DOMÍNICA X POST PENTECOSTEN - Santa messa "Non Una Cum" gli apostati vaticanosecondisti fondatori della satanica e fasulla Chiesa Conciliare...
----------
----------
EPISTOLA
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Corínthios, I, 12, 2-11
Fratres:
Scitis quóniam cum gentis essétis, ad simulácra muta prout ducebámini
eúntes. Ideo notum vobis fácio, quod nemo in Spíritu Dei loquens, dicit
anáthema Iesu. Et nemo potest dícere, Dóminus Iesus, nisi in Spíritu
Sancto. Divisiónes vero gratiárum sunt, idem autem Spíritus. Et
divisiónes ministratiónum sunt, idem autem Dóminus. Et divisiónes
operatiónum sunt, idem vero Deus, qui operátur ómnia in ómnibus.
Unicuíque autem datur manifestátio Spíritus ad utilitátem. Alii quidem
per Spíritum datur sermo sapiéntiæ: álii autem sermo sciéntiæ secúndum
eúmdem Spíritum: álteri fides in eódem Spíritu: álii grátia sanitátum in
uno Spíritu: álii operátio virtútum, álii prophetía, álii discrétio
spirítuum, álii génera linguárum, álii impertrátio sermónum. Hæc autem
ómnia operátur unus atque idem Spíritus, dívidens síngulis prout vult.
M. - Deo grátias.
Fratelli:
Sapete che quando eravate pagani, eravate trascinati verso i muti
idoli. Perciò io vi avverto che nessuno, che parli per lo Spirito di
Dio, dice: Maledizione a Gesú. E nessuno può dire: Signore Gesú, se non
dallo Spirito Santo. Vi sono bensí diversità di carismi, ma lo Spirito è
uno solo. E vi sono diversità di ministeri, ma non v’è che un solo
Signore. E vi è anche diversità di operazioni, ma non v’è che un solo
Dio, che opera tutto in tutti. Infatti a ciascuno è concessa la
manifestazione dello Spirito a fini utili. Dallo Spirito, ad uno è
concessa la parola della sapienza, a un altro la parola della scienza
sempre dal medesimo Spirito, a un altro la fede nello stesso Spirito, a
un altro il dono delle guarigioni nell’unico Spirito, a un altro il dono
di operare miracoli, a un altro la profezia, a un altro il
discernimento degli spiriti, a un altro ogni genere di lingue, a un
altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutto questo è il medesimo e
unico Spirito che lo opera, dando a ciascuno secondo che gli piace. M. - Deo grátias.
GRADUALE
Ps.
16, 8 et 2 - Custódi me, Dómine, ut pupíllam óculi: sub umbra alárum
tuárum prótege me. De vultu tuo iudícium meum pródeat: óculi tui vídeant
æquitátem.
Sal. 16, 8 e 2 - Custodiscimi, o Signore, come la
pupilla dell’occhio: proteggimi sotto l’ombra delle tue ali. Venga da Te
proclamato il mio diritto: poiché i tuoi occhi vedono l’equità.
ALLELÚIA
Allelúia, allelúia. Ps. 64, 2 - Te decet hymnus, Deus, in Sion: et tibi reddétur votum in Ierúsalem. Allelúia.
Allelúia, allelúia. Sal. 64, 2 - A Te, o Dio, si addice l’inno in Sion: a Te si sciolga il voto in Gerusalemme. Allelúia.
EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam, 18, 9-14
In
illo témpore: Dixit Iesus ad quosdam qui in se confidébant tamquam
iusti, et aspernabántur céteros, parábolam istam: Duo hómines
ascendérunt in templum ut orárent: unus pharisǽus, et alter publicánus.
