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sabato 20 giugno 2015

I FONDAMENTI DELLA FEDE...

Fonte: Progetto Barruel...
 http://www.araldicavaticana.com/70%20MANNING%20ENRICO%20EDOARDO%201%201875.png
Da: Antidoto alle massime empie e sovversive. Serie di scritti tendenti a nutrir l'intelletto di sane dottrine ed a  ringagliardire nel cuore i più nobili affetti,  vol. III, Napoli 1854 pag. 1-15

Sac. Enrico Edoardo Manning

I FONDAMENTI DELLA FEDE

LEZIONI QUATTRO

prima traduzione italiana 
La vita eterna si è che conoscano te, solo vero Dio e Gesù Cristo mandato da te. S. Giovanni, XVII, 3.
LEZIONE PRIMA

LA VERITÀ RIVELATA, DEFINITA E CERTA. 

 http://www.parrocchie.it/correggio/ascensione/Jesus-teaching-full.jpg

Egli è mio divisamento parlare de' sostegni della fede, non già delle speciali dottrine della teologia cattolica, ma dei sostegni o del fondamento sopra cui tutta quanta la fede posa.
Arduo tema al trattarsi; sia perchè argomento d'indole proemiale e d'arida trattazione, sia ancora perchè non riesce faccenda agevole di por mano ad una materia da sì gran pezza in dibattimento, senza trattarla in tuono di vivida controversia. Ed io lo crederei uno sfregio al sacro carattere della medesima verità, se m'inducessi a maneggiare un tema, cotanto sacro e sì necessario, nel tuono [= tono N.d.R.] di mera disputazione. Impertanto desidero di parlare a gloria di Nostro Signore, e, Dio concedente, in aiuto di chiunque cerca la verità.
Stabilire saldi ed incrollabili fondamenti di nostra fede egli è cosa pur necessaria ad ogni tempo, conciossiachè, essendo il fine dell'uomo la vita eterna, ed essendo il mezzo di questo fine la cognizione di Dio e di Gesù Cristo mandato da lui; il nostro essere morale, intellettuale e spirituale, ne importa necessità di conoscere rettamente, e mercè la cognizione, essere unito alla mente e volontà di Dio. E ciò che è necessario in ogni tempo, è necessario poi segnatamente in questo. Imperocchè questa terra una volta piena di luce, una volta unita alla grande comunanza del cristianesimo, ed innestata sulla mistica vigna, onde per ogni ramo, per ogni brocco [= germoglio N.d.R.] circola la vita e la verità, son trecento anni, da uomini perversi, a perversi fini, fu di taglio appartata dal mondo cristiano, ed istrappata dall'unità di Cristo. Or da quel tempo, quale si fu la storia religiosa dell'Inghilterra? Lo scisma che ricise Inghilterra dalla divina tradizione della fede, la svelse dello stesso fendente dalla sorgiva [= dalla sorgente N.d.R.] della certezza; lo spartimento, onde fu tronca Inghilterra dall'unità della Chiesa dilatata per tutto il mondo, piantò il principio di scisma nelle sue viscere. L'Inghilterra schiantata dall'unità cattolica, dirupò come frana da greppo [= ripa N.d.R.] stritolandosi per la sua massa medesima e gravità in frantumi. Inghilterra, Scozia, Irlanda sbrancaronsi; ognuna, religione propria; ognuna, regola di fede propria. Da scisma contraddizione, da contraddizione incertezza, contrasto e dubbio. 

