venerdì 11 settembre 2015
LA LOGGIA MASSONICA VATICANOSECONDISTA...
'Tra le culture più esclusive quella romana è la più chiusa, dove neppure i titoli nobiliari e aristocratici sono sufficienti a farvela introdurre; ancor più esclusiva è quella ecclesiastica. Eppure la massoneria in quest'ultima vi entra facilmente dalla porta di servizio e senza biglietto, mimetizzandosi alla perfezione. La massoneria non usa cambiare la metodologia che trova sul posto dove opera. In Vaticano, strenuo baluardo della Chiesa cattolica, essa si arma di diabolica pazienza e aspetta, aspetta tanto finché non riesca a raggiungere le migliori leve del potere e del comando. Tale setta, che s'infiltra sempre là 'dove batte la storia' al dire di Cesare Pavese, sa che il Vaticano resta da sempre un'ardita antenna che capta e trasmette messaggi più avanzati su tutto; riuscire a trasmettergli l'epidemia nello spirito, di riflesso significa distruggere le difese immunologiche nella ragione umana. La parola d'ordine è: «Credere il meno possibile, senza essere eretico; per obbedire il meno possibile, senza essere ribelle» (Giuseppe De Mestre). La mano invisibile della massoneria in Vaticano, al centro di poteri occulti tra alta finanza e alti livelli, non è una diceria: la si avverte da per tutto, nel processo di assunzioni, nel metodo delle promozioni, nel corso di diffamazioni o di elogi per questo o quel monsignore secondo peso e misura. Così, codesto centro che per divino mandato dev'essere un faro, dentro il suo corpo da tempo ospita tumescenze che lo decompongono. Per uno sfregio al giudizio universale della Cappella Sistina il mondo intero scatterebbe in piedi a condannarne la profanazione; ma l'infiltrazione massonica in Vaticano è ancor più dissacrante perchè stravolge le menti e la sacralità del cuore del cristianesimo.
Contraddittorietà e ambiguità di realtà programmate disorientano i credenti, impotenti a frenare e a domare fatti ed eventi fluidi ed evanescenti nell'ambiente.
La piovra nel Palazzo, mai come oggi sui livelli di guardia, si riveste del dono dell'ubiquità in alto e in basso, dentro e fuori. Se ne avverte la presenza opaca dai lunghi tentacoli, ma non dove s'annida. Essa si serve di emissari sul posto, mercenari oscuri che non disdegnano l'equivoco di quella malavita organizzata, ben introdotta nell'ambiente, fatta di miseria e nobiltà. Quando deve colpire, non è mai un atto inconsulto. La maglia è così stretta che chi ne è colpito palpa solo la propria impotenza e capisce che reagire è dannoso piuttosto a sè che alla bestia.
Il
Cardinale Angelo Roncalli (futuro papa Giovanni XXIII) era un Massone
Documentato (Angelo Roncalli è quello al centro con la mano sul
ginocchio destro) seduto alla sua destra il suo "confidente", Edouard
Herriot, Segretario dei Socialisti Radicali e Gran Maestro, che Roncalli
ospitò insieme agli altri ufficiali della "quarta Repubblica Massonica"
di Francia, nel 1953.
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LA MASSONERIA ALLA CONQUISTA DELLA CHIESA
Di Carlo Alberto Agnoli...
Premessa
In queste pagine non ci proponiamo di provare la veridicità, nome per
nome, della famosa lista di prelati massoni pubblicata il 12 settembre
1978 dal giornalista Mino Pecorelli in seguito a molteplici altre liste
che erano già trapelate sulla stampa. Infatti, come escludere che
Pecorelli, che era un piduista, o comunque vicinissimo a Licio Gelli,
Venerabile della più famosa e famigerata Loggia massonica italiana,
possa avere inserito dei nomi per confondere le acque o danneggiare
qualche avversario? Certo, come meglio vedremo, c’è il significativo
riscontro della lista di Panorama, del 10 agosto 1976. Ma anche questo
elemento di per sé non è conclusivo. Anche personaggi fortemente
indiziati di affiliazione massonica potrebbero in realtà non essere
iscritti alla sètta, ma solo idealmente molto prossimi alle sue
posizioni. Proprio per questa ragione abbiamo ritenuto opportuno non
riprodurre per intero l’elenco apparso su Osservatore Politico ritenendo
che le posizioni individuali vadano valutate caso per caso. Quello che
invece ci preme dimostrare è la generale attendibilità della lista
pecorelliana, sintomo di una penetrazione della Massoneria nelle più
alte gerarchie ecclesiastiche così profonda da generare il dubbio che
quella sètta si sia praticamente impadronita del timone di quella Chiesa
cattolica che, nel segreto delle sue Logge, da secoli aveva giurato di
distruggere, e che la stia pilotando verso gli scogli di un disastroso
naufragio da cui solo la mano potente di Dio potrà salvarla.
Capitolo I – Mino Pecorelli e la «Gran Loggia Vaticana»: una rivelazione sulla penetrazione massonica nella Chiesa
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Il 12 settembre 1978 la rivista Osservatore Politico del noto
giornalista Mino Pecorelli (1928-1979) pubblicava un articolo intitolato
«La Gran Loggia Vaticana» che destava notevole scalpore. In detto
articolo, il Pecorelli, premesso che tanto in ambiente massonico quanto
in ambiente cattolico tradizionalista correvano insistenti voci su una
massiccia infiltrazione della Massoneria nelle più alte cariche
ecclesiastiche e che l’agenzia di informazioni Euroitalia il 17 e il 25
agosto di quell’anno aveva diffuso, con tanto di numero e data di
iscrizione alla sètta addirittura i nomi di quattro «papabili» in vista
dell’imminente Conclave, elencava 113 nominativi di ecclesiastici e otto
di altre personalità influenti in ambiente cattolico. Il tutto
corredato con data di adesione, numero di matricola e sigla massonica.
Il giornalista non precisava come fosse venuto in possesso di quei
nominativi, ma è noto che era persona molto vicina al «Venerabile» Licio
Gelli e alla famigerata Loggia P2. Da notare che nella lista in
questione erano indicati, con identici dati di immatricolazione e di
iscrizione alla sètta, anche i quattro cardinali di cui aveva parlato
l’agenzia Euroitalia, e precisamente gli autorevolissimi Sebastiano
Baggio (1913-1993), Salvatore Pappalardo (1918-2006), Ugo Poletti
(1914-1997) e Jean Villot (1905-1979).
L’autenticità di questo elenco – se veridico sconvolgente perché
comproverebbe che già almeno dal 1978 (anzi, come vedremo in seguito,
dal 1976) la massoneria, da sempre condannata ed esecrata come la setta
dell’Anticristo, aveva acquistato un potere tanto più smisurato in
quanto occulto e incontrollabile, sull’intera Chiesa cattolica – ha
formato oggetto di polemiche. Data l’eccezionale importanza del tema che
getta lunghe ombre di sospetto sulla gerarchia ecclesiastica conciliare
e persino sul suo insegnamento, riteniamo assai utile fare il punto
sulla questione in base agli elementi in nostro possesso, molti dei
quali sopravvenuti all’articolo del Pecorelli. Prima, peraltro, di
passare alla discussione dell’argomento, e affinché il lettore possa
rendersi conto delle difficoltà in cui, a prescindere da certi
indispensabili personaggi di facciata, si imbatte chiunque voglia
accertare l’appartenenza di una o più persone a quella sètta, riteniamo
necessario illustrare brevemente la questione del segreto
libero-muratorio.
Capitolo II – Una premessa indispensabile: il segreto massonico
Checché affermino i suoi pubblici sostenitori, la Massoneria è sempre
stata e rimane una Società Segreta operante all’insaputa di tutti,
tramite personaggi noti bensì, e spesso anche notissimi, ma la cui
appartenenza ad essa resta circondata dal più rigoroso mistero. Costoro
si incontrano in riservatissimi conciliaboli che li riuniscono al di là
delle apparenti divergenze e dei contrasti anche clamorosi che appaiono
al «mondo profano», per attuare piani e programmi comuni che devono
restare ignoti al pubblico. Ciò è stato recentemente dimostrato dalla
notoria vicenda della Loggia P2 nella quale confluivano uomini dalle più
diverse e in apparenza contraddittorie etichette politiche e
ideologiche. Né si dica, per favore, che la P2 era una Loggia «atipica» e
«deviata». È lo stesso incontestato storico ufficiale della Massoneria,
il professor Aldo Mola, ad affermare in un’intervista a Il Sabato, del
26 settembre 1992 – come sintetizza l’articolista – che la P2 «non fu
una Loggia deviata, ma si dovette sacrificarla perché non si scoprisse
che la vera Massoneria era coperta». Ciò, peraltro, è risultato ben
chiaro a tutti in seguito alle indagini del giudice Agostino Cordova che
hanno rivelato tutto un pullulare di Logge «deviate» in combutta con
mafia, camorra e n’drangheta e immerse fino al collo nel «mercato» degli
appalti truccati e delle tangenti. Tanto clamorose e numerose furono
queste rivelazioni che – è cronaca recente – il 17 aprile 1993 il
professor Giuliano Di Bernardo, fino a poco prima Gran Maestro del
Grand’Oriente d’Italia, fondò una nuova «obbedienza» massonica,
denominata «Gran Loggia Regolare d’Italia» per prendere le distanze –
piuttosto tardivamente invero – da una organizzazione ormai ampiamente
screditata. A dimostrare la gravità, l’importanza e l’essenzialità del
segreto massonico, riportiamo qui da Il libro completo dei rituali
massonici, pubblicato nel 1946 da Salvatore Farina (33º e massimo Grado
del Rito Scozzese Antico e Accettato) parte della formula del giuramento
dell’Apprendista massone, e cioè di colui che viene ammesso al primo
grado della “luce” iniziatica; giuramento pronunciato di fronte ai
“fratelli”, che vi assistono in piedi e con le spade in pugno ad
asseverarne la gravità e l’importanza, nonché i pericoli in cui incorre
l’incauto divulgatore: «”Io N.N. liberamente e spontaneamente, con pieno
e profondo convincimento dell’anima, con assoluta e irremovibile
volontà, alla presenza del Grande Architetto dell’Universo: prometto e
giuro di non palesare giammai i segreti della Libera Massoneria; di non
far conoscere ad alcuno ciò che mi verrà rivelato, sotto pena di aver
tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere,
fatto il mio corpo cadavere in pezzi, indi bruciato e ridotto in
polvere, questa sparsa al vento per esecrata memoria e infamia eterna;
prometto e giuro di prestare aiuto e assistenza a tutti i fratelli
Liberi Muratori sparsi sulla superficie della terra».
Un’altra significativa formula di giuramento massonico analoga, ma
non uguale, viene riportata su Il Sabato, del 30 giugno 1990 da Giano
Accame (1928-2009) che lo trae dall’Emulation Ritual, «un rituale assai
diffuso dal Settecento nelle Logge inglesi» introdotto in Italia nel
1976, essendo Gran Maestro Livio Salvini, pubblicato dalle Edizioni Soc.
Erasmo del Grand’Oriente d’Italia. Eccone il testo: «Al fine di
impedire che le nostre arti segrete e i nostri misteri nascosti possano
essere impropriamente conosciuti per colpa della mia imprudenza, io
solennemente giuro di osservare questi diversi punti senza accampare
pretesti, equivoci o riserva mentale di sorta, pena, violando anche solo
uno di essi, di avere la mia g. t. di L, la mia 1. s. d. s. r. e s. s.