Pharisǽus stans, hæc apud se orábat: Deus, grátias ago tibi, quia non
sum sicut céteri hóminum: raptóres, iniústi, adúlteri: velut étiam hic
publicánus. Ieiúno bis in sábbato: décimas do ómnium, quæ possídeo. Et
publicánus a longe stans nolébat nec óculos ad cælum leváre: sed
percutiébat pectus suum, dicens: Deus, propítius esto mihi peccatóri.
Dico vobis: descéndit hic iustificátus in domum suam ab illo: quia omnis
qui se exáltat, humiliábitur: et qui se humíliat, exaltábitur. M. - Laus tibi Christe.
In
quel tempo: Ad alcuni che si ritenevano giusti e disprezzavano gli
altri, Gesú disse questa parabola: Due uomini salirono al tempio per
pregare: uno era fariseo, l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in
piedi, pregava cosí entro di sé: Signore, Ti ringrazio perché non sono
come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, o come anche questo
pubblicano. Io digiuno due volte il sabato e dò le decime di tutto
quello che posseggo. E il pubblicano, stando lontano, non osava neppure
levare lo sguardo in alto, ma si percuoteva il petto, dicendo: O Dio,
sii clemente con me peccatore. Orbene, io vi dico che questi ritornò a
casa sua giustificato a preferenza dell’altro, poiché chi si esalta
verrà umiliato e chi si umilia verrà esalato. M. - Lode a Te, o Cristo.
----------
“Storia delle eresie” di Sant’Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa, Cap. VII – Eresie del secolo VII, ART. I. “Della setta di Maometto”. “Nascita di Maometto e principj della sua falsa religione”. “Del suo Alcorano pieno di bestemmie e d’inezie”.
In questo
secolo settimo uscì l’empia setta Maomettana. L’istoria di Maometto già
mi trovo di averla scritta nella mia opera della Verità della Fede; ma
non voglio qui tralasciare di darne un breve saggio. Maometto fondatore
di questa setta micidiale, che ha infettata la maggior parte del mondo
cristiano, nacque nell’Arabia all’anno 568, secondo il Fleury, da
famiglia illustre.
Morto il
padre, fu applicato da un suo zio alla mercatura. Essendo poi in età di
28 anni, fu preso prima per fattore e poi per marito da una vedova
nobile e ricca, chiamata Kadia. Fu educato nell’idolatria; ma avanzato
nell’età deliberò di mutar religione, e di farla mutare a tutti gli
arabi, ch’erano idolatri, con propagare, come dicea, la religione antica
di Adamo, di Abramo, di Noè e de’ profeti, fra’ quali annoverava anche
Gesù Cristo.
Finse per
molto tempo di aver colloquj familiari coll’arcangelo s. Gabriele nella
grotta d’Hira, situata poco distante dalla Mecca, ov’egli spesso si
ritirava. Nell’anno poi 608, essendo Maometto di 40 anni, cominciò a
dichiararsi profeta ispirato da Dio, e per tale si fece tenere a
principio da’ suoi parenti e domestici; quindi cominciò a predicare in
pubblico nella Mecca, riprovando l’idolatria.
La gente
in quei principj poco gli dava orecchio, richiedendo da lui qualche
miracolo in prova della sua missione. Rispondeva egli ch’era mandato da
Dio non a far miracoli, ma solo a predicar la verità. Con tutto ciò
l’impostore nel suo Alcorano vanta d’aver fatto un miracolo, ma molto
ridicolo; dicendo che, essendo caduto un pezzo della luna nella sua
manica, egli avea saputo racconciarlo: e perciò poi l’imperio dei
Maomettani ha l’impresa della mezza luna.
Maometto
avea pubblicato che Dio gli avea imposto precetto di non forzare gli
uomini a tenere la sua religione; ma trovandosi appresso perseguitato
da’ Meccani, dichiarò che Dio gli avea comandato di perseguitare gli
infedeli coll’armi, e così propagar la fede; e di poi visse perciò
sempre in guerra.