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Nè si sta qui. Quello stesso principio di scisma che separò l'un dall'altro i tre regni, dilatossi più oltre. In ogni punto divisione menava divisione. Ogni chiesa protestante in ragione del suo proprio costitutivo nutriva in seno il principio ad un tempo della sua nascita e della sua morte, vo' dire il giudizio privato. E il giudizio privato, compiendo gli effetti suoi su gl'individui, cagionò scisma da scisma: a tale, per confessione d'uno scrittore, e scrittor protestante, che nel secolo diciassettesimo, nell'auge massimo del protestantismo, le sette dell'Inghilterra sommavano da due a tre centinaia.
Se non che v'hanno cause ed eventi a noi più da presso che rendono più che mai necessario il tornar addietro da capo ai fondamenti unici della certezza, e ripristinare la base della Fede. Il religioso stabilimento per sì lungh'anni creduto Chiesa, corporazione in possesso di tre secoli di tradizione, sorretta dal braccio di questa potentissima nazione, mantenuta dalla forza delle leggi e dell'autorità, investita di dignità e gradi politici, con alle mani vaste dotazioni, non già di terre ed oro soltanto, ma, ciò che torna assai più importante, dei tesori che si ragunò [che aveva messo insieme N.d.R.] la Chiesa Cattolica, e dei quali fu iniquamente diserta [spogliata N.d.R.], cioè le università, i collegi e scuole; questa grande corporazione, colta nell'intelletto, racchiudente in sè stessa la vita nazionale nell'intera sua forza e maturità, sonata l'ora dell'esperimento, fu interrogata sulla sua fede, e volendo rispondere prevaricò. Fu addimandata parlasse quale maestra, inviata di Dio; non potè; Dio non l'avea mandata. Cotalchè l'estrema speranza di certezza, qui fra le protestanti congregazioni rimasta, chiarì la propria impotenza nel magistero. La corporazione a cui gli uomini attribuivano follemente del divin magistero della Chiesa, nella sua missione e nei suoi ordini si proclamò cosa umana. 

Or che ci è dato mai vedere in questo paese? Sette senza numero, che si partono, e si ripartono senza intermissione; ognuna balda di egual fidanza, tutte contraddittorie: è quella comunione che signoreggia, in pretensione d'autorità magistrale, una babele essa stessa d'intestine contraddizioni. E come ciò? Perchè la regola della Fede è perduta, perchè è disterminato [= distrutto N.d.R.] il principio della certezza. Prendete un esempio illustrativo molto alla mano. In questa popolosa città commerciante, in cui gli uomini dall'alba al tramonto affannosi ed irrequieti, comprano, vendono cambiano, contrattano: ponete che le regole del conteggiare più non esistano, le ragioni del calcolo sianvi dileguate; che viluppo d'errori, che subisso di liti, che fallimenti, che finimondo! S'aggiunga la supposizione che in questo grande impero occupato sì largamente in negozii, le cui navi ricuoprono i mari e gli oceani, venisse a perire onninamente la scienza astronomica, e l'arte della navigazione e tutte le spiagge dell'universo sarebbero ingombre de' rottami de' nostri naufragi. Nè va altrimenti nel mondo spirituale. Perduta una volta la regola della Fede, gli uomini sviano di carriera e si perdono. E tutto ciò proviene da che l'uomo arrivò a stabilire come fermo filosoficamente, che nella rivelazione non v'ha dottrina definitivamente accertata, come se, proprio, ivi la verità non avesse definito contorno. E ci avvien di trovare in persone gravi, e se vi piace, dabbene, una dichiarata ostilità, contro ogni determinata affermazione della verità religiosa. Ei lo dicono dogmatismo. Non possono darsi pace sul Credo atanasiano. Oh! egli è troppo preciso, è troppo presuntuoso. Se ne risentono come chi disabituato s'incontra improvvisamente cogli occhi sull'immagine del Crocifisso Nostro Signore; ei ne risalta precisamente per la sua determinatezza; e non altrimenti che alla vista d'un Crocifisso inaspettatamente incontrata ne segue un urto, così un urto del pari cagiona la definita affermazione della verità. Ella imprime nell'animo forzatamente la realtà della fede. Si spaccia comunemente oggidì, la verità religiosa non poter esser compresa in definito contorno, e ciascheduno dover pensare a scoprirsela e determinarsela per sè medesimo, e per quanto, sia questi, sia quegli, se la voglia determinata, tutti stringe ugualmente una legge comune: niuno deve esser certo. Ognuno deve concedere tanto di certezza altrui, quanto ei pretende per sè. La certezza obbiettiva è ita. Il supremo criterio della certezza per ciascheduno non è, in somma, che la convinzione del suo proprio intelletto. E ciò in nulla meno che nella divina rivelazione; in nulla meno che in quella cognizione, in cui consiste l'eterna vita.
I. Rispondendo adunque, io affermo assolutamente, che ogni cognizione deve esser precisa, e che, senza precisione, vera cognizione non v'ha. Il voler dirci che noi possediamo una cognizione religiosa, ma non precisa, va del pari coll'asserirci che v'è un colore, ma non discernibile. Ogni verità parziale è tanto bene distinta, quanto sono distinti i colori nell'iride: rimescolateli, e non avete che indistinguibile confusione. E tanto per appunto avviene nella religiosa cognizione. Le dottrine distinte e determinate, come le stelle nel cielo, se avvenga che sieno oscurate dal tenebror della mente, perdono la lor precisione, sfumano, e si dileguano dalla vista.
E non è questa una verità per ogni sorta di cognizioni? Si tolga un esempio dalle scientifiche discipline. Che direbbe un matematico d'una figura geometrica non distinta e determinata? Che saria d'un qualsiasi problema fisico, esempligrazia, d'ottica, di meccanica, d'ingegneria, o d'arte qualunque, onde l'uomo soggioga a suo pro la natura, s'egli fosse indeterminato? Come potrebbesi ridurre in formula, come sommetterlo al calcolo? Inoltre a che riducesi la storia non determinata? La storia, quando non è ricordo di fatti determinati, non è mica storia, è mitologia, favola, e rapsodia. Dal punto, che l'istoria cessa d'esser determinata, comincia ad essere favolosa. Si osservino pure le scienze morali: che sono le leggi morali, quando sieno indeterminate? La legge indeterminata non crea obbligazione. Legge non potuta sancire chiara e precisa, non riesce conoscibile; e se tale, non può pretendere ubbidienza. Se non mi dite ricisamente, farete ciò, e ciò non farete; la vostra legge non ha giurisdizione alcuna sulla mia coscienza. E quanto avviene rispetto alle umane cognizioni, tanto a maggior ragione occorre della divina. Se havvi cognizione rigorosamente e precisamente definita o determinata, si è appunto la cognizione che Iddio rivelò di sè. Ella è certamente finita, ma pur ben definita: finita a quella stregua, onde veggiamo la terra, la cui figura è tonda; e perchè la breve nostra veduta non si lontana più innanzi, ci si para siccome un'ampla espansione. 

