arrivare alla Verità.
Pertanto il Signore creò la Chiesa, depositaria del Suo Sacrificio,
che raccolse tutti i dolori, fatiche, lacrime e sangue, dovuti agli
errori e peccati degli uomini. A noi spetta onorarlo con amore e
riconoscenza per beneficiare di quel riscatto di cui non saremmo mai
capaci da soli. Perciò parto sempre dalla questione principale.
La missione della Chiesa è, quindi, l’insegnamento di questa
partecipazione nell’onore e amore di Cristo Signore, gloria di Dio e
speranza nostra in mezzo ai molti deliri e delitti umani, da
testimoniare per carità, affinché siano evitati, mentre preghiamo di
esserne preservati, sempre nel Sacrificio affidato alla Santa Chiesa,
fortezza della fede (Dn). Quando manca la sua difesa nel Santuario è
l’ora di tutte le abominazione della desolazione finale. Ci siamo?
Ecco su cosa vigilare, coscienti che già avvenne l’abbandono della
sua difesa, e che ora continua nella Sede che era della Chiesa, ora
occupata da altri per avviare lavori di demolizione ecumenistica,
accompagnate da profusi e scandalosi casi di «communicatio in sacris».
Ma per le questioni gravi della società sono cani muti.
Lavori in corso ma tenuti segreti?
Sembra che le trame per l’aggiornamento bergogliento della liturgia
sia roba segreta, conosciuta solo attraverso voci nei corridoi vaticani.
Ma il fatto che circolino è solo un segnale che si vuole andare oltre
lo scempio che si conosce dal 1967 del «novus ordo missae» NOM! Si
tratterebbe de una commissione mista di cattolici, luterani e anglicani
il cui lavoro sarebbe coperto da silenzio stampa! Ma come, abbiamo foto
di Paolo 6 con la sua commissione di protestanti di allora, e la
promessa della sua evoluzione continua per mettere a punto una messa a
cui sia possibile la partecipazione di tutte le confessioni «cristiane»;
gli ortodossi sono caso aparte.
«L’ipotesi prevede una prima parte di liturgia della parola, che non
presenta problemi; dopo il riconoscimento dei peccati, e la richiesta di
perdono a Dio, e la recita del Gloria, ci sarebbero le letture, e il
Vangelo.
«Sarebbe allo studio il problema del Credo. Le Chiese protestanti,
pur riconoscendo il Simbolo Niceno-Costantinopolitano, recitano di
preferenza il Credo apostolico. La Chiesa cattolica li alterna. In fondo
neanche questo punto dovrebbe costituire un problema maggiore.
«Così come la presentazione delle offerte, anche se da studiare con
attenzione, non sembra offrire ostacoli maggiori al progetto.
[L’offertorio è già stato liquidato dal NOM].
«Il nodo centrale è quello dell’eucarestia. La visione cattolica
dell’eucarestia differisce profondamente da quella luterana e di altre
confessioni protestanti. E naturalmente la liturgia in questo momento
così fondamentale, in cui per i cattolici avviene la transustanziazione
(non così per i riformati) non può non essere diversa per i diversi
celebranti.
«Ma come celebrare una liturgia comune dividendosi chiaramente,
nell’enunciazione, proprio al culmine dell’evento? Una delle possibili
soluzioni prospettate sarebbe il silenzio. Vale a dire che dopo il
Sanctus, nel momento in cui normalmente durante la Messa vengono
pronunciate le parole: “Padre veramente Santo …” i celebranti potrebbero
tacere, ciascuno ripetendo mentalmente la ”sua” formula. La parola
torna a regnare nella congregazione con la recita del Padre Nostro. Non è
chiaro poi come si dovrebbero formare le file per ricevere
l’eucarestia.
«Ecco, questo è quanto abbiamo sentito, e riferiamo. Una parziale
conferma che ci sono, da qualche parte, dei lavori in corso, l’abbiamo
avuta da questo articolo di Luisella Scrosati, su la Bussola Quotidiana,
in cui si parla di un escamotage “trovato” nel Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani, allora presieduto dal Cardinale
Kasper, con il quale si riconosceva la validità dell’Anafora di Addai e
Mari (preghiera eucaristica della Chiesa assira d’Oriente, più
conosciuta come Chiesa nestoriana). Una preghiera che non conteneva le
parole della consacrazione, “se non, come afferma il documento del 2001,
‘in modo eucologico e disseminato’, cioè non in modo esplicito (“Questo
è il mio corpo… Questo è il calice del mio sangue”), bensì ‘sparse’
nelle preghiere che compongono l’anafora. Sarebbe perciò utilissima come
principio giustificativo di una nuova preghiera eucaristica senza
parole consacratorie, che potrebbero urtare i fratelli protestanti”.
Quella liturgia era dedicata solo alla Chiesa caldea e alla Chiesa
assira, nel caso che ci fossero problemi pastorali. Ma figuriamoci se un
dettaglio così minuscolo può avere peso nella febbre ecumenica attuale.