Quindi gli
riuscì di farsi signore della Mecca; ed ivi piantò le sede della sua
setta, ed ebbe l’intento prima di sua morte di vedere tutte le tribù
dell’Arabia fatte sue seguaci.
Maometto
compose poi l’Alcorano (Alcoran, cioè la lettura, o come diciamo noi, la
scrittura) coll’aiuto, come dicesi, di un certo monaco chiamato Sergio.
L’Alcorano è un miscuglio di precetti della legge giudaica e della
cristiana, e di altri da esso inventati, confuso poi con molte favole e
false rivelazioni.
Egli
ammettea la missione di Mosè e di Gesù Cristo. Ammetteva ancora molte
parti della nostra sacra scrittura; ma dicea che la sua legge
perfezionava e riformava la giudaica e la cristiana. Ma in verità ella
discrepava dall’una e dall’altra.
Credeva
Maometto esservi un Dio; ma dicea poi nel suo Alcorano molte cose
indegne di Dio, mischiate con mille contraddizioni, che si possono
leggere nella mentovata mia opera della Fede. Dicea che ogni giudeo o
cristiano si salva osservando la sua legge, benché lasciasse una legge
per un’altra. Dicea che gl’infedeli staranno per sempre all’inferno; ma
che quelli che credono ad un solo Dio, vi staranno solo per qualche
tempo e non più di mille anni, e che poi tutti anderanno alla casa della
pace, cioè del paradiso.
Ma il
paradiso che promettea Maometto, era tale, com’egli se lo figurava, che
si vergognerebbero di starvi anche le bestie; poiché questo suo paradiso
altri piaceri non dava che sensuali e sozzi. Lascio di scrivere altre
inezie dell’Alcorano, che possono leggersi nella citata mia opera.
I
Maomettani si radono il capo, come si sa, e vi lasciano una chiocchetta
di capelli, e sperano che per quella Maometto potrà cavarli
dall’inferno, anche dopo che alcuni di loro vi fossero caduti.
La legge
di Maometto permette più mogli sino al numero di quattro, e comanda che
almeno se ne prenda una, e concede il ripudio per due volte. Proibisce
poi il disputare sopra l’Alcorano e le scritture sacre; e questo fu un
ritrovato molto efficace del demonio per fare e seguire a fare una
perpetua strage di tante povere anime, acciocché le misere vivessero
sempre nella loro ignoranza e così restassero per sempre accecate e
perdute.
Finalmente
nell’anno 631 morì Maometto in età di 63 anni, avendone regnati nove in
circa, dopo aver conquistata quasi tutta l’Arabia, e steso il suo
dominio per 400 leghe lontano da Medina tanto a levante, quanto a mezzo
giorno.
Lasciò poi
Aboubecro uno dei suoi primi discepoli, che fece altri acquisti.
Succedettero indi altri capi della setta, chiamati Califfi, che
rovinarono l’imperio de’ persiani, e conquistarono la Siria e l’Egitto.
***
“Verità della Fede” di Sant’Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa, Parte III, Cap. IV. “Non può esser vera la religione maomettana”.
Vediamo in
primo luogo le qualità di Maometto, che stabilì questa religione,
diciam meglio questa infame setta che ha mandate tante anime
all’inferno. Egli ebbe qualche dote naturale; fu di bello aspetto,
d’ingegno penetrante, cortese nel tratto, liberale e grato ai beneficj.
Ma all’incontro fu dominato dal vizio della libidine, e perciò tenne da
15 mogli, e più di 24 concubine, fingendo di avere avuto in ciò il
permesso da Dio, poiché agli altri non concedeva egli più di quattro
mogli; e quindi poi nel suo Alcorano ripose nelle sozzure della carne la
massima parte della felicità eterna.
Fu
dominato ancora dalla superbia, che lo fece talvolta diventar crudele.
Basti sapere che una volta ad alcuni che si avean presi certi suoi
cammelli, fece tagliar le mani e i piedi, e cavare gli occhi con un
ferro rovente, e poi li fece lasciar così, finché spirassero l’anima.
