Discorso di Pio XII dopo il rito di canonizzazione di San Pio X, 29 maggio 1954
Quest’ora di fulgente trionfo, che
Iddio, suscitatore degli umili, ha disposto e quasi affrettato, per
sigillare la mirabile ascesa del suo servo fedele Pio X alla suprema
gloria degli altari, ricolma l’animo Nostro di gaudio, al quale voi,
Venerabili Fratelli e diletti figli, con la vostra presenza così
largamente partecipate. Eleviamo pertanto fervide grazie alla divina
bontà per averCi concesso di vivere questo straordinario evento, tanto
più che forse per la prima volta nella storia della Chiesa la formale
santificazione di un Papa è proclamata da chi ebbe già il privilegio di
essere al servigio di lui nella Curia Romana.
Fausto e memorando questo dì, non
soltanto per Noi, che lo annoveriamo tra i giorni felici del Nostro
Pontificato, cui la Provvidenza aveva pur riservato così numerosi dolori
e sollecitudini; ma altresì per la intiera Chiesa, che, spiritualmente
stretta intorno a Noi, esulta all’unisono in veemente palpito di
religiosa commozione.
Il caro nome di Pio X in questo vespro
radioso attraversa da un capo all’altro la terra, scandito con gli
accenti più diversi; e destando da per tutto pensieri di celestiale
bontà, forti impulsi di fede, di purezza, di pietà eucaristica, risuona a
perenne testimonianza della feconda presenza di Cristo nella sua
Chiesa. Con generoso ricambio, esaltando il suo servo, Dio attesta la
eccelsa santità di lui, per la quale, anche più che per il suo supremo
Ufficio, Pio X fu in vita inclito campione della Chiesa, e come tale è
oggi il Santo dato dalla Provvidenza ai nostri tempi.
Ora Noi desideriamo che precisamente in
questa luce voi contempliate la gigantesca e mite figura del Santo
Pontefice, affinchè, calate le ombre su questa memoranda giornata e
spente le voci dell’immenso osanna, il solenne rito della sua
santificazione permanga in benedizione nelle anime vostre ed in salvezza
per il mondo.
- — Il programma del suo Pontificato fu da lui solennemente annunziato
fin dalla prima Enciclica (E supremi del 4 Ottobre 1903), in cui
dichiarava essere suo unico proposito di instaurare omnia in Christo
(Eph. 1, 10), ossia di ricapitolare, ricondurre tutto ad unità in
Cristo. Ma quale è la via che ci apre l’adito a Gesù Cristo? egli si
chiedeva, guardando amorevolmente le anime smarrite ed esitanti del suo
tempo. La risposta, valida ieri, come oggi e nei secoli, è: la Chiesa!
Fu pertanto sua prima sollecitudine, incessantemente perseguita fino
alla morte, di rendere la Chiesa sempre più in concreto atta ed aperta
al cammino degli uomini verso Gesù Cristo. Per questo intento egli
concepì l’ardita intrapresa di rinnovare il corpo delle leggi
ecclesiastiche, in guisa da dare all’intiero organismo della Chiesa più
regolare respiro, maggior sicurezza e snellezza di movimento, come era
richiesto da un mondo esterno improntato a crescente dinamismo e
complessità. È ben vero che questa opera, da lui stesso definita «
arduum sane munus », si adeguava all’eminente senso pratico ed al vigore
del suo carattere; tuttavia la sola aderenza al temperamento dell’Uomo
non sembra che spieghi l’ultimo motivo della difficile impresa. La
scaturigine profonda dell’opera legislativa di Pio X è da ricercarsi
soprattutto nella sua personale santità, nella sua intima persuasione
che la realtà di Dio, da lui sentita in comunione incessante di vita, è
la origine e il fondamento di ogni ordine, di ogni giustizia, di ogni
diritto nel mondo. Dov’è Dio, là è ordine, giustizia e diritto; e,
viceversa, ogni ordine giusto tutelato dal diritto manifesta la presenza
di Dio. Ma quale istituzione sulla terra doveva più eminentemente
palesare questa feconda relazione fra Dio e il diritto, se non la
Chiesa, corpo mistico di Cristo stesso? Iddio benedisse largamente
l’opera del beato Pontefice, cosicchè il Codice di diritto canonico
resterà nei secoli il grande monumento del suo Pontificato, ed egli
stesso potrà considerarsi come il Santo provvidenziale del tempo
presente.