Oltracciò ricavisi anche l'esempio dalle più sublimi speculazioni; quando discorriamo di sapienza, di bontà, di possanza, noi leviamo la nostra mente agli attributi di Dio. Trovando tali qualità in essere finito, e noi pur le nominiamo colle medesime appellazioni. Nè va altramente nel fatto della cognizione. Che cosa è mai la cognizione in Dio, se non che un'infinita e definita comprensione del vero increato ed eterno? La cognizione che Iddio ha di sè stesso e delle sue opere, è scienza divina, tipo ed esemplare di tutte. Discendiamo dall'altissimo della divina perfezione; qual'è la cognizione negli Angeli, se non pur definita, comechè in intelletto finito? E la cognizione dell'uomo, prima della caduta, ancorchè finita, non era pur definita? Quale adunque si è la cognizione che Iddio ristorò nell'uomo mediante la rivelazione, se non che una cognizione definita, una partecipanza di sua propria cognizione? La verità rivelata che cos'è in Dio rivelante, se non un vero armonico e distinto? Che fu la cognizione che rivelava il dì della Pentecoste lo Spirito Santo, se non una cognizione armonica e distinta? Qual fu il concetto di quella cognizione nelle menti inspirate, se non un concetto del pari armonico e distinto? E che cosa mai fu quella cognizione comunicata dagli Ispirati a quelli che credevano, se non una cognizione armonica e distinta, siccome innanzi? E che fia, se il ciel vi salvi, quest'unità, questa armonia, questa distinzione di cognizione, cui Dio, mercè G. C., rivelava di sè medesimo, se non la fede che professiamo nel nostro simbolo? La nostra fede battesimale di sostanza e d'espressione, d'implicita e d'esplicita significanza, articolo per articolo, non è men definita, non è men vigorosamente espressa e precisa di qualunque teorema nelle scienze. 

