Fonte: Progetto Barruel…
Mons. Jean-Joseph Gaume
Da: Catechismo di perseveranza, versione italiana sulla IV ed. parigina, vol. IV, Napoli 1851 pag. 299-309.
LEZIONE XXVIII
Il Cristianesimo reso sensibile — NATALE
Natale, oggetto di questa festa — Numerazione generale — Adempimento delle profezie — Descrizione della grotta di Bettelemme — Nascita del divino fanciullo — Adorazione de' pastori — Uffizio di Natale — Quello che dobbiamo fare per santificare questa festa, insegnamento della mangiatoja — Allegorìa.
La festa di Natale ha per oggetto la nascita temporale del Figlio di Dio. Il Verbo eterno, eguale in tutto al Padre, e allo Spirito Santo, quello per cui tutto è stato fatto, si è incarnato nel seno della Vergine Maria, ed è nato a Bettelemme in una misera stalla a fine di salvarci; è questo, figli miei, il commovente mistero che la Chiesa propone alla nostra fede in questa solennità. Imitare questo Dio umile, povero e soffrente è ciò ch'ella dice al nostro cuore.
Erano quattro mil'anni che l'uomo colpevole e degradato aveva udita, nell'uscire dal paradiso terrestre, quella parola di speranza: Il Figlio della donna schiaccerà la testa del serpente [1]. Questa preziosa parola fu per molti secoli l'unico conforto della specie umana in mezzo alle sue immense calamità. Il Figlio della donna per eccellenza, il Vincitore del demonio, il Riparatore della caduta, il Ristoratore del genere umano, era l'oggetto di tutti i voti e di tutte le brame. Non mai era stato più ardentemente, e più universalmente desiderato, che sotto l'impero d'Augusto. E il tempo designato per la di lui venuta era giunto, ma faceva d'uopo che la sua nascita accadesse con tutte le circostanze predette dai profeti, e Cristo doveva nascere a Bettelemme affinchè constasse essere egli della stirpe reale di David.
Ed ecco che l'imperatore Augusto volendo sapere, quanti milioni d'uomini piegavano sotto il suo giogo, ordinò una numerazione generale di tutti i sudditi dell'impero. Perchè presiedessero a questo gran censo, egli nominò ventiquattro commissarî che spedì nei diversi punti della terra. Publio Sulpizio Quirino, e secondo i Greci, Cirino, fu incaricato del governo della Siria da cui la Giudea dipendeva.
L'editto promulgato per questa numerazione generale, ordinava a ciascuno, tanto al ricco che al povero, al potente e al meschino di recarsi alla città, ove era nato, o donde era originaria la sua famiglia per farsi inscrivere sul registro romano.
Ora, Giuseppe e Maria, che discendevano ambedue dalla famiglia reale di David, si portarono alla città di David chiamata Bettelemme. I loro nomi vi furono inscritti, e i registri dell'impero romano fecero fede che Gesù, Figlio di Maria, era pronipote di David, e le profezie, che lo avevano annunziato, furono avverate per mezzo di un monumento autentico.
Intanto Giuseppe e Maria giunti nella città de' padri loro cercavano invano un alloggio. O che la loro meschina apparenza non lusingasse l'avidità, o che le osterie fossero piene realmente, da per tutto fu detto loro non esservi più luogo, talchè furono costretti a uscire dalla città e a cercare un ricovero in una grotta che serviva di stalla, ove Maria mise al mondo il Redentore. Le circostanze del parto divino furono da noi narrate nella seconda parte del Catechismo [2]. Ora ci limiteremo, miei cari, a far qui la descrizione del luogo sempre venerato ove accadde il commovente mistero.
