sabato 20 giugno 2015
I FONDAMENTI DELLA FEDE...
La vita eterna si è che conoscano te, solo vero
Dio e Gesù
Cristo mandato da te. S. Giovanni,
XVII, 3.
Egli è mio divisamento parlare de' sostegni della fede,
non già delle speciali dottrine della teologia cattolica, ma dei
sostegni o del fondamento sopra cui tutta quanta la fede posa.
Arduo tema al trattarsi; sia perchè argomento d'indole proemiale
e d'arida trattazione, sia ancora perchè non riesce faccenda
agevole di por mano ad una materia da sì gran pezza in
dibattimento, senza trattarla in tuono di vivida controversia. Ed io lo
crederei uno sfregio al sacro carattere della medesima verità,
se m'inducessi a maneggiare un tema, cotanto sacro e sì
necessario, nel tuono [= tono
N.d.R.] di mera disputazione.
Impertanto desidero di
parlare a gloria di Nostro Signore, e, Dio concedente, in aiuto di
chiunque cerca la verità.
Stabilire saldi ed incrollabili fondamenti di nostra fede egli è
cosa pur necessaria ad ogni tempo, conciossiachè, essendo il
fine dell'uomo la vita eterna, ed essendo il mezzo di questo fine la
cognizione di Dio e di Gesù Cristo mandato da lui; il nostro
essere morale, intellettuale e spirituale, ne importa necessità
di conoscere rettamente, e mercè la cognizione, essere unito
alla mente e volontà di Dio. E ciò che è
necessario in ogni tempo, è necessario poi segnatamente in
questo. Imperocchè questa terra una volta piena di luce, una
volta unita alla grande comunanza del cristianesimo, ed innestata sulla
mistica vigna, onde per ogni ramo, per ogni brocco [= germoglio N.d.R.]
circola la vita e la
verità, son trecento anni, da uomini perversi, a perversi fini,
fu di taglio appartata dal mondo cristiano, ed istrappata
dall'unità di Cristo. Or da quel tempo, quale si fu la storia
religiosa dell'Inghilterra? Lo scisma che ricise Inghilterra dalla
divina tradizione della fede, la svelse
dello stesso fendente dalla sorgiva [= dalla sorgente N.d.R.] della certezza; lo
spartimento,
onde fu tronca Inghilterra dall'unità della Chiesa dilatata per
tutto il mondo, piantò il principio di scisma nelle sue viscere.
L'Inghilterra schiantata dall'unità cattolica, dirupò
come frana da greppo [= ripa
N.d.R.] stritolandosi per la sua
massa medesima e
gravità in frantumi. Inghilterra, Scozia, Irlanda sbrancaronsi;
ognuna, religione propria; ognuna, regola di fede propria. Da scisma
contraddizione, da contraddizione incertezza, contrasto e dubbio.
Nè si sta qui. Quello stesso principio di scisma che
separò l'un dall'altro i tre regni, dilatossi più oltre.
In ogni punto divisione menava divisione. Ogni chiesa protestante in
ragione del suo proprio costitutivo nutriva in seno il principio ad un
tempo della sua nascita e della sua morte, vo' dire il giudizio
privato.
E il giudizio privato, compiendo gli effetti suoi su gl'individui,
cagionò scisma da scisma: a tale, per confessione d'uno
scrittore, e scrittor protestante, che nel secolo diciassettesimo,
nell'auge massimo del protestantismo, le sette dell'Inghilterra
sommavano da due a tre centinaia.
Se non che v'hanno cause ed eventi a noi più da presso che
rendono più che mai necessario il tornar addietro da capo ai
fondamenti unici della certezza, e ripristinare la base della Fede. Il
religioso stabilimento per sì lungh'anni creduto Chiesa,
corporazione in possesso di tre secoli di tradizione, sorretta dal
braccio di questa potentissima nazione, mantenuta dalla forza delle
leggi e dell'autorità, investita di dignità e gradi
politici, con alle mani vaste dotazioni, non già di terre ed oro
soltanto, ma, ciò che torna assai più importante, dei
tesori che si ragunò [che
aveva messo insieme N.d.R.]
la Chiesa Cattolica, e dei quali fu
iniquamente diserta [spogliata
N.d.R.], cioè le
università, i collegi e
scuole; questa grande corporazione, colta nell'intelletto,
racchiudente in sè stessa la vita nazionale nell'intera sua
forza e maturità, sonata l'ora dell'esperimento, fu
interrogata sulla sua fede, e volendo rispondere prevaricò. Fu
addimandata parlasse quale maestra, inviata di Dio; non potè;
Dio non l'avea mandata. Cotalchè l'estrema speranza di certezza,
qui fra le protestanti congregazioni rimasta, chiarì la propria
impotenza nel magistero. La corporazione a cui gli uomini attribuivano
follemente del divin magistero della Chiesa, nella sua missione e nei
suoi ordini si proclamò cosa umana.