1. r. d. m. a. 1. d. b. m. o alla d. d. – u. g. d. r. dove i. f. e r. d.
m. a. r. d. v. o. 24 o.». Ed eccovi, secondo la spiegazione fornita dal
già citato prof. Aldo Mola, in una pubblica conferenza, il significato
di quelle iniziali: .«g. t. di t. significa gola tagliata di tondo, 1.
s. d. s. r. lingua strappata dalla sua radice, s. s. 1. r. d. m.
seppellimento sotto la riva del mare, a. 1. d. b. m. a livello della
bassa marea, d. d. – u. g. d. r. distanza di una gomena dalla riva, dove
i. f. e r. d. m. a. r. d. v. o. 24 o. il flusso e riflusso della marea
arriva regolarmente due volte ogni 24 ore». In quell’articolo intitolato
«Calvi horror show», l’Accame osserva come la morte del banchiere
italiano Roberto Calvi (1920-1982) sotto il ponte dei «Frati Neri» di
Londra ricordi singolarmente questo rituale. «Infatti – egli commenta –
se uno viene strozzato per impiccagione gli si spacca la gola di netto
mentre la lingua fuoriesce dalla sede naturale. Il cadavere del
banchiere venne trovato alla distanza di una gomena dalla riva, dove il
deflusso del Tamigi si imbatte ogni giorno con il flusso delle maree. E
se manca il seppellimento nella sabbia, resta pur sempre la coincidenza
del fatto che l’altezza del luogo in cui è stato ritrovato il cadavere
di Calvi corrisponde esattamente al livello in cui si troverebbe la
sabbia se non ci fossero gli argini costruiti artificialmente. Ce n’è
quanto basta per autorizzare almeno la supposizione che dietro il
suicidio di Calvi, banchiere cattolico ma anche massone della Loggia P2
(giacché persino a livello ecclesiastico esistono connessioni con la
Massoneria) si celi in realtà un omicidio rituale massonico. Un’ipotesi
che negli stessi ambienti massonici ha circolazione. Ho anzi motivo di
ritenere che alla Massoneria stessa non dispiaccia che lo si creda, a
dimostrazione della sua tenebrosa potenza».
Sempre a proposito del segreto massonico, in un opuscolo senza data
pubblicato a Roma nella seconda metà degli anni Cinquanta, intitolato
L’essenza del segreto massonico, citato in Massoni e Massoneria di Padre
Giovanni Caprile s.j. [2], si leggono queste significative parole: «La
Massoneria è tutta un segreto per il mondo profano. Segreto di uomini,
segreto di idee, segreto di cose e di fatti… (I nemici) hanno ragione di
temere la pratica del segreto, perché è un’arma sottile e possente
nelle mani della saggezza e della bontà. Li assilla costante il pensiero
di questo esercito inafferrabile, i cui soldati non si sa chi siano, né
quanti siano, ne dove siano, ne che facciano, né di che mezzi
dispongano […]. Disorienta la loro ostilità preconcetta, l’ignorare
quali cose portino fra le pieghe nascoste il suggello di una nostra
volontà l’influsso di uno spirito nostro» [3]. Ancora: dal libro
Geheimbünde in Tirol («Società Segreta in Tirolo»), di Helmut Reinalter
[4], apprendiamo che nella Loggia massonica fondata a Innsbruck
nell’autunno del 1799, in prevalenza fra studenti italiani, uno dei temi
fondamentali di discussione all’atto della costituzione fu quello di
stabilire «quando un membro meritasse la pena di morte per avere
rivelato il segreto» [5]. In quella circostanza uno dei «Fratelli»
fondatori, tale Giannini, compose un regolamento in versi in cui si
leggeva: «Chi rivela il segreto estinto cada, Faccialo per nequizia o
per follia; Che l’util legge solo al danno bada» [6].
A conclusione di questo argomento ricordiamo che il «segreto
dell’Istituzione», a quanto ci riferisce il Dizionario massonico di
Luigi Trofei [7] è uno dei Landmarks, e cioè di quei «fondamenti
immutabili e immutati che fanno della Istituzione massonica quello che
è, e senza i quali essa sarebbe qualcosa di completamente diverso».
L’importanza di questo Landmark è tale che il «Fratello» massone viene
continuamente richiamato alla sua osservanza dallo stesso segno di
saluto massonico. Infatti, in un Vademecum del Libero Muratore
Apprendista, pubblicato dal Saggissimo della Valle del Tevere nel 1948 e
riedito quest’anno in ristampa anastatica dalle Edizioni Brenner,
leggiamo queste parole:
– «Posizione all’Ordine: Per stare in piedi all’ordine si mette la
mano destra sotto la gola, con le quattro dita strette e il pollice
aperto in forma di squadra, e il braccio sinistro pendente lungo il
corpo;
– Segno di saluto: Stando all’ordine si stende il braccio e la mano
destra orizzontalmente verso la spalla destra, e si lascia poi cadere
lungo il lato destro del corpo, formando così la figura di una squadra.
Questo segno, detto gutturale, significa che il Libero Muratore
preferirebbe avere la gola tagliata anziché mancare al suo giuramento e
rivelare i segreti massonici» [8].
Il taglio della gola, decisamente, in Massoneria è una vera e propria
ossessione! Questa lunga premessa serve per dire che sarebbe del tutto
fuori luogo, per non dire ridicolo, pretendere di accertare e verificare
l’appartenenza di una persona alla Massoneria allo stesso modo che si
accertano i dati di Tizio o di Caio all’ufficio anagrafe. «Massone
scoperto non serve più… Massone notorio è spesso poco utile all’idea che
professa», ebbe a dire il Gran Maestro Aggiunto della Massoneria
italiana G. Francocci [9]. E’ dunque evidente che la Massoneria, il cui
sistema di potere e di dominio è dato, notoriamente, dalla infiltrazione
nelle organizzazioni politiche, amministrative, culturali, economiche e
nella stessa Chiesa, ha tutto l’interesse e a mantenere occulti i nomi
dei propri adepti, e che tale interesse è tanto maggiore quanto più
estraneo alla sètta è l’organismo infiltrato. Come, dunque, accertare
l’appartenenza di una persona alla Libera Muratoria? A questo riguardo
occorre tener presente che trattasi di una Società Segreta assai vasta: i
suoi iscritti in Italia ammontano a qualche decina di migliaia, mentre
in Inghilterra siamo nell’ordine delle centinaia di migliaia, e negli
USA addirittura in quello dei, seppur pochi, milioni. In una struttura
così estesa (vi sono Logge massoniche in tutto il mondo) e numerosa,
nonostante le tremende minacce rivolte a chi viola il segreto, ma che
possono essere attuate solo in casi estremi per non allarmare
eccessivamente la società civile, sono inevitabili fughe di notizie.
Si
consideri, ad esempio, che non è affatto raro il caso di frammassoni
che, pentiti, si convertono al cattolicesimo e, apertamente o per
interposta persona, rivelano i segreti di cui sono venuti a conoscenza.
Vi sono poi all’interno della Massoneria gravi e aspre contrapposizioni
fra varie «obbedienze» – basti citare, per l’Italia, quella notissima
fra la Massoneria detta «di Palazzo Giustiniani» e quella detta «di
Piazza del Gesù» – e persino fra Logge. Non possiamo qui intrattenerci
sulla natura e i limiti di quei dissidi, però anche la rivelazione di
nomi della parte avversa può entrare nel quadro di siffatte contese. Non
mancano, poi, i casi in cui, a prescindere da ogni infrazione
dell’obbligo del segreto, autorità sèttarie diffondono singoli nomi o
interi elenchi per dimostrare, ad esempio, l’importanza culturale o
sociale della loro istituzione, o la sua insospettabilità. Fu, ad
esempio, in questo ordine di idee che in un’intervista apparsa su La
Stampa, del 23 marzo 1990, l’allora Gran Maestro Di Bernardo fece
presente l’affiliazione massonica del presidente degli USA George Bush.
Altri elenchi o nominativi possono venir diffusi da «liberi battitori»
che si servono dei segreti appresi in Loggia a scopo di ricatto o per
ripicche o vendette, o per altri fini personali. Non è da escludere
neppure che a un certo momento e per particolari motivi le centrali del
potere latomistico decidano di sacrificare un’intera Loggia o parte di
essa, come un giocatore di scacchi non esita a sacrificare una pedina o
un alfiere, al fine di raggiungere determinati obiettivi. È verosimile
che questo sia stato anche il caso della Loggia P2. Infatti, il noto
scrittore piduista Pier Carpi (1940-2000) nella sua biografia di Licio
Gelli [10], definisce quello della P2 «uno scandalo calcolato e mirato
preparato nella sua strategia a tavolino». Certo, comunque, si è che di
queste incertezze la Massoneria si avvale spregiudicatamente anche nella
ricostruzione delle vicende storiche che la videro protagonista. Così,
ad esempio, mentre da un lato rivendica come creazione propria la
Rivoluzione Francese, dall’altro, attraverso altri autori, la ripudia,
mantenendo sempre quel clima di equivoco e di bivalenza che costituisce
uno degli aspetti caratteristici del segreto massonico. Recentemente, il
già citato storico ufficiale della sètta, Aldo Mola, nel suo libro
Storia della Massoneria dalle origini ai nostri giorni [11], riferendosi
agli «studi» di un autore contemporaneo, certo Charles Porset, nega che
siano stati massoni numerosi protagonisti o precursori della
Rivoluzione dell’89, e in particolare Siéyès, Condorcet, D’Alembert,
Diderot e Robespierre.
In tal modo però egli contraddice quanto sempre asserito da altri
autorevoli storici sèttari che indubbiamente avevano ingresso agli
archivi delle Logge, inaccessibili ai «profani». Il fatto si è che
l’ultimo libro del Mola è stato scritto in un frangente in cui, con le
vicende della P2 e di «tangentopoli», occorreva tranquillizzare il
pubblico allarmato dall’emergere del potere oscuro delle Logge,
implicate nei più loschi traffici e in tenebrose mene politiche, e
presentare la Massoneria come una inoffensiva associazione di velleitari
priva di reale incidenza sulla vita e sui governi delle nazioni.
Capitolo III – Le liste di Panorama e di O.P.: loro valore probatorio
Abbiamo così inquadrato il problema del segreto massonico e delle
difficoltà che incontra chiunque voglia individuare, anche sul piano
della pura indagine storica, quali eventi rechino il sigillo della
Massoneria e quali siano stati gli uomini di cui quella istituzione si è
servita, al di là dei nomi dei pochi dignitari che debbono esporsi
pubblicamente per poter sostenere di fronte al pubblico che la
Massoneria non è una Società Segreta e di quelli dei rari adepti che
preferiscono manifestare pubblicamente la propria affiliazione. A questo
punto possiamo finalmente passare a discutere la questione della
attendibilità che va attribuita alla lista di Osservatore Politico del
12 settembre 1978 e a quella ad essa precedente, apparsa su Panorama del
10 agosto 1976. Esse ci risultano essere le principali liste di prelati
assertamente aderenti alla Massoneria che siano state pubblicate da
quando, nel 1717, è stata fondata quella istituzione [12]. Giova notare
che i nomi che figurano nei due elenchi sono pressoché gli stessi: la
differenza è che O.P. omette due nominativi riportati da Panorama, e ne
aggiunge altri otto che in quest’ultima rivista non figurano. Quale
valore possiamo attribuire a detti elenchi? Anzitutto va detto che
sarebbe gravemente erroneo liquidarli come senz’altro inattendibili,
come sbrigativamente fece il giornalista di Panorama con riferimento a
quello da lui stesso pubblicato. Egli, infatti, specificò che quei
nominativi «circola(va)no da qualche mese» in Vaticano. È ragionevole,
dunque, arguirne che in ambiente così qualificato essi trovavano, quanto
meno, qualche credito. Tanto ne trovavano che [13] alcuni Cardinali
«chie(sero) con insistenza che si fa(cesse) chiarezza» e che Paolo VI
(1897-1978), tramite l’allora Vescovo, poi Cardinale, Monsignor Benelli,
fin dal 1975, affidò in via discreta e confidenziale le indagini
nientemeno che al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Generale
Enrico Mino, con particolare riguardo alla persona del Vescovo Annibale
Bugnini (1912-1982), autore della discussa e rivoluzionaria riforma
liturgica. Riferisce il giornalista di 30 Giorni che, sulla base degli
elementi da lui acquisiti, quell’alto ufficiale espresse il
convincimento che l’elenco fosse vero [14].