Possa questo spirito di giustizia e di
diritto, del quale Pio X fu al mondo contemporaneo testimone e modello,
penetrare nelle aule delle Conferenze degli Stati, ove si discutono
gravissimi problemi della umana famiglia, in particolare il modo di
bandire per sempre il timore di spaventosi cataclismi e di assicurare ai
popoli una lunga era felice di tranquillità e di pace.
- - Invitto campione della Chiesa e Santo provvidenziale dei nostri
tempi si rivelò altresì Pio X nella seconda impresa che contraddistinse
l’opera sua, e che in vicende talora drammatiche ebbe l’aspetto di una
lotta impegnata da un gigante in difesa di un inestimabile tesoro:
l’unità interiore della Chiesa nel suo intimo fondamento: la fede. Già
dalla fanciullezza la Provvidenza divina aveva preparato il suo eletto
nell’umile sua famiglia, edificata sull’autorità, sui sani costumi e
sulla fede stessa scrupolosamente vissuta. Senza dubbio ogni altro
Pontefice, in virtù della grazia di stato, avrebbe combattuto e respinto
gli assalti miranti a colpire la Chiesa nel suo fondamento. Bisogna
tuttavia riconoscere che la lucidità e la fermezza, con cui Pio X
condusse la vittoriosa lotta contro gli errori del modernismo, attestano
in quale eroico grado la virtù della fede ardeva nel suo cuore di
santo. Unicamente sollecito che l’eredità di Dio fosse serbata intatta
al gregge affidatogli, il grande Pontefice non conobbe debolezze dinanzi
a qualsiasi alta dignità o autorità di persone, non tentennamenti di
fronte ad adescanti ma false dottrine entro la Chiesa e fuori, nè alcun
timore di attirarsi offese personali e ingiusti disconoscimenti delle
sue pure intenzioni. Egli ebbe la chiara coscienza di lottare per la più
santa causa di Dio e delle anime. Alla lettera si verificarono in lui
le parole del Signore all’Apostolo Pietro: « Io ho pregato per te,
affinchè la tua fede non venga meno, e tu . . . conferma i tuoi fratelli
» (Luc. 22, 32). La promessa e il comando di Cristo suscitarono ancora
una volta nella roccia indefettibile di un suo Vicario la tempra
indomita dell’atleta. È giusto che la Chiesa, decretandogli in quest’ora
la gloria suprema nel medesimo luogo ove rifulge da secoli non mai
offuscata quella di Pietro, confondendo anzi l’uno e l’altro in una sola
apoteosi, canti a Pio X la sua riconoscenza ed invochi in pari tempo la
intercessione di lui, affinchè le siano risparmiate nuove lotte di tal
genere. Ma ciò di cui allora propriamente si trattò, vale a dire la
conservazione della intima unione della fede e del sapere, è un così;
alto bene per tutta la umanità, che anche questa seconda grande opera
del santo Pontefice è di una importanza che va molto al di là dello
stesso mondo cattolico.
Chi, come il modernismo, separa,
opponendole, fede e scienza nella loro fonte e nel loro oggetto, opera
in questi due campi vitali una scissione così deleteria, « che poco è
più morte ». Si è veduto praticamente: l’uomo, che al volger del secolo
era già nell’intimo di sè diviso, e tuttavia ancora illuso di possedere
la sua unità nella sottile apparenza di armonia e di felicità, basate in
un progresso puramente terreno, è stato poi visto come spezzarsi sotto
il peso di una ben differente realtà.
Pio X vide con vigile sguardo
approssimarsi questa spirituale catastrofe del mondo moderno, questa
amara delusione specialmente dei ceti colti. Egli intuì come una tale
fede apparente, la quale cioè non si fonda in Dio rivelatore, ma si
radica in un terreno puramente umano, si diluirebbe per molti
nell’ateismo; ravvisò parimenti il fatale destino di una scienza, che,
contrariamente alla natura e in volontaria limitazione, s’interdiceva il
cammino verso l’assoluto Vero e Buono, lasciando così all’uomo senza
Dio, di fronte alla invincibile oscurità in cui giaceva per lui tutto
l’essere, soltanto l’atteggiamento dell’angoscia o della arroganza.