Vediamo ora che cosa sia l’Alcorano di Maometto, e quali dogmi e precetti ivi s’insegnino.
Alcorano
significa lezione, o sia libro di lezione. I titoli del libro sono varj
secondo le varie edizioni. Si divide in Sure, o sieno Azoare 114, e le
Sure dividonsi in Ayat, cioè segni di diversa lunghezza, che contengono
attributi di Dio e precetti o giudizj di cose mirabili, e questi segni
terminano col ritmo corrispondente al verso precedente.
L’Alcorano
è scritto in lingua pura araba e con eleganza di parole, affettando un
modo profetico. Vi sono giudizj, istorie ed esortazioni.
A’ giudizj
spettano le leggi così per le cose sacre, preci, pellegrinaggi e
digiuni, come per le cose politiche, tribunali, matrimonj ed eredità.
Alle
istorie spettano molte narrative, parte prese da’ libri sacri, ma
corrottamente, e parte finte, o pur ricavate da’ libri apocrifi e
specialmente del Talmud de’ giudei.
Alle
esortazioni poi si riferiscono gl’inviti alla nuova religione, alla
guerra per difesa di quella, alle preci ed alle limosine, minacciando le
pene dell’inferno a’ trasgressori, e promettendo le delizie del
paradiso agli osservanti.
Talvolta
si finge Dio, o l’angelo che parla: talvolta poi parla lo stesso
Maometto o ai Meccani o a’ giudei, o a’ cristiani. Altre volte parlano i
beati del paradiso ovvero i dannati dell’inferno: sicché l’Alcorano è
una specie di dramma, in cui sono diversi che parlano.
Dicono i
Maomettani che l’Alcorano non è composto da Maometto, né da altri, ma
solamente da Dio, e da Dio è stato dato a Maometto. In quanto poi al
modo e tempo, dicono mille inezie. Altri dicono che l’Alcorano è stato
eterno, sempre presente al trono di Dio in una certa tavola, ove stavano
scritte tutte le cose passate, presenti e future. Altri dicono che in
una certa notte del mese romadan, in cui suppongono che Dio dispone
tutte le cose, scese questo libro dal trono divino. Altri dicono che
l’arcangelo Gabriele rivelò a Maometto tutto quello che sta scritto
nell’Alcorano. Altri dicono che Maometto ricevea da quando in quando
alcuni versi, ed egli li facea conservare in una cassa: altri dicono
altri spropositi.
Del resto
oggi negli esemplari che noi abbiamo dell’Alcorano vi sono molte lezioni
varie che variano sentenza. I nostri scrittori dicono che l’Alcorano fu
composto da Maometto o tutto da sé, o coll’aiuto di un certo monaco
Sergio, o d’altri. Chi poi volesse intender più cose dell’Alcorano circa
la sua scrittura, legga Marraccio nel prodromo all’Alcorano (Part. 4. c. 27).
Parlando
poi della teologia dell’Alcorano, dee sapersi che questo libro è ripieno
d’una farragine confusa di favole, di precetti e di dogmi tutti inetti,
fuori di quelli che son presi dalla legge ebraica e cristiana.
Maometto
riconoscea per divina la missione così di Mosè, come di Gesù Cristo,
come anche riconoscea per legittima l’autorità delle nostre sacre
scritture, almeno in più parti, dicendo che le altre sono state
corrotte; ond’egli colla sua pretesa religione (che dicea esser la
stessa che tennero Mosè e Gesù Cristo) volea riformare e perfezionare
così la religione giudaica, come la cristiana. Ma in verità altro non
fece che formare una setta che discrepava dall’una e dall’altra.
Maometto
credea esservi un Dio, e dalla Sura 4. vers. 17. si ricava che credesse
anche la Trinità delle persone nella natura divina: “Neque dicant tres (Deos), Deus enim unus est”.