Nuovi e più approfonditi accertamenti sulla lista di Panorama vennero
richiesti al medesimo generale verso la metà del 1977 dall’autorevole
Cardinale Arcivescovo di Genova Giuseppe Siri (1906-1989), evidentemente
insoddisfatto perché vedeva rimanere ai loro posti di comando nella
Chiesa persone in forte odore di Massoneria. Ma il generale Mino il 31
ottobre di quell’anno precipitò col suo elicottero, in Calabria sul
monte Covello, trovando la morte in circostanze che 30 Giorni dell’11
novembre 1992, indica come altamente sospette [15] «portando così nella
tomba – commenta sempre quella rivista – i risultati della seconda
indagine». «Restano poi da spiegare – prosegue il nostro giornalista –
delle misteriose telefonate, di cui esistono le intercettazioni, nel
corso delle quali (Licio Gelli) Venerabile burattinaio (della Loggia P2)
parlava della successione al Generale Mino prima ancora che questo
morisse nel tragico incidente aereo». Perché quella lista trovò tanto
credito in Vaticano? È evidente che essa dovette essere presentata con
qualche sostanziosa parvenza di veridicità. È quindi verosimile la
storia, riferita dal giornalista di 30 Giorni, che essa fosse stata
compilata sulla base di documenti fotocopiati presso la sede del
Grand’Oriente d’Italia da un giovane impiegato – nipote di un frate –
che, in presenza dello zio, consegnò il tutto a Mons. Giovanni Benelli
(1921-1982), allora Sostituto della Segreteria di Stato, il quale li
fece giurare entrambi «che non stavano mentendo su un argomento così
grave» [16]. Certo si è che un plico di fotocopie di quei documenti,
verosimilmente di seconda generazione, era in possesso del Cardinale
Dino Staffa (1906-1977). Anche 30 Giorni, del 6 giugno 1992, ne
riproduce tre. Ma ecco che dopo la lista di Panorama sopravviene quella
dell’Osservatore Politico di Pecorelli, che aggiunge, come si è visto,
altri nominativi. Mino Pecorelli, come risulta dagli atti della
commissione di inchiesta parlamentare su quella famigerata Loggia, è
membro della P2: le sue parole sono quelle di uno che è addentro alle
segrete cose. Nella premessa all’elenco, terribilmente corredato, a
differenza di quello di Panorama, di tanto di data e numeri delle
tessere di iscrizione, il che gli conferisce un tono di grande
attendibilità, egli dice, in sintesi, di essere venuto in possesso della
lista il 28 agosto precedente. Invita quindi l’appena eletto Albino
Luciani (1912-1978) a un rigoroso controllo e conclude con queste
parole: «Pubblicando questa lista di ecclesiastici forse affiliati alla
Massoneria riteniamo di offrire un piccolo contributo (alla chiarezza
nella Chiesa cattolica). O una pioggia di smentite o, nel silenzio,
l’epurazione» [17]. Mancò la «pioggia» e mancò anche l’epurazione. Anche
perché di lì a pochi giorni Giovanni Paolo I – «che aveva manifestato
l’intenzione di metter mano alla questione dello IOR e di far chiarezza
in merito alla lista dei presunti prelati iscritti alla Massoneria», che
egli evidentemente non sottovalutava [18] – morì nelle circostanze a
tutti note, mentre Mino Pecorelli fu freddato a colpi di pistola pochi
mesi dopo, e precisamente il 20 marzo 1979. Perché Pecorelli fu ucciso? A
quanto pare non per questa lista, o, almeno, non solo per questa lista.
Ma egli era persona, come si è detto, a conoscenza di molti segreti, e
non era facile smentirlo. Ragioniamo un po’: Pecorelli pubblica il suo
elenco; il Vaticano è già in subbuglio per elementi già in possesso di
alcuni autorevoli Cardinali, e voci conturbanti corrono per tutta la
penisola.
Quale occasione più opportuna perché tutti gli elencati si
collegassero smentendo con grande pubblicità un’accusa tanto più indegna
in quanto corredata di dati che, se falsi, non potevano essere che
frutto di un’ignobile invenzione, sollecitando essi stessi un’indagine
chiarificatrice, a partire dall’analisi grafologica delle sigle in calce
ai documenti che supportavano l’accusa? È giocoforza riconoscere che
questa mancanza di smentite e questo silenzio, sottolineato anche dal
Messaggero, del 29 maggio 1981 (pag. 3) sono estremamente eloquenti di
per sé soli e rivestono un valore indiziario di grandissimo rilievo. Ma
questo è ancora poco. Anzitutto, infatti, va detto, che prima ancora
della loro pubblicazione le future liste di Panorama e di OP avevano
trovato una significativa conferma. Abbiamo già visto, infatti, che
l’oggetto principale dell’indagine avrebbe dovuto essere Monsignor
Bugnini, particolarmente sgradito ai prelati tradizionalisti per avere
predisposto quella famosa riforma liturgica che ha sconvolto in maniera
inaudita il rito millenario della Santa Messa. Ebbene, nel luglio 1975
quel prelato veniva eliminato dalla Curia romana e nel settembre spedito
come Nunzio in Iran, ed è lui stesso, nel suo libro intitolato La
riforma liturgica a riconoscere che il suo allontanamento fu dovuto alle
prove di appartenenza alla sètta raccolte a suo carico [19].
Naturalmente il Bugnini nel suo libro sostenne trattarsi di una «perfida
calunnia». Bisogna però credere che si trattasse di prove assai robuste
se Paolo VI, che con lui aveva strettamente collaborato alla riforma
liturgica, lavorando al suo fianco per ore e ore [20] e il cui
atteggiamento nei confronti della Massoneria era – come meglio vedremo
più oltre – altamente favorevole, si decise a un simile passo. Più
ancora, però, la lista pecorelliana trovò conferma tre anni dopo,
allorché scoppiò clamorosamente il caso della Loggia P2.
Infatti, in
quella circostanza non solo venne alla luce la strettissima
collaborazione con la Massoneria di un personaggio assai importante – il
Vescovo Paul Casimir Marcinkus (1922-2006), presidente dello IOR,
elencato nella lista, ma si riportò la traumatica certezza che il
Vaticano fosse largamente implicato nell’oscura vicenda, a partire
dall’incarico di liquidazione dei beni della Santa Sede in Italia
conferito al finanziere piduista Michele Sindona (1920-1986) dal
Cardinal Sergio Guerri (1905-1992) su consiglio dello stesso Paolo VI
[21]. Infatti, come tutti ricordano, intorno a Marcinkus fu fatto
robusto quadrato a partire dal sommo vertice della gerarchia vaticana, e
quel prelato rimase tranquillo al suo posto ancora per molti anni. E
ciò malgrado che, a quanto asserisce Nick Tosches, uno dei più famosi
giornalisti degli USA, in un libro intervista che viene a buon diritto
considerato «il memoriale postumo di Michele Sindona», Giovanni Paolo II
(1920-2005), per pagare i duecentocinquanta milioni di dollari che lo
IOR versò per quella vicenda allo Stato italiano, abbia ritenuto di
dover ricorrere addirittura all’indizione di un Anno Santo
straordinario, quello del 1983 [22]. È superfluo richiamare alla memoria
il discredito che quell’affare tenebroso gettò sulla gerarchia
ecclesiastica di allora e, attraverso di essa, sull’intera Chiesa. Il
bello si è che, sebbene siano ormai decorsi tanti anni dalla sua
pubblicazione, la lista del Pecorelli mantiene una sua attualità e
continua a gettare luce su nuovi fatti di cronaca giudiziaria. Alludiamo
qui, in particolare, al più clamoroso e odioso degli scandali che hanno
travolto il governo dei partiti, quello del Ministero della Sanità,
definito da Panorama del 14 novembre 1993 una truffa che in vent’anni è
costata al contribuente italiano almeno 40.000 miliardi di vecchie lire.
Ebbene, in questa vicenda emerge il nome di Mons. Fiorenzo Angelini,
che figura nell’elenco di OP come entrato in Loggia fin dal lontano 14
ottobre 1957 [23]. Di questo prelato, nominato Cardinale nel penultimo
Concistoro da Giovanni Paolo II, e che fin dal 1985 riveste la carica di
presidente del Pontifìcio Consiglio Pastorale degli Operatori Sanitari,
creato proprio in quell’anno dal medesimo Giovanni Paolo II, sono
venuti alla luce gli stretti contatti col famigerato Duilio Poggiolini,
Direttore generale del Servizio Farmaceutico Nazionale. Non vogliamo qui
soffermarci sui fatti che hanno valso a quel Monsignore il soprannome
di «Sua Sanità», ma solo sottolineare che, guarda caso, il Poggiolini è,
come Calvi e Sindona, membro della Loggia P2.
A questo riguardo, infatti, la giornalista Laura Maragnani, su
Panorama del 14 novembre 1993, premesso che la militanza massonica del
Poggiolini è talmente nota che in ambiente farmaceutico egli viene
scherzosamente chiamato «Loggiolini», riferendosi a quel personaggio,
così scrive: «Naturalmente è un chiacchierato. Tutti sanno che è
protetto dal Cardinale Fiorenzo Angelini. E tutti sanno che è un
massone, anzi, un piduista, codice E 18.91, tessera 2247. Altrettanto
noto è il fatto che intrattenesse ottimi rapporti con le industrie
farmaceutiche guidate da massoni». Non possono non colpire questi
stretti rapporti fra un Cardinale e un noto esponente di una sètta che,
fino al Concilio Ecumenico Vaticano II, è stata la più anatemizzata in
centinaia di documenti pontifici in tutta la bimillenaria storia della
Chiesa e che, per bocca di uno dei suoi più alti esponenti, il Gran
Maestro del Grand’Oriente di Francia, Jacques Mitterrand, omonimo
dell’ex Presidente della Repubblica francese, si autodefinisce ancora
oggi «la controchiesa» [24]. Un altro fra i più clamorosi episodi di
tangentopoli è quello dei novantadue miliardi in titoli di Stato pagati
dalla Montedison ai partiti. Quei titoli sono stati riciclati dallo IOR –
che fà così la sua ricomparsa sulla scena dei grandi scandali – con
complesse manovre bancarie all’estero riscuotendo però un’esosa
provvigione di parecchi miliardi [25]. Tale provvigione, per il suo
spropositato ammontare, costituisce prova del fatto che i responsabili
del Vaticano erano perfettamente consapevoli della illecita provenienza
di quel danaro. Orbene chi ha gestito l’operazione? Per l’Enimont Luigi
Bisignani, che è un notorio tesserato della P2 [26], mentre per il
Vaticano si parla di Mons. Donato De Bonis (1930-2001), il quale pure –
sconcertante coincidenza – figura nell’elenco pecorelliano come iscritto
alla Massoneria il 24 giugno 1968 [27]. Era lui «l’uomo chiave dello
IOR che ha l’incarico di tenere i rapporti tra la commissione dei cinque
Cardinali che gestiscono le finanze vaticane e l’organo laico che
presiede l’istituto» [28].
Capitolo IV – Altre prove di veridicità
Uno dei personaggi più altolocati indicati nella lista di OP è
certamente il Cardinale Agostino Casaroli, che ricoprì poi per diversi
anni la carica di Segretario di Stato, e cioè la più prestigiosa, nella
Chiesa, dopo quella del Papa. Ebbene, sull’appartenenza alla Massoneria
di questo prelato, oltre a una gravissima prova di cui parleremo in
seguito, vi è un significativo indizio fornito dal Padre paolino Rosario
Esposito. Questi, in un suo libro recante il programmatico titolo Le
Grandi Concordanze tra Chiesa e Massoneria, pubblicato nel 1987 presso
la massonica casa editrice Nardini di Firenze, riferisce che il
Casaroli, in data 20 ottobre 1985, in occasione delle celebrazioni del
quarantesimo anniversario dell’ONU, tenne, nella chiesa di San Patrizio,
a New York, «un’omelia di vasto respiro» i cui contenuti, sui quali non
è qui il luogo di soffermarsi, «attestano che le concordanze fra Chiesa
e Massoneria possono essere considerate di fatto acquisite» [29]. Nella
sua relazione su quel sermone, Padre Esposito fà osservare che nel
corso di esso il Cardinale usò per ben due volte all’ìncirca le stesse
parole che aprono e designano la Bolla In eminenti apostolatus specula
con cui nel lontano 1738 Papa Clemente XII (1652-1740) aveva fulminato
la prima scomunica contro la Massoneria, ma in un contesto e con valenza
inversi, quasi a ricomunicare ciò che era stato scomunicato [30].