Egli è proprio della verità d'essere appunto così; ed ove manca il definito, la cognizione dileguasi. Ponete mente pertanto alla distinzione che v'ha tra cognizione finita e cognizione definita. La scienza non è ella definita? ma finita pure. La teoria dell'elettricità, per quanto ne conosciamo, è definita, eppur finita non meno. Riandate la serie intera delle scienze fisiche: che cosa voi troverete, se non un perpetuo esempio di simili condizioni di cognizione, definizione di concetto e finitezza d'estensione? L'astronomia che cosa ci rivelò? L'immenso spazio stellifero, in cui rintracciamo le leggi e le rivoluzioni de corpi celesti. Troviamo centri un dopo l'altro, un'orbita e più in là un'altra orbita, e via dicendo, finchè giungiamo insomma al punto, da lungo tempo tenuto siccome centro dell'universo; eppur la scienza in ciò ne dice oggidì, che questo nostro punto centrale, che noi credevamo fisso, è un pianeta ancor esso, che gira attorno ad un qualche altro più potente centro, cui la scienza non può arrivare. Sono qui adunque l'una e l'altra condizione, definizione e finitezza combinate. E così parimente nella verità rivelata. Se noi di ciò che crediamo non ne abbiamo una cognizione definita, possiamo persuadercene davvero e con fondamento, noi non abbiamo vera cognizione.
II. Ma, procedendo, egli è cosa evidente dover pure la cognizione esser certa. Nel parlar di certezza intendiamo l'una delle due: talor diciamo che una cosa è certa; talora invece che noi siam certi. Dicendo che una verità è certa, intendiamo asserire che le prove di quella verità o sono di per sè evidenti, o tanto conclusive da escludere ogni dubbiezza. Questa è certezza da parte dell'obbietto proposto alla nostra mente. Ma quando invece diciamo che noi siam certi, vogliamo significare che, mercè l'applicazione della nostra ragione alla cosa che contempliamo, andiam convinti d'averne tanta evidenza che basti a provarcene la verità. In noi la certezza è piuttosto un sentimento morale, una condizione complessa della nostra mente. Come la luce si manifesta di sua natura, ma la vista è l'illuminazione dell'occhio; così certezza importa verità corredata d'ogni evidenza propria illuminante l'intelligenza; od in altre parole, significa intelligenza posseduta da verità corredata d'ogni evidenza propria.
Questo è ciò che noi chiamiamo certezza. Io chieggo adunque: questa duplice certezza non si trova ella nelle rivelazioni, che Iddio ci largiva? La rivelazione che Iddio fece di sè stesso, mediante Gesù Cristo, non fu ella da parte di Dio resa certa per immediata evidenza dell'atto divino della medesima rivelazione? Non è egli certa non meno da parte nostra per mezzo della professione e fede della Chiesa? Iddio non si manifestò egli in carne per rivelarci sè stesso? Iddio non abitò egli in terra per insegnarci la sua verità? Iddio non parlò egli all'uomo perchè l'uomo lo conoscesse? Non operò Iddio miracoli, perchè l'uomo credesse ch'egli era possente? Da parte di Dio qual evidenza mancò onde gli uomini conoscessero, che Gesù Cristo era veracemente il Figliuol di Dio? 

— Or se v'era certezza dal lato di Dio rivelante, non eravi certezza egualmente dal lato di que' che udirono? Rivolgetevi alla sacra storia. I Profeti, i Veggenti non avevano eglino certezza di quanto vedevano, di quanto udivano? Abramo non ebbe egli certezza, quando vide l'oscura nebbia, la fumante fornace, e la fiaccola ardente che tragittavasi sulle parti del sacrifizio? Mosè non era egli certo, quando ne vide l'indizio mòstrogli [mostratogli N.d.R.] sul monte? Daniele non era egli certo, quando l'Angelo Gabriele ratto volò, e toccollo nell'ora del sacrifizio vespertino? Gli Apostoli e gli Evangelisti forse non eran certi, quando trovavansi in compagnia di N. S., quando asserivano: «Quello che fu da principio, quello che udimmo, quello che vedemmo cogli occhi nostri e contemplammo, e colle nostre mani palpammo di quel Verbo di vita?» I dodici non erano eglino certi nel Cenacolo? Non eran certi nel dì della Pentecoste? Paolo forse non era certo in Arabia quando apparò  il Vangelo [quando apprese il Vangelo, ingl. when he learned the Gospel N.d.R.]; non dall'uomo, nè dalla carne e dal sangue, ma «per rivelazione di Gesù Cristo?» Giovanni in Patmos non era ei certo allorchè gli s'aprirono i cieli, e furono rappresentate al suo sguardo le visioni dell'avvenire? Forsechè non eran certi coloro cui predicavano, cui scrivevano i Patriarchi, i Profeti, i Veggenti, gli Apostoli, gli Evangelisti? Non è sempre stata ella certa da allora fino a questo di la chiesa di Dio della rivelazione largitale, e ricevuta da principio?
Quindi qual è la prima condizione della fede, se non è la certezza? S'altri non ha fede certa, ei non ha fede punto. Ci vien detto che il volere nella fede pretendere certezza implica una disposizione di spirito men che sana. E Abramo, e Mosè, e Daniele, e gli Apostoli, e gli Evangelisti, non bramaron egli certezza nella fede, più in là del dubbio non vollero conoscere che Dio loro parlò, nè conoscere con definita chiarezza quello che Iddio manifestò? E fu per avventura un desiderio insano? Ei non può riprovarsi davvero. Anzi l'opposta disposizione si è quella che è troppo più meritevole di biasimo. E come potrem noi pericolarci a rimanercene riposati e contenti dell'incertitudine in cotal fatto, dove ne va la verità, l'onor di Dio, e la eterna salvezza dell'anime nostre? egli è un delitto. 