Il Santo contrappose a tanto male
l’unica possibile e reale salvezza: la verità cattolica, biblica, della
fede, accettata come « rationabile obsequium » (Rom. 12, 1) verso Dio e
la sua rivelazione. Coordinando in tal modo fede e scienza, quella come
estensione soprannaturale e talora conferma dell’altra, e questa come
via introduttiva alla prima, restituì all’uomo cristiano l’unità e la
pace dello spirito, che sono imprescrittibili premesse di vita.
Se oggi molti, volgendosi di nuovo verso
questa verità, quasi sospintivi dal vuoto e dall’angoscia del suo
abbandono, hanno la sorte di poterla scorgere in saldo possesso della
Chiesa, di ciò debbono essere riconoscenti alla lungimirante opera di
Pio X. Egli è infatti benemerito della preservazione della verità
dall’errore, sia presso coloro che di quella godono la piena luce, cioè i
credenti, sia presso quelli che sinceramene la cercano. Per gli altri
la fermezza di lui verso l’errore può forse rimanere ancora quasi una
pietra di scandalo; in realtà essa è l’estremo caritatevole servigio
reso da un Santo, come Capo della Chiesa, a tutta l’umanità.
- — La santità, che nelle ricordate imprese di Pio X si rivela come
ispiratrice e guida di queste, sfavilla anche più direttamente negli
atti quotidiani della sua persona. In sè stesso, prima che negli altri,
egli attuò l’enunciato programma: ricapitolare, ricondurre tutto ad
unità in Cristo. Da umile parroco, da Vescovo, da Sommo Pontefice, egli
stimò per certo che la santità, cui Dio lo destinava, era la santità
sacerdotale. Quale altra santità può infatti Iddio maggiormente gradire
da un sacerdote della Nuova Legge, se non quella che si addice ad un
rappresentante del Sommo ed Eterno Sacerdote, Gesù Cristo, il quale
lasciò alla Chiesa la perenne memoria, la perpetua rinnovazione del
sacrificio della Croce nella santa Messa, fino a tanto che Egli verrà
per il giudizio finale (1 Cor. 11, 24-26); che con questo Sacramento
della Eucaristia diede sè stesso a nutrimento delle anime: « Chi mangia
di questo pane vivrà in eterno » (Io. 6, 58)?
Sacerdote innanzi tutto nel ministero
eucaristico, ecco il ritratto più fedele del santo Pio X. Servire come
sacerdote il mistero della Eucaristia e adempiere il comando del Signore
« Fate questo per mio ricordo » (Luc. 22, 19), fu la sua via. Dal
giorno della sacra ordinazione fino alla morte da Pontefice, egli non
conobbe altro possibile sentiero per giungere all’eroico amore di Dio e
al generoso contraccambio verso il Redentore del mondo, il quale per
mezzo della Eucaristia « quasi effuse le ricchezze del divino suo amore
verso gli uomini » (Conc. Trid. sess. XIII, cap. 2). Uno dei documenti
più espressivi della sua coscienza sacerdotale fu l’ardente cura di
rinnovare la dignità del culto, e specialmente di vincere i pregiudizi
di una prassi traviata, promovendo con risolutezza la frequenza, anche
quotidiana, dei fedeli alla mensa del Signore, e là conducendo senza
esitare i fanciulli, quasi sollevandoli sulle sue braccia per offrirli
all’amplesso del Dio nascosto sugli altari, donde una nuova primavera di
vita eucaristica sbocciò per la Sposa di Cristo.
Nella profonda visione che aveva della
Chiesa come società, Pio X all’Eucaristia riconobbe il potere di
alimentare sostanzialmente la sua intima vita e di elevarla altamente
sopra tutte le altre umane associazioni. Solo l’Eucaristia, in cui Dio
si dona all’uomo, può fondare una vita associata degna dei suoi membri,
cementata dall’amore prima che dall’autorità, ricca di opere e tendente
al perfezionamento dei singoli, una vita cioè « nascosta con Cristo in
Dio ».
Provvidenziale esempio per il mondo
odierno, in cui la società terrena, divenuta sempre più quasi un enigma a
sè stessa, cerca con ansia una soluzione per ridonarsi un’anima! Guardi
esso dunque, come a modello, alla Chiesa raccolta intorno ai suoi
altari. Ivi, nel mistero eucaristico l’uomo scopre e riconosce realmente
il suo passato, il presente e l’avvenire come unità in Cristo (cfr.