La
persona del Cardinal Casaroli richiama poi alla mente un’altra lista di
prelati indicati come appartenenti alla Massoneria: quella apparsa sul
numero di luglio del 1976 della rivista francese Introibo. Tale rivista,
cattolica, e quindi di matrice del tutto diversa da quella del giornale
di Pecorelli, riportava, oltre un anno prima, insieme con quello del
nostro porporato, i nomi di numerosi altri ecclesiastici che figureranno
poi negli elenchi di Panorama e di OP. Con questa differenza, però: che
essa reca le date di affiliazione, ma non i numeri di tessera mentre,
come si è visto, Panorama non riproduce né le une né gli altri, e OP, il
più completo, li pubblica entrambi. Si registrano, inoltre, fra la
lista di Introibo e quella di Pecorelli, alcune differenze nelle date di
affiliazione. Pare logico dedurne che la seconda non derivi dalla prima
e che la sua maggiore specificità e completezza si spieghi col fatto
che Pecorelli era uomo di Loggia e, come tale, più addentro nei segreti
della sètta. Ma se le cose stanno in questi termini se ne deve dedurre
che l’elenco di Introibo va considerato come un ulteriore riscontro dei
due già citati. E allora non può non colpire il ricorrere dei medesimi
nomi, fra cui, oltre a quello del Casaroli, indicato con la stessa data
di iscrizione della lista di OP, anche quelli del Cardinal Leo Jozef
Suenens (1904-1996), del Cardinal Baggio, del Cardinal Michele
Pellegrino (1903-1986), di Mons. Bugnini, di Mons. Angelini, del Vescovo
di Trento, Mons. Alessandro Maria Gottardi (1912-2001), e via
discorrendo. Fra i nomi di spicco indicati dal Pecorelli figura anche
quello del famoso Padre scolopio Ernesto Balducci, scomparso in un
incidente stradale il 26 aprile 1992, in occasione della cui morte
l’Osservatore Romano ebbe ad esprimere profonda emozione e dolore.
Ebbene, è sufficiente una conoscenza superficiale dell’opera di questo
frate per rendersi conto che abbiamo a che fare con un uomo
profondamente permeato dagli insegnamenti della Loggia. Ci limiteremo a
spigolare alcune citazioni traendole dal suo libro L’Uomo Planetario
[31]: «Chi ancora si professa ateo, o marxista, o laico, e ha bisogno di
un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio
della cultura, non mi cerchi. Io non sono che un uomo» [32]. Più oltre,
commentando l’incontro «ecumenico» di Assisi del 27 ottobre 1986, così
si esprime: «Siamo così alla resa dei conti. E in questa resa dei conti
le religioni sono costrette a rivelarsi per quel che sono: produzioni
simboliche di gruppi umani, sistemi ideologici in veste sacra […]. Timor
fecit deos» [33]. Poco prima, infatti, aveva scritto: «Nella generale
eclissi delle identità, il nostro primo dovere è di restare fedeli a
quella che abbiamo costruito [34], con una variante però, che essa va
ritenuta non come il tutto ma come un frammento del tutto, di un tutto
ancora nascosto nel futuro […]. Come il vero Dio, così anche il vero
uomo è absconditus» [35].
Il Deus absconditus, il dio del futuro che si deve ancora rivelare e
che nascerà dalla fusione e dalla morte di tutte le religioni esistenti!
È, pari pari, l’insegnamento del 32º Grado del Rito Scozzese Antico e
Accettato. Concludiamo il nostro excursus su Padre Balducci con questa
citazione di sconvolgente crudezza: «È finita l’età dei popoli eletti. è
finita anche l’età dei salvatori. Come mi appare vera, oggi, la frase
che Nietzsche rivolgeva ai cristiani del suo tempo: “Chi vi salverà dal
vostro Salvatore”»? [36]. A questo punto è opportuno ricordare
brevemente chi è quel Friedrich Nietzsche (1844-1900) alla cui autorità
Padre Balducci si richiama per ripudiare Gesù e il suo messaggio.
Autore, tra l’altro, di un libro il cui titolo, L’Anticristo, è già
tutto un programma, quel filosofo preconizza un «Superuomo» «liberato»
da ogni precetto e remora di ordine morale, e contrappone Dioniso, dio
della gioia, al Nazareno, predicatore di una tetra «morale da schiavi»
[37].
Il suo pensiero, compreso il mito dell’eterno ritorno, è tutto
permeato di quelle dottrine gnostiche che, secondo i più autorevoli
trattatisti massonici (Albert Pike, René Guénon, ecc…) costituiscono il
midollo della Massoneria, e che evidentemente il Balducci in gran parte
condivide. Un altro dei personaggi più in vista della lista di OP è
certamente il cardinale Leo Suenens, Primate del Belgio. Ebbene, il 24
settembre 1970, questo prelato, fatto senza precedenti negli annali
della Chiesa belga, tenne una importante conferenza in una riunione
massonica organizzata dall’alta Massoneria ebraica del B’nai B’rith
[38]. Questo fatto rivela, quanto meno, una sorprendente vicinanza a
quella Massoneria che la Chiesa preconciliare anatemizzava come la sua
principale, acerrima nemica. L’indizio, già di per sé assai grave, è
tanto più significativo in quanto Mons. Suenens è autorevolissimo
esponente di Pax Christi, un’organizzazione in cui l’impegno
politico-sociale soverchia quello propriamente religioso fino a farlo
scomparire. Ciò risulta evidente ai più sprovveduti dalla lettura del
suo manifesto sul disarmo del maggio 1982, dove Dio, Gesù, la Vergine e i
Santi non sono neppure nominati e tutto il discorso è incentrato, in
buona sostanza, sulla prospettiva di quel Governo Mondiale o Repubblica
Universale cui la Massoneria aspira fin dai suoi primordi, come già si
evince dalle Costituzioni di Anderson del 1723, testo fondamentale della
sètta libero-muratoria [39]. Un’ulteriore gravissima conferma della
lista Pecorelli viene da un’intervista apparsa sul settimanale Oggi, del
17 giugno 1981, sotto il titolo «Salvini mi confidò nomi di
insospettabili». In tale intervista, l’avvocato Ermenegildo Benedetti di
Massa Carrara, già Grande Oratore del Grand’Oriente d’Italia, e quindi,
come egli stesso si esprime, numero due della Massoneria italiana, poi
espulso per essere entrato in rotta di collisione con Licio Gelli e con i
Gran Maestri che lo appoggiavano, dopo avere indicato fra i piduisti
quasi sicuri Gianni Agnelli (1921-2003), e il conte Agusta, oltre che
Vittorio Emanuele di Savoia, venendo al mondo ecclesiastico rese una
dichiarazione che ci pare importante riportare per intero. «In
Massoneria – egli disse – di Cardinali e di preti è piena la storia: si
diceva di Monsignor Bettazzi, di monsignor Casaroli, del Cardinale
Paletti, di Padre Caprile, direttore di “Civiltà Cattolica” e del
Cardinale Marcinkus, l’uomo delle finanze vaticane, il cosiddetto
“banchiere di Dio”. Di questa gente si è cominciato a parlare dal 1970
in poi. Sia chiaro, non erano chiacchiere di corridoio, erano
informazioni riservate che ci scambiavamo noi del vertice della
Massoneria italiana». A parte due imprecisioni, irrilevanti ai nostri
fini e a quelli del Benedetti [40], cosa si ricava da questa
dichiarazione uscita dalla bocca di un espulso e di un deluso che non ha
più interesse a mentire e confondere le acque e che non ha avuto, a
quanto pare, alcun rapporto con gli ecclesiastici indicati, onde è
assurdo ipotizzare un suo intento diffamatorio?
– che i nomi da lui proferiti sono tutti riscontrabili nella lista Pecorelli;
– che non si trattava di «voci», sia pure autorevoli, bensì di
«informazioni riservate» correnti fra i sommi vertici della Massoneria
italiana.
Non ci risulta, poi, che nessuno dei prelati chiamati in causa sia
intervenuto a querelare l’alto dignitario massonico nonostante la grande
diffusione della notizia, pubblicata su un settimanale nazionale a
larga tiratura. Le parole dell’ex Grande Oratore ci offrono lo spunto
per un ennesimo riscontro in ordine all’attendibilità della lista
Pecorelli: tra gli ecclesiastici menzionati dall’avvocato Benedetti
figura infatti il famoso Padre gesuita Giovanni Caprile. Costui, che
pure era stato per molti anni il campione dell’antimassonismo italiano,
dopo il Concilio Vaticano II effettuò una virata di 180º gradi. Tale
svolta fu così radicale da indurlo a entrare a far parte con don
Vincenzo Miano, Padre Rosario Esposito, don Franco Molinari, professore
alla Cattolica di Milano, e altri sacerdoti meno noti, di un gruppo
preposto al dialogo Chiesa-Massoneria, che tenne contatti e pubblici
incontri con i massimi dignitari italiani di quella sètta [41]. Non
solo: il Caprile arrivò al punto di scrivere, in collaborazione con un
altro gesuita spagnolo, Padre José Antonio Ferrer Benimeli, un libro
intitolato Massoneria e Chiesa cattolica ieri oggi e domani [42], in
cui, sia pur citando un altro loro confratello, Padre Michel Riquet
(1898-1993), si giungeva sino ad auspicare che fra Chiesa e Massoneria
si pervenisse, da un iniziale «ecumenismo dei cuori» ad un «ecumenismo
delle intelligenze e delle dottrine» [43], vale a dire, niente meno, che
alla fusione, anche sul piano delle credenze, fra cristianesimo e
Massoneria, fra Chiesa e «Antichiesa»! Un’ennesima verifica della lista
di Pecorelli e di quella di Panorama che proponiamo al lettore è quella
relativa al servita Padre Davide Maria Turoldo, morto il 6 febbraio
1992, esaltato dai suoi ammiratori come «profeta» e «poeta» dei nuovi
tempi. Ebbene, è gioco-forza riconoscere che anche costui era un
cattolico e un frate molto sui generis: convinto sostenitore del
divorzio ai tempi del referendum promosso dai cattolici contro
quell’istituto, nel 1971, nel santuario di Tirano, spezzò una corona del
Rosario e la scaraventò fra i fedeli gridando: «Basta con queste
superstizioni da Medio Evo»! Si ammetterà che da parte di un «servo di
Maria» è un gesto piuttosto sconcertante. Ma di non diverso stampo era
la sua «devozione» per Gesù Cristo: sul numero di Panorama, del 26
maggio 1988, infatti, scrivendo a proposito dell’esposizione dei
crocifissi nei luoghi pubblici, egli ebbe a sostenere: «Ci sia o non ci
sia appeso ai muri non cambia niente. Il crocifisso non vale più niente
per il mondo d’oggi; non dice più nulla a questa società […]. Oggi il
Crocifisso in sé non rappresenta più nulla […]. Il Crocifisso per me è
Oscar Romero ucciso, è il povero Luther King ucciso, sono i neri del Sud
Africa, è Mandela in galera […]. Quelli sono i veri crocifissi»! Ci si
domanda: c’è proprio tanto da stupirsi a trovare un frate di questo
stampo in una o più liste massoniche? A noi, davvero non pare! L’ultimo,
ma non certo in ordine di importanza, dei personaggi della lista di cui
esaminiamo le posizioni è il Cardinale Jean Villot, per lunghi anni
Segretario di Stato di Paolo VI, e poi fino alla morte, avvenuta il 9
marzo 1979, di Giovanni Paolo II.
Questo porporato, visto il suo nome pubblicato sul mensile francese
Lectures Françaises in una lista di ecclesiastici assertamente iscritti
alla Massoneria, i cui nomi poi apparvero tutti nell’articolo del
Pecorelli, eccezion fatta per quello del Cardinale Achille Liénart
(1884-1973), scrisse al direttore della rivista una lettera del seguente
tenore: Il Cardinale Jean Villot, Segretario di Stato, saluta
distintamente il Signor Direttore di Lectures Françaises. Avendo appreso
recentemente che la rivista, nel suo numero di settembre del 1976,
aveva menzionato il suo nome presentandolo come massone, il Cardinal
Villot dichiara nella maniera più formale che non ha mai avuto in alcun
momento della sua vita il minimo rapporto con la Massoneria né con
alcuna altra società segreta. Aderisce pienamente alle condanne inflitte
dai Sommi Pontefici. Il Cardinal Villot prega il Direttore di Lectures
Françaises di volergli inviare un esemplare del numero che pubblicherà
questa smentita, e con anticipo lo ringrazia. Vaticano, 31 ottobre 1976.