«Prima di entrarvi, dice un viaggiatore moderno, il superiore del convento mi pose in mano un cero e mi fece una breve esortazione. Quella santa grotta è irregolare, perchè essa occupa il luogo irregolare della stalla, e della mangiatoia. È lunga trentasette piedi e mezzo, larga undici piedi e tre pollici, è alta nove piedi, ed è scavata nel masso. Le pareti di quel masso, sono incrostate di marmo, ed egualmente di marmo prezioso ne è il pavimento, abbellimenti che si attribuiscono a santa Elena. La Chiesa non prende veruna luce al di fuori, e non è illuminata che da trentadue lampade donate da diversi principi cristiani. In fondo alla grotta, dal lato d'oriente, è il sito ove la Vergine partorì il Redentore degli uomini. Quel sito è segnato da un marmo bianco incrostato di diaspro e circondato da un cerchio d'argento a raggi a guisa di sole. In giro si leggono queste parole :
Hic de Virgine Maria
Jesus Christus natus est.
«Qui Gesù Cristo nacque dalla Vergine Maria. Una tavola di marmo che serve d'altare è appoggiata al fianco della roccia, e s'inalza al di sopra del luogo in cui il Messia venne alla luce. Quest'altare è illuminato da tre lampade, la più bella delle quali fu regalata da Luigi XIII.
«Alla distanza di sette passi, andando verso mezzo giorno, si trova la mangiatoia, ove si scende per due scalini, non essendo ella al pari del resto della grotta. È dessa una volta poco alta scavata nella roccia. Un pezzo di marmo bianco alto un piede più del suolo e scavato in forma di culla indica il sito nel quale il Salvatore del mondo fu coricato sopra la paglia [3].
«Due passi più oltre, in faccia al presepio, è un altare che occupa il luogo ove Maria era seduta quando offrì il Figlio de' dolori all'adorazione de' Magi.
«Nulla più leggiadro e che inspiri maggior devozione di quella Chiesa sotterranea. Io vi ho sentito un organo suonare eccellentemente alla messa le arie più dolci e tenere de' migliori compositori d'Italia, ed esse incantano l'Arabo cristiano, che lasciando i suoi cammelli alla pastura, si reca ad imitazione degli antichi pastori di Bettelemme, ad adorare il re de' re nel suo presepio. Ho veduto quell'abitante del deserto comunicarsi all'altare de' Magi con un fervore, una devozione, una religione sconosciuti a' cristiani d'Occidente. Niun luogo dell'universo inspira maggior devozione. L'arrivo continuo delle caravane di tutte le nazioni cristiane, le preghiere pubbliche, le prostrazioni, la ricchezza stessa de' doni mandativi da' principi cristiani, tutto ciò eccita nell'anima nostra sensazioni che meglio possono sentirsi che esprimersi [4].»
Nel momento in cui Giuseppe e Maria giunsero alla grotta, vi si trovava un bue ed un asino, il cui fiato servì a riscaldare il bambino. È vero che la Scrittura non fa menzione di tal circostanza, ma essa è appoggiata alla tradizione comune, e data per certa dai Padri della Chiesa, i più in grado di esserne informati. Sono essi san Girolamo, san Gregorio di Nazianzo, san Gregorio di Nissa, e Prudenzio; il Baronio sostiene vittoriosamente questa interessante tradizione [5].
In quella caverna Maria mise alla luce il suo Figlio divino senza provare alcuno de' dolori comuni alle altre madri, e rimase vergine prima e dopo il parto. Chi può imaginare il giubbilo coi quale essa vide co' propri occhi, e adorò il Creatore del mondo fatto uomo per amor nostro! Qual contentezza per lei, quando nel contemplare quello che adorano gli Angeli ella pronunziò per la prima volta quella parola, che fino allora non era stata che nella bocca del Padre eterno, figlio mio! Con qual venerazione toccò ella quello che sapeva essere il suo Signore? Chi potrà spiegare i sentimenti del di lei cuore verginale e materno, quando lo avvolse in poveri cenci e lo coricò nel presepio sopra la paglia? di quali affettuosi baci nol coprì ella? con qual santa trepidazione considerava ella il di lui volto e le tenere di lui mani? con qual santa gravità ne cuopriva ella le piccole membra? [6]
San Giuseppe, partecipe dei mistero, divideva per quanto stava in lui i sentimenti di Maria. Ei prendeva, dice san Bernardo, il bambino tra le braccia, e gli prodigava tutte le carezze che può inspirare un cuore ardente d'amore.