Si ci soggiunge, egli è vero, che l'esser certo è incompatibile colla fede, che l'atmosfera in cui vive la fede è la probabilità, e che, rimosse le probabilità, la fede è morta. Adunque gli Apostoli credetter egli per avventura la dottrina della santissima Trinità sur una semplice probabilità? Credettero eglino la dottrina dell'Incarnazione sur una semplice congettura? Egli è forse per esser iti tentone al buio, che la lor fede nel lor divino Signore tornò accettevole?
Ah! dove siam giunti? in quest'Isola cristiana, pria sfolgorante di luce, pria unita alla Chiesa di Dio, pria ricolma di verità, dove dove siam giunti mai? Promulgata una virtù novella: starsene incerti della verità e volontà di Dio; appoggiar la fede su mere probabilità. Eppure, qual è il verace concetto della rivelazione, se non sicurtà divina del vero? Dove comincia la Fede, cessa l'incertitudine: che la fede fa capo alla veracità di Dio: e tutto che Iddio parlò e autenticò della sua divina autorità, non può esser incerto.
So bene, o fratelli, che la maggior parte di quanto io esponeva non v'appartiene punto. Voi siete gli eredi d'una divina eredità. Come per tradizione intellettuale la scienza all'Astronomia dalle prime semplici osservazioni praticate sulle pianure della Caldea fino alle astratte e complicate dimostrazioni di questi ultimi tempi nostri è discesa, così la tradizione della Fede, la scienza di Dio, è discesa a voi. Nasceste nel suo ambiente, la conoscete per moltiplici sicurtà; per la certezza di Dio, che la rivelava, per le Scritture di Dio, che la registrano, per la Chiesa di Dio che la mantiene, per i Sinodi della Chiesa che la definiscono, per la Santa Sede che d'età in età proscrive l'errore, e sulla Fede impronta il suo suggello. Voi ve la traeste in seno tranquilli di certezza indefettibile. Vostra guida non uomo, ma Dio. Perchè dunque io dirigo a voi le mie parole? Avete un mandato da compiere; dovete recare gli altri ad aver parte nella medesima eredità. Io sollecito la vostra carità, la vostra pazienza in pro di quelli. Più acconciamente io potrei dipingervi lo stato di quei che fecero la gran perdita, onde voi foste scampati, che per lo mezzo d'una comparazione.