Jean Cardinal Villot [44].
Dopo la sua morte, però, fra le sue cose fu trovato un libro
intitolato Vie et perspectives de la franc-maçonnerie traditionnelle
(«Vita e prospettive della Massoneria Tradizionale»), di Jean Tourniac,
Grande Oratore della Gran Loggia Nazionale di Francia. Sul frontespizio
di detto libro figuravano due dediche manoscritte al medesimo Villot,
una dello stesso autore, e l’altra del Gran Maestro della medesima
Loggia.
Di fronte a questo documento la «formale» assicurazione del porporato
di non aver mai avuto «in alcun momento della sua vita il minimo
rapporto con la Massoneria», appare, francamente, poco credibile. Del
resto, le posizioni teologiche e ideali di Villot erano notoriamente
quelle dei Cardinali Suenens, Poletti, Casaroli, del Vescovo Gottardi di
Trento, ecc…, che figurano insieme con lui nella lista di Introibo, in
quella di Panorama e in quella dell’Osservatore Politico.
Capitolo V – Che conclusioni trarre se la lista è vera?
Il giudizio
di Panorama. Ma vi erano altri cardinali, per parlare solo di quelli,
assai sospettabili anche al di fuori della lista. La dichiarazione di
Lichtenau. Cardinali grandi elettori; ‘Loggia di San Pietro’; Il card.
Liénart e il Vaticano II. L’ecumenismo conciliare nel giudizio di un 33.
Il ‘Grande Iniziato’ Oswald Wirth e la sua religione.
La gravità delle implicazioni derivanti dalla conclusione che le
liste di OP e di Panorama sono, per lo meno in rilevantissima parte,
veridiche, non può sfuggire a nessuno. Invero lo stesso Panorama,
proprio nel citato numero del 10 agosto 1976, nel commentare la sua
lista, che pur definiva inattendibile e falsa, non esitava ad affermare:
«Se l’elenco fosse autentico, la Chiesa sarebbe in mano ai massoni.
Paolo VI ne sarebbe addirittura circondato. Anzi, sarebbero stati loro a
fargli da grandi elettori e poi a pilotarlo nelle più importanti
decisioni prese durante questi tredici anni di pontificato. E, prima
ancora, sarebbero stati loro a spingere il Concilio Vaticano II sulla
strada delle riforme». Questa deduzione appare evidente sol che si
consideri che la lista riporta i nomi di due Cardinali (Villot e
Casaroli) che sono stati niente meno che Segretari di Stato della Santa
Sede, e quello di un altro Cardinale (Poletti) che all’epoca era
addirittura Cardinal Vicario di Roma e cioè il rappresentante di Paolo
VI nel governo della Diocesi dei Papi. Più ancora allarma il fatto che
vi siano fortissimi elementi per ritenere che i detti elenchi non
fossero esaustivi. Ad esempio, esistono gravissimi indizi di
affiliazione massonica sul Cardinale Franz Koenig (1905-2004),
autorevole Arcivescovo di Vienna, che fu, col Cardinal Suenens e altri,
uno dei principali promotori delle innovazioni conciliari. Il Koenig,
infatti, che è stato il grande elettore di Giovanni Paolo II [45], viene
indicato da Aldo Mola, storico ufficiale della Massoneria italiana, al
condizionale ma, come egli stesso dice, sulla base delle informazioni di
un «altissimo e ottimamente informato dignitario giustinianeo», come
membro di una Loggia coperta romana, di cui facevano parte, Cesare
Merzagora, Marcello Saccucci, Giuseppe Caradonna, Luigi Preti, Eugenio
Cefis, Guido Carli, Enrico Cuccia, Michele Sindona, insieme con altri
personaggi celebri e celeberrimi [46]. Anche la rivista italiana Il
Borghese, del 15 agosto 1976, parlò di una sua presunta affiliazione
alla Massoneria. Un’ulteriore gravissima prova a carico di Koenig è data
dal fatto che egli, insieme col Gran Maestro Delegato della Massoneria
austriaca, Dottor Kurt Baresch, fu il promotore della commissione che
approvò, in gran segreto, la «Dichiarazione» di Lichtenau, del 5 luglio
1970, messa per iscritto da Rolf Appel, membro del Senato delle Grandi
Logge Riunite della Massoneria tedesca.
Detta dichiarazione, elaborata e sottoscritta da una commissione
mista massonico-cattolica, esordisce, incredibilmente, con una
invocazione al Grande Architetto dell’Universo, e cioè al dio della
Massoneria, e conclude auspicando la revoca di tutte le innumerevoli
condanne emesse dalla Chiesa cattolica contro quella sètta nel corso dei
secoli, e in particolare dei canoni del Codice di Diritto Canonico del
1917 che irrogano ai massoni la scomunica. Tale auspicio, giova
ricordarlo, fu poi adempiuto da Giovanni Paolo II con la promulgazione
del nuovo Codex Juris Canonici del 1983 [47]. Un altro nome di Cardinale
che non figura nella lista Pecorelli è quello dell’oggi defunto Antonio
Samorè (1905-1983), definito da 30 Giorni, del 4 aprile 1993 (pag. 51),
«grande pioniere», insieme con Koenig, «del dialogo catto-massonico».
Questo ecclesiastico viene indicato dal noto scrittore e giornalista
piduista Pier Carpi – grande amico del Venerabile Licio Gelli – in
un’intervista rilasciata all’Europeo, del 12 dicembre 1987, sotto il
titolo «Nella Loggia di San Pietro», come membro attivo e influente
della Loggia Ecclesia. Tale Loggia, a detta del Carpi, opererebbe in
Vaticano alle dirette dipendenze del duca di Kent, Gran Maestro della
Gran Loggia Madre d’Inghilterra. Essa viene definita da Gelli, nelle sue
confidenze all’amico scrittore, come «potentissima» e sarebbe composta
«solo (da) Cardinali e alti prelati» (pag. 53). Una notizia analoga ci
giunge dal lontano Messico, riportata sulla rivista messicana cattolica
progressista Proceso, del 12 ottobre 1992: il Commendatore del Supremo
Consiglio della Massoneria messicana Carlos Vasquez Rangel, nel
commentare la partenza per Roma del Gran Maestro della Massoneria di
quel Paese, Enrique Olivares Santana, per assumervi la carica di
ambasciatore presso la Santa Sede, così ebbe a dire: «Certamente troverà
lì (in Vaticano) molti reazionari, ma anche molti Fratelli massoni:
negli otto quartieri che formano il territorio del Vaticano funzionano
quattro Logge massoniche. Alcuni degli alti funzionari del Vaticano sono
massoni. Appartengono come noi al Rito Scozzese, ma in forma
indipendente (e cioè sono collegati direttamente al duca di Kent, come
afferma il Carpi). Anche nei Paesi dove la Chiesa non può operare, essi
esplicano la loro attività segretamente, tramite le Logge». Tornando ai
Cardinali in carica all’epoca della lista, ma non elencati dal
Pecorelli, su cui nondimeno sussistono fondati sospetti di affiliazione e
sicure prove di simpatie massoniche, citiamo Richard Cushing
(1895-1970), Arcivescovo di Boston, che tenne in quella città,
rispettivamente nel 1965 e nel 1966, due conferenze in Logge
libero-muratorie [48], e partecipò unitamente ad altri presuli a
«riunioni conviviali» [49] con esponenti della Massoneria; il Cardinale
Avelar Brandào Vilela (1912-1986), Arcivescovo di Sào Salvador de Bahia,
che il 26 dicembre 1975 arrivò addirittura a celebrare una messa di
Natale per i membri della Loggia massonica Libertade della sua città, e i
loro familiari (vedi fotografia sotto) [50], e il Cardinale Paulo
Evaristo Arns, cui nel 1976 fu conferita «un’alta onorificenza
massonica» [51].
Sempre con riferimento all’ambiente americano, la rivista Renaissance
traditionelle, al suo numero 27 del luglio 1976 (pag. 200), riferisce
che la stampa massonica aveva annunciato con soddisfazione che il 28
marzo 1976 il Cardinale Terence James Cooke (1921-1983) aveva assistito a
un grande banchetto cui erano intervenuti tremila massoni della Gran
Loggia di New York e in quella occasione aveva preso la parola per
deplorare «i passati malintesi» ed esprimere la speranza che i medesimi
non avrebbero compromesso il «riavvicinamento fra Chiesa e Massoneria»
[52]. Un Cardinale il cui nome non figura nella lista di Pecorelli e in
quella di Panorama, ma appare in quella, già citata, del periodico
Introibo, del luglio 1976, è Achille Liénart, vescovo di Lilla. Il nome
di questo prelato era già incluso in una lista di alti ecclesiastici
massoni pubblicata dal settimanale italiano Il Borghese. Il Liénart
sarebbe stato iniziato alla Massoneria a Cambrai nel lontano 1912, e nel
1924 sarebbe stato elevato addirittura al 30° Grado del Rito Scozzese
Antico e Accettato. Sul suo letto di morte, a detta della rivista
francese Tradition-Information (nº 7, pag. 21), egli avrebbe esclamato:
«Umanamente parlando, la Chiesa è perduta» [53]. Ed è giocoforza
riconoscere che, sapendo quel che pare sapesse sulle infiltrazioni
massoniche nella Sposa di Cristo, «umanamente parlando» aveva ottime
ragioni per esprimersi a quel modo. Liénart è un personaggio
particolarmente significativo e importante perché, oltre ad essere il
presidente della Conferenza Episcopale di Francia [54] fu lui che, il 14
ottobre 1962, in occasione della prima seduta dei lavori del Concilio,
diede inizio alla ribellione contro i programmi della Curia romana,
respingendo i nomi da questa proposti per la composizione delle varie
commissioni. In tal modo, pose le basi per la messa in discussione di
tutti i lavori preparatori [55] per l’introduzione di quelle «novità»
conciliari che nel giro di qualche lustro avrebbero profondamente
modificato la liturgia e la stessa fisionomia e il concetto di Chiesa
[56]. Liénart fu poi uno dei capi di quel gruppo organizzato di padri
conciliari del Nord Europa, di tendenze dichiaratamente liberali, che
riuscì a prendere il timone del Concilio, pilotandolo verso lidi nuovi e
inattesi. Tra gli esponenti più di spicco di tale gruppo figuravano il
Cardinale Koenig e il Cardinal Suenens. Il nome di quest’ultimo si
riscontra sia nell’elenco di Panorama che in quello di Pecorelli, ed è
noto che egli fu in seguito il grande elettore di Paolo VI [57], il
quale lo nominò immediatamente moderatore del Concilio a fianco del
Cardinale Grégoire-Pierre Agagianian (1895-1971) [58]. Tali essendo le
condizioni della Chiesa ai tempi di Paolo VI e di Giovanni XXIII, non
può stupire che il barone Yves Marsaudon, 33º Grado della Massoneria di
Rito Scozzese Antico e Accettato, membro del Supremo Consiglio di
Francia della Massoneria, nel suo libro, intitolato L’oecumenisme vu par
un franc-maçon de Tradition («L’ecumenismo visto da un massone di
tradizione»), e prefazionato da Charles Riandey, Sovrano Gran
Commendatore di quel medesimo Supremo Consiglio, già nei primi mesi del
1964, e quindi molto prima della conclusione del Concilio Vaticano II e
della redazione dei suoi documenti più rivoluzionari – le dichiarazioni
conciliari Nostra Ætate e Dignitatis Humanæ – scrivesse parole che
dovrebbero far riflettere ogni cattolico: «Essi (cioè i cattolici) –
spiegava infatti il Marsaudon – non dovranno dimenticare che ogni strada
(ossia ogni religione) conduce a Dio e mantenersi in questa coraggiosa
nozione di libertà di pensiero, che – a tale proposito si può veramente
parlare di rivoluzione partita dalle nostre logge massoniche – si è
estesa magnificamente sotto il Duomo di San Pietro» [59]. E altrove,
dopo avere esaltato «la rivoluzione voluta da Giovanni XXIII, la libertà
di coscienza» [60], aggiunge: «Noi pensiamo che un massone degno di
questo nome non possa che felicitarsi senza alcuna restrizione dei
risultati irreversibili del Concilio» [61].