Credeva esser di fede esservi gli angeli, ma dicea che essi hanno corpo, e sono anche di diverso sesso; Sura 2. e 7.
Diceva ancora essere assegnati due angeli custodi a ciascun uomo, e questi mutarsi ogni giorno.
Dicea di
più che vi sono angeli e demonj di diverse specie, chiamati genj, i
quali mangiano e bevono, ed anche si propagano e muoiono, ed anche son
capaci della futura salute e dannazione.
Vi sono
poi nell’Alcorano molte cose indegne di Dio. Ivi si dice (come
bestemmiano ancora gli ebrei talmudisti) che Dio fu costretto a dire una
bugia, per metter pace tra Sara ed Abramo. Ivi s’induce Dio che giura
per li venti, per gli angeli ed anche pei demonj; quando che Dio solo
per sé può giurare, non già per le creature.
Di più nella Sura 43 s’induce Dio che prega per Maometto: “Cum Deus et angeli propter prophetam exorent”.
Nella Sura 56 dice Maometto che Dio gli permise di violare un giuramento.
E nella Sura 43 che gli permise di potersi mischiare con qualunque donna anche maritata e consanguinea. Dice poi molte bugie.
Nella Sura 17 scrive che Dio comandò agli angeli che adorassero Adamo, e che tutti gli ubbidirono, fuorché Belzebub.
Dice nella Sura 13 che Maria madre di Gesù è adorata da noi per Dio.
Nella Sura 27 dice ch’egli fu rapito da Dio in cielo per essere ammaestrato de’ misterj.
Nella Sura 25 dice che Iddio ha creato il demonio da un fuoco pestifero. Vi sono poi nell’Alcorano mille contraddizioni.
Nella Sura 11 chiama Gesù Cristo spirito di Dio e suo messo: “Iesus Mariae filius nuntius suusque spiritus”; e poi nega essere Dio, e dice che non è stato crocifisso, ma in suo luogo fu crocifisso uno simile a lui.
Nella
stessa Sura 11 dice che ognuno, sia giudeo o cristiano, e benché lasci
una legge per un’altra, se adora Dio, ed opera bene sarà amato da Dio, e
si salverà; e poi nella Sura 3 dice che i Maomettani si dannano se
lasciano la loro legge.
Nella Sura 20 dice che niuno dee sforzarsi alla fede; e poi nella Sura 9 dice che gl’infedeli debbono essere uccisi.
Nella Sura 2 dice che ciascuno può salvarsi nella sua religione, sia giudeo, cristiano o sabaita: “Qui crediderint et iudaei et christiani et sabaitae in Deum, et fecerint bonum, ipsis erit merces apud Dominum”; e poi nella Sura 3 dice il contrario: “Et qui secutus fuerit aliam religionem praeter istam (cioè la maomettana), ipse in futuro seculo erit pereundus”.
I maomettani confessano queste contraddizioni, ma dicono che Dio stesso è stato quello che si è rivocato.
Dicono di
più i maomettani che dopo morte nel sepolcro da due persone Moncker e
Hakir hanno da essere pesate le opere di ognuno in due coppe di
bilancia, che eguagliano la superficie del cielo e della terra.
Dicono poi
che vi è il ponte Sorat, dal quale i peccatori cadranno nell’inferno,
dove gl’infedeli staranno per sempre; ma quelli che avranno creduto ad
un Dio, vi staranno per qualche tempo, ma non più di mille anni, e poi
passeranno alla casa della pace; ma prima d’entrare in questa casa
beveranno l’acqua della piscina di Maometto perciò i maomettani si
radono il capo, e vi lasciano una ciocchetta di capelli, sperando che
per quella Maometto potrà cavarli dall’inferno.
Essi sperano che almeno nel giorno del giudizio Maometto colle sue preghiere salverà tutti i suoi seguaci.