Or che ci è dato mai vedere in questo paese? Sette senza
numero,
che si partono, e si ripartono senza intermissione; ognuna balda di
egual fidanza, tutte contraddittorie: è quella comunione che
signoreggia, in pretensione d'autorità magistrale, una babele
essa stessa d'intestine contraddizioni. E come ciò?
Perchè la regola della Fede è perduta, perchè
è disterminato [= distrutto
N.d.R.] il principio della certezza.
Prendete un esempio
illustrativo molto alla mano. In questa popolosa città
commerciante, in cui gli uomini dall'alba al tramonto affannosi ed
irrequieti, comprano, vendono cambiano, contrattano: ponete che le
regole del conteggiare più non esistano, le ragioni del calcolo
sianvi dileguate; che viluppo d'errori, che subisso di liti, che
fallimenti, che finimondo! S'aggiunga la supposizione che in questo
grande impero occupato sì largamente in negozii, le cui navi
ricuoprono i mari e gli oceani, venisse a perire onninamente la scienza
astronomica, e l'arte della navigazione e tutte le spiagge
dell'universo sarebbero ingombre de' rottami de' nostri naufragi.
Nè va altrimenti nel mondo spirituale. Perduta una volta la
regola della Fede, gli uomini sviano di carriera e si perdono. E tutto
ciò proviene da che l'uomo arrivò a stabilire come fermo
filosoficamente, che nella rivelazione non v'ha dottrina
definitivamente accertata, come se, proprio, ivi la verità non
avesse definito contorno. E ci avvien di trovare in
persone gravi, e
se vi piace, dabbene, una dichiarata ostilità, contro ogni
determinata affermazione della verità religiosa. Ei lo dicono
dogmatismo. Non possono darsi pace sul Credo atanasiano. Oh! egli
è troppo preciso, è troppo presuntuoso. Se ne risentono
come chi disabituato s'incontra improvvisamente cogli occhi
sull'immagine del Crocifisso Nostro Signore; ei ne risalta
precisamente per la sua determinatezza; e non altrimenti che alla
vista d'un Crocifisso inaspettatamente incontrata ne segue un urto,
così un urto del pari cagiona la definita affermazione della
verità. Ella imprime nell'animo forzatamente la realtà
della fede. Si spaccia comunemente oggidì, la verità
religiosa non poter esser compresa in definito contorno, e ciascheduno
dover pensare a scoprirsela e determinarsela per sè medesimo, e
per quanto, sia questi, sia quegli, se la voglia determinata, tutti
stringe ugualmente una legge comune: niuno deve esser certo. Ognuno
deve concedere tanto di certezza altrui, quanto ei pretende per
sè. La certezza obbiettiva è ita. Il supremo criterio
della certezza per ciascheduno non è, in somma, che la
convinzione del suo proprio intelletto. E ciò in nulla meno che
nella divina rivelazione; in nulla meno che in quella cognizione, in
cui consiste l'eterna vita.
I. Rispondendo adunque, io affermo assolutamente, che ogni
cognizione
deve esser precisa, e che, senza precisione, vera cognizione non v'ha.
Il voler dirci che noi possediamo una cognizione religiosa, ma non
precisa, va del pari coll'asserirci che v'è un colore, ma non
discernibile. Ogni verità parziale
è tanto bene distinta, quanto sono distinti i colori nell'iride:
rimescolateli, e non avete che indistinguibile confusione. E tanto
per appunto avviene nella religiosa cognizione. Le dottrine distinte e
determinate, come le stelle nel cielo, se avvenga che sieno oscurate
dal tenebror della mente, perdono la lor precisione, sfumano, e si
dileguano dalla vista.
E non è questa una verità per ogni sorta di cognizioni?