De minimis non curat praetor…»
Parole consacratorie, che potrebbero urtare i fratelli protestanti?
Ma se da sempre la Chiesa del Signore è di scandalo per le
religiosità umane! Si vergognavano i preti di Essa. Ecco che oggi sono
molti dei suoi consacrati a volersi liberati proprio di quanto dava
forza, ragione, difesa della vita nella Unam Sanctam. Che cosa
rimane a loro? Fantasmi di paglia per il gran fallò della fine dei
tempi! Erano liberi di suicidarsi, hanno fatto di questa libertà per
l’inferno, un pegno da insegnare alle masse incretinite e apostate
quanto loro!
In verità, la domanda da porsi per quelli che sperano vedere un
giorno la Chiesa restaurata in una Cristianità che converte e salva, è
semplice: – Quali furono i veri tarli che hanno minato le sue difese? La
risposta viene dai Concili Ecumenici, ma più ancora dall’azione di Papi
Santi.
C’è da risalire ai tempi in cui la Chiesa rischiò d’essere occupata
da deviati sulla Sta. Messa, profanata dalle idee protestanti ed
ecumeniste. Già allora, grandi prelati erano preoccupati di non
approvare dottrine o liturgie che potessero urtare i fratelli
protestanti.
Il Signore istituì la Chiesa firmando il Suo potere divino a Roma
Dal tempo in cui si preparava il II Concilio del Vaticano, vari
studiosi si sono applicati a ristudiare la questione dell’autorità nella
Chiesa. Essa all’inizio fu affrontata da studiosi “progressisti” in
vista dell’eventualità di dover contestare un’autorità papale
tradizionale che resistesse ai piani della pianificata “evoluzione
teologica e liturgica”. Cadendo tale necessità, in conseguenza delle
aperture di Giovanni 23 e poi delle innovazioni liturgiche di Paolo 6,
con il capovolgimento teologico provocato dal Vaticano II, furono gli
studiosi tradizionalisti ad intraprendere lo studio sulla legittimità
delle autorità del nuovo corso. Infatti, esse hanno determinato una
crisi istituzionale nella Chiesa che è tutt’ora in corso e, mal
percepita, sembra di soluzione umana quasi impossibile. Infatti,
nell’intraprendere lo studio sulla legittimità delle autorità hanno
trovato un terreno minato da «opinioni teologali» contraddittorie.
Qualcuno aveva intravisto la normativa della Bolla di Papa Paolo IV
come chiave per schiudere e risolvere la questione dell’autorità. Era di
capitale importanza per la Chiesa occupata dalla “gerarchia
conciliare”, ma essa stessa non era stata più onorata ma dimenticata
dopo S. Pio V.
Altri studiosi scelsero, piuttosto che ricorrere al Diritto canonico,
riprendere tesi formulate da teologi classici come il Card. De Vio
detto Gaetano, il Card. Roberto Bellarmino, Francesco Suarez ecc., che,
pur se in certi aspetti collimano con lo stabilito dalla Bolla Cum ex
apostolatus officio (1559) di Papa Paolo IV, la evitano nella
conclusione. Fatto davvero strano vedere come era possibile avere
opinioni di teologi messe al di sopra di un documento apostolico
infallibile nella materia trattata.
Questa Bolla fu sempre molto avversata per le drastiche misure che
prevedeva, ragion per cui molti ancora oggi cercano di formulare nuove
teorie su basi canoniche o filosofiche, ritenendo che il valore della
Costituzione di Papa Paolo IV sia dubbio, in quanto il suo contenuto non
pare sia direttamente manifesto nel corpo del Codice di Diritto
Canonico voluto da San Pio X e promulgato da Benedetto XV nel 1917.
Naturalmente la materia trattata dalla Bolla è varia e non tutta attuale
nei tempi moderni. Ma la sua parte principale, trattando dell’Autorità
di Dio nella Chiesa è necessariamente di Diritto divino. Perciò le
sentenze «ipso facto» contro delitti al cospetto di Dio, senza necessità
di alcun pronunciamento dell’autorità ecclesiastica, come del resto è
nel Codice Canonico (Can. 188 § 4 del CIC del 1917).
Come cattolici, sappiamo che è il potere spirituale quello che guida
la sorte delle società in Terra. L’azione umana è guidata dal pensiero,
che a sua volta dev’essere guidato dal senso spirituale, per dare valore
alla vita che trascende la materia e il tempo. Nella carenza di tale
direzione cattolica, è patente il crescente grado e conflittualità
dell’ordine planetario. Il che è la controprova della necessità del vero
potere vicario di Gesù Cristo per l’armonia della vita nel mondo. Il
gravissimo problema di questa mancanza è sorto nell’era moderna a causa
di uno spirito di rivoluzione apparso nel Rinascimento, scoppiato con la
Riforma e che ha preso forma dominante con la Rivoluzione francese. In
tutte queste tappe in Papato è stato a rischio, ma ha resistito a
tempeste assai violente. Non così negli ultimi tempi, quando il guaio si
è svelato in forma d’inganno senza veri difensori della Chiesa.