In prefazione, del resto, aveva scritto: «Questo senso di
universalismo che sta venendo alla luce a Roma è veramente la nostra
(dei massoni) ragion d’essere. Di conseguenza, non possiamo ignorare il
Concilio e le sue conseguenze» [62]. Molto meno dovrebbe felicitarsene, a
nostro avviso, un «cattolico degno di questo nome». Infatti, a pag. 82
del medesimo libro, apprendiamo che il barone Marsaudon, richiamandosi
alla «teologia» evoluzionistica di Teilhard de Chardin (1881-1955) [63],
si augura che il concetto di Dio che alla fine prevarrà sarà quello di
«una congiunzione della scienza e della mistica in un accordo ormai
possibile». In tale congiunzione il punto Omega teilhardiano (e cioè
Dio), «coinciderà finalmente con l’infinito matematico», nel contesto di
un «relativismo metafisico», posto «ad un livello talmente lontano dai
dogmi da non avere più nulla di assoluto» [64]. Ma più ancora dovrebbe
allarmare il fatto che il barone Marsaudon, come prefaziona l’editore al
suo libro, fosse discepolo di quel «Grande Iniziato che fu Oswald
Wirth» [65], noto cultore di magia e satanista, come risulta, ad
esempio, dal suo libro I Tarocchi, dove si incontrano frasi come le
seguenti: «Il diavolo è il grande agente magico grazie al quale si
compiono i miracoli» [66]: oppure: «Senza ardore diabolico noi rimaniamo
freddi e impotenti: dobbiamo avere il diavolo in corpo [67] per
influenzare gli altri e per agire in questo modo al di fuori di noi
stessi» [68]; o ancora: «Sulla terra nessuno può regnare se non fà
alleanza col Principe di questo Mondo» [69]. Da notare che il Wirth
auspicava anch’egli, come il suo discepolo Marsaudon, e come tutta la
Massoneria, «l’unità religiosa dell’umanità fondata sull’esoterismo
comune a tutte le religioni» [70], e cioè sulla fusione ecumenica di
tutte le religioni indistintamente. Tale fusione si realizzerà grazie
«alla rivolta luciferina contro i dogmi regnanti» [71] e la nuova fede
sincretistica sarà posta sotto la presidenza di un «papa» di nuovo
genere. Trionferà finalmente in tal modo quello che il Wirth chiama il
vero «cattolicesimo integrale» e quel papa sarà «il Sommo Pontefice di
tutta l’umanità credente» [72].
Capitolo VI – Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II e il loro
atteggiamento verso la Massoneria: dalla scomunica alle «Grandi
Concordanze»
Il tema della nostra indagine si ferma qui; alla lista di Mino
Pecorelli considerata punto di arrivo di tutta una serie di liste
pubblicate da altri periodici, e probabilmente riproduzione fedele di
quella che già circolava in Vaticano da almeno due anni. D’altro canto,
non è certo cosa di tutti i giorni che una benemerita «talpa» riesca a
infiltrarsi negli archivi del Grand’Oriente e a sottrarne i documenti
più riservati. Vanno comunque tenuti presenti i limiti della lista,
derivanti dal fatto che, se esatta è la fonte indicata di 30 Giorni, i
nominativi pubblicati da OP sono solo quelli – e forse neppur tutti –
esistenti presso la sede del Grand’Oriente d’Italia, con esclusione
quindi di quelli di altre Logge straniere o più riservate. Al capitolo
V, ci siamo sforzati di dimostrare le ragioni per cui vi è motivo di
ritenere che la lista Pecorelli sia largamente incompleta. Così
delineati i limiti del nostro lavoro, comprendiamo tuttavia
perfettamente, e condividiamo, l’interrogativo che inevitabilmente si
affaccerà alla mente dei nostri lettori, e cioè: se tale era la
situazione del 1978, anzi del 1976, quale sarà quella di oggi? Altri
nomi di prelati sono stati indicati dalla stampa, in questi anni, come
sospetti di appartenenza alla Massoneria, o quanto meno di collusioni
con la medesima. Si parla anzi di un’altra lista di ventotto
ecclesiastici massoni, recentemente venuta in possesso della
magistratura nel corso delle indagini del giudice Cordova su vicende
criminose in cui la Massoneria risulta largamente coinvolta [73]. Senza
affrontare quelle nuove accuse, ci limitiamo ad osservare che tra i nomi
della lista Pecorelli figurava anche quello del Cardinale Sebastiano
Baggio [74]. Orbene, quel porporato era Prefetto della Congregazione dei
Vescovi, e quindi preposto alla nomina dei nuovi Vescovi, e tale fu
lasciato, nonostante l’accusa pendente sul suo capo, ancora per lunghi
anni. È logico inferirne che, se esatte sono le accuse risultanti anche
da Panorama, da Introibo, da Lectures Françaises, e dal comunicato
dell’agenzia Euroitalia, egli abbia inondato le diocesi del mondo intero
di iscritti alle Logge e che la situazione, lungi dal migliorare, sia
di gran lunga peggiorata. D’altronde, è caratteristico dei poteri
occulti, e quindi incontrollati, estendere sempre più le proprie radici
fino ad invadere per intero a somiglianza di un tumore maligno, il corpo
aggredito. Il Cardinal Siri, del resto, che, come abbiamo visto, della
questione si era largamente occupato, nel febbraio 1988 espresse a due
giornalisti di 30 Giorni il timore che la sètta potesse arrivare a
manipolare i Conclavi, e quindi ad eleggere un proprio «papa» [75].
Giova comunque notare, anche se questo è un argomento che esula dal
nostro esame, cui quindi accenniamo solo marginalmente, che
l’atteggiamento di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II nei
confronti della Massoneria è purtroppo radicalmente diverso da quello di
tutti coloro che li hanno preceduti sul Soglio di Pietro. Il 25
settembre 1964 appariva sul giornale francese Juvénal un’intervista
rilasciata dal già citato barone Yves Marsaudon, ministro del Supremo
Consiglio di Francia della Massoneria di Rito Scozzese, a Jean André
Faucher che il Padre paolino Rosario Esposito riproduce nel suo libro
intitolato Le Grandi Concordanze tra Chiesa e Massoneria [76]. Ne
riproduciamo qui le parti salienti:
– Jean André Faucher: «Lei ha conosciuto bene Papa Giovanni»?
– Yves Marsaudon: «Ero molto legato a Mons. Roncalli, Nunzio
Apostolico a Parigi. Mi ha ricevuto più volte alla Nunziatura, e in
diverse occasioni egli è venuto nel mio domicilio di Bellevue nella
Seine-et-Oise. Quando sono stato nominato ministro dell’Ordine di Malta
ho manifestato al Nunzio le mie perplessità a causa della mia
appartenenza massonica. Mons. Roncalli mi ha confermato formalmente di
restare in Massoneria».
– Jean André Faucher: «L’ha riveduto dopo la sua elevazione alla tiara»?
– Yves Marsaudon: «Sì, mi ha ricevuto a Castel Gandolfo nella mia
qualità di Ministro emerito dell’Ordine di Malta e mi ha dato la sua
benedizione rinnovandomi il suo incoraggiamento per un’opera di
riavvicinamento tra le Chiese, come pure tra la Chiesa e la Massoneria
di Tradizione».
Date tali premesse, non stupisce che lo stesso Marsaudon abbia
premesso al citato suo libro L’oecumenisme vu par un franc-maçon de
Tradition la seguente dedica: «Alla memoria di Angelo Roncalli/ Prete/
Arcivescovo di Mesembria/ Nunzio Apostolico a Parigi/ Cardinale della
Chiesa Romana/ Patriarca di Venezia/ Papa sotto il nome di Giovanni
XXIII/ che si è degnato di accordarci/ la Sua Benedizione/ la Sua
Comprensione/ e la Sua Protezione/ Al Padre dei Poveri/ Al Papa della
Pace/ Al Padre di tutti i Cristiani/ All’Amico di tutti gli Uomini/ al
suo Augusto continuatore/ Sua Santità il Papa/ Paolo VI». Più
recentemente, il Gran Maestro della Massoneria italiana, Virgilio Gaito,
in ben due occasioni si è espresso in merito ai rapporti tra la
Massoneria e Giovanni XXIII: la prima volta in un’intervista a Fabio
Andriola apparsa su L’Italia Settimanale, del 26 gennaio 1994, e la
seconda in un’intervista a Giovanni Cubeddu apparsa su 30 Giorni, del
febbraio 1994. Riportiamo nell’ordine i testi delle due interviste nella
parte che qui importa:
– Italia Settimanale: «Sì dice che Giovanni XXIII sia stato iniziato
alla Massoneria quando era nunzio a Parigi. Riferisco quello che mi è
stato detto. Del resto, nei suoi messaggi ho colto molti aspetti che
sono proprio massonici».
– 30 Giorni: «Papa Giovanni XXIII, del resto, pare che sia stato
iniziato a Parigi ed abbia partecipato ai lavori delle Officine ad
Istanbul. Quando poi ho ascoltato le gerarchie ecclesiastiche parlare
nelle omelie dell’uomo come centro dell’Universo mi sono commosso fino
alle lacrime».
Di fronte a dichiarazioni così autorevoli e pubbliche ci lascia
gravemente perplessi il fatto che, a quanto almeno ci risulta, il
Vaticano non abbia ritenuto di dovere intervenire con vigorose e
documentate smentite [77]. Quanto a Paolo VI, la sua posizione nei
confronti della Massoneria è stata, se possibile, ancor più favorevole
di quella del suo predecessore. L’autorevole Padre paolino Rosario
Esposito, professore in diverse Università Pontificie, grande fautore
dell’accordo Chiesa-Massoneria, riferisce infatti che egli «seguiva e
incoraggiava» [78] i pubblici incontri che, in spirito di ecumenica
fratellanza, ebbero luogo nel periodo 1969-1977, fra esponenti della
Chiesa e altissimi dignitari della sètta libero-muratoria. Di tali
incontri l’Esposito parla con cognizione di causa perché ne fu
protagonista con Don Miano, segretario del Segretariato per i non
credenti, con il Vescovo Alberto Ablondi (1924-2010), presidente della
Commissione Episcopale per l’Ecumenismo, (il cui nome, guarda caso, apre
la lista Pecorelli e quella di Panorama) e con l’autorevole Padre
Caprile di Civiltà Cattolica. Da parte massonica era quasi sempre
presente il Gran Maestro Giordano Gamberini († 2003), poi clamorosamente
coinvolto nella vicenda P2, affiancato di volta in volta da altri
esponenti del Grand’Oriente d’Italia e, in un caso, da un rappresentante
della Gran Loggia Nazionale di Francia [79].