Nel momento, in cui si operava il prodigio, Dio volle che gli uomini e gli Angeli, il cielo e la terra andassero a porgere il loro omaggio al loro comune Redentore. Ma quali saranno i felici mortali cui Dio compartirà per i primi un tale onore? Augusto, che detti leggi all'universo, Erode che comanda alla Giudea, ricchi che abitate Gerusalemme e Bettelemme, imperatori, re, principi della terra, voi dormite ne' vostri dorati palazzi, nè sarete voi quelli che gli Angeli verranno a destare dal sonno per chiamarvi al presepio, no, voi non ne siete degni. Il nuovo re abbisogna di cortigiani, che lo comprendano, e voi nol comprendereste, che amino la povertà della sua nascita, e voi non l'amereste.
Ora, nelle vicinanze della grotta eranvi de' pastori, che vegliavano a guardia de' loro greggi. Tutto ad un tratto veggono sopra le loro teste un vivo splendore in mezzo alle tenebre, e in quella gloria loro apparisce un Angelo che dice: Non temete, perchè io vengo a recarvi una nuova che sarà per tutto il popolo una cagione di grande allegrezza. Oggi, nella città di David, vi è nato un Salvatore che è il Cristo, il Signore. Ecco il segno al quale lo riconoscerete: troverete un bambino, avvolto ne' cenci e coricato in un presepio. Nel medesimo punto si unì all'angelo una falange dell'armata celeste che lodava Dio dicendo: Gloria a Dio nell'alto de' cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà [7].
Quando gli angeli si furono ritirati, i pastori presi dallo stupore dissero gli uni agli altri: Andiamo a Bettelemme e vediamo quello ch'è accaduto, ciò che il Signore ci ha fatto conoscere; e senza intervallo s'incaminarono verso la stalla, ove trovarono il neonato avvolto in cenci e coricato nel presepio, con a lato Giuseppe e Maria. I pastori vedendo essersi adempito tutto ciò che l'Angelo aveva detto, riconobbero in quel fanciullo il Salvatore promesso a Israello, gli prestarono i loro omaggi e so ne tornarono a' loro greggi glorificando e lodando Dio [8].
Così uomini semplici, poveri e oscuri furono i primi informati della nascita del Messia, i primi a cui Dio Padre riserbò l'onore di deporre i loro omaggi a' piedi del Figlio suo; questo solo avvenimento contiene tutta una rivoluzione morale. È desso il principio di quel nuovo ordine d'idee che deve cangiare la faccia del mondo. Ricchezze, dispotismo, orgoglio, il vostro regno è finito, incomincia quello del disinteresse, dell'umiltà, della carità.
Quelle parole che l'angelo disse a' pastori: non temete, vi è nato un Salvatore, la Chiesa cattolica le indirizza ogni anno a tutti i suoi figli, a voi, figli miei, del pari che a me. Durante l'avvento ella si era giovata della voce d'Isaia e di Gio. Battista per dirci: preparate le vie del Signore; verrà il momento, in cui tutta la carne vedrà il Salvatore inviato da Dio. Poi quando le quattro misteriose settimane sono prossime al loro fine, essa prescrive un ultimo giorno di digiuno e di preghiera; santificatevi, ella ci dice, domani il Signore farà tra voi delle cose meravigliose.
Onde associarci alla fortuna dei pastori, ella vuole che noi passiamo la notte in preghiere. Nel tempo di que' bei Mattutini essa canta le antiche promesse fatte ai Patriarchi e ai Profeti, e ripete la miseria dell'uman genere, la bontà e le glorie del Redentore tante volte annunziato. A un tratto un diacono scende dal santuario, preceduto da faci, e portando sopra la testa il libro che contiene l'adempimento di tutte le promesse, di tutte le figure, e di tutte le profezie. Arrivato alla tribuna ei canta la genealogia del Redentore Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo, e finisce con queste parole;Giacobbe generò Giuseppe sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù che è chiamato Cristo [9]. A questo canto sublime, tutte le voci rispondono con l'inno d'amore, il Te Deum.