Il
paradiso poi che promette l’Alcorano, è un paradiso di cui si
vergognerebbero anche le bestie: è un paradiso ove non vi sono altri
piaceri che sensuali. Dice che ivi sono due orti ornati di alberi, fonti
e pomi e donne, e che ciascuno avrà in cielo tante mogli, quante ne
avrà avute in questa terra, e l’altre poi saranno concubine.
Ecco come si scrive nella Sura 86 ed 88: “Ubi dulcissimas aquas, pomaque multimoda, fructus varios et decentissimas mulieres, omneque bonum in aeternum possidebunt”.
Avicenna maomettano, vergognandosi di tal promessa per la vita eterna,
dice che Maometto in ciò avea parlato allegoricamente; ma l’Alcorano in
niun luogo ammette questa spiegazione sognata da Avicenna.
In quanto
poi ai precetti naturali, l’Alcorano insegna: principalmente la legge
della natura; scusa non però coloro che l’offendessero per causa di
timore. Ammette (come già si è detto) l’avere più mogli, sino a quattro,
purché possa conservarsi la pace con tutte, altrimenti ordina che se ne
prenda almeno una, e concede il ripudio per due volte.
Proibisce
poi il disputare sopra l’Alcorano e le scritture sacre; e ciò asserisce
nelle Sure 22 e 29 essere precetto divino. Per altro con molta
accortezza da questo impostore fu dato un tal precetto; giacché tutta la
forza della sua legge è nell’ignoranza.
Vi sono di
più altre leggi positive di purificazioni, orazioni e limosine: di più
del digiuno nel mese romadan e del pellegrinaggio alla Mecca. Si narra
da un buono autore che Maometto mettea del grano dentro del suo
orecchio, e che avea avvezzata una colomba a venire a beccarlo, affin da
far credere agli altri che egli per tal mezzo era ispirato da Dio circa
le cose che insegnava. Ed in conferma di ciò due maroniti presso Bayle
dicono trovarsi nella Mecca alcune colombe, che dai turchi son
rispettate come sacre, credendo essi che discendano da quella che
parlava a Maometto.
Sicché non
può esser vera la religione de’ gentili, non quella de’ giudei, non
quella de’ maomettani: dunque la cristiana è l’unica vera.
***
Appendice
(in nota 1 ibid.). Maometto fu arabo di nazione, nacque nella Mecca
nell’anno 571. Fu oriundo di famiglia nobilissima. Dopo la morte del
padre fu applicato alla mercatura da’ suoi parenti, attesoché prima fu
educato in casa del suo avo e poi di un certo suo zio, dal quale di anni
13 fu condotto nella Siria. Ma di là ritornato nella patria d’anni 25,
fu preso nella sua età d’anni 28 da una certa vedova nobile e ricca,
chiamata Kadia, per suo fattore.
Posto egli
in questa condizione più alta cominciò a meditare di mutare e far mutar
religione a tutta la sua patria, intendendo di liberare gli arabi
dall’idolatria, nella quale egli era stato educato, e di restituire al
mondo, come diceva, la religione primiera di Adamo, di Noè, di Abramo,
di Mosè ed anche di Cristo, in somma di tutti i profeti del vero Dio; e
perciò finse di aver colloquj coll’angelo Gabriele nella grotta d’Hira,
che non era molto distante dalla Mecca, dove spesso si ritirava.
Essendo
poi d’anni 40, ed essendo stato sino a quel tempo idolatra, si assunse
l’officio di profeta, e per tale si fece tenere prima dalla sua moglie e
da certi suoi parenti e domestici e poi da un certo Abubekero uomo di
grande autorità, coll’aiuto del quale acquistò molti potenti paesani
della Mecca. Dopo tre anni adunò in un convito 40 persone con Aly suo
cugino, ed allora aprì la sua missione divina, come diceva. Ma da tutti,
fuorché da Aly, fu allora deriso.