Da notare che l’Esposito, in un’intervista al periodico massonico
Corriere Partenopeo, si è professato «massone fino al profondo dello
spirito» aggiungendo: «Talmente solidale con loro, condivido tutto: le
Costituzioni, i Landmarks, gli Antichi Doveri: sono totalmente con loro»
[80]. E sempre il medesimo Padre Esposito a scrivere su La Rivista
Massonica del luglio 1978: «Il domenicano P. Felix Morlion, molto noto
come fondatore della Università internazionale “Pro Deo” […] mi
confidava un giorno di avere parlato con l’allora Mons. G. B. Montini
dei rapporti disastrosi esistenti fra la Chiesa e la Massoneria. Il
Montini gli disse: “Non passerà una generazione e tra le due società la
pace sarà fatta”» [81]. II religioso paolino commenta osservando che più
che di una «previsione» sarebbe il caso di parlare di una «decisione»,
che poi il Monsignore lombardo, divenuto Paolo VI, attuò nei termini
temporali preannunciati [82]. Del resto, parlando dei rapporti fra
Montini e la Massoneria non si può dimenticare che non solo il suo
grande elettore fu il Cardinale Suenens, il cui nome figura sulla lista
di OP e di Panorama, ma anche che la sua nomina fu preceduta, propiziata
e probabilmente decisa in una specie di «preconclave» tenutosi nella
villa di Grottaferrata di Umberto Ortolani (1913-2002), membro famoso
della P2 e indicato da taluni come il vero cervello della Loggia
massonica di Licio Gelli [83]. L’atteggiamento di favore di Paolo VI nei
confronti della Massoneria si manifestò anche nella fiducia accordata
al famigerato finanziere, pure piduista, Michele Sindona, poi condannato
all’ergastolo come mandante dell’omicidio Ambrosoli e suo amico fin dai
tempi in cui era Cardinale a Milano [84]. A lui, infatti, tramite il
Cardinale Guerri, egli diede l’incarico di liquidare buona parte del
patrimonio immobiliare della Santa Sede [85]. Sempre a proposito del
Montini, non possiamo esimerci dal citare un altro atto, ben più univoco
e significativo. Intendiamo riferirci al ricevimento ufficiale, in
pubblica udienza, di una rappresentanza dell’alta Massoneria ebraica,
denominata B’nai B’rith, che ebbe luogo il 3 giugno 1971, e fu reso noto
al mondo intero attraverso le pagine dell’Osservatore Romano [86]. Non
per nulla, alla morte di Montini la Rivista Massonica, del luglio 1978,
uscì con un articolo dell’ex Gran Maestro della Massoneria italiana
Giordano Gamberini dal contenuto fortemente apologetico, in cui si legge
fra l’altro: «Per noi è la morte di chi ha fatto cadere la condanna di
Clemente XII e dei suoi successori. Ossia è la prima volta che muore il
capo della più grande religione occidentale, non in stato di ostilità
coi massoni. E per la prima volta nella storia i massoni possono rendere
omaggio al tumulo di un Papa senza ambiguità né contraddizioni» [87].
Venendo, infine, a Giovanni Paolo II, le sue manifestazioni di
benevolenza e di apprezzamento nei confronti della sètta
libero-muratoria sono state anch’esse purtroppo assai esplicite . Egli,
invero, ha ricevuto delegazioni delle Logge del B’nai B’rith per ben tre
volte: la prima il 22 marzo 1984, la seconda il 19 aprile 1985 e la
terza il 6 dicembre 1990. Nel corso della prima udienza indirizzò ai
delegati parole di caloroso benvenuto chiamandoli «cari amici» e
proseguendo: «Sono molto felice di accogliervi in Vaticano. Voi siete un
gruppo di dirigenti nazionali e internazionali dell’Associazione
ebraica ben conosciuta la cui sede è negli Stati Uniti, ma la cui
attività si estende in numerosi paesi, compresa Roma, ed è appunto la
Lega del B’nai B’rith contro la Diffamazione […]. Il versetto di
apertura del Salmo 113 viene a proposito: “Come è bello e dolce abitare
tutti assieme come fratelli”» [88]. La seconda udienza fu molto più
significativa della precedente perché ebbe luogo in occasione delle
celebrazioni del ventesimo anniversario di uno dei più importanti
documenti del Concilio Vaticano II, la Dichiarazione Nostra Ætate, sulla
cui origine e sul cui contenuto la Massoneria del B’nai B’rith aveva
influito in maniera determinante, attraverso negoziazioni col Cardinale
Augustin Bea (1881-1968), come fu reso noto in un sensazionale articolo
apparso il 25 gennaio 1966 sulla rivista americana Look [89].
Di quelle celebrazioni commemorative romane il B’nai B’rith fu uno
degli istituti promotori insieme con la Facoltà Teologica della
Pontificia Università San Tommaso d’Aquino e altre organizzazioni
cattoliche [90]. In tal modo quella Massoneria apponeva, anche di fronte
al mondo intero, la propria firma sotto il documento conciliare e il
ricevimento in quella occasione da parte di Giovanni Paolo II,
convalidava e confermava quella rivendicata paternità. Anche l’udienza
del 1990, infine, fu correlata, non a caso, a un anniversario, il 25°,
della Nostra Ætate. Questa partecipazione del B’nai B’rith al Concilio
Vaticano II come forza determinante e ispiratrice di almeno uno dei
documenti fondamentali di quell’assise non può non sconcertare. Ciò
tanto più ove si consideri che detta organizzazione è da anni al centro
di aspre polemiche a causa di contatti, attraverso suoi esponenti di
spicco, col traffico degli stupefacenti e con la malavita americana
[91], nonché per il favore e il sostegno da essa accordato a Playboy, la
più famosa rivista pornografica del mondo, impegnata anche nel campo
della diffusione della «cultura della droga» [92]. Il B’nai B’rith,
infine, si è segnalato per la lotta senza quartiere che conduce negli
USA allo scopo di cancellare dalle istituzioni di quel Paese ogni
traccia di cristianesimo [93].
Ciò premesso non può poi ragionevolmente considerarsi casuale il
fatto che Giovanni Paolo II abbia scelto come proprio «Teologo di
Palazzo» il domenicano Georges Cottier, autore di un saggio intitolato
Regards catholiques sur la Franc-Maçonnerie («Uno sguardo cattolico
sulla Massoneria»), apparso sui numeri 4 e 5 del 1987 della rivista Nova
et Vetera, e anche sui numeri 2 e 3 del medesimo anno della rivista del
Segretariato per i non credenti Athéisme et Dialogue. In quello
scritto, il Cottier auspica «dialogo e collaborazione» tra Chiesa e
Massoneria non solo nel campo dei grandi compiti che si impongono
all’umanità tutta intera come «la sopravvivenza della specie» e quella
«della cultura», i «problemi della pace e della guerra», e via
discorrendo, ma anche «sui valori etici» e «sul piano strettamente
dottrinale» nei quali, evidentemente, ritiene che la Chiesa abbia
qualcosa da imparare dalla Massoneria cui deve associarsi nella comune
«ricerca della verità». L’affermazione, lo si ammetterà, è piuttosto
strana da parte di un esponente di una Istituzione che si afferma di
origine divina, arca della verità rivelata e della salvezza, e che ora,
invece, riconosce di dovere andare a scuola da un’altra istituzione, o
almeno di dovere, con essa, mettersi alla ricerca di una verità
evidentemente ancora ignota. Tanto più strana ove si consideri che,
giova ripeterlo, la nuova compagna di strada è stata in passato,
nell’arco di 245 anni, anatemizzata dalla Gerarchia ecclesiastica circa
590 volte [94]. Eppure tanta è la fiducia che Giovanni Paolo II
attribuisce a Cottier che lo ha nominato presidente della Commissione
Teologica [95] che dovrebbe preparare quel Giubileo del Terzo millennio
che sembra costituire l’obiettivo massimo del suo lungo governo. Del
resto, come già accennato, Karol Wojtyla è colui che, accogliendo i voti
della Massoneria mondiale, ha promulgato nel 1983 il nuovo Codice di
Diritto Canonico che, dopo due secoli e mezzo, cancella la scomunica
contro gli aderenti della Massoneria. In questo contesto non può stupire
che nell’ultimo Concistoro egli abbia elevato al cardinalato due
personaggi che figurano nella lista Pecorelli, e precisamente Fiorenzo
Angelini, indicato come iscritto alla sètta fin dal lontano 14 ottobre
1957 [96], e Virgilio Noè, che viene dato come affiliato il 3 aprile
1961 [97]. D’altronde, si è già visto che il «grande elettore» di
Giovanni Paolo II è stato quel Cardinal Koenig i cui strettissimi legami
con la Massoneria sono stati da noi illustrati e che lo storico della
sètta, Aldo Mola, indica come probabilissimo adepto di una
riservatissima e assai potente Loggia romana. Né si può trascurare il
fatto che Giovanni Paolo II risulta essere membro del Rotary Club,
un’associazione non segreta, ma di incontestabile impronta massonica,
fondata il 23 febbraio 1905 dall’avvocato massone Paul Harris
(1868-1947) di Chicago e da altri tre colleghi, massoni come lui [98].
La notizia è apparsa sulla rivista ufficiale del Rotary italiano del 9
settembre 1986, in una lettera intitolata «Una precisazione
sull’articolo: “La Massoneria va a Canossa?”», riprodotta poi sulla
rivista della Massoneria italiana Hiram del novembre-dicembre del
medesimo anno, a firma di Lamberto Mosci, Governatore del 203° distretto
rotariano. In essa, l’Autore, prendendo lo spunto da una riunione dei
Rotary torinesi cui intervenne l’allora Gran Maestro della Massoneria
italiana, Armando Corona (1921-2009), dopo aver esaltato i «valori
spirituali comuni alla Massoneria e ai Rotary Clubs», fà presente che
ormai la scomunica nei confronti della prima è caduta e insieme con essa
anche i divieti canonici nei confronti dei secondi. A sostegno del suo
assunto afferma, né ci risulta che questa autorevole e pubblica
affermazione sia mai stata smentita, che «lo stesso Pontefice Giovanni
Paolo II è un Paul Harris Fellow», vale a dire un rotariano. Non per
nulla, infatti, Wojtyla ha reiteratamente ricevuto in Vaticano
delegazioni del Rotary lodando i principi ispiratori di
quell’associazione [99]. Il fatto tanto più sconcerta in quanto la
Rotary Foundation appoggia la diffusione del Notiziario della Buona
Volontà Mondiale, organo neopagano e neognostico del Lucis Trust, già
Lucifer Trust [100]. Anche alla luce di questi fatti, va analizzata
un’asserzione del più volte citato Padre Rosario Esposito che, nel suo
libro intitolato Le grandi concordanze fra Chiesa e Massoneria parla non
pure, come già fece a suo tempo Mons. Montini, di una «pace» fra le due
istituzioni, ma addirittura di una identità [101] di idee e di
programmi fra la gerarchia ecclesiastica postconciliare e la sètta
libero-muratoria. Perché mai quell’autorevole e ben noto religioso non
solo non è stato scomunicato per queste sue tesi, ma neanche, almeno che
ci risulti, richiamato o solennemente smentito? Egli è tanto sicuro di
quanto sostiene che, nel ribadire il suo impegno per una stretta
collaborazione fra Chiesa e Massoneria, e i suoi panegirici nei
confronti di quest’ultima, sul n° 2 di Vita Pastorale del 1993,
rispondendo a un sacerdote che gli rimproverava il suo conclamato
fìlo-massonismo, poteva tranquillamente scrivere: «Più volte ho chiarito
che intendo portare avanti questo dialogo (quello, cioè, fra Chiesa e
Massoneria) nello spirito della Chiesa […]. Ogniqualvolta se n’è
presentata l’occasione, ho detto che sono e intendo rimanere figlio
umile e devoto della Santa Chiesa, aderendo incondizionatamente alla sua
dottrina su questo argomento senza eccezioni e restrizioni. Lo ripeto
anche ora. è proprio in questo spirito che seguendo l’insegnamento dei
Sommi Pontefici (evidentemente di quelli «conciliari», non certo dei
precedenti; N.d.A.), del Concilio e di tanti compagni di viaggio
proseguo il dialogo con la Massoneria»’
Note
[1] Questo scritto è stato tratto da questo sito cattolico http://www.crisidellachiesa.it/ e l’originale si trova qua http://www.vho.org/aaargh/fran/livres8/massoneriaechiesa.pdf
[2] Edizioni La Civiltà Cattolica, 1958, pag. 18.
[3] Il grassetto è dell’Autore.
[4] Athesia Ed., 1982.
[5] Cfr. H. Reinalter, Geheimbunde in Tyrol, pagg. 230-231
[6] Ibid., pag. 230.
[7] Ed. Bastogi, Foggia 1987.
[8] Cfr. Vademecum del Libero Muratore Apprendista, pagg.45 e 46. Il grassetto è nostro.
[9] Cfr. Todisco, «Le quattro Massonerie», in Il Mondo, del 18 febbraio 1950.
[10] Il Venerabile, Gribaudo e Zarotti Ed., 1993, pag. 361.
[11] Bompiani, 1992.