Ed ecco che il sacerdote sale all'altare, e subito il bambino di Bettelemme, incarnato di nuovo tra le mani del suo ministro, sarà fatto presente alle adorazioni e all'amore de' fedeli. Si avvicina la comunione; è questo il momento delle delizie ineffabili; allora si fanno udire de' lieti cantici natalizi, avanzi preziosi della fede viva e della schietta devozione de' nostri antenati. Felici di una felicità che non si conosce se non in quel giorno, i nuovi pastori si ritirano alle loro case lodando e benedicendo Dio. Ivi è preparato un convito lieto, perchè innocente; il pasto del Natale unisce alla stessa mensa i parenti e i vicini; e come mai non amarsi, quando abbiamo adorato il Salvatore comune e partecipato alla sacra sua mensa? Come non rallegrarsi quando ci vien concesso un gran benefizio?
Al far del giorno si fa di nuovo udire la campana. Per la seconda volta il sacerdote sale all'altare, e quelli che hanno vegliato nella notte empiono la Chiesa, e prestano i propri omaggi al divino fanciullo.
La messa cantata riunisce alcune ore dopo tutti i fedeli che la sera ritroverà ancora dinanzi agli altari del Dio neo-nato. E sempre nuovi cantici e nuove emozioni. E come esser potrebbe altrimenti? Vi ha un giorno più bello del giorno di Natale? Vi è stato un giorno che abbia dato agli uomini ciò che la notte di Natale ha recato loro nella sua oscurità? In quella notte gli sventurati hanno acquistato un fratello, gli schiavi un liberatore, i fanciulli un amico, i dottori un maestro, i re un campione, la morte un vincitore. Lasciate dunque che gli uomini si rallegrino nel Signore, come la terra si rallegra ogni mattina quando sorge il sole a liberarla dalle tenebre. Il Natale è la grande aurora della nostra liberazione; Gesù Cristo nascente è il sole di giustizia che sorge nel mondo per allontanarne le ombre della morte.
Osservate anche qual entusiasmo, qual santo delirio regna nell'uffizio che cantano i nostri sacerdoti! Ascoltateli:
«Collina di Sion, giubbila per l'allegrezza ... figlie di Gerusalemme, vestitevi de' vostri abiti da festa, e cantate, cantate nuovi cantici.
«Sorgi, Gerusalemme, scuoti la polvere da' tuoi capelli, rompi la catena del tuo collo; sorgi, il tuo Salvatore è venuto!
«Tu sei stata venduta, ed il Signore ti ha riscattata; canta, o Gerusalemme.
«Il Signore ha detto: Assur ha oppresso il mio popolo, l'ingiustizia e la crudeltà si sono aggravate sopra di lui; bisogna ch'io lo liberi; prima io parlava, ora eccomi presente.
«L'abbondanza e la pace sorgono col giorno del Signore.
«La verità è uscita dalla terra, e dall'alto de' Cieli la giustizia ci ha guardati.
«Cantiamo dunque, cantiamo dunque nuovi inni al Signore, e canti con noi tutta la terra!
«Cantiamo al Signore e benediciamone il nome.
«Annunziamo all'universo il giorno della sua salute.
«Le nazioni ripetano i miracoli ch'egli ha fatti, e i popoli stieno nell'allegrezza!
«In ciò veramente il nostro Dio è grande, il suo nome è degno di lodi, e la sua potenza domina tutto ciò che esiste.
«Che sono gli Dei delle nazioni straniere, di fronte al nostro Dio? demoni dell'abisso; ma il nostro Dio è quello che ha fatto il cielo e la terra, il firmamento con le sue stelle, e il mare con i suoi flutti.
«Il cielo dunque gioisca, che la terra esalti, che il mare si agiti, e sollevi le masse delle sue acque in segno di allegrezza, e che i campi e tutte le piante che vi allignano palpitino di piacere, perchè ecco è venuto il giorno del Signore [10].»
Così passa per i cristiani il bel giorno di Natale. Ora ditemi: se vi ha un gastigo per l'indifferente e per l'empio, non consiste forse nel non gustare le gioie di questa solennità? Non consiste forse nel non vedere nel giorno di Natale che un giorno comune?