Dai termini della Bolla si capisce come tutto era stato profetizzato,
per quanti hanno «orecchie da sentire e occhi da vedere»
spiritualmente. Parimenti la Bolla «Quo primum tempore» di San
Pio V per la perenne preservazione del Santo Sacrificio della Messa
Cattolica, che oggi si vuole cambiata per non urtare i fratelli
protestanti, suoi accaniti nemici.
Veniamo a questo «suicidio assistito» attuale della chiesa
conciliare, praticato dai suo stessi capi. Come si vede esso fu
lungamente assistito dall’interno e dall’esterno. Dall’esterno dai
nemici miranti a un «papa secondo i loro bisogni» (della massoneria);
Dall’interno, da quei teologi e preti che hanno messo in dubbio le
parole chiare della Bolla sul Papa legittimo:
- 6 – «Nullità della Giurisdizione ordinaria in tutti gli eretici.
«Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un
Vescovo… oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua
promozione a Cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse
deviato dalla Fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse
incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida e
senza alcun valore (nulla, irrita et inanis existat), la sua promozione
od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime
consenso di tutti i Cardinali; neppure si potrà dire che essa è
convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del
possesso o quasi possesso subsequente del governo e
dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione
(adoratio) dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata
da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto
esercizio della sua carica, ne essa potrebbe in alcuna sua parte essere
ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una
facoltà nulla, per amministrare (nullam … facultatem) a tali persone
promosse come Vescovi od Arcivescovi o Patriarchi o Primati od assunte
come Cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali;
ma difettino di qualsiasi forza (viribus careant) tutte e ciascuna
(omnia et singula) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di
amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna
fermezza di diritto (nullam prorsus firmitatem nec ius), e le persone
stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto
stesso (eo ipso) e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione, private
di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere
(auctoritate, officio et potestate).
- 7 – Liceità delle persone subordinate di recedere impunemente alla sua obbedienza.
Nel senso della negazione della definizione apostolica di Papa Paolo
IV abbiamo, non solo tutto l’apparato conciliare che è la
personificazione clericale di quanto accusato, ma anche le pubblicazioni
vaghe come del sìsìnono di dicembre dove si conclude sulla legittimità
de «papa eretico» attuale: “È pacifico, dunque, per la sana e più
alta teologia della 1ª,2ª e 3ª scolastica (San Tommaso, Gaetano, Bañez e
Garrigou-Lagrange), che ammesso e non concesso che il papa cada in
eresia, manterrebbe egualmente la giurisdizione e resterebbe Capo della
Chiesa, pur cessando di esserne membro”. Naturalmente i Papi Paolo
IV e San Pio V sono esclusi di tale “sana e più alta teologia”, sempre
che sia vero che quei teologi dicano realmente il contrario di quanto è
nella definizione papale. Tutto per “risolvere” i problemi dell’autore
dello scritto sulle messe «una cum Papa nostro … », in comunione con
l’eretico pubblico di fronte al Signore crocefisso!
Rivediamo brevemente il tutto: La legge della Chiesa (e ogni logica)
dice che per essere eletto papa nella Chiesa, il «papabile» deve
professare la Fede integra da confermare per mandato divino. Ciò non può
decadere nell’esercizio della carica papale, per cui il Signore ha
pregato (Lc 22, 32). La fede si può tradire, ma conservare per sé (caso
di Onorio I). l’idea di «papa eretico» che non predica la Fede perché ne
è privo ed pure ne predica contro, è una contraddizione in termini; non
può Vicario di Cristo e anticristo, in qual caso va rimosso perché è
già figura contraria alla preservazione e difesa della Chiesa che un
papa rappresenta. Risalendo alla sua elezione nel conclave il cattolico
può trovare dove si è inserito l’errore umano che lo ha reso nullo, con
tutte le sue conseguenze. Chi crede a questo crede alla parola
apostolica e infallibile del Papa. Chi lo nega si poggia su opinioni
nemmeno confermabili, di San Tommaso? Ma per favore! Così vanno verso
quel taglio dell’ossigeno e del vitto soprannaturale della Chiesa che è
la Fede nel Santo Sacrificio della Messa preservato dall’Autorità divina
del vero Papa, suo primo difensore. Ecco cos’è celebrare la S. Messa
professandosi «una cum» quello che vuole – ancora più di Paolo 6 –
imbastardirla nella salsa ecumenista e protestante, pronta a negare la
Transustanziazione, il Mistero di cui vive la vera Chiesa e nella cui
relativizzazione si suicida la setta conciliare.
Il male è che la caduta di questa Babilonia sembrerà inizialmente al
mondo che sia la caduta della Chiesa romana. L’ultimo inganno per tante
anime attaccate più all’aspetto naturale della Chiesa che a quello
soprannaturale in cui vive in eterno.
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