Conc. Trid. 1. c.). Consapevole e forte di questa solidarietà con Cristo
e coi propri fratelli, ciascun membro dell’una e dell’altra società, la
terrena e la soprannaturale, sarà in grado di attingere dall’altare la
vita interiore di personale dignità e di personale valore, vita che al
presente è sul punto di esser travolta dalla tecnicizzazione e dalla
eccessiva organizzazione della intera esistenza, del lavoro e perfino
dello svago. Solo nella Chiesa, par che ripeta il santo Pontefice, e per
essa nella Eucaristia, che è « vita nascosta con Cristo in Dio », sta
il segreto e la sorgente di rinnovata vita sociale.
Di qui consegue la grave responsabilità
di coloro ai quali, come a ministri dell’altare, spetta il dovere di
schiudere alle anime la vena salvifica della Eucaristia. Multiforme è
invero l’azione che un sacerdote può svolgere per la salvezza del mondo
moderno; ma una è senza dubbio la più degna, la più efficace, la più
duratura negli effetti: farsi dispensatore della Eucaristia, dopo
essersene egli stesso abbondantemente nutrito. L’opera sua non sarebbe
più sacerdotale, se egli, sia pure per lo zelo delle anime, mettesse in
secondo luogo la vocazione eucaristica. Conformino i sacerdoti le loro
menti alla ispirata sapienza di Pio X, e fiduciosamente orientino sotto
il sole eucaristico ogni loro attività di vita e di apostolato.
Parimente i religiosi e le religiose, viventi con Gesù sotto il medesimo
tetto, e dalle sue carni quotidianamente nutriti, riguardino come norma
sicura quanto il santo Pontefice dichiarò in una importante occasione,
che cioè i vincoli con Dio mediante i voti e in comunità religiosa non
debbono essere posposti a nessun altro, per quanto legittimo, servigio a
vantaggio del prossimo (cfr. Ep. ad Gabrielem M. Antist. Gen. Fr. a
Scholis Christ. 23 Apr. 1905 – Pii X P. M. Act. v. II pag. 87-88).
Nell’Eucaristia l’anima deve affondare
le radici per trarne la soprannaturale linfa della vita interiore, la
quale non è soltanto un bene fondamentale dei cuori consacrati al
Signore, ma necessità di ogni cristiano, cui Dio ha assegnato una
vocazione di salute. Senza la vita interiore qualsiasi attività, per
quanto preziosa, si svilisce in azione quasi meccanica, nè può avere
l’efficacia propria di una operazione vitale.
Eucaristia e vita interiore; ecco la
suprema e più generale predicazione, che Pio X rivolge in quest’ora, dal
fastigio della gloria, a tutte le anime. Quale apostolo della vita
interiore egli si colloca nell’età della macchina, della tecnica,
dell’organizzazione, come il Santo e la guida degli uomini di oggi.
Sì, o Santo Pio X, gloria del
sacerdozio, splendore e decoro del popolo cristiano; – Tu in cui
l’umiltà parve affratellarsi con la grandezza, l’austerità con la
mansuetudine, la semplice pietà con la profonda dottrina; Tu, Pontefice
della. Eucaristia e del catechismo, della fede integra e della fermezza
impavida; volgi il tuo sguardo verso la Chiesa santa, che Tu tanto
amasti e alla quale dedicasti il meglio dei tesori, che con mano prodiga
la divina Bontà aveva deposto nell’animo Tuo; ottienile la incolumità e
la costanza, in mezzo alle difficoltà e alle persecuzioni dei nostri
tempi; sorreggi questa povera umanità, i cui dolori così profondamente
Ti afflissero, che arrestarono alla fine i palpiti del tuo gran cuore;
fa che in questo mondo agitato trionfi quella pace, che deve essere
armonia fra le nazioni, accordo fraterno e sincera collaborazione fra le
classi sociali, amore e carità. fra gli uomini, affinchè in tal guisa
quelle ansie, che consumarono la Tua vita apostolica, divengano, grazie
alla Tua intercessione, una felice realtà, a gloria del Signor Nostro
Gesù Cristo, che col Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli
dei secoli. Così sia!
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