Per evitare questa sventura rechiamoci, figli miei, a Bettelemme, e là inginocchiati davanti a quel presepio domandiamo a noi stessi: che vuole da me quel fanciullo? e le sue piccole membra, i suoi vagiti, e quella paglia, e i suoi miseri stracci risponderanno.
Ei vuole guarirmi. Son io dunque malato? Sì; nel giorno della sua ribellione il mio primo padre ha ricevuto dal demonio tre colpi mortali, donde sono derivate tre ampie piaghe ch'ei mi ha trasmesse, cioè, l'amore smodato delle ricchezze, l'amore smodato degli onori e l'amore smodato dei piaceri. Questo triplice amore è stato una febbre ardente; per quattromila anni il genere umano è stato in un continuo delirio, e si è veduto questo gran malato agitarsi come un furioso sul suo doloroso giaciglio; afferrando a vicenda tutte le creature per calmare la sete che lo divorava, ei le ha tormentate in mille guise, onde forzarle a porgergli un poco di sollievo; quindi si è prostrato a loro piedi, e con voce supplichevole ha chiesto loro l'elemosina della felicità. Vane preghiere! inutili sforzi! e nella sua disperazione egli ha maledetto tutte le creature, ha maledetto la vita, ha maledetto sè stesso, ed ha esclamato per bocca del più felice tra i mortali: vanità, menzogne, afflizione, tutto è illusione [11]. Val più il giorno della morte che il giorno della nascita [12].
E per tutto quel tempo l'uomo ha posto in dimenticanza Dio, il proprio fine, la propria natura. Creato nell'onore e nella gloria, ei si è reso simile alle bestie brute; e come un torrente alimentato da tre ampie sorgenti l'iniquità si è sparsa su tutta la superficie del globo, e sono corsi fiumi di sangue e di lacrime; e la schiavitù ha regnato, e il demonio ha goduto per lungo tempo di un insolente trionfo.
Ed io ho ereditato le tre malattie de' padri miei, e queste malattie tendono sempre a svilupparsi in me; ma ecco che questo divino fanciullo è venuto a guarirmi. All'amore immoderato delle ricchezze, degli onori e dei piaceri, egli oppone la povertà, la mortificazione e il patimento. Egli mi dice: figlio mio, distacca il tuo cuore da tutte questo cose, io sono sceso dal cielo per istruirti. È vero che il mondo ti predica una dottrina opposta alla mia; ebbene, una delle due, o io m'inganno, o il mondo t'illude. Ma io sono la eterna sapienza, nè posso indurre te in errore nè esservi indotto. La tua stessa ragione, la tua esperienza, l'esperienza altrui non vanno forse d'accordo col mio insegnamento per dirti: le ricchezze, gli onori, i piaceri non possono formare la tua felicità, perchè sono essi beni caduchi, mentre tu sei immortale; essi sono beni finiti, mentre i desiderî del tuo cuore sono infiniti. E che mi costerebbe il dirti che tu ami le ricchezze, gli onori e i piaceri, e il dartene a seconda delle tue brame? Ma questa dottrina e questa condotta formerebbero la tua sventura; io ti amo troppo per ingannarti; dunque istruisciti al mio presepio.
Oh sì, ascoltiamo con rispetto le lezioni del presepio; amiamole, pratichiamole, la nostra felicità è a tal prezzo. Ohimè! il mondo antico fu sventurato appunto per non averle conosciute; ed è per averle praticate che la terra ha goduto lunghi secoli di felicità e di gloria; è per averle dimenticate che la società moderna è ridivenuta un'arena insanguinata, ove gli uomini armati gli uni contro gli altri si battono come maniaci per un poco di fango che si chiama oro, e per un poco di fumo che si chiama onore.
Il Figlio di Dio ha dunque tolto al cuore dell'uomo l'oggetto costante delle sue affezioni fino dalla caduta originale, cioè le creature. Ma, Dio mio, voi mi desolate, io sono fatto per amare, io non posso vivere senza amare, e dicendomi, tu non devi amare, voi mi date un colpo mortale. È vero, ma, oh bontà, oh sapienza, che non potrò mai amare, non mai ammirare abbastanza! ma a questo comando se ne aggiunge un altro: Tu amerai con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta l'anima; che? non il finto, non la menzogna, non l'ombra vana, ma l'infinito, la stessa realtà, Dio in vece delle creature.