 Sia per esempio ch'io componessi un'iscrizione, e la mostrassi. Letta l'iscrizione, il sentimento ne passa, per così dire, e s'immedesima colla sostanza della vostra mente. Rimane molto bene impressa nella vostra memoria. Ora stracciatene la scritta in venti brani, e datene un pezzo a ciascheduno di venti persone; proponete un poco ad ognuno, che ne rinvenga l'intero senso. Io la so, che l'ho scritta; la sapete voi che l'avete veduta, o letta. Egli ne sanno un bricciolo. Ognuno ne ha un ritaglio, ma non arrivano a congetturarne il resto. Non altrimenti va la bisogna riguardo alle Sette che sono intorno alla Chiesa di Dio. L'iscrizione unica, non per man d'uomo ma impressa dallo Spirito di Dio sull'illustrata ragione della Santa Chiesa, discese perfetta ed intera fin qui. Ma ciascheduna delle varie sette, da che partissi dall'unità, portossene via con seco solo uno strappo. I figliuoli dei disertori, un sol brandello ne redano [ne ereditano, ingl. inherit N.d.R.]. E siccome la Fede «vien per udita» [fides ex auditu, ingl. faith cometh by hearing N.d.R.], così per udita vien pure la teologia; e la dottrina della Chiesa cattolica nella sua armonia, unità e precisione non viene altrimenti che per udita. Tutti che questa mai non udirono, cui non approdò nella sua interezza la cognizione, n'hanno un misero pezzuolo, e senza pro si penano a congetturare il rimanente. Voi siete nel caso di porger loro una mano: per calorosa controversia, no; chè manomettere, foss'anco solo un branuccio di verità, è controversia da Satana. La maniera divina di piantare la fede in mezzo agli uomini non è l'abbattere, ma l'edificare; l'aggiungere, l'esplicare, il perfezionare. In ogni verità ch'altri posseda, fin là è in vostra mano un pegno, che avete già parte in lui, che fin là sta egli con voi. Per quella verità afferratelo stretto, a quella verità ponete d'allato quell'altra che più propinqua la segue nell'ordine divino; e in questa guisa con pazienza e carità sospingetelo innanzi di verità in verità, come per gli anelli d'una catena, e legatelo all'altare di Dio. A coloro poi che rigettano i principî da me stabiliti di sopra, e negano alla teologia il carattere di precisione e certezza, rivolgerei due dimande.
1.° In primo luogo domanderei: Che cosa credete voi? Formolatevelo in parole. Formatevene un concetto nella vostra mente. Fissateci lo sguardo del vostro spirito. Distendetevelo in qualche momento di quiete in iscritto. Sappiatevi almeno che cosa è. Ah! fratelli, pel conto che voi fate dell'anima vostra immortale, per la credenza che avete, che il fine dell'uomo si è d'essere unito con Dio per tutta l'eternità, e che il mezzo a questa unione eternale si è la cognizione di Dio in Gesù Cristo, non vogliate, no, rimanervi neppure per un sol giorno contenti di vivere in incertezza, di vivere nelle nebbie dell'indefinito riguardo alla verità, cui sapete necessaria assolutamente alla propria vostra salvezza. 

Inoltre, ve lo ripeto, esprimetelo in parole. In prima, che cosa credete voi della divinità? Credete voi nel Padre, nel Figliuolo, e nello Spirito Santo? Questo voi credete senza dubitazione, e definitamente. Che cosa poi credete dell'Incarnazione del Figliuol di Dio? Voi credete che in lui sono due nature intere e perfette, unite in una sola persona, nature non divisibili in alcun modo. Voi credete pure la divinità, la presenza, l'operazione perenne dello Spirito Santo. Ma qui si arrestano gli articoli del vostro Credo. Ci accostiamo assai da presso all'articolo «La Santa Chiesa Cattolica». Che cosa credete voi su questo articolo di Fede? E che? Direte voi forse: «Per quei primi articoli, oh! noi ne abbiamo cognizione definita e certa; ma di quest'ultimo non già?» Si vorrà forse ripigliare: «Quando arrivo alla Chiesa Cattolica, entro in regione, in cui l'incertezza è legittima?» Ma incertezza è dubbio; dubbio e fede ripugnano diametralmente. Essere in forse nella fede battesimale voi non potete, o, ciò che vale altrettanto, non potete esser incerto negli articoli del vostro Credo. Perchè non essere incerto eziandio se al presente sia o no nel mondo il santissimo Spirito Divino, oppur s'egli eserciti o no nel mondo uffizio attuale di magistero? Questo credete; or perchè credete voi questo, e dubitate delle altre dottrine dello stesso Simbolo? E se voi credete che lo Spirito Santo insegna tuttavia nel mondo, in che maniera insegna egli? Insegna forse per immediata inspirazione ad ognuno e individualmente? E se così no, come dunque? Forse direte che egli insegna per mezzo della Chiesa. Ma se per mezzo della Chiesa, per mezzo dunque di qual Chiesa? Ditemi, in quanto miglior condizione e cognizione maggiore sarem noi col sapere e che lo Spirito Santo insegna attualmente al mondo, e che ha un organo, onde parlare, se non sappiamo poi quale sia, nè dove sia quell'organo? Come dunque saprete voi d'ascoltare la sua voce? Se sapeste, per un esempio, che di dodici uomini, che avete innanzi, ve n'avesse uno, un solo, che possedesse un segreto, da cui pendesse la vostra vita, starestevene forse indolenti colle mani alla cintola, senza darvi un pensiero al mondo di discoprire quel possessor di quel tesoro? E perchè dunque avete voi animo d'essere indifferente nell'accertare dove è il legittimo magistero, da cui dipende la vostra fede?

Laonde è troppo importante che procacciate di definire il vostro intendimento; fatelo. Voi dite che ad una Chiesa ci credete; perchè la vostra fede, la fede sotto cui riceveste il battesimo dice: «Io credo una Santa Chiesa Cattolica»; Santa, poichè si è lo Spirito Santo che insegna in essa; Cattolica, poichè diffusa per tutto il mondo; ed Una. Perché Una? Perchè dite voi di credere un solo Iddio? Poichè non v'è che un Dio solo. Perchè un solo Signore? Perchè due non vi sono: Perchè un solo battesimo? Poichè è un solo. Perchè una sola fede? Poichè non ve n'è altra. Tutte queste cose son une numericamente. Perchè dunque una sola Chiesa? Poichè numericamente è una sola; non possono essercene due. Per mezzo di quest'una sola Chiesa parla l'uno solo Spirito dell'un solo Iddio, insegnando l'una sola fede, nella quale è salvazione. E chi sarà perciò questo vero ed unico insegnatore mandato da Dio? Girate lo sguardo, e vi vedete attorno Chiesa nella Grecia, Chiesa nella Russia, Chiesa nell'America, Chiesa nell'Inghilterra, e Chiesa in Roma. Or quale di tutte queste si è poi l'una sola vera? E potete voi chetamente adagiarvi ad una tale manifattura d'opinioni che vi tenga luogo di fede. 

2.° Oltracciò io vorrei fare un'altra interrogazione. Dapprima io vi chiedeva che cosa credete; ora io procedo a domandarvi del perchè voi credete ciò; sopra qual mai fondamento di certezza voi ne siete convinti. Perchè dunque? Direte voi forse che su ciò applicaste del vostro migliore le potenze del vostro intelletto? Altri pure non fecero nulla meno, i quali vi contraddicono. Perchè avete voi maggior fidanza d'aver ragione, che essi non abbiano? Ma voi non riceveste altrimenti un messaggio dal cielo inviatovi per favore singolarissimo a render sicuri voi, mentre altri errano. Qual è dunque il sodo, ove si fonda la vostra certezza? No, la persuasione della vostra mente non basta punto; a tai condizioni non vi sarà uomo che non sia certo. Della falsa moneta ne corre in ogni contrada; falsi miracoli non raro assumano l'apparenza di veri; tutto il mondo è gremito di contraffazioni. Or quello ch'io vi domando è questo: in che modo, per quale indizio venite voi a capo di distinguere la certezza vostra dalla certezza di tutti gli altri uomini sì da scorgere che la certezza loro non è che umana, e la vostra ha gran sorte di esser divina? Perchè a loro il torto, a voi tutta la ragione? Qual'è la pietra di paragone per ciò determinare? Voi ben capite che questa non può certamente trovarsi entro voi, giacchè allora per egual ragione la si potria pretendere in sè ogni anima viva. Io ben veggo che per trovarla voi guardate fuori di voi, d'attorno a voi.
Or bene ci direte per avventura che la fede che voi tenete la ereditaste. Che l'eredità è principio divino. Voi vi prostrate innanzi al principio d'eredità. Ma perchè dunque rescindeste voi il fedecommesso [lascito, ingl. entail N.d.R.] trasferitovi da' vostri progenitori? Perchè tre secoli fa ne cassaste le disposizioni dell'indivisibile eredità? E s'altri dicesse che quel fedecommesso non fu rescisso perchè v'è lite? Se fu rescisso, perchè fu rescisso? Ereditar la fede si è regola divina. Qui manca una cosa sola, cioè l'infallibilità per assicurarla. Manca ciò che le dà sostanza e certezza, una divina tradizione, che sorta dal trono di Dio per li Profeti, per li Veggenti, per gli Apostoli, Evangelisti, Martiri e Dottori, scorra in un fiume che allaghi il mondo, fiume sempre ripieno, sempre inalterato dal suo principio sin qui. Questa certezza, siccome base della vostra persuasione, mostratela; e poi ereditate alla buon'ora la verità e la fede. Ma l'eredità d'opinioni in una famiglia o in una diocesi o in una provincia, o nazione, che cosa è poi? Umana nel principio, umana nel fine, «tradizioni degli uomini». 

Voi soggiungete che voi ereditaste la fede, e che cotesta fede si è la Chiesa de' vostri padri. Ite indietro sol di tre secoli, e interrogate quei sacerdoti di Dio, che circondavano a quella stagione l'altare, come egli esporrebbono la fede che voi professate di conservare tuttora. Interrogateli che cosa credevano allorchè ministravano in piviale o in pianeta. Tornate più indietro, tornate agli apostoli dell'Inghilterra, che primi vi riportarono la luce dell'Evangelio, poscia che il sassone paganesimo aveva rintenebrata quest'inclita terra. Dimandatene S. Agostino; ditegli che cosa credeva egli di quelle parole: «Tu sei Pietro, e sopra questa pietra io fabbricherò la mia Chiesa.» Presentategliene un poco la vostra esposizione, e chiedetene la sua. Che vi avrebbe insegnato egli dell'unità visibile? Che v'insegnerebbe della Chiese di Dio? Interrogatene lui: è ella la Chiesa di Dio una numericamente od una soltanto in metafora? È ella visibile sicchè tutti gli uomini «veggano la città locata sopra d'un monte»; ovveramente sì invisibile, che gli uomini si stanchino cercando nè mai la trovino? Ha ella un capo sulla terra, il quale rappresenti il divino di lei capo nel cielo? O non ha verun capo, o pur levane su di molti? Che cosa egli Agostino vi avrebbe insegnato della fede del Credo, in cui foste rigenerati? Ovvero, quel gran Santo che dal Trono Apostolico lo spediva, che cosa avrebbe egli testificato a voi di quelle dottrine della fede, di quelle dottrine che imparaste a tener come errori? Interrogatene Gregorio, il primo e più grande di questo nome; interrogatelo, che cosa credeva egli delle podestà lasciate alla sua Chiesa in terra dall'Incarnato Figliuol di Dio? Che cosa insegnava egli della podestà delle chiavi trasmessa di mano in mano per diritta successione dai suoi predecessori, facendo capo al suo divino Signore? Dimandate che cosa insegnava del potere d'assolvere nel Sacramento della Penitenza; che cosa credeva della reale presenza dell'Uomo-Dio sull'altare; che cosa del santo Sacrifizio offerto ogni giorno per tutto il mondo; che cosa della Comunione dei Santi, intercessori perpetui, perpetuamente invocati; che cosa dello stato intermedio dell'anime trapassate, che le affina e purifica pel regno di Dio. Sì, interrogate Gregorio, santo e dottore, al quale dobbiam la fede, che cosa egli insegnava di quella fede, che voi rigettaste. 

Se il discepolo ed il Maestro, se il Mandato ed il Mandante dovessero venir ora, e passeggiare le piagge di questa antica riviera, dove mai si rivolgerebbon egli per adorare? Vi par ch'entrerebbero nella magnifica cattedrale, fondata dai lor figliuoli nella fede, dove riposa ancora un santificato re dell'Inghilterra cattolica? Volgerebbero forse i loro passi colà per adorare il Dio dei padri loro, ed il loro Incarnato Signore, onde loro provenne missione e fede? O non andrebbon egli piuttosto a qualche remota cappella, a qualche altare rincantucciato nei suoi dintorni, dove un oscuro sacerdote in non cale e spregiato offre quotidianamente il divin sacrifizio in comunione colla Chiesa universale di Dio? — Or dunque, se voi avete pretensione sull'eredità, come titolo fondamentale della vostra fede; coerenza, fratelli, al vostro principio, e ne sarete condotti al porto. Non è cosa da prendere a gabbo. La verità porta l'impronta di Dio, la verità trasforma l'uomo alla somiglianza di Dio medesimo. Ah! non trascurate le voci dello Spirito del Signore, che vi sollecita l'anima; poichè egli è assai delicato, e tosto ritraesi risentito, ove incontri il suo lene [= mite N.d.R.] impulso ostinatezza e incredulità. Se la verità vi scuote le fibre dell'anima, e voi fedeli seguitela, e tenete dietro dappresso alla luce che possedete. Estimate vanità, jattura ogni cosa di questo mondo, per acquistare la verità, senza cui l'eredità del Regno di Dio non fa per voi in eterno. Adoperatevi, a tanto scopo, nè vi stancate infino a che voi l'abbiate trovata. E non vogliate mai perdere di vista, che se la vostra religione è indefinita, non avete al postutto vera cognizione del nostro Salvatore; e se la vostra credenza è incerta, ella non è la fede che vi possa condurre all'eterna salute.
[CONTINUA]

NOTE:

[*] Per maggiore chiarezza e per non moltiplicare le note redazionali abbiamo sostituito i termini ottocenteschi diffinità e finità (ingl. definiteness and finiteness) con definizione e finitezza.

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