[12] Esistono bensì liste di sacerdoti e prelati massoni assai
abbondanti, fornite a un noto sacerdote antimassone dall’ex Gran Maestro
della Massoneria G. Gamberini, ma tali liste hanno scarso interesse
riferendosi a personaggi quasi tutti del tardo Settecento primi
Ottocento, per lo più dimenticati.
[13] Vedi 30 Giorni, dell’11 novembre 1992, pag. 30 e ss.
[14] Ibid., pag. 32. 30 Giorni nella Chiesa e nel mondo è
un’autorevole e qualificata rivista cattolica con edizioni, oltreché in
italiano, in tedesco, inglese, francese, spagnolo e portoghese e
distribuzione in Europa e nelle due Americhe. Ultimamente determinando
un nuovo indirizzo, ne è diventato direttore l’ex Presidente del
Consiglio Giulio Andreotti.
[15] Ibid., pagg. 34 e 35.
[16] Vedi anche Il Sabato, del 10 agosto 1991, pag. 21 e ss.
[17] Il grassetto è nostro.
[18] Cfr. 30 Giorni, del 9 settembre 1993, pagg. 44-45.
[19] Cfr. 30 Giorni, dell’11 novembre 1992, pag. 31 in fondo e 32.
[20] Cfr. 30 Giorni, del 6 giugno 1992, pagg. 49 e 51.
[21] Cfr. N. Tosches, Il Mistero Sindona, Sugar Ed., 1986, pag. 138.
[22] Ibid., pag. 282.
[23] Numero di matricola 14/005, nome di Loggia ricavato, more massonico, dalle lettere iniziali del cognome e del nome: ANFI.
[24] Cfr. R. Valnève, Teilhard l’apostata, 1971, pag. 52.
[25] Cfr. Il Corriere della Sera, del 15 gennaio 1994, sotto il titolo «E così Di Pietro si è mangiato un altro alfiere».
[26] Cfr. Il Corriere della Sera, del 10 gennaio 1994, pag. 5, sotto il titolo «Così fu benedetta l’operazione CCT».
[27] Matricola 321/02, nome di Loggia «Dondebo» (DONato DE BOnis).
[28] Cfr. La Stampa, del 10 gennaio 1994, sotto il titolo «Di Pietro indaga sul monsignore dello IOR».
[29] Cfr. P. R. Esposito, Le Grandi Concordanze tra Chiesa e Massoneria, pag. 210.
[30] Ibid., pagg. 210 e 211.
[31] Ed. Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole, 1990.
[32] Cfr. P. E. Balducci, L’Uomo Planetario, pag. 178.
[33] Ibid., pag. 182.
[34] Ossia la cristianità. Si noti quel «costruito» che postula l’idea della religione come creazione dell’uomo.
[35] Cfr. P. E. Balducci, op. cit., pag. 173.
[36] Ibid., pag. 167.
[37] Cfr. Al di là del bene e del male, aforisma nº 129.
[38] Cfr. Y. Moncomble, Les professionels de l’antiracisme («I
professionisti dell’antirazzismo»), Yann Moncomble, Parigi 1987, pag.
277.
[39] Nel suo Storia della Massoneria in Italia dalle origini alla
Rivoluzione Francese (Nuova Italia Ed., 1975, pag. 156), Carlo
Francovich, che appartiene alla ristretta schiera degli storiografi
ufficiali della Massoneria, riferisce che già in un rapporto della
polizia asburgica del 3 agosto 1756, che sintetizzava un programma
massonico andato perduto intitolato Istruzione italiana, si diceva
chiaro e tondo che l’obiettivo perseguito dalla Massoneria era sin da
allora quello di «estinguere tutti i principati e ridurre il mondo a una
Repubblica Universale».
[40] Marcinkus era vescovo, ma non Cardinale e Padre Caprile,
gesuita, era autorevolissimo redattore, ma non direttore di Civiltà
Cattolica.
[41] Cfr. P. R. Esposito, op. cit., pag. 27.
[42] Ed. Paoline, 1979.
[43] Cfr. P. R. Esposito, op. cit., pag. 178.
[44] Cfr. G. Virebeau, Prelats et Francs-Maçons, Publications Henry Coston, Parigi 1978, pagg. 13-14. Il grassetto non è nostro.
[45] Cfr. 30 Giorni nella Chiesa e nel mondo, del 12 dicembre 1993, pag. 53; e del 10 dicembre 1992, pag. 10.
[46] Cfr. A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani Ed., 1992, pag. 744.
[47] Sulla parte avuta da Koenig nella dichiarazione di Lichtenau,
poi propalata, contro gli accordi, dall’alto dignitario massonico Raolf
Appel e dal teologo Herbert Vorgrimler nel 1975, vedi M. Adler, Die
Freimaurer und der Vatikan, Claus P. Clausen Verlag, Lippstadt, 1985,
pagg. 123 e ss. Il testo della dichiarazione trovasi anche in J. A.
Ferrer, G. Caprile, Massoneria e Chiesa cattolica, Pia Società San Paolo
1979, pagg. 191-194.
[48] La citazione è tratta dal quindicinale Sì sì no no, del 30 novembre 1992, pag. 7.
[49] Cfr. J. Ferrér-Benimeli, G. Caprile, Massoneria e Chiesa cattolica, pag. 116.
[50] Cfr. P. R. Esposito, op. cit., pag., pag. 36.
[51] Cfr. J. Ferrér-Benimeli, G. Caprile, op. cit., pag. 148.
[52] Cfr. G. Virebeau, op. cit., pag. 127.
[53] Cfr. Introibo, luglio 1976, pag. 2; G. Virebeau, op. cit., pag. 12.
[54] Cfr. R. Wiltgen, Le Rhin se jette dans le Tibre («Il Reno si getta nel Tevere»), Éditions du Cèdre, 1973, pag. 16.
[55] Vedasi a riguardo P. Hebblethwaite, Giovanni XXIII, il Papa del Concilio, Rusconi Ed., 1989, pag. 618.
[56] Oggi la Chiesa viene presentata non più come l’arca di salvezza
fra gli errori del mondo e l’unica vera fede fra le molte false, ma come
una via di trascendenza, un po’ migliore delle tante.
[57] Cfr. 30 Giorni, del 7 luglio 1992, pag. 45.
[58] Ibid.
[59] Cfr. Y. Marsaudon, L’oecuménisme vu par un franc-maçon de Tradition, éditions Vitiano, Parigi, 1° trimestre 1964, pag. 121.
[60] Il grassetto è testuale.
[61] Cfr. Y. Marsaudon, op. cit., pag. 120.
[62] Ibid., pag. 25.
[63] Teologia che specialmente attraverso Padre De Lubac, nominato
poi Cardinale da Giovanni Paolo II per i suoi «meriti» dottrinali e
conciliari, ebbe grande influenza sul Vaticano II.
[64] Cfr. Y. Marsaudon, op. cit., pag. 82.
[65] Ibid., pag. 20.
[66] Cfr. O. Wirth, I Tarocchi, Ed. Mediterranee, Roma 1990, pag. 209.
[67] Il grassetto è testuale.
[68] Cfr. O. Wirth, op. cit., pag. 212.
[69] Ibid., pag. 213.
[70] Ibid., pag. 250.
[71] Ibid., pag. 229.
[72] Ibid., cap. V, «Il Papa», pag. 150.
[73] Cfr. 30 Giorni, del 9 settembre 1993. pag. 29, sotto il titolo «Massoneria, Cordova bussa in Vaticano».
[74] Nome di Loggia SEBA, matricola 85/2640, data di iscrizione 14 agosto 1957.
[75] Cfr. Il Sabato, del 30 marzo 1981, nel contesto dell’articolo
«L’Ombra della Loggia» in uno stelloncino a pag. 25 intitolato «Ci sono
eccome…Un dialogo con Siri».
[76] Nardini Ed, 1987, pag. 391.
[77] Tra gli altri documenti su Giovanni XXIII e i suoi rapporti con
la Massoneria richiamiamo qui brevemente la sconcertante testimonianza
di Franco Bellegrandi, già Cameriere di spada e Cappa di Sua Santità,
incaricato di Storia moderna all’Università di Innsbruck, giornalista e
scrittore, nel suo libro Nichitaroncalli, International EILES Ed., Roma,
pagg. 59-62 e 175-179.
[78] Cfr. P. R. Esposito, op. cit., pag. 420.
[79] Cfr. J. Ferrér-Benimeli, G. Caprile, op. cit., pagg. 125-127.
[80] Cfr. Corriere Partenopeo, anno XIII, nº 5, luglio 1991.
[81] Cfr. J. Ferrér-Benimeli, G. Caprile, op. cit., pag. 91.
[82] Ibid.
[83] Cfr. 30 Giorni, del 3 settembre 1993, l’articolo di Andrea
Tornielli intitolato «Gli amici di Sua Eminenza», pag. 37; sottotitolo
«Conclave in Villa». Parlando di quella riunione nel suo libro A ogni
morte di Papa, l’on. Giulio Andreotti riferisce che uno degli
intervenuti gli disse «fra il serio e il faceto che c’era già la
maggioranza canonica». Su questa riunione confronta anche Il Papa non
eletto, del famoso vaticanista Benny Lai, Laterza Ed. 1993, pag. 202.
[84] Cfr. N. Tosches, op. cit., pagg. 62-63, 71-73.
[85] Ibid., pagg. 138-141.
[86] Cfr. D. Leroux, Pietro mi ami tu?, Ed. Gotica, Ferrara 1989, pag. 93.
[87] Cfr. J. Ferrér-Benimeli, G. Caprile, op. cit., pag. 91.. Anche
in occasione della morte di Giovanni XXIII, il Gamberini aveva
rilasciato all’agenzia Pantheon un altro elogio funebre altamente
significativo: «Scompare un uomo che si prometteva di colmare […]
l’abisso scavato dalla Chiesa prima di lui fra sé medesima e la società
moderna. E la sua morte è un gran male per tutti». Anche per quanto
riguarda la sconcertante personalità di Paolo VI, rimandiamo il lettore
ai vivaci, interessantissimi, ricordi di Franco Bellegrandi contenuti
nel suo citato libro Nichitaroncalli.
[88] Cfr. Documentation Catholique, nº 1874, pag. 509; cit. in D. Leroux, op. cit., pag. 95.
[89] Vedasi al riguardo lo scritto di Léon de Poncins nel libro
Infiltrations ennemies dans l’église, Documents et temoignages, Ed.
Henry Coston, Parigi 1970, pag. 79 e ss.
[90] Vedi l’edizione settimanale dell’Osservatore Romano, del 25
aprile 1985, pag. 12. La fotografia del ricevimento venne pubblicata
sulla edizione settimanale dell’Osservatore Romano, del 10 maggio 1985, a
pag. 7.
[91] Vedasi al riguardo il quaderno della Executive Intelligence
Review intitolato The Ugly Truth about A.D.L. («La brutta verità
sull’A.D.L.»), Washington 1992, nonché il volume della stessa editrice
Dope Inc, specialmente alle pagg. 502 e ss., 603 e ss. L’A.D.L. è il
braccio operativo del B’nai B’rith.
[92] Cfr. Y. Moncomble, Le pouvoir de la drogue dans la politique
mondiale («Il potere della droga e la politica mondiale»), Parigi 1990,
pag. 95 e ss., e in particolare pag. 99.
[93] Cfr. E. Ratier, Mystères et secrets du B’nai B’rith («Misteri e
segreti del B’nai B’rith»), Facta Ed., Parigi 1993, pag. 105 e ss.
[94] Tante sono le condanne contate da Padre Esposito, che riporta i dati di questa sua ricerca su Jesus, dell’ottobre 1988.
[95] Cfr. 30 Giorni, del 4 aprile 1995, pag. 33.
[96] Sigla di Loggia ANFI, matricola 14/005.
[97] Sigla di Loggia VINO, matricola 43652/21.
[98] Cfr. P. R. Esposito, op. cit., pag. 335. In quel volume, al
capitolo IX, Padre Esposito sottolinea la matrice e l’ispirazione
massoniche del Rotary.
[99] Ibid., pagg. 348 e 349.
[100] Vedasi il supplemento al nº 1 del 1995 del detto Notiziario della Buona Volontà Mondiale.
[101] Cfr. P. R. Esposito, op. cit., pag. 197.
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