Ed ecco che affine di far gustare questo nuovo oggetto di amore, per rassicurar l'uomo che dopo l'anatema del Paradiso terrestre tremava, fuggiva, si nascondeva al solo udire il nome di Dio, che tanto temeva vederlo quanto morire, ecco che questo grande Iddio si fa bambino e si presenta a noi sotto la forma più amabile, più carrezzevole, più incoraggiante che sia possibile imaginare. Oh uomini! intendete gli ammaestramenti di Bettelemme e voi siete guariti. Da una parte, disingannate il vostro cuore, distaccatelo dalle creature; dall'altra dirigetene gli affetti sopra l'oggetto che vi viene presentato, sopra un Dio vostro principio e vostro fine, divenuto vostro amico, vostro fratello, l'osso delle vostre ossa, la carne della vostra carne. Che abbisogna per questo? Buona volontà! voi vedete che le condizioni apposte dal vostro Dio non sono difficili; perchè chi vi ha che non abbia, o che non possa avere buona volontà? a ciò non richiedesi nè scienza, nè educazione, né nobiltà.
Guarirmi: ecco dunque ciò che vuole da me questo fanciullo. Intendi tu, o mio cuore?
Amiamo dunque il fanciullo di Bettelemme, amiamo dunque il fanciullo di Betlelemme [13]. Tanto più deve il suo amore eccitare il nostro, ch'esso è assolutamente gratuito e che passa ogni imaginazione. Ascolta, anima mia, voglio narrarti un fatto:
Un viaggiatore schiacciò nel camminare un vermiciattolo e lo uccise, ma sentì compassione di quel povero insetto. Un incognito gli apparve e gli disse: se tu vuoi render la vita a quel vermiciattolo, io te ne additerò il mezzo. Bisogna che tu acconsenta a diventar verme della terra e a lasciarti aprire le vene in quattro luoghi, e del tuo sangue si formerà un lago nel quale il vermiciattolo resusciterà. Tu scherzi, rispose il viaggiatore; che importa a me che quel vermiciattolo resusciti o no? Mi credi tu sì stolto da dare la mia vita per la sua? Questa risposta era tanto più ragionevole, che il viaggiatore era figlio di un gran monarca, e che quel verme non era un insetto innocente, ma un aspide ingrato, che dopo essere stato altra volta riscaldato in seno all'illustre giovine aveva voluto ucciderlo.
Tuttavia ecco il principe viaggiatore, mosso da una compassione infinita, acconsente di divenire verme della terra e morire per resuscitare il rettile. E tutti quelli che udirono questo racconto dicevano: quel principe era folle di amore! Qual sarebbe stata la riconoscenza del vermiciattolo se fosse stato capace di ragione?
Ebbene, ecco, anima mia, quello che il Figlio di Dio ha fatto per te. E chi sei tu? e che è l'uomo se non un verme della terra, e un verme ingrato e perfido? In confronto di Dio tu sei da meno d'un verme in confronto dell'uomo. Che importava a Dio che questo nulla ribelle rimanesse nel suo peccato e fosse sepolto nell'inferno come lo aveva meritato? E tuttavia questo grande Dio ha avuto tanto amore per te, anima mia, che per liberarti dalla morte eterna si è primieramente fatto verme di terra simile a te, poi per renderti la vita ti ha apprestato un bagno del suo sangue adorabile. Oh, sì, così è, tutto ciò è di fede. Ascolta: E il verbo si è fatto carne, e ci ha lavati nel proprio sangue, e ci ha resuscitati [14]. E dopociò, anima mia, tu potresti obliarlo! Tu avrai in cuore bastante amore da darne agli animali che ti servono, e non ne avrai pel tuo Liberatore! oh, nol credo; poichè tu di buon cuore dici: se qualcuno non ama il fanciullo di Bettelemme sia anatemizzato!