Egli
nulladimanco, non perdendosi d’animo, costituì Aly suo vicario, e
cominciò a predicare in pubblico nella Mecca, dove fu a principio udito
da’ suoi paesani; ma quando poi si pose a riprovare i loro dei, lo
perseguitarono a morte, e solo un certo Abotaleb colla sua autorità e
prudenza lo liberò; ma i meccani stabilirono di non avere più commercio
né con Maometto, né co’ suoi aderenti.
Egli non
però avendo in questo tempo composta già parte dell’Alcorano, spesso
provocava i suoi avversarj a formare alcuna parte simile, dicendo che
non avrebbero mai potuto comporne un solo capitolo. E richiedendo coloro
alcun miracolo della sua missione, rispondea ch’egli era stato mandato
da Dio non a far miracoli, ma solo a predicar la verità.
Dicono per
tanto i maomettani che il miracolo del legislatore è stata la
propagazione della loro legge fatta nella massima parte del mondo. Ma a
ciò si risponde che non può dirsi miracolo il vedere abbracciata una
legge, per cui si vive più secondo il piacere de’ sensi, che secondo la
ragione. Oltreché questa propagazione fu fatta nell’Arabia, ove la
massima parte era di gentili, vi erano pochi cristiani, e gli altri
erano giudei o eretici ariani e nestoriani, fuggiti colà per gli editti
degl’imperatori, ed in tutti poi regnava una somma ignoranza. Un tal
miracolo bensì è avvenuto nella propagazione del vangelo, che insegna
una legge opposta agli appetiti carnali. Con tutto ciò Maometto pure
vantava di aver fatto un gran miracolo (ma miracolo d’un buffone per la
scena): diceva nell’Azoara 64 del suo Alcorano, che essendo caduto un
pezzo di luna nella sua manica, egli ebbe l’abilità di racconciarlo: che
perciò poi l’imperio de’ turchi porta l’impresa della mezza luna.
Indi,
essendo morti la sua moglie Kadia e l’amico Abotaleb, Maometto nell’anno
decimo della sua finta missione si vide abbandonato quasi da tutti;
onde fu costretto a ritirarsi dalla Mecca in Tayef, luogo distante 60
miglia. Ma dopo un mese tornò alla Mecca, e si pose sotto la protezione
di Al-Notaam Abn-avi.
Nell’anno
duodecimo cacciò fuori la favola del suo viaggio notturno in Gerusalemme
e di là in cielo; ma questa favola parve così ridicola, che sarebbe
rimasto affatto abbandonato da tutti, se un certo Abu-ker non avesse
detto ch’egli non poteva negare la sua fede a Maometto. E nello stesso
duodecimo anno si strinsero con giuramento a Maometto molti della città
di Medina, e tra questi il principe della tribù detta Avos.
Maometto
avea dichiarato di non aver altro comando da Dio, che di predicar la
verità, ma non di forzare gli uomini a crederlo; ma essendo di poi
fuggito da Medina per evitar la morte macchinatagli dai meccani,
dichiarò egli il precetto di perseguitare colle armi gl’infedeli, e
colle vittorie propagar la fede, e d’indi in poi visse sempre in guerra,
alle volte perdendo, ma più spesso vincendo.
Andò
appresso con 1400 soldati alla Mecca, ed ottenne una tregua co’ nemici,
ma col patto che gli concedessero il potersi con esso arruolare quei che
voleano seguirlo.
Scrisse
poi lettere al re di Persia, dell’Etiopia e di Roma, e gl’invitò ad
abbracciare la sua religione. Indi si fece signore della Mecca: donde
avendo scacciata l’idolatria, piantò la sua setta; e nell’anno seguente
ricevette gli ambasciatori da tutte le tribù dell’Arabia, le quali,
vedendo soggiogata la tribù più potente di tutta la nazione,
abbracciarono l’Alcorano.
Finalmente Maometto nell’età di sessentatré anni morì, e si dice morto di veleno.
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.