Si tolga un esempio dalle scientifiche discipline. Che direbbe un
matematico d'una figura geometrica non distinta e determinata? Che
saria d'un qualsiasi problema fisico, esempligrazia, d'ottica, di
meccanica, d'ingegneria, o d'arte qualunque, onde l'uomo soggioga a suo
pro la natura, s'egli fosse indeterminato? Come potrebbesi ridurre in
formula, come sommetterlo al calcolo? Inoltre a che riducesi la storia
non determinata? La storia, quando non è ricordo di fatti
determinati, non è mica storia, è mitologia, favola, e
rapsodia. Dal punto, che l'istoria cessa d'esser determinata, comincia
ad essere favolosa. Si osservino pure le scienze morali: che
sono le leggi morali, quando sieno indeterminate? La legge
indeterminata non crea obbligazione. Legge non potuta sancire chiara e
precisa, non riesce conoscibile; e se tale, non può pretendere
ubbidienza. Se non mi dite ricisamente, farete ciò, e
ciò non farete; la vostra legge non ha giurisdizione alcuna
sulla mia coscienza. E quanto avviene rispetto alle umane cognizioni,
tanto a maggior ragione occorre della divina. Se havvi cognizione
rigorosamente e precisamente definita o determinata, si è
appunto la cognizione che Iddio rivelò di sè. Ella
è certamente finita, ma pur ben definita: finita a quella
stregua, onde veggiamo la terra, la cui figura è tonda; e
perchè la breve nostra veduta non si lontana più innanzi,
ci si para siccome un'ampla espansione.
Oltracciò ricavisi anche l'esempio dalle più sublimi
speculazioni; quando discorriamo di sapienza, di bontà, di
possanza, noi leviamo la nostra mente agli attributi di Dio. Trovando
tali qualità in essere finito, e noi pur le nominiamo colle
medesime appellazioni. Nè va altramente nel fatto
della cognizione. Che cosa è mai la cognizione in Dio, se non
che un'infinita e definita comprensione del vero increato ed eterno?
La cognizione che Iddio ha di sè stesso e delle sue opere,
è scienza divina, tipo ed esemplare di tutte. Discendiamo
dall'altissimo della divina perfezione; qual'è la
cognizione negli Angeli, se non pur definita, comechè in
intelletto finito? E la cognizione dell'uomo, prima della caduta,
ancorchè finita, non era pur definita? Quale adunque si
è la cognizione che Iddio ristorò nell'uomo
mediante la rivelazione, se non che una cognizione definita, una
partecipanza di sua propria cognizione? La verità rivelata che
cos'è in Dio rivelante, se non un vero armonico e distinto?
Che fu la cognizione che rivelava il dì della Pentecoste lo
Spirito Santo, se non una cognizione armonica e distinta? Qual fu il
concetto di quella cognizione nelle menti inspirate, se non un concetto
del pari armonico e distinto? E che cosa mai fu quella cognizione
comunicata dagli Ispirati a quelli che credevano, se non una cognizione
armonica e distinta, siccome innanzi? E che fia, se il ciel vi
salvi, quest'unità, questa armonia, questa distinzione di
cognizione, cui Dio, mercè G. C., rivelava di sè
medesimo, se non la fede che professiamo nel nostro simbolo? La nostra
fede battesimale di sostanza e d'espressione, d'implicita e d'esplicita
significanza, articolo per articolo, non è men definita, non
è men vigorosamente espressa e precisa di qualunque teorema
nelle scienze.
Egli è proprio della verità d'essere
appunto così; ed ove manca il definito, la cognizione
dileguasi. Ponete mente pertanto alla distinzione che v'ha tra
cognizione finita e cognizione definita. La scienza non è ella
definita? ma finita pure. La teoria dell'elettricità, per
quanto ne conosciamo, è definita, eppur finita non meno.
Riandate la serie intera delle scienze fisiche: che cosa voi
troverete, se non un perpetuo esempio di simili condizioni di
cognizione, definizione di concetto e finitezza
d'estensione? L'astronomia che cosa ci rivelò? L'immenso
spazio stellifero, in cui rintracciamo le leggi e le rivoluzioni de
corpi celesti. Troviamo centri un dopo l'altro, un'orbita e più
in là un'altra orbita, e via dicendo, finchè giungiamo
insomma al punto, da lungo tempo tenuto siccome centro dell'universo;
eppur la scienza in ciò ne dice oggidì, che questo nostro
punto centrale, che noi credevamo fisso, è un pianeta ancor
esso, che gira attorno ad un qualche altro più potente centro,
cui la scienza non può arrivare. Sono qui adunque l'una e
l'altra condizione, definizione e finitezza combinate. E
così parimente nella verità rivelata. Se noi di
ciò che crediamo non ne abbiamo una cognizione definita,
possiamo persuadercene davvero e con fondamento, noi non abbiamo vera
cognizione.
II. Ma, procedendo, egli è cosa evidente dover pure la
cognizione esser certa. Nel parlar di certezza intendiamo l'una delle
due: talor diciamo che una cosa è certa; talora invece che noi
siam certi. Dicendo che una verità
è certa, intendiamo
asserire che le prove di quella verità o sono di per sè
evidenti, o tanto conclusive da escludere ogni dubbiezza. Questa
è certezza da parte dell'obbietto proposto alla nostra mente. Ma
quando invece
diciamo che noi siam certi,
vogliamo significare che, mercè
l'applicazione della nostra ragione alla cosa che contempliamo, andiam
convinti d'averne tanta evidenza che basti a provarcene la
verità. In noi la certezza è piuttosto un sentimento
morale, una condizione complessa della nostra mente. Come la luce si
manifesta di sua natura, ma la vista è l'illuminazione
dell'occhio; così certezza importa verità corredata
d'ogni evidenza propria illuminante l'intelligenza; od in altre parole,
significa intelligenza posseduta da verità corredata d'ogni
evidenza propria.
Questo è ciò che noi chiamiamo certezza. Io chieggo
adunque: questa duplice certezza non si trova ella nelle rivelazioni,
che Iddio ci largiva? La rivelazione che Iddio fece di sè
stesso, mediante Gesù Cristo, non fu ella da parte di Dio resa
certa per immediata evidenza dell'atto divino della medesima
rivelazione? Non è egli certa non meno da parte nostra per mezzo
della professione e fede della Chiesa? Iddio non si manifestò
egli in carne per rivelarci sè stesso? Iddio non abitò
egli in terra per insegnarci la sua verità? Iddio non
parlò egli all'uomo perchè l'uomo lo conoscesse? Non
operò Iddio miracoli, perchè l'uomo credesse ch'egli era
possente? Da parte di Dio qual evidenza mancò onde gli uomini
conoscessero, che Gesù Cristo era veracemente il Figliuol di Dio?
— Or se v'era certezza dal lato di Dio rivelante, non eravi
certezza
egualmente dal lato di que' che udirono? Rivolgetevi alla sacra
storia. I Profeti, i Veggenti non avevano eglino certezza di quanto
vedevano, di quanto udivano? Abramo non ebbe egli certezza, quando
vide l'oscura nebbia, la fumante fornace, e la fiaccola ardente che
tragittavasi sulle parti del sacrifizio? Mosè non era egli
certo, quando ne vide l'indizio mòstrogli [mostratogli N.d.R.]
sul monte? Daniele
non era egli certo, quando l'Angelo Gabriele ratto volò, e
toccollo nell'ora del sacrifizio vespertino? Gli Apostoli e gli
Evangelisti forse non eran certi, quando trovavansi in compagnia di N.
S., quando asserivano: «Quello che fu da principio, quello
che udimmo, quello che vedemmo cogli occhi nostri e
contemplammo, e colle nostre mani palpammo di quel Verbo di
vita?» I dodici non erano eglino certi nel Cenacolo? Non eran
certi nel dì della Pentecoste? Paolo forse non era certo in
Arabia quando apparò il Vangelo [quando apprese il Vangelo, ingl. when he learned the Gospel N.d.R.]; non dall'uomo,
nè dalla
carne e dal sangue, ma «per rivelazione di Gesù
Cristo?» Giovanni in Patmos non era ei certo allorchè gli
s'aprirono i cieli, e furono rappresentate al suo sguardo le visioni
dell'avvenire? Forsechè non eran certi coloro cui predicavano,
cui scrivevano i Patriarchi, i Profeti, i Veggenti, gli Apostoli, gli
Evangelisti? Non
è sempre stata ella certa da allora fino a questo di la chiesa
di Dio della rivelazione largitale, e ricevuta da principio?
Quindi qual è la prima condizione della fede, se non è la
certezza? S'altri non ha fede certa, ei non ha fede punto. Ci vien
detto che il volere nella fede pretendere certezza implica una
disposizione di spirito men che sana. E Abramo, e Mosè, e
Daniele, e gli Apostoli, e gli Evangelisti, non bramaron egli certezza
nella fede, più in là del dubbio non vollero conoscere
che Dio loro parlò, nè conoscere con definita chiarezza
quello che Iddio manifestò? E fu per avventura un desiderio
insano? Ei non può riprovarsi davvero. Anzi l'opposta
disposizione si è quella che è troppo più
meritevole di biasimo. E come potrem noi pericolarci a rimanercene
riposati e contenti dell'incertitudine in cotal fatto, dove ne va la
verità, l'onor di Dio, e la eterna salvezza dell'anime nostre?
egli è un delitto.
Si ci soggiunge, egli è vero, che l'esser certo è
incompatibile colla fede, che l'atmosfera in cui vive la fede è
la probabilità, e che, rimosse le probabilità, la fede
è morta. Adunque gli Apostoli credetter egli per avventura la
dottrina della santissima Trinità sur una semplice
probabilità? Credettero eglino la dottrina dell'Incarnazione
sur una semplice congettura? Egli è forse per esser iti tentone
al buio, che la lor fede nel lor divino Signore tornò
accettevole?
Ah! dove siam giunti? in quest'Isola cristiana, pria sfolgorante di
luce, pria unita alla Chiesa di Dio, pria ricolma di verità,
dove dove siam giunti mai? Promulgata una virtù novella:
starsene incerti della verità e volontà di Dio; appoggiar
la fede su mere probabilità. Eppure, qual è il
verace concetto della rivelazione, se non sicurtà divina del
vero? Dove comincia la Fede, cessa l'incertitudine: che la fede fa
capo alla veracità di Dio: e tutto che Iddio parlò e
autenticò della sua divina autorità, non può esser
incerto.
So bene, o fratelli, che la maggior parte di quanto io esponeva non
v'appartiene punto. Voi siete gli eredi d'una divina eredità.
Come per tradizione intellettuale la scienza all'Astronomia dalle prime
semplici osservazioni praticate sulle pianure della Caldea fino alle
astratte e complicate dimostrazioni di questi ultimi tempi nostri
è discesa, così la tradizione della Fede, la scienza di
Dio, è discesa a voi. Nasceste nel suo ambiente, la conoscete
per moltiplici sicurtà; per la certezza di Dio, che la
rivelava, per le Scritture di Dio, che la registrano, per la Chiesa di
Dio che la mantiene, per i Sinodi della Chiesa che la definiscono, per
la Santa Sede che d'età in età proscrive
l'errore, e sulla Fede impronta il suo suggello. Voi ve la traeste in
seno tranquilli di certezza indefettibile. Vostra guida non uomo, ma
Dio. Perchè dunque io dirigo a voi le mie parole? Avete un
mandato da compiere; dovete recare gli altri ad aver parte nella
medesima eredità. Io sollecito la vostra carità, la
vostra pazienza in pro di quelli. Più acconciamente io potrei
dipingervi lo stato di quei che fecero la gran perdita, onde voi foste
scampati, che per lo mezzo d'una comparazione.
Sia per esempio ch'io
componessi un'iscrizione, e la mostrassi. Letta l'iscrizione, il
sentimento ne passa, per così dire, e s'immedesima colla
sostanza della vostra mente. Rimane molto bene impressa nella vostra
memoria. Ora stracciatene la scritta in venti brani, e datene un pezzo
a ciascheduno di venti persone; proponete un poco ad ognuno, che ne
rinvenga l'intero senso. Io la so, che l'ho scritta; la sapete voi che
l'avete veduta, o letta. Egli ne sanno un bricciolo. Ognuno
ne ha un ritaglio, ma non arrivano a congetturarne il resto. Non
altrimenti va la bisogna riguardo alle Sette che sono intorno alla
Chiesa di Dio. L'iscrizione unica, non per man d'uomo ma impressa dallo
Spirito di Dio sull'illustrata ragione della Santa Chiesa, discese
perfetta ed intera fin qui. Ma ciascheduna delle varie sette, da che
partissi dall'unità, portossene via con seco solo uno strappo. I
figliuoli dei disertori, un sol brandello ne redano [ne ereditano, ingl. inherit N.d.R.].
E siccome la Fede
«vien per udita» [fides
ex auditu, ingl. faith cometh
by hearing N.d.R.],
così per udita vien pure la
teologia; e la dottrina della Chiesa cattolica nella sua armonia,
unità e precisione non viene altrimenti che per udita. Tutti che
questa mai non udirono, cui non approdò nella sua interezza la
cognizione, n'hanno un misero pezzuolo, e senza pro si penano a
congetturare il rimanente. Voi siete nel caso di porger loro una mano:
per calorosa controversia, no; chè manomettere, foss'anco solo
un branuccio di verità, è controversia da Satana. La
maniera divina di piantare la fede in mezzo agli uomini non è
l'abbattere, ma l'edificare; l'aggiungere, l'esplicare, il
perfezionare. In ogni verità ch'altri posseda, fin là
è in vostra mano un pegno, che avete già parte in lui,
che fin là sta egli con voi. Per quella verità
afferratelo stretto, a quella verità ponete d'allato quell'altra
che più propinqua la segue nell'ordine divino; e in questa
guisa con pazienza e carità sospingetelo innanzi di
verità in verità, come per gli anelli d'una catena, e
legatelo all'altare di Dio. A coloro poi che rigettano i principî
da me
stabiliti di sopra, e negano alla teologia il carattere di precisione e
certezza, rivolgerei due dimande.
1.° In primo luogo domanderei: Che cosa credete voi? Formolatevelo
in parole. Formatevene un concetto nella vostra mente.
Fissateci lo sguardo del vostro spirito. Distendetevelo in qualche
momento di quiete in iscritto. Sappiatevi almeno che cosa è. Ah!
fratelli, pel conto che voi fate dell'anima vostra immortale, per la
credenza che avete, che il fine dell'uomo si è d'essere unito
con Dio per tutta l'eternità, e che il mezzo a questa unione
eternale si è la cognizione di Dio in Gesù Cristo, non
vogliate, no, rimanervi neppure per un sol giorno contenti di vivere in
incertezza, di vivere nelle nebbie dell'indefinito riguardo alla
verità, cui sapete necessaria assolutamente alla propria vostra
salvezza.
Inoltre, ve lo ripeto, esprimetelo in parole. In prima, che cosa
credete voi della divinità? Credete voi nel Padre, nel
Figliuolo, e nello Spirito Santo? Questo voi credete senza
dubitazione, e definitamente. Che cosa poi credete dell'Incarnazione
del Figliuol di Dio? Voi credete che in lui sono due nature intere e
perfette, unite in una sola persona, nature non divisibili in alcun
modo. Voi credete pure la divinità, la presenza, l'operazione
perenne dello Spirito Santo. Ma qui si arrestano gli articoli del
vostro Credo. Ci accostiamo assai da presso all'articolo «La
Santa
Chiesa Cattolica». Che cosa credete voi su questo articolo di
Fede? E che? Direte voi forse: «Per quei primi articoli, oh!
noi ne abbiamo cognizione definita e certa; ma di quest'ultimo non
già?» Si vorrà forse ripigliare: «Quando
arrivo alla Chiesa Cattolica, entro in regione, in cui l'incertezza
è legittima?» Ma incertezza è dubbio; dubbio e
fede ripugnano diametralmente. Essere in forse nella fede battesimale
voi non potete, o, ciò che vale altrettanto, non potete esser
incerto negli articoli del vostro Credo. Perchè non essere
incerto eziandio se al presente sia o no nel mondo il santissimo
Spirito Divino, oppur s'egli eserciti o no nel mondo uffizio attuale
di magistero? Questo credete; or perchè credete voi questo, e
dubitate delle altre dottrine dello stesso Simbolo? E se voi credete
che lo Spirito Santo insegna tuttavia nel mondo, in che maniera insegna
egli? Insegna forse per immediata inspirazione ad ognuno e
individualmente? E se così no, come dunque? Forse direte che
egli insegna per mezzo della Chiesa. Ma se per mezzo della Chiesa, per
mezzo dunque di qual Chiesa? Ditemi, in quanto miglior condizione e
cognizione maggiore sarem noi col sapere e che lo Spirito Santo insegna
attualmente al mondo, e che ha un organo, onde parlare, se non sappiamo
poi quale sia, nè dove sia quell'organo? Come dunque saprete
voi d'ascoltare la sua voce? Se sapeste, per un esempio, che di dodici
uomini, che avete innanzi, ve n'avesse uno, un solo, che possedesse un
segreto, da cui pendesse la vostra vita, starestevene forse indolenti
colle mani alla cintola, senza darvi un pensiero al mondo di
discoprire quel possessor di quel tesoro? E perchè dunque avete
voi animo d'essere indifferente nell'accertare dove è il
legittimo magistero, da cui dipende la vostra fede?
Laonde è troppo importante che procacciate di definire il
vostro intendimento; fatelo. Voi dite che ad una Chiesa ci credete;
perchè la vostra fede, la fede sotto cui riceveste il battesimo
dice: «Io credo una Santa Chiesa Cattolica»; Santa,
poichè si è lo Spirito Santo che insegna in essa;
Cattolica, poichè
diffusa per tutto il mondo; ed Una.
Perché Una?
Perchè dite voi di credere un
solo Iddio? Poichè non v'è che un Dio solo.
Perchè un solo
Signore? Perchè due non vi sono: Perchè un solo
battesimo? Poichè è un solo. Perchè una sola fede? Poichè non ve
n'è altra. Tutte queste cose son une
numericamente. Perchè dunque una sola Chiesa? Poichè
numericamente è una sola; non possono essercene due. Per mezzo
di quest'una sola Chiesa parla l'uno solo Spirito dell'un solo Iddio,
insegnando l'una sola fede, nella quale è salvazione. E chi
sarà perciò questo vero ed unico insegnatore mandato da
Dio? Girate lo sguardo, e vi vedete attorno Chiesa nella Grecia,
Chiesa nella Russia, Chiesa nell'America, Chiesa nell'Inghilterra, e
Chiesa in Roma. Or quale di tutte queste si è poi l'una sola
vera? E potete voi chetamente adagiarvi ad una tale manifattura
d'opinioni che vi tenga luogo di fede.
2.° Oltracciò io vorrei fare un'altra interrogazione.
Dapprima io vi chiedeva che cosa credete; ora io procedo a domandarvi
del perchè voi credete
ciò; sopra qual mai fondamento di
certezza voi ne siete convinti. Perchè dunque? Direte voi forse
che su ciò applicaste del vostro migliore le potenze del vostro
intelletto? Altri pure non fecero nulla meno, i quali vi
contraddicono. Perchè avete voi maggior fidanza d'aver ragione,
che essi non abbiano? Ma voi non riceveste altrimenti un messaggio dal
cielo inviatovi per favore singolarissimo a render sicuri voi, mentre
altri errano. Qual è dunque il sodo, ove si fonda la vostra
certezza? No, la persuasione della vostra mente non basta punto; a tai
condizioni non vi sarà uomo che non sia certo. Della falsa
moneta ne corre in ogni contrada; falsi miracoli non raro assumano
l'apparenza di veri; tutto il mondo è gremito di
contraffazioni. Or quello ch'io vi domando è questo: in che
modo, per quale indizio venite voi a capo di distinguere la certezza
vostra dalla certezza di tutti gli altri uomini sì da scorgere
che la certezza loro non è che umana, e la vostra ha gran sorte
di esser divina? Perchè a loro il torto, a voi tutta la ragione?
Qual'è la pietra di paragone per ciò determinare? Voi
ben capite che questa non può certamente trovarsi entro voi,
giacchè allora per egual ragione la si potria pretendere in
sè ogni anima viva. Io ben veggo che per trovarla voi guardate
fuori di voi, d'attorno a voi.
Or bene ci direte per avventura che la fede che voi tenete la
ereditaste. Che l'eredità è principio divino. Voi vi
prostrate innanzi al principio d'eredità. Ma perchè
dunque rescindeste voi il fedecommesso [lascito, ingl. entail N.d.R.]
trasferitovi da' vostri
progenitori? Perchè tre secoli fa ne cassaste le disposizioni
dell'indivisibile eredità? E s'altri dicesse che quel
fedecommesso non fu rescisso perchè v'è lite? Se fu
rescisso, perchè fu rescisso? Ereditar la fede si è
regola divina. Qui manca una cosa sola, cioè
l'infallibilità per assicurarla. Manca ciò che le
dà
sostanza e certezza, una divina tradizione, che sorta dal trono di Dio
per li Profeti, per li Veggenti, per gli Apostoli, Evangelisti,
Martiri e Dottori, scorra in un fiume che allaghi il mondo, fiume
sempre ripieno, sempre inalterato dal suo principio sin qui. Questa
certezza, siccome base della vostra persuasione, mostratela; e poi
ereditate alla buon'ora la verità e la fede. Ma l'eredità
d'opinioni in una famiglia o in una diocesi o in una provincia, o
nazione, che cosa è poi? Umana nel principio, umana nel fine,
«tradizioni degli uomini».
Voi soggiungete che voi ereditaste la fede, e che cotesta fede si
è la Chiesa de' vostri padri. Ite indietro sol di tre secoli, e
interrogate quei sacerdoti di Dio, che circondavano a quella stagione
l'altare, come egli esporrebbono la fede che voi professate di
conservare tuttora. Interrogateli che cosa credevano allorchè
ministravano in piviale o in pianeta. Tornate più indietro,
tornate agli apostoli dell'Inghilterra, che primi vi riportarono la
luce dell'Evangelio, poscia che il sassone paganesimo aveva
rintenebrata quest'inclita terra. Dimandatene S. Agostino; ditegli che
cosa credeva egli di quelle parole: «Tu sei Pietro, e sopra
questa
pietra io fabbricherò la mia Chiesa.» Presentategliene un
poco la vostra esposizione, e chiedetene la sua. Che vi avrebbe
insegnato egli dell'unità visibile? Che v'insegnerebbe della
Chiese di Dio? Interrogatene lui: è ella la Chiesa di Dio una
numericamente od una soltanto in metafora? È ella visibile
sicchè tutti gli uomini «veggano la città locata
sopra d'un monte»; ovveramente sì invisibile, che gli
uomini si
stanchino cercando nè mai la trovino? Ha ella un capo sulla
terra, il quale rappresenti il divino di lei capo nel cielo? O non ha
verun capo, o pur
levane su di molti? Che cosa egli Agostino vi avrebbe insegnato della
fede del Credo, in cui foste rigenerati? Ovvero, quel gran Santo che
dal Trono Apostolico lo spediva, che cosa avrebbe egli testificato a
voi di quelle dottrine della fede, di quelle dottrine che imparaste a
tener come errori? Interrogatene Gregorio, il primo e più
grande di questo nome; interrogatelo, che cosa credeva egli delle
podestà lasciate alla sua Chiesa in terra dall'Incarnato
Figliuol di Dio? Che cosa insegnava egli della podestà delle
chiavi trasmessa di mano in mano per diritta successione dai suoi
predecessori, facendo capo al suo divino Signore? Dimandate che cosa
insegnava del potere d'assolvere nel Sacramento della Penitenza; che
cosa credeva della reale presenza dell'Uomo-Dio sull'altare; che cosa
del santo Sacrifizio offerto ogni giorno per tutto il mondo; che cosa
della Comunione dei Santi, intercessori perpetui, perpetuamente
invocati; che cosa dello stato intermedio dell'anime trapassate, che
le affina e purifica pel regno di Dio. Sì, interrogate Gregorio,
santo e dottore, al quale dobbiam la fede, che cosa egli insegnava di
quella fede, che voi rigettaste.
Se il discepolo ed il Maestro, se il Mandato ed il Mandante
dovessero
venir ora, e passeggiare le piagge di questa antica riviera, dove mai
si rivolgerebbon egli per adorare? Vi par ch'entrerebbero nella
magnifica cattedrale, fondata dai lor figliuoli nella fede, dove
riposa ancora un santificato re dell'Inghilterra cattolica?
Volgerebbero forse i loro passi colà per adorare il Dio dei
padri loro, ed il loro Incarnato Signore, onde loro provenne missione e
fede? O non andrebbon egli piuttosto a qualche remota cappella, a
qualche altare rincantucciato nei suoi dintorni, dove un oscuro
sacerdote in non cale e spregiato offre quotidianamente il divin
sacrifizio in comunione colla Chiesa universale di Dio? — Or
dunque, se
voi avete pretensione sull'eredità, come titolo fondamentale
della vostra fede; coerenza, fratelli, al vostro principio, e ne sarete
condotti al porto. Non è cosa da prendere a gabbo. La
verità porta l'impronta di Dio, la verità trasforma
l'uomo alla somiglianza di Dio medesimo. Ah! non trascurate le voci
dello Spirito del Signore, che vi sollecita l'anima; poichè
egli è assai delicato, e tosto ritraesi risentito, ove incontri
il suo lene [= mite N.d.R.] impulso ostinatezza e
incredulità. Se la
verità vi scuote le fibre dell'anima, e voi fedeli seguitela, e
tenete dietro dappresso alla luce che possedete. Estimate
vanità, jattura ogni cosa di questo mondo, per acquistare la
verità, senza cui l'eredità del Regno di Dio non fa per
voi in eterno. Adoperatevi, a tanto scopo, nè vi stancate infino
a
che voi l'abbiate trovata. E non vogliate mai perdere di vista, che se
la vostra religione è indefinita, non avete al postutto vera
cognizione del nostro Salvatore; e se la vostra credenza è
incerta, ella non è la fede che vi possa condurre all'eterna
salute.
[CONTINUA]
[*] Per maggiore chiarezza e per
non moltiplicare le note redazionali abbiamo sostituito i termini
ottocenteschi diffinità
e finità (ingl. definiteness and finiteness) con definizione e finitezza.
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