Ecco, figli miei, nel più semplice significato quello che il Figlio di Dio ha fatto pel genere umano. In memoria di questo miracolo d'amore la Chiesa ha instituita una festa il 25 dicembre, perchè in quel giorno preciso a mezza notte nell'anno 4004 del mondo accadde quel grande avvenimento. San Grisostomo prova a meraviglia che la Chiesa di Roma ha potuto sapere esattamente il giorno della nascita di Gesù Cristo e insegnarlo alle altre chiese, perchè quella nascita accadde al principio della numerazione generale ordinata da Augusto ed eseguita da Quirino nella Giudea. Ora, quella qualità di atti pubblici o carte erano conservate accuratamente a Roma negli archivi dell'impero [15].
Del resto fa di mestieri risalire ai primi secoli per trovare l'origine della festa di Natale [16]. In quel giorno ogni Sacerdote celebra tre messe; la prima per solennizzare la nascita eterna del Figlio di Dio nel seno di suo Padre; la seconda la sua nascita nella beata Vergine Maria; la terza la sua nascita spirituale nelle anime nostre per mezzo della fede e della carità.
In addietro i Sacerdoti avevano l'uso di dire ogni giorno più messe, e avevano libertà di condursi in ciò a norma della propria devozione. Il concilio di Salgunstadt presso Magonza, tenuto nel 1002 ne limitò il numero a tre per ogni Sacerdote ogni giorno. Ma il Pontefice Alessandro II che morì nel 1073, cangiò quell'uso, e non lasciò più la facoltà di dire tre messe se non che nel giorno di Natale. I cattolici fanno benissimo ad assistervi, ma la Chiesa non ve gli obbliga, bastando una sola per soddisfare al precetto.
PREGHIERA.
Oh, mio Dio! che siete tutto amore, io vi ringrazio che abbiate inviato il vostro divino Figlio per ricomprarci; fateci imparare, amare e praticare le lezioni ch'egli ci dà al presepio.
Io mi propongo di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come me stesso per amor di Dio, e in segno di questo amore io dirò spesso: divino fanciullo Gesù, rendete il mio cuore simile al vostro.
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NOTE:
[1] Gen. III, 15.
[2] Lezione II.
[3] Il presepio stesso in cui fa collocato il Salvatore è di legno e si conserva a Roma nella Chiesa di Santa Maria Maggiore: vi fu portato con alcune pietre tagliate dalla roccia nella caverna di Bettelemme nel secolo VII, come lo ha dimostrato Benedetto XIV, lib. IV, de Canonis. part. 2.
[4] Itinerario da Parigi a Gerusalemme, t. II, p. 157.
[5] Annal. an. I, n. 3.
[6] S. Bonav. vit. Christi c. 10. [«Cum quanta sollicitudine et diligentia ipsum gubernabat, ne in minimo esset dejectus. Cum quanta etiam reverentia, et cautela, et quo timore ipsum contrectabat, quem sciebat esse Deum suum et Dominum suum, flexis genibus accipiebat, et imponebat eum in cunis! Cum quanta etiam jucunditate et confidentia, et auctoritate materna, ipsum amplexabatur, osculabatur, stringebat dulciter, et deleclabatur in eo, quem sciebat esse filium suum! Quam saepe curiose intuebatur eum in vultu, et singulis partibus ejus sacratissimi corporis! quam seriose ac pudenter tenella membra fascia componebat!» Meditationes vitae Christi cap. X, S. Bonaventurae Opera Omnia, tom. XII, Parisiis 1868, pag. 523. N.d.R.]
[7] Luc. I.
[8] Luc. II, 9, 20.
[9] Matt. I, 16.
[10] Quadro delle feste, p. 64.
[11] Eccl. I, 2.
[12] Id. VII, 2.
[13] Amemus puerum de Bethleem; amemus puerum de Bethleem. Amiamo il fanciullo di Bettelemme, amiamo il fanciullo di Bettelemme. È questa la divisa e il grido di guerra del serafico san Francesco.
Vedi i Sermoni per il Natale, di s. Liguori. Invano si cercherebbe alcun che di più commuovente.Opere complete t. VI.
[14] Joann. I, 14. Apoc. XV. Eph. II, 6.
[15] Serm. XXXI, p. 466.
[16] Aug. Epist. CXIX, c. I